Tekneco #12

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Trimestrale di EDILIZIA BIO-ENERGIA ALTERNATIVA-ECOLOGIA Anno III, Numero 12 | 2013 www.tekneco.it 4,90 euro

EDILIZIA BIO

ENERGIA ALTERNATIVA

ECOLOGIA

SPECIALE FIERE

Arriva la rivoluzione degli eco-materiali

Biomasse: il futuro è piccolo e sostenibile

L’oro verde italiano si chiama olio

KlimaHouse Umbria KlimaEnergy KlimaMobility

P. 12

P. 32

P. 50

P. 66

PRIMO PIANO

L’ECOLOGIA VA IN BORSA


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Tekneco Numero 12 | 2013

Editoriale

Il giorno in cui la luce smise di costare di Marco Gisotti

Il 16 giugno 1586 Maria Stuarda, regina di Scozia, riconobbe Filippo II di Spagna come suo erede. Il 16 giugno 1846 il cardinale Mastai-Ferretti venne eletto papa Pio IX. Sempre il 16 giugno nel 1911, a Endicott, nello stato di New York, venne fondata la Computing-Tabulating-Recording Company, che molti anni più tardi diverrà l’IBM. E il 16 giugno è la giornata in cui è ambientato l’intero romanzo di Joyce L’Ulisse. Ecco, tenetela a mente questa data, perché il 16 giugno del 2013, una domenica per la cronaca, l’Italia, per la prima volta nella sua storia per la durata di due ore, 120 minuti, si è servita esclusivamente di energie rinnovabili: niente carbone, niente gas, niente petrolio, niente nucleare… E per due ore la luce non è costata niente. Zero. Nel senso che per due ore quel sistema di aste continue che serve ad acquistare energia elettrica dai vari operatori si è fermato, perché sole, vento e una buona dose di idroelettrico non si pagano e sono stati sufficienti per tutto il consumo elettrico del Paese. Ma una rondine non fa primavera (tanto più che quest’anno la primavera nemmeno s’è vista), ci sarà quindi da sperare bene? A confermare la buona notizia aggiungiamo, allora, che in maggio le rinnovabili avevano già soddisfatto la metà della domanda elettrica nazionale e che a Pasquetta dell’anno scorso, fra le 13 e la 14, il 64% dell’energia prodotta in Italia era da fonte rinnovabile con un picco straordinario in Sicilia, dove questa percentuale ha toccato il 94%. Ai pessimisti, ai negazionisti, a quelli che fanno spallucce quando gli parli di solare, di eolico e di rinnovabili in generale, spieghiamo che già oggi il 30% circa dell’offerta media annuale arriva da quei 600.000 impianti di rinnovabili che si contano nel Paese del sole. Cosa potrebbe significare estendere queste due ore, occasionali per di più, al resto della giornata e poi al resto del calendario? Ci sono paesi come la Germania che non solo ci stanno pensando, ma ci stanno lavorando, con un obiettivo in là nel tempo, avverrà nel 2050, ma in maniera molto chiara e determinata. Sarebbe bello se anche l’Italia prendesse un appunto sul suo calendario per il giorno in cui la luce smetterà di costare. In termini economici e in termini ambientali.


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Tekneco Numero 12 | 2013

Sommario

Primo Piano 6

L’ecologia va in borsa di Sergio Ferraris

Edilizia Bio 12 16 18 20 22 24 27

Le materie dell’innovazione di Sergio Ferraris Il fotovoltaico come il mattone di Sergio Ferraris L’isolamento diventa high tech di Sergio Ferraris La nuova stagione del legno di Sergio Ferraris La rivincita dei naturali di Sergio Ferraris Progetto Un recupero di valore di Beatrice Spirandelli News

Energia alternativa 32 36

38 40 42

44 46

Biomasse, gli incentivi spingono la piccola taglia di Gianluigi Torchiani Per le biomasse legnose la strada è il teleriscaldamento di Gianluigi Torchiani La fonte rinnovabile più contestata di Gianluigi Torchiani Legambiente è favorevole al biogas sostenibile di Gianluigi Torchiani Futuris, le biomasse diventano un progetto industriale di Gianluigi Torchiani Progetto Il biogas che salva l’agricoltura friulana di Gianluigi Torchiani News

Ecologia 50

In copertina: Foto di Jose Pacheco, Flickr

56 58

L’oro verde italiano: l’olio di Veronica Caciagli e Letizia Palmisano Se il carburante diventa “bio” di Veronica Caciagli Bellezza all’olio d’oliva a cura di Letizia Palmisano

59 60 62

Fritto da corsa a cura di Veronica Caciagli Naturalmente biologica di Letizia Palmisano News

Speciale fiere 66 68 70 72 74

Una Fiera al crocevia d’Europa di Sergio Ferraris Klimahouse Umbria: il tour della sostenibilità di Sergio Ferraris Il clima di casa arriva in Umbria di Sergio Ferraris Efficienza energetica, la strada è tracciata di Gianluigi Torchiani Per il futuro dell’auto elettrica servono politiche combinate di Gianluigi Torchiani

Overview 4

Rinnovabili: le banche ci hanno già messo 25 miliardi di Marco Gisotti

Rubriche 1 76 78 79 80

Editoriale — di Marco Gisotti Shop Internet Libri Aziende


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Overview

Rinnovabili: le banche ci hanno già messo 25 miliardi

Presentato il rapporto sulla green economy al terzo forum Green Energy

di Marco Gisotti

P

arlare male delle banche, potremmo dire, è lo sport nazionale. Gli aiuti che in tempo di crisi i governi di un po’ tutto il mondo hanno dato agli istituti bancari sono stati letti come la capitolazione della politica rispetto ai grandi interessi monetari. Inoltre, scandali grandi e piccoli hanno minato la fiducia del grande pubblico. Eppure il sistema bancario da molti secoli è la dorsale alla quale, dai comuni rinascimentali agli Stati moderni, è stato necessario appoggiarsi se non per incentivare per mettere in moto e sostenere l’economia sia pubblica che privata. Certo, si è trattato di una storia non lineare e non identica in tutti i paesi del mondo, ma, secondo uno schema di evoluzione convergente che tende in tutti i paesi ad andare in una direzione, si può dire che banche, fondi di investimento e persino risparmiatori tendono a concentrarsi laddove l’affare è più profumato. Un po’ come le formiche con lo zucchero. Non stupisce, quindi, che il sistema bancario sia interessato alle fonti rinnovabili e alla cosiddetta green economy. Le idee migliori, le innovazioni tecnologiche

più avanzate, la capacità di fare molto con poco, parsimonia ed efficienza sono qui. Non che per fare soldi sia necessario essere virtuosi – i titoli tossici e le carte di debito hanno insegnato molto in questo senso, così come il dumping ambientale – ma certamente queste doti attirano gli investitori proprio come lo zucchero fa con le formiche. Ecco quindi che anche il sistema bancario italiano si rivela interessato alle rinnovabili, nonostante il quadro nazionale degli incentivi risulti sempre incerto e il quadro politico che dovrebbe sostenerlo ancora più traballante. Ma il 20-20-20 europeo è là e le innovazioni e le idee pure. Così, per il terzo anno, si è celebrato a Roma il Forum ABI “Green Energy 2013 – Energia, ambiente, credito. Lo sviluppo del Green nel terziario” in collaborazione con ABI Energia, Competence Center ABI Lab su Energia e Ambiente, in cui si è discusso, testuali parole, di «nuovi investimenti delle imprese in uno scenario senza incentivi, opportunità sul fronte dell’efficienza energetica, obiettivi prioritari fissati dalla Strategia energetica nazionale per una crescita sostenibile del comparto, sia dal lato economico che ambientale». Un momento di confronto tra banche, imprese e Pubblica amministrazione sulle azioni da intraprendere per far sì che la sostenibilità diventi la chiave strategica per la ripresa economica del Paese. «Il settore della Green Economy – si legge nei documenti dell’evento – rappresenterà un notevole volano di investimenti per la crescita anche nel prossimo futuro; gli investimenti stimati al 2020 per le rinnovabili e per gli interventi di efficienza energetica ammontano a circa 110-130 miliardi di euro.

In questo scenario e in un quadro di regole certe, il settore bancario è pronto a fare la propria parte svolgendo un duplice ruolo: da un lato, soggetti finanziatori di nuovi impianti e della relativa filiera di produzione; dall’altro, soggetti utilizzatori di energia, impegnati a garantire la continuità dei servizi offerti». A sostegno di queste posizioni è stato presentato il rapporto “Le Banche e la Green Economy”, elaborato dall’Osservatorio Rinnovabili, coordinato da ABI e ABI Energia. Nell’indagine si evidenzia come nel periodo 2007- 2012 le principali banche operanti in questo comparto, e partecipanti alla rilevazione, hanno assunto impegni di finanziamento per circa 25 miliardi di euro, di cui oltre 12 miliardi di euro negli ultimi due anni. «Il settore delle rinnovabili – si legge – resta di grande interesse per il mondo bancario, considerandone i volumi di sviluppo: dal 2009 al 2011 si è assistito a una crescita straordinaria di tale mercato, che è continuata anche nel 2012. Secondo le stime diffuse dal GSE a marzo 2013 (su dati Terna/GSE), nel 2012 gli impianti alimentati con fonti rinnovabili hanno raggiunto una potenza efficiente lorda pari a 47.092 MW e una produzione lorda complessiva di oltre 92.000 GWh (con un incremento di oltre 10.000 GWh rispetto al 2011)». Come a dire che con questi

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110-130 ▶ gli investimenti stimati al 2020 verso le rinnovabili

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FOTO: JOSE PACHECO, FLICKR

Tekneco Numero 12 | 2013

Riservato agli abbonati. numeri era ovvio che banche e banchieri soVuoi sapere come riceverlo? stenessero il tutto. LINEE GUIDA Nel rapporto, infatti, si tiene bene a preciPer costruire una banca sare il ruolo che le banche hanno avuto nello www.tekneco.it/ricevi-tekneco a basso impatto ambientale

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Il greening delle banche italiane, secondo l’ABI, passa anche per l’applicazione del loro vademecum “Linee guida per la gestione dell’energia e dell’ambiente in banca”. Il documento – spiega l’ABI – evidenzia un modello organizzativo applicabile alla realtà delle banche e ispirato alle più importanti norme internazionali sul tema dell’energia e dell’ambiente (UNI CEI EN ISO 50001:2011 e UNI EN ISO 14001:2004). Le linee guida contengono proposte metodologiche per l’esecuzione di analisi energetiche e ambientali da realizzare in banca al fine di individuare tutte le possibili opportunità di miglioramento e raccolgono un insieme di best practice, che la banca può decidere di attuare, suddivisibile in 5 ambiti: edifici, green procurement, mobility management, green ICT, processi e servizi. È stato, inoltre, predisposto un elenco di normative di riferimento in ambito energetico ambientale. Le linee guida vogliono, quindi, essere uno strumento che permetta una visione di insieme della tematica, offrendo una modalità di gestione integrata delle materie energia e ambiente in banca.

sviluppo della green economy italiana, non solamente dal punto di vista dell’attività di finanziamento, ma anche attraverso l’implementazione di progetti green al proprio interno, sia in termini di ottimizzazione dei processi che di investimenti realizzati presso il parco immobiliare gestito. Per fare un esempio: le sole segnalazioni giunte dalle banche partecipanti alla rilevazione su interventi di efficienza energetica realizzati dal 2008 al 2012 hanno sviluppato un risparmio di energia elettrica complessivo superiore a 2 milioni di kWh. ◆

LEGGI questo articolo anche sul sito di Tekneco: www.tekneco.it/1201


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Primo Piano

L’ECOLOGIA VA IN BORSA I fondi di investimento europei credono nel potenziale di crescita del settore ambientale. A rivelarlo un’indagine dell’osservatorio VedoGreen


Tra il 2007 e il 2009 sono stati oltre 22.500 i brevetti legati all’innovazione ecologica in Europa, l’Italia con il 6%, si è classificata terza

di Sergio Ferraris

I

l verde, o meglio il green, è diventato una parola d’ordine abusata che troppo spesso assume più il ruolo di uno slogan che di una vera tendenza, specialmente per ciò che riguarda le aziende. Non sono poche, infatti, le imprese che tra sostenibilità, green new deal, green economy hanno fatto delle tematiche verdi, o per meglio dire vicine all’ambiente, una serie di mere etichette dietro le quali non c’è altro che una verniciata di verde. Si tratta, però, di un fenomeno che ha le gambe corte poiché, specialmente a livello internazionale, le aziende che fanno del mero greenwashing, si chiama così il fenomeno, sono spesso scoperte da organizzazioni ambientaliste e non governative, con un danno doppio. Esiste, però, una fetta dell’economia che non risponde a questa logica, ma si sta muovendo su basi reali, sane e quindi sostenibili anche economicamente e non solo a livello ambientale. Si tratta di aziende che oltre a essere attive in settori verdi, come i servizi ambientali, la chimica verde, la mobilità sostenibile, le rinnovabili, etc., sono anche quotate in borsa e, per questa ragione, sono soggette alle strette leggi dei mercati regolamentati. Queste imprese sono oggetto di un attento interesse da parte degli investitori istituzionali, che vedono nel settore delle buone potenzialità di crescita. Da un sondaggio realizzato alla fine del 2012 dall’osservatorio VedoGreen, intervistando cinquanta fondi d’investimento istituzionali europei è emerso il fatto che questi soggetti sono molto interessati al potenziale di crescita generale del settore ambientale, nel quale identificano dei settori con buone potenzialità di crescita che hanno però una serie di ostacoli. RINNOVABILI IN TESTA

Nel panel degli intervistati, per quanto riguarda i settori nei quali investire nell’immediato, al primo posto, l’84%, mette le energie rinnovabili,


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Primo Piano

I dati delle 50 aziende green italiane quotabili Principali settori di attività

Distribuzione territoriale

Edilizia 1 Trasporti 3

Sud

2

Rumore esterno 1 Centro

16

Acqua

17

Rifiuti e riciclo

%

%

36

Industria

18 Nord

Elettricità

82

24 Fonte: elaborazioni IR Top per VedoGreen

L’utilizzo efficiente delle risorse e i rifiuti, infatti, possiedono già oggi tecnologie molto mature, processi consolidati che in un momento di crisi consentono di “arrivare al risultato certo”

al secondo, il 79%, la gestione rifiuti, il 78% punta sull’efficienza energetica, il 40% guarda alla gestione idrica, un significativo 35% tiene d’occhio i cambiamenti climatici e il 26% è attento agli edifici ecoefficienti (erano possibili risposte multiple). Si tratta di opinioni che fotografano in maniera abbastanza precisa ciò che succede in Europa oggi, mentre la situazione cambia in maniera abbastanza netta se si sposta l’orizzonte al medio periodo. Per quanto riguarda i settori sui quali scommettere all’interno di un orizzonte più ampio, al primo posto, con il 67%, troviamo l’utilizzo efficiente delle risorse, seguito dai rifiuti con un 38% e con le rinnovabili che si piazzano terze con un 23%. A seguire troviamo con un 15% il settore delle smart grid e delle smart cities, la mobilità ecologica con un 12% e l’edilizia ecologica con un 6%. Si tratta di una classifica sulla quale vale la pena spendere qualche riflessione. Trattandosi di investitori istituzionali è chiaro che la scelta principale sia caduta su settori industrialmente maturi che offrono maggiori garanzie e che consentono alle aziende di aumentare la marginalità senza una grande necessità di innovazione di prodotto e di processo che anche se auspicabili sono ipotetiche. L’utilizzo efficiente delle risorse e i rifiuti, infatti, possiedono già oggi tecnologie molto mature, processi consolidati che in un momento di crisi consentono di “arrivare al risultato certo” in tempi determinati, senza grandi rischi, con la sola condizione che si possa accedere a una sufficiente

base di liquidità per effettuare gli investimenti, mentre le rinnovabili suscitano un buon interesse, ma con ogni probabilità sul medio periodo scontano il fatto che già oggi vivono una fase di transizione tra gli incentivi e la grid parity. Smart grid- smart cities, mobilità e la mobilità ecologica sono con ogni probabilità viste come prospettive di lungo periodo i cui rendimenti sono incerti, mentre discorso a parte deve essere fatto per l’edilizia ecologica che da molti operatori del settore è vista come un segmento dalle grandi potenzialità. Gli investitori istituzionali europei, infatti, arrivano da un periodo nel quale in parecchi sono stati “scottati” dalla bolla edilizia che anche in Europa - la Spagna ne è un chiaro esempio - ha fatto dei danni notevoli, mentre lo stock immobiliare invenduto nel Vecchio Continente è pur sempre un problema, anche se è contabilizzato da molti istituti bancari come una voce “attiva”. In un quadro generale di questo tipo è chiaro che gli investitori vedano con una certa freddezza il settore dell’edilizia, compresa quella innovativa, che oltretutto appare parcellizzata in piccoli interventi difficili da “agganciare” con gli investimenti istituzionali. BARRIERE PRESENTI

Interessanti, specialmente per i decisori, l’aspetto delle barriere che ostacolano l’ecoinvestimento. Al primo posto in assoluto troviamo l’incertezza del quadro legale e normativo con ben l’84%, mentre il 45% degli investitori teme la non conoscenza degli asset allocation. Il 23% vede come barriera


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Tekneco Numero 12 | 2013

Le opinioni degli intervistati su presente e futuro dei settori “green” Quali i settori “green” considerati più interessanti oggi

84

79

Quali settori “green” cresceranno maggiormente nel futuro

78

67 40

35

38

26

23

15

12

6

la mancanza di standard credibili e il 18% la presenza di modelli di business immaturi. Il primo ostacolo dovrebbe far riflettere i decisori, tecnici e politici di qualsiasi livello su quali siano gli ostacoli di natura solo “indotta” che abbiamo in Italia. Un quadro normativo intricato e stratificato sia su norme di carattere generale, sia sulle norme specifiche, unito all’incertezza rispetto al quadro legale, con un’inefficienza della giustizia civile senza pari in Europa, rappresentano i principali ostacoli agli investitori finanziari nell’ecologia nel nostro Paese. Basti un dato: gli operatori delle rinnovabili stimano che l’aggravio per la burocrazia in Italia sia di circa il 15% del prezzo finale degli impianti. Per quanto riguarda le ragioni circa l’investimento in ecologia sono molto interessanti alcune risposte. L’85% del campione parla di elevate potenzialità del settore, il 49% punta sulla responsabilità verso il Pianeta, ma il 33% riporta ragioni finanziarie, come rendimenti elevati e basso profilo di rischio. Si tratta di un fenomeno che sta emergendo in diverse parti del mondo, ma che ancora stupisce per il suo dato di novità. In Australia, per esempio, gli impianti a energia rinnovabile hanno una maggiore facilità nel trovare finanziamenti a tassi vantaggiosi, rispetto agli impianti funzionanti a carburanti fossili e ciò perché i primi sono al riparo da eventuali normative restrittive legate all’inquinamento e ai cambiamenti climatici. Negli Usa stanno partendo i bond ecologici, che hanno un appeal

squisitamente finanziario. Un primo ecobond creato attraverso una partnership pubblico-privata nel Delaware, basato sull’efficienza energetica, per 67,5 milioni di dollari è stato collocato sulla piazza di Wall Street in trenta minuti, mentre il Massachusetts ne ha emesso uno da 100 milioni di dollari basato su questioni ambientali più generali. In entrambi i casi gli ecobond si sono aggiudicati un rating AA+ da Standard & Poors, un gradino al di sotto la famosa tripla A, ormai difficile da raggiungere e hanno un rendimento compreso tra il 3.2 e il 4%. Non poco se si pensa che negli Usa il costo del denaro oggi è ai minimi storici. Certo si tratta di strumenti diversi dalla collocazione in borsa, ma l’atteggiamento del mercato verso questi titoli basati sull’ecologia è significativo e denota un atteggiamento positivo che comprende anche i soggetti che puntano sull’ecologia con attività concrete. Sulle linee strategiche per la crescita delle imprese all’interno del report “Green Economy on capital markets 2012” realizzato da VedoGreen emergono alcuni suggerimenti. In primo luogo è necessario avviare un processo d’internazionalizzazione attraverso operazioni di Mergers and acquisitions (M&A), oppure con investimenti diretti e, oltre a ciò, è molto utile diversificare la localizzazione geografica, magari nei paesi dell’est, oppure nei mercati emergenti attraverso delle joint venture. È auspicabile il rafforzamento dell’integrazione verticale della catena di valore attraverso partnership strategiche, mentre occorre

Eco-building

Eco-mobility

Smart grids / cities

Energie rinnovabili

Raccolta e smaltimento rifiuti

Uso efficiente risorse

Building Eco-efficienti

Cambiamenti climatici

Gestione acqua

Saving

Gestione rifiuti

Energia rinnovabile

%

84% ▶ gli intervistati che mettono al primo posto le rinnovabili


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Primo Piano

grandi potenzialità dell’investimento nel green per il prossimo decennio, guidato principalmente dall’elevato livello di innovazione che l’industria green può offrire, specie nei comparti industriali piu nuovi legati all’efficienza energetica, ecomobility, smart grids/smart cities e all’edilizia eco-sostenibile». NECESSITÀ D’INNOVAZIONE

Anna Lambiase, Amministratore Delegato di VedoGreen

Sono state individuate 50 aziende green che esprimono una potenziale capitalizzazione di mercato di 4,5 miliardi di euro

consolidare la propria leadership estendendo l’attività in altri settori d’attività ecologici, riducendo i costi operativi e aumentando l’efficienza operativa. Infine, una delle linee strategiche più importanti riguarda il settore dell’energia, nel quale è utile il riposizionamento nel settore delle rinnovabili, integrando l’attività con le energie tradizionali. ECOIMPRESA IN ITALIA

Per quanto riguarda l’Italia l’osservatorio VedoGreen ha da tempo messo sotto osservazione un panel di sedici aziende quotate sulla Borsa di Milano e che hanno la maggioranza delle proprie attività orientate all’ecologia. Si tratta di un gruppo di aziende che è utile osservare per vedere da vicino quali siano le dinamiche di imprese attive nel settore ecologico. In media queste imprese hanno avuto un fatturato 2011 di 58 milioni di euro, in aumento del 9% rispetto al 2010, un EBITDA nel 2011 di 12 milioni di euro, più 15% rispetto l’anno precedente e un margine dell’EBITDA del 23%. Ma il potenziale delle aziende “ecologiche” quotabili in Borsa è ben più ampio rispetto alle sedici messe sotto osservazione da VedoGreen e arriva a cinquanta soggetti. «Vedogreen ha mappato le eccellenze nazionali green private, analizzate nei risultati economicofinanziari 2011 e selezionate sulla base di criteri di analisi finanziaria e requisiti di quotabilità: sono state individuate 50 aziende green che esprimono una potenziale capitalizzazione di mercato di Euro 4,5 miliardi, un giro d’affari complessivo pari a circa tre miliardi di euro e impiegano complessivamente circa 7.700 dipendenti – spiega Anna Lambiase, Amministratore Delegato di VedoGreen –. L’analisi sulla percezione degli investitori condotta da IR Top per VedoGreen rileva

Le aziende attive nel settore ecologico in Europa sono molto interessate all’innovazione tecnologica in campo ambientale, che nel Vecchio Continente non manca. Tra il 2007 e il 2009, per esempio, sono stati oltre 22.500 i brevetti legati all’innovazione ecologica in Europa, con tre nazioni che si sono aggiudicate la leadership tra i 27 paesi dell’Unione. Medaglia d’oro è stata la Germania, con il 19% dei brevetti, ma subito dopo, con il 6%, si è classificata l’Italia la quale ha superato sul filo di lana la Francia che si è guadagnata il bronzo con il 5% dei brevetti. Insomma anche se il distacco tra il primo e il secondo posto è netto, parliamo di una differenza in termini assoluti di oltre 2.900 brevetti nel settore ambientale, ciò dimostra una certa vitalità italiana nel settore della ricerca che sembra essere in controtendenza all’opinione comune. Gli oltre 1.350 brevetti italiani del periodo 2007-2009 sono concentrati all’80% nei settori della mobilità, della chimica e dell’arredamento, mentre le aree di ricerca più interessanti sono quelle legate al fotovoltaico di terza generazione e alle smart cities. Se da un lato, quindi, le aziende necessitano di ecoinnovazione sia di prodotto, sia di processo per aumentare efficienza e competitività – nonché per reggere una concorrenza delle aziende estere a livello mondiale che punteranno anche esse su queste leve –, sotto un altro punto di vista bisogna tener presente che sia il sistema delle Pmi, sia il mondo della ricerca sul fronte del trasferimento tecnologico alle aziende arrancano e non poco.. Gli spin off universitari si sono rivelati essere strumenti utilizzati poco e tardivamente, mentre chi ha liquidità sufficiente preferisce, molto spesso, attingere all’estero l’innovazione di cui necessita. L’offerta di ricerca esiste, così come è forte la richiesta d’innovazione da parte delle imprese, ma sembra non esserci un punto d’incontro. Un aspetto che sarebbe uno dei terreni d’adozione della politica. Se ci fosse una volontà chiara di avere una politica industriale orientata all’ecologia. ◆

LEGGI questo articolo anche sul sito di Tekneco: www.tekneco.it/1202


Edilizia Bio Le materie dell’innovazione Le nostre case sono costruite con materiali impensabili solo vent’anni fa

Il fotovoltaico come il mattone Le celle solari come elemento strutturale degli edifici

L’isolamento diventa high tech Nuovi isolanti nel futuro delle ristrutturazioni

La nuova stagione del legno I vantaggi ecologici ed economici del legno lamellare

La rivincita dei naturali Chi sostituirà acciaio, cemento e amianto

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PROGETTO

Un recupero di valore Regole bioclimatiche per la Val Tidone

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Edilizia Bio

FOTO: UP TO

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, FLICKR

Le materie dell’innovazione

Dall’illuminazione alla ceramica, dal legno lamellare agli isolanti le nostre case sono ormai costruite con materiali impensabili fino a due o tre decenni fa. L’innovazione passa anche e sopratutto attraverso il ricambio generazionale degli operatori, dei progettisti, degli impiantisti e così via fino ai consumatori. E nei laboratori di ricerca si inventano nuovi materiali, simili a quelli del passato ma più sostenibili ed economici

di Sergio Ferraris

S

pesso l’edilizia è considerata uno dei settori più tradizionali e scarsamente innovativi della nostra economia. Si tratta di un luogo comune difficile da smentire. Dopotutto nell’immaginario collettivo le abitazioni si realizzano con gli stessi materiali da decenni e sono pochi gli utenti finali in grado di percepire le differenze, nell’immediato, tra un’abitazione realizzata con sistemi e materiali innovativi e una fatta con quelli tradizionali. Ma non è così. Il “sistema” abitazione, perché di questo parliamo, dagli anni Ottanta a oggi ha fatto passi da gigante sia sul fronte dei materiali, sia sotto al profilo dei sistemi installati all’interno delle case, spesso, però, in maniera poco organica e disorganizzata. I sistemi energetici installati all’interno delle abitazioni, sia attivi, sia passivi, ne sono un esempio. Spesso l’efficientamento energetico del costruito procede in “ordine sparso” sia per lo stratificarsi degli interventi che molte volte sono dilazionati nel tempo a causa dei problemi di liquidità delle famiglie, sia per l’intervento di diversi professionisti, ognuno specializzato nel proprio campo, che non tengono conto l’uno del lavoro dell’altro. Per non parlare

dell’incompletezza e parzialità dei sistemi impiantistici che ancora oggi non dialogano tra di loro. É difficile, per esempio, trovare sul mercato italiano lavatrici che consentano il carico d’acqua calda dalla caldaia a metano, cosa che consente un risparmio fino al 70% rispetto all’utilizzo dell’energia elettrica per riscaldare l’acqua, mentre nella totalità delle cucine abbiamo un frigorifero che riscalda l’ambiente interno e un condizionatore che lo raffredda a sua volta con un doppio spreco d’energia. Eppure soluzioni come quelle di porre il dissipatore di calore del frigorifero all’esterno dell’edificio esistono e sono utilizzate nella refrigerazione commerciale da parecchi decenni. Se l’impiantistica di base, quindi, ha ancora oggi un’arretratezza nei fatti, le tecnologie passive, ossia quelle relative all’efficienza energetica lo sono ancora di più nella loro applicazione, poiché l’installazione spesso avviene in una fase di “scarso controllo” come quella di cantiere, e il loro lavoro è in un certo senso oscuro, poco visibile e difficilmente percepibile da parte dell’utente finale, se non nel tempo. Si tratta, però, di una logica che lentamente sta cambiando, poiché il bisogno dei benefici della nuove


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Tekneco Numero 12 | 2013

A sinistra: La facciata esterna del padiglione Urban Planet a Shangai per l’Expo 2010 Foto: up to 2011 — Flickr

FOTO: FRANCO RABAZZO, FLICKR

Qui a lato: Cemento “trasparente”. Grazie a fibre ottiche all’interno si lascia attraversare dalla luce. Foto: Franco Rabazzo — Flickr

buona scala di produzione. Questa dinamica è dovuta al fatto che l’innovazione in edilizia segue delle logiche che sono legate al mercato dell’edilizia stessa, nel quale il ricambio del “prodotto immobile” è molto In linea di massima, i materiali innova- più lento rispetto ad altri settori, cosa che tivi in edilizia non rappresentano un salto porta come conseguenza un tasso di penetecnologico, come il transistor nell’elettro- trazione delle innovazioni sul mercato più nica, ma molto spesso sono spinti da un lento che può essere calcolato in decenni, alto tasso di finalizzazione dei materiali anziché in anni. La penetrazione della doesistenti, che, attraverso delle modifiche motica, per esempio, non riesce a stare al passo con l’innovazione chimiche e fisiche, acquiche la stessa sta realizzansiscono caratteristiche in- I materiali innovativi do. L’entrata sul mercato dei novative, offrono presta- si dividono in due sistemi Wi-Fi, per esempio, zioni più avanzate e anche macrocategorie: quelli sta rapidamente sostituenutilizzi molto diversi dalla a prestazioni fisse e quelli che sono in grado di do la generazione precedencosiddetta “base di parten- “rispondere” alle variazioni te di dispositivi basati sul za” dei materiali. L’edilizia delle condizioni d’utilizzo. bus, senza che questi si siad’oggi, sotto a questo profilo, no potuti affermare a pieutilizza sempre più spesso materiali e tecniche che sono derivate da no sul mercato. A ciò bisogna aggiungere altri settori, come, per esempio, l’industria che la filiera delle realizzazioni in edilizia automobilistica, l’informatica, la logistica, è estremamente conservatrice e che spesl’aerospaziale che sono i settori trainan- so l’innovazione passa anche e soprattutti dell’innovazione e i cui materiali, una to attraverso il ricambio generazionale sia volta messi a punto per gli utilizzi speci- degli operatori, come progettisti, impianfici, possono uscire dalla nicchia e diven- tisti e così via, sia dei consumatori. Oggi tare competitivi una volta raggiunta una però sembra che le cose stiano cambiando tecnologie, specialmente dal punto di vista energetico, sta spingendo l’innovazione nei processi produttivi e prestazionali, nonché a ricasco nelle metodologie di cantiere.

a causa della bolletta energetica che, essendo in costante crescita, sta sensibilizzando l’utente finale in direzione di una maggiore efficienza, anche se d’altra parte bisogna tenere conto del fatto che oggi abbiamo una sempre maggiore scarsità di liquidità da parte delle famiglie, cosa che impedisce investimenti in un settore come quello dell’efficienza energetica che possono garantire un ritorno in pochi anni e un guadagno per alcuni decenni.

