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Magazine L’essenza dell’informazione

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#3 | Ottobre-Novembre 2012

Periodico a cura dell’Associazione OPERA. Idee in Circolo - Adelfia

SPECIALE SAN TRIFONE

Raccolta rifiuti anno zero Gigi TITA - Pag.5

Missione. Educazione al lavoro, formazione e elevazione di Daniela F. RUSCONI - Pag.9

Michele Nitti una “nota” adelfiese di Francesca GARGANO - Pag.10

CULTURA Gaetano Logrieco, VolontariaMente SPORT ASD Footballite: il calcio come passione e aggregazione


TagMagazine Periodico a cura de

Associazione OPERA. Idee in circolo Via Vittorio Veneto 52 - 70010 Adelfia www.operaidee.it - redazione@operaidee.it

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Direttore responsabile Trifone Gargano Caporedattore Daniela F. Rusconi Vice Caporedattore Vito Mariella Art Director Nicola Angiuli

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RUBRICHE Miriam Fracchiolla

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EDITORIALE

L’AMMINISTRAZIONE ANTONACCI ALLA RICERCA DELL’IDENTITÀ PERDUTA

Quando un candidato sindaco vince le elezioni amministrative al primo turno raccogliendo il 56,93 % di preferenze, pari a 6345 voti, vuol dire che una comunità ha fatto una scelta chiara e consapevole, rispetto al futuro della propria cittadina e delle proprie famiglie. Quando tutti i partiti del centro - sinistra decidono di supportare l’avv. Vito Antonacci in questa avventura dando vita ad una coalizione ampia, dove le liste espressione della società civile hanno svolto un ruolo determinante per la vittoria finale, significa che ci sono tutti i presupposti del caso per realizzare quel “cambiamento” tanto decantato e auspicato. Sono ormai trascorsi 17 mesi, quasi un anno e mezzo, da quando il sindaco Vito Antonacci e la sua giunta sono alla guida della città. La situazione ereditata dai nove anni di gestione del centro - destra non è di certo rosea. L’immobilismo amministrativo degli anni antecedenti la gestione commissariale e il drastico dimezzamento del gettito statale (da 3.266.396 € del 2010 a 1.682.701€ del 2011) sono le principali cause del non decollo delle azioni di questa compagine politica. Nonostante si stiano compiendo piccoli passi per riorganizzare l’intera macchina amministrativa, sino a ora incancrenita e adagiata su se stessa, la giunta Antonacci non ha ancora messo a fuoco la sua identità politica, culturale e programmatica. Non riesce a marcare una netta differenza rispetto al passato. Non a caso, alcune delle principali scommesse presenti nel programma elettorale, che hanno entusiasmato gran parte degli elettori, resta-

no purtroppo inattuate. Grandi sforzi sono stati fatti per garantire i servizi essenziali senza dover gravare maggiormente sulle tasche dei cittadini, ma il controllo sulla qualità degli stessi lascia grosse perplessità. Un servizio di raccolta rifiuti che fa acqua da tutte le parti, un piano traffico inapplicato sono solo alcune delle problematiche che la gente tocca tutti i giorni uscendo di casa (molte sono le segnalazioni pervenute in redazione). Questa amministrazione ha tutte le capacità e competenze per poter rilanciare la propria azione sul territorio, portando così a compimento il proprio programma elettorale. Ma il rilancio può tramutarsi in realtà solo se si comprende la necessità di dover aprire una nuova stagione basata esclusivamente sul confronto. Confronto con i partiti. I movimenti politici e i partiti sono i grandi assenti di questi mesi. I nostri amministratori il più delle volte sembrano rispondere esclusivamente alla propria coscienza, restando orfani di quei contenitori organizzativi e di idee che sempre più assomigliano a meri comitati elettorali. Confronto con la minoranza politica. La scomparsa del ruolo dell’opposizione, basata sull’impegno di solo alcuni dei consiglieri eletti, nuoce al vero ruolo del consiglio comunale basato su due verbi, controllare e proporre. Confronto con i cittadini. Bene si è fatto condividendo con la città la bozza di bilancio comunale, ma non è sufficiente. Occorre aumentare i momenti di riflessione partecipata, affinché tutti possano sentirsi corresponsabili del proprio territorio e poter concretamente contribuire alla sua crescita. Lo sviluppo di servizi sempre più efficienti ed efficaci, la riqualificazione dell’alveo torrentizio e Piazza Leone XIII, la messa in sicurezza e relativa bonifica della ex Sapa, la viabilità, l’abbattimento delle barriere architettoniche, politiche sociali ( sino a ora assenti) al passo con i bisogni del territorio, sono le priorità individuate dal programma elettorale di questa maggioranza politica. Si passi ora all’attuazione. Il sindaco Antonacci non è mago Merlino. Per trasformare radicalmente il volto di questa città ha bisogno del sostegno di una giunta, un consiglio comunale e di partiti politici che abbiano ben presente l’unico vero obiettivo, il bene comune, il bene di Adelfia. Il cambiamento è possibile, buon lavoro! Vito MARIELLA

