Symposiumodontoiatrico N4

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QUADRIMESTRALE DI INFORMAZIONE SCIENTIFICA ANNO 1 - N.2 - MAGGIO 2010 AUT. N. 305 - 2009 TRIBUNALE DI ROMA

IN QUESTO NUMERO:

l Prevenzione e gestione delle lesioni iatrogene del nervo alveolare inferiore in chirurgia implantare l Riabilitazione orale col cad cam di una emiarcata dopo grande rialzo di seno l E’ possibile l’associazione subperiostei parziali, elementi naturali ed impianti endoossei? l Chirurgia del frenulo linguale: tre tecniche a confronto


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SOMMARIO

SYMPOSIUM ODONTOIATRICO

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Editoriale

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Prevenzione e gestione delle lesioni iatrogene del nervo alveolare inferiore in chirurgia implantare

QUADRIMESTRALE DI INFORMAZIONE SCIENTIFICA www.symposiumodontoiatrico.it REGISTRAZIONE Tribunale di Roma N.305 del settembre 2009

di Antonio Scarano

DIREZIONE SCIENTIFICA Dott. Andrea Possenti COMITATO SCIENTIFICO

di Andrea Possenti

13

Prof. Emilio Govoni

Riabilitazione orale col cad cam di una emiarcata dopo grande rialzo di seno di Gianluca Furlan

Prof. Emanuela Ortolani Prof. Luca Testarelli Prof. Vincenzo Rocchetti Prof. Roberto Di Giorgio Prof. Pietro Vettese

20

Prof. Vincenzo Bucci Sabatini COMITATO DI REDAZIONE

di Paolo Pianta

Dott. Andrea Mastrangelo Dott. Luigi Genzano Dott.Cristiano Grandi Dott. Maurizio Fabi

Riapertura a cinque mesi di aumento verticale di cresta mediante innesto di fosfato tricalcico ceramizzato di tipo beta con tecnica “roc” laser assistita

27

Dott. Gaetano Marciano

E’ possibile l’associazione subperiostei parziali, elementi naturali ed impianti endoossei? di Calogero Bellavia

DIRETTORE RESPONSABILE Area Scientifica: dott.Donato Di Iorio Area Clinica: dott. Paolo Pianta DIREZIONE EDITORIALE

32

Il microscopio operatorio in endodonzia ortograda di Cristiano Grandi

Dr .Mihaela Roman COORDINAMENTO EDITORIALE Claudio Albano REDAZIONE, PUBBLICITA’ E ABBONAMENTI

38

Dimadent - Profile1 da Torino un modo nuovo di fare “corso” di Anna Brandi

Dr. Cristiana Roman info@symposiumodontoiatrico.it tel./fax. 06.64770689 cell.: 345.6506983

40

EDITORE

Chirurgia del frenulo linguale: tre tecniche a confronto di Andrea Borgonovo

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EDITORIALE

Cari Colleghi, è con molto entusiasmo che assumo l’incarico di Direttore Scientifico della rivista Symposium Odontoiatrico. Una nuova rivista che si affaccia sul panorama dell’editoria odontoiatrica, che si pone l’obiettivo di informarci sulle novità che si svilupperanno nel nostro campo. Entusiasmo e anche un po’ di timore, in quanto il compito che mi si presenta non è certo facile e schivo da impegno, dove noi lo sappiamo, il tempo per dedicarci ad altro, che non sia il nostro lavoro, spesso lo dobbiamo rubare agli affetti più cari. Symposium Odontoiatrico comunque sarà una rivista all’avanguardia, sia per i temi che intendiamo trattare, sia per le rubriche che ospiteremo, non sempre attinenti all’odontoiatria, ma che spazieranno fra i vari campi del sapere e che sicuramente ci interesseranno, rendendo più morbido e fluente, un giornale che altrimenti rischia di essere noioso e stucchevole. Spazio sarà dato ai nostri collaboratori Odontotecnici e alle nostre insostituibili assistenti, con temi che interesseranno tutti, così almeno spero e comunque queste sono le nostre intenzioni. Discipline come l’Igiene Dentale avranno ampio spazio in opportune rubriche, così come le “Discipline Alternative” come la Fitoterapia che stanno incontrando molto interesse e verifiche scientifiche sia da parte di medici che del pubblico. Ringrazio tutti coloro che collaboreranno a vario titolo, ma col medesimo impegno al successo di Symposium Odontoiatrico, in particolare ai componenti del comitato scientifico e a tutti i colleghi che si occuperanno di scrivere gli articoli. Un ringraziamento particolare vorrei riservarlo allo staff dirigenziale della rivista ed in particolre alla dott.ssa Mihaela Roman, direttrice editoriale e alla responsabile organizzativa dott.ssa Cristiana Roman; non posso citarli tutti ma a tutti va il mio pensiero ed il mio augurio di un buon lavoro. Non tutto sarà perfetto, anzi anticipatamente mi scuso se il percorso evolutivo sarà caratterizzato da imperfezioni, è umano, comprendeteci e se necessario, e lo sarà, ……sorridete. AD MAIORA Dr. Andrea Possenti

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PREVENZIONE E GESTIONE DELLE LESIONI IATROGENE DEL NERVO ALVEOLARE INFERIORE IN CHIRURGIA IMPLANTARE

Scienza

Antonio Scarano Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria, Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti Presidente: Prof. A. Piattelli Corso di Perfezionamento in Rigenerazione Ossea in Chirurgia Orale Direttore: Prof. Antonio Scarano

Riassunto L’autore conduce uno studio retrospettivo sulle alterazioni della sensibilità arrecata al nervo alveolare inferiore dopo interventi di implantologia, esaminando l’incidenza e la durata in rapporto a una serie di fattori, legati all’anatomia e alle metodiche chirurgiche applicate. Dei 1065 pazienti giunti al controllo nell’immediato postoperatorio, solo 23 (2,2%) presentavano disturbi della sensibilità dopo 3 mesi dall’intervento, e 2 (0,19%) dopo 6 mesi. Parole chiave: chirurgia implantologica, lesioni del nervo alveolare

INTRODUZIONE La perdita o l’insufficienza funzionale del tessuto osseo rappresenta uno dei problemi più frequenti nelle riabilitazioni implantoprotesiche complesse nella regione posteriore della mandibola. L’atrofia ossea della mandibola rende piu’ suscettibile ad invasione del nervo alveolare inferiore durante la preparazione del sito implantare e durante l’inserimento dell’impianto. Le lesioni iatrogene al nervo alveolare inferiore rappresentano un’evenienza clinica importante che possono verificarsi durante un intervento di chirurgia implantologica (I), con un’incidenza secondo Ellies di disestesie postoperatorie, collocabile in un range di valori compresi tra 1.7 e 43.5%, e di alterazioni permanenti (ad oltre un anno dall’intervento) della sensibilità del 5-15%. (II, III).

Abstract The aim of this retrospective study was to investigate the effects of anatomical and surgical variables on the incidence and duration of inferior alveolar nerve dysaesthesia after the insertion of implant. Only 23 (2,2%) of the 1065 patients presented sensitivity disturbances three months after the operation, all of whom had completely recovered after a 2 (0,19%) six months. Key Word: Implantology, damage mandibular nerve

Le lesioni nervose in implantologia possono essere ricondotte a diversi meccanismi patogenetici diretti e indiretti che possono sovrapporsi: 1) compressioni dirette determinate dall’impianto penetrato nel canale radicolare 2) compressioni indirette determinate da spicole ossee sospinte sul nervo da un impianto posizionato a ridosso del canale radicolare 3) sezioni traumatiche indotte dalla penetrazione delle frese nel canale mandibolare durante la fresatura del sito implantare 4) surriscaldamento del sito osseo durante la preparazione del sito implantare; 5) traumatismo prodotto dall’ago 6) stiramento per scorretta manipolazione del nervo

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mentale (con allungamento superiore al 20%) durante lo scollamento dei lembi o nelle manovre di trasposizione del NAI nelle selle edentule mandibolari con forte riassorbimento alveolare. Le lesioni al NAI durante interventi chirurgici, possono essere determinate anche dall’impiego dell’anestesia tronculare: in particolare tali lesioni sono riconducibili al traumatismo prodotto dall’ago da una seconda anestesia e all’emorragia che si verifica attorno al nervo dopo l’introduzione dell’anestetico e, in alcuni casi, anche al metabolismo della lidocaina (IV). Non ultima è da considerare l’estrema variabilità del decorso anatomico del nervo alveolare inferiore (V). La lesione del NAI rappresenta la principale lesione iatrogene durante un intervento di implantologia VI Le lesioni possono essere distinte in base alla prognosi e al tempo necessario per il recupero in quadri di vario grado secondo Seddon (VII), modificata da Sunderland (VIII): • neuroaprassia, temporaneo arresto della conduzione in assenza di lesioni anatomiche del tronco nervoso; restitutium ad integrum della funzione dopo un periodo di tempo limitato di giorni o mesi. E’ il tipo di lesione piu’ lieve dovuta sia a un danno fisico della guaina mielinica, sia ad una ischemia per fenomeni compressivi dei vasi che irrorano il nervo (rapidamente reversibile). E’ presente un lieve deficit di elettroconduzione nervosa, mentre la continuità anatomica del nervo è integra, in pochi giorni o in 3 settimane, c’è la risoluzione spontanea e totale della lesione. • assonotmesi (classe I), interruzione del solo assone con guaine connettivali integre (tubo endoneurale) dovute ad una contusione o schiacciamento. La guaina mielinica è integra, mentre il cilindrasse è interrotto con degenerazione distale, ovvero necrosi con perdita distalmente alla lesione; dopo la degenerazione Walleriana delle fibre distali degli assoni, le gemme neuronali tendono a ripristinare la continuità del nervo; il quadro migliora entro 2-4 mesi con recupero variabile parziale o totale. • neurotmesi (classe II), sezione completa del nervo con rottura e perdita di continuità del tubo endoneurale; la guarigione è proporzionale all’entità della sezione e della rigenerazione valleriana può essere più o meno completa, lenta (6-24 mesi), incompleta e spesso assente con la formazione di neuromi, neurilemmomi o schwannomi • assonostenosi (classe III) consiste in un tratto di nervo cronicamente compresso, sino a quadri di progressiva degenerazione (assonocachesia). E’ la lesione piu’ grave in quanto si ha separazione dell’intero tronco nervoso con degenerazione distale degli assoni. Dal punto di vista sintomatologico, una lesione del NAI può causare la comparsa dei seguenti sintomi: distesia: caratterizzata da sensazioni abnormi non originate da uno stimolo sensitivo adeguato (V); parastesia: caratterizzata dalla presenza di formicolio, percezione di caldo, freddo e punture in assenza di stimoli; ipoestesia: riduzione della sensibilità (V);

