

Da Parre a Novazza
LUNGHEZZA: 18,1 km
DISLIVELLO: SALITA 825 m DISCESA 618 m
FONDO: 60% STERRATO 40% ASFALTO
DIFFICOLTÀ: media
Mezzi di trasporto
NOVAZZA: Servizio autobus, da Bergamo linea S SAB, o tramvia TEB sino ad Albino e poi linea S fino a Clusone, lì si cambia e si prende la linea S60a SAB per Lizzola, ma a Gromo si cambia ancora con la linea S60d SAB per Valgoglio e Novazza. Fermata autobus in via Miniera, di fronte al campo sportivo e alla chiesa parrocchiale.
GANDELLINO: Autonoleggio Salvoldi, tel. 338-25.65.950.
Servizi
PARRE: Santuario della Santissima Trinità, timbro nella cassettina di legno posta sul lato destro dell’arco, in fondo al porticato. s
GROMO: Guardia medica, piazza Pertini 1.
Dove dormire
NOVAZZA: B&B Ca’ Rosei, via Aldo Moro 2, tel. 389-27.67.397, 12 posti, MP 30 €, apertura annuale, lavatrice 3 €. s
Ristorazione convenzionata
SANT’ALBERTO: Ristorante Pizzeria il Moro, via Sant’Alberto 4, prima del ponte ballerino, tel. 035-70.11.03, chiuso il martedì, menu del pellegrino 11-15 €.
Una ripida salita ci porta al panoramico santuario della Santissima Trinità dal quale, su un bel sentiero nel bosco, scendiamo alla località Sant’Alberto. Poco dopo attraversiamo il caratteristico ponte ballerino e, sull’altra sponda del fiume Serio, percorriamo la ciclopedonale che, fiancheggiando il fiume, ci conduce alle prime case di Ardesio. Lasciamo il fondovalle riprendendo quota e tornando a percorrere un bel sentiero panoramico che segue un tratto della Valcanale, incastonata tra i monti, all’interno del parco delle Orobie bergamasche, tra prati e boschi in vista del massiccio dell’Arera. Raggiungiamo quindi il piccolo nucleo abitato di Bani di Ardesio e infine Novazza.
Dalla chiesa parrocchiale di Parre imbocchiamo via Monterosso, attraversiamo un arco per salire in via Spineto e a destra prendiamo la
VILLA D’OGNA. Il ponte ballerino, sospeso sul fiume Serio e sorretto da funi.

mulattiera in salita, pieghiamo a sinistra in un sentiero che in pochi tornanti giunge al SANTUARIO DELLA SANTISSIMA TRINITÀ [5.1].
Sul lato opposto, scendiamo alla fontana e prendiamo, a destra, la mulattiera per la chiesetta degli Alpini e poi, a un incrocio nei pressi di una fontana, imbocchiamo a sinistra via Monte Alino. Imbocchiamo poi a destra il sentiero Alto Serio, che scende nel bosco. Lo percorriamo per un lungo tratto fino a fiancheggiare la provinciale della val Seriana. Alla piattaforma ecologica [5.2], seguiamo il sentiero che parte accanto all’ingresso e corre tra la recinzione e la strada. Continuiamo poi sulla strada parallela alla provinciale, ormai in località SANT’ALBERTO. Giunti al parcheggio, attraversiamo la provinciale in corrispondenza del semaforo e percorriamo il ponte ballerino [5.3], poi, a sinistra, imbocchiamo la ciclabile. Poco più avanti, sulla destra, troviamo le indicazioni per il percorso in 7 giorni descritto in fondo alla tappa [5.4].
Proseguiamo a sinistra fino a via De Gasperi, a Villa d’Ogna. Prendiamo a sinistra la ciclopedonale che attraversa il Serio e, a destra, conduce al ponte di Villa d’Ogna. Non attraversiamo nuovamente il fiume, ma giriamo a sinistra e poi a destra percorrendo la provinciale. In questo tratto occorre fare molta attenzione perché per circa 200 m camminiamo a bordo strada, dove manca una sede protetta per i pedoni. Superiamo un incrocio sulle strisce pedonali e, giunti alla pensilina degli autobus, attraversiamo a sinistra la provinciale imboccando il Sentiero dei sapori [5.5].