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Con queste dinamiche appare chiaro il fatto che nel settore dell’edilizia l’innovazione possieda dinamiche del tutto diverse rispetto a quelle di altri campi, come per esempio quelli delle telecomunicazioni e dell’auto, ma a ciò bisogna aggiungere il fatto che una volta raggiunto un certo grado di maturità commerciale, un’innovazione nel mondo delle abitazioni diventa uno standard di riferimento, o quasi, e consente una buona stabilità sul fronte della produzione da parte delle aziende. Nella nuova edilizia residenziale, per esempio, è in crescita la domanda di qualità. «Oggi il 53% delle nuove abitazioni è in classe A e B. - ha affermato recentemente Paolo Buzzetti,


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Edilizia Bio

Presidente dell’Associazione nazionale costruttori edili - Solo due anni fa eravamo al 21% e questo salto è dovuto essenzialmente alla richiesta di una maggiore qualità da parte del mercato».

Il padiglione inglese all’Expo 2010 di Shangai realizzato con 60mila filamenti acrilici trasparenti – lunghi 7,5 metri – in grado di oscillare seguendo il movimento del vento.

Sbocchi di mercato a parte, l’innovazione in edilizia, che come abbiamo visto non vede dei veri e propri salti tecnologici netti, ma procede per miglioramenti lineari, anche quando parliamo di metodologie costruttive radicalmente differenti da quelle usuali, come quella del legno lamellare che affrontiamo a parte nelle pagine seguenti, possiede dinamiche nelle quali si agisce con una serie d’interventi su un singolo prodotto anche a livello atomico, modificandone le proprietà a seconda dei risultati che si vogliono ottenere. In questa maniera, per esempio, si può mutuare un materiale e la relativa tecnologia realizzativa da un settore a un altro. Intervenire sulla composizione atomica di specifiche famiglie di prodotti, come quelli metallici, polimerici e ceramici, consente la realizzazione di materiali dalle caratteristiche nuove e innovative, specialmente se si utilizzano tecniche nanometriche, mentre l’accoppiamento di materiali a livello dimensionale più alto consente il raggiungimento di caratteristiche migliori, come, per esempio, il livello d’isolamento.

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In linea di massima i materiali innovativi si dividono in due macrocategorie: quelli a prestazioni fisse e quelli che sono in grado di “rispondere” alle variazioni delle condizioni d’utilizzo. Nella prima categoria ricadono tutti i materiali le cui prestazioni sono fissate a livello di fabbrica e che offro- d’energia, come i pannelli fotovoltaici orno risultati costanti come, per esempio, gli ganici di cui parliamo più avanti in questo isolanti, le resine con proprietà particolari, stesso numero. i materiali antiusura, quelli fotocatalitici e L’innovazione tocca anche il fronte delle autopulenti. Nella seconda si trovano materiali che potremmo chiamare attivi e che ceramiche nel quale si sta lavorando per rappresentano la frontiera più avanzata avere delle proprietà aggiuntive per superarne i limiti, dovuti alla dell’innovazione, come fragilità e alle difficolquelli a cambiamento Esistono molte linee di ricerca di fase e quelli che pos- dedicate ai polimeri biodegradabili tà di lavorazione. Basti pensare, per fare un siedono una memoria di che sono in grado d’avere un ciclo esempio, che il disastro forma. Si tratta, è bene di vita (Lca) accettabile sul fronte della sostenibilità ambientale. al rientro dello Shuttle specificarlo, di materiali Columbia nel 2003 fu la cui capacità di reazione non dipende dalla presenza di un siste- dovuto al distacco di una piccola parte ma di controllo, ma dalle caratteristiche del rivestimento protettivo costituito da intrinseche. Rientrano in questa categoria una speciale ceramica carbonio-carbonio, anche i materiali attivi energeticamente dovuto all’urto di alcune schiume isolanche consentono lo scambio o la produzione ti distaccatesi dal serbatoio dell’idrogeno

durante il decollo. Poiché il settore delle ceramiche, alle quali appartengono anche vetri e calcestruzzi, rappresenta i materiali più utilizzati, è chiaro che vi sia un grande fiorire delle ricerche. L’aggiunta di fibre di varia natura all’interno dei calcestruzzi, per esempio, consente di cambiarne alcune caratteristiche. L’utilizzo dei polimeri permette di aumentarne la resistenza alla flessione, mentre l’aggiunta di fibre di carbonio consente il monitoraggio della struttura per via elettrica. Per quanto riguarda i

53% ▶ delle nuove abitazioni sono di classe A o B

FOTO: MWITHTHEAT, FLICKR

FOTO: ZSUNG MING WHANG, FLICKR

Sotto: particolare del materiale


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FOTO: MARJA VAN BOCHOVE, FLICKR

edilizia, sia per motivi prestazionali, sia per la semplificazione della posa in opera che consentono. La loro diffusione, però, ha posto alcuni interrogativi sul fronte ambientale e, vista la loro derivazione dalle risorse fossili, se ne mette in dubbio la sostenibilità, nonostante alcuni prodotti offrano delle prestazioni sul fronte energetico di tutto rispetto. Per questi motivi esistono molte linee di ricerca dedicate ai polimeri biodegradabili che sono in grado d’avere un ciclo di vita (Lca) accettabile sul fronte della sostenibilità ambientale.

La facciata in listelli di ceramica

Incroci, ibridazioni e miscelazioni sono in realtà le linee di ricerca che i ricercatori stanno perseguendo grazie alle possibilità offerte dalle micro e nanotecnologie che sempre più spesso escono dai laboratori di ricerca per approdare molto rapidamente alle linee di produzione industriali. Lo sviluppo e la sperimentazione dei processi industriali realizzati per l’informatica e le rinnovabili, per esempio, si stanno diffondendo in molti settori, tra i quali quello dell’edilizia, ma uno dei problemi irrisolti nel nostro Paese è quello dell’accesso alla ricerca applicata da parte del nostro sistema industriale, fatto per gran parte da piccole e medie imprese, che troppo spesso non riescono a fare massa critica per accedere alla ricerca, mentre dall’altra parte viviamo il paradosso di un mondo della ricerca vitale, fatto ormai per la maggior parte da una nuova generazione di ricercatori che oltre ai flussi molecolari sono abituati a maneggiare anche quelli economici e che non riesce a intercettare la domanda d’innovazione delle imprese. Sintomo di ciò sono la bassa quantità di spin off universitari e il calo costante di iscritti presso facoltà come Scienze dei materiali, proprio in un momento in cui gli utilizzi dei materiali innovativi stanno esplodendo in tutte le applicazioni, anche quelle apparentemente più semplici. Eppure, mettere in contatto il mondo della ricerca e quello delle imprese sarebbe una di quelle “riforme low cost” che la politica potrebbe realizzare molto rapidamente e rappresenterebbe un vero atto di politica industriale, rivolto al futuro sia delle aziende, sia dei giovani e di tutto il Paese. ◆

assorbe il rumore del traffico Riservato agli abbonati. esterno. Brandhorst Museum Munich, Germania (2008) Vuoi sapere come riceverlo? www.tekneco.it/ricevi-tekneco

vetri, invece, si può parlare di superfici ve- a stimoli esterni anche complessi, in base trate intelligenti, vista la quantità di cose ai cambiamenti delle condizioni esterne e che possono fare. Oggi è possibile realizzare che non necessiteranno di sistemi di convetri che variano la trasmittanza in funzio- trollo e alimentazione poiché saranno in grado di generare l’elettrine di un input elettrico, alcità necessaria per il loro tri che mutano l’aspetto in Una volta raggiunto un funzionamento in maniera base all’esposizione a una certo grado di maturità fonte luminosa, magari di commerciale un’innovazione autonoma, grazie al fotovoltaico organico incorporato una determinata frequenza, nel mondo delle abitazioni diventa uno standard di nelle stesse. mentre altri sono sensibili riferimento, o quasi, e alla temperatura. E ancora, consente una buona stabilità I materiali a base di polil’utilizzo dei cristalli liqui- sul fronte della produzione meri sono oggetto di studi di, sviluppati in primo luo- da parte delle aziende. e ricerche che provengono go per il settore informatico, consente di variare la trasparenza in base dai settori più disparati e vedono un vero alla tensione elettrica applicata. Non è dif- fiorire di nuovi prodotti, per gli utilizzi più ficile immaginare che in un prossimo fu- disparati. Tessuti resistenti, membrane, turo potremmo avere delle superfici vetra- schiume particolari sono solo alcuni dei te in grado di rispondere autonomamente prodotti che stanno prendendo piede in

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Edilizia Bio

Il fotovoltaico come il mattone

Il futuro del solare è nella tecnologia delle celle “dye sensitized” (DSC) nelle quali la parte attiva è totalmente organica o polimerica. (Foto: Dupont)

Le celle solari diventeranno presto un elemento strutturale degli edifici

di Sergio Ferraris

L’

innovazione nei materiali in edilizia passa anche attraverso un cambio radicale nello scopo di alcune componenti architettoniche che stanno passando, già oggi, da un ruolo passivo a uno attivo. Parliamo della generazione d’energia attraverso “pezzi” di edifici che mutano pelle e assumono anche altri scopi oltre a quelli classici di copertura e protezione. Una delle linee sulle quali si punta di più è la generazione fotovoltaica integrata negli edifici, e bisogna prestare attenzione al fatto che quando parliamo di integrazione ci si riferisce a elementi edilizi fondamentali, come coperture vetrate, elementi della copertura orizzontale e infissi che producono elettricità, e non dell’integrazione architettonica come la si è intesa fino a oggi in relazione al Conto Energia. Oggi, dopo alcuni anni di sperimentazione nei quali si è provato con alterni successi l’utilizzo delle celle fotovoltaiche al silicio classiche come elementi strutturali, siamo in una fase nella quale per alcuni elementi si è riusciti a integrare le celle con degli elementi architettonici, mentre la prossima generazione del fotovoltaico guarda a prodotti molto più flessibili e innovativi che saranno in grado di offrire più possibilità sia sotto al profilo energetico, sia dal punto di vista architettonico. Uno dei prodotti disponibili da subito e che utilizza i pannelli fotovoltaici tradizionali è il coppo fotovoltaico, utile per installare sul proprio tetto sistemi di piccola potenza, la superficie energetica utile è infatti circa il 30% rispetto a quella di un sistema fotovoltaico tradizionale, ma questo sistema ha come vantaggio quello della totale integrazione architettonica, cosa da non sottovalutare, nonostante la fine degli incentivi,

poiché consente l’utilizzo del fotovoltaico anche in zone dove ci sono vincoli architettonici e paesaggistici, come in molti centri storici nostrani. In pratica si tratta di veri e propri coppi sui quali sono disposti dei piccoli pannelli fotovoltaici che è possibile collegare in stringhe al fine d’ottenere un vero e proprio sistema fotovoltaico come quelli classici, con il vantaggio che è possibile realizzare un impianto anche solo con la sostituzione dei coppi interessati e, quindi, con un rifacimento solo parziale della copertura. SILICIO CON LIMITI

Il silicio tradizionale, cristallino sul fronte della flessibilità architettonica, possiede dei limiti che sono intrinseci alla sua conformazione. Le superfici devono essere per forza piatte, la forma fisica è obbligata, così come l’orientamento - se si vogliono ottenere dei buoni risultati energetici -, è molto complesso ottenere delle superfici semitrasparenti senza inficiare l’efficienza e il colore è solo e unicamente quello classico del silicio il blu scuro. Una piccola marcia in più la possiede il film sottile montato su supporti plastici che cedono alcuni punti d’efficienza sul fronte della generazione energetica, ma consentono una maggiore flessibilità sul fronte architettonico poiché è possibile applicare i pannelli su superfici curve, come quelle di certe coperture industriali, oppure

30% ▶ La superficie utile di un coppo solare totalmente integrabile con l’edificio

si possono sagomare con forme che ricordano le tegole classiche. Da ricordare, infine, che sono disponibili anche delle tegole solari ibride, in grado di fornire sia elettricità, sia calore per l’acqua calda sanitaria o il riscaldamento. OLTRE IL SILICIO

La vera rivoluzione nell’integrazione del fotovoltaico in architettura è però attesa nei prossimi anni grazie alla tecnologia delle celle “dye sensitized” (DSC) nelle quali la parte attiva è totalmente organica o polimerica e che promettono un vero e proprio cambio di paradigma rispetto al fotovoltaico classico. Il processo di produzione di queste celle fotovoltaiche, infatti, non è quello tradizionale del silicio, ma assomiglia più alla serigrafia o al getto d’inchiostro, cosa che dovrebbe consentire la realizzazione di celle su qualsiasi supporto, anche molto flessibile,


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in futuro ci sarà anche la possibilità di trasformare le coperture in cortina in superfici attive, cosa che potrebbe aprire spazi di mercato oggi ancora inesplorati, come quello della valorizzazione delle superfici verticali degli edifici. Materiali e tecniche per rendere attivi gli edifici attraverso elementi architettonici quindi sono pronti, ciò che manca oggi è una stabilizzazione degli incentivi fiscali che faccia fare al fotovoltaico “edile” quel salto tecnologico e di scala che è stato fatto dal fotovoltaico classico. ◆ LEGGI questo articolo anche sul sito di Tekneco: www.tekneco.it/1204

TECNOLOGIA

Il punto d’eccellenza italiano

_

senza limiti di forme e dimensioni, mentre minore efficienza di picco, il fotovoltaico oril prezzo di produzione dovrebbe essere mol- ganico possiede una maggiore capacità proto basso visto l’utilizzo di materiali a costo duttiva in condizioni d’insolazione parziale. ridotto e processi, simili a quelli tipografici, Questa caratteristica offre alla tecnologia che consentono di “tirare” grandi quantità delle celle “dye sensitized” un’arma in più di pannelli fotovoltaici. Altre caratteristiche nella competizione con il silicio, poiché consente la loro installazione del fotovoltaico “organico” in posizioni e in condida non sottovalutare sono Caratteristiche del fotovoltaico zioni d’insolazione dove quella della semitraspa- “organico” da non sottovalutare renza e della colorazione. sono quelle della semitrasparenza il rendimento del silicio è minore. Ed è proprio queScegliendo la densità del e della colorazione sta loro caratteristica che materiale attivo è possibile, infatti, bilanciare la trasparenza con l’effi- le ha rese “appetibili” a grandi imprese specienza nella produzione energetica, mentre cializzate a livello internazionale nell’ediliscegliendo tra i diversi pigmenti utilizzabili zia di qualità come quelle che realizzano le è possibile scegliere i colori. L’efficienza di superfici vetrate dei grandi edifici. Un gratquesto tipo di pannelli è oggi intorno al 10- tacielo coperto di pannelli semitrasparenti 12% e la loro durata è di svariati anni, ma bi- “stampati” sulle superfici vetrose, per esemsogna considerare il fatto che la produttivi- pio, può arrivare a svariati megawatt di potà media annua è praticamente equivalente tenza installata, diventando autosufficiente a quella del silicio, poiché a fronte di una sul fronte elettrico durante le ore diurne. Ma

Uno dei punti d’eccellenza a livello mondiale circa la ricerca sulle celle “dye sensitized” è il Polo Solare Organico della Regione Lazio di Roma, CHOSE (Center for Hybrid and Organic Solar Energy) che nasce nel dicembre 2006 grazie a una partnership tra l’Assessorato all’Ambiente della Regione Lazio, allora retto da Angelo Bonelli, e il Dipartimento di Ingegneria Elettronica dell’Università di Roma Tor Vergata. L’idea è stata quella di creare un centro di ricerca applicata per lo sviluppo dell’industrializzazione delle tecnologie organiche e ibride organiche-inorganiche applicate alle celle fotovoltaiche. Oggi il CHOSE sta sviluppando i primi prototipi dei pannelli fotovoltaici organici ed è stata attivata la prima linea sperimentale per la produzione degli stessi. Il CHOSE, inoltre, nei suoi sei anni di vita ha attivato quattro realtà tra start up e spin-off ed è membro del consorzio DYEPOWER per lo sviluppo dei processi di produzione industriale per la fabbricazione di pannelli fotovoltaici DSC da utilizzare nelle facciate in vetro. Aderiscono al consorzio aziende del calibro di Erg, Permasteelisa Group e Dyesol.


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Edilizia Bio

L’isolamento diventa high tech Il futuro delle ristrutturazioni passerà per l’innovazione degli isolanti. Una rivoluzione del mercato che è già cominciata e in modo radicale.

di Sergio Ferraris

I

l settore dell’isolamento è uno di quelli che in edilizia sta sviluppando la maggiore innovazione, anche con i materiali, perché la richiesta di isolanti sempre più performanti sarà, con ogni probabilità, in crescita. Gli isolanti, infatti, saranno essenziali nelle nuove costruzioni, poiché richieste di mercato e regolamenti edilizi spingeranno a sempre maggiori prestazioni degli immobili, ma anche perché giocano un ruolo fondamentale nelle ristrutturazioni edilizie di un patrimonio immobiliare come quello italiano che è in larghissima parte un vero e proprio colabrodo energetico.A ciò bisogna aggiungere che la sempre più serrata concorrenza sta spingendo le aziende a migliorare i prodotti anche dal punto di vista della gestione in cantiere, puntando a una maggiore semplicità nella posa in opera, cosa che si traduce in una diminuzione dei tempi e quindi in una maggiore economicità complessiva. Tralasciando i materiali isolanti cosiddetti tradizionali di origine naturale oppure a base sintetica vogliamo qui segnalare alcuni prodotti che si stanno distinguendo per caratteristiche altamente innovative e che di sicuro avranno un ruolo rilevante nelle realizzazioni future. L’isolante a base di Aerogel unisce delle ottime caratteristiche fisiche - è solido - alla leggerezza ed è costituito da un gel, nel quale un gas prende il posto del liquido. L’Aerogel possiede una quantità d’aria che può arrivare al 99%, caratteristica che garantisce un valore di conducibilità termica molto basso. Si tratta di un materiale che può essere utilizzato sia in esterno, sia negli interni e la cui posa è molto semplificata.Visto il suo spessore sottile, l’isolante a base di Aerogel offre ottime prestazioni già a partire dai dieci millimetri, questo materiale trova un suo terreno d’elezione per gli impieghi in interni poiché consente di efficientare edifici sui quali non è possibile la realizzazione di cappotti esterni, per vincoli o difficoltà oggettive, evitando perdite importanti di superfici utili.Altra soluzione innovativa è quella degli isolanti sottili multiriflettenti, che sono realizzati sovrapponendo film metallici, come quelli d’alluminio, con strati di isolanti, contenenti aria, che possono essere di diversa natura e origine, a seconda del risultato che si vuole ottenere e del livello di sostenibilità generale. La loro caratteristica principale è quella di limitare il trasferimento energetico sopratutto per irraggiamento, anche se non sono da sottovalutare le caratteristiche di questi materiali sul fronte della conduzione e del cambio di stato. Gli isolanti multiriflettenti sono disponibili con uno


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spessore massimo di 30 millimetri e sono forniti in rotoli. Principio completamente diverso è quello dei pannelli isolanti a vuoto dove l’aria racchiusa tra i materiali è sostituita dal vuoto, abbassando in maniera notevole la capacità conduttiva dei materiali. Questi pannelli, Vacuum Insulation Panel (Vip), nascono da esigenze particolari, come quelle legate all’industria frigorifera, e possiedono una conducibilità termica fino a dieci volte inferiore rispetto ai materiali tradizionali con spessori molto ridotti. Si tratta di pannelli che devono essere realizzati su misura e per i quali bisogna prestare molta cura durante la fase di posa, poiché il pannello è racchiuso in un film d’alluminio che ne garantisce la tenuta ermetica. Il costo è decisamente elevato, ragione per la quale questo tipo d’isolante viene utilizzato dove effettivamente non sia

possibile ottenere performance analoghe con altri sistemi. Infine, abbiamo i materiali tra i più innovativi che a un comportamento di tipo “passivo” come quello degli isolanti, ne uniscono uno “attivo” dovuto al cambiamento di fase. Si tratta di materiali che possono accumulare e rilasciare una notevole quantità di calore a una temperatura fissa che è poi quella del cambiamento di fase da liquido a solido. I Pcm (Phase Change Material) accumulano il calore latente e sfruttano la transazione di fase per incamerare energia, mantenendo inalterata la propria temperatura, che è di circa 25 °C, molto vicina a quella del punto di comfort del corpo umano. In pratica i Pcm sottraggono calore all’ambiente quando la temperatura sale e la restituiscono quando questa scende. Si tratta, quindi, di materiali termoregolanti che sono in grado di assorbire

le fluttuazioni giornaliere, riducendo i picchi della temperatura interna. Trattandosi di sostanze che devono essere inserite all’interno dei materiali utilizzati in edilizia dovrebbero trovare in futuro un’ampia gamma di modalità d’utilizzo, e quelle che si stanno sperimentando sono quelle nel calcestruzzo, nel cartongesso, negli intonaci, nel vetro e nel plexiglass, nonché in accoppiata con materiali isolanti più tradizionali. Le sostanze per ora utilizzate sono composti organici, come le paraffine e gli idrocarburi e quelli inorganici come i sali idrati, mentre i processi di contenimento sono il micro e macro incapsulamento e l’immersione in matrici porose. ◆ LEGGI questo articolo anche sul sito di Tekneco: www.tekneco.it/1205

DUROCK ENERGY

Innovare la tradizione

_ Le aziende stanno migliorando i prodotti anche dal punto di vista della gestione in cantiere, puntando a una maggiore semplicità nella posa in opera, cosa che si traduce in una diminuzione dei tempi e dei costi. Foto: Cortesia Rockwool

Anche i prodotti tradizionali possono comportare delle innovazioni che ne aumentano le prestazioni sia energetiche, sia d’utilizzo. É il caso del nuovo pannello isolante rigido in lana di roccia non rivestito a doppia densità, Durock Energy, proposto di recente da Rockwool, che oltre ad avere un ottimo comportamento sul fronte dell’isolamento unisce un’eccellente resistenza alla compressione, è calpestabile, offre buone prestazioni sul fronte dell’isolamento acustico ed è ignifugo. Si tratta di un prodotto che è stato studiato per essere applicato su coperture inclinate e piane. La combinazione di conducibilità termica e alta densità offre un valore migliorato, pari a 0,037 W/ mK ed é permeabile al vapore, con un valore di µ pari a 1, cosa che consente la realizzazione di pacchetti di chiusura “traspiranti”. Il pallet usato per il trasporto è realizzato con il pannello stesso utilizzato come elemento di supporto, cosa che consente la riciclabilità del pallet stesso utilizzandolo come materiale di recupero direttamente in cantiere.

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Edilizia Bio

La nuova stagione del legno I vantaggi del legno lamellare in edilizia non sono solo ecologici ma anche economici. E si costruisce più velocemente: un palazzo di otto piani in solo dieci settimane

di Sergio Ferraris

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l legno, che è uno dei materiali più tra- limite è la fantasia degli architetti, ai quali dizionali da costruzione e che è soprav- questo materiale consente comunque una vissuto fino ai nostri giorni, in diverse grande creatività - afferma Roberto Modena, aree del Pianeta sta vivendo una nuova ingegnere di Rubner Holzbau che si occupa giovinezza che lo sta portando a livelli di della gestione dei progetti -. Si tratta di un utilizzo fino a qualche anno fa impensabi- materiale che può essere utilizzato in tutti li. La rivoluzione nel campo del legno, oggi, i contesti. Nei primi anni lo si è utilizzato si chiama legno lamellare ed è una tecnica per delle realizzazioni caratterizzate da una che nulla ha a che fare con quelle tradizio- grande luce, sfruttando i pesi contenuti del nali per il livello d’innovazione tecnologica legno lamellare, ma oggi, oltre alle grandi superfici lo si sta impiegando anche nelle che possiede. Grazie al legno lamellare, infatti, si pos- grandi altezze». Un’altra caratteristica del legno lamelsono realizzare elementi strutturali di prilare, che offre divermaria importanza che si vantaggi, è quella di consentono soluzioni Per quanto riguarda i campi avere un alto grado di architettoniche anche d’applicazione del legno prefabbricazione. molto avanzate. Il legno lamellare l’unico limite è la Il primo è quello di polamellare, rispetto a quel- fantasia degli architetti, ai quali questo materiale consente ter avere un alto grado lo tradizionale, presenta comunque una grande creatività. di personalizzazione devantaggi notevoli poiché gli elementi costitutivi le singole lamelle che lo compongono annullano l’una con l’altra i di- l’immobile, poiché praticamente ogni refetti tipici di un materiale naturale come il alizzazione è un prodotto che potremmo legno, consentendo la realizzazione di strut- chiamare di “sartoria edilizia” i cui pezzi ture particolari in base alle singole esigenze sono realizzati in fabbrica, attraverso una del progettista e non ha il limite dimensio- stretta sinergia tra progettisti, costruttori nale obbligato dalle dimensioni dell’albero, e azienda realizzatrice del legno lamellama che è imposto solo dalle esigenze di tra- re, che quindi non ha solamente il ruolo di sporto, e consente la realizzazione di singoli fornitrice di materia prima. Oltre a ciò, il elementi lunghi fino a 45 metri. Il rapporto fatto di arrivare al cantiere con una buona tra qualità meccaniche e peso - 500 chilo- parte degli elementi già realizzati consente grammi a metro cubo per il legno lamella- una riduzione dei tempi, una coordinaziore contro i 2.500 chilogrammi a metro cubo ne tra le varie attività della messa in opera per il cemento - è sicuramente a favore del e una maggiore pianificazione del lavoro. legno lamellare. «Per quanto riguarda i cam- Opportunità che si traducono in una ridupi d’applicazione del legno lamellare l’unico zione dei tempi e quindi in una maggiore


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economicità della realizzazione. Da non sottovalutare, inoltre, il fatto che nel caso di edifici multipiani, mentre si stanno realizzando quelli superiori, in quelli inferiori si possono già realizzare i lavori di finitura, con una grande compressione dei tempi morti. Per dare un’idea, in un edificio di quattro piani il primo può essere terminato mentre si sta ancora realizzando il quarto. «Non bisogna sottovalutare, inoltre, il fatto che in questi cantieri non c’è necessità di betoniere e polveri per le malte e ciò rappresenta un vantaggio per i cantieri attivi in zone già abitate, in quanto il disturbo verso la popolazione è minimo - prosegue Roberto Modena - E poi c’è la rapidità. Per realizzare un edificio che abbia 250 metri quadri per piano e un’elevazione di otto piani servono circa otto-dieci settimane, anche perché lavorando completamente a secco non ci sono tempi morti». Circa le prestazioni energetiche il legno, sia quello lamellare usato per le strutture, sia quello in pannelli utilizzato per le tamponature, ha già di per sé delle ottime prestazioni energetiche che aumentano se lo si accoppia con dei materiali isolanti. Oltre a ciò, le costruzioni in legno possiedono limitati ponti termici e quest’ultima caratteristica, unita all’isolamento, consente di realizzare in maniera facile delle abitazioni passive. Per quanto riguarda uno dei luoghi comuni più diffusi, ossia la combustione, il legno lamellare offre ottime performance poiché possiede un buon isolamento termico e la struttura cede solo quando la parte non carbonizzata è diminuita a livello tale che non è più in grado di sopportare il peso per la quale è stata progettata. Sul fonte antisismico, l’elasticità e il minor peso sono i due elementi che aiutano, e non poco, il progettista che si trova ad affrontare la realizzazione di abitazioni in zona sismica. Per quanto riguarda le essenze utilizzate per realizzare il legno lamellare, si utilizzano in linea di massima l’abete rosso, che offre buone caratteristiche di resistenza e possiede una buona attitudine all’incollaggio, e il larice che ha le stesse caratteristiche dell’abete rosso ma anche una maggiore durabilità in esterni e una maggiore valenza estetica. ◆

Un’altra caratteristica del legno lamellare è quella di avere un alto grado di prefabbricazione, una caratteristica che offre diversi vantaggi. Il primo è quello di poter avere un alto grado di personalizzazione degli elementi costitutivi l’immobile.

TECNOLOGIA

Legno estremo

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A dimostrazione delle potenzialità del legno lamellare c’è la recente realizzazione a Keutschach am See in Carinzia di quella che è la più alta torre panoramica composta da legno lamellare al mondo: la Pyramidenkogel. La struttura, che arriva a quasi 100 metri d’altezza, è stata realizzata da Rubner Holzbau su progetto dello Studio di Architettura Klaura, Kaden + Partners di Klagenfurt che si è avvalso per il progetto strutturale degli ingegneri Lackner + Raml di Villach. La struttura è composta da dieci livelli, dell’altezza di 6,4 metri ognuno, in cima ai quali trovano posto due piattaforme di 3,2 metri che servono per consentire l’osservazione panoramica. La torre è composta da 16 pali in legno lamellare, tutto rigorosamente di provenienza locale, che sono irrigiditi da dieci anelli ellittici e da ottanta puntoni diagonali. In totale sono stati utilizzati 500 metri cubi di legno lamellare, mille metri quadrati di pannelli strutturali autoportanti X-Lam e 300 tonnellate d’acciaio.

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Edilizia Bio

La rivincita dei naturali Acciaio, cemento e materiali più pericolosi come l’amianto hanno fatto il loro tempo. Oggi si progetta usando materie naturali e più performanti

di Sergio Ferraris

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a bioedilizia e le tecniche per l’efficienza energetica stanno rimettendo in corsa materiali naturali che solo fino a pochi anni fa si pensava fossero destinati ai libri di storia. Fino agli anni Ottanta, infatti, in buona parte d’Europa i materiali di successo erano l’acciaio, il cemento e, purtroppo, l’amianto, tutte componenti che sembravano unire economicità nella costruzione, grande flessibilità e standardizzazione nelle operazioni di cantiere. L’amianto, per fortuna, è stato messo fuori legge per il suo impatto disastroso sulla salute nei primi anni Novanta, mentre per i materiali tradizionali è da alcuni anni in atto un profondo ripensamento da parte dei progettisti che si stanno orientando per alcune realizzazioni all’utilizzo, o meglio al riutilizzo, di materiali naturali che oggi hanno diversi gradi sia d’utilizzo, sia di maturità, in relazione anche alle tecnologie costruttive che si stanno sempre più raffinando, come nel caso del legno. Il concetto di base dei materiali naturali è che, non solo la loro origine deve evitare prodotti di sintesi, ma tutto il ciclo di vita, compresa la filiera di produzione, deve essere a basso impatto ambientale, specialmente per quanto riguarda i consumi energetici, ed è necessario che il fine vita contempli la possibilità di riciclo. Naturalmente un requisito fondamentale dei materiali naturali è rappresentato dal fatto che, oltre a garantire delle buone performance ambientali, devono avere lo stesso livello di qualità e abitabilità dei materiali tradizionali, cosa che negli ultimi tempi ha sviluppato la ricerca per l’affinamento delle performance di questi materiali. Oltre al legno, materiale edile per eccellenza in

molte culture di cui parliamo in articolo a parte, i materiali naturali abbracciano tutti gli aspetti dell’edilizia. Per quanto riguarda le opere di fondazione, il consiglio dei bioarchitetti è quello di utilizzare il cemento puro, nel quale non devono essere state utilizzate materie prime seconde provenienti da altre lavorazioni industriali, mentre per quanto riguarda l’armatura d’acciaio è preferibile utilizzare l’acciaio austenico che ha una bassa permeabilità magnetica e, quindi, riduce il fenomeno delle correnti indotte. La terra cruda, che è uno dei materiali più antichi, è tutt’ora molto utilizzata - l’Unesco, infatti, stima che metà della popolazione mondiale viva in abitazioni realizzate con la terra - e può essere impiegata per le murature continue portanti, utilizzando le due principali tecniche di costruzione: il pisé e l’adobe. Con l’accoppiamento della terra cruda e della paglia, invece, si ottengono murature dalle forti proprietà termoregolatrici, ma non adatte a strutture portanti. Capitolo a parte, invece è quello dell’utilizzo della paglia come materiale di costruzione, che recentemente è tornato alla ribalta in alcune realizzazioni sperimentali, anche di alto livello. La paglia viene utilizzata altresì per le pareti esterne, fissandola con delle strutture di legno e si intonaca normalmente, ma il suo comportamento fisico è ben diverso dai materiali tradizionali. Un muro di paglia è in grado di traspirare, impedendo la formazione delle muffe, ha un alto coefficiente d’isolamento termico ed è, al contrario di ciò che si crede comunemente, resistente al fuoco, poiché nella paglia pressata c’è poco ossigeno. Oltre a ciò la paglia, vista la sua leggerezza, è adatta alle costruzioni antisismiche.