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anestesia: assenza di sensibilità (V); iperestesia: aumento della sensibilità a stimoli normali (V). Dal punto di vista funzionale, qualunque evento traumatico a carico di un nervo ha come effetto una perdita dell’eccitabilità di quest’ultimo, la quale può insorgere in maniera molto rapida (30-90 minuti), in caso di danno ischemico, o più graduale (3-8 giorni), in caso di sezione diretta (IX). La guarigione nervosa, a seconda dei diversi cambiamenti istopatologici a carico delle fibre danneggiate, si articola in quattro momenti differenti, i quali vanno da una fase iniziale, legata alla guarigione del pirenoforo e corrispondente clinicamente a una sindrome neuroprassica, fino a un graduale recupero dell’eccitabilità, in caso di lesioni complesse, caratterizzato dalla crescita assonica (1 mm al giorno) e dall’attività di rielaborazione dei nuovi input periferici ad opera del sistema nervoso centrale (X). La letteratura implantologica annovera tra le complicanze la lesione di vario grado del nervo alveolare inferiore (XI) che possono determinare differenti tipi di quadri clinici e diversa sintomatologia. Dal punto di vista eziologico i meccanismi responsabili di una lesione del NAI sono: invasione con le frese durante la preparazione del sito implantare; compressione del NAI durante l’inserimento dell’impianto; invasione del NAI con l’impianto. Lo scopo del presente lavoro è analizzare l’incidenza delle alterazioni della sensibilità arrecata al nervo alveolare inferiore dopo interventi di implantologia e le possibili strategie terapeutiche. MATERIALI E METODI Presso la divisione di Odontostomatologia 1 dell’Università di Chieti-Pescara, sono stati trattati in anestesia locale 1065 pazienti per l’inserzioni di impianti dentari. Dopo 10 giorni i pazienti venivano rivisitati, per la rimozione della sutura e per una prima valutazione della sensibilità, i controlli sono stati ripetuti a distanza di 1 mese, 3 mesi e 6 mesi dall’intervento secondo il protocollo di Zuniga et al. (XII, XIII). Questo protocollo comporta un’ intervista con il paziente, l’esame obiettivo e alcuni test sensitivi. L’intervista con il paziente ha lo scopo principale di stabilire se sia presente dolore, sensazioni spiacevoli, oppure se vi sia una riduzione soggettiva della sensibilità. Ci si avvale di una serie di domande a cui il paziente deve rispondere nel modo più preciso possibile. L’esame obiettivo consiste nell’eventuale riscontro di lesioni traumatiche autoindotte alla lingua, nella percussione, nonché nella palpazione della mucosa orale, ed è finalizzata all’individuazione di zone dette trigger, la cui stimolazione comporta la comparsa di una sensazione simil-elettrica, vibrante, che può essere limitata a tale zona o irradiarsi alla cute circostante. I test sensoriali comprendono una serie di prove che


vengono effettuate per valutare la sensibilità tattile, termica, dolorifica e gustativa. La sensibilità tattile viene valutata toccando leggermente l’area mucosa interessata con un oggetto smusso ed inoltre considerando la distanza minima alla quale due punti vengono percepiti come punti separati (XIV). La sensibilità termica viene verificata ponendo a contatto delle mucose e della cute oggetti caldi o oggetti freddi. La sensibilità dolorifica infine viene valutata pizzicando con una pinzetta chirurgica l’area interessata oppure pungendo con uno specillo, mentre la sensibilità gustativa si verifica ponendo a contatto della lingua, attraverso pellet di cotone, sostanze dolci (saccarosio 5%), acide (acido citrico 5%), salate (sale 5%) e amare (idroclorito di chinino 0,5%) (XV). Non è stato necessario invece il ricorso al test dell’anestesia, utili nei pazienti che riferiscono dolori in sede, al fine di discriminare il dolore di origine centrale, insensibile alla somministrazione dell’anestetico, da quello periferico, che invece regredisce. La positività di questo segno permette inoltre di selezionare i pazienti per il trattamento chirurgico (XVI). Inoltre non si è ricorso all’uso di test di elettrostimolazione. RISULTATI Il follow-up dei pazienti sottoposti a chirurgia implantologica in regione mandibolare ha dato i seguenti risultati: 1040 pazienti (97,7%) a distanza di 10 giorni non presentavano alcuna alterazione della sensibilità, 45 sono stati invece invitati a tornare successivamente. A un mese di distanza 20 (80% del numero complessivo iniziale) avevano ripreso sensibilità. A 3 mesi altri 3 (12% del numero totale) non avevano più problemi. Dei restanti 2 (8%), a 6 mesi dall’intervento, presentava ancora alterazioni della sensibilità che veniva recuperata nell’arco di 13 mesi dall’intervento. Da un punto di vista clinico le lesioni prodotte si sono manifestate in tutti i casi con alterazioni a carico della sensibilità del labbro inferiore, ma mai con la comparsa di dolore. Da tali alterazioni della sensibilità non sono derivati problemi di fonazione, di masticazione, di deglutizione oppure problemi legati alla morsicatura di tessuti molli. Non si sono verificati né casi di persistenza dell’anestesia o dell’ipoestesia grave oltre il 6° mese, né casi di dolore che siano perdurati per almeno 3-4 settimane. DISCUSSIONE Dai risultati osservati nel presente studio si evince come la corretta programmazione implantologica costituisca una fase importante per la riduzione delle complicanze nervose nelle riabilitazioni implantoprotesiche. La pratica chirurgica odontostomatologica, in presenza di condizioni anatomo-patologiche predisponenti, espone i tronchi nervosi al rischio di lesioni intraoperatorie. Per questo motivo è opportuno attenersi rigorosamente ai protocolli che prevedono le seguenti fasi:

1) compilazione della cartella clinica, risultato di un accurato esame obiettivo sulla situazione intra ed extraorale 2) modelli di studio delle arcate dentarie 3) un dossier radiografico comprendente una OPT ed eventualmente una TAC 4) analisi complete di laboratorio 5) documentazione fotografica 6) un piano di trattamento dettagliato riportato in cartella • un resoconto operatorio preciso • radiografie di controllo • fotografie di controllo La lesione accidentale del NAI da parte di strumenti atti alla preparazione del sito implantare, è ritenuta censurabile sotto il profilo medico-legale, qualora non sia stata osservata sia la giusta procedura tecnico-operativa che prevede il rispetto delle strutture anatomiche limitrofe a distretti di intervento, sia i protocolli preliminari alla valutazione diagnostico-prognostica necessari al fine di un ottimale piano di trattamento. Risulta pertanto di fondamentale importanza effettuare sempre le più approfondite analisi radiografiche del caso, al fine di non incorrere in questi spiacevoli inconvenienti. La prevenzione del danno iatrogeno rappresenta il primo obiettivo da perseguire e si realizza con una corretta pianificazione dell’intervento, basata su un accurato studio radiografico delle condizioni loco-regionali e con l’adozione di opportuni accorgimenti di tecnica operatoria, volti a preservare l’integrità delle strutture nervose. La T.C. dentascan, è da considerarsi una scelta obbligata per la pianificazione degli interventi di chirurgia implantare nei settori latero-posteriori inferiori. La tecnica tomografica, infatti, poiché permette di stabilire lo spessore vestibolo-orale e l’altezza dell’osso disponibile, vale a dire la distanza compresa tra la sommità crestale e il canale mandibolare o l’emergenza del mentoniero, appare indispensabile nella scelta della lunghezza e della posizione delle “fixture”. Il ricorso al dentascan è indicato anche per programmare l’inserzione di impianti in sede interforaminale a ridosso del foro mentoniero, in quanto la valutazione radiografica eseguita con le sole tecniche convenzionali, non consente di visualizzare l’ansa anteriore del nervo il quale, prima di fuoriuscire dalla mandibola, curva verso l’alto, l’esterno e distalmente. L’anestesia tronculare alla spina di Spix rappresenta il primo momento operatorio a rischio sia per il linguale sia per l’alveolare inferiore, che possono essere lesi in seguito a puntura accidentale (XVII). La realizzazione di un lembo mucoperiosteo nei settori latero-posteriori della mandibola può comportare il rischio di una lesione neurotmesica sia in fase di incisione che di scollamento. Per evitare di coinvolgere il nervo mentoniero è consigliabile eseguire l’eventuale taglio di rilasciamento lontano dall’emergenza del fascio vascolo-nervoso, in posizione mesiale rispetto al canino omolaterale oppure distalmente al secondo premolare e procedere alla

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mobilizzazione iniziale dei tessuti mucoperiostei per via smussa (fig.1). In implantologia la preparazione del sito ricevente, soprattutto se effettuata nelle immediate adiacenze del forame mentoniero o del canale mandibolare, sebbene accuratamente programmata mediante opportune valutazioni radiologiche, richiede un continuo monitoraggio della profondità di perforazione, che si realizza mediante il controllo visivo delle tacche millimetriche di riferimen-

Il territorio d’innervazione dell’alveolare inferiore, rappresentato sommariamente dalla regione inferiore del volto, appare particolarmente sensibile alle variazioni spaziali dello stimolo e poco sensibile al caldo e alla discriminazione tra due punti; pertanto, durante la mappatura del nervo, ossia la demarcazione dell’area del deficit sensitivo con matita dermica o pennarello ad inchiostro lavabile, le superfici evidenziate presenteranno un’estensione diversa a seconda del tipo di sensibilità esaminato (XXI).

to incise sia sulle frese sia sulle sonde fornite dalle case produttrici. L’avvicinamento della strumentazione rotante al canale mandibolare non può infatti essere rilevato, nel caso in cui sia stata eseguita l’anestesia per infiltrazione piuttosto che il blocco loco-regionale dell’alveolare inferiore, sulla base delle sensazioni dolorose provate dal paziente, perché la risposta ad una determinata stimolazione presenta una notevole variabilità individuale ed è condizionata dall’interpretazione soggettiva (fig.2) L’iter diagnostico delle lesioni ai tronchi nervosi si basa fondamentalmente su una fase precoce, immediatamente successiva alla comparsa del danno e su una tardiva, più complessa e articolata, che prevede il ricorso ad indagini specifiche. La fase precoce consiste essenzialmente nella valutazione della sintomatologia riferita dal paziente (anestesia, ipoestesia, parestesia, disestesia, ageusia o ipogeusia) e nell’esecuzione di un esame ortopantomografico, alla ricerca di alterazioni patologiche correlabili, quali la dislocazione di un frammento osseo o la penetrazione di una “fixture” all’interno del canale mandibolare. L’assenza di un riscontro radiografico obiettivo e il rilievo di parestesie e/o ipoestesie, soprattutto nel territorio d’innervazione dell’alveolare inferiore, depongono per una sindrome stuporosa del nervo (neuroprassia), suggerendo un atteggiamento di vigile attesa In caso invece di una lesione evidenziata intraoperatoriamente e/o di una sintomatologia persistente o peggiorativa è necessario passare a un livello d’indagine più avanzato, che prevede il ricorso a test clinici (XVIII-XIX) e strumentali (XX). In caso di lesione del nervo alveolare inferiore, le prove cliniche sono meccanocettive, chimiche, di valutazione termica, di stimolazione elettrica e di discriminazione nocicettiva e vanno ripetute con cadenza mensile a partenza dal primo mese successivo all’incidente traumatico, al fine di monitorare l’evoluzione funzionale del nervo colpito.