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POLITICA e ATTUALITÁ

NUOVA PAROLA D’ORDINE: ROTTAMAZIONE! Dopo “viva il nuovo”, “largo alla società civile”, adesso è la moda de “la rottamazione”, ma per fare cosa? Il silenzio è assoluto! Il nuovo per il nuovo tout-court non ci piace, non ci è mai è piaciuto e chi lo ha rincorso, negli ultimi anni, ha dovuto dolorosamente ricredersi dopo aver fatto pagare a tutti i cittadini il prezzo di quell’innamoramento (l’Unto del Signore, il cav. Silvio Berlusconi, ha rappresentato quel periodo). Rottamazione, società civile, il nuovo, sono soltanto slogan che quasi mai corrispondono alla sostanza di una proposta politica definita. Alla vigilia delle primarie, un altro slogan impera: ROTTAMAZIONE. Questo termine era entrato già a far parte del nostro lessico quotidiano da qualche anno. Lo inventarono le case automobilistiche, la FIAT in particolare, per vendere più auto (e se ne vendettero tantissime), regalando utili stratosferici ai propri azio-

SPILLI E SPINE

nisti; il tutto, però, a carico delle casse dello Stato e, quindi, delle tasche dei cittadini. Adesso sappiamo come è finita. Marchionne ha annunciato la rottamazione di “Progetto Italia”. Dopo aver spaccato i sindacati, la Confindustria e i partiti politici, con la promessa che, dopo aver ottenuto mano libera con gli operai, avrebbe investito 20 miliardi di euro in Italia. Tutto finto. E poiché Renzi, candidato alle primarie del Partito Democratico, ha affermato di sposare pienamente (senza se e senza ma) la linea di Marchionne, non vorremmo che anche lui utilizzasse la rottamazione dell’attuale classe dirigente del PD per vendere un nuovo prodotto (il suo) facendo, nel contempo, terra bruciata intorno e addebitando il relativo prezzo agli iscritti del partito e, quindi, a tutti gli elettori. Nel frattempo, in assenza di

programmi e proposte, gli atteggiamenti di Renzi ci hanno lasciato alquanto perplessi. A parte l’adesione totale alla politica industriale di Marchionne (di cui si è già pentito), la visita ad Arcore con Berlusconi, per un aspirante leader del partito avversario del cavaliere, non brilla per opportunità. Se, poi, il sindaco di Firenze si è sentito gratificato dall’invito, beato lui … ; noi la pensiamo diversamente, senza se e senza ma. Ci piacerebbe tanto che queste primarie si svolgessero sulla base di differenti proposte politiche da sottoporre al giudizio delle persone, che hanno voglia di assistere a un confronto acceso ma sereno. Gli insulti, le denigrazioni siano patrimonio di chi non ha nulla da dire. Mimmo CANGIALOSI

Il cav. Berlusconi ci riprova. L’abolizione dell’ICI, che aveva favorito i possessori degli immobili di grandi dimensioni, e che aveva determinato un buco nelle casse dello Stato di cui paghiamo ancora le conseguenze, torna. La nuova proposta è l’abolizione dell’IMU, facendo, così, allarmare le autorità europee. Sembrerebbe la riproposizione di una pubblicità che nel passato, ha reso molto, ma che oggi i cittadini italiani riconoscono come marcia. I miracoli, cavaliere, non si ripetono! PUK