I settori dove troviamo una grande quantità di materiali naturali, in grado di soddisfare le esigenze più disparate, sono quelli delle finiture superficiali e della coibentazione. La calce, in tutte le sue versioni, ha delle buone caratteristiche sul fronte della sostenibilità - ha anche un bilancio energetico basso - e può essere utilizzata per le malte, gli intonaci e le pitture, mentre quella idraulica è adatta in molti casi in sostituzione del cemento, offrendo un’ottima traspirabilità, cosa che aumenta parecchio il comfort degli ambienti. La calce spenta, invece, viene utilizzata per le finiture e gli intonaci, garantendo le caratteristiche microclimatiche necessarie a una buona abitabilità. Per quanto riguarda le impermeabilizzazione,

2001 ▶ l’anno dal quale la lana di roccia non è più classificata come cancerogena


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I settori dove troviamo una grande quantità di materiali naturali in grado di soddisfare le esigenze più disparate sono quelli delle finiture superficiali e della coibentazione.

la chimica di sintesi prendessero il sopprav- caratteristiche igroscopiche eccezionali viRiservato agli abbonati. sto che è in grado di assorbire acqua per il 30% vento durante tutto il secolo scorso. infine,come offrono unariceverlo? grande va- circa del suo peso senza dare segni d’umidità. VuoiI coibenti, sapere rietà di possibilità poiché possono essere I minerali, infine, garantiscono resistenza e d’origine vegetale, animale e minerale e sono caratteristiche coibentanti di ottimo grado. www.tekneco.it/ricevi-tekneco

specialmente quelle a terra, anche in questo settore è possibile puntare su un materiale naturale come la bentonite, che è una sostanza d’origine vulcanica a struttura cristallina lamellare, non tossica e chimicamente inerte che possiede la caratteristica di divenire, con l’aggiunta dell’acqua, un gel impermeabile che si espande anche di venti volte riempiendo così eventuali cavità e fessure ed impedendo di conseguenza la risalita dell’acqua per capillarità. L’utilizzo delle cere, invece, consente di realizzare, per impregnamento, delle fibre o delle carte cellulosiche, realizzando così delle vere e proprie guaine utili nelle coperture. Sul fronte delle vernici la scelta è decisamente ampia e si va dagli oli vegetali, ai coloranti, sempre vegetali, passando per le resine e finendo con i minerali naturali come gessi, terre colorate, bianco titanio e così via. In buona parte si tratta di sostanze ampiamente sperimentate sia sul fronte dell’utilizzo, sia su quello dei risultati finali, poiché sono stati materiali molto utilizzati nel passato, prima che i prodotti realizzati con

L’argilla espansa è un ottispesso già ampiamente mo isolante inerte e leggeutilizzati, come nel caso Il concetto di base dei materiali ro, mentre il vetro cellulare del sughero. La carta ri- naturali è che non solo la loro espanso aggiunge a queste ciclata, con l’aggiunta di origine deve evitare prodotti caratteristiche quella delsali minerali come il boro, di sintesi, ma tutto il ciclo di vita, compresa la filiera di la resistenza chimica. La per esempio, diventa un produzione, deve essere a basso lana di roccia, se prodotta coibente robusto e igni- impatto ambientale dopo il 2001, non è classififugo, mentre, sempre con cata come cancerogena per lo stesso metodo, si possono utilizzare scarti di legno, impastati con cui può rientrare nel novero dei materiali da il cemento bianco. Altre fibre vegetali, come utilizzare nella bioedilizia. E con i materiali quelle di cocco, lino, mais e così via, possono di origine naturale si difende anche il cliessere utilizzate senza trattamenti aggiun- ma. Un metro cubo di isolante realizzato in tivi, così come con le fibre di legno prove- canapa e calce “sequestra”, secondo i calcoli nienti dagli scarti delle segherie si possono fatti dall’azienda Equilibrium, fino a 60 chirealizzare pannelli assolutamente natura- logrammi di anidride carbonica. ◆ li, poiché sono tenuti assieme dalla lignina già presente nel legno. Dal mondo animale arriva la lana di pecora, ottima per l’isola- LEGGI questo articolo anche sul sito di Tekneco: mento acustico e termico, che possiede delle www.tekneco.it/1207


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PROGETTO

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Un recupero di valore L’intervento in un centro agricolo in Val Tidone studio: Sonia Calzoni - Studio Calzoni Architetti

Il recupero di un piccolo complesso agricolo e abitativo nelle colline piacentine diventa un’occasione per riflettere come in questo genere di interventi sia doveroso cercare di mantenere ed evidenziare alcuni valori intrinseci dell’architettura vernacolare, come l’inserimento nel paesaggio, l’impiego di materiali autoctoni ed il rispetto delle regole bioclimatiche di Beatrice Spirandelli foto di Paolo Rosselli

Il recupero del patrimonio edilizio esistente rappresenta, secondo i più autorevoli stakeholders, la sola prospettiva di uscita dalla crisi per il settore delle costruzioni. In Italia la quota di edifici abbandonati e disabitati sfiora la quota 2 milioni (fonte Cescat Centro Studi Casa Ambiente e Territorio di Assoedilizia), alcuni dei quali si raggruppano in borghi rurali “fantasma”. Le opzioni che vanno dalla semplice ristrutturazione al riuso implicano una serie di vantaggi noti che afferiscono alla sfera economica ed ambientale, e nel caso si riferiscano all’architettura rurale comportano anche il recupero di valori culturali che oggi, purtroppo, nella maggior parte dei casi rimangono disconosciuti. Questo genere di manufatti sono espressione della cultura e delle tecniche costruttive passate e testimoniano la capacità di realizzare una sintonia tra ambiente naturale e costruito ormai divenuta assai rara IL RECUPERO DEI VALORI

L’architettura vernacolare, come sostiene Bernard Rudofsky nel suo libro “Architettura senza architetti”, è il frutto dell’adattamento “storico” degli abitanti alle caratteristiche del luogo, capace di risolversi in una sintesi tra clima, forma e materia. Tra i suoi valori più significativi (e quindi da preservare) vi è la capacità di adeguare il costruito alle caratteristiche geologiche e climatiche del luogo, in modo da ottenere condizioni di comfort termico all’interno degli edifici con un basso dispendio di energia, dettando le regole che oggi sono state tradotte in una “moderna” disciplina che chiamiamo bioclimatica. Il progetto di recupero della cascina

I dati del progetto Piacenza Nibbiano Val Tidone

EMILIA ROMAGNA

denominata “Casa Maloni”, immersa nel verde ondulato della Val Tidone in provincia di Piacenza, è una dimostrazione di come sia possibile riadattare con tecnologie attuali e gusto contemporaneo un nucleo di edifici abbandonati risalenti ai primi del Novecento rispettandone in pieno il valore di testimonianza storica ed architettonica, oltre che mantenere il delicato rapporto con il paesaggio circostante. Si tratta di una piccola corte irregolare definita da tre corpi distinti: la stalla ed il granaio, le parti più antiche, a cui sono stati aggiunti nel tempo l’abitazione, il portico ed un piccolo deposito. La successione temporale delle costruzioni ha implicato una certa disomogeneità e una particolare articolazione tra i volumi dei singoli corpi di fabbrica, oltre ad una serie di superfetazioni. Queste caratteristiche sono state assunte dai progettisti come punto di partenza dell’operazione di recupero ed hanno disegnato una nuova residenza impiegando gli stessi materiali locali che caratterizzavano originariamente il complesso. Un secondo obiettivo strategico del progetto è stata l’adozione di scelte architettoniche di natura diversa per ogni edificio, in modo da caratterizzare maggiormente l’intervento e, soprattutto, mantenere quel senso di eterogeneità che caratterizzava la corte

COMMITTENTE

IL CORPO PRINCIPALE

CONTATTI

Il corpo principale è composto da 2 livelli: al piano superiore la zona notte e al piano terreno le attività diurne, integrate da una piccola unità abitativa autonoma atta ad accogliere il personale di servizio o eventuali visitatori. La zona giorno è stata ampliata

Sonia Calzoni - studio Calzoni Architetti

Privato PROGETTISTA Sonia Calzoni - studio Calzoni Architetti CONSULENTE ENERGETICO Coprat Società Cooperativa Mantova UBICAZIONE Nibbiano Val Tidone (Pc) TIPOLOGIA INTERVENTO Recupero DESTINAZIONE D’USO Edilizia privata ANNO DI REALIZZAZIONE 2008-2011 PRESTAZIONI ENERGETICHE Classe energetica: A+ A

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Indice termico invernale: 101,3 kWh mq/a Indice di emissioni di CO2: xx kg/mqa PROTOCOLLO DI CERTIFICAZIONE CasaClima

Corso Venezia, 29 20121 – Milano tel / Fax: 02 76023449 email: studio@calzoniarchitetti.it www.calzoniarchitetti.it

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sfruttando l’ampio porticato preesistente sul fronte Sud-Est, che oggi è diventato un soggiorno a doppia altezza delimitato da un sistema di pareti vetrate completamente apribili al piano terreno. Questa soluzione ha permesso da un lato di mantenere visibile la struttura originaria del porticato e dall’altro di offrire agli abitanti la vista sulle colline circostanti. Tutte le parti precedentemente aperte del fabbricato agricolo sono state rivestite esternamente da pannelli composti da doghe orizzontali di legno di larice di dimensioni variabili, in modo da rispettare il preesistente rapporto pieni-vuoti che scandiva gli spazi per il ricovero temporaneo o stagionale degli attrezzi e dei prodotti agricoli. La texture di questo originale rivestimento ricorda, nelle intenzioni del progettista, le chiusure in legno realizzate artigianalmente nel passato per chiudere ampie superfici, come anche i sistemi di stoccaggio del materiale nei granai I grandi pannelli di legno caratterizzano fortemente l’intervento e nel contempo sono funzionali alla definizione di un sistema di facciate ventilate atte a contenere la domanda energetica dell’involucro opaco. In corrispondenza delle ampie vetrate che caratterizzano la maggior parte degli spazi di soggiorno, gli stessi pannelli di legno diventano grandi portali apribili automaticamente in senso orizzontale, in modo da realizzare una pensilina temporanea capace di proteggere dal sole gli spazi interni in certi giorni dell’anno e di proteggere le vetrate durante la notte o in assenza dei proprietari. L’attenzione al risparmio energetico non si è esaurita nell’applicazione di principi bioclimatici al rivestimento esterno dell’involucro, ma è proseguita nella realizzazione di murature spesse e ben coibentate e di una copertura ventilata ed altrettanto isolata, corredata

di una serie di pannelli solari termici per la produzione di acqua calda sanitaria. IL FIENILE, LA RIMESSA ED IL GIARDINO

L’intervento sul fienile è stato orientato a mantenere inalterata, almeno dal punto visivo, la struttura originaria, per cui in questo caso il progettista ha deciso di tamponare “dall’interno” gli importanti pilastri in laterizio che definiscono questo genere di edifici con un involucro trasparente in vetro e acciaio. Il risultato è una grande scatola di vetro trasparente che mantiene leggibili gli open space ricavati su due livelli e collegati da una scala centrale interna, i quali sono ombreggiati durante le giornate più calde da una serie di pannelli scorrevoli composti da listelli in legno e da tende. La privacy è garantita da una serie di veneziane poste invece all’interno del guscio trasparente. Il piccolo deposito in pietra che completa il complesso ha mantenuto la sua funzione di ricovero attrezzi ed è stato restaurato mantenendo l’originale involucro in pietrame a vista. Lo stesso rivestimento caratterizza anche parte dell ‘involucro dell’edificio principale sul fronte Ovest, quello che si affaccia sulla corte interna, oltre che il muretto che funge da recinzione sulla strada e quello di contenimento, il quale si è reso necessario per portare in piano una piccola porzione di terreno antistante la casa. Da qui il giardino degrada dolcemente verso un torrente sottostante, arricchito da alcuni alberi esistenti e da una fila di pioppi argentati che servono a nascondere la vista della strada provinciale.◆

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“Casa Maloni” è una dimostrazione di come sia possibile riadattare con tecnologie attuali e gusto contemporaneo un nucleo di edifici abbandonati risalenti ai primi del Novecento rispettandone il valore di testimonianza storica ed architettonica.

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Edilizia Bio

News L’unione fa la forza Nell’Auditorium di Assimpredil Ance a Milano l’assemblea da cui nascerà la nuova Unicmi

Riservato agli abbonati. Vuoi sapere come riceverlo? presidenti delle due associazioni, Corrado massa critica possibile tra coloro che, in Cambio ai vertici del mondo www.tekneco.it/ricevi-tekneco delle costruzioni. Uncsaal e Acai Bertelli e Donatella Chiarotto affinchè pro- modo solidale, avanzano le stesse istanze», presto diventeranno una cosa sola con l’acronimo di Unicmi

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resso l’Auditorium di Assimpredil Ance a Milano si sono svolte le assemblee generali congiunte sia di Uncsaal (l’associazione che rappresenta la filiera industriale dell’involucro edilizio) e di Acai (l’associazione rappresentativa della filiera industriale delle costruzioni metalliche) nella quale le oltre 170 aziende presenti hanno votato all’unanimità il conferimento delle deleghe ai

cedano, entro la fine dell’anno, alla fusione delle due strutture in Unicmi, l’Unione Nazionale delle Industrie delle Costruzioni Metalliche, dell’Involucro e dei serramenti che nasce grazie alla volontà di 450 imprese di punta del settore attive nella progettazione, realizzazione e messa in opera di serramenti metallici, facciate continue, strutture, carpenterie e costruzioni metalliche, attrezzature da cantiere, scaffalature e road equipment, sistemi e accessori per serramenti e facciate, componenti per l’isolamento e la tenuta, macchine per serramenti. I numeri del settore sono importanti, visto che lo stesso ha un fatturato annuo di circa sei miliardi di euro, con 30mila addetti e circa 17mila aziende. «Lo squilibrio di forze in gioco tra imprese e Stato è vistoso e impone perciò la ricerca della maggiore

ha affermato nel suo intervento la presidente Acai Donatella Chiarotto, mentre il presidente Uncsaal Corrado Bertelli, nella sua relazione istituzionale, ha detto che: «Unicmi nasce per dare vita a un confronto serrato tra intelligenze e conoscenze che recepisca le nuove domande che le nostre industrie si pongono e inizi a tracciare le risposte nuove. Risposte che non abbiamo ancora. Risposte utili e necessarie per affrontare il mercato di domani che non ha nulla in comune con quello in cui abbiamo operato fin ad ora». Per entrambi i presidenti Unicmi «oltre a offrire servizi utili e rappresentanza politica e normativa efficiente a tutti i settori industriali che la comporranno, si candiderà a essere uno strumento autorevole di elaborazione, integrazione e proposizione del know how e delle esigenze delle


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Edilizia Bio

News La nuova dirigenza, Corrado Bertelli e Donatella Chiarotto, con Claudio De Albertis.

industrie associate e dei loro prodotti, da trasmettere in modo omogeneo, chiaro, aggiornato e utile a tutti i committenti decisori». L’importanza di una rappresentatività incisiva e di una maggiore integrazione tra tutte le componenti dell’universo delle

costruzioni è stata sottolineata da Claudio De Albertis, presidente di Assimpredil Ance, che ha evidenziato come «l’unità di tutto il fronte delle costruzioni abbia già prodotto risultati concreti con la grande mobilitazione della Giornata della Collera, alla quale

è seguita la Giornata delle Vessazioni che si è svolta l’8 luglio, evento nel quale l’intero mondo dell’edilizia ha denunciato leggi, regolamenti e norme che rendono impossibile la vita di chi opera nelle costruzioni, proponendo soluzioni concrete per la semplificazione delle procedure a costo zero per lo Stato». L’Assemblea congiunta ha, infine, analizzato il report di Lorenzo Bellicini del Cresme sugli scenari futuri e sulle scelte strategiche che determineranno il futuro del comparto delle costruzioni in Italia e lo studio di Carmine Garzia, coordinatore Ufficio Studi Economici Uncsaal, sugli ultimi dieci anni di mercato dell’involucro edilizio italiano e sui modelli di business necessari per affrontare la crisi congiunturale che interessa il settore da cinque anni.

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UNICMI

La struttura e la governance

Presidente Corrado Bertelli (Bmp Spa)

Riservato agli abbonati. Vuoi sapere come riceverlo? Tramajoni, Alberto Vintani, Giulio Zanetti(Metra Spa). www.tekneco.it/ricevi-tekneco Collegio dei Probiviri

Vicepresidente Donatella Chiarotto (Fip Industriale Spa)

Carmine Arzu, Guido Farè, Maurizio Merlo, Massimo Finzi, Carlo Urbano, Giulio Ballio, Federico Mazzolani.

Consiglio Direttivo Nicola Agnoli (Vega Systems Srl), Vincenzo Andreazza (Alimak Hek Italia) Danilo Ara (Metro Infissi Srl), Andrea Artero (Al Door Srl), Giovanni Brero, Andrea Burchi (Cometal Spa), Valter Caiumi (Emmegi Spa), Otello Campion (Pali Campion Srl), Riccardo Casini (Permasteelisa Spa), Paola Cimolai (Cimolai Spa), Giancarlo Coracina, Vincenzo Coveri (Giuliani Soc. Coop.), Silvio Cremaschi (Metalsigma Tunesi Spa), Franco Daniele (Tecnostrutture Srl), Marco Di Giovanni (Ima Spa), Matteo Dolcera (Technoform Glass Insulation Italia Srl), Roberto Ferrara, Gian Carlo Ferretto (Ferretto Group Spa), Adriano Fracasso (Fracasso Spa), Mario Fusi (Specialvetro Srl), Gabriele Guglielmini (Geobrugg Italia Srl), Piero Marino (Comi Srl), Libero Ravaioli, Simona Reschini (Enzo Reschini Srl), Bruno Rosevich (Savio Spa), Maurizio Santon (Modulblock Spa), Lino Setola (Ettore Zambonini (Aza Spa), Marco

Collegio dei Revisori dei Conti Tiziano Fornaciari, Cristian Odoardi, Anna Montani, Alberto Morsiglio, Adriano Varani, Roberto Raggiotto. Le divisioni Accessori per serramenti e facciate Facciate continue Isolamento e tenuta Macchine per il cantiere, opere provvisionali e ponteggi Macchine per serramenti Road Equipment Scaffalature metalliche Serramenti Sistemi per serramenti e facciate Sistemi e strutture per le costruzioni


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INTERNET

Turismo senza carbonio Come portare un resort sulla retta via della sostenibilità

Immagine in alta risoluzione realizzata con tecnologia TEM che mostra il regolare allineamento delle catene di polistirene atattico

MATERIALI

Polistirolo d’acciaio Dall’Italia al Giappone una tecnologia per rendere più forte una vecchia conoscenza

Il polistirolo diventa forte. Grazie a uno studio interdisciplinare dell’Università di Milano–Bicocca e dell’Università di Kyoto è stato realizzato un procedimento applicato al polistirene, conosciuto come polistirolo, che gli consente di sopportare carichi a tensione cinque volte maggiori rispetto al kevlar o alle fibre di carbonio, a un peso e un costo molto inferiori. Il materiale realizzato, il polistirene atattico ottenuto in forma cristallina mediante reticolazione, possiede un’elevata resistenza meccanica grazie alla sua struttura, poiché l’allineamento stabile delle catene polimeriche gli permette di sopportare un carico di 6-8 tonnellate per cm2, contro le 1.5 tonnellate per cm2 dei compositi in fibre di carbonio e ha un costo inferiore di almeno dieci volte per chilogrammo rispetto alle fibre di carbonio e al kevlar. Il nuovo materiale troverà degli impieghi prima di tutto nel settore dei veicoli e nell’informatica per poi espandersi anche in altri settori dove sia richiesta resistenza, leggerezza e bassi costi.

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Anche i resort puntano alla sostenibilità. È stata ratificata recentemente un’intesa tra “Mari del Sud Resort & Village Giardino Mediterraneo” di Vulcano, residenza alberghiera progettata dalla Pietro Barbaro S.p.A, e il Ministero dell’Ambiente un accordo volontario per la realizzazione di una serie di progetti comuni per l’analisi,la riduzione e la neutralizzazione dell’impatto sul clima delle strutture ricettive turistiche. L’intesa avrà una durata di dodici mesi ed è stata siglata a Roma dal direttore generale del Ministero dell’Ambiente Corrado Clini e dall’imprenditrice Federica Barbaro. L’analisi e la contabilizzazione delle emissioni di CO2 (carbon footprint) prodotte della struttura turistica durante il suo funzionamento sarà propedeutica alla seconda fase nella quale si procederà alla riduzione o neutralizzazione delle stesse attraverso i meccanismi del Protocollo di Kyoto. Il Ministero dell’Ambiente è impegnato da tempo nel supporto agli impegni volontari delle imprese e da parte del dicastero c’è anche l’obiettivo di favorire la sperimentazione e la messa a punto di metodologie ed esperienze replicabili nel settore turistico e ricettivo. «Il nostro intento da sempre è proporre un soggiorno all’insegna dell’ecosostenibilità - spiega Federica Barbaro, imprenditrice -, offrendo

un’autentica esperienza d’immersione nella natura e nei segreti della vulcanologia, della geotermia, della botanica e dei fondali marini. Abbiamo sviluppato queste azioni aggiunge Federica Barbaro - anche perché gli utenti finali sono sempre più sensibili al valore ambientale delle proprie scelte e perché tale valore è percepito in misura crescente anche come un fattore di competitività». Secondo il Ministero dell’Ambiente la carbon footprinting è percepita dai consumatori come un indice di qualità e sostenibilità delle imprese e dei prodotti e per questo motivo si dovrebbe sviluppare una sorta d’etichettatura che la renda facilmente comprensibile.

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Energia alternativa Biomasse, gli incentivi spingono la piccola taglia Come il Decreto rinnovabili ha cambiato il mercato: nei prossimi anni numeri ridotti

Per le biomasse legnose la strada è il teleriscaldamento Per Fiper i benefici verranno dalla filiera corta, ma servono obiettivi più ambiziosi

La fonte rinnovabile più contestata Ecco perché gli impianti a biomasse sono quelli che più patiscono la sindrome Nimby

Legambiente è favorevole al biogas sostenibile La filiera corta consente di valutare l’impatto sull’ambiente

Futuris, le biomasse un progetto industriale Parla Rodolfo Danielli, presidente e AD del gruppo

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PROGETTO

Il biogas che salva l’agricoltura friulana L’impianto Greenway di Bertiolo è in grado di produrre 8.500 MWh l’anno

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Energia alternativa

Biomasse, gli incentivi spingono la piccola taglia Il Decreto rinnovabili ha profondamente cambiato il mercato per la produzione elettrica, ma nei prossimi anni i numeri del mercato saranno ridotti rispetto al recente passato

di Gianluigi Torchiani

L

o sviluppo delle energie rinnovabili è strettamente influenzato dai sistemi di incentivazione e dalle normative vigenti. La riprova di questo teorema è offerta da quanto sta succedendo al comparto delle biomasse italiane (per quanto riguarda la produzione di energia elettrica), che è stato profondamente trasformato dal decreto sulle rinnovabili entrato in vigore il 1° gennaio 2013. Le biomasse, come riconosciuto dalla normativa nazionale, sono “la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, compresa la pesca e l’acquacoltura, gli sfalci e le potature provenienti dal verde urbano, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani”. Per effetto del cambiamento dei regimi di sostegno, gli operatori e gli investitori di questo variegato settore stanno necessariamente cambiando strada: se negli anni scorsi era stato favorito soprattutto lo sviluppo di impianti di grandi dimensioni che basavano parte del loro approvvigionamento sull’import di biomassa, con l’attuale sistema incentivante, invece, si dovrà puntare su impianti piccoli e integrati in una filiera locale. Secondo quanto evidenzia il report sulle rinnovabili

non fotovoltaiche dell’Energy & Strategy si può notare come una delle voci più imGroup del Politecnico di Milano, il decreto portanti sia quella legata all’individuaziodel 6 Luglio 2012 ha previsto un taglio de- ne delle diverse tipologie di biomasse. gli incentivi che, sebbene differenziato per Il decreto ne distingue 4 tipi a seconda tipologia di biomassa, è andato a colpire in della loro provenienza: innanzitutto quelle particolare le taglie più grandi e in genera- di origine biologica, ossia i prodotti agricole il biogas, con una riduzione mediamente li destinati o destinabili al consumo umadel 30%, solo in parte mitigano (finiti sotto accusa perché ta dalla presenza di “premi” e Il nostro Paese, secondo accusati di conseguenze neda un allungamento del pe- gli ultimi dati del Gse, ha gative sulla catena agroenerriodo di incentivazione, da 15 praticamente centrato gia, vedi articolo pagina…), gli obiettivi europei a 20 anni. ma anche i prodotti derivanper quanto riguarda la Gli impianti di piccola ta- produzione elettrica, ti dalla gestione del bosco e glia, però, godono complessi- con una generazione della silvicoltura e non clasvamente di tariffe più gene- complessiva delle sificati come sottoprodotti. rose e facilitazioni di accesso bioenergie che nel 2012 In questa tipologia rientrano agli incentivi, soprattutto se è ammontata a 12.250 perciò mais, triticale, barbaassociati alla valorizzazione GWh, su circa 92.000 GWh bietole, segale, grano e colza, prodotti dalle fonti pulite dei sottoprodotti e al riutiliz- nel suo complesso per i quali le tariffe risultano zo degli scarti dei processi di ridotte anche drasticamenproduzione di energia. I bonus te. Il decreto riconosce poi i combinati permettono, in alcuni casi, di rag- sottoprodotti di origine biologica (effluenti giungere livelli di incentivazione quasi pros- zootecnici, paglia, pula, fieni), i rifiuti per i simi a quelli della Tariffa Omnicomprensiva quali è riconosciuta la frazione biodegradain vigore fino al dicembre 2012, sostengono bile e i rifiuti non provenienti da raccolta le analisi dell’Energy & Strategy Group. differenziata. In generale, sino ai 200 kW gli impianti possono godere dell’accesso diretto alla tariffa incentivante, dai 100/200 kW IL NUOVO SISTEMA D’INCENTIVAZIONE Osservando più nel dettaglio le novità nor- ai 5 MW devono passare per la complicata mative introdotte dal Decreto rinnovabili procedura del registro e sopra i 5 MW per


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Le biomasse sono la parte biodegradabile dei nostri scarti, dall’agricoltura all’acquacoltura, dalle potature ai rifiuti urbani.