I test strumentali sono rappresentati da analisi elettrofisiologiche, quali i potenziali somato-sensoriali evocati (TSEP) e il blink reflex e da tecniche avanzate di diagnostica per immagini, come la tomografia computerizzata (TC) e la risonanza magnetica nucleare (RMN). Il trattamento dei danni ai tronchi nervosi prevede un diverso regime terapeutico, di tipo medico o chirurgico, a seconda dell’entità delle alterazioni patologiche e della sintomatologia neurologica riferita dal paziente. La terapia medica si diversifica in funzione del differente periodo di guarigione della lesione: la fase iniziale, immediatamente successiva all’evento traumatico; la fase riparativa, entro il primo mese; la fase tardiva, in cui la sintomatologia neurologica è in via di stabilizzazione. Durante il primo periodo è prevista la somministrazione di associazioni farmacologiche, costituite da F.A.N.S., cortisonici, enzimi proteolitici, antibiotici e vitamine, con l’obiettivo di ridurre la compressione dell’edema o dell’ematoma sul tronco nervoso, di prevenire lo sviluppo di infezioni e di ostacolare la crescita di tessuto fibrocicatriziale. In particolare i cortisonici agiscono da antiedemigeni, favorendo la decompressione del sito lesionale, in sinergia con gli enzimi proteolitici i quali, caratterizzati da un’intensa attività fibrinolitica, sono responsabili della lisi del coagulo e favoriscono il riassorbimento dell’ematoma. L’utilizzo di concentrati vitaminici a dosaggio elevato (34g/die per la vitamina C, 1500-2000UI/die per la vitamina E) è finalizzato alla protezione delle strutture vascolari del nervo colpito e alla prevenzione dell’ischemia posttraumatica, in modo da limitare il danno cellulare (XXII). Nella fase riparativa il trattamento farmacologico mira invece a promuovere la rigenerazione nervosa, mediante l’utilizzo di ormoni, vitamine, vasodilatatori ed ozono. In associazione al trattamento farmacologico durante questa fase viene proposto il ricorso alla terapia fisica rappresentata da: magnetoterapia, che prevede l’utilizzo di un campo magnetico in grado di modulare l’attività di


molecole ionizzate nelle zone ischemiche. Il ricorso a farmaci durante la fase tardiva è indicato in caso di insuccesso dei regimi terapeutici sopradescritti e serve per controllare il dolore di origine centrale indotto dall’iperattività corticale (sindrome da deafferentazione). A questo scopo viene suggerita la somministrazione di agenti anticonvulsivanti, quali la carbamazepina, la difenilidantoina e l’acido valproico, di associazioni di antidepressivi triciclici e agenti psicotropi (fenotiazina) oppure di gel analgesici da applicare localmente che, riducendo la conduzione di stimoli nocicettivi dal sito di lesione al sistema nervoso centrale, sarebbero in grado di prevenire o comunque ritardare la comparsa del dolore di origine centrale (XXIII). La terapia chirurgica (microneurochirurgia) è finalizzata al ripristino della continuità del tronco colpito che conduce al recupero della funzione nervosa o quantomeno al miglioramento della sintomatologia del paziente, convertendo l’anestesia, la parestesia o la disestesia in un grado accettabile di ipoestesia.

In letteratura vengono riportate essenzialmente tre tecniche per la risoluzione chirurgica delle lesioni: neurorrafia o anastomosi termino-terminale diretta mediante sutura epineurale o interfascicolare; innesto di tessuto nervoso autologo prelevato da varie sedi; intubazione dei monconi nervosi o tubulizzazione. In conclusione, considerato il grave effetto invalidante che deriva da una lesione del nervo alveolare inferiore e dalla complessità dei protocolli diagnostici terapeutici, è opportuno informare il paziente dei rischi, delle modalità e delle possibilità di risultato del trattamento implantologico in situazioni predisponenti alle lesioni nervose. Queste sono premesse fondamentali per un’indicazione corretta, insieme, ovviamente, a un sufficiente iter diagnostico e a un buon livello di comunicazione tra operatore e paziente. L’intervento in caso di fattori predisponenti a lesioni del nervo alveolare inferiore, dovrà essere eseguito da personale con elevata casistica, visto che solo così è possibile ridurre al minimo morbilità e complicanze.

BIBLIOGRAFIA I ) Ellies GL. The incidence of altered sensation of the mental nerve after mandibular implant placement. J Oral Maxillofac Surg 1999; 57: 1410-2 II ) Ellies GL. The incidence of altered sensation of the mental nerve after mandibular implant placement. J Oral Maxillofac Surg 1999; 57: 1410-2 III ) Scarano A, Di Carlo F, Quaranta A, Piattelli A. Injury of the inferior alveolar nerve after overfilling of the root canal with endodontic cement: a case report. Oral Surg Oral Med Oral Pathol Oral Radiol Endod. 2007;104:56-9 IV ) Gregg JM. Stufies of traumatic neuralgia in the maxillofacial region: symptom complexes and response to microsurgery. J Oral Maxillofac Surg 1990; 48: 135-40. V ) Buckley MJ, Zuniga JR. Nerve dysfunction. Oral Maxillofac Surg Clin North Am 1993 ;5:137-44 VI ) Ba a O, Dilek OC. Assessment of the risk of perforation of the mandibular canal by implant drill using density and thickness parameters. Gerodontology. 2010:4;34-41 VII ) Seddon HJ. Three types of nerve injuries. Brain 1943;66:237-43. VIII ) Sunderland S. Nerves and nerve injuries. New York: Churchill Livingstone; 1978. p. 569-92. IX ) Donoff RB, Guralnick W. The application of microneurosurgery to oral-neurologic problems. J Oral Maxillofac Surg 1982; 40:156-9 X ) Girard KR. Consideration in the management of damage to the mandibular nerve. JADA 1979; 98: 65-71 XI ) Morrison A, Chiarot M. Kirby S. Mental Nerve Function After Inferior Alveolar Nerve Transposition for Placement of Dental Implants J Can Dent Assoc 2002; 68:46-50 XII ) Zuniga JR, Essick GK. A contemporary approach to the clinical evaluation of the trigeminal nerve injuries. Oral Maxillofac Surg Clin North Am 1992; 4:353-67

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Presenta:

CHIRURGIA DAL VIVO: TECNICHE AMBULATORIALI RICOSTRUTTIVE NEI DEFICIT OSSEI DEI MASCELLARI L’obiettivo del corso è quello di illustrare ai colleghi le principali tecniche ambulatoriali di chirurgia orale nella riabilitazione implantare dei mascellari atrofici. Si evidenzierà, inoltre, con interventi eseguiti dal vivo su paziente in sala operatoria, la funzionalità chirurgica della metodica implantare Profile 1 nell’esecuzione di rendere possibile l’inserimento di impianti in interventi complessi su ricostruzione dei mascellari con scarsa ampiezza ossea. I corsi di una giornata ciascuno si svolgeranno con inizio alle ore 9:00 nei giorni di sabato 27 febbraio 2010 8 maggio 2010 17 luglio 2010 presso Centro Chirurgia Orale Valtellinese Viale Italia, 24 – 23037 Tirano (SO) Relatore Dr. Paolo Pianta Ha conseguito la laurea in medicina e chirurgia presso l’Università degli studi di Pavia nel 1980. Dal 1982 si occupa prevalentemente di chirurgia implantare e protesi su impianti con particolare interesse riguardo la chirurgia perimplantare dei mascellari atrofici. Ha frequentato numerosi corsi in Italia e all’estero. Dal 1985 al 1989 ha perfezionato le sue tecniche implantoprotesiche presso la Clinica Branemark di Goteborg in Svezia. Attualmente nell’ambito della chirurgia orale è referente della sistematica implantare Profile 1 della Overmed. Svolge attività professionale in qualità di direttore sanitario presso il Centro di Chirurgia Orale Valtellinese di Tirano. Dal 2003 è membro del A.I.S.I. come referente territoriale in chirurgia orale per la provincia di Sondrio. Socio attivo nel direttivo provinciale del Cenacolo Valtellinese. Nel 2009 Corso di Aggiornamento Professionale in”Utilizzo della Luce Laser nel distretto cranio-facciale” presso l’Università di Genova. Inoltre, svolge la libera professione presso il proprio studio di Bormio (SO).

Segreteria Eventi Overmed s.r.l.— Ing. Jenni Vescovo Essendo il corso riservato ad un numero ristretto di 5 partecipanti, si prega di contattare la segreteria organizzativa entro 20 giorni dalla data stabilita. Via Lucania, 23 – 20090 Buccinasco (MI) Tel 02 45712909 – info@overmed.eu Sig. Paolo Andrisani 335-8715682


RIABILITAZIONE ORALE COL CAD CAM DI UNA EMIARCATA DOPO GRANDE RIALZO DI SENO

Implantologia

Dott. Gianluca Furlan Libero professionista in Milano Riassunto Questo lavoro tratta un caso di riabilitazione protesica dopo grande rialzo di seno mascellare. Anche un caso complesso come quello presentato,puo’ essere agevolmente risolto con la metodica cad cam , tecnica standardizzata , che porta a ottimi risultati sia dal punto di vista funzionale, sia dal punto di vista estetico.

Abstract This paper it’s about a protesic riabilitation work after a sinus lift. Even a complex case, as the one discussed here, can be easily solved with the cad cam metodology, a standardized technique, which achieves good results both from the functional point of view and from the aesthetic perspective.

Parole Chiave Rialzo di seno mascellare, impianti endossei , protesi con cad cam.

Key Words Sins lift , implants , cad cam prosthesis.

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a riabilitazione orale di pazienti con grande pneumatizzazione dei seni mascellari mediante intervento di grande rialzo di seno, successivo inserimento di impianti endossei e successiva protesizzazione, è una pratica diffusa che garantisce risultati buoni e predicibili. Inoltre lo sviluppo e la realizzazione di un lavoro protesico tramite cad cam, garantisce una semplicità ed una precisione assolutamente uniche. Il termine Cad cam è un acronimo di lingua inglese che significa Computer Aided Design e Computer Aided Manufactoring, che significa disegnato con supporto di computer e prodotto con supporto di computer. Il lavoro che viene pubblicato di seguito ne vuole essere la conferma. Si presenta nel mio studio una pz di sesso femminile di circa 45 aa, con problemi relativi ad un lavoro protesico sup.sx con pilastri 21 -22 -26 -27, realizzato alcuni anni prima. All’esame radiografico (opt e rx locali) ed all’esame obiettivo, risulta una frattura del 26 con dolore e tumefazione locale e una lesione cariosa palatale a carico del 27 (foto 1). Inoltre è possibile apprezzare una notevole pneumatizzazione del seno mascellare dovuta all’assenza da diversi anni degli elementi dentali corri-

spondenti (mancanza di 23-24-25) (foto 1), che ha portato alla conseguente pneumatizzazione del seno. Si è quindi pensato di intervenire estraendo il 26, effettuare un grande rialzo di seno mascellare sx, inserire successivamente tre impianti e protesizzare. Il grande rialzo è stato effettuato con la tecnica piezoelettrica (foto2) che ha il grande vantaggio di poter tenere sotto controllo il sanguinamento grazie alla cavitazione, di poter avere una precisione maggiore nell’apertura della finestra vestibolare e di avere maggiore rispetto delle strutture delicate della zona, cioè la membrana di Schneider e l’arteria alveolare posteriore superiore. Si è quindi proceduto all’apertura di una finestra vestibolare (foto 3), al successivo scollamento della membrana di Schneider (foto 4), al riempimento del seno con mix di osso spongioso e corticale di origine equina con componente collagenica preservata (osteoxenon) e PRF (foto dscn 2009)cioè plasma ricco di fibrina ottenuto con prelievo (foto 5) di sangue venoso del paziente ,centrifugazione (foto 6) dello stesso , separazione della parte corpuscolata (foto 7 e 8) formazione di membrane sottili (foto 9) riduzione delle membrane in pezzetti mescolati con l’osso equino (foto 10), posizionamente del mix cosi’ ottenuto all’interno del seno (foto 11) , alla chiusura della finestra con