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POLITICA e ATTUALITÁ

RACCOLTA RIFIUTI ANNO ZERO Iniziamo un nuovo percorso per la raccolta rifiuti e la pulizia della città La gestione in corso della raccolta rifiuti è scaduta nel 2011 e nel maggio dello scorso anno è stato indetto un nuovo bando di gara per l’aggiudicazione dell’appalto; l’iter è terminato nel mese di luglio 2012. L’appalto se l’è aggiudicato il progetto della Tradeco s.r.l. per un importo annuo di € 1.408.402,08, al netto del ribasso effettuato di 0,11%. La ditta seconda classificata ha proposto ricorso con richiesta di sospensiva al Tar Puglia, che l’ha rigettata; quindi, la macchina burocratica sta predisponendo tutti gli atti per far partire l’appalto. La nuova gestione offrirà parecchie novità: in primis, scompariranno i fatiscenti cassonetti e la raccolta sarà fatta porta a porta; saranno eliminate le buste e ogni utente sarà dotato di

contenitori di diverso colore, che indicheranno il materiale da raccogliere (umido, plastica, carta, ecc.). Verrà stilato un calendario per la raccolta differenziata, e ci saranno orari fissi per la raccolta quotidiana. Sarà controllato il regolare e appropriato contenuto dei vari contenitori, posti davanti alle abitazioni onde evitare mescolamenti impropri di materiali. La ditta per contratto, si è impegnata a raggiungere, nel primo anno di attività, il 45% di raccolta differenziata (adesso siamo al 13%). Inoltre, sarà potenziato il servizio di trasporto e di raccolta domiciliare dei rifiuti ingombranti. La ditta eseguirà una massiccia campagna informativa sullo svolgimento del servizio di raccolta nei primi tre mesi di attività; i cittadini potranno utilizzare

un numero verde per eventuali segnalazioni e richieste di chiarimenti. Inoltre, sarà reso fruibile il centro raccolta rifiuti durante tutta la giornata e sarà presidiato per controllare il corretto conferimento dei rifiuti; quindi verrà eliminato lo scempio attuale che rende tale centro una discarica a cielo aperto. Da parte sua, l’Amministrazione Comunale controllerà l’intero iter di raccolta attraverso il potenziamento del servizio di vigilanza ambientale. Da ora in poi, ognuno di noi eserciti il proprio ruolo di cittadino nei diritti e nei doveri: con puntigliosità nel conferire correttamente i rifiuti e con serietà il diritto di denunciare eventuali disservizi. Gigi TITA

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SPECIALE SAN TRIFONE

SAN TRIFONE … LA RINASCITA DI MONTRONE La festa che vogliamo San Nicola per i baresi è un momento di festa che si colora di autenticità per le strade della Città Vecchia, ma per gli adelfiesi, o forse in questo caso è meglio specificare per i montronesi, San Trifone è di più. Non è solo “festa”, è una vera e propria rinascita. Il paese è in fermento, le strade tornano a essere linde, gli usci delle case sono spalancati, protetti solo da bianche tende ricamate, che al primo vento fresco di novembre, sollevandosi, mostrano gli interni appena rinfrescati da una “mano di bianco”. La vita è frenetica, la gente sorride e si gode l’atmosfera di buon umore che permea l’aria di un rione che alcuni, sbagliando, definiscono “luogo dove regna il disordine e risibile lo spazio vivibile ”, ma che nasconde genuinità, voglia di riemergere da una etichetta che non la rispecchia più. Montrone dal primo novembre si illumina di una luce diversa; quella delle luminarie, quel “ pizz e rchem” che dona un aspetto quasi poetico e che fa da cornice alle strade gremite di gente vestita a festa, intenta a ascoltare la musica festosa delle bande e della nostra “bassa musica”. Quella luce che scoppia nel cielo in colori e scintillii con le gare pirotecniche. Fuochi d’artificio che risuonano nelle case, che fanno battere i cuori e che tengono con il fiato sospeso. Non sono solo bombe che scoppiano a un ritmo incalzante ma rappresentano la festa dei montronesi , un crescendo di emozioni, di desideri e soprattutto di fede. È la fede la vera colonna sonora, il filo conduttore di questo bel film chiamato San Trifone. La sua scena d’inizio è il “colpo oscuro” delle quattro del mattino; è il “la” dato dal direttore d’orchestra. In chiesa gli anziani si risvegliano dall’assopimento dovuto all’attesa per la prima celebrazione eucaristica, quella