Riservato agli abbonati. Vuoi sapere come riceverlo? www.tekneco.it/ricevi-tekneco

l’ancora più ardua strada delle aste al ribasso. Discorso a parte per i bioliquidi, che possono accedere ai meccanismi di incentivazione solo se rispettano criteri di sostenibilità stabiliti a livello europeo (Direttiva 2009/28/CE e Direttiva 2009/30/CE, recepite

264 MW ▶ la crescita nel 2012 dagli oli vegetali e biogas

in Italia, rispettivamente, con D.Lgs. 28/2011 e D.Lgs. 55/2011). I criteri di sostenibilità servono per distinguere quei bioliquidi di cui è possibile dimostrare un alto valore ambientale, poiché prodotti riducendo le emissioni complessive di anidride carbonica e rispettando i terreni, nonché limitando l’impatto sui prodotti agricoli destinati alla produzione alimentare. LA FILIERA CORTA AUMENTA D’IMPORTANZA

Il combinato dei tagli e delle nuove procedure normative determinano un difficile raggiungimento della sostenibilità

economica per alcuni tipi di installazioni. Il punto è che, a differenza delle rinnovabili intermittenti (eolico, fotovoltaico), gli impianti a biomassa funzionano potenzialmente per 24 ore al giorno ma la risorsa deve essere acquistata. I costi di approvvigionamento variano da 10 a 40 euro a tonnellata, ma più è grande l’impianto più – giocoforza – aumenta il ricorso alla materia prima acquistata esternamente, ossia non a chilometro zero. Oltre all’aspetto ambientale su cui molto si dibatte (movimentare biomassa per centinaia se non migliaia di km ha un


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Energia alternativa

Incentivi biomasse elettriche 100/200 KW - 5 MW Fonte rinnovabile

Biogas

Biomasse

Tipologia

> 5MW

Base tariffa incentivante (€/MWh*)

Variazione su sistema precedente

Base tariffa incentivante (€/MWh*)

Variazione su sistema precedente

Prodotti di origine biologica (tipologia A)

140

-50

91

-50%

Sottoprodotti di origine biologica (tipologia B, C)

178

-36,4%

101

-44%

Rifiuti (tipologia D)

216

+20%

85

-53%

Prodotti di origine biologica (tipologia A)

180

-12%

122

-32,5%

Sottoprodotti di origine biologica (tipologia B, C)

209

-35,7%

145

-20%

Rifiuti (tipologia D)

174

-3%

125

-31%

121

-56,7%

110

-39%

Bioliquidi sostenibili

Fonte: Energy & Strategy Group

costo in termini di emissioni non certo trascurabile) tutto questo ha un impatto economico significativo: un impianto a biogas da 1 MW, la tipologia probabilmente di maggiore successo negli scorsi anni, necessita di 22.000 tonnellate annue di insilato di mais, che rappresentano così la parte preponderante (60%) dei costi operativi. Con gli incentivi ribassati (-50% per questa tipologia d’impianto) la vendita della sola energia elettrica non è più sufficiente a garantire un adeguato ritorno dall’investimento. Un discorso sostanzialmente simile interessa anche le biomasse agroforestali, mercato rimasto sostanzialmente stabile negli ultimi tre anni (poco meno di 500 MW nel 2012). In questo caso gli impianti di grande dimensione sono solitamente collocati dove è presente la biomassa, oppure nelle vicinanze di grandi centri logistici, come i porti, cosi da permettere l’afflusso della materia prima

dall’estero. In Calabria, ad esempio, ci sono ben 4 centrali di grande taglia, di cui una da ben 46 MW. Questa tipologia, però, è ormai sostanzialmente matura e disinnescata dal decreto rinnovabili, mentre esistono ancora opportunità di sviluppo per quanto riguarda gli impianti di piccola taglia (inferiori al MW), spesso abbinati a sistemi di teleriscaldamento. Il nuovo sistema di incentivi dovrebbe dunque favorire un radicale cambiamento della situazione a favore dei piccoli e delle filiere locali, riducendo l’import di biomassa dall’estero e, nel contempo, incoraggiando una gestione attiva dei boschi che permetterebbe di limitare i rischi idrogeologici.

corta, la cogenerazione ad alto rendimento, l’abbattimento di emissioni nocive, il recupero dell’azoto. L’intento generale di queste misure è di favorire al massimo la valorizzazione dei sottoprodotti e il riutilizzo degli scarti di produzione, andando quindi a limitare ulteriormente la realizzazione di nuove coltivazioni ad hoc per gli usi energetici. Questi intenti condivisibili e positivi si scontrano però con un dato di fatto incontrovertibile: il comparto della biomassa nazionale sarà caratterizzato nel futuro da numeri molto più bassi rispetto a quelli attuali. Nel 2012 il mercato delle biomasse era andato a diverse velocità: mentre biomasse agroforestali e inceneritori a Rsu avevano conosciuto uno sviluppo appena accennato, oli vegetali e biogas erano invece cresciuti con maggior decisione (+153 MW nel primo caso e +264 MW, in linea con quanto già successo nell’anno precedente, per il biogas). Il volume d’affari della filiera del biogas è più che raddoppiato, passando dai 900 milioni di euro del 2010 ai 2 miliardi di euro di fine 2012, con una marginalità rimasta costante negli ultimi anni. Complessivamente, considerando anche gli impianti a biogas da discarica, nel 2012 la potenza totale installata

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153 MW ▶ la crescita nel 2012 dalle biomasse agroforestali e inceneritori a Rsu

NUMERI RIDOTTI RISPETTO AL PASSATO

Il fine dell’intera riforma governativa, come accaduto per il fotovoltaico e le altre rinnovabili, è stato, insomma, quello di favorire gli impianti di piccole dimensioni. Oltre all’accesso diretto – che evita l’incertezza dei meccanismi di aste e registri – e la tariffa incentivante più consistente, il Decreto prevede bonus (compresi tra 10 e 40 euro per MWh) per diverse tipologie e/o configurazioni di funzionamento sostenibile degli impianti: tra queste la filiera


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Tekneco Numero 12 | 2013

I traguardi delle biomasse Mercato italiano del pellet

Biogas installato: superato 1 GW

Il mercato del biogas a confronto

Produzione

Biogas da dscarica

Biomasse agroforestali

Oli vegetali

Import

Biogas agricolo

Biogas

Aste e registro

2003

2008

2009

2004

2010

2005

2009 2011

2006 2010

2007

2012

2008

2013 2011

2009

2014

2010 2012

2011 t (in mln)

0,5

1

1,5

2

MW

2015

400

800 1.200

MWe

100

300

500

Fonte: Energy & Strategy Group

ha superato 1 GW. Numeri, insomma, di tut- scelta di un mercato un po’ più piccolo e di to rispetto: per effetto dell’evoluzione che taglia inferiore è spiegabile guardando alla abbiamo raccontato sinora, nel 2013, consi- situazione dell’Italia nelle rinnovabili eletderando gli impianti che hanno avuto ac- triche nel suo complesso: il nostro Paese, cesso agli incentivi e l’eventuale transitorio, secondo gli ultimi dati del Gse, ha pratientreranno in funzione circa 250 nuovi MW, camente centrato gli obiettivi europei per ossia meno di quanto messo in funzione quanto riguarda la produzione elettrica, con una generazione complessiva dal solo biogas nel 2012. Negli delle bioenergie che nel 2012 anni successivi è prevedibile Se negli anni scorsi era è ammontata a 12.250 GWh, l’intero utilizzo del Registro stato favorito soprattutto su circa 92.000 GWh prodoted eventualmente di qualche lo sviluppo di impianti ti dalle fonti pulite nel loro rifacimento di impianti già di grandi dimensioni che basavano parte del loro complesso. esistenti ma non si dovrebbe- approvvigionamento Il vero target per il futuro, ro superare i 200 MW né nel sull’import di biomassa, più che sulla parte elettrica 2014 né nel 2015. Un assaggio con l’attuale sistema (su cui si cercherà di avandi questa tendenza si è potu- incentivante, invece, si to osservare dai risultati delle dovrà puntare su impianti zare, ma a costi più contenuti di quelli dell’ultimo quinprime procedure d’iscrizione piccoli e integrati in una filiera locale. quennio) è legato alla parte a Registri e Aste, pubblicati lo termica. Su questo fronte, scorso 15 gennaio: mentre le aste, per le quali devono passare gli impian- come noto, le biomasse potrebbero dare ti sopra ai 5 MW, sono andate praticamen- un contributo decisivo: l’Italia si configura te deserte (richieste in media per il 10% del come un Paese dalla consistente superficie contingente incentivabile), per il Registro, boschiva (il dato forestale complessivo è che tratta taglie di potenza inferiore, si sono di oltre 10 milioni di Ha), a fronte, però, del avute richieste per una potenza del 30% su- primato mondiale dell’importazione di leperiore rispetto al contingente. Gli impian- gna da ardere e del quarto posto per quanti accettati a Registro hanno avuto una po- to riguarda il cippato e gli scarti di legno. tenza cumulata di 170 MW. Il perché della Eppure sarebbe possibile, nell’ambito di una

filiera sostenibile anche nelle modalità di trasformazione energetica, come nel caso delle centrali di teleriscaldamento alimentate con biomassa territoriale, raggiungere gli obiettivi addebitati alle biomasse (58% del target complessivo sul calore) dal Piano d’Azione Nazionale sulle rinnovabili. Un passo in avanti è stato fatto con il cosiddetto Conto termico, che prevede incentivi dedicati alla sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con generatori di calore alimentati da biomassa. Nell’ottica della filiera corta, però, la mancata differenziazione degli incentivi rispetto alla diversa provenienza della biomassa impiegata rischia di continuare ad avvantaggiare l’impiego di materia prima importata. ◆

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Energia alternativa

CASE HISTORY

Per le biomasse legnose la strada è il teleriscaldamento Il presidente di Fiper, Walter Righini, mette in risalto i benefici della filiera corta e chiede alla politica obiettivi più ambiziosi per le rinnovabili termiche

di Gianluigi Torchiani

L

e biomasse non sono utili soltanto per la produzione di elettricità ma anche per la generazione di energia termica, come dimostrano le migliori esperienze estere (Scandinavia, Austria, ecc), che hanno saputo coniugare lo sfruttamento del patrimonio boschivo con la tutela dell’ambiente e del territorio. Su questa strada prova a muoversi in Italia la Fiper, Federazione italiana di produttori di energia da fonti rinnovabili, associazione che riunisce i gestori di teleriscaldamento a biomassa legnosa, che già oggi servono numerosi piccoli Comuni del Nord Italia (910 km di reti di trasmissione). Abbiamo parlato delle prospettive di questo settore con Walter Righini, presidente Fiper. Quali sono le caratteristiche della filiera legno-energia italiana? Occorre partire dal presupposto che l’efficienza di impiego a fini energetici della biomassa legnosa si ottiene attraverso la produzione di energia termica ed elettrica in assetto cogenerativo. Gli 84 impianti di teleriscaldamento a biomassa aderenti a Fiper, che rappresentano circa il 90% del parco nazionale, impiegano all’incirca 750.000 tonnellate annue di cippato proveniente da filiera corta. Le nostre centrali sono localizzate principalmente lungo l’arco alpino e nell’Appennino centrale. Al contrario, la

maggioranza dei grandi impianti produttori di sola energia elettrica da biomassa legnosa è situata al sud e centro Italia, spesso in prossimità di porti per favorire l’approvvigionamento del biocombustibile dai mercati esteri. Quindi, se parliamo di filiera legnoenergia italiana, inevitabilmente dobbiamo fare riferimento alla filiera del calore prodotto dalle reti di teleriscaldamento. Quali sono, dunque, le prospettive di sviluppo del teleriscaldamento da biomasse legnose? La penetrazione attuale del teleriscaldamento in Italia copre attualmente il 4% del mercato del calore per riscaldamento ambienti. Le prospettive di crescita del settore stimano, a regime, una copertura del servizio pari al 20% del mercato, anche alla luce delle indicazioni della Direttiva sull’efficienza energetica (art. 14), che sollecita gli Stati a promuovere il teleriscaldamento abbinato all’impiego di fonti rinnovabili. Dal 1° gennaio 2014, infatti, ogni Paese membro dovrà introdurre un sistema obbligatorio per le utility che permetta di conseguire un risparmio dell’1,5% l’anno sui consumi dei clienti finali. La realizzazione di reti di teleriscaldamento rientra nelle misure flessibili che le utility potranno impiegare per conseguire l’obiettivo vincolante europeo. Questa tecnologia ha il vantaggio di

essere caratterizzata da elevati investimenti, modesta ma sicura redditività nel tempo, essendo la sua durata pluriennale (30 anni) e contraddistinta da bassi rischi di impresa. Attualmente l’impiego di fonti rinnovabili

Diversificare le filiere di approvvigionamento rimane ancora oggi la nostra priorità. Stiamo guardando con interesse alla biomassa legnosa residuale derivante dall’agricoltura.

Walter Righini


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Tekneco Numero 12 | 2013

un quadro certo e stabile nel tempo. Inoltre, richiediamo l’immediata attivazione del fondo di garanzia per favorire lo sviluppo delle reti di teleriscaldamento secondo quanto previsto dall’art. 22 del d.lgs. 28/2011. Altro punto, come abbiamo detto prima, è la revisione dei target previsti dalla Strategia energetica nazionale, aumentando al 23,5% l’obiettivo 2020 per le rinnovabili termiche (oggi al 19%) e riducendo al 31% quello per le elettriche (fissato al 37%). Necessaria è anche l’emanazione del decreto ministeriale sull’impiego dei sottoprodotti a fini energetici (potature verde pubblico, pulizia alvei fluviali..), che permetterebbe di trasformare quello che per l’ente pubblico è oggi un mero costo di smaltimento in una fonte di ricavo. Infine, vorremmo reindirizzare parte degli incentivi per i grandi impianti verso la promozione delle attività di manutenzione forestale e messa in sicurezza del territorio.

tramite reti di teleriscaldamento è dato, prevalentemente, proprio dalle biomasse legnose per oltre il 77% (0,7% del mercato nazionale del riscaldamento). Riscontrate ancora quei problemi di approvvigionamento della biomassa legnosa che avevate segnalato un paio di anni fa? Quei problemi erano legati all’insufficiente disponibilità di cippato delle segherie, provocata dalla crisi del comparto del mobile. Da allora la filiera locale si è orientata verso l’acquisizione di materiale derivante dalla manutenzione forestale. Diversificare le filiere di approvvigionamento rimane ancora oggi la nostra priorità. Stiamo guardando con interesse alla biomassa legnosa residuale derivante dall’agricoltura (potature, sfalci). A titolo di esempio, la quantità potenziale di sarmenti da impiegare a fini energetici è di circa 2,53 milioni di tonnellate. Il valore teorico complessivo è di oltre 5,5 milioni di tonnellate di biomasse residuali, corrispondenti a quasi 500.000 ettari adibiti a coltivazioni lignocellulosiche. Un potenziale che spesso viene “bruciato” a bordo campo, perché non esiste una filiera energetica locale in grado di valorizzare questo materiale, creando effetti negativi anche sulla qualità dell’aria.

Qual è il potenziale complessivo delle biomasse nella produzione di energia termica? La Strategia energetica nazionale, approvata con un decreto ministeriale dal Governo uscente, pur riconoscendo gli errori di valutazione compiuti dal Piano di azione nazionale (Pan) per le energie rinnovabili, non ha mutato gli indirizzi e ha confermato le previsioni dei consumi di Fer termiche per il 2020 a un valore di 11 Mtep. Questo anche se i dati (rilevazioni 2012) dimostrano che è già stato raggiunto il 10% di penetrazione delle rinnovabili nella domanda di energia termica, come previsto dal Pan per il 2015. Ciò significa, nel caso della produzione di calore dalle biomasse, che il valore è di gran lunga sottostimato rispetto alle proiezioni degli operatori. Fiper ha aderito nel 2012 al Coordinamento delle rinnovabili termiche e dell’efficienza energetica (Carte) che ha invitato il Governo ad aggiornare i dati di penetrazione e potenziale delle rinnovabili termiche e, in particolare, delle biomasse legnose. Che problemi riscontrate ancora dal punto di vista normativo? Quali sono le richieste che inoltrate al nuovo Governo? Sicuramente auspichiamo un cambiamento di impostazione legislativa che garantisca

Che risposta date a chi accusa le biomasse di provocare un eccessivo impatto ambientale? È bene fare chiarezza e conoscere le diverse tecnologie di impiego delle biomasse. Infatti, gli effetti sulla qualità dell’aria variano considerevolmente in funzione anche dei sistemi di filtraggio, della manutenzione/ gestione dell’apparecchio e della qualità del combustibile. Ad esempio, un buon sistema di depolverazione, dotato di cicloni e filtri a maniche, finalizzato a impianti medio grandi (5-20 MWt), normalmente installato dalle centrali di teleriscaldamento a biomassa legnosa, è sufficiente a garantire emissioni compatibili con la normativa in materia, il cui riferimento basilare è il DPCM dell’8 marzo 2002; a volte, i risultati ottenuti sono persino ben al di sotto dei limiti richiesti dal legislatore. Conoscere gli effetti delle diverse tecnologie è un’azione preventiva verso la “manipolazione mediatica” e le accuse dei relativi comitati contro l’avvio di impianti a biomassa e biogas. Non vanno, inoltre, dimenticati gli effetti positivi delle biomasse sull’impatto ambientale, in un’ottica di riduzione delle emissioni climalteranti, messa in sicurezza del territorio e rilancio delle economie locali. ◆

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Energia alternativa

FOTO: SIMONE FRATINI, FLICKR

La fonte rinnovabile più contestata

Gli impianti a biomasse sono, in Italia, quelli che più patiscono la sindrome Nimby. Ma anche l’Economist ha recentemente attaccato le modalità di funzionamento di questa risorsa di Gianluigi Torchiani

S

pesso ci si dimentica della ragione che sta alla base del grande sviluppo delle energie rinnovabili, ossia il tentativo di limitare la generazione energetica da combustibili fossili, che rappresenta l’attività umana che più contribuisce al cambiamento climatico. Considerato che ormai gran parte dell’opinione pubblica è sensibile a questo tema, dovrebbe essere automatico un sostegno trasversale all’installazione di impianti da fonti pulite. L’esperienza e le cronache ci insegnano che, invece, non è così, soprattutto in Italia: secondo quanto segnalato dai dati rilasciati dal Nimby Forum, anche nel 2012, con 222 opere contestate (62,7% del totale), il

comparto elettrico è stato il più colpito dalla sindrome Nimby (Not in my back yard). A farne le spese sono stati gli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, a cui sono riconducibili 176 contestazioni sulle 354 totali. In particolare, su 10 impianti di produzione di energia elettrica oggetto di opposizioni, ben 9 prevedono l’uso di energie verdi. I no colpiscono in maniera trasversale centrali di grandi dimensioni ma anche e soprattutto quelli piccoli, cioè di potenza inferiore a 1 MW. In particolare c’è una fonte più di altre nel mirino dei comitati locali, ossia le biomasse: sulle 176 contestazioni che hanno colpito le energie rinnovabili ben 108 hanno riguardato proprio impianti alimentati a biomasse, molto più di idroelettrico (32) ed eolico (32). Le accuse nei confronti di questa risorsa sono note: secondo Terre Nostre, che rappresenta il coordinamento dei comitati locali, queste centrali non rappresentano soltanto una minaccia per famiglie residenti e le comunità ma anche per l’economia agricola e il paesaggio, a causa dell’incentivo a una monocoltura industriale con largo utilizzo di pesticidi, spreco di acqua di irrigazione e - in prospettiva - di sementi geneticamente

modificati. Altri rischi più volte denunciati sono il pericolo di inquinamento delle falde acquifere, le emissioni inquinanti, il rumore, la stessa procedura di autorizzazione delle centrali, vista sostanzialmente come antidemocratica. In una presentazione ufficiale di Terre Nostre sulle biomasse spunta persino l’immagine di Montgomery Burns, il celebre miliardario della saga cartoon dei Simpsons, proprietario di una centrale nucleare perennemente a rischio esplosione e contaminazione. Oltre agli impianti per la produzione energetica, molte critiche hanno riguardato anche l’utilizzo a livello domestico per il riscaldamento. Nei mesi scorsi ha suscitato scalpore una ricerca presentata dal noto istituto Nomisma energia, secondo cui le biomasse termiche emetterebbero bruciando, anche nelle migliori condizioni, oltre 1.000 volte più particolato fine delle fonti gassose come il Gpl (oltre che Nox e diossina) e ridurrebbero soltanto parzialmente quelle di CO2. Allargando lo sguardo oltre i ristretti confini nazionali si scopre però come il tema della sostenibilità dell’utilizzo delle bioenergie a fini energetici sia ormai pienamente entrato nel dibattito europeo. Lo evidenzia anche


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Alessandro Massone, amministratore delegato Austep

OPINIONE

L’opposizione al biogas nasce dal pregiudizio

_

La causa primaria che spiega i problemi di accettabilità sociale del biogas è sostanzialmente la scarsa conoscenza del funzionamento di questa risorsa rinnovabile. Ne è convinto Alessandro Massone, amministratore delegato di Austep, società impegnata nella realizzazione di impianti alimentati da sottoprodotti animali e vegetali. Questo tipo di installazioni, secondo il responsabile Austep, non fanno altro che migliorare le condizioni ambientali del territorio, perché tutte le deiezioni e i sottoprodotti dell’agricoltura, lasciati fermentare in maniera incontrollata, produrrebbero naturalmente un metano molto inquinante e maleodorante. Gli impianti a biogas, dunque, si limitano a raccogliere questo gas in condizioni controllate, garantendo la produzione di una risorsa di generazione energetica rinnovabile. «Ovviamente – spiega Massone - abbiamo avuto a che fare in alcuni casi con la formazione di comitati locali contro il funzionamento dei nostri impianti ma, sostanzialmente, soltanto quando abbiamo avuto problemi di scarsa informazione, legati in particolare alla paura di una fortissima diminuzione del valore economico dell’area che, poi, non si è mai verificata. Quello che facciamo è cercare il dialogo con queste persone, proponendogli di visitare l’impianto sia in fase costruttiva che operativa. Certo, è possibile che anche un impianto di questo tipo, se gestito male, possa dare dei problemi, ma in generale le polemiche non hanno fondamento ». Diverso è, invece, il discorso per le centrali a biogas alimentate a mais, che però non sono economicamente interessanti con gli attuali incentivi. «Anche per gli impianti alimentati a mais, comunque, si può dimostrare che la quantità di ettari “destinati”al biogas è meno del 3% di quella utilizzata per produrre colture per l’alimentazione umana e animale », aggiunge Massone. Infine, conclude l’ad di Austep, « sono convinto che l’accettabilità sociale del biogas aumenterà in futuro grazie alla diffusione del biometano, perché le persone si accorgeranno di utilizzare gas di origine biologica prodotto a poca distanza dalle proprie case».

un articolo estremamente critico pubblicato nei mesi scorsi dall’autorevole settimanale britannico The Economist, non certo tacciabile di simpatie nei confronti dell’ambientalismo radicale. L’analisi evidenzia come le biomasse legnose coprano metà del consumo di energia rinnovabile in Europa, tanto che se l’Ue facesse affidamento unicamente sul sole e sul Dato che il legno può vento mancherebbe essere utilizzato in di parecchio il ragcentrali elettriche giungimento degli alimentate a carbone obiettivi comuniche, altrimenti, tari al 2020 (20% di in base ai nuovi fabbisogno coperto parametri ambientali dalle energie pulite) avrebbero dovuto essere chiuse, è . Inoltre, a differenmolto gradito alle za delle nuove cencompagnie elettriche trali fotovoltaiche o eoliche, «l’energia prodotta dalla combustione del legno non è intermittente come quella ottenuta dal sole e dal vento: non richiede una risorsa combustibile di scorta per la notte o nei giorni in cui non tira vento. Dato che il legno può essere utilizzato in centrali elettriche alimentate a carbone che altrimenti in base ai nuovi parametri ambientali avrebbero dovuto essere chiuse, è molto gradito alle compagnie elettriche», scrive l’Economist. Il settimanale inglese fa riferimento poi alle stime di una società canadese, l’International Wood Markets Group, secondo cui nel 2012 in Europa sono state consumate 13 milioni di tonnellate di pellet di legno. A questo ritmo, la domanda del Vecchio Continente aumenterà entro il 2020 tra i 25 e i 30 milioni di tonnellate, in buona parte importati. La domanda retorica che si pone l’Economist è se, dunque, il sistema biomassa europeo possa dirsi efficiente. La risposta è no: «Il legno produce anidride carbonica due volte, nella centrale elettrica e nella filiera di rifornimento. Il processo di produzione dei pellet dal legname comporta diverse operazioni – triturazione, trasformazione in una pasta, pressurizzazione – che richiedono energia ed emettono anidride carbonica. A ciò va poi aggiunto il trasporto: in tutto si parla di due tonnellate di CO2 per fornire 1 megawattora di elettricità. Tutto ciò diminuisce la quantità di anidride carbonica risparmiata passando al legno come fonte energetica e, di conseguenza, aumenta il costo dei risparmi». ◆

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Energia alternativa

Legambiente è favorevole al biogas sostenibile Secondo l’associazione ecologista la filiera corta rappresenta il criterio fondamentale per valutare l’impatto sull’ambiente di questa fonte energetica

di Gianluigi Torchiani

ll biogas, proprio per la crescita impetuosa che abbiamo descritto negli articoli precedenti, è senza dubbio la tipologia di biomassa che incontra in Italia i maggiori problemi di accettabilità sociale. Negli anni scorsi, data l’elevata redditività del biogas garantita dagli incentivi in vigore sino a fine 2012, parecchi investitori, spesso estranei al mondo agricolo, hanno preso in affitto terreni agricoli con l’obiettivo di utilizzare le materie prime a più alto rendimento, ossia gli insilati di colture dedicate: sorgo, triticale e, soprattutto, mais. Questa scelta aveva dietro una precisa logica economica: se da un metro cubo di liquame suino, infatti, si possono ottenere in media 16 m³ di biogas, da un metro cubo di silomais se ne ottengono quattro volte tanto (68 m³ di biogas). Il rendimento in energia per ettaro del silomais (20-26 MWh/ ha) consentiva, con gli incentivi precedenti al nuovo decreto sulle rinnovabili emanato nel luglio 2012, un ricavo lordo annuo di 5.500-7.500 euro/ha, superiore a qualsiasi resa di un utilizzo prettamente alimentare o agricolo. Questa rincorsa alle più alte rese del silomais ha generato due effetti: l’occupazione delle terre irrigue migliori (con un rilevante uso di acqua) e la lievitazione eccessiva dei canoni di affitto dei terreni agricoli, soprattutto in Emilia, Lombardia e Veneto. La conseguenza è stata la nascita sul territorio nazionale di numerosi comitati locali contrari alla realizzazione degli impianti a biogas, in particolare a quelli di grande dimensione. Una decisa presa di posizione a favore è però arrivata di recente dall’associazione Legambiente, che nei mesi

scorsi ha rilasciato un documento per spiegare le tre buone ragioni per cui gli ecologisti dovrebbero essere favorevoli al biogas. La prima riguarda il contributo che questa tecnologia potrebbe dare alla riduzione dell’utilizzo di risorse fossili, in quanto è una fonte rinnovabile (come tutte le biomasse solide e liquide) non intermittente, che può produrre elettricità per tutto il giorno e tutto l’anno. In secondo luogo, secondo l’associazione ambientalista, il biogas rappresenta una grande opportunità per l’agricoltura e l’ambiente, nella misura in cui concorre all’integrazione del reddito agricolo, alla valorizzazione dei suoi sottoprodotti che, altrimenti, sarebbero trattati come rifiuti tout court. La terza ragione riguarda la necessità di rilancio nel nostro Paese di politiche organiche per lo sviluppo della produzione di energia elettrica e termica da fonti rinnovabili, dopo il tramonto del quinto Conto energia fotovoltaico e il taglio degli incentivi alle altre fonti rinnovabili. Legambiente ammette però come, soprattutto negli ultimi anni, il biogas sia stato anche occasione di iniziative speculative che poco hanno avuto a che fare con l’uso sostenibile delle risorse naturali dei territori e, in alcuni casi, impianti mal gestiti hanno

20-26 MWh ▶ il rendimento in energia per ettaro del silomais

prodotto forti problemi nell’accettazione sociale anche agli operatori più virtuosi. Ad acuire la confusione, poi, si è aggiunta la preoccupazione per la possibile diffusione di batteri patogeni attraverso il ciclo del digestato e lo spargimento sui suoli del compost di qualità da esso prodotto. Eppure, evidenzia il documento dell’associazione, il biogas presenta una serie di punti di forza, tra cui l’elevato rendimento energetico (per esempio rispetto a caldaie e motori a olio vegetale) ed elettrico rispetto al consumo totale di energia (35-40%) e per ettaro coltivato. Questa risorsa energetica, poi, è in grado di valorizzare i residui che altrimenti verrebbero trattati come rifiuti e che spesso sono una grave fonte di inquinamento. Diversamente dalle altre bioenergie, il biogas può essere trasformato in biometano ed essere immesso nella rete del gas o utilizzato come carburante nei trasporti in sostituzione del metano di


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Questa risorsa energetica, poi, è in grado di valorizzare i residui che altrimenti verrebbero trattati come rifiuti e che spesso sono una grave fonte di inquinamento.

biogas. Il primo criterio del biogas sostenibile, piuttosto, è che le materie prime derivino principalmente dal fondo di proprietà del gestore e che la loro produzione sia fatta in integrazione e non in sostituzione della produzione agricola tradizionale. In generale è ritenuto corretto privilegiare l’uso di scarti provenienti dalle colture o dagli allevamenti aziendali (stocchi di mais, pula, paglia, sfalci, potature, effluenti zootecnici) e di sottoprodotti del ciclo agricolo tradizionale (es. siero di latte, sansa, residui della vinificazione), ma anche le colture dedicate sono valutate come virtuose, a determinate condizioni (avvicendamento con produzioni alimentari o utilizzo di terreni agricoli abbandonati o marginali). Altrettanto importante è il recupero del calore prodotto dalla cogenerazione a biogas che, in minima parte, è utilizzabile per riscaldare il digestore. È però fondamentale prevedere, in fase di progetto, un impiego concreto di una quota del calore restante per il riscaldamento di edifici e locali o, eventualmente, di altri impianti di lavorazione. Per quanto riguarda il sospetto che la digestione anaerobica e il successivo spandimento del digestato sui terreni possano favorire lo sviluppo di microrganismi dannosi per la salute umana o per produzioni alimentari di pregio, il documento di Legambiente è abbastanza netto, ritenendolo come “senza fondamento” scientifico. ◆

Riservato agli abbonati. Vuoi sapere come riceverlo? www.tekneco.it/ricevi-tekneco origine fossile. Il metano da biogas, infatti, è di digestione anaerobica/raffinazione siano oggi l’unico biocarburante che può consenti- sottoposti a post-trattamenti come il comre all’Italia di raggiungere l’obiettivo del 10% postaggio, se la materia prima è costituita di carburanti alternativi al 2020 nel settore da rifiuti (le elevate temperature riducono trasporti, imposto dalla direttiva Ue sulle ulteriormente la presenza di agenti patogeni), oppure a interventi fonti rinnovabili e su cui che conservino gli eleil nostro Paese è in forte Il rendimento in energia per menti nutritivi presenti ritardo. Perché ci siano ettaro del silomais (20-26 MWh/ nel digestato (come esrealmente questi benefi- ha) consentiva, con gli incentivi siccazione o stripping ci senza impatti per l’am- precedenti al nuovo decreto sulle rinnovabili emanato nel luglio 2012, dell’ammoniaca), così da biente, secondo il punto un ricavo lordo annuo di 5.500di vista di Legambiente, 7.500 euro/ha, superiore a qualsiasi ottenere ammendanti e fertilizzanti utili all’agriil biogas dovrebbe svi- resa di un utilizzo prettamente coltura. Per quanto rilupparsi secondo logiche alimentare o agricolo. guarda il biogas agricodi filiera corta, adattandosi alle risorse e ai sottoprodotti disponibi- lo, Legambiente esprime la sua preferenza li localmente. La distinzione, insomma, non per impianti di taglia ridotta (alcune cenè tra grandi e piccoli impianti, tanto che tinaia di kW), ma non esclude neanche poanche la produzione di biogas industria- tenze superiori, nel caso di cooperative o le non è bocciata tout court. L’importante, consorzi di agricoltori che si associano per in questo caso, è che i residui del processo gestire nel modo più efficiente la filiera del

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Energia alternativa

INTERVISTA

Futuris, le biomasse diventano un progetto industriale

Rodolfo Danielli, presidente e AD del gruppo, evidenzia come la scelta di puntare sulla filiera corta nasca da precise ragioni di carattere economico

di Gianluigi Torchiani

La filiera italiana delle biomasse non è composta solo da realtà legate al mondo agricolo o da piccoli gruppi ma, ormai, anche da grandi realtà organizzate su base industriale. Un esempio di questo tipo è Futuris, società nata nel giugno 2009 su iniziativa di tre manager industriali di lungo corso, Aldo Mazzadi, Andrea Borghini e Rodolfo Danielli. Negli anni successivi, oltre ai tre soci fondatori, tuttora attivi all’interno del gruppo, si sono aggiunti altri associati non operativi, che hanno apportato ulteriori risorse finanziarie per lo sviluppo dell’azienda. Ultimo investitore in ordine di tempo è Omnes Capital, l’ex fondo di private equity di Crédit Agricole, entrato lo scorso marzo nel capitale della società. Come ci ha raccontato Rodolfo Danielli, presidente e amministratore delegato, Futuris nasce proprio per realizzare un progetto imprenditoriale nel campo delle biomasse vergini, in un’ottica di piena sostenibilità e con un approccio fortemente industriale. Cosa caratterizza e cosa contraddistingue il modello di business di Futuris rispetto alle altre società del settore? Caratteristiche fondamentali della nostra società sono, senza alcun dubbio, la sua presenza attiva e la sua leadership in tutte le fasi del ciclo di business: dallo sviluppo del progetto, alla costruzione dell’impianto fino alla sua gestione, con una forte focalizzazione sulle biomasse vergini e con l’obiettivo di costruire una realtà industriale solida e duratura.