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una membrana di collagene (foto 12) e al riposizionamento del lembo nella sua posizione originale (foto13). Nella mia esperienza clinica ho potuto constatare che l’utilizzo della PRF miscelata con osso di derivazione animale oltre ad un ottimale riempimento del seno ,porta ad una elevata riduzione dell’edema e del dolore post-operatorio, con conseguente riduzione dell’assunzione di farmaci antidolorifici e anti infiammatori e maggior benessere nella vita di relazione del paziente. La rx e la tac di controllo evidenziano, come sopra detto, un ottimale riempimento del seno (foto 14 e 15 ) Passati sei mesi si è proceduto alla riapertura di un lembo mucoso e all’inserimento di tre impianti deep nec Profile due a spira fine e uno a spira larga (foto16) Dopo tre mesi si è proceduto alla protesizzazione e quindi al rilevamento dell’impronta con transfert (foto 17) , successivo inserimento degli analoghi nell’impronta (foto 18) e invio della stessa al laboratorio per lo sviluppo del modello. Successivamente dal laboratorio sono state inviati i monconi in zirconio sui tre impianti,i due perni moncone sugli elementi 21 e 22 (foto 19) piu’ delle cappette in poliammide rinforzate con fibre di nylon aventi la funzione di verificare la corretta posizione degli impianti rispetto al rilevamento della prima impronta con i transfert. Queste cappette sono state ribassate con materiale da impronta per verificarne ulteriormente la precisione e contemporaneamente è stata riconfermata la dimensione verticale in duralay (foto 20). Il laboratorio ha provveduto a farmi riavere le strutture in zirconio sugli impianti con le relative cappette anche loro in zirconio e le cappette in zirconio sui monconi (foto 21 e 22). Posizionate le cappette in zirconio è stato rilevato un arco facciale (foto 23 e 24) per orientare correttamente il modello superiore rispetto ai condili nell’articolatore a valore individuale. Il tutto è stato rimandato al laboratorio che, successivamente, ha provveduto a farmi avere la prova della ceramica prima della finitura definitiva (foto 25). Dopo avere verificato gli stop di centrica e le corrette guide anteriori ( guida incisiva e guida canina) è stato ricontrollato il colore nei suoi parametri (tinta – croma – valore) e rimandato al laboratorio che ha provveduto alla finitura dello stesso. Le foto del lavoro finito e cementato dimostrano la ottimale precisione delle chiusure sia vestibolari (foto 26) che palatali ( foto 27). In conclusione possiamo affermare che la metodica di utilizzo del Cad Cam è assolutamente facile, rapida e soprattutto precisa.

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CHIRURGIA

RIAPERTURA A CINQUE MESI DI AUMENTO VERTICALE DI CRESTA MEDIANTE INNESTO DI FOSFATO TRICALCICO CERAMIZZATO DI TIPO BETA CON TECNICA “ROC” LASER ASSISTITA Dott. Paolo Pianta Medico Chirurgico Odontoiatra COLLABORATORI: Elena Scotti Strumentista, Giada Zandonà GIADA Aso La tecnica ROC di cui parlo è stata messa appunto dal Dott. Luca Lancieri docente della facoltà di Odontoiatria dell'Università di Genova."

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copo del presente lavoro è illustrare il risultato ottenuto dopo 5 mesi su grave atrofia del mascellare superiore, trattato con l’innesto di Fosfato Tricalcico Ceramizzato in polvere con l’aggiunta di Tissucol,membrane p.r.f, griglia in titanio e biostimolazione con laser defocalizzato (diodi 980) ripetuto ogni 2 giorni per 6 sedute.

CASO CLINICO La paziente di 61 anni giunta alla nostra osservazione 6 mesi fa e sottoposta a intervento di rigenerazione ossea del mascellare superiore dopo 5 mesi dall’intervento,riferisce un miglioramento nella gestione della protesi totale superiore , all’esame obiettivo intraorale le gengive sono rosee e non vi è più mobilità. Attraverso la radiografia panoramica (foto 1), possiamo notare l’avvenuto aumento crestale di 5-7mm. FASE CHIRURGICA Sempre previa assunzione di terapia antibiotica con azitromicina 500mg. (1 cp. Il giorno prima dell’intervento,1cp il giorno stesso e una cp. Il giorno successivo) è stata praticata anestesia locale con articaina 1:200.000. Eseguito un lembo a tutto spessore con incisione crestale attraverso l’ausilio di bisturi “BLADION” a risonanza molecolare si procede allo scollamento del periostio mettendo a nudo il sito precedentemente innestato che, in questo caso ,si estendeva per tutta l’arcata superiore (foto2-3). Sempre sotto costante irri-

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gazione salina,iniziamo la rimozione delle viti di osteosintesi poste nella zona palatina (foto 4-5-6-7), eliminiamo la griglia in titanio e verifichiamo la stabilità dell’innesto (foto8-9-10). Le misurazioni ossee hanno rilevato un incremento di 5-7 mm in senso verticale e di 4 mm in senso orizzontale, l’osso si presenta ancora morbido nella cresta incisale ma ben vascolarizzato (foto11) si decide quindi di suturare con la tecnica dei punti staccati (foto 12-13) e di attendere altri 6/7 mesi prima di inserire gli impianti . Nel post intervento è stata prescritta una terapia analgesica con ibuprofene 600mg ogni 8-12 ore a necessità e sciacqui con clorexidina 0,20% 3 volte al giorno per 14 giorni. Adistanza di una settimana sono state rimosse le suture (foto14-15), il tessuto si presentava ben cicatrizzato. La protesi totale della paziente è stata creata su nostra richiesta, dal laboratorio odontotecnico DENTALGENESI,in silicone termoplastico con denti montati in resina (foto16-17), pur non essendoci casi specifici in letteratura abbiamo deciso di sperimentare tale tecnica in modo da eliminare la rigidità di una protesi in resina tradizionale, la protesi in silicone si presta al nostro caso in quanto si adatta meglio alle mucose senza caricare eccessivamente il sito innestato e quindi favorisce la guarigione , dando la possibilità al paziente di usufruirne già dopo una settimana dall’intervento senza problemi. La radiografia di controllo ha confermato l’aumento di cresta ottenuto (foto18).


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FreeBar System Il problema tecnico che il procedimento Free Bar vuole risolvere, è quello della realizzazione di manufatti protesici atti a congiungere più impianti dentali inseriti nelle arcate. Tali manufatti vengono costruiti in un unico pezzo che deve adattarsi a incastro, sugli impianti. Poiché l'asse di inserimento degli impianti risulta essere sempre più o meno disparallelo rispetto agli altri, poter inserire un unico pezzo, a incastro su di essi, richiede connessioni lasche o deformate, che agiscono in modo negativo sugli impianti stessi, creando tensioni o micro movimenti e scarsa stabilità, possibili cause di insuccessi. Due o più monconi fissati tra loro a formare una barra non possono mai essere incastrati sui rispettivi impianti quando questi siano tra loro convergenti o divergenti ed in generale dispara/leli. Questi problemi sono stati risolti progettando il Sistema brevettato FreeBar, che consiste in monconi a tre elementi scorporabili tra loro, che consentono impronte sicure senza vincoli e frizioni anche su più impianti disparalleli. Tutte le barre risulteranno precise, stabili e perfettamente passivate, vincolate dai connettori a incastro poligonale all'interno delle viti implantari.

Posiziona mento dei monconi sugli impianti per procedere con l'impronta.

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Nei passaggi 2-3-4 Modifica monconi sul modello fino alla realizzazione di una barra di congiunzione pronta per la fusione.

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Barra in lega preziosa scomposta, si evidenziano i connettori, le viti di serraggio e le chiavi accessone.

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Ecco come si presenta la barra perfettamente posizionata sugli impianti Profile1

Il risultato finale posizionato sull'arcata edentula del paziente. La barra posizionata sugli impianti è pronta per le fasi protesiche successive.

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FreeBar è prodotto e brevettato da Or-Vit S.rI. 40050 - Argelato - Bologna - Via Due Ponti, 17 Telefono: 051 701457 - Fax: 051 702536 e-mail: info@or-vif.com - www.or-vif.com


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a imp u lso lun go - permette infalti se adegua ta mente paramet ra la di lra tl a re con risu lt ati ecce ll enti sia la chi r urg ia dentale che es tetica oltre a tantissi me applicazio ni d e rmato logiche. (011

Chim era 0 + 0 cambia completamente il punto di vi la dello studio dentisti co,

sia solto l'as pe llo app lica tivo che commerciale. Oltre ai tratta m enti asso cia li all'odonloialria tradiZiona le, ma e ffettuali con la tecnolog ia laser a fib ra ott ica e quindi molto meno traumatici c dolorosi oltrc c he più efficaci in b revissi mo tempo, si potranno ofrrire ai pazie nti tutte le ric hi estissime applicazioni di medicina estetica e derma lo log la come il roloringlovani mento, l'eliminazione delle lesione pi g mentate e delle piccole rughe, i trattamenti vascolari superficia li co me coupe rose e a ngio mi. l'epilazione di piccole aree e la rimozione fibro mi e fibropapi ll omi olt re che di nevi epidermici . Appli cazion i l ase r De nt a le : ./ ./ ./ ./ ./

Appli ca z ioni la ser De rm a tolo g ic o :

PARODONTOLOGIA ENDODONZIA CONSERVATIVA CHIRURG IA PATOLOGIE DELLA MUCOSA

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LESIONI VASCOLARI LESIONI PIGMENTATE PICCOLA CHIRURG IA DERMATOLOGICA RIABILITAZIONE

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E’ POSSIBILE L’ASSOCIAZIONE SUBPERIOSTEI PARZIALI, ELEMENTI NATURALI ED IMPIANTI ENDOOSSEI?

PROTESI

Prof. Calogero Bellavia Specialista in impiantologia. Libero professionista in Cologno Monzese.