Tra aziende agricole si giunge alla frazione di Ludrigno, che si attraversa, e poi a Cerete. Saliamo proseguendo sulla strada pastorale verso la val Canale. Seguiamo la traccia fino a imboccare a destra il sentiero che scende al fondovalle del torrente Acqualina e,
Formaggi, salumi e polenta
Dal latte dei capi allevati sui pascoli montani di queste valli viene prodotta una gran quantità di formaggi, formaggelle e stracchini, differenti per stagionatura, aromi e lavorazione. Da quello vaccino si ottiene la tipica Formagèla Val Seriana PAT, prodotta con latte crudo, dalla pasta morbida e dal sapore dolce che diventa più intenso con la stagionatura. La Toma Alta Valle, sempre da latte vaccino, è un formaggio dalla pasta semicotta, ottenuto con un caglio particolare che gli conferisce un sapore aromatico. Peculiare è il formaggio Nero della Nona 1753, prodotto con latte intero da bovini di razza bruna alpina e dalla crosta nera speziata. Lo Strachì de Grom è un formaggio fresco dalla pasta grassa e dal gusto delicato. Tra i formaggi caprini si distinguono lo stracchino e il caprino stagionato. Anche i salumi come i bottini, salamini di piccolo formato, il salame montano, e il prosciutto crudo Cà del Botto di Ardesio, tenuto a maturare su un letto di fieno maggengo, devono i loro sapori a ricette di antica tradizione. Così pure la pancetta dal profumo intenso e il Lard de la Bergamasca, anche millesimato. Questi prodotti ben si accompagnano con il piatto tradizionale per eccellenza: la polenta, alimento antico ottenuto con acqua, sale e farina di mais, spesso di varietà antiche, come lo Spinato di Gandino (dai chicchi a punta) e il Rostrato di Rovetta (dai chicchi a uncino), che conferiscono alla polenta una maggior densità e un sapore più amaro e intenso.
superato un ponticello, risale il versante per breve tratto. Continuiamo a destra sulla sterrata fino alla carrozzabile della val Canale che attraversiamo in diagonale prendendo il sentiero [5.6] per BANI DI ARDESIO , che sale nel bosco, si congiunge alla mulattiera e conduce al borgo, in via di Tess.
Saliamo a destra in via Case Nuove poi a sinistra fino alla chiesa di San Giovanni Battista. Penetriamo tra i vicoli fino al nucleo di case storiche, poi lasciamo il paese seguendo via Varisco e via Miniera. Percorriamo la strada asfaltata in discesa finché, entrati nel bosco, un segnale ci indirizza a destra su un sentiero che procede più a valle della strada e giunge al borgo di NOVAZZA. In caso di maltempo il sentiero potrebbe essere scivoloso pertanto si consiglia di rimanere sulla strada.
Variante Alta Via in 7 giorni Al segnale che indica la variante [5.4] teniamo la destra risalendo la stradina selciata fino alla sovrastante via Mons. Speranza, a Piario, che si attraversa piegando a sinistra. Di fronte alla parrocchiale si prende a destra la piazza Municipio e ancora a destra via Cadoriano, che si insinua tra le case, in seguito più ampia, sino a incrociare, di fronte al cimitero, via Mazzoletti. Prendiamo a sinistra, dopo l’incrocio con la provinciale 50 per Clusone e attraversiamo verso destra, per risalire il tratto pedonale che, poco più su, riporta sulla provinciale. Si attraversa e a destra, si imbocca il sentiero che, nel bosco, si ricongiunge al tracciato principale, lungo la tappa 8 [8.2].
Da vedere
Santuario della Santissima Trinità Immerso nei boschi, dalla sommità del monte Cüsen, presenta all’esterno un ampio loggiato e al suo interno il celebre affresco della Madonna col Bambino, che da quasi cinque secoli è meta di pellegrinaggio devozionale. A differenza di tutte le altre chiese è stata edificata con la facciata rivolta a nordest e non verso est, a guardare il sole nascente, inteso quale simbolo di Gesù.
Sant’Alberto La frazione è così chiamata perché qui c’è la casa natale del beato Alberto (1214-1279). Figlio di contadini originari di Villa d’Ogna, si prodigò in opere di carità. Trasferitosi a Cremona, lavorò come bracciante e brentatore, cioè portatore di brente, recipienti in legno nei quali si trasportava il vino a spalla. All’occorrenza, i brentatori fungevano anche da vigili del fuoco, portando acqua sul luogo dell’incendio. Entrato nel terz’ordine dei dominicani, si diede a opere di generosità e assistenza ai bisognosi e fondò un ospedale per gli infermi. È patrono dei brentatori, venerato in varie città lombarde ed emiliane. Venne proclamato beato nel 1748.
Questa località è nota per lo storico put che bàla, il PONTE BALLERINO che attraversa il fiume Serio collegando Piario e Villa d’Ogna a Parre. È un ponte fluttuante, in legno, retto da una struttura in cavi d’acciaio che ondeggia quando lo si percorre.