Perché avete puntato proprio sulle biomasse e non su altre fonti rinnovabili come l’eolico e il solare? Dopo i primi anni di sviluppo del settore delle biomasse, la competitività delle realtà industriali che vi operano svolge e svolgerà un ruolo sempre maggiore nel determinarne il successo. Inoltre, la generazione di energia da biomasse ci è parsa sin dall’inizio presentare caratteristiche, dal lato di chi sviluppa, costruisce e gestisce le centrali di generazione, decisamente più industriali rispetto agli altri settori delle rinnovabili. Naturalmente, anche eolico e fotovoltaico presentano aspetti di grande interesse e forte potenziale innovativo. Ma questi aspetti industriali caratterizzano soprattutto le imprese che operano a monte della filiera, mentre nel caso delle biomasse l’interazione tra chi investe e chi costruisce la centrale è molto più intensa e implica forti competenze industriali anche da parte dell’investitore. Esperienze e competenze del nostro team sono di natura prettamente industriale e, quindi, la scelta delle biomasse è stata fatta sin dall’inizio della costituzione della nostra società. Quanti progetti avete sviluppato in questi anni e quanti altri ne avete in cantiere? Su quali aree del Paese vi siete concentrati? Futuris ha fino a oggi avviato un numero importante di iniziative, selezionando le più interessanti e conseguendo autorizzazioni per 33 MW su 6 progetti, cui si aggiunge un ulteriore impianto da 17 MW, attualmente

in fase di autorizzazione, che porterà all’installazione di un totale di 50 MW entro il 2016/2017. Le due zone del Paese dove si è concentrata la maggioranza di questi progetti sono il Nord-Est e la Toscana, oltre a uno negli Abruzzi. Stiamo inoltre analizzando altre opportunità, che ci vengono frequentemente proposte, sia di progetti da sviluppare che di impianti già realizzati da acquisire. State valutando per il futuro la possibilità di investimenti all’estero? Certamente. Una volta avviata la nostra seconda “onda” di progetti, e avendo recentemente concluso la prima, composta da tre impianti di piccola taglia, è nostro obiettivo mettere a frutto l’esperienza e le conoscenze acquisite o rafforzate in questi primi quattro anni di attività sviluppando e costruendo altri progetti nei Paesi confinanti con l’Italia a Ovest e a Est, anche per capitalizzare sulle esperienze internazionali precedentemente maturate dai membri del nostro team. Quali sono gli ostacoli principali alla concretizzazione degli investimenti nelle biomasse nel nostro Paese? Tra le maggiori difficoltà che si incontrano nel cercare di sviluppare delle centrali a biomassa in Italia c’è sicuramente la cosiddetta sindrome Nimby: in molti casi esistono cittadini o associazioni che sono convinti, a torto, che i nostri impianti rappresentino un fattore negativo in termini di impatto ambientale. Dico a torto perché, a differenza


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www.futuris.it Il sito per conoscere da vicino l’azienda milanese che si occupa di biomasse vergini

Rodolfo Danielli, presidente e AD di Futuris

delle centrali alimentate da fonti fossili, le biomasse generano energia elettrica e termica senza impattare sulla quantità dei cosiddetti gas serra presenti nell’atmosfera e, quindi, senza contribuire al riscaldamento del pianeta con tutti gli effetti negativi che questo comporta. Inoltre, gli impianti a biomassa sono caratterizzati da emissioni che rientrano molto agevolmente nei limiti, assai severi, fissati a livello europeo e nazionale.

da parte del sistema bancario e ad attrarre il

Biomasse e filiera corta: qual è il vostro

anche per le biomasse? La tecnologia delle centrali di generazione e cogenerazione a biomasse sta facendo dei grandi progressi sia da noi che nei Paesi del Nord Europa, con un incremento dell’efficienza energetica che nel giro degli ultimi anni ha segnato, a parità di potenza installata in particolare su impianti di media e grande taglia, incrementi di 3/5 punti percentuali, avvicinando sicuramente i nostri impianti a una condizione di grid parity. Tuttavia, penso sia opportuno tenere in considerazione, oltre a questo fattore, anche quello della nuova occupazione: a differenza di altre tecnologie un impianto a biomasse di media taglia (5-8 MW) può creare, tra quelli in centrale e quelli nella filiera, fino a 80/100 nuovi posti di lavoro, senza contare quelli nel cantiere di costruzione.

e cogenerazione da biomasse. Non mi sembra, invece, particolarmente sostenibile alimentare centrali come le nostre con materia prima proveniente da lontano, se non addirittura da un’altra parte del mondo. Inoltre la filiera corta, o comunque la provenienza della biomassa dalla zona in cui è situato l’impianto, assicura forti radici locali all’iniziativa, che ne rafforzano ulteriormente la sostenibilità sociale, importante tanto quanto quella ambientale ed economica. ◆

capitale di rischio agli addizionale di cui abbia- giudizio a proposito? Riservato abbonati. A nostro avviso la filiera corta è indubbiamo la necessità. mente la soluzione implicitamente coerenVuoi sapere come riceverlo? Grid parity: se ne parla molto per il solare te, in termini di sostenibilità ambientale ed ed eolico. A vostro avviso quando scatterà economica, con il settore della generazione www.tekneco.it/ricevi-tekneco

Che giudizio date del nuovo regime d’incentivazione per le biomasse scattato a gennaio? Indubbiamente il nuovo regime è economicamente meno favorevole e più complesso da un punto di vista procedurale di quello in vigore in precedenza. Tuttavia, la fruttuosa collaborazione sviluppata con i nostri partner nella filiera degli impiantisti (i cosiddetti Epc contractor e i costruttori di componenti), e in quella della fornitura di biomasse vergini, ci ha permesso di sviluppare progetti caratterizzati da una redditività sufficiente a garantirne la finanziabilità

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La centrale di Bertiolo ha una potenza di 1 MW e produce 8500 MWh l’anno. Ăˆ alimentata da una filiera autoctona costituita da una quindicina di imprese agricole che producono tutta la biomassa necessaria.


PROGETTO

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Il biogas che salva l’agricoltura friulana realizzatore: Greenway società agricola srl

L’impianto Greenway di Bertiolo, della potenza di 1 MW, gode degli incentivi vigenti sino alla fine del 2012 ed è in grado di produrre 8.500 MWh l’anno

I dati del progetto

FRIULI VENEZIA GIULIA

di Gianluigi Torchiani

Udine Bertiolo

Un classico esempio di impianto a biogas operante secondo le logiche del sistema di incentivazione in vigore sino alla fine del 2012 è la centrale Greenway di Bertiolo (Udine), una delle più grandi del Medio Friuli, inaugurata ufficialmente nel dicembre 2012 e di cui recentemente è stato tracciato un primo bilancio. La centrale, della potenza di 1 MW e che produce 8500 MWh l’anno, è alimentata da una filiera autoctona costituita da una quindicina di imprese agricole che producono, su circa 300 ettari di terreno, tutta la biomassa (colture erbacee) necessaria. Detraendo gli autoconsumi dalla produzione, l’impianto cede alla rete circa 8mila MWh annui, con la possibilità di valorizzare energia termica a costi contenuti per l’area industriale limitrofa. Per quanto riguarda l’occupazione, le aziende agricole coinvolte destinano al lavoro per la centrale tra i trenta e i trentacinque addetti, a cui bisogna aggiungere l’effetto indotto sull’economia locale per l’acquisto di attrezzature e macchinari agricoli e detrarre la riduzione delle spese per i concimi chimici. La centrale, infatti, produce del digestato, ossia materiale organico che va a concimare i terreni “produttori” migliorandone la qualità. La stima dei benefici ambientali è di oltre 1800 tonnellate equivalenti di petrolio annue risparmiate sulla produzione elettrica e, in termini di traffico, la ridotta movimentazione di camion dall’esterno per il fabbisogno di concime dei terreni. Un bilancio del primo periodo di esercizio dell’impianto a biomasse è stato fatto da Marco Tam, presidente di Greenway Agricola, la società che riunisce dieci imprese agricole che, con la partecipazione al capitale di Friuladria impresa&finanza del Gruppo Cariparma – Crédit Agricole e lo studio Catullo & Partners di Treviso nel ruolo

di advisor, hanno realizzato la centrale. «La crisi che ha investito il settore agricolo ha posto molti imprenditori di fronte alla necessità di ripensare un’attività da tempo in balia delle fluttuazioni delle commodity. Per riacquistare competitività senza cambiare pelle, abbiamo scelto di diversificare il nostro modello di produzione sfruttando le opportunità aperte dalle fonti di energia rinnovabile. I risultati del primo anno ci danno ragione. La ricchezza che produciamo qui rimane in perfetta coerenza con la filosofia della filiera corta: oltre alla cessione di energia elettrica prodotta alla rete si è creato un indotto importante per un territorio di piccoli paesi con poche migliaia di abitanti che si sono sempre basati sull’attività agricola e che quindi avvertono da tempo le difficoltà del settore». «La strada di un nuovo modello di impresa agricola, che integra la sua attività tradizionale con la produzione di energia da biogas, è tracciata –prosegue Tam –, tanto che, già dal prossimo anno, vorremmo realizzare nuovi impianti, più piccoli, per portare a 2 MW la potenza complessiva, con ricadute ancora più significative sull’economia del territorio. L’esempio che abbiamo davanti per far fruttare quello che chiamiamo il petrolio verde è quello tedesco: in Germania ci sono 8mila impianti alimentati da biomasse (che saliranno a 10mila fra qualche anno), che danno 5 milioni di Mwh, mentre l’Italia è a quota 600mila Mwh. Se è vero che questa energia ha un costo leggermente superiore non si può trascurare, accanto ai benefici ambientali, l’effetto volano sull’economia, nel nostro caso di un microsistema che ha rinnovato la sua vocazione». ◆

UBICAZIONE

Bertiolo (Udine) ANNO DI REALIZZAZIONE 2012 TECNOLOGIA Schmack Biogas Srl POTENZA 1 MW CONTATTI Greenway Società Agricola Srl

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Via Braide, 1, Udine, Italia tel 0432 917679


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Energia alternativa

News MERCATI

Aumenta l’internazionalizzazione delle imprese delle rinnovabili Il rapporto Irex di Althesys segnala una grande crescita degli investimenti dei grandi operatori nazionali all’estero. Ma l’esempio può essere seguito anche dalle Pmi

di Gianluigi Torchiani

Il

mercato italiano delle rinnovabi- una notevole opportunità per le imprese itali non vive il suo momento migliore, liane, come conferma l’analisi di Giuseppe per effetto del decremento dei siste- Bratta, presidente del Distretto regionale mi incentivanti, delle complicazioni pugliese delle energie rinnovabili: «L’Italia burocratiche e della crisi economica com- e in particolare la Puglia hanno assistito, plessiva. Eppure gli operatori del settore, an- negli ultimi 4 anni, a una crescita di comche in una fase così difficile, hanno avuto la petenza dell’intero settore delle fonti pulite. forza e la lungimiranza di guardare avanti, Attualmente l’esperienza e la competenza anzi, per la precisione, al di fuori dei confini delle aziende italiane rappresenta un’eccelnazionali. Lo segnala il rapporto Irex 2013 di lenza nel mondo globalizzato. Pertanto stiaAlthesys, secondo cui su 10,1 miliardi di euro mo assistendo a un fenomeno di export deldi investimenti effettuati dagli attori delle le competenze in varie parti del mondo dal rinnovabili italiane nel 2012, il 49% si è diret- Giappone, alla Bulgaria, all’America latina. to all’estero. Si tratta, dunque, di circa 5 mi- Il Distretto regionale pugliese delle energie liardi di euro, un dato in crescita del 55% ri- rinnovabili, che rappresenta oltre 350 imspetto al 2011, con un peso crescente in nuovi prese produttrici, osserva che molte di esse contesti geografici. Le operazioni realizzate sono attive all’estero». Lo studio di Althesys, al di fuori della Penisola si sono concentra- in realtà, ha mappato sostanzialmente le te in quella che viene definita da Althesys la operazioni di grandi dimensioni e gli inveNuova Europa (Romania, Bulgaria, Serbia e stimenti dei player medio-grandi (Enel Gp, Falck, ecc.). Secondo Polonia) con il 35% Bratta, però, l’export della quota totale. È «L’Italia e in particolare la Puglia hanno può rappresentare aumentata, però, an- negli ultimi 4 anni assistito a una crescita un’ottima strategia che la quota degli in- di competenza dell’intero settore anche per le tante vestimenti realizza- delle fonti pulite». Pmi che affollano il ti in America Latina mercato delle rinno(17%) e sta acquisendo un ruolo significativo anche l’Africa vabili, che potrebbero addirittura meglio co(17%). Questi Paesi, caratterizzati da consu- gliere le opportunità del mondo globalizzato mi elettrici crescenti e da una penetrazione grazie alla flessibilità e versatilità che le caancora limitata delle Fer, oltre che da un’am- ratterizza. L’internazionalizzazione, ovviapia disponibilità di risorse, rappresentano mente, presenta anche dei rischi, che sono

rappresentati principalmente dall’evoluzione repentina delle normative estere, che non permette una corretta pianificazione delle attività; le limitate risorse economiche delle nostre imprese, inoltre, non favoriscono il trasferimento della conoscenza in luoghi tanto distanti. Un qualche tipo di supporto è, perciò, necessario: «Come Distretto cerchiamo di offrire a tutte le aziende associate servizi di informazione e promozione delle continue opportunità che il mercato estero offre, attraverso organizzazione di fiere e missioni specifiche anche con ausilio di tutti gli enti locali. Per fare qualche esempio concreto, abbiamo partecipato nel mese di aprile con gruppo di imprese alla fiera di Hannover in Germania e, in passato, abbiamo organizzato missioni in Bulgaria, Macedonia, Albania ed Egitto», conclude il presidente del Distretto.

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Tekneco Numero 12 | 2013

TRASPORTI

Biocarburanti, il futuro è nelle nuove generazioni L’Unione europea, pressata da più parti, è pronta a limitare i combustibili bio ricavati direttamente da prodotti agricoli

La rivoluzione delle rinnovabili dell’Unione europea non riguarda soltanto il settore elettrico e termico, ma anche quello dei trasporti. L’obiettivo europeo al 2020 è coprire il 10% dei consumi di carburanti per l’autotrazione del Vecchio Continente con risorse pulite. Camion e auto, insomma, dovranno essere alimentati in parte con combustibili prodotti non a partire dal petrolio; in particolare, sinora l’Europa si è affidata quasi esclusivamente ai biocarburanti di prima

GUERRE COMMERCIALI

generazione, ricavati cioè a partire da grano, sua politica in materia: l’idea di una recente colza, olio di palma e dallo zucchero, impor- proposta di direttiva è di destinare più spatati in prevalenza da Paesi extracomunitari. zio ai carburanti bio di seconda e terza geIl problema è che, secondo molte organiz- nerazione, quelli cioè ricavati dagli scarti agricoli, che dovrebbero avere un impatto zazioni umanitarie, questi combustibili notevolmente inferiore su ambiente alternativi avrebbero un impatto nee catena alimentare. Secondo la gativo devastante sulla filiera Commissione europea, che agroalimentare globale (a ha avviato trattative con causa della sottrazione di l’industria produttrice dei suolo all’agricoltura) e conbiocarburanti, si dovrebbe seguenze pesanti anche da fissare un tetto di incentivi, un punto di vista ambientaabbassando il peso della prile. In sostanza, l’abbattimenmiliardi di euro di ma generazione sul totale dal to delle foreste, necessario incentivi nel 2011 10% al 5%. Proposta che non per assegnare nuovi spazi piace, come prevedibile, ai proalle coltivazioni da destinare duttori, che chiedono la salvaguardia alla produzione di biocarburanti, caudegli investimenti effettuati, ma una meserebbe una perdita netta di CO₂. Così come le fonti pulite elettriche e termiche, inoltre, diazione appare possibile. i combustibili bio sono debitamente foraggiati: nel 2011 i biocarburanti nella Ue hanno goduto di 10,7 miliardi di euro di incentivi (di cui 5,8 miliardi pagati direttamente dagli automobilisti). Tutto questo spiega LEGGI questo articolo anche sul sito di Tekneco: perché l’Ue stia meditando di rivedere la www.tekneco.it/1220

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La Ue impone i dazi sui pannelli cinesi Bruxelles ha stabilito delle misure provvisorie sull’import asiatico. Provvedimenti definitivi potrebbero essere varati entro il 5 dicembre L’Europa ha ufficialmente scelto la strada del protezionismo nel fotovoltaico. Dopo mesi di discussioni, la Commissione europea lo scorso giugno ha deciso di imporre

dazi sull’importazione di pannelli solari cinesi, così da proteggere l’industria europea dalle pratiche di dumping messe in atto dalla concorrenza asiatica. La querelle aveva avuto inizio lo scorso settembre, quando la Commissione europea (su denuncia di un’associazione di produttori comunitari) avviò un’indagine sull’importazione di tecnologia fotovoltaica dalla Cina per la vendita di beni a prezzi artificiosamente bassi. In particolare, furono messe sotto esame le importazioni di pannelli fotovoltaici di silicio mono-/poli-cristallino, celle e wafer, avvenute nel 2011 per un controvalore di 21 miliardi di euro. L’inchiesta di Bruxelles ha accertato il dumping, ma la Commissione

ha deciso di optare per un approccio graduale: l’aliquota del dazio è stata fissata all’11,8% sino al 6 agosto 2013. Successivamente la percentuale salirà a un livello medio del 47,6%. Entro il 5 dicembre, data di scadenza del regime provvisorio, l’Ue dovrà decidere se istituire dazi antidumping definitivi per i prossimi cinque anni.

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Energia alternativa

BIO Niccolò Aste docente universitario del Politecnico di Milano – Dipartimento di Scienza e tecnologia dell’Ambiente costruito (Best)

News

Efficienza energetica, una leva per il made in Italy Più rinnovabili, ma anche politiche più a lungo respiro e premianti la filiera industriale mirata all’efficienza energetica: una soluzione prospettata da Niccolò Aste, docente del Politecnico di Milano. di Andrea Ballocchi

«Gli italiani sono buoni consumatori di energia, ma non buoni produttori». Ad affermarlo è Niccolò Aste, docente universitario del Politecnico di Milano – Dipartimento di Scienza e tecnologia dell’Ambiente costruito (Best). Occasione del suo intervento è stata la conferenza di presentazione di Klimaenergy 2013, dove ha presentato lo stato dell’arte del settore energetico e delle rinnovabili, in particolare in Italia. Uno stato di forte dipendenza energetica (85%) dall’estero e basato «su un sistema fortemente centralizzato sul gas e sull’elettricità», ha ribadito Aste. È proprio la dipendenza dalle fonti fossili il fattore più evidente, con le rinnovabili che coprono una quota ancora poco incisiva sul totale. Come e dove intervenire? Magari su settori decisamente energivori, primo tra tutti quello edile.

caso, già oggi ci sono edifici di questo tipo. del fotovoltaico, con le misure “altalenanCiò che occorre è un modo diverso di costru- ti” dei conti energia: a pesare sul comparire, con sistemi di controllo e impiantistici to non è stata tanto la diminuzione dei fiche lavorino a regime. Tuttavia, il problema nanziamenti ma la loro riduzione “a scatti”, con brevi preavvisi. non riguarda tanto Occorrerebbe, quinle nuove costruzioni Serve una programmaticità diversa, una di, una programmaquanto il parco edi- politica più a lungo respiro e non maggiori ticità diversa, una lizio già esistente, investimenti. politica più a lungo obsoleto, il cui tasso di rinnovo è molto lento. Per questo sono respiro, non maggiori investimenti. Perché importanti le misure per la ristrutturazione l’investimento, la detrazione fiscale in rie la riqualificazione energetica, in grado di qualificazione energetica, attraverso l’immigliorarne significativamente l’efficienza». piego di soluzioni come i cappotti, i serramenti, gli impianti di distribuzione, sono tutte soluzioni che si realizzano in Italia; Come giudica, nel complesso, la politica l’energia, invece, l’acquistiamo dall’estero. di incentivazione mediante detrazioAllora l’incentivazione può avere la funzioni fiscali per gli interventi di efficienza ne di muovere la spesa da un mercato a un energetica? «Di benefici ne hanno certamente apportati. altro, acquistando non più energia, bensì più Quello che dispiace è pensare al potenziale prodotti in grado di usarne di meno. ◆ e constatare il risultato ottenuto. Più precisamente, gli incentivi sono sì stati concessi, ma con un quadro normativo molto fluido e altalenante. Il problema è che la pianificazione di un intervento richiede anche due anni dalla realizzazione del progetto alla sua attuazione. In sei mesi si fa fatica a coordinare tutto questo: occorrerebbe quindi una programmazione più lineare e meno fre- LEGGI questo articolo anche sul sito di Tekneco: netica. È quanto è accaduto nel comparto www.tekneco.it/1222

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La direttiva europea 2010/31/UE, recepita di recente dal Governo, che prevede che i nuovi edifici dovranno essere entro il 2020 a consumo energetico quasi zero, che scenario apre, per l’Italia? «Innanzitutto, la direttiva europea, in prima bozza, prevedeva edifici a consumo zero; poi sono subentrati fattori che hanno cambiato questo intento. Il rischio insito è l’interpretazione “all’italiana” del quasi. In ogni


Ecologia L’oro verde italiano: l’olio Un mercato stabile ma in crescita nella direzione dell’export e con tendenze innovative

Se il carburante diventa “bio” Una filiera virtuosa che si chiude con il ciclo dei biocarburanti

Bellezze all’olio d’oliva L’olio extravergine diventa un prodotto cosmetico di qualità

Fritto da corsa Come recuperare gli oli da cucina usati per farne carburanti

Naturalmente biologica Il successo dell’olio di semi di canapa, “bio” per diritto naturale

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Ecologia

L’ORO VERDE ITALIANO: L’OLIO

Un mercato sostanzialmente stabile, ma in crescita nella direzione dell’export. E con nuove tendenze che vedono l’olio, vergine o usato, migrare verso nuovi e insoliti usi

Il

mondo degli oli in Italia attraversa migliaia di imprese, in diversi settori produttivi, dall’agricoltura, alla lavorazione, dal recupero agli utilizzi alternativi. Un viaggio ci permette di raccontare i principali dati del mercato di un prodotto tradizionale nostrano quale l’olio d’oliva – di cui l’Italia è tra i leader a livello mondiale – ma anche delle novità degli ultimi decenni, come l’olio di semi di canapa. Il tutto passando attraverso la scoperta di usi alternativi, come la biocosmesi, nonché del recupero di residui e sottoprodotti di lavorazione per la produzione di biocarburante sostenibile.

L’EVOLUZIONE DEL MERCATO ITALIANO DELL’OLIVICOLTURA di Veronica Caciagli e Letizia Palmisano

Secondo i dati diffusi da Unaprol nell’aprile 2013, nel 2012 in Italia sono stati venduti

più di 217 milioni di litri d’olio di oliva, per un controvalore di 850 milioni di euro, con una lieve contrazione del 1% rispetto al dato dell’anno precedente. La ripartizione del mercato vede il dominio dell’olio extravergine di oliva con il 72%, seguito dall’olio di oliva 13% e dall’olio “a marchio 100% italiano”, che ha conquistato il 12%. Pur se in crescita nelle vendite (+ 1% rispetto all’anno precedente) rimangono di nicchia gli oli con certificazione DOP e IGP e quelli biologici: sia i prodotti a marchio di qualità che quelli con certificazione biologica hanno quote di mercato ancora inferiori all’1%. Per entrambi, i mercati interni più importanti rimangono quelli del nord Italia, in particolar modo della Lombardia. Come sottolineato dall’Osservatorio Internazionale di Olivicoltura Biologica in me-


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Uliveti toscani (Fonte: Consorzio Toscano Igp).

TECNICHE

Come si “spreme” l’olio

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Per frangitura, spremitura e separazione degli oli possono essere utilizzate diverse tecniche. — I metodi cosiddetti “tradizionali” combinano la frangitura su mola di pietra a tecniche di spremitura meccanica; — Il processo con decanter in due fasi (che effettua la separazione della sansa umida dell’olio) consiste in un sistema di centrifugazione orizzontale per la separazione e l’estrazione degli oli; — Il processo con decanter a tre fasi (che effettua la separazione dei tre componenti ovvero, sansa, olio e acqua di vegetazione) è basato su una tecnologia di centrifugazione orizzontale, ma comprende anche una centrifugazione verticale.

rito ai cambiamenti nelle tendenze degli acquisti nel settore olivicolo, ciò che è cambiato di recente, anche a seguito della crisi dei consumi, è la composizione dei mercati interni ed esteri. Se la contrazione dei redditi italiani ha “spostato” parte del mercato su oli qualitativamente poco attraenti, ma dal costo più competitivo (con un significativo +51% delle vendite in Italia dei prodotti provenienti dal nord Africa), i produttori italiani, in cerca di “palati più raffinati” e con maggiori disponibilità economiche, hanno fortemente incrementato le vendite all’estero. A livello di export, la bilancia commerciale degli oli italiani ha fatto, infatti, registrare un deciso segno positivo con 416 mila tonnellate, che costituiscono il 3,5% in più rispetto al 2011. Oltre il 70% della quota

mercato estera è poi composta dagli oli di pregio, quali extravergini e vergini, che svolgono il ruolo di testimonial della tradizione d’eccellenza dell’alimentazione italiana. I Paesi ove il nostro oro verde è più apprezzato sono gli Stati Uniti, seguiti dalla Germania, si registra anche una forte crescita nei mercati asiatici, con il Giappone che segna un +23% e la Cina +20%. I MARCHI DI QUALITÀ UE: DOP E IGP DELL’OLIO IN ITALIA

DOP e IGP sono marchi di qualità, riconosciuti a livello europeo, nati nel 1992 per armonizzare le diverse normative emanate dai singoli Stati membri, per salvaguardare la “tipicità” dei prodotti agroalimentari dalla contraffazione su tutto il territorio UE. Per assicurare al proprio olio il fregio del

marchio di qualità (sia DOP che IGP), l’olivicoltore dovrà attenersi al disciplinare di produzione e sottoporsi ai controlli dell’ente di certificazione indipendente riconosciuto dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. DOP è l’acronimo di Denominazione di Origine Protetta e può essere attribuito solo a quei prodotti agricoli o alimentari le cui caratteristiche qualitative dipendono esclusivamente dal territorio in cui viene prodotto. Rientrano nel concetto di ambiente geografico di riferimento sia i fattori naturali (clima, caratteristiche ambientali) che quelli umani (ivi incluse le tecniche di produzione e trasformazione) che caratterizzano quel prodotto rendendolo unico e inimitabile. Ai fini dell’ottenimento del marchio DOP è necessario che l’intero ciclo produttivo,


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Ecologia

Uliveti toscani (Fonte: Consorzio Toscano Igp).

dalla coltivazione alla raccolta sino al confezionamento del prodotto finito, venga lavorato all’interno dell’area geografica delimitata dal proprio marchio. La DOP garantisce così la tracciabilità del prodotto consentendo ai consumatori di individuare l’origine della materia prima e il luogo di lavorazione e trasformazione. L’Indicazione Geografica Protetta (IGP) è un marchio che identifica prodotti alimentari o agricoli e per ottenerlo è necessario che anche solo una sola fase del processo produttivo abbia legame con la zona geografica di riferimento. Nel mondo dell’olio italiano, ad oggi, l’unico olio extravergine d’oliva ad aver ottenuto il riconoscimento IGP è quello ‘Toscano’ per il quale, in realtà, il disciplinare impone obblighi simili a quelli previsti per il marchio DOP. Infatti, come riportato nel Disciplinare di Produzione del Consorzio IGP Toscano, tutte le fasi di produzione del loro olio extravergine di oliva - dalla raccolta e molitura delle olive fino al confezionamento del prodotto - devono di vendita degli oli che hanno ottenuto marsvolgersi obbligatoriamente all’interno del- chi di qualità hanno registrato un increla Toscana. Per avere un’idea dei costi - ci mento dell’1% rispetto al 2011 passando da fanno sapere dal Consorzio Toscano - per la 2.735.533 litri a 2.770.764 litri. L’analisi dei vocertificazione IGP dell’olio, si è intorno ai 100 lumi di vendita ha mostrato che il 30% degli oli DOP/IGP venduti euro (+ IVA) per una partita di 250 kg di DOP e IGP sono marchi di qualità, riconosciuti attraverso la GDO è a livello europeo, nati nel 1992 per stato acquistato in olio. Lombardia, a seguiSecondo i dati dif- armonizzare le diverse normative emanate re l’Emilia Romafusi dalla guida ‘Gli dai singoli Stati membri per salvaguardare la “tipicità” dei prodotti agroalimentari dalla gna (14%), il Veneto oli a denominazione contraffazione su tutto il territorio UE. (13%), il Piemonte e di origine protetta’ Val d’Aosta (11%), la presentata da Federdop lo scorso giugno, in Italia su 249 deno- Toscana (10%) e il Lazio (5%). Passando ad analizzare i prezzi degli oli minazioni riconosciute, ben 43 sono state attribuite agli oli extravergine di oliva di cui IGP e DOP praticati all’interno della grande l’IGP per quello toscano e il DOP per gli altri distribuzione si è evidenziato che il prezoli. In base ai dati diffusi, nel 2012 i volumi zo più alto è riscontrabile in Trentino dove

nel 2012, mediamente, un litro di olio DOP/ IGP è stato venduto a 12,37 €/lt, seguono la Lombardia (10,98 €/lt), il Veneto (10,85 €/lt), la Toscana (10, 51 €/lt) e il Lazio con un prezzo pari a circa 10,40 €/lt. Sostanzialmente, nelle regioni del Nord, il prodotto si colloca su livelli di prezzo più remunerativi, «sia in considerazione delle quantità più esigue, sia per una maggiore disponibilità da parte dei consumatori a riconoscere e “apprezzare” tali produzioni», ha sostenuto Silvano Ferri, presidente di Federdop, che ha poi evidenziato «la necessità di strutturare politiche di prezzo che risultino maggiormente premianti per un prodotto di qualità quale l’olio a denominazione in modo da poter remunerare adeguatamente gli operatori valorizzando al meglio tali oli».


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CONTROLLI

L’agricoltura biologica e l’olio

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Tra le attività propriamente volte a ridurre l’impatto ambientale, vi sono quelle “etichettate” sotto le certificazioni Bio. L’agricoltura si può definire biologica quando nella sua pratica non vengono impiegati prodotti chimici di sintesi, ma vengono adottati strumenti e metodi naturali come la rotazione delle colture, pirodiserbo, inerbimento, si utilizzano concimi organici e minerali naturali e, per la lotta ai parassiti, vengono usati solamente prodotti naturali presenti in un apposito elenco. I frutti di questo sistema agricolo, certificato attraverso un sistema di controlli riconosciuti a livello europeo e nazionale, possono fregiarsi dell’etichetta con la dicitura “da agricoltura biologica”, che rappresenta una garanzia per i consumatori perché testimonia che il prodotto è composto da una percentuale di ingredienti “bio” non inferiore al 95% e la quota restante è composta da sostanze permesse. Se invece la percentuale bio è più bassa (tra il 70% e il 95%), deve essere riportata la percentuale del componente biologico. Grazie alla normativa europea, l’intero ciclo produttivo dell’olio biologico è sottoposto ad un sistema di controllo uniformato sull’intero territorio dell’Unione che in Italia è garantito da enti di controllo, accreditati presso il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e controllati anche dalle Regioni, che possono fare ispezioni anche a sorpresa e devono rispondere a severe norme di indipendenza, imparzialità, efficienza, competenza e affidabilità. Nello specifico del comparto dell’olio, oltre all’assenza di sostanze chimiche di sintesi nella fase di coltivazione delle olive, è necessario che le stesse siano di provenienza locale garantita al 100%. La raccolta della materia prima deve avvenire tra fine ottobre e inizio di novembre e cioè quando il colore delle olive passa dal verde al nero. Per garantire, poi, le migliori caratteristiche organolettiche nel prodotto finale, la raccolta deve avvenire sulla pianta, possibilmente a mano o, in ogni caso, limitando al minimo l’intervento meccanico e sempre su reti e mai a terra. Per evitare che le olive fermentino è necessario che le stesse vengano trasportate nel più breve tempo possibile al frantoio possibilmente in cassette “sfinestrate” in quanto assicurano una buona areazione.