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ggi si ottengono ottimi risultati con le Over Denture. Nel 1976, il Prof. Capozzi dichiarava: “tutti i miei casi di impianti iuxta-ossei totali superiori sono andati incontro ad insuccessi”. Tale dichiarazione mi costrinse a lunghe meditazioni sulle cause, indicate da Capozzi, poste alla base dei suoi mancati successi, fatto questo che fece diminuire notevolmente il numero di subperiostei da me realizzati. L’amicizia ed i contatti con grandi ricercatori come Balistreri, A.Hruska, D.Canitz, S.Schmiedinger, C.Weiss ed altri, ha contribuito in maniera decisiva a considera-

re più da vicino la problematica subperiostea ed a riprendere a pieno ritmo le mie realizzazioni iuxtaossee. Nel 1982,a Toronto, Branemark definiva istologicamente l’osteointegrazione in questi termini: “si tratta di una connessione diretta fra l’osso vivente e un impianto endoosseo in grado di sostenere un carico, osservata al microscopio ottico …” E’ una vera e propria anchilosi che si realizza all’interfaccia osso-metallo. Anche altri ricercatori come Denissen, Zarb G.A., Alberktsson T.,ecc, consideravano

Riassunto: L’implantologia delle associazioni fra elementi naturali residui ed ancora affidabili del paziente, impianti endoossei sommersi o con moncone emergente, impianti subperiostei parziali, può determinare un alto numero di successi se eseguite nel rispetto delle regole chirurgiche e protesiche. In alternativa all’implantologia delle associazioni, da alcuni anni ritengo molto vantaggiosa la soluzione impianto-protesica con la metodica delle Over-denture. Il sistema implantologico Orvit, ricco di una vasta componentistica, è in grado di assicurare valide soluzioni impianto-protesiche, sia in generale che nella metodica Over-denture in particolare. Quest’ultima soluzione è avvantaggiata da componenti meccaniche all’avanguardia e permette l’installazione intraorale di manufatti assolutamente stabili e facilmente rimovibili.

Abstract The implantology of the associations among natural residual and still reliable by patient elements, submerged endoboned screws or with emergent abutment, partial subperiostal, can determine a high number of successes if you perform in the respect of the surgical and prosthetic rules. In alternative to the implantology of the associations, from some years I hold very advantageous the solution by using the methodic Overdentures. The Implant system Orvit, rich of a vast components, is able to assure valid implant and prosthetic solutions, both in general and particularly in the methodic Over-denture; this last solution is benefitted by mechanical components to the state-of-the-art one and it absolutely allows the oral installation of stable manufactured articles and easily removable.

Parole Chiave: Implantologia mista - subperiostei – impianti endoossei – overdenture

Key Words: implantology of the associations – subperiosteal – endoboned screws - overdenture

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Foto 1: subperiostei eseguiti 30 anni fa Foto 2: implantologia delle associazioni

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e considerano come stato di normalità implantare il rapporto diretto osso vivente - impianto, senza interposizione di tessuto connettivo fibroso in nessuna parte dell’interfaccia. Dopo 32 anni di esperienza implanto-protesica sono arrivato alle seguenti conclusioni: Implantologia sommersa con carico ritardato = alto numero di successi se eseguita nel rispetto delle regole; Implantologia con impianto già provvisto di moncone subito emergente con carico immediato, tramite protesi provvisoria prima e definitiva in breve tempo (20/30 giorni) = alto numero di successi se eseguita nel rispetto delle regole chirurgiche e protesiche; Implantologia delle associazioni fra a) elementi naturali residui ed ancora affidabili del paziente; b) impianti endoossei sommersi o con moncone emergente; c)

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impianti subperiostei parziali = alto numero di successi se eseguita nel rispetto delle regole chirurgiche e protesiche (foto 1 e 2); Implantologia subperiostea parziale = alto numero di successi se eseguita con estensione pterigoidea (sutura pterigo - palatina), buon numero di successi se eseguita in altre zone perché sempre nel rispetto delle regole chirurgiche e protesiche; Implantologia subperiostea totale superiore = non raccomandabile perché ho avuto una percentuale di insuccessi che supera di poco il 30%, in pratica, circa un terzo dei subperiostei totali superiori introdotti, sono stati da me rimossi in un arco di tempo che va dai 2 agli 8 anni dall’epoca dell’introduzione. Implantologia subperiostea totale inferiore= basso numero di insuccessi, raccomandabile se eseguita nel rispetto delle regole chirurgiche e protesiche. L’implantologia delle associazioni è quella che mi ha dato nel tempo molte soddisfazioni, in quanto, in casi che seguo da oltre 30 anni, a varie distanze di tempo, mi sono trovato a sostituire uno o più elementi dentari con uno o più impianti. Ne gli iuxta, ne gli impianti messi inizialmente, sono stati in alcun caso sostituiti, appare ovvio che ogni 10/15 anni ho dovuto rifare la componente protesica, sia per motivi estetici sia quando ho dovuto avulgere uno o più elementi dentari e sostituirli con impianti sia sommersi sia con moncone emergente. Considerazioni anatomo- bio- meccaniche relative all’implantologia delle associazioni. Gli elementi naturali residui ed ancora affidabili del paziente, sono provvisti di una struttura periodontale altamente differenziata e specializzata, in grado di assicurare ai denti una vera ammor tizzazione idraulica. Il dente può soppor tare sollecitazioni provenienti da qualsiasi direzione dello spazio, può soppor tare questo carico, purché non risulti superiore


al limite di rottura. L’impianto endoosseo, quando è completamente immerso e si trova in stato di quiete, si presenta a diretto contatto con il tessuto osseo e non si evidenzia alcuna componente fibrosa all’interfaccia osso-titanio. Con l’inserimento della componente monconale, l’impianto viene sottoposto ad una vera e propria attività funzionale. All’interfaccia osso-impianto si evidenziano alcune zone in cui sono microscopicamente visibili, formazioni 3 acellulari di connettivo fibroso. Tali formazioni sono apprezzabili lungo le direttrici di lavoro delle funzioni. Non si tratta di una struttura periodontale bene organizzata con ammortizzazione idraulica, ma, dato l’orientamento delle fibre lungo le direttrici delle funzioni, si può parlare di limitata ammortizzazione coinvolgente alcune direttrici della superficie implantare. Questa situazione implantare da me chiamata “fibro-osteo-integrazione”, è da considerare analoga alla “osteointegrazione” in quanto le due situazioni sono uguali nel supportare le funzioni e nella durata nel tempo. La struttura metallica dello iuxtaosseo, nella sua componente subperiostea, si viene a trovare completamente inglobata in un manicotto di tessuto connettivo fibroso acellulare, mentre le strutture ossee su cui poggia il manicotto presentano segni di attività osteogenetica. Mentre sull’impianto endoosseo si crea un continuo rimaneggiamento osseo legato e proporzionale all’attività funzionale, il corpo dello iuxta appare rivestito da un manicotto di tessuto connettivo fibroso acellulare poggiante su un tessuto osseo in piena attività osteogenetica proporzionale anch’essa alle funzioni. Se iuxtaossei ed endoossei non subiscono sollecitazioni traumatiche durante le funzioni, il processo di osteointegrazione negli endoossei e l’attività osteogenetica negli iuxta, permangono inalterati. L’istaurarsi viceversa di sollecitazioni insostenibili di origine protesico-funzionale (decementazioni e fratture protesiche, variazioni occlusali traumatiche,ecc.)provocherebbe, sia a carico degli iuxta che degli endoossei, l’inizio di attività osteoclastica, nell’osso di supporto, sia dell’uno che dell’altro impianto, a livello cioè subimplantare e periimplantare. La conseguenza di questo stato di fatto implica il riassorbimento di tessuto osseo che viene sostituito da connettivo fibroso non organizzato. L’intervento del professionista, quando la problemati-

Foto3: OPT prima dell’intervento

ca si trova in uno stadio non avanzato, può permettere una restitutio ad integrum dei tessuti periimplantari e con essa un ritorno alla normalità. Nell’eventualità contraria, risulta inevitabile l’insuccesso, e con esso, la rimozione sempre traumatizzante degli impianti e degli eventuali elementi del paziente, coinvolti nella restaurazione implanto-protesica fallimentare. In conclusione, l’armonia di queste tre associazioni non viene turbata, alle seguenti condizioni: i fattori meccanici relativi agli impianti; i fattori meccanici relativi alla protesi non devono elevare l’intensità complessiva del carico, rendendolo in caso contrario traumatizzante. Da alcuni anni ritengo molto vantaggiosa la soluzione impianto-protesica con la metodica delle Over Denture. I vantaggi sono assicurati dall’utilizzo del sistema implantologico ORVIT, ricco di una vasta componentistica, in grado di assicurare brillanti e solide soluzioni impianto-protesiche, in generale e nelle soluzioni Over Denture in particolare. Quest’ultima soluzione è avvantaggiata da componenti meccaniche all’avanguardia e permette l’istallazione intraorale di manufatti assolutamente stabili e facilmente rimovibili. La presentazione di un caso clinico, dalla visione della parte chirurgica alla realizzazione impianto-protesica sarà abbastanza esplicativa. Il caso clinico riguarda un paziente dell’età di 65 anni, portatore di due protesi mobili, una totale superiore ed una parziale inferiore, poggiante su due elementi residui, ormai totalmente instabili,il 3.3 ed il 3.4. La visione della prima OPT dimostra la presenza di una buona cresta alveolare inferiore, consistente, sia sul piano sagittale, spessore, sia nella visione del piano frontale, profondità (foto 3). L’osservazione di questi parametri ci permette già di considerare l’introduzione, nella zona compresa fra 3.4 e 4.4 di numero quattro impianti ORVIT, a passo fine doppia spira, del diametro di 3,5 mm e della lunghezza di 15 mm, nel settore di cresta ossea compresa fra 3.3

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Foto 4: impianti Orvit inseriti Foto 5: OPT degli 8 impianti Orvit inseriti Foto 6: meso- ed eso- struttura inferiore

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e 4.3 (foto 4). A carico della cresta ossea superiore, piuttosto carente sui tre piani dello spazio, si possono introdurre due impianti ORVIT in posizione 1.2 e 1.3 e due in posizione 2.3 e 2.4. In posizione 1.2, un impianto a passo fine doppia spira, del diametro di 3,5 mm e della lunghezza di 10 mm, mentre in posizione 1.3 un impianto a passo largo del diametro di 4 mm e della lunghezza di 8 mm. In posizione 2.3 e 2.4 due impianti a passo fine doppia spira, del diametro di 3,5 mm e della lunghezza di 8 mm. In due fasi successive sono stati introdotti gli 8 impianti suddescritti, come è possibile vedere nella OPT relativa (foto 5). A distanza di due mesi sono state confezionate le due Over Denture. La sequenza delle immagini descrive con chiarezza la suesposta procedura (foto 6 - 11).