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più sentita dal popolo adelfiese, dedicata al Santo. Il giorno ha così inizio, tra bancarelle colorate e profumate dei sapori della nostra terra meridionale, di caramelle e giocattoli e lavoretti fatti a mano e poi ancora palloncini, stand delle bande dei paesi limitrofi, giostre e chioschi di ogni genere. L’aria che si respira è un misto di cornetti caldi, caffè e l’immancabile carbonella che comincia a sfrigolare già dalle prime ore del mattino per essere pronta a offrire un ottimo agnello arrostito. Non sarebbe festa sulle tavole montronesi senza “u agnidd”; ognuno ha la propria ricetta, in umido, con pomodorini e patate, con i lampascioni, al ragù … Le massaie cominciano a pensare al pranzo quasi un mese prima, per non sprecar tempo dietro i fornelli in un giorno in cui il Santo è il protagonista. Non si può mancare alla processione, ci si ferma agli angoli delle strade, ci si appresta a lanciare petali colorati da balconi e finestre al passaggio del Santo, a pregare e contemplare la sua essenza. Un Santo, un bambino diventato subito uomo e martire, grazie e, forse, a causa di una fede indomita. Sono tanti i fedeli che amano il Santo e la processione si colora dei loro stendardi e dei lori inni. Biscegliesi, campani, abruzzesi, calabresi e a volte anche pellegrini provenienti dall’estero. Portare la statua del Santo in spalla è per molti un vero onore, si organizza una riffa e sembra di tornare in dietro nel tempo, quando si inneggiava e si esaltava la bellezza di un atto tanto onorevole. È questa l’atmosfera della festa che vorrei, in cui il Santo, la processione tornino a essere il cuore pulsante, di quella che

ultimamente sta diventando, purtroppo, solo una sagra di paese e motivo di divisione. La festa del Santo patrono, vorrei tornasse a essere quella che vivevo da bambina, quando con mio nonno passeggiavo per le vie del paese e incontravo solo sorrisi, forte devozione e senso di fratellanza. Le porte erano aperte per tutti, i pellegrini erano ospiti ben accetti alle nostre tavole, gli amici si fermavano per un caffè e per darsi appuntamento sul terrazzo di casa per commentare tutti insieme i “sparafuek”. All’epoca, andare in processione non significava mettere in mostra il vestito nuovo o dire “vedi? Io ci sono”, ma per un bambino voleva dire sentirsi orgoglioso di indossare per un giorno i panni del Santo e attraversare a cavallo le strade del paese; per un adulto significava ringraziare il Santo per il suo amore, per il suo aiuto e supporto. All’epoca, si viveva a pieno la propria fede e si festeggiava il Santo; oggi, si bada più al superfluo, a ciò che gira intorno alla festa, al profitto economico, all’immagine che si vuole dare al di fuori. Restituiamo alla festa la sua dignità, restituiamogli la genuinità, l’autenticità, la sua vera essenza. Festeggiamo il Santo, rendiamogli omaggio con le luminarie, i fuochi, un pranzo luculliano, ma non dimentichiamoci della fede, dell’Eucarestia, della processione. Nell’anno dedicato alla fede, facciamo tutti un passo in dietro, fermiamoci a riflettere sul vero significato dell’amore per un Santo patrono e festeggiamolo con i nostri cuori donandogli celebrazioni sobrie, pure, fortemente sentite, per ricreare quel senso di comunità che sta venendo a mancare. Papa Benedetto XVI ci ricorda che il “rinnovamento della Chiesa passa anche attraverso la testimonianza offerta dalla vita dei credenti: con la loro stessa esistenza nel mondo i cristiani sono infatti chiamati a far risplendere la Parola di verità che il Signore Gesù ci ha lasciato”. Con la festa di quest’anno, dunque, cerchiamo di far risplendere questa Parola di verità, rinnoviamoci tornando all’origine, alla fede e alla tradizione pura. Buon San Trifone a tutti! Daniela F. RUSCONI


SPECIALE SAN TRIFONE

SAN TRIFONE Apoteosi tra culto e tradizione

Echi di luci e di voci, balconi arredati con arazzi trionfali e fedeli bagnati di lacrime e devozione: è questa l’atmosfera che colora la festa dedicata al patrono della cittadina adelfiese. San Trifone martire incarna la figura dell’eroe che, messaggero di un’instancabile fede, morì nel nome di un forte Cristianesimo. Durante la prima decade di novembre si assiste all’allestimento del paese, all’impianto delle luminarie e alle prove dei canti, che accompagneranno le messe dedicate al Santo. Fedeli di diverse provenienze accorrono per venerare il “Guerriero”, e le famiglie riscoprono la bellezza della felicità condivisa: festa è incontro, solidarietà, fratellanza, ammirazione per la naturale poesia del mondo, è lode al Signore e amore. Oggi, la commemorazione del Santo diviene un vero e proprio fenomeno religioso e sociale: a ogni cittadino è affidato il compito di salvaguardare il valore folcloristico e spirituale