Riservato agli abbonati. Vuoi sapere come riceverlo? www.tekneco.it/ricevi-tekneco LE PRINCIPALI FASI DELLA PRODUZIONE DI OLIO DI OLIVA E L’IMPATTO AMBIENTALE

L’agricoltura è intrinsecamente legata alla tutela e al consumo delle risorse del Pianeta. Per questo, negli ultimi anni, in ogni settore agricolo sono in fase di attuazione e studio pratiche di produzione e lavorazione volte a ridurre l’impatto ambientale. Grande attenzione vi è poi in relazione all’impatto dei residui e rifiuti dell’olio, in particolar modo se disperso in natura in modo erroneo. A tal riguardo sono sempre maggiori le iniziative di raccolta degli oli esausti messe in campo dai consorzi e dai comuni stessi. A ciò si affianca una filiera sempre più diffusa di riutilizzo di tali “scarti”, come nel caso della produzione di biocarburanti.

In Europa un progetto Life è volto a mettere insieme e diffondere le migliori pratiche connesse alle diverse fasi della coltura e della lavorazione degli oli d’oliva. La prima fase nella produzione di olio è costituita dalla frangitura, da cui deriva la “sansa”, ovvero la pasta di olive frantumate. Seguono la spremitura e la separazione del composto in olio, acqua ed elementi solidi. LA TUTELA DEL SUOLO E DELLE RISORSE NATURALI

Uno degli impatti più gravi associati alla coltura intensiva degli olivi è legato all’erosione del suolo, che riduce la capacità produttiva del terreno, necessitando quindi di un uso maggiore di fertilizzanti. In alcuni casi, quando la monocoltura è associata a

determinati tipi di suolo, tecniche agricole come l’aratura meccanica e condizioni climatiche, l’erosione può arrivare a degradare il terreno fino alla desertificazione. Come riportato dal Life Focus 2010 “Buone pratiche per migliorare il rendimento ambientale nel settore dell’olio d’oliva”, modificando i metodi di coltura, queste problematiche possono essere limitate, per esempio con un’aratura meno profonda o attraverso il mantenimento di una copertura erbosa. Per combattere insetti quali la mosca dell’olivo (Bactrocera oleae), la tignola dell’olivo (Prays oleae) e la cocciniglia mezzo grano di pepe (Saissetia oleae), si è ricorso, soprattutto in passato, all’uso massiccio – anche solo in via preventiva, ovvero anche senza verificare neanche la reale


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Ecologia

STANDARD

La qualità dell’olio d’oliva

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Con il regolamento CE 1019/2002, l’Unione europea ha fissato una serie di standard per garantire la qualità e al tempo stesso informare i consumatori, con particolare riguardo alle informazioni da porre sulle etichette. Il regolamento introduce una distinzione tra “oli vergini” e “oli raffinati”, concentrandosi sull’importanza di garantire l’autenticità degli oli di oliva. Gli oli d’oliva vergini sono definiti come oli ottenuti in modo diretto dalle olive, tramite meccanici o fisici di altra natura, in modo da non alterare l’olio: le olive possono essere trattate unicamente con trattamenti quali il lavaggio, la decantazione, la centrifugazione o la filtrazione. Non si possono aggiungere solventi, altri agenti chimici o biochimici, oppure altri tipi di olio. Possono essere classificati in base all’acidità oleica, come segue: — “Olio d’oliva extra vergine”, con un’acidità libera massima, espressa in acido oleico, di 0,8 g per 100 g; — “Olio d’oliva vergine”, con un’acidità libera massima di 2 g per 100 g; — “Olio d’oliva lampante, con un’acidità libera superiore a 2 g per 100 g. Solitamente gli oli lampanti non sono utilizzati per l’alimentazione. Gli oli d’oliva non vergini sono classificati in: — “Olio d’oliva”, ottenuto dalla miscelazione di olio d’oliva raffinato e olio d’oliva vergine, con un’acidità libera massima non superiore a 1 g per 100 g; — “Olio di sansa di oliva greggio”, ottenuto dalla sansa di oliva mediante trattamento con solventi o altri procedimenti fisici; — “Olio di sansa d’oliva raffinato”, ottenuto dalla raffinazione dell’olio di sansa di oliva greggio, con un’acidità libera massima non superiore a 0,3 g per 100 g. La qualità dell’olio dipende da vari fattori, tra cui la spremitura (la prima spremitura tende a produrre un olio della massima qualità), la maturazione ottimale dell’oliva, il tempo. Le olive dovrebbero essere trasformate entro le 48 ore, ma comunque in un arco temporale che non permetta alle olive di fermentare.

Riservato agli abbonati. Vuoi sapere come riceverlo? sono però sistemi “discontinui”: il proceswww.tekneco.it/ricevi-tekneco presenza infestante – di diserbanti, pe- ESTRAZIONE DELL’OLIO E TRATTAMENTO

sticidi, insetticidi e fertilizzanti, con eleva- DELLE ACQUE DI VEGETAZIONE E DI SANSA ti costi in termini economici e ambientali, UMIDA a causa dell’inquinamento del terreno, delle Tra i principali aspetti di lavorazione acque (di superficie e sotterranee) e anche dell’estrazione dell’olio che destano particodel prodotto stesso (pianta e olive). lare interesse vi sono le grandi quantità di Oggi, anche a seguito di normative co- residui liquidi e solidi, che possono risultamunitarie, la direzione è di andare con- re altamente dannosi per l’ambiente se non cretamente verso lotte attuate cercando di riutilizzati o smaltiti correttamente. Tali rispettare concretamente l’ambiente, con fasi possono richiedere, inoltre, l’utilizzo di l’intervento chimico (vd. Reg. CE 2078/92), grandi quantità d’acqua. Non tutte le tecniprevisto solo quando il grado di infezione che, però, hanno gli stessi impatti: ognuno delle malattie o fitofaghi superano una certa dei vari metodi di produzione di olio d’oliva percentuale e comunque entro certi limiti. dà origine a quantità e tipi diversi di sottoTra le tecniche più prodotti, potenzialecocompatibili, an- Tra le buone pratiche che si registrano mente pericolosi. I dando in tale dire- sempre più frequentemente nelle aziende, vi metodi di trasforzione, sono adesso sono quelle legate all’energia utilizzata. Si va mazione tradizioin fase di sperimen- dal recupero delle biomasse all’installazione nali, generalmente di pannelli solari tazione le trappole a dagli impatti amferomoni. bientali minori,

so è soggetto a interruzioni, da cui derivano singoli lotti di olio, anziché una fornitura continua. Infatti, gli impianti più grandi utilizzano solitamente turni continui durante la raccolta e frangitura. Secondo quanto riportato dal citato Life Focus 2010, si stima che, con i metodi tradizionali di trasformazione, per ogni tonnellata di olive vengano prodotti tra i 400 e i 600 litri di “acqua di vegetazione”, ovvero acque reflue di frantoio. Nel processo a tre fasi vengono prodotte tra gli 800 e i 1.000 litri di acque di vegetazione per tonnellata. Il processo a due fasi, invece, non genera praticamente effluenti, ma la sansa umida prodotta tende a presentare contenuti elevati di liquidi, che devono essere trattati. Secondo il citato Life, a livello europeo vengono prodotti circa 4,6 milioni di tonnellate di acque reflue di frantoio: sono costituite


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Olio d’oliva toscano (Fonte: Consorzio Toscano Igp).

Riservato agli abbonati. Vuoi sapere come riceverlo? www.tekneco.it/ricevi-tekneco per il 15-18% da composti organici, tra cui solo durante la trasformazione delle olive. al fabbisogno idrico, le best practice vanno fenoli, polifenoli e tannini; elementi inorganici come potassio, sali e fosfati per il 2%; il restante è acqua. Queste percentuali, ovviamente, possono poi variare a seconda di molti fattori, tra cui clima, terreno, pratiche di gestione agricola, trattamenti. Esistono diversi metodi per diminuire l’impatto ambientale delle acque di vegetazione: i trattamenti degli effluenti sono finalizzati alla riduzione della loro massa complessiva con trattamenti aerobici e anaerobici. Richiedono tuttavia ingenti costi per impianti ad hoc, che vengono utilizzati

850 mln di € ▶ il valore dell’olio venduto nel 2012

Diverso è il trattamento della sansa umida derivante dal processo a due fasi: questa viene inviata a oleifici produttori di oli di semi per successive estrazioni di prodotti a base di olio d’oliva raffinato. Tra gli usi ecosostenibili volti al recupero e alla valorizzazione della sansa, si può spaziare dalla produzione di energia da biomassa all’autoproduzione, unitamente agli effluenti, di concime organico da riutilizzare in azienda.

dal recupero e fitodepurazione di acque utilizzate dall’azienda all’utilizzo ecoefficiente delle acque. Uno sguardo importante va poi in relazione agli imballi, con la predilezione di materiali riciclati e riciclabili (es. nel caso di uso di cartoni) e l’adozione di buone pratiche quali la possibilità di vendere l’olio sfuso e la vendita di olio in contenitori più grandi. ◆

ULTERIORI ASPETTI DI RIDUZIONE DELL’IMPATTO AMBIENTALE

Tra le buone pratiche che si registrano sempre più frequentemente nelle aziende, vi sono quelle legate all’energia utilizzata. Si va dal recupero delle biomasse (riducendo così anche l’impatto dei rifiuti e degli scarti di lavorazione quali i noccioli, gli sfasci, ecc.) all’installazione di pannelli solari. In merito

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Ecologia

Se il carburante diventa “bio” Cosa significa sostenibilità per gli oli trasformati in biocarburanti. La filiera parte dal campo o può arrivare dal ciclo dei rifiuti, con una strategia ancora più vincente per l’ambiente

di Veronica Caciagli

Riservato agli abbonati. di olicome ad alto contenuto calorife- BIOCARBURANTI “OBBLIGATORI” Vuoi sapere riceverlo? ell’industria della produzione di produzione biocarburanti le questioni di so- ro e basso costo di produzione. Le problema- E SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE tiche derivate sono molteplici, soprattutto Per far luce in questo mare di biomasse e oli, stenibilità ed eticità ambientale www.tekneco.it/ricevi-tekneco

N

sono molte e di carattere talvolta contraddittorio: l’utilizzo di biocarburante diminuisce la dipendenza dai combustibili fossili, responsabili delle emissioni di gas serra che provocano i cambiamenti climatici, tramite la riduzione dell’utilizzo del petrolio come materia prima per la produzione di carburante per i trasporti. Da questo punto di vista, la scelta “bio” presenta un notevole vantaggio ambientale. A volte, peraltro, i biocarburanti sono prodotti con rifiuti, come gli oli fritti usati o residui di altre produzioni, e allora si tratta di una win-win story: non solo contribuiscono a diminuire i gas serra, ma vanno anche a ridurre sostanze che potrebbero essere dannose o di scarto. D’altra parte, il prezzo crescente sul mercato ha determinato una corsa alla coltivazione di piantagioni in monocoltura per la

quando la materia prima arriva da Paesi con una regolamentazione ambientale carente: innanzitutto, il problema della concorrenza nell’uso del suolo a fini alimentari e la questione dell’aumento dei prezzi delle materie prime, che possono essere usate sia per l’alimentazione umana o animale, che per la produzione di biocarburanti. Inoltre, l’origine della biomassa che entra nel ciclo di produzione del biocarburante può determinare altre conseguenze ambientali negative: ci si chiede che tipo di coltivazione è stata effettuata, con quali tecniche produttive e soprattutto cosa c’era prima sul terreno. La Commissione europea ha emanato una Direttiva che pone due principi fondamentali per poter distinguere biocarburanti ambientalmente sostenibili e non: la sostenibilità e la tracciabilità.

la Commissione europea ha emanato una Direttiva, la cosiddetta “ RED”, n. 28/2009, che pone due principi fondamentali per poter distinguere biocarburanti ambientalmente sostenibili e non: la sostenibilità e la tracciabilità. La sostenibilità è definita attraverso alcuni elementi e caratteristiche che, pur non essendo esaustivi di tutte le sfumature etiche dell’utilizzo dei biocarburanti, certo vanno ad arginare molte delle maggiori problematiche: innanzitutto, si deve dimostrare da dove vengono le coltivazioni, per evitare che i terreni siano derivati da foreste, zone protette o ad alta biodiversità. Inoltre, si deve dimostrare che grazie al biodiesel o al biocarburante si realizzi una effettiva riduzione minima delle emissioni di gas serra rispetto all’equivalente carburante di origine fossile. Nel calcolo dell’ammontare di CO₂ associata


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2020

▶ entro quest’anno il 10% dei carburanti utilizzati nell’Unione europea dovrà provenire da fonte rinnovabile

(Fonte: Catawba County, Flickr).

In attuazione della Direttiva europea sopranominata “20-20-20”, entro il 2020 il 10% dei carburanti utilizzati nell’Unione europea dovrà provenire da fonte rinnovabile: la produzione europea di biocarburante liquido necessaria per raggiungere il target al 2020 sarà di 28,9-29,6 MTOE (fonte: Commissione Europa, Impact Assessment related to requirements of Article 3.4 of Directive 2009/28/ EC, 2012). Anche in Italia vige l’obbligo, per i fornitori di benzina e gasolio, di immettere in consumo una percentuale crescente di carburante classificato come bio. Nel 2013 questa quota è del 4,5%, calcolato in base al potere calorifico contenuti nella benzina e nel gasolio venduto nel 2012. La quota percentuale salirà nei prossimi anni, fino a raggiungere il 5% nel 2014. Come strumento per verificare il rispetto del minimo di legge, sono stati istituiti i “Certificati di Immissione in Consumo di biocarburanti”: sono titoli, emessi dal Ministero per lo Sviluppo Economico, attestanti l’immissione al consumo di 10 Gcal. Per assolvere l’obbligo, i fornitori possono quindi acquistare i titoli corrispondenti. Dal 1 gennaio 2012 i fornitori italiani di carburante hanno un obbligo aggiuntivo: per poter essere contabilizzati come nell’obbligo, è necessario comprovare la sostenibilità della filiera di produzione, secondo quanto stabilito dal sistema di certificazione nazionale della sostenibilità dei biocarburanti e dei bioliquidi introdotto dal Decreto del Ministero dell’Ambiente del 23 gennaio 2012. Sono quindi i fornitori, l’ultimo anello della catena, a dover presentare la documentazione, che conterrà informazioni su tutta la filiera di produzione. In considerazione della diminuzione di impatto ambientale derivante dalla riduzione di rifiuti e residui, il biocarburante prodotto con oli fritti e altri materiali di scarto dell’agricoltura vengono contabilizzati come doppi, dando origine a un vantaggio anche economico al loro utilizzo. ◆

CONFRONTI

Le certificazioni in Europa La certificazione francese 2BSvs Il 2BSvs (Biomass Biofuels voluntary scheme) è uno schema creato da un consorzio di produttori agricoli francesi con la collaborazione di Bureau Veritas Francia. È uno degli schemi volontari di certificazione approvati dall’Unione europea. A certificarsi è tutta la filiera produttiva, dal produttore agricolo al produttore di biocarburante, fino ai trader.

L’ISCC EU, la certificazione tedesca Anche l’ISCC EU (International Sustainability & Carbon Certification) è uno schema approvato dalla Commissione europea; è nato su iniziativa del governo tedesco. I requisiti richiesti sono quelli della Direttiva europea RED, al fine di permettere la distinzione tra prodotti sostenibili e non sul mercato.

Riservato agli abbonati. sapere come riceverlo? rientrano sia le modalità di coltivazione Vuoi che la distanza percorsa per trasportare il prodotto finale fino al consumatore. Dal 2013 la www.tekneco.it/ricevi-tekneco percentuale di riduzione minima di CO₂ da garantire è del 35%; salirà negli anni successivi, fino ad arrivare al 60% nel 2017. Riguardo alla tracciabilità, la Direttiva introduce la necessità di documentare l’intera filiera di produzione: dal coltivatore, produttore di oli, produttore di biocarburanti, e trader; fino all’ultimo componente della catena, ovvero il fornitore al privato. Per l’applicazione della direttiva e la verifica dei requisiti, la Commissione europea ha approvato alcuni schemi di certificazione volontaria, verificati da enti di certificazione accreditati: ogni stadio della produzione e distribuzione deve quindi essere certificato, in modo da fornire i documenti di provenienza e sostenibilità che accompagnano tutta la filiera. Attualmente gli schemi di certificazione volontaria approvati sono 14; in Europa i due più applicati sono il 2BSvs e l’ISCC EU.

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Il sistema nazionale italiano Il Decreto del Ministero dell’Ambiente del 23 gennaio 2012 ha istituito anche in Italia le norme per il sistema di certificazione nazionale della sostenibilità dei biocarburanti e dei bioliquidi. Il Decreto ricalca le norme contenute anche negli altri schemi volontari approvati dalla Commissione europea riguardo la sostenibilità e tracciabilità della filiera di produzione dei biocarburanti, ma con un sistema riconosciuto solo in Italia. Accredia si occupa dell’attività di accreditamento dei certificatori, secondo delle norme UNI CTI 11429 e UNI CTI 11435.


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Ecologia

Bellezza all’olio d’oliva L’olio extravergine IGP toscano biologico diventa un prodotto cosmetico di elevata qualità. Intervista ad Antonio Pieri a cura di Letizia Palmisano

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a qualche anno l’olio extravergine d’oliva Igp Toscano biologico ha conquistato gli scaffali di erboristerie e profumerie grazie a due imprenditori fiorentini, Antonio Pieri e Ludovico Martelli, fondatori di Idea Toscana. Antonio Pieri ci racconta le fasi di questo successo. Come nasce l’idea di usare olio d’oliva esclusivamente toscano per la cosmesi? Volevamo soddisfare le consumatrici più attente alla salute e al benessere con prodotti di alta qualità, il più possibile di origine naturale, frutto di formulazioni naturali, biologiche e certificate che unissero la tradizione dell’alta qualità produttiva alle nuove tecnologie cosmetiche usando principalmente principi attivi di alta qualità provenienti dalla Toscana, fra cui spicca l’ Olio Extra Vergine di Oliva “Toscano IGP” Biologico. Nel 2008 è nata quindi Prima Spremitura di Idea Toscana, la prima linea cosmetica certificata prodotta con Olio Extra Vergine di Oliva “Toscano IGP” Biologico. Dall’Ottobre del 2012 abbiamo iniziato a produrre la nuova Linea Viso Prima Spremitura Bio. Quali sono stati i passi necessari per raggiungere tali riconoscimenti? Prima Spremitura è la prima linea cosmetica

al mondo realizzata con un principio attivo IGP ed è l’unica gamma extra alimentare ad avere l’autorizzazione del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali a produrre cosmetici con un principio attivo IGP. A tal fine, da un lato abbiamo dovuto ottenere le autorizzazioni necessarie ad inserire nell’etichettatura il riferimento alla materia prima utilizzata e, dall’altro, abbiamo iniziato la collaborazione con il Consorzio per la Tutela dell’Olio Extra Vergine di Oliva Toscano, i cui produttori ci forniscono ogni anno per la lavorazione cosmetica olio che viene prodotto solo in Toscana, come prevede il Disciplinare di Produzione dell’Olio Extravergine di Oliva Toscano ad Indicazione Geografica Protetta e come attestato da Certiquality, ente autorizzato dal Ministero. A ciò si sono affiancati i riconoscimenti da parte del Ministero delle Politiche Agricole ovvero l’autorizzazione ad apporre sui nostri prodotti la dicitura “con olio extra vergine di oliva toscano”. Quindi lo stesso Ministero ci ha autorizzato ad apporre sulle etichette dei nostri prodotti la dicitura “con olio extra vergine di oliva toscano biologico”. Nel 2012 abbiamo, infine, ottenuto la certificazione Biologica come organic cosmetics da parte dell’ente Natrue, che è il massimo riconoscimento che può essere ottenuto

attualmente in termini di qualità e ricerca nel settore cosmetico. Quali sono gli accorgimenti impiegati nell’uso dell’olio come materia prima? L’obiettivo - pienamente raggiunto - è stato quello di realizzare una linea cosmetica di elevata qualità salvaguardando tutte le proprietà dell’olio. La materia prima naturale scelta non è “lavorata”, ma, dopo adeguati controlli e dopo aver ottenuto la certificazione, viene utilizzata così come arriva dai frantoi ed aggiunta ai formulati raffreddati a temperatura ambiente, per trasferire alla pelle tutti i benefici di questo prezioso elemento. Il dosaggio dell’olio extravergine di oliva “toscano IGP” biologico è calibrato in funzione della tipologia e della funzionalità del formulato cosmetico, in modo da non lasciare alcun residuo di untuosità. Gli sforzi sono stati ripagati? Sì, soprattutto all’estero: dal 2008 i nostri prodotti sono stati esportati in 26 paesi... ◆

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Tekneco Numero 12 | 2013

Fritto da corsa Come recuperare gli oli da cucina usati per farne carburanti. Parlano Fabrizio Corcos e Stefano Albertini della DP Lubrificanti di Aprilia

a cura di Veronica Caciagli

Come è nata la scelta di DP Lubrificanti di utilizzare rifiuti, ovvero gli oli fritti, per la produzione di biocarburante? Che tipo di materie prime e prodotti finali vengono trattati? Abbiamo esaminato i mercati degli oli vegetali: abbiamo scartato, per principio, quelli destinati al consumo umano e ci siamo soffermati sugli oli di recupero. Lo sversamento degli oli provoca danni, noti a tutti, nei corsi d’acqua; perciò abbiamo iniziato il recupero di oli usati, in quantità che sono via via diventate più importanti nella nostra produzione. Gli oli ex frittura da soli non sono sufficienti a garantire il pieno utilizzo dei nostri impianti di produzione biodiesel. Abbiamo preso in esame i sottoprodotti della raffinazione degli oli e costruito impianti particolari in grado di utilizzarli. Le materie prime sono quindi un mix di oli di frittura esausti recuperati, oleine vegetali, ovvero sottoprodotti della raffinazione degli oli) e grassi animali. I prodotti finiti sono il biodiesel e la glicerina per uso tecnico.

del vapore in colonne operanti sotto vuoto spinto. L’olio uscente da questa fase ha le caratteristiche per poter essere mandato al processo di transesterificazione, dove la glicerina, naturalmente legata ad un trigliceride, viene sostituita con metanolo per formare un metilestere, ovvero il biodiesel. Dal biodiesel grezzo si separa la glicerina e viene recuperato il metanolo in eccesso usato per la reazione, il prodotto viene quindi lavato con acqua acidulata, centrifugato ed essiccato prima di essere distillato sotto vuoto in colonna per ottenere un prodotto di qualità superiore e rispondente in tutto alla specifica EN 14214 [è la norma che descrive i

requisiti ed i metodi di prova del biodiesel da usare come combustibile puro o in miscela con il gasolio nei motori diesel, ndr]. Come viene verificata la sostenibilità del biocarburante? Il nostro sistema di produzione è certificato secondo gli schemi volontari approvati dalla Commissione europea ISCC EU e 2BSvs. E’ inoltre conforme al Decreto 23 gennaio 2012 Sistema nazionale di certificazione per biocarburanti e bioliquidi. Come funziona attualmente il mercato, da dove vengono gli oli? La raccolta dell’olio fritto avviene su tutto il territorio nazionale ed estero a mezzo di società dedicate e autorizzate per la raccolta, le quali conferiscono il prodotto liquido in autobotti alla DP. Il prezzo di mercato è molto variabile, in funzione del prezzo degli oli alimentari di partenza, della disponibilità del prodotto sul mercato, della stagionalità, della domanda di mercato stessa. I nostri concorrenti utilizzano olio di colza comunitario, olio di soia dall’Argentina, dal Brasile, dagli Stati Uniti, olio di palma dall’Indonesia e dalla Malesia e anche olio di girasole, comunitario e non. La DP è l’unica azienda in Italia che produce solo biodiesel di seconda generazione utilizzando esclusivamente rifiuti, ovvero l’olio fritto, e sottoprodotti della raffinazione degli oli. ◆

Riservato agli abbonati. Vuoi sapere come riceverlo? www.tekneco.it/ricevi-tekneco

Come avviene il processo di trasformazione da oli fritti a biocarburante? L’olio fritto viene trattato come un olio grezzo. Il processo prevede una prima fase di filtrazione grossolana per fermare il particolato solido che viene scaricato con gli oli. Avviene poi un lavaggio del prodotto con centrifugazione, in modo da eliminare tutte le impurità caratteristiche che lo accompagnano, come le sostanze solide sospese, i possibili colloidi e le sostanze idrosolubili. Si passa, quindi, alla fase di rimozione dell’acidità libera presente nell’olio fritto attraverso una raffinazione fisica a mezzo

La DP è l’unica azienda in Italia che produce solo biodiesel di seconda generazione, utilizzando esclusivamente rifiuti, ovvero l’olio fritto e sottoprodotti della raffinazione degli oli..

Fabrizio Corcos LEGGI questo articolo anche sul sito di Tekneco: www.tekneco.it/1226


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Ecologia

Naturalmente biologica L’ascesa sulle tavole e nel mercato italiano dell’olio di semi di canapa, una pianta così resistente agli attacchi esterni da non aver bisogno di nessun additivo chimico

di Letizia Palmisano

L’

olio di semi di canapa è un alimento che si ricava dalla spremitura a freddo dei semi della Canapa sativa (ovvero coltivata), il cui uso pare risalire addirittura all’era neolitica. Secondo alcuni studiosi, infatti, circa 5 mila anni fa questo olio veniva usato in Cina come rimedio contro le infiammazioni della pelle, ma anche come tonico, ricostituente, lassativo e infine per liberare i neonati dai vermi. Negli ultimi anni ha guadagnato una rapida diffusione non solo sulle tavole di chi soffre di particolari patologie, ma anche di chi l’ha introdotto nella propria alimentazione quotidiana semplicemente per godere delle proprietà benefiche di questo dono della natura. Pianta molto forte che può crescere anche in condizioni di scarsità d’acqua, la canapa non necessita di pesticidi, anticrittogamici o di particolari trattamenti chimici. «Di fatto tutto l’olio di semi di canapa dovrebbe essere biologico -ci ha spiegato Margherita Baravalle, segretaria nazionale di Assocanapa - perché la canapa, se viene coltivata con buona tecnica agronomica, fa a meno dei diserbanti e dei pesticidi». A ciò - come ci ha raccontato il Dr. Dany Belotherkovsky, esperto nel settore di Naturopatia e Ricerca Bio-Medica nonché fondatore della ditta Emunà B.H, specializzata nei prodotti a base di Canapa - si è andata affiancando la richiesta del mercato, sempre più composto da consumatori attenti che hanno “spinto” la gran parte dei

produttori dell’olio di canapa ad ottenere la canapa ad oggi viene ancora importato (soprattutto dalla Germania), negli ultimi anni certificazione Bio. Solitamente l’olio di canapa presente sul la riscoperta delle molteplici proprietà della mercato ha un gradevole gusto nocciolato, canapa (dalla bioedilizia all’alimentazione) ed è ricco di aroma, fresco e molto gradevo- sta riportando nel Belpaese - un tempo sele nei condimenti a crudo. Come tutti gli oli, condo produttore al mondo di questa mateperò, il sapore varia in funzione della varietà ria prima (soprattutto ad uso tessile) - tutte utilizzata come materia prima, delle condi- le fasi della filiera, dalla semina alla produzioni del seme alla spremitura e del meto- zione e trasformazione. È stata una richiesta “dal basso” a far nado di spremitura che, per l’olio di canapa ad uso alimentare, è però rigorosamente di sola scere il mercato tanto che all’inizio l’ostapressione a freddo. Come ci ha illustrato la colo più grande - ci hanno spiegato da Baravalle, infatti, ci sono poi altri tipi di olio Assocanapa - alla diffusione dei prodotti a di seme di canapa più o meno amari o che base di canapa, è stata la scarsa disponibilità addirittura “grattano” in gola come certi ex- del prodotto e la diffidenza di alcuni rivenditori i quali temetra-vergine di oliva: vano che il teranche questi oli, che Circa 5 mila anni fa quest’olio veniva usato “canapa” sono assolutamente in Cina come rimedio contro le infiammazioni mine suggerisse controlli vergini e a norma, della pelle, ma anche come tonico, da parte delle forhanno degli estima- ricostituente, lassativo e infine per liberare i neonati dai vermi. ze dell’ordine. Come tori che li usano non ci ha raccontato la solo come integratoBaravalle, per la prima volta in Italia, nel ri, ma anche come condimento. Superata la fase iniziale di chi acquistava 2009, Assocanapa ha fatto spremere il seme i prodotti derivanti dalla canapa sperando per le semine rimasto invenduto dopo che il che facessero “sballare”, l’olio di semi di ca- Ministero della Salute, su parere favorevole napa oggi viene acquistato - come confer- del Consiglio Superiore di Sanità e dell’Istimano alcuni dei principali produttori e di- tuto Superiore di Sanità, ha riconosciuto il stributori in Italia da Emunà a Bottega della valore per la salute del seme di canapa e deCanapa fino ad Assocanapa - da un pubblico gli alimenti derivati. E recentemente, a fronattento e consapevole delle virtù del prodot- te dell’esplosione della domanda di prodotto to, spesso guidato anche dai consigli di me- italiano, ha cominciato a stipulare contratti dici, naturopati ed erboristi o dal passaparo- di coltivazione di canapa per la produzione di seme per alimenti. «Il successo dell’inila di amici. Se una gran parte dell’olio di semi di ziativa - ha sottolineato la Baravalle - è


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SALUTE

L’olio di semi di canapa nello svezzamento

FOTO: BOTTEGA DELLA CANAPA

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Le proprietà benefiche dell’olio di semi di canapa fanno sì che alcuni pediatri lo inseriscano nella dieta dei bambini sin dalla primissima infanzia, addirittura nella fase dello svezzamento. Marzio Barcella - barman famoso per i suoi drink a base di canapa realizzati all’interno del progetto Equilibrium Nutraceutica (sul cui sito sono disponibili le ricette dei cocktail) - sotto la costante guida del pediatra, ha inserito nel’alimentazione vegetariana del figlio di pochi mesi l’olio di semi di canapa. Fra le pappine, una delle ricette più apprezzate dal bimbo è la seguente: 2 cucchiai di passato di verdura; 250 ml di brodo delle stesse verdure; 2 cucchiaini di germe di grano; 1 cucchiaino di lievito alimentare non attivo; 1 cucchiaino di parmigiano reggiano; 1 cucchiaino di olio di canapa; 2 cucchiai di fagioli azuki o lenticchie rosse, crema di cereali biologica qb.