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Foto 7: eso-struttura inferiore nel cavo orale Foto 8: meso-struttura superiore inserita sull’endo-struttura Foto 9: eso-struttura superiore nel cavo orale Foto 10: le due eso-strutture in occlusione

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BIBLIOGRAFIA Albrektsson T., Branemark P.I., Hansson H.A., e T Al.: Osseointegrated titanium implants. Requirements for ensuring a long-lasting, direct bone anchorage in man. Acta Orthop Scand 1981; 52: 1555/70; Bellavia Calogero: Atlante di Implantologia. Masson 1988 Bellavia Calogero: Atlante di Implantologia combinata subperiostea ed endoossea. Masson 1989

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ENDODONZIA

IL MICROSCOPIO OPERATORIO IN ENDODONZIA ORTOGRADA Dott. Cristiano Grandi Libero professionista in Roma Dott. Cristiano Miglio Libero professionistaa in Roma Riassunto Il Microscopio Operatorio ci garantisce effettivamente un salto di qualità in endodonzia. Se usato con criterio e abbinato ad altri tipi di strumentazione come gli ultrasuoni e i vari coloranti il M.O. ci permette di entrare nei denti dei nostri pazienti e visualizzare l’aspetto endodontico di essi. Questo si riflette in una migliore diagnosi, maggiore sicurezza e certezza nella reperibilità dei canali e nel superamento dei vari ostacoli sia fisiologici che iatrogeni, che incontriamo nel nostro percorso verso l’Apice dentale. Analizzando i vari campi di applicazione possiamo capire come oggi si riesca ad esercitare questa branca dell’odontoiatria in maniera predicibile, in quanto possiamo realmente affermare di riuscire a vedere ciò che facciamo, e questo si manifesta con una qualità migliore delle nostre cure. In sintesi, qualsiasi procedura nel campo dell’endodonzia può essere effettuata in maniera più efficiente e accurata con garanzia di migliore qualità grazie alla visualizzazione offerta dal microscopio operatorio. La vera sfida per i clinici di tutto il mondo consiste nella scelta di trattare i propri pazienti con i migliori strumenti a disposizione (il microscopio operatorio) al fine di ottenere i migliori risultati clinici e allontanare i confini del possibile.

Abstract Operative Microscope (OM) really improve quality in endodontics. When properly used with appropriate instrumentation such as ultrasounds devices and penetrating colored liquids, MO allows the dentist to “enter” the tooth to look inside the root canal system. That results in more safety and certainty during finding root canal and crossing canal blocks witch finally brings to a better prognosis. After analyzing various application field of OM in endodontics we can say that can finally are able to really see what we do, and that allows to reach a better quality of treatment. In a brief, any procedure in endodontics can run in a more efficient and careful way via magnification and lightening of MO. The further challenge for dentists all over the world is to choose if threat their patient with the best equipment and instrumentations as OM or NOT. Key Words: Operative Microscope, endodontics, dentistry

Parole Chiave: Microscopio Operatorio, endodonzia, odontoiatria INTRODUZIONE Il Microscopio Operatorio (MO) garantisce effettivamente un salto di qualità in endodonzia o rappresenta un gadget commerciale? (1,2) Un tale quesito potrebbe suscitare ancora oggi perplessità, ma, analizzando i vari campi di applicazione di questo strumento in endodonzia potremo capire come oggi si riesca realmente a vedere ciò che facciamo e come questo si traduca in una qualità migliore delle nostre cure. Questo articolo si propone di evidenziare le caratteristiche del MO ed i vantaggi che tale strumento ha apportato alle varie fasi dell’endodonzia ortograda.

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CENNI STORICI Il primo a proporre l’uso del MO in odontoiatria è stato Apotheker (3) nel 1981, i cui progetti costituirono la base del Dentiscope, il primo microscopio odontoiatrico, prodotto dalla Chayes–Virginia Inc. Ma fu Gary Carr nel 1991 (4) a configurare un microscopio operatorio per uso endodontico, leggero ed ergonomico, dotato di un variatore di ingrandimenti, oculari inclinati, oculari per l’assistente e accessori per la documentazione video e fotografica, che presentava numerosi vantaggi rispetto ai precedenti. Il microscopio operatorio si è guadagnato un consenso


Fig.1 - Identificazione perforazione minimale Verifica rimozione dentina cariata Ingrandimento pareti dentinali Identificazione esposizione pulpare minimale Segno di samguinamento Fig.2 - Sindrome dente incrinato Medicazione intermedia Cavità d’accesso eseguita Ingrandimento cavità d’accesso Rime di incrinatura evidenziate da blu di metilene Fig.3 – Perforazione Pavimento Visione camera pulpare dopo rimozione composito Escavazione tessuto cariato sotto ingrandimento Escavazione tessuto cariato sotto ingrandimento Esposizione perforazione

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sempre più ampio presso gli odontoiatri che lo ritengono prezioso per effettuare un trattamento endodontico di alto livello. I vantaggi nel suo utilizzo sono riportati nella Tabella I. Grazie alla visualizzazione offerta dal microscopio operatorio è possibile svolgere qualsiasi procedura in endodonzia e in odontoiatria in maniera più accurata ed efficiente e con esiti eccellenti. USO NELLA PRATICA CLINICA: Diagnosi Nel fare diagnosi il MO è sicuramente uno strumento di grande aiuto, esso ci permette di identificare interruzioni della continuità delle pareti dentali e di effettuare diagnosi certe su alcuni tipi di patologie come la sindrome del dente incrinato e le fratture radicolari non separate. Questo si può ottenere tramite l’applicazione di liquidi penetranti colorati come il Blu di metilene, o il mercurio cromo (5-6) i quali dopo attento lavaggio evidenziano le rime di incrinatura o frattura. Ancora un importante utilizzo è la diagnosi di perforazioni. Gli ingrandimenti del microscopio ci permettono di differenziare gli imbocchi canalari dalla perforazione, di preparare in maniera conservativa la perforazione stessa e di apporvi materiali riparativi in modo da isolare l’ambiente endodontico da quello parodontale e permettere così i processi riparativi. Caso 1: identificazione perforazione minimale (Fig. 1) Elemento 1.4 affetto da carie di apparente 2°grado, con sintomatologia pulpare molto lieve. Dopo la rimozione della zona cariata sembra non esserci interruzione del tetto dentinale pulpare. Ad una più attento esame al MO si evidenzia una porzione minimale di polpa esposta non visibile ad occhio nudo. Caso 2:incrinatura della dentina (Fig.2) Elemento 3.6 con sindrome del dente incrinato. Il Paz. si presenta alla nostra osservazione lamentando dolenzia durante la masticazione. L’elemento risulta negativo ai test termici e positivo al test della masticazione con “Tooth Slooth”. Dopo la rimozione della preesistente ricostruzione di I Classe si procedeva alla rimozione del tessuto pulpare. Quindi si è colorato l’elemento dentario con Blu di metilene e una volta effettuato un abbondante lavaggio si è evidenziata una linea di incrinatura della dentina che

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decorreva in senso corono apicale sino alla camera pulpare, e si è fatto diagnosi di sindrome del dente incrinato. Sotto controllo di ingrandimenti e per mezzo di frese a rosetta dedicate (frese di Muller) si è rimossa la linea di incrinatura, e, una volta ottenuto tale risultato, si è proceduto al trattamento ortogrado, applicazione di una ritenzione endocanalare con perno in fibra e ricostruzione in cemento composito. Caso 3 : perforazione pavimento (Fig.3)

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Fig.4 – Localizzazione Imbocchi canalari Particolare delle calcificazioni Utilizzo fresa di Muller Imbocco canalare evidenziato Sondaggio iniziale del canale

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L’Elemento 1.6 con carie deostruente. Attraverso l’uso del MO si riesce a toilettare tutta la carie evidenziando la perforazione. In questo caso non è stata comunque possibile la riparazione per la presenza massiva del tessuto cariato e l’elemento è destinato all’estrazione e successiva sostituzione con pilastro implantare. Localizzazione degli imbocchi canalari Come ormai evidenziato da numerosi studi, e dalla pratica clinica quotidiana di ognuno di noi la localizzazione di tutti gli imbocchi canalari è strettamente correlata ad una corretta preparazione della cavità d’accesso endodontica. Ci sono però molti motivi che ci inducono a rifinire la nostra cavità d’accesso con la moderna strumentazione oggi disponibile sul mercato. Usando in questa fase il MO e gli ultrasuoni, possiamo bypassare alcune difficoltà come la presenza di calcificazioni intracamerali, o eliminare in maniera più conservativa possibile i ponti dentinali che sovrastano il canale MB2 che, come ormai appurato in letteratura(6), è presente nella maggior parte dei primi molari superiori ed in buona parte anche nei secondi molari. Un altro vantaggio dato dal MO in questa fase operativa è rappresentato dal permettere a forti ingrandimenti di leggere il pavimento della camera pulpare e di evidenziare le linee di congiunzione dei vari imbocchi canalari, in modo da visualizzare anatomie anomale o canali accessori che si riscontrano con maggiore frequenza proprio gra-

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zie all’uso di questa strumentazione. Una metodica molto pratica per reperire gli imbocchi canalari è quella di associare l’utilizzo di coloranti ad esempio la fluoresceina (colorante usato in oftalmologia) con il quale è nostra abitudine inondare la camera pulpare dopo la sua apertura e rifinitura. Dopo un attento lavaggio si illumina la stessa con la normale lampada per polimerizzazione, ed a questo punto tutti i residui di polpa appariranno fluorescenti e possiamo così indirizzarci verso l’interno dei canali radicolari. Un altro importante utilizzo del MO è quello del reperimento ed il superamento delle calcificazioni intracanalari. Questo può essere agevolato dalla evidenziazione dei residui pulpari. Come ci ha mostrato Malentacca sia su denti estratti che su denti in vivo (7), ciò può essere ottenuto colorando l’interno del canale con fucsina , poi detergendolo con alcool a 96% e infine passando uno strato di olio dopo la detersione. Al MO i residui pulpari all’interno del canale appariranno evidenziati con un colore rosso brillante.Tale procedura viene raccomandata solo nei denti posteriori per la forte colorazione che può residuare nella struttura dentale. Caso 4 : Localizzazione imbocchi canalari (Fig 4) Elemento 2.6 con calcificazione camera pulpare. Attraverso l’indagine radiologica endorale si evidenziano segni di atrofia pulpare. All’esame clinico si manifesta una leggera dolenzia alla percussione e i test di vitalità, sia ter-


mico che elettrico risultano positivi. La diagnosi è necrosi pulpare con paradentite apicale acuta. Si decide per la terapia endodontica. All’apertura della camera pulpare attraverso sistemi ingrandenti convenzionali (occhialini 3,3 ingrandimenti) si evidenziano calcificazioni endocamerali presumibilmente dovute alla reazione dell’organo pulpare prima della necrosi, e si decide quindi di proseguire l’apertura attraverso l’ausilio del MO e sorgenti ad ultrasuoni con punte dedicate sino al reperimento di tutti gli imbocchi canalari ed alla completa detersione della camera pulpare stessa. Ritrattamenti Il ritrattamento endodontico oggi è una terapia che ha raggiunto percentuali di successo elevate. Questo è dovuto essenzialmente al fatto che con la strumentazione disponibile (microscopio operatorio, ultrasuoni con punte dedicate e materiali altamente biocompatibili come MTA Mineral Trioxide Aggregate)(8), siamo in grado di riconoscere, evidenziare e rimuovere le cause che hanno portato al fallimento della terapia endodontica precedentemente effettuata. Nell’intraprendere un ritrattamento il primo step frequentemente necessario è costituito dalla rimozione di perni ritentivi in metallo o fibra. Per questo scopo vengono usate sorgenti ultrasuoni che trasmettendo le vibrazioni attraverso il perno in metallo sgretolando il cemento e favorendo così la decementazione del perno stesso. Per la rimozione dei perni in fibra la tecnica più usata è quella dell’usura del perno e del composito di cementazione. A tal fine vengono utilizzate punte molto affusolate per rimuovere il perno in profondità. Un altro utilizzo del MO è previsto nella rimozione degli strumenti separati, allorché il microscopio ci permette di illuminare e visualizzare la porzione dritta all’interno dei canali in modo da poter vibrare o in alcuni casi ancorare la testa dello strumento e permetterne la rimozione. Caso 5 : rimozione strumento fratturato (Fig.5) Elemento 1.6 presenta uno strumento in Ni-Ti fratturatosi nella radice mesiale. Attraverso degli ingrandimenti adeguati, si evidenzia la testa dello strumento, dopodiché viene creato spazio intorno alla porzione più coronale delle strumento fratturato per mezzo di punte ad ultrasuoni o con frese di Gates modificate per l’occorrenza. Possiamo quindi tentare la rimozione essenzialmente attraverso due modi: o afferrando lo strumento con degli appositi estrattori (ad es. IRS), o provocandone lo svitamento attraverso vibrazione per mezzo degli ultrasuoni. Appare quanto mai evidente come non si possa prescindere dall’utilizzo del MO per avere una perfetta visione e poter operare unicamente nell’area dello strumento rotto allo scopo di preservare la struttura dentale. Caso 6: Chiusura apici immaturi o riassorbiti (Fig.6) Elemento 1.1 presenta un diametro apicale molto