della celebrazione, in nome di un desiderio di corresponsabilità e di cooperazione tra gli animi. Tra religiosità e tradizione, i festeggiamenti costituiscono parte del patrimonio culturale del paese, e è necessario preservarne la storicità e l’artisticità per poter rivendicare una identità sociale. Per le strade, processioni e concerti bandistici colorano i sorrisi e la commozione dei fedeli che, al sole di novembre, osannano San Trifone; nelle abitazioni si consumano ricchi piatti di “agnid cu ‘uacc”, provolone e dolciumi caserecci, mentre i fuochi pirotecnici dipingono il cielo di colori variopinti. Fede e costumi, fragranze mediterranee e luci multiformi si mescolano per dar vita a un evento atteso da conterranei e forestieri, riuniti per glorificare un Uomo che, a caro prezzo, ha venduto il suo ribelle misticismo. Rosemary NICASSIO

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CULTURA e SPETTACOLO

“SANTINA” NOVANTOTTO ANNI DI INCROLLABILE FEDE Santa Laricchia con il suo cammino di fede risveglia in noi la voglia di una esperienza di grazia e di gioia

Papa Benedetto XVI, nella sua lettera apostolica, scritta in occasione dell’Annus Fidei, che avrà inizio il prossimo 11 ottobrre, ci ricorda che “la «porta della fede» che introduce alla vita di comunione con Dio e permette l’ingresso nella sua Chiesa è sempre aperta per noi. È possibile oltrepassare quella soglia quando la Parola di Dio viene annunciata e il cuore si lascia plasmare dalla grazia che trasforma. Attraversare quella porta comporta immettersi in un cammino che dura tutta la vita”. Santa Laricchia, Santina, ha attraversato quella porta ben novantotto anni fa e non si è mai stancata, non si è mai lasciata demoralizzare dai tempi, dai cambiamenti della società, ha continuato imperterrita per la sua strada, verso quel cammino che ogni giorno la fa sentire più vicina a Dio. Santina ha una fede forte, incrollabile, incondizionata e meravigliosamente contagiosa. Nonostante l’età e la malattia le portino via le parole, i suoi occhi raccontano tutto, l’amore, la dedizione per la sua missione di vita. “Il Santo Rosario è la cosa più bella” - queste le

parole che non smette di ripetere con voce debole, ma dolce e decisa. Santina è stata, è una donna estremamente tenace, decisa, sempre pronta a ascoltare, a offrire un aiuto, un conforto, una parola giusta detta nel modo e nel momento opportuni. La sua casa oggi è il suo regno, lì per tanti anni ha riunito il vicinato per recitare il suo amato rosario, simbolo di un legame materno molto forte. Sono in molti che continuano a voler incontrare Santina anche solo per salutarla e magari ricevere uno dei suoi dolci consigli, che rasserenano il cuore. Santina è stata uno dei pilastri della nostra Parrocchia di San Nicola di Bari, con le signorine Ragone, e con molte altre donne, ha svolto un ruolo apostolico, ha fatto conoscere il Signore a molti giovani, li ha guidati nel loro cammino di fede; ha risolto problemi familiari, consigliato giovani coppie in crisi; ha supportato famiglie e le ha aiutate a crescere i figli; ha presieduto l’Azione Cattolica; è sempre stata al fianco del parroco e di chi avesse bisogno di Dio. Santina ha fatto parte dell’Ordine delle Ter-

ziarie, ha vissuto seguendo e rispettando la Regola Francescana, ha combattuto per il rispetto del buon costume contro quella che all’epoca era considerata stampa scandalistica; ha creato un forte legame con il suo paese e con la sua gente. Oggi, ai giovani dice di non avere paura, di lasciarsi andare, di abbandonarsi alla fede perché, come le fa eco Padre Marcellino, figlio di Santina, “i giovani hanno poca fiducia in se stessi, per questo sono lontani dalla Chiesa, ma la loro fede potrebbe essere grande”. Oggi, come anche la stessa Santina ammette, la nostra parrocchia, il paese, la gente, tutto è cambiato ma il Rosario, la Chiesa è la stessa, e prendendo ancora una volta in prestito le parole di Sua Santità: “solo credendo, la fede cresce e si rafforza; non c’è altra possibilità per possedere certezza sulla propria vita se non abbandonarsi, in un crescendo continuo, nelle mani di un amore che si sperimenta sempre più grande perché ha la sua origine in Dio”. Daniela F. RUSCONI