Riservato agli abbonati. Vuoi sapere come riceverlo? Ovviamente è fondamentale che gli ali- nell’alimentazione dell’olio di semi di catestimoniato dalla circostanza che, www.tekneco.it/ricevi-tekneco finora, non c’è stato un solo negozio che, ogni anno, non abbia aumentato le vendite degli oli» e delgli altri prodotti a base di canapa. L’OLIO DI SEMI DI CANAPA: I BENEFICI PER LA SALUTE

Ricco di preziosi elementi nutrizionali come gli acidi grassi essenziali polinsaturi (quali Omega 3, e 6) e i tocofenoli (vitamina E) “antiossidanti” naturali e di numerose altre vitamine e minerali, assieme agli altri prodotti a base di canapa, l’olio sta letteralmente invadendo le tavole di molti italiani quale “vaccino nutrizionale” - come l’ha definito la Dott.ssa Antonella Chiechi, endocrinologa (nella pubblicazione “Olio di Canapa nell’alimentazione”) - nella normale alimentazione quotidiana o sotto prescrizione medica, addirittura dalla primissima infanzia, su indicazione dei pediatri.

menti a base di canapa provengano da filiera controllata - evitando quindi prodotti di qualità scadente - e che vengano conservati in un ambiente fresco e al buio, al fine di evitare l’ossidazione e l’irrancidimento. In presenza di particolari patologie è poi sempre opportuno il consulto medico. L’olio di semi di canapa, ci ha spiegato il Dr Belotherkovsky, profondo conoscitore delle virtù di questo prodotto, «è un alimento naturale che possiede un gradevole gusto nocciolato che ne consente l’uso quotidiano per condire (a crudo, ndr) insalate, pasta ecc». Le quantità che si possono assumere giornalmente variano a seconda che l’utilizzatore sia un individuo sano o che presenti particolari patologie (in tal caso sarà importante seguire la dose prescritta). Le proprietà che spingono medici e nutrizionisti a consigliare l’introduzione

napa sono molteplici: dalla capacità antinfiammatoria all’innalzamento delle difese immunitarie, dall’abbassamento del colesterolo “cattivo” (LDL) e i trigliceridi - con la conseguente prevenzione (o riduzione) di arterioscleriosi o di altre malattie cardiovascolari - alla cura di una serie di malattie della pelle, solo per fare alcuni esempi. Hanno, inoltre, una funzione di prevenzione delle malattie autoimmuni, di diverse forme di dolore e di depressione, e - secondo alcuni studi - anche del diabete e dei tumori. ◆

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Ecologia

News Turismo più sostenibile a cominciare dai rifiuti Job in Tourism e Comieco presentano lo studio su 1.400 alberghi italiani: ne emerge che i clienti guardano sempre di più all’ambiente

di Gianni Parti

In occasione della Conferenza mondiale sull’ambiente di Rio de Janeiro dell’anno scorso, il Ministro del turismo del Brasile Gastao Vieira ha fatto notare come questo settore sia interconnesso con i sette principali temi in discussione al summit della Terra, vale a dire: occupazione, energia, città, cibo, acqua, oceani e disastri. Una connessione che, nelle parole del ministro, può essere un fattore di sviluppo sia per i paesi industrializzati che per quelli cosiddetti in via di sviluppo, molti dei quali, per la verità, hanno ormai intrapreso una rincorsa verso l’alto. E il turismo, appunto, potrebbe diventare un volano non indifferente di tutto questo; in particolare, Vieira ha sottolineato come la definizione stessa di competitività nel settore sia oggi strettamente connessa al raggiungimento dei tre obiettivi chiave, sviluppo sostenibile, inclusione sociale e conservazione della natura: «Non ci può essere crescita economica nel settore del turismo senza sostenibilità, senza conservazione delle risorse naturali e senza investimenti nelle politiche sociali». Non appaia una premessa eccessiva per presentare i dati dell’indagine condotta da Job in Tourism per Comieco, il Consorzio

nazionale recupero e riciclo degli imballaggi a base cellulosica. Ambiente, strutture turistiche e rifiuti, così come emergono dallo studio, appaiono come degli ecosistemi da guardare con attenzione cartone e circa il 50% di attuare la raccolta e orientare nella direzione della green eco- nelle zone comuni o all’interno degli uffinomy. Se si pensa che, secondo il rapporto ci delle strutture. Nove alberghi su dieci ri“Travel & Tourism Economic Impact 2012”, tengono utile la raccolta differenziata nelle redatto dal World Travel & Tourism Council, strutture ricettive e la maggior parte delle il contributo diretto al Pil italiano del settore strutture delle tre aree geografiche (63%) diviaggi e turismo nel 2011 è stato di 51,4 mi- mostra attenzione anche alla diminuzione liardi di euro, vale a dire il 3,3% del Pil na- nella produzione di rifiuti. Dalla ricerca emerzionale, si capisce ge, inoltre, una difquale occasione ci si fusa consapevolezza, presenti. «Non ci può essere crescita economica espressa da oltre il E così, su un cam- nel settore del turismo senza sostenibilità, 52% degli intervistapione di circa 1.400 senza conservazione delle risorse naturali e ti, del fatto che fare hotel, da quelli più senza investimenti nelle politiche sociali». una corretta raccolleggeri a due stelle a ta differenziata sia quelli più lussuosi a cinque, scelti su tutto il territorio nazionale, “molto importante” per migliorare la perceJob in Tourism e Comieco hanno fotografato zione dei clienti verso l’hotel. il livello di attenzione delle strutture alber- «Sostenibilità, impatto ambientale e gestioghiere nei confronti dell’ambiente dal punto ne dei rifiuti – ha spiegato Carlo Montalbetti, Direttore Generale di Comieco – rappresendi vista dei dipendenti. L’80% del campione, con percentuali omo- tano fattori di competitività sempre più genee nelle tre macroaree, ha dichiarato di importanti per il settore alberghiero. Prima effettuare la raccolta differenziata di carta e di prenotare, un ospite su tre raccoglie

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Tekneco Numero 12 | 2013

La presentazione del rapporto “Travel & Tourism Economic Impact 2012” (Foto: Comieco)

CONCORSO

Più carta in hotel

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Durante l’incontro di presentazione del rapporto di Job in Tourism per Comieco è stato annunciato il vincitore di “Più carta in hotel”, il contest creativo per la realizzazione di un innovativo set di cortesia per hotel in carta riciclata, che ha coinvolto gli studenti dell’Accademia della Comunicazione di Milano. Il premio è stato vinto dal team composto da Francesco Mendola, Giovanni Tramutola, Luca Tartarini e Michele Boscarino, che hanno ideato un innovativo green pack in cartone multistrato per ospitare a vista shampoo, bagnoschiuma, sapone e altri prodotti da bagno, oltre a un pratico porta blocco da camera, riutilizzabile come porta tablet. Proprio la multi funzionalità di questo set di cortesia ha convinto la giuria a decretarlo vincitore, quale migliore rappresentazione ecologica del concetto di riciclo e riuso in un’ottica di prevenzione e di preparazione ad un appuntamento per il settore alberghiero come EXPO 2015.

Riservato agli abbonati. responsabile del settore consumo e produzione dell’UNEP – come è spesso associato a un Vuoi sapere riceverlo? aumento dei costi per le imprese. Tuttavia, l’essenza dell’innovazione è quella di idenwww.tekneco.it/ricevi-tekneco

informazioni sulla sostenibilità della struttura ricettiva. In vista del grande appuntamento di EXPO 2015 è fondamentale agire sulla prevenzione, con azioni mirate come minimizzazione della produzione dei rifiuti, semplificazione della raccolta differenziata all’interno delle strutture, acquisto di prodotti in materiali riciclati e sensibilizzazione degli ospiti alle regole di una corretta raccolta differenziata». D’altronde le indicazioni per il mondo alberghiero e, più in generale, per quello turistico, emerse dal vertice mondiale della Terra di Rio+20 sono chiare a tutti i livelli: Alain Dupeyras, dirigente responsabile per il programma sul turismo dell’Ocse, ha spiegato che «un approccio più strategico per promuovere l’innovazione nel turismo verde richiederà una maggiore politica orizzontale e verticale di coordinamento, per esempio per migliorare l’accesso ai finanziamenti per il sostegno agli sforzi di innovazione verde per le piccole e medie imprese”. «Essere verdi – ha aggiunto Arab Hoballah,

tificare le opportunità e le soluzioni meno costose, separando la crescita del turismo dall’uso delle risorse e degli impatti ambientali e utilizzando le risorse stesse in modo più efficiente. L’innovazione verde nel settore del turismo è in grado di migliorare i modelli di business esistenti, portando risultati positivi per le imprese, per i clienti, le pubbliche amministrazioni e le comunità locali, attraverso la creazione di posti di lavoro e il miglioramento delle condizioni di vita». ◆

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Ecologia

News TRASPORTI

Auto, se è green piace di più Gli italiani apprezzano sempre più le auto ecologiche

Sarà che dell’auto proprio non sappiamo farne a meno e piuttosto che rinunciarvi cediamo al fascino dell’ecologico. O, ci piace pensarlo, sta evolvendo una coscienza green negli automobilisti del nostro Paese. Fatto sta che siamo sempre più propensi ad acquistare un’auto verde. Lo rivela una ricerca dell’Osservatorio Linear dei Servizi, che spiega come gli italiani diano sempre più importanza ad un trasporto “sostenibile”: ben quasi 4 intervistati su 10 (38%), hanno dichiarato che in caso di acquisto di nuova automobile sceglieranno certamente quelle a basso impatto ambientale, oppure la più economica ma salutare bicicletta (nel 2012 sono stati immatricolati 1.400.000 veicoli contro 1.650.000 biciclette). Rimane il dilemma della scelta: elettrica? A

CLIMA

gas? «In particolare - leggiamo - chi ancora non ha deciso, ha tuttavia dichiarato di prenderne in considerazione l’acquisto: si parla addirittura di un italiano su 2 (48%). In particolare il 38% opterebbe per un’auto ibrida, il 24% degli intervistati la sceglierebbe a gpl, un 18% a metano mentre un 16% indica la soluzione elettrica». E allora, via all’autosalone! Se non fosse che l’italiano medio rilevato dall’indagine rimane ancora critico verso l’alto costo delle automobili verdi: il 30% afferma, infatti, che sono, sì, la migliore risposta contro l’inquinamento e un altro 58% non ha dubbi che si tratti del futuro della mobilità, ma ad oggi la tecnologia non è ancora abbastanza sviluppata. Il 50% addirittura ritiene i veicoli a basso impatto ambientale troppo cari e non

accessibili a chiunque. Come dire che i dati dell’indagine effettivamente ci rappresentano una vera e propria inversione di tendenza, tutta a vantaggio di una mobilità più sostenibile, e che gli italiani vorrebbero vedere concretizzarsi anche a livello di mezzi pubblici a disposizione: 7 intervistati su dieci (il 72%) ne vorrebbero decisamente di più in circolazione nelle nostre città, secondo il 44% degli intervistati sono la miglior soluzione per inquinare di meno, mentre un 35% li vorrebbe per risparmiare sui costi del carburante.

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Caldo: un anno da record In attesa di conoscere come andrà il 2013, l’Ispra diffonde i dati dell’anno passato

+1.31/°C ▶ la differenza di temperatura nel 2012 rispetto alla norma

Aspettando di vedere come si comporterà l’estate 2013, cominciata con molto ritardo e molte titubanze, nel frattempo l’Ispra ha fornito i dati definitivi sull’anno passato: Il 2012 è stato nettamente più caldo rispetto alla media climatologica italiana, tanto da collocarsi al quarto posto nell’intera serie dal 1961 al 2012. Non solo, ma è stato anche il ventunesimo anno consecutivo in cui la media della temperatura è stata più alta della norma (+1.31/°C). Dall’VIII rapporto Ispra “Gli indicatori del clima in Italia” apprendiamo, quindi, che gli anni più caldi dell’ultimo mezzo secolo sono stati il 1994, il 2000, il 2003 e, appunto, il 2012.

Più calde anche le notti, tant’è che in questa “categoria” il 2012 si guadagna il secondo posto dopo il 2003 in numero di nottate per così dire “tropicali”. Quest’anno, per il momento, è stato più fresco, ma con una primavera devastante per la natura e le attività agricole e chissà cosa penseranno bagnanti e strutture turistiche di questo “fresco”. Gli effetti del clima che cambia sono anche questi: il tempo è sempre più imprevedibile.

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FOTO: FIERABOLZANO S.P.A

Speciale Fiere

Klimaenergy 19-21 settembre 2013 Bolzano Klimamobility 19-21 settembre 2013 Bolzano Klimahouse Umbria 18-20 ottobre 2013 Bastia Umbra (PG)


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Speciale Fiere

Una Fiera al crocevia d’Europa

FOTO: FIERABOLZANO S.P.A.

Fiera Bolzano e il marchio “Klima” al centro di eventi fieristici in tutta Italia, come snodo fra il nord e il sud del continente. Prossime tappe KlimaHouse Umbria, KlimaEnergy e KlimaMobility


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Tekneco Numero 12 | 2013

di Sergio Ferraris

C

on la crisi e la transizione energetica non c’è settore che non sia soggetto a cambiamenti, anche radicali. Il settore fieristico, ovviamente, non può essere esente da questi cambiamenti, ma anzi deve capirli e guidarli. Abbiamo parlato di queste questioni, specialmente per quanto riguarda efficienza ed energia, con il direttore di KlimaHouse, Reinhold Marsoner. Quale è la situazione oggi, giunti al quinto anno di crisi? «All’interno della crisi congiunturale di oggi sono pochi i settori che reggono e tra questi ci sono quello dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili. Si tratta di una tenuta dovuta agli obiettivi europei del 20-20-20 al 2020 e agli incentivi che sono stati da poco rinnovati. Mentre il comparto dell’edilizia in generale è in crisi, quella sostenibile tiene in tutta Italia e, specialmente, in Trentino Alto Adige, dove queste buone pratiche sono diffuse da tempo. Più in generale, per quanto riguarda le imprese dobbiamo dire che ormai dal 2010 i segnali di crisi sono evidenti. Sono parecchie le aziende da noi interpellate che ci rispondono di non poter partecipare alle nostre iniziative per problemi legati alla liquidità». Oggi é cambiato qualcosa nell’atteggiamento degli utenti, come cittadini e professionisti? «Ora c’è una maggiore diversificazione nelle richieste. Non è più sufficiente parlare d’edilizia, oggi bisogna dare anche maggiore informazione e formazione. Si tratta di richieste che arrivano specialmente dai cittadini che sono sempre più sensibili sia alle tematiche della sostenibilità, sia a quelle del risparmio energetico. Anche gli operatori professionali, inoltre, avanzano richieste più specifiche, perché l’edilizia sostenibile è sempre più vista come una forte leva di

Oggi bisogna dare anche maggiore informazione e formazione. Si tratta di richieste che arrivano specialmente dai cittadini che sono sempre più sensibili sia alle tematiche della sostenibilità, sia a quelle del risparmio energetico.

Reinhold Marsoner

mercato, indispensabile per attraversare questi momenti di crisi». In questo quadro qual è il vostro ruolo come KlimaHouse? «Noi, come KlimaHouse, abbiamo un ruolo di cardine, di snodo tra l’Europa del Nord e quella del Sud. É questa la nostra vocazione e assolviamo a ciò creando un’offerta fieristica diversa e per certi versi unica, nella quale coniughiamo prodotti nuovi e innovativi, nuove tecnologie e una ricca parte informativa e formativa, fatta di visite sul campo, di appuntamenti convegnistici e occasioni d’incontro ad hoc».

Quindi come agite? Avete nuove iniziative? «La nostra logica è quella di realizzare manifestazioni itineranti per portare gli operatori in aree geografiche nelle quali si forma il mercato. Con questa visione abbiamo creato Klimahouse Umbria e Klimahouse Puglia, mentre, per quanto riguarda i segmenti produttivi, se vediamo che c’è richiesta verifichiamo la possibilità di organizzare appuntamenti fieristici tematici, come per esempio Klimaenergy, Klimamobilty e Klimainfisso che forse è l’innovazione più forte che abbiamo realizzato negli ultimi tempi, creando un appuntamento fieristico ad hoc su una componente importante del segmento dell’efficienza energetica come gli infissi. Per quanto riguarda le nuove iniziative ci stiamo pensando, ma è prematuro entrare nei dettagli. Posso dire, comunque, che stiamo vagliando le possibilità di aprire con nuove fiere in altre aree geografiche, oltre a quelle che già copriamo. Comunque, siamo sempre molto attenti al rapporto con le associazioni di categoria che sono essenziali per il successo di un’iniziativa fieristica e che vengono sempre coinvolte in ogni innovazione che introduciamo». Che rapporto avete con internet? «Dieci anni fa il mondo fieristico temeva che internet potesse sostituire le fiere, ma ciò non è successo, perché il contatto umano e la necessità d’incontrarsi di persona sono e rimarranno fondamentali. Oggi, nonostante la diffusione e la pervasività di internet, nessuno nel circuito fieristico pensa ancora che la rete sia un pericolo, anzi, al contrario, la sfida da parte nostra oggi è quella di sfruttare internet e specialmente i social network per comunicare ancora meglio». ◆ LEGGI questo articolo anche sul sito di Tekneco: www.tekneco.it/1231


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Speciale Fiere

Klimahouse Umbria: il tour della sostenibilità di Sergio Ferraris

Il successo della precedente edizione, con 120 espositori e 5.500 visitatori, conferma il progetto della fiera umbra, parente stretta della kermesse pugliese In un momento cruciale per il nostro Paese, stretto tra la necessità di una ripresa dalla crisi che stenta a decollare e il bisogno di abbassare i costi, compresi quelli energetici, per recuperare competitività torna a Bastia Umbra, in provincia di Perugia per il quinto anno consecutivo, Klimahouse Umbria che sarà in programma a Umbria Fiere da venerdì 18 ottobre a domenica 20 ottobre 2013. Per tutti e tre i giorni la fiera spalancherà le porte a imprenditori edili, architetti, ingegneri, geometri, amministratori pubblici e anche ai privati. La scelta di confermare l’appuntamento umbro di Klimahouse nasce dagli eccellenti risultati ottenuti in occasione dell’edizione 2012. I visitatori sono stati oltre 5.500 e gli espositori 120, ma è il dato qualitativo quello che ha caratterizzato la manifestazione. Fiera Bolzano, infatti, ha svolto durante l’edizione 2012 un’indagine su un campione di 354 visitatori dalla quale emerge che il grado di gradimento della manifestazione è stato alto. Il 72,3% ha valutato la manifestazione da

“molto buona” 13,3% a “buona” 59%, il 20,9% la ha valutata “soddisfacente” e solamente un 5,9% non si è espresso positivamente. Questo dato è stato confermato anche dalla volontà di tornare, per l’edizione 2013, da parte di molti visitatori. Si sono espressi in questo senso ben l’87,6% del campione e Klimahouse Umbria si è anche distinta come una delle manifestazioni più attrattive per il centro Italia. I visitatori giunti dall’Umbria sono stati il 56,5%, dal Lazio il 14,4%, dalla Toscana l’11,3%, dalle Marche il 9,3%, dall’Emilia Romagna il 3,1%, e dall’Abruzzo l’1,7%. Il programma degli eventi collaterali dell’edizione 2012 è stato molto apprezzato. Ben 1.300 persone, infatti, hanno partecipato ai convegni, alle presentazioni e alle visite guidate a due realizzazioni energeticamente efficienti presenti sul territorio umbro. Con questi risultati, Klimahouse Umbria, afferma ancora una volta la sua posizione di rilievo nel panorama delle manifestazioni italiane dedicate all’edilizia ecosostenibile. I tre giorni d’esposizione saranno affiancati

da congressi, visite guidate e diversi momenti d’incontro tra professionisti e privati con il denominatore comune dell’edilizia ecosostenibile in una Regione come l’Umbria che ha varato da poco il marchio “Green heart quality”, primo nel suo genere in Italia, creato per contraddistinguere le eccellenze ecologiche del territorio, valorizzandolo in direzione di una sempre maggiore sostenibilità. Questo progetto di certificazione “green”, voluto dalla Regione Umbria, intende coinvolgere le imprese e le aziende che operano nel settore agro-turistico, ma anche l’amministrazione pubblica, dai comuni alle scuole, affinché adottino ogni tipo di misura che serva a ridurre, ad esempio, le emissioni di CO₂, ad aumentare l’efficienza energetica e a sviluppare l’utilizzo di fonti rinnovabili. Il marchio “Green heart quality” sarà concesso dopo un’attenta verifica di una serie di parametri da parte della Green Innovation srl, società umbra che ha realizzato il marchio e che ne curerà la gestione. È in questo contesto, quindi, che si colloca la quinta edizione di Klimahouse Umbria ,una delle due versioni itineranti, l’altra è Klimahouse Puglia, della rassegna Klimahouse che si svolge ogni anno a Bolzano, proponendo l’esposizione dei prodotti e dei


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5.500

▶ Visitatori nell’edizione 2012

TOUR

Case da vedere e da toccare

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UMBRIA

Completano la manifestazione tre tour guidati, durante i quali si potranno “toccare” con mano alcune realizzazioni di edilizia sostenibile. La prima si svolgerà venerdì, 18 ottobre 2013 - ore 15.00 e riguarderà un edificio residenziale quadrifamiliare in Classe A a Bastia Umbra (PG) realizzato dall’impresa Gallano Srl. Il secondo si svolgerà sabato, 19 ottobre 2013 - ore 11.00 e porterà i visitatori a vedere un edificio residenziale - CasaClima (classe A) a Magione (PG), mentre il terzo si svolgerà sabato - ore 15.00 e riguarderà un edificio residenziale CasaClima (classe A) a Marsciano (PG). Il prezzo per ogni tour è di € 25,00 e comprende il viaggio in pullman e un biglietto per la visita della fiera. Il tour non si terrà in caso di adesioni minori a 10 persone.

sistemi più innovativi nell’ambito dell’edilizia sostenibile. Venerdì 18 e sabato 19 la fiera sarà aperta a imprenditori edili, architetti, ingegneri, geometri e amministratori pubblici, mentre domenica 20 ottobre la manifestazione si rivolge anche ai privati. Bastia è stata confermata anche quest’anno come location di Klimahouse Umbria, grazie alla condivisione della Provincia altoatesina con la Regione Umbria di una politica concreta in tema di sostenibilità in edilizia che contempla la salvaguardia, la tutela e la valorizzazione dell’ambiente attraverso l’uso oculato e responsabile delle risorse naturali, con particolare riguardo a tutto ciò che ruota attorno all’edilizia innovativa e sostenibile, partendo dalle tecniche costruttive, per approdare alle fonti d’energia rinnovabili. L’edizione Umbra si affianca all’appuntamento annuale di Klimahouse a Bolzano, che ogni anno richiama oltre 40mila visitatori specializzati, e all’edizione itinerante in Puglia espressamente rivolta al mercato del Sud Italia e proposta sotto forma di mostraconvegno, che lo scorso marzo, al suo debutto, ha richiamato 2.300 operatori di settore.◆

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Perugia Magione Bastia Umbra Marsciano

BASTIA UMBRA

Un Comune sempre più green

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Anche l’Umbria ha conosciuto la crisi del settore edilizio ed è conscia che risolvere la crisi economica significa risolvere anche quella ambientale. Cominciando, appunto, da un modo nuovo di costruire e curare il patrimonio edilizio, migliorandone, per esempio, le prestazioni energetiche. «È bene dirigersi verso questa tipologia costruttiva se vogliamo superare la crisi – spiega Lazzaro Bogliari, presidente di Umbriafiere che ospiterà questa edizione di Klimahouse –. È un modo per far rivivere il mercato edilizio e vogliamo far capire l’importanza del risparmio energetico e incitare le attività a reagire puntando sulla qualità, proprio qui dove si parla di futuro e si fa un’operazione culturale il centro Umbriafiere è una struttura che rappresenta un’eccellenza per l’Umbria perché ne promuove territorio e attività economiche». «Siamo soddisfatti – ha continuato Bogliari – del rapporto con le Istituzioni con le quali stiamo portando avanti un progetto di nuovi investimenti». Non è un caso se poi proprio il comune di Bastia quest’estate abbia sottoscritto un protocollo col Ministero dell’ambiente per analizzare e ridurre l’impatto sul clima causato dai servizi offerti alla cittadinanza. Un accordo, come ha spiegato il sindaco Stefano Ansideri, «in linea con la nostra consolidata attenzione agli interventi orientati ad un corretto e possibile sviluppo sostenibile. Non bisogna infatti dimenticare che Bastia Umbra adotterà presto un Piano energetico ed ambientale comunale, strumento necessario anche ai fini della pianificazione urbanistica generale». In questo ottica molti delle iniziative di Klimahouse Umbria acquisteranno un valore ulteriore agli occhi dei cittadini. Come ha promesso Paolo Cornacchini, presidente di CasaClima Network, saranno offerte «giornate di consulenza gratuita al pubblico. In questo periodo bisogna puntare ad un nuovo standard di qualità che per l’Europa del 2020 sarà obbligatorio: tutti i nuovi edifici saranno ad energia quasi a zero».


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Speciale Fiere

Il clima di casa arriva in Umbria di Sergio Ferraris

A giugno sono state raggiunte le 5000 certificazioni CasaClima e adesso il Network arriva anche in Umbria

P

ur essendo la costruzione di nuove case secondo lo standard CasaClima una realtà molto importante, oggi sempre di più le richieste di certificazione energetica CasaClima riguardano interventi di risanamento energetico. Il patrimonio edilizio nazionale è costituito, per quanto riguarda il settore residenziale, per almeno i 2/3 da abitazioni costruite prima della legge 373 del 1976 sul contenimento dei consumi energetici, quindi caratterizzato da elevati consumi per la climatizzazione. Anche l’edilizia costruita successivamente a tale periodo presenta, nel complesso, standard energetici molto bassi. La mancanza o spessori insufficienti di isolamento termico, e l’approvvigionamento quasi esclusivo da fonti energetiche fossili rendono tali edifici non più sostenibili, né dal punto di vista economico, per gli alti costi di gestione, né dal punto di vista ambientale, per le elevate emissioni di CO₂. Grazie alle tecnologie attualmente disponibili sono possibili risparmi energetici fino ad oltre l’80% rispetto alla situazione degli edifici prima dell’intervento di risanamento. Risanare energeticamente un edificio consente contemporaneamente di adeguare la costruzione alle nuove

esigenze degli abitanti in termini di spazio e di comfort. Presupposto per l’efficiente isolamento termico di un edificio è l’impiego di sistemi di isolamento appropriati, materiali adatti e spessori ottimali degli stessi. Solo la scelta della combinazione corretta fra i singoli componenti e una buona qualità dell’esecuzione in cantiere potranno garantire il successo nel risanamento. Si ridurranno così le perdite di calore e saranno evitati danni alla costruzione. La certificazione CasaClima, con un elevato standard di qualità costruttiva, sia in fase progettuale, sia in fase costruttiva, viene scelta sempre di più dai committenti che vogliono trasformare la propria vecchia abitazione in un edificio moderno e confortevole. Si tratta di una certificazione che ha avuto un grande successo. È del giugno 2013 il raggiungimento del traguardo delle 5000 certificazioni da parte di CasaClima. Ma la certificazione non basta. È necessario, infatti, informare gli utenti finali circa le potenzialità, i vantaggi e le problematiche della ristrutturazione energetica degli edifici. Per questo motivo, in occasione di Klimahouse Umbria 2013, CasaClima presenta una serie di iniziative che uniscono la formazione, l’educazione ambientale

e l’informazione sulla sostenibilità e che mirano a coinvolgere una grande platea di soggetti. ARRIVA IL CASACLIMA NETWORK UMBRIA

L’Associazione “CasaClima Network UMBRIA” è un’organizzazione di pubblica utilità, indipendente, senza scopo di lucro che vuole diffondere la cultura della sostenibilità nel costruire ed è composta da tecnici professionisti operanti nel settore dell’edilizia, che hanno seguito i corsi di formazione CasaClima, da Associazioni di Categoria e Pubbliche Amministrazioni che hanno sottoscritto il Manifesto per la Sostenibilità mostrandosi aperti a un nuovo modello di sviluppo, da Aziende produttrici in grado di fornire prodotti innovativi eco-compatibili che rendono concretamente possibile il progetto. L’Associazione è membro della federazione “CasaClima Network Italia”, un insieme di Associazioni regionali impegnate a diffondere il modello che in Alto Adige ha avuto un grande successo. Scopo dell’Associazione è informare e sensibilizzare sull’uso efficiente dell’energia, sull’utilizzo di energie rinnovabili, nel rispetto dell´ambiente e del clima, operando tanto nel settore delle nuove


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Tekneco Numero 12 | 2013

Il progetto di riqualificazione dell’ex area industriale di Bastia Umbra (Fonte: Fiera Bolzano Spa)

APPUNTAMENTI

Le iniziative di CasaClima a Klimahouse Umbria

costruzioni, quanto nell’attività di riqualificazione e ristrutturazione di edifici già esistenti; promuovere sul territorio un nuovo modo di pensare, costruire e abitare gli edifici, cercando di coinvolgere attraverso l’organizzazione di eventi formativi, di manifestazioni informative e di iniziative mirate, tutti i protagonisti del processo edilizio: committenti, progettisti, aziende, imprese costruttrici, Pubbliche Amministrazioni, ben consapevoli del fatto che solo attraverso un’azione congiunta di operatori qualificati potranno raggiungere determinati obiettivi. «L’intento è di offrire al nostro territorio nuove opportunità di sviluppo economico, qualificare e far crescere tecnici, imprese e aziende locali, coniugare innovazione e tradizione, costituire un punto di riferimento culturale e tecnico per tutti coloro che vogliono operare secondo uno standard di qualità elevato, opportunamente verificato in fase progettuale e di cantiere». afferma Il Presidente di CasaClima Network UMBRIA, Architetto Paolo Cornacchini. ◆ LEGGI questo articolo anche sul sito di Tekneco: www.tekneco.it/1233

Mostra “La mia CasaClima” Raccolta dei disegni realizzati dei bambini nell’ambito del concorso “La mia casetta CasaClima” Mostra “La Casa Perfetta” Gli errori da evitare, esposizione di modelli con esempi pratici di errori da evitare nella costruzione di una CasaClima Convegno Agenzia CasaClima Venerdì 18 ottobre 2013, ore 14.00 - 17.30 Organizzazione: Agenzia CasaClima in collaborazione con Fiera Bolzano Convegno CasaClima Network Umbria “Le CaseClima Umbre – Realizzazioni” Domenica 20 ottobre 2013, ore 14.30 - 16.30 Organizzazione: CasaClima Network Umbria Giornate di consulenza gratuite — Gli esperti a Vostra disposizione! Quest’anno, per la prima volta, in occasione di Klimahouse Umbria, il CasaClima Network Umbria propone due “giornate della consulenza”, un’iniziativa rivolta all’utente finale e alle famiglie, attraverso la quale è possibile conoscere più da vicino il percorso di qualità CasaClima. Consulenti esperti CasaClima saranno a disposizione per un colloquio personale e gratuito su temi inerenti l’edilizia sostenibile e il risanamento, in cui sarà possibile seguire interventi tecnici e chiedere direttamente ai tecnici consulenza sugli interventi energetici. Quando: sabato 19 ottobre e domenica 20 ottobre 2013 Dove: presso il padiglione espositivo - Pad. 9 Organizzatore: CasaClima Network Umbria