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elevato. I moderni orientamenti in endodonzia prevedono la chiusura di questi apici per via ortograda apponendo un materiale altamente biocompatibile (MTA, Dentsply). Questo è possibile in quanto il MO a forti ingrandimenti, e nei canali dritti, ci permette di visualizzare l’apice del dente. Discussione E’ evidente da questa breve ma significativa sequenza di casi clinici come questo strumento ci sia d’aiuto nelle varie fasi della moderna endodonzia. Infatti se usato con criterio e abbinato ad altri tipi di strumentazione come gli ultrasuoni e i vari coloranti, il MO ci permette di entrare nei denti dei nostri pazienti e visualizzare l’aspetto endodontico di essi. Questo si riflette in una migliore diagnosi, maggiore sicurezza e certezza nella reperibilità dei canali e possibilità di superamento dei vari ostacoli, sia fisiologici che iatrogeni, che incontriamo nel nostro percorso verso l’Apice dentale. Conclusioni Il microscopio operatorio (MO) garantisce effettiva-

Fig.5 – Rimozione strumenti fratturati Visualizzazione strumento Dislocazione strumento attraverso inserti ultrasonici Controllo pervietà canale Canale sagomato Fig.6 – Chiusura apici immaturi Diametro apicale ampio (80) Visualizzazione diretta dell’apice Apposizione di MTA MTA visto a più alti ingrandimenti

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mente un salto di qualità in endodonzia? Oggigiorno tale quesito non può che avere un’univoca risposta, sicuramente si! Tale strumento ha, infatti, rivoluzionato l’endodonzia. Analizzando i vari campi di applicazione possiamo capire come oggi si riesca ad esercitare questa branca dell’odontoiatria in maniera predicibile, in quanto, a differenza di qualche anno fa, anni in cui molti clinici riferivano di esercitare l’endodonzia ad occhi chiusi , oggi possiamo affermare di riuscire davvero a vedere ciò che

facciamo, e questo si manifesta con una qualità migliore delle nostre cure. In sintesi, qualsiasi procedura nel campo dell’endodonzia può essere effettuata in maniera più efficiente e accurata e con garanzia di migliore qualità grazie alla visualizzazione offerta dal microscopio operatorio. La vera sfida per i clinici di tutto il mondo consiste nella scelta di trattare i propri pazienti con i migliori strumenti oggi a disposizione (il microscopio operatorio) al fine di ottenere i migliori risultati clinici e allontanare i confini del possibile (9).

BIBLIOGRAFIA Gester, V. Le microscope en medecine dentaire: gadget ou necessite?. Rev Belge Med Dent , 59, 1, 62-76,2004 Christensen, G. J. Magnification in dentistry: useful tool or another gimmick? J Am Dent Assoc,134, 12, 164750, 2003 Apotheker,H.: A microscope for use in dentistry. J. Mcrosurg. 3:7,1981. Carr .G.B.:Magnfication and illumination in endodontics. In Clarks Clinical Dentistry, St. louis, Vol. 4, 1-14, 1998. Castellucci A.: L’ingrandimento in endodonzia: L’uso del microscopio operatorio. Endodonzia I aggiornamento 71- 84. Edizioni Martina -2003 Kulid, J.C., Peters D.D: Incidence and configuration of canal system in the mesiobuccal root of maxillary first and second molars. J.Endod. 16:311,1990. Malentacca A. G It Endo - vol. 18 - n. 4, pp. 168-177 Ottobre-Dicembre 2004 Koh. ET , McDonald F, pitt Ford TR, Torabinejad M. Cellular respose to mineral trioxide aggrgate. J.Endodont 1998, 24(8) : 543-7 Mounce R. Il Microscopio Operatorio.Ampliare i confini del possibile in odontoiatria. L’Informatore Endodontico, 10,2, 28-35, 2007.

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CORSI

DIMADENT - PROFILE1 DA TORINO UN MODO NUOVO DI FARE “CORSO” di Anna Brandi e Riccardo Grua

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n una cornice rilassata e amichevole, sabato 14 novembre 2009, si è svolto a Torino il CORSO DI CHIRURGIA IMPLANTARE: “DALLA PRIMA VISITA ALLA RIABILITAZIONE PROTESICA” improntato sull’utilizzo della linea implantare Profile1®. La DIMADENT, azienda con esperienza ventennale nel campo del commercio di prodotti dentali, nonchè concessionaria esclusiva per il Piemonte e Valle D’Aosta della linea implantare Profile1®, ha voluto offrire ai propri clienti quel quid che da anni la caratterizza e fa la differenza. La scelta attenta di prodotti selezionati e certificati, capaci di garantire un eccellente rapporto qualità prezzo, la presenza tempestiva e costante, la disponibilità e la competenza nel settore, sono alcuni dei motivi che hanno reso DIMADENT una realtà solida, nonché un punto di riferimento per molti medici odontoiatri di Torino e provincia. E’ in questa ottica di garanzia e sicurezza, a tutela dei propri clienti, che DIMADENT ha scelto di commercializzare, in esclusiva per Piemonte e Valle d’Aosta, il sistema implantare Profile1®. Ed è stato proprio il Profile1®, il protagonista indiscusso di questo corso, svoltosi a Torino, assolutamente innovativo e molto apprezzato dai pochi, selezionati, partecipanti. Il relatore, Dott. MASSIMO BRUNO, noto e stimato professionista torinese, che da tempo utilizza e apprezza il sistema Profile1®, ha illustrato con semplicità e chiarezza, i passi fondamentali della moderna implantologia. Storia, ricerca e casi clinici sono stati analizzati, con il costante e proficuo apporto dei sei medici partecipanti. Tra un sorriso, un caffè, un’esperienza e una battuta sono stati affrontati e dibattuti argomenti quali l’analisi delle immagini radiografiche, l’importanza della dima radiografica e chirurgica, i concetti di osteoin-

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tegrazione e fibrointegrazione. Si è discusso di varie tecniche chirurgiche con ampia documentazione fotografica, dai vantaggi della espansione orizzontale e verticale della cresta al mini e grande rialzo del seno mascellare, della corretta inserzione dell’impianto e della tipologia del Profile1®, del protocollo chirurgico, della riabilitazione protesica e della resa estetica. Dopo aver analizzato ogni aspetto, dai vantaggi alle cause di possibili insuccessi dell’implantologia, si è passati alla seconda parte del programma. Lo strumentario, gli impianti Transmucosal e Deep Neck Profile1®, il micromotore a induzione IMPLANTEO, i biomateriali per rigenerazione ossea OSTEOBIOL e i modelli stereolitografici, hanno impegnato i medici per il resto del pomeriggio. Ogni partecipante ha potuto effettuare praticamente l’inserzione degli impianti Profile1® sui modelli

stereolitografici, sotto la guida costante e attenta del Dott. MASSIMO BRUNO che, tra suggerimenti, incoraggiamenti e correzioni ha saputo trasmettere ai suoi ospiti la sua notevole esperienza, in un clima familiare, in modo semplice ed estremamente piacevole. Prima di congedarsi, i medici partecipanti, hanno discusso tra loro e con il Dott. BRUNO alcuni degli interventi che dovranno eseguire sui propri pazienti. Più di un corso…. quello organizzato da Riccardo Grua, titolare della DIMADENT, è stata un’occasione per conoscersi e conoscere, per imparare e confrontarsi in un ambiente stimolante e allegro. Il medico che sceglie DIMADENT e Profile1® ha la sicurezza di avere alle spalle un team di professionisti pronto per ogni esigenza, dall’assistenza sui materiali alla consulenza esperta per i casi più complicati. Approfittiamo inoltre dell’occasione per ringraziare i sei medici che hanno aderito a questa iniziativa organizzata da DIMADENT e un grazie speciale al Dott. MASSIMO BRUNO, che oltre ad averci ospitato nel suo studio, in Via Vincenzo Monti, 24, a Torino, ha saputo coinvolgere e trasmettere molto più delle classiche nozioni da corso, senza peraltro mai dare la sensazione di “essere salito in cattedra”. E ancora un grazie a DIMADENT e al suo staff che ha permesso questo incontro, curando tutti i particolari e dimostrando ancora una volta che non è semplicemente un’azienda che commercializza prodotti dentali, ma un team che pone al primo posto la soddisfazione dei propri clienti. Infine un ringraziamento va anche a Profile1®, il sistema implantare che garantisce la sicurezza di offrire agli utilizzatori un prodotto qualitativamente eccellente e di semplice utilizzo. L’entusiasmo dei partecipanti ha ancora una volta confermato che la politica aziendale di DIMADENT è una scelta vincente nel mare di proposte e offerte oggi presenti sul mercato.