Gaetano Logrieco, VolontariaMente, Radio editore 2012 Il libro di Gaetano Logrieco cattura per il racconto, convince per il ragionamento, affascina per le immagini, emoziona per le storie, incuriosisce per i reportage, indigna per le denunce, scuote per gli inviti! Lo suggerisco come lettura indispensabile, come lettura “edificante”, che “stimola al bene”, che “suscita sentimenti elevati”. Due aspetti colpiscono di questa «docu-fiction»: 1) la stretta relazione tra testo e immagini, si veda il sito: http://www.volontaria-mente.org; 2) lo stile narrativo dinamico e avvolgente. Nel canto X del Purgatorio, Dante definisce «visibile parlare» (v. 95) la capacità di raccontare

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attraverso le immagini. Ebbene, il racconto di Gaetano Logrieco si basa sull’utilizzo contemporaneo di due codici espressivi: quello verbale e quello iconico. Lo stile narrativo non è mai scontato, o paludato e enfatico, ma dinamico e avvolgente, capace cioè di incuriosire il lettore. Il registro espressivo è ironico (e autoironico), e questo è quell’atteggiamento disincantato ma severo (e sereno) che ciascuno di noi deve (o dovrebbe) avere nei confronti della vita, del mondo e del nostro esser-ci. Trifone GARGANO


MESE MISSIONARIO

MISSIONE. EDUCAZIONE AL LAVORO, FORMAZIONE E ELEVAZIONE Padre Trifone Labellarte ci racconta la sua missione da dehoniano Partire, lasciare casa e le proprie radici per un lasso di tempo indeterminato, affrontare un viaggio, una missione richiede forza di volontà, pieno possesso di sé, coscienza dell’altro e, forse, anche un po’ di incoscienza, quella che mossa dalla fede ti porta lontano verso un mondo tutto da scoprire. Per partire bisogna avere sempre una valigia piena … piena di pazienza, entusiasmo ma soprattutto di conoscenza. Padre Trifone conferma che: “ci vogliono almeno sei mesi di preparazione specializzata prima del viaggio, perché quando arriviamo in un posto lo facciamo per aiutarli a risollevarsi dalla miseria”. La miseria di cui parla Padre Trifone non è solo quella di un paese arretrato economicamente, ma come lui stesso specifica “quella di un mondo che ha bisogno di educazione al lavoro, di formazione e di elevazione”. Andare in missione significa condividere, per questo quando si parte non bisogna lasciare se stessi a casa per trovare un nuovo io, ma bisogna aprirsi all’altro, alla sua realtà, non solo con una genuina curiosità ma con la voglia di imparare, capire per aiutare l’altro a crescere. Costruire insieme significa creare un miracolo, si collabora fianco a fianco: missionari, volontari e gente del posto. È un percorso che si fa uniti, tutti indirizzati verso un obiettivo comune: crescere senza imporre. Questo non significa donare aratri ai contadini,

ma insegnar loro a usare il vomere trainato dai buoi per arare, perché ciò di cui hanno realmente bisogno è imparare da sé, fare piccoli passi verso un futuro che costruiscono da soli, con i loro sforzi, le loro capacità e qualche piccolo sostegno e consiglio da chi vuole realmente aiutarli, senza colonizzarli. Quando si arriva in questi luoghi, come i paesi del Madagascar visitati da Padre Trifone, l’accoglienza è una festa. Nei loro volti non c’è rassegnazione, a volte un po’ di giustificata diffidenza, ma soprattutto dignità, allegria, disponibilità e voglia, sete di sapere. “È necessario stimolare gli altri a far da sé perché io non devo lavorare per te”, questo significa andare in missione, mettersi al servizio degli altri, lasciarsi usare come fonte di idee, aiuto concreto che non si sostituisce, ma che risveglia la curiosità. Una curiosità così smodata da parte loro da convincere Padre Trifone a una “follia”, costruire una Università. Una grande follia che ha richiesto e che richiede parecchio denaro, ricevuto non solo dalla Chiesa e dai fedeli, ma anche dagli stessi locali, che, pur di continuare il loro cammino di conoscenza, hanno messo su un commercio di ben mille maiali e hanno previsto la creazione di un vero e proprio macello, per permettere anche al meno ricco di poter comprare la carne. Si può ben dire, perciò, che un missionario non parte per convertire, ma