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Speciale Fiere

KLIMAENERGY & KLIMAMOBILITY

Efficienza energetica, la strada è tracciata

La riduzione dei consumi rappresenta la maggiore arma a disposizione dell’Ue per raggiungere gli obiettivi al 2050

di Gianluigi Torchiani

I

n una fase in cui lo sviluppo delle rinnovabili appare meno travolgente di quello dei recenti anni passati, il mondo dell’energia sembra aver concentrato la grande maggioranza delle sue attenzioni verso l’efficienza. La diminuzione strutturale dei consumi (non legata quindi all’attuale crisi economica) è, infatti, diventata la protagonista assoluta di convegni specialistici, iniziative commerciali delle aziende e proposte di legge. Persino la stessa implementazione delle fonti pulite (solare in particolare) viene quasi sempre ricompresa dalle aziende proponenti in un’ottica di efficientamento complessivo del fabbisogno domestico o aziendale. Non a caso l’efficienza energetica sarà uno dei temi principali della prossima edizione di Klimaenergy, la manifestazione fieristica sulle nuove energie in programma a Bolzano dal 19 al 21 settembre 2013. L’efficienza è stata anche al centro dell’attenzione dei mass media generalisti nel caso del recente provvedimento governativo sugli ecobonus. Il 30 giugno 2013, infatti, sarebbero scadute le detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica (55%) e per le ristrutturazioni edilizie (50%); a inizio giugno, invece, il Governo Letta ha deciso di prorogare entrambi gli sgravi sino a fine anno (sino al 31 dicembre 2014 per i condomini) e di innalzare la percentuale di detrazione al 65% per quanto riguarda la riqualificazione energetica vera e propria. Il provvedimento

è stato valutato complessivamente come un buon sostegno all’efficienza, anche se non mancano i punti deboli, il principale dei quali è la mancata stabilizzazione dello sgravio fiscale, a differenza di quanto richiesto dalle associazioni del settore. Una mancanza poco spiegabile, considerato che tutti gli studi indicano come il costo delle detrazioni per lo Stato sia praticamente nullo, grazie ai maggiori introiti derivanti (maggiori incassi Iva, emersione del nero, ecc.). Inoltre, al momento in cui scriviamo (a pochi giorni dal varo del provvedimento), dal testo risultano escluse due tecnologie in grado di assicurare consistenti risparmi energetici, ossia le pompe di calore e la geotermia. In ogni caso, a prescindere dai difetti, il Decreto ecobonus ha mostrato la rinnovata attenzione del Legislatore verso l’efficienza energetica. LA ROADMAP 2050

Una politica che, ovviamente, non è solo italiana ma anche europea, come ribadito dalla Energy Roadmap 2050, il documento (approvato nel marzo 2013 dall’Europarlamento) che delinea il futuro a lungo termine delle strategie energetiche del Vecchio Continente. Nella Roadmap si evidenzia come il miglioramento dell’efficienza e i risparmi assumeranno un ruolo fondamentale nella trasformazione del sistema energetico. «L’efficienza, se correttamente applicata, costituisce un modo conveniente

affinché l’Ue possa realizzare i suoi obiettivi a lungo termine in materia di risparmio energetico, cambiamenti climatici e sicurezza economica ed energetica (…). La transizione verso un’economia più efficiente sotto il profilo energetico può accelerare la diffusione di soluzioni tecnologiche innovative, ridurre le importazioni di combustibili fossili e migliorare la competitività e la crescita industriale dell’Unione», si legge nel documento. Per raggiungere, perciò, gli ambiziosi obiettivi in materia di decarbonizzazione (80% in meno di emissioni al 2050), rispetto ai picchi del 2005-2006, la domanda di energia primaria del Vecchio Continente si dovrà ridurre tra il 16% e il 20% entro il 2030 e tra il 32% e il 41% entro il 2050. A questo scopo sono numerose le raccomandazioni rivolte agli Stati membri; innanzitutto intensificare gli sforzi per dare piena attuazione alla direttiva sull’efficienza energetica di recente adozione (dicembre 2012) e avviare


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Tekneco Numero 12 | 2013

32-41 %

▶ La soglia di riduzione di domanda di energia in Europa entro il 2050

Klimaenergy 2012 (Fonte: Fiera Bolzano Spa)

campagne di sensibilizzazione integrate nei dovranno adottare strategie di ristrutturaprogrammi scolastici nazionali. La riduzio- zione edilizia ambiziose e a lungo termine, ne dei consumi, secondo l’Ue, deve interes- come richiesto dalla direttiva sull’efficienza sare l’intera catena della domanda e dell’of- energetica. L’obiettivo finale delineato della ferta di energia, compresa la trasformazione, Roadmap è che nel 2050 gli stabili a enerla trasmissione, la distribuzione e l’approv- gia quasi zero diventino la norma. A facilitare questo compito vigionamento, come ci sarà l’introduziopure il consumo in- Notevoli progressi in termini di efficienza dustriale, domesti- potranno essere conseguiti grazie a interventi ne di tecnologie di nuova generazione co e degli edifici. La sulle risorse correlate al consumo di energia, ristrutturazione del quali il riciclaggio, la produzione snella (“lean come gli smart memanufacturing”) e dalla maggiore durata di ter e l’automazione, patrimonio immo- vita dei prodotti che dovrebbero perbiliare esistente, in mettere ai consuparticolare, è ritenuta un’arma enorme di potenziale rispar- matori di esercitare un maggiore controllo mio energetico: gli attuali tassi e qualità di sui propri modelli di consumo domestico. rinnovo degli edifici devono essere sostan- Ma l’edilizia non è l’unico ambito d’azione: zialmente incrementati al fine di consen- i prodotti di consumo e gli elettrodomestici tire all’Ue di ridurre significativamente il dovranno soddisfare gli standard più elevati fabbisogno di energia del parco immobilia- di efficienza energetica; anche nel settore dei re esistente dell’80% entro il 2050 rispetto trasporti saranno necessari veicoli efficienti ai livelli del 2010. Gli Stati membri, perciò, e incentivi per modificare i comportamenti

tradizionali. Notevoli progressi in termini di efficienza potranno essere conseguiti grazie a interventi sulle risorse correlate al consumo di energia, quali il riciclaggio, la produzione snella (“lean manufacturing”) e dalla maggiore durata di vita dei prodotti. In ogni caso, gli investimenti delle famiglie e delle imprese dovranno svolgere un ruolo importante nella trasformazione del sistema energetico. Saranno perciò necessari incentivi per modificare i comportamenti, in forma di imposte, sovvenzioni o consulenza, oltre che veri e propri sussidi monetari tramite prezzi dell’energia che tengano conto dei costi esterni. I vantaggi non saranno soltanto ambientali: considerato che un aumento dei costi dell’energia è dato per scontato dalla Roadmap (per l’ascesa dei prezzi delle risorse fossili ma anche per i costi correlati allo sviluppo delle rinnovabili) l’efficienza energetica potrà rappresentare un’ancora di salvezza per i bilanci di famiglie e imprese europee. ◆

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Speciale Fiere

KLIMAENERGY & KLIMAMOBILITY

Per il futuro dell’auto elettrica servono politiche combinate

Secondo Pietro Menga, presidente del Cives, la diffusione delle colonnine di ricarica non basta a lanciare il mercato delle auto a batteria

di Gianluigi Torchiani

La risposta più affascinante e, probabilmen- limitati, in assenza di una forte richiesta da te, anche più convincente da un punto di parte del mercato. Detto in estrema sintevista teorico all’inquinamento prodotto dal si, c’è l’offerta ma non la domanda», spiega settore autotrazione, si chiama auto elet- Menga. Secondo l’esperto, quello che frena trica: dopo le discussioni sostanzialmen- in questa fase una reale diffusione dell’auto te astratte tra addetti ai lavori dei decenni elettrica è la mancanza di una visione comscorsi, negli ultimi anni il mercato ha sen- plessiva. Il dibattito e l’attenzione dei mass za dubbio conosciuto una fase di fermento, media, in effetti, è quasi sempre concentrato soprattutto per effetto del concreto interes- sulle colonnine di ricarica, perché si presusamento di alcune tra le principali case au- me che se queste apparecchiature fossero tomobilistiche mondiali, con tanto di vettu- capillarmente diffuse sul territorio nazionare a batteria regolarmente messe a listino. le gli automobilisti sarebbero più invogliati Alcune di queste saranno protagoniste an- all’acquisto. «Sicuramente l’infrastruttura di che della manifestazione Klimamobility ricarica, ossia le colonnine, rappresenta una 2013, in programma a Bolzano dal 19 al 21 set- componente essenziale per il funzionamentembre. Però, come conferma Pietro Menga, to del sistema auto elettrica, ma non di per presidente del CIVES (Commissione italiana sé sufficiente a motivare il mercato in misuveicoli elettrici stradali), al momento non ra sostanziale – puntualizza Menga - . Basti vediamo certo le nostre strade affollate da pensare al fatto che In Italia ci sono 1.300 colonnine pubbliche, auto elettriche; anzi, in Francia non molsostanzialmente, se La somma di incentivi, infrastrutture te di più, circa 1.700. ne notano in giro e politiche per la mobilità potrebbe favorire Eppure negli ultimi ancora molto po- più concretamente la trazione elettrica. due anni Oltralpe che. «Senza dubbio Complessivamente sono stati messi a disposizione circa 120 milioni di euro sono stati venduti alcuni grandi ope- in 4 anni, di cui solo 5 milioni quest’anno circa 10.000 veicoli ratori dell’industria riservati ai veicoli elettrici. elettrici, da noi solo dell’automobile crequalche centinaio. dono in questa tecnologia e ci hanno investito notevolmente, La differenza è determinata dal più efficaquindi oggi possiamo contare sulla presen- ce sistema di incentivazione francese». Dal za sul mercato di alcuni prodotti di valore. momento che le auto elettriche costano di Il punto fondamentale è che, però, i prez- più di quelle tradizionali, occorrerebbe comzi sono e restano alti perché i volumi sono pensare il differenziale di prezzo. Inoltre si

dovrebbero varare delle misure che riescano a rendere più accattivante l’utilizzo di questo prodotto: ad esempio la possibilità di entrare nelle ZTL o di parcheggiare nelle strisce blu dei centri storici; in parole povere, occorrerebbe avviare una serie di politiche urbane integrate per favorire questo mezzo alternativo di mobilità. «La somma di incentivi, infrastrutture e politiche per la mobilità potrebbe favorire più concretamente la trazione elettrica, ma per ora, spesso, questi tre aspetti viaggiano in maniera un po’ disgiunta e questo spiega le difficoltà attuali - riassume Menga -. L’Italia, a dire il vero, nel marzo di quest’anno ha finalmente reso operativo un sistema di incentivazione per spingere la diffusione i veicoli a bassa emissione di CO₂, ma se si tirano le somme i benefici per l’auto elettrica sono pochi. Complessivamente sono stati messi a disposizione circa 120 milioni di euro in 4 anni, di cui solo 5 milioni quest’anno riservati ai veicoli elettrici. Ci aspettiamo perciò vendite per poche migliaia di unità». Nonostante questi problemi che ne frenano lo sviluppo, non solo le imprese automobilistiche guardano con attenzione al settore ma anche quelle energetiche, che potrebbero trarre giovamento da una diffusione della mobilità elettrica che, in linea di principio, dovrebbe garantire una maggiore vendita di energia e, dunque, anche più introiti. Ma secondo l’esperto del CIVES anche una penetrazione


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Tekneco Numero 12 | 2013

1.300

▶ Le colonnine pubbliche per la ricarica delle auto elettriche in Italia

Test drive di una Peugeot iOn a Klimamobility 2012 (Fonte: Fiera Bolzano Spa)

molto forte, nell’ordine di 3-4 milioni di veicoli nella Penisola (ipotesi attualmente lontanissima) porterebbe a un incremento dei consumi appena del 2-3%. La presenza delle auto elettriche, comunque, si sposerebbe molto bene con l’evoluzione a cui sta andando incontro il mondo dell’energia e delle “smart-grid”, le reti elettriche intelligenti, perché le batterie delle auto diventerebbero una sorta di mini soluzione di accumulo collegata alle reti, che aiuterebbe l’intero sistema a far fronte ai picchi del fabbisogno e alle oscillazioni delle energie intermittenti. Perché questo scenario si realizzi, però, servono numeri diversi rispetto a quelli attuali e la bilancia, al momento, sembra pendere dalla parte delle altre forme di mobilità (tradizionale, metano, ecc..) che sono meno costose. «Resta comunque il fatto che nessuna delle alternative presenta i vantaggi potenziali dell’auto elettrica da un punto di vista ambientale: siamo già ad almeno il 30/40% di CO₂ in meno rispetto ai veicoli normali e si potrebbe migliorare ancora; inoltre, le

emissioni locali nel punto di utilizzo sono del tutto assenti. Qualcuno contesta il fatto che l’elettricità consumata dalle vetture sia prodotta da fonti fossili, azzerando così il vantaggio ambientale teorico ma, in realtà, questi studi prendono come riferimento quei Paesi che utilizzano solo fonti inquinanti per il proprio approvvigionamento energetico. Come la Polonia, ad esempio, che al momento impiega praticamente soltanto carbone come combustibile di generazione; in quelle condizioni è chiaro che i vantaggi delle auto elettriche sono pochissimi da un punto di vista delle emissioni. In un Paese come l’Italia, invece, il discorso è profondamente diverso», puntualizza Menga. Il vantaggio ambientale costituisce proprio l’arma che dovrebbe permettere all’auto elettrica di affermarsi definitivamente: «Quello che potrà smuovere la situazione è il vincolo stabilito dell’Ue che prevede che entro il 2020 l’industria automobilistica del Vecchio Continente debba mettere in vendita auto con emissioni media di 95 grammi di CO₂

al km, pena multe salatissime. Per ottenere questi risultati bisognerà necessariamente mettere in commercio anche una quota di auto elettriche, a meno di commercializzare solo veicoli di taglia molto piccola. Io mi aspetto, dunque, che alla lunga l’auto elettrica si imponga: al 2020 il 10% delle vetture vendute potrebbe realisticamente essere elettrico», conclude l’esperto del CIVES. ◆

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SHOP

La turbina eolica super efficiente di Ge

I rooftop di piccola taglia Clivet

Led dai prezzi competitivi per Panasonic Panasonic, il terzo produttore al mondo nel settore dell’illuminazione, ha recentemente presentato la sua nuova serie di lampadine Led dedicate al mercato consumer europeo. I modelli della serie E27 sono disponibili sul mercato italiano dal mese di giugno nei formati 32W, 48W e 60W e sono in grado di offrire illuminazione di qualità per circa 25.000 ore, l’equivalente di 25 anni. Questo prodotto, assicura Panasonic, garantisce la stessa luminosità delle lampadine a incandescenza tradizionali a un prezzo competitivo. GT

La società bellunese Clivet ha presentato dei rooftop di piccola taglia (13 kW, linea SMARTPACK), pensati come alternativa alle tradizionali soluzioni split per piccolo commercio e uffici. Da anni l’azienda propone con successo i Clivet Packaged System, la serie di pompe di calore monoblocco aria-aria per la climatizzazione degli ambienti di grande superficie del terziario, della grande distribuzione e delle strutture ad alto affollamento. Questi apparecchi sono basati sul principio della decentralizzazione, ossia sulla produzione dell’energia frigorifera o termica necessaria per la climatizzazione solo dove e quando serve. Tra i clienti finali di Clivet ci sono gruppi quali McDonald’s, Bennet, Auchan, McArthurGlen, Ikea, NH Hotels, Warner Village, UCI Cinemas, Ferrari e Microsoft. GT

Riservato agli abbonati. Vuoi sapere come riceverlo? CLIVET www.clivet.it www.tekneco.it/ricevi-tekneco

Stabilimenti sostenibili Bauer, marchio specializzato nella produzione di condimenti, insaporitori, helper, zuppe e preparati per brodo, biologici e convenzionali, ha trasferito la propria attività nel nuovo complesso produttivo di Trento, primo edificio in assoluto a ricevere la certificazione Gold di sostenibilità ambientale secondo il Protocollo LEED Italia NC 2009. Completato in sei mesi l’edificio è il punto di riferimento nel settore delle costruzioni industriali prefabbricate orientate a principi di eco-sostenibilità ambientale ed energetica. «Il progetto nasce dalla necessità dell’azienda di ampliarsi e poter conseguire certificazioni di qualità e del sito produttivo inerenti il settore dei prodotti alimentari, indispensabili per mantenere la propria leadership sui mercati stranieri», afferma l’architetto Massimo Leonardelli (Oficina Engineering) progettista dell’edificio. SF

PANASONIC

BAUER

www.panasonic.it

www.bauer.it

General electric ha annunciato l’avvio della fase operativa del prototipo della turbina eolica 2.5-120, attivata presso il sito di Wieringermeer, in Olanda. Secondo la multinazionale americana la 2.5-120 è in grado di generare una maggiore quantità di energia, migliorando la produttività della manutenzione e la profittabilità per i clienti. Il prototipo può sfruttare le potenzialità dell’Industrial Internet per analizzare decine di migliaia di dati al secondo, consentendo la gestione dell’intermittenza del vento . L’efficienza e capacità produttiva della turbina dovrebbero favorire un ritorno maggiore dell’investimento, soprattutto per gli operatori di parchi eolici situati in aree a bassa velocità del vento. GT GENERAL ELECTRIC www.ge.com/it


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Tekneco Numero 12 | 2013

Impermeabilizzazione telecomandata Derbigum ha presentato l’ultima versione di Mini-Max, la macchina per l’applicazione automatica a caldo delle membrane impermeabili. La macchina è telecomandata e consente di applicare la membrana in modo totale e omogeneo grazie ai rulli pressori posizionati sul fondo, è rapida e flessibile per via delle sue dimensioni compatte ed è, secondo l’azienda, ideale per la posa di membrane su rampe carrabili, parcheggi, piani stradali e ponti. La macchina viene programmata per seguire un tracciato dritto calcolando il giusto margine dei sormonti e l’applicazione del manto avviene a caldo grazie a 14 bruciatori a gas che sono comandati elettronicamente. Può applicare rotoli di membrane lunghi fino a 75 metri ed è completamente autonoma perché alimentata da un gruppo elettrogeno. SF DERBIGUM www.derbigum.it

Un call center per gli incentivi

A Laveno Mombello, considerato uno dei borghi storici tra i più importanti nella zona del Lago Maggiore, Rubner Objektbau, General Contractor del Gruppo Rubner, ha avviato la costruzione del complesso abitativo “Residenze Albori”, che si inserisce nell’ambito del progetto “Laveno Premium Real Estate”, quartiere residenziale di fascia alta che sarà realizzato nell’area ex-ceramica di Laveno Mombello. Protagonista è il legno che per la messa in opera del complesso è stato scelto da Valore Reale SGR come materiale naturale che si inserisce nel contesto paesaggistico con un minimo dispendio di energia primaria. Le “Residenze Albori”, che rientrano in un’articolata operazione immobiliare a cui hanno partecipato diversi studi di architettura coordinati dallo studio “Oneworks” (Milano), si compone di tre edifici in legno affacciati sul lago con giardini, scalette, terrazzi, pergole costruite secondo i principi dell’ecosostenibilità. SF

Per l’incentivo del Conto energia termico Ariston ha predisposto una linea dedicata di assistenza ai clienti. Chiamando l’199.111.222, attivo 24 ore al giorno, 7 giorni su 7, e scegliendo l’opzione tasto 3, chiunque abbia acquistato o abbia intenzione di acquistare un prodotto Ariston potrà conoscere le opportunità offerte dal Conto energia termico con i prodotti Ariston e avere un supporto alla compilazione della richiesta dell’incentivo statale previsto per la produzione di energia termica da fonti rinnovabili e gli interventi di piccole dimensioni per l’incremento dell’efficienza energetica. Al Conto energia termico possono accedere sia soggetti privati sia Pubbliche Amministrazioni, ma solo a queste ultime è possibile richiedere l’incentivo per la sostituzione dell’impianto di climatizzazione invernale con una caldaia a condensazione. SF

RUBNER OBJEKTBAU

ARISTON

www.objektbau.rubner.com

www.ariston.com/it

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Legno pregiato


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Internet

La Borsa del verde

Tutto quello che fa “bio”

Calcola la tua prestazione energetica

www.vedogreen.it

www.biobank.it

europe.xclima.com

Tutti parlano di green economy ma Vedogreen lo fa dal punto di vista della finanza. Un osservatorio per tenere sotto controllo i mercati finanziari green emergenti e conoscere quali sono le aziende che intendono aprire il proprio capitale a fondi di Private Equity. Ovviamente offre anche servizi specializzati alle aziende interessate.

Se è bio, Biobank lo ha censito e studiato negli ultimi 14 anni. Tanti quanti sono quelli di attività di questa realtà che pubblica ogni anno un annuario, gestisce un database e, ovviamente, questo portale, strumento utilissimo diviso in due sezioni, una specificatamente dedicata alle produzioni “bio” e l’altra a ciò che definiamo “eco”, con oltre 13.000 realtà censite.

Come si calcola la prestazione energetica di un edificio? Possiamo dire che non è una cosa facile per gli amanti del fai da te, ma XClima è lo strumento che ci si avvicina di più, offrendo prestazioni professionali in questo senso direttamente on-line. L’iscrizione ad XClima e l’utilizzo dei vari applicativi e funzionalità di base è gratuito, ma per avere prestazioni professionali bisogna abbonarsi.

Effetto Cassandra

Formarsi al mondo dell’edilizia

A chi piace l’olio fritto

www.ugobardi.blogspot.it

www.formedil.it

www.conoe.it

Ugo Bardi è uno dei principali studiosi italiani del picco del petrolio, ma sul suo blog personale si diverte, si fa per dire, a smontare le tante patacche e bufale che girano in tema ambientale. Divertente nell’esposizione e paradossale talvolta negli argomenti, non manca mai di svelare quanti e quali media raccontino falsità pur di negare i cambiamenti climatici. Nessuno escluso.

L’edilizia è stata per anni un settore trainante della nostra economia. Oggi, in tempi di crisi, il settore più forte, dove l’occupazione cresce e i denari girano, è quello della riqualificazione. Per chi voglia lavorare in questo mondo il riferimento principe è il Formedil, Ente nazionale per la formazione e l’addestramento professionale nell’edilizia.

Meno noto di altri consorzi, ma il Conoe (Consorzio obbligatorio nazionale di raccolta e trattamento oli e grassi vegetali e animali esausti) è attivo dal 2001. Forse solo perché ancora troppe poche persone sanno che l’olio fritto disperso nell’ambiente è un inquinante. Nell’ultimo anno ha avviato al riciclo 46.800 tonnellate di raccolta, l’8,4% in più dell’anno precedente.

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Tekneco Numero 12 | 2013

Libri Guarda tutti i nostri libri su Anobii: www.anobii.com/ tekneco/books

a cura di Marco Gisotti

❶ Il Patto dei sindaci

narrativa che racconta la storia di tre personaggi che crescono insieme alle loro città. Una visione di un futuro sostenibile che in molti casi già c’è.

2.200 comuni italiani hanno già aderito al Patto dei sindaci, quasi la metà di tutti quelli che in Europa (4.600) hanno sottoscritto il documento. Uno strumento «nato per creare animazione sui territori e favorire il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi climatici» come lo definisce Gianni Silvestrini nella prefazione. La più immeditata delle conseguenze è stata che ad oggi già 1.200 amministrazioni hanno elaborato e approvato nel proprio Consiglio comunale i Piani di azione per l’energia sostenibile (PAES). Il saggio di Antonio Lumicisi non è solo la storia del Patto, ma anche e soprattutto una sorta di manuale di orientamento.

❸ SISTRI, come fare

antonio lumicisi Edizioni Ambiente Euro 25,00 – Pagine 328

Redazione normativa di Edizioni Ambiente Edizioni Ambiente Euro 4,99 - ePub

per architetti e ingeneri civili, questa nuova edizione riserva alcuni capitoli al facility management, all’edificazione sostenibile, alle fonti rinnovabili e al rispetto per l’ambiente. Aggiornata alle più recenti normative europee, anche il quadro italiano è molto curato grazie all’adattamento al nostro contesto fatto da Giuseppe Martino Di Giuda, Paolo Piantanida e Valentina Villa.

Riservato agli abbonati. Vuoi sapere come riceverlo? ❺ Cambiamo tutto! Il futuro della manualistica è sempre più riccardo luna nelle edizioni elettroniche ed è per questo Editori Laterza www.tekneco.it/ricevi-tekneco

❷ Le città sostenibili andrea poggio Bruno Mondadori Euro 14,00– Pagine 128

Andrea Poggio, autore di questo “strano” libro, è il vicedirettore di Legambiente, ma è stato anche il curatore, nel 2010, della mostra Green Life, costruire città sostenibili alla Triennale di Milano. È un libro “strano” perché si tratta di un saggio in forma di

che l’ultimo, in ordine di tempo, approfondimento sul Sistri esce esclusivamente da scaricare on-line. Dal 30 aprile è ormai riavviato il nuovo “sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti”, Sistri, appunto, che obbliga alla comunicazione online ad un computer gestito dallo Stato di tutti i dati sullo smaltimento dei rifiuti. Una vera e propria guida a portata di tablet e smartphone per non perdersi nella legislazione e nella tecnica.

❹ Enciclopedia pratica

per progettare e costruire ernst neufert Hoepli editore Euro 84,00 – Pagine XIV-586 Traduzione italiana della 39ª edizione tedesca di uno dei più noti testi di riferimento

Euro 14,00 – Pagine 172 Dal basso verso l’alto: è così che sarà la prossima rivoluzione, non solo sociale ma anche industriale. I segni ci sono tutti e, se non dovessero bastare, Riccardo Luna ci aiuta a tracciare il profilo di chi sta innovando il nostro mondo. «Cambiamo tutto! è un libro sull’ottimismo – spiega nelle note l’autore –. Sul perché dobbiamo essere ottimisti oggi in Italia. Il mondo attorno a noi può cambiare in meglio grazie a tre parole d’ordine: trasparenza, partecipazione, collaborazione».


80

Aziende citate

ABI www.abi.it ABI Energia www.abilab.itenergia Acai www.acaiacs.it Althesys www.althesys.com Ance www.ance.it ARISTON www.ariston.comit Assoncanapa www.assocanapa.org Austep www.austep.com Bauer www.bauer.it

5 4 27

GENERAL ELECTRIC www.ge.com/it Greenway Azienda Agricola — GSE www.gse.it

76 45 4, 32, 35

Edilizia bio - Energia alternativa - Ecologia luglio agosto settembre 2013

46 14, 27 77

Idea Toscana www.primaspremitura.it

58

Job in Tourism www.jobintourism.itjob

62

60 39

76

Legambiente www.legambiente.it

40, 79

Tekneco è una testata giornalistica trimestrale registrata presso il Tribunale di Lecce con n. 1061 del 9 Giugno 2010 EDIRE S.r.l. Sede: via E. Estrafallaces 16, 73100 Lecce Tel. e fax 0832 396996 Società editrice iscritta al ROC con n. 14747

Osservatorio Internazionale di Olivicoltura Biologica ioboooita.blogspot.it

50

Panasonic www.panasonic.it Permasteelisa Group www.permasteelisagroup.com Pietro Barbaro S.p.A. www.pietrobarbaro.com

76

COLLABORATORI

17

Andrea Ballocchi, Veronica Caciagli, Sergio Ferraris, Marco Gisotti, Letizia Palmisano, Gianni Parti, Beatrice Spirandelli, Gianluigi Torchiani

29

REALIZZAZIONE PIATTAFORMA WEB

Rockwool www.rockwool.it Rubner Holzbau www.holzbau.com Rubner Objektbau www.objektbau.rubner.com

19

DIRETTORE RESPONSABILE

Fabrizio Alfredo Virgilio Bocconcelli DIRETTORE EDITORIALE

Marco Gisotti CasaClima www.agenziacasaclima.it Cescat www.assoedilizia.com Chose www.chose.uniroma2.it Clivet www.clivet.it Comieco www.comieco.org Derbigum www.derbigum.it DP Lubrificanti www.dplubrificanti.com DYEPOWER www.dyepower.org Dyesol www.dyesol.com

69, 70, 71 25 17

Ingegni Multimediali, Lecce

76 62

77

WEB CONTENT MANAGER

Alessandra Versienti PROGETTO GRAFICO

20

Matteo Astolfi e Pietro Buffa STAMPA

77

Arti Grafiche Boccia, Salerno TIRATURA

Riservato agli abbonati. 20.000 copie 25 DISTRIBUZIONE Studio Calzoni Architetti Vuoi sapere come riceverlo? 15.000 copie postalizzate ingegneri architetti 17 www.calzoniarchitetti.it geometri studi di progettazione nazionali 4 www.tekneco.it/ricevi-tekneco aziende di settore richieste di abbonamento 17 Terna 59

Emunà B.H www.emuna.it Enel Gp www.enelgreenpower.com Erg www.erg.it

60

Falck www.falck.it Fiera Bolzano www.fierabolzano.it Fiper www.fiper.it Futuris www.futuris.it

46

46 17

www.terna.it Terre Nostre www.terrenostre.info Uncsaal www.uncsaal.it Unicmi —

38

dirette; 5.000 copie distribuite all’interno di fiere nazionali di settore REDAZIONE

27

telefono: 0832 396996 e-mail: redazione@tekneco.it PUBBLICITÀ

27

telefono: 0832 396996 e-mail: commerciale@tekneco.it ONLINE

66, 68, 71, 73, 75 36

VedoGreen www.vedogreen.it

6, 78

sito web: www.tekneco.it facebook: www.facebook.comTekneco twitter: twitter.comTekneco google+: gplus.toTekneco Creative Commons

42

Se non diversamente specificato, i contenuti di Tekneco e Tekneco.it sono rilasciati sotto Licenza Creative Commons Attribuzione 2.5.


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EDILIZIA BIO

ENERGIA ALTERNATIVA

ECOLOGIA

PROGETTI

Alla scoperta del social housing per rispondere all’emergenza abitativa

Le opportunità del minieolico, settore che cresce del 20% l’anno

Eppur si muove. Le auto elettriche hanno inserito la marcia

Francesco Longano Silvia Pietta Alfio Zappalà

P. 22

P. 50

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P. 32

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EDILIZIA BIO

L’obiettivo è realizzare edifici efficienti, ma sempre low-cost P. 22

ENERGIA ALTERNATIVA

PRIMO PIANO Solare termico:

ECOLOGIA

PROGETTI

Anche le marine

Cafè Architettura Francesco Pagnello Alfio Zappalà

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P. 34 / 60 / 72

un mercato i porti puntano sulla LAancora NUOVA VITA esostenibilità tra luci e ombre ambientale DEI BORGHI ANTICHI P. 46

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ENERGIA ALTERNATIVA

ECOLOGIA

PROGETTI

Gli spazi collettivi realizzati grazie a menti e materiali autoctoni

Il solare entra nell’era del quinto conto energia: la riforma

Rio +20: appuntamento al verde. Il futuro è nell’economia green

Manuel Benedikter Spark Energy Mario Cuccinella

P. 14

P. 32

P. 64

P. 24 - 44 -58

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