Bani di Ardesio Bani è una piccola frazione di Ardesio composta da poche case, a 1.025 m di altitudine. Il piccolo centro è noto per aver avuto tra la fine dell’Ottocento e il 1934, a svolgere la funzione di

parroco per 44 anni, don Francesco Brignoli detto, in dialetto locale, ol pret di Bà. Arrivò a Bani nel 1890, malato e povero. Uomo caritatevole che divenne così noto, da essere considerato un santo dalla gente, dando inizio a un costante pellegrinaggio di bisognosi che ogni giorno salivano fino alla frazione, per dialogare con lui, chiedendo consigli sulla vita e benedizioni per la famiglia. Offriva il denaro raccolto ai più poveri, si adoperava per ricongiungere le famiglie degli emigranti e accoglieva e sfamava i pellegrini. La sua presenza trasformò la piccola frazione nel punto più importante della valle, tanto che ai suoi funerali presenziarono migliaia di persone.
Novazza Un fatto grave colpì questa zona il 1° novembre 1666 quando una frana, staccatasi dalla cima Bani, causò la piena del torrente Goglio e il crollo degli opifici e di tutte le costruzioni esistenti lungo il corso del torrente. Questo affossò l’economia locale che allora era costituita dalla lavorazione del ferro: fucine in cui venivano forgiate armi, armature e corazze prodotte con ferro estratto in alta valle.
Il piccolo borgo, frazione di Valgoglio, è sito di interesse scientifico per la presenza del giacimento di uranio nella montagna sopra l’abitato. Negli anni ’60 del Novecento con il progetto di ricerca si stimò la potenzialità del giacimento in circa 1.500 tonnellate di ossido di uranio. L’interesse per questo minerale cessò dopo che ebbe luogo il referendum del 1987 che escluse l’uso dell’energia nucleare nel nostro Paese. Quando ebbero inizio le attività di ricerca nella miniera il piccolo borgo non aveva neppure una strada, poi costruita per raggiungere gli impianti. Arrivarono i primi minatori dalla Valtellina, dal Veneto e dalla Sardegna, alloggiavano al primo piano di quella che oggi è Ca’ Rosei mentre al piano terra funzionava un piccolo bar e negozio di alimentari.
La chiesa parrocchiale di Novazza è dedicata a san Pietro e Paolo, con affreschi di Ponziano Loverini. Notevole presso il piccolo camposanto l’affresco della Discesa agli inferi, eseguito dai maestri iconografi della scuola di Seriate nell’anno 2001, commissionato da un gruppo di donne e finanziato con la produzione e vendita dei casoncelli, l’immagine segno della vittoria di Cristo, esprime a partire da questa, il desiderio di unità e amicizia tra i popoli.
Il gaì: la lingua segreta dei pastori
Un mondo popolato da uomini solitari, abituati a stare lontani dai centri abitati, a vivere con poco, ai lunghi spostamenti con le loro greggi tra le pianure lombarde e i monti delle valli bergamasche ma anche della più lontana Valsesia: questa è la corporazione che nei secoli ha dato vita al gaì, un linguaggio poco parlato e molto recitato, un frasario tramandato di padre in figlio, di pastore in pastore. Difficile definirlo dialetto, è una raccolta di formule legate ai mestieri degli alpeggi e delle stalle, risultato della stratificazione di parole ed espressioni derivate da lingue antiche, come il gaelico e il latino, da lingue straniere apprese nei luoghi della pastorizia transumante, da vocaboli dialettali e da voci di carattere gergale. Spesso solitari e taciturni, la comunicazione dei pastori era fatta di ammiccamenti, cenni col capo, fischi e movimenti del bastone. I dialoghi erano costruiti con frasi stringate, metafore e paragoni intercalati da silenzi. Una sorta di codice segreto noto ai soli membri della categoria. Naturalmente oggetto dei dialoghi era soprattutto il lavoro, così sono arrivate sino a noi espressioni quali: trapelà col timignol o balcunà la tacola sciaìna, ovvero “andare col gregge” e “osservare la pecora gravida”. Ed è bene sapere che il gaì si definisce la slacadùra di tacolér (la lingua dei pastori) che riguarda tutta l’area alpina del nord Italia, della Svizzera, della bassa Savoia e del Südtirol, accomunando tra loro tutti i pastori.
Uno studio approfondito su questa antica lingua è raccolto nell’Antologia Gaì delle Valli Bergamasche e della Valle Camonica, di Giacomo Goldaniga, storico di Piamborno.
È ancora attuale questo codice linguistico? Purtroppo la risposta è negativa, è difficile sentirlo utilizzare nella forma storicamente tramandata: i pastori di oggi in genere non sono più i proprietari delle greggi e, invece dei loro figli, hanno collaboratori provenienti dall’est Europa o dal nord Africa, che, logicamente, alla parlata locale sovrappongono e mescolano lingue e dialetti dei loro Paesi di origine.