per annunciare l’esistenza di Dio che lo spinge a incontrare l’altro per aiutarlo a crescere, senza invaderne la cultura o perdere la propria. “Non si parte per rimanere, si parte per la voglia di condividere, di conoscere senza mai dimenticare la diversità, perché in questa consiste l’unicità, una fonte di ricchezza inesauribile. Solo così si può godere la bellezza degli altri ”. La missione è un viaggio che non può essere solitario, altrimenti sarebbe una fuga. La missione è un percorso fatto in compagnia, che dona saggezza, ti mette a confronto con l’altro, ti aiuta a apprezzarne la sua dignità, a rispettarne e capirne la cultura. La missione è piena integrazione, è entrare a far parte di una famiglia più grande in cui ci si dona a vicenda, imparando a non giudicare e a essere più genuini. In missione non esistono tempo e distanze, esiste solo un presente di cui essere un protagonista attivo che spinge persino una bambina di scuola elementare a dire “ogni parola fuori posto toglie tempo alla mia educazione”. Noi dovremmo partire. Noi dovremmo imparare da questi bambini. Noi dovremmo cercare di fare della nostra vita una “missione in patria”, per non perdere l’entusiasmo e per riscoprire la realtà della vita e la bellezza della fede. Daniela F. RUSCONI

“Non sapremo mai quanto bene può fare un semplice sorriso”

(Madre Teresa di Calcutta)

Giuseppe Panzarini è un ragazzo di trentadue anni che lo scorso inverno ha raggiunto la missione di Soddu Abala in Etiopia. A ventidue anni la voglia di andare a trovare don Leonardo, sacerdote che ha avuto un forte ascendente su di lui e sulla sua scelta, è affiorata per la prima volta, ma è lo stesso don Leonardo a fargli capire che non è ancora il momento giusto: “non serve manodopera, serve professionalità”. Nell’ottobre del 2011, don Leonardo D’Alessandro (che da 18 anni svolge la sua missione in Etiopia) è a Adelfia e al termine di una sua catechesi, quasi per gioco, in Giuseppe riaffiora la voglia di partire. Lui e i suoi compagni di viaggio partono

alla volta dell’Etiopia per portare sostegno morale e un contributo economico a Abba Leo, pronti a condividere momenti belli e brutti, a supportarsi a vicenda con la consapevolezza di non essere soli in caso di difficoltà. “Arrivare non è semplice e il primo impatto è con la povertà. Descriverla è difficile, non è possibile fare un confronto con il mondo a cui siamo abituati. Nonostante la povertà, la condivisione e l’accoglienza si respirino ovunque”. La gente è molto ospitale, condivide tutto, anche il loro pranzo, una specie di piadina di mais e caffèlatte. La vita che si conduce a Soddu Abala è molto semplice. Il contat-

to con la natura è molto forte e è vissuto con estrema calma. Il ruolo svolto dalla missione è quello dell’alfabetizzazione e dell’evangelizzazione e nel visitare la scuola sorprende l’educazione e l’ordine dei bambini. Giuseppe ha voglia di tornare, magari con un progetto che favorisca l’irrigazione dei campi. Da ogni viaggio si torna con un bagaglio di emozioni, paesaggi e colori. Dall’Etiopia Giuseppe porta con sé il più prezioso dei souvenir, il meraviglioso sorriso della gente etiope. Rosanna RUSCONI TagMagazine #3

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MUSICA

MICHELE NITTI: UNA “NOTA” ADELFIESE In molti ascoltiamo la musica, ma Michele Nitti, direttore d’orchestra e professore di musica, si cimenta nel renderla un’emozione. Il 28 settembre con l’orchestra sinfonica della provincia di Bari ha inaugurato un festival di musica sacra presso la Basilica di San Nicola. La voglia di conoscerlo ci ha portati a ascoltare le sue esecuzioni e a porgli qualche domanda. Come è nata la sua passione per la musica? La mia passione per la musica è nata abbastanza casualmente e si è evoluta in un crescendo che mi ha portato al di là di tutte le previsioni possibili, sia a livello di studio sia a livello professionale. In famiglia si è sempre respirato qualcosa che avesse a che fare con la musica, ma, contrariamente agli standard, il mio percorso di studi è cominciato abbastanza tardi.

A 18 anni suonavo nell’orchestra della provincia, durante un’audizione il maestro Agiman intravide qualcosa in me e, affidandomi a lui, ho terminato gli studi al conservatorio di Milano. Il naturale corso degli eventi mi ha portato al conseguimento del diploma in direzione d’orchestra a soli 24 anni, seguito poi da numerosi corsi di perfezionamento. Come vede la musica qui a Adelfia? Credo che in una piccola comunità come la nostra, un indicatore dello stato di salute della musica sia impalpabile; essa è oggetto di discussione per molti, con livelli d’interesse e di conoscenza disparati, da chi semplicemente l’ascolta e da chi ne parla e poi decide di intraprenderne gli studi. Che musica ascolta? Ascolto poca musica in radio, preferisco la produzione alla riproduzione. Credo

che questo sia un altro problema “sociale” della musica; siamo testimoni di una crescita esponenziale della riproduzione musicale, a fronte di un abbassamento dell’attività produttiva: sempre più persone creano al computer, ma pochissime altre suonano uno strumento o sanno leggere la musica. Quale pezzo classico ci consiglierebbe? Qualunque autore si voglia ascoltare, secondo me, è imprescindibile da Mozart. Consiglierei le sue composizioni infantili. Maria Francesca GARGANO

AMALIA GRÈ un’artista prestata alla musica Nasce a Miggiano (Lecce) il 16 giugno 1964, Amalia Grezio (in arte Amalia Grè). È cantautrice, designer, scultrice; si diploma all’Accademia delle Belle Arti di Perugia. Amalia Grè, a New York, studia recitazione e qui conosce Betty Carter, che crede nella sua voce. Sempre a New York, conosce anche Herbie Hancock. Nel 2001, debutta come cantante e la sua canzone “Io

cammino di notte da sola” viene inserita nel cd del Festivalbar del 2003. Nel 2007, partecipa al Festival di Sanremo, con la canzone “Amami per sempre”, scritta in collaborazione con Michele Ranauro e Paolo Palma. Nel 2008, incide con la Disney Italia la colonna sonora del film “Trilli”.

Ristorante premiato 2011/12 “miglior cucina tipica rivisitata”

ALLE ANTICHE ARCATE Adelfia Via V. Veneto 32 tel.0802473186 - cell.347.5719144

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Giovanni PETRERA


SPORT

ASD FOOTBALLITE: Il calcio come passione e aggregazione È questo lo spirito attorno al quale, a luglio, si è costituita la nuova associazione sportiva, ASD Footballite Adelfia. La società darà grande rilievo e importanza al vivaio giovanile, dai primi calci ai giovanissimi, passando per i pulcini e gli esordienti. Il direttivo societario ha messo in campo un progetto pluriennale ambizioso ma soprattutto serio. Le parole d’ordine sono professionalità, esperienza e divertimento. Non a caso lo staff che insegnerà ai ragazzi i veri valori dello sport è composto da persone qualificate. Tra questi, oltre al vicepresidente Nuccio Busto (già calciatore professionista in Francia), vi è mister Vito Dellino, che ha dedicato un’intera vita al calcio e al servizio dei ragazzi adelfiesi. L’allenatore della ASD Footballite è stato uno dei primi a sposare questa nuova avventura: “Sono un appassionato di calcio e amo insegnarlo alle nuove generazioni, altro non so fare. Seguiamo quotidianamente quasi cento ragazzi, a partire dai cinque anni di età, non trascurando l’inserimento nei corsi di alcuni ragazzi a rischio devianza”. Il quadro societario è composto da 14 elementi. Si tratta di un progetto realizzato da adelfiesi per adelfiesi, ma comunque aperto anche a tutti gli appassionati di calcio. “Alla presidenza dell’associazione - ha concluso mister Dellino è stato eletto il signor Roberto Battista, con un entourage esper-

to e di competenza. Le iscrizioni sono ancora aperte”. L’atmosfera percepita sui campi del centro sportivo Footballite, attuale sede degli allenamenti, è di grande entusiasmo e gioia. I più piccoli seguono attentamente le indicazioni dello staff tecnico, ma i loro occhi esprimono la grande voglia di correre e di tirare i primi calci a un pallone. Vito MARIELLA

Pillole di salute Con l’avvicinarsi dell’autunno è buona norma preparare l’organismo ad affrontare l’inverno. Spesso, le malattie da raffreddamento si possono contrastare o ridurre rafforzando le difese immunitarie che rappresentano il nostro piccolo ma poderoso esercito di reazione benefica agli agenti patogeni. Per i più piccoli è importante rivolgersi al pediatra che potrà prescrivere, secondo le necessità del caso, prodotti a base di Echinacea ed estratti di erbe officinali che funzionano stimolando la capacità di resistenza alle infezioni ricorrenti. Per la sua capacità, invece di produrre veri anticorpi specifici nei confronti del virus influenzale invernale, è importante utlizzare il vaccino stagionale, sempre consigliato dal medico sia per i più piccoli che per le persone anziane. D.ssa Piccaluga Cinzia

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