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CHIRURGIA

CHIRURGIA DEL FRENULO LINGUALE: TRE TECNICHE A CONFRONTO Dott. Andrea Borgonovo*, Dott. Andrea Marchetti* *, Dott. Marcello Dolci* *, Dott. Giulio Conti* *, Dott. Albino Bianchi* * *

Professore a contratto, Scuola di specializzazione in Chirurgia Odontostomatologica Fondazione IRCCS Ca’ Granda- Ospedale Maggiore Policlinico Unita’ Operativa di Odontoiatria, direttore Prof. Franco Santoro Diartimento di Scienze Chirurgiche Ricostruttive e Diagnostiche Università degli Studi di Milano * * Fondazione IRCCS Ca’ Granda- Ospedale Maggiore Policlinico Unita’ Operativa di Odontoiatria, direttore Prof. Franco Santoro Diartimento di Scienze Chirurgiche Ricostruttive e Diagnostiche INTRODUZIONE Il frenulo linguale rappresenta una plica fibro-mucosa che collega la superficie ventrale della lingua con il pavimento del cavo orale. Durante l’embriogenesi la lingua si separa dal pavimento della bocca mediante un involuzione dell’ectoderma posto alla sua periferia, che esita in una degenerazione di tale tessuto, formando il solco linguale e lasciando, sulla linea mediana, il frenulo linguale(1). Se tale processo non riesce a realizzarsi completamente, permane un frenulo ipertrofico che, nei casi più eclatanti, può mantenere l’origine in corrispondenza della linea mediana del processo alveolare inferiore: si parla, in questo caso di “frenulo vestibolo-linguale” (2). L’incompleto riassorbimento del frenulo linguale può avere numerose conseguenze sulla fisiologia linguale e, talvolta, può ripercuotersi sull’equilibrio dell’intero apparato stomatognatico: la presenza di un frenulo linguale ipertrofico può essere responsabile della scarsa mobilità della lingua.(3,4,5). Le anomalie del frenulo linguale possono essere classificate in gradi differenti di gravità, passando da una forma più rara in cui il rafe linguale è completamente fissato al pavimento della bocca a forme più lievi in cui la mobilità della lingua è solo parzialmente ridotta (6,7). La brevità del frenulo causa una riduzione del movimento linguale o anchiloglossia ed è classificata distinguendo quattro gradi: Grado F3: Il frenulo va dal margine alveolare della mandibola al rafe mediano della lingua. Grado F2: Il frenulo va dalla caruncola sottolinguale a metà della distanza tra il piano delle labbra ed il piano della lingua. Grado F1: Il frenulo va dalla caruncola sottolinguale

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alla porzione più bassa della lingua. Grado F0: Non si osserva presenza di frenulo(8). La diagnosi di anchiloglossia può essere formulata sulla base dei seguenti criteri: Impossibilità di toccare il palato con la punta della lingua a bocca aperta. Bifidità meccanica della lingua o presenza di un solco mediano in protrusione. Spazio sublinguale ridotto. Curvatura della parte intermedia della lingua che impedisce la fuoriuscita della lingua dal cavo orale. Una eventuale valutazione specialistica ai fini dell’intervento chirurgico è indicata dopo i sei anni di età, in quanto fino a questa età sono presenti fenomeni regressivi spontanei che portano alla atrofia dl frenulo linguale. Una valutazione più precoce può essere richiesta ove esistano gravi alterazioni nella comunicazione verbale (9,10). A tale anomalia quindi si possono associare , problemi fonatori , aumentato rischio di carie dei molari inferiori, deglutizione atipica, difetti ortopedico-ortodontici, difficoltà di stabilità della protesi totale , nei pazienti adulti, e nei casi piu’ gravi, diastema interincisivo, agenesia degli incisivi inferiori e danni di tipo parodontale (11). Tutte queste problematiche, connesse direttamente o indirettamente con il frenulo ipertrofico, fanno sì che in alcuni casi si renda necessario una risoluzione di tipo chirurgico di tale anomalia linguale(11). La gravità di tali disturbi e, per quanto riguarda i problemi di fonazione, il loro impatto sull’equilibrio psicologico e sulla capacità relazionali del paziente, guideranno il clinico nelle scelte terapeutiche e, nel caso optasse per


Riassunto Il frenulo linguale rappresenta una plica fibro-mucosa che collega la superficie ventrale della lingua con il pavimento del cavo orale. Durante l’embriogenesi la lingua si separa dal pavimento della bocca mediante un involuzione dell’ectoderma posto alla sua periferia, che esita in una degenerazione di tale tessuto, formando il solco linguale e lasciando, sulla linea mediana, il frenulo linguale. Se tale processo non riesce a realizzarsi completamente, permane un frenulo ipertrofico che, nei casi più eclatanti, può mantenere l’origine in corrispondenza della linea mediana del processo alveolare inferiore: si parla, in questo caso di “Frenulo vestibolo - linguale”.

Abstract The lingual frenulum is a fibromucosal fold that connects the adaxial surface of the tongue with the floor of the oral cavity. During the embryogenesis the tongue separates from the floor of the mouth as a result of an involution of the ectoderm located peripherally to it. This results in a degeneration of that tissue, which forms the lingual furrow and leaves, on the median line, the lingual frenulum. If this process does not completely take place, what is left is a hypertrophic frenulum, which, in the most impressive cases, begins from the median line of the inferior alveolar process: we refer to this as “”.

Casi clinici Abbiamo eseguito 3 casi di frenulectomia linguale con tre divese tecniche: 1-Frenulectomia linguale eseguita con la tecnica a “lama fredda”. 2-Frenulectomia linguale mediante dispositivo laser a diodi utilizzando la fibra da 320 micron utilizzata a contatto, con una potenza variabile 3.0W a 4.0W. 3-Frenulectomia linguale utilizzando il bisturi a risonanza quantica molecolare. La punta utilizzata, tra le varie a disposizione e’stata la punta ad ansa in acciaio del diametro di 40µm, impostando lo strumento sulla funzione “taglio”, con una potenza di uscita 3. Abbiamo scelto di non utilizzare la fuzione “taglio-coagulo” per privilegiare la pulizia e la precisione.

Clinical cases In this article we woul like to show you 3 frenulectomy with 3 different tecnique: 1-Lingual frenectomy performed by the “cold scalpel” technique. 2-Lingual frenectomy by using a diode laser, a 320 micron fiber was used on contact, with a variable power of 3.0W to 4.0W. 3-Lingual frenoctomy using the Quantic Molecular Resonance Scalpel. The tip used, among different ones available, was a steel loop tip with a diameter of 40µm, setting up a “cutting” mode, with an output power of 3. We chose not to use the “cutting\coagulating” mode in order to favor the cleaning and the precision of the cut

Discussione L’ipertrofia del frenulo linguale risulta essere una situazione di frequente riscontro nella pratica clinica. Sebbene spesso questa situazione clinica non comporti nessun risvolto clinico degno di nota, alle volte quando si presenti molto corto puo’ essere associato a ridotta mobilita’ della lingua, anchiloglossia e difficolta’ fonetiche. Quando la situazione clinica lo richieda la terapia di elezione e’ la frenulectomia. Conclusioni Il bisturi a Risonanza Quantica Molecolare, a fronte di un impiego ristretto nel campo dell’odontoiatria, offre la possibilità, nei casi di chirurgia dei tessuti molli ed in particolare della chirurgia del frenulo linguale, di associare ai pregi della chirurgia laser come la pulizia di taglio, la rapidità, il totale controllo dell’ emostasi, anche i risultati di una guarigione ottenuta par prima intenzione. Questa tecnica rappresenta quindi, secondo il parere degli autori, una valida ed affidabile alternativa alle chirurgie tradizionali. Parole Chiave: chirurgia del frenulo linguale, frenulectomia linguale, frenulo vestibolo-linguale

Discussion The hypertrophy of the lingual frenulum if often found in the clinical practice. Although this clinical condition does not always involve noteworthy clinical implications, sometimes when it is very short, it can be associated to reduced mobility of the tongue, ankyloglossia and fonatory impairments. When the clinical situation calls for it, the most eligible therapy is frenectomy. Conclusions The Quantic Molecular Resonance Scalpel is used limitedly in the field of dentistry. However, when used for surgery of the soft tissues and in particular of the lingual frenulum, it can provide along with the advantages of laser surgery - i.e. a clean cut, shorter intervention time and a total control of haemostasis – also healing by first intention. This technique represents therefore, according to the opinion of the authors, a valid and reliable alternative to traditional surgery methods. Key Words: lingual frenulum surgery, lingual frenulectomy, vestibulolingual frenulum

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una risoluzione chirurgica, nella loro tempestività. Appare, comunque, prudente non eseguire l’intervento di frenulectomia prima degli 8 anni di età, in quanto tale anomalia può risolversi o quantomeno regredire spontaneamente (12). Qualora il clinico decida per l’intervento chirurgico, si troverà a dover scegliere tra diversi tipi di approccio. Qui ne esamineremo tre: la tecnica classica eseguita a lama fredda (13), la tecnica laser con laser a diodi (14), la tecnica con Bisturi a Risonanza Quantica Molecolare (15). CASO CLINICO 1 Si è presentato alla nostra osservazione presso il reparto di chirurgia orale della Clinica Odontoiatrica dell’ Ospedale Maggiore IRCCS Cà Granda di Milano, un paziente maschio di 9 anni che lamenta una limitata escursione funzionale della lingua. Dopo l’ esame obiettivo si è ritenuto di intervenire chirurgicamente con una frenulectomia linguale eseguita con la tecnica a “lama fredda” (Fig.1). Al fine di ottenere una buona analgesia ed al contempo una emostasi sufficiente, è stata indotta una anestesia di superficie con l’ausilio di una crema anestetica (lidocaina 5%) rinforzata poi con due fiale di mepivacaina con adrenalina 1:1000000 (Optocain, Molteni Dental

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Foto1: caso1, lingua limitata in protrusione Foto2: caso1, lingua in fase intra operatoria Foto3: caso1, lingua in protrusione dopo chirurgia

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Foto4: caso1, lingua dopo guarigione

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s.rl., Firenze) in situ. In seguito si è messa in tensione la lingua con l’applicazione di un punto in seta 2/0 (Medacta International, Castel S.Pietro,Svizzera) passante nel corpo della lingua a 1 cm dalla punta. Si è in seguito eseguita una incisione orizzontale del frenulo che sotto trazione porta alla for-

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mazione di una losanga (Fig.2). I lembi mucosi vengono liberati con l’ausilio di un bisturi a lama numero15c (Wuxi Xinda Medical Device CO.,LTD) e vengono suturati tra loro con punti staccati in seta 4/0. Il paziente è stato congedato con il ripristino di una buona funzionalità della lingua e con le raccomandazioni post chirurgiche di routine (Fig.3). Il controllo a 30 giorni mostra un ottimale grado di mobilità della lingua ed una buona guarigione (Fig.4). CASO CLINICO 2 La paziente S.M. si è presentata all’ osservazione del reparto di chirurgia orale della Clinica Odontoiatrica dell’ Ospedale Maggiore IRCCS Cà Granda di Milano , con una ipertrofia del frenulo linguale e limitata mobilità della lingua. Questa ipertrofia avrebbe inoltre potuto interferire con il trattamento ortodontico fisso di cui la paziente era portatrice (Fig.5). Si è deciso di intervenire chirurgicamente con una frenulectomia linguale mediante dispositivo laser a diodi. In questo caso stata indotta un’anestesia di superficie con l’ausilio di una crema anestetica (lidocaina 5%) rinforzata poi con mezza fiala di mepivacaina con adrenalina 1:1000000 (Optocain, Molteni Dental s.rl., Firenze) in situ. Seguendo il protocollo indicato per la chirurgia dei tessuti molli si è intervenuti utilizzando la fibra da 320 micron utilizzata a contatto, con una potenza variabile 3.0W a 4.0W (Fig.6). Al fine di mantenere in trazione la lingua ci si è aiuta-


ti anche in questo caso con l’applicazione di un punto di sutura passante. Si è proceduto quindi all’asportazione del frenulo utilizzando il manipolo laser secondo piani longitudinali e perpendicolari rispetto all’inserzione stessa del frenulo. Con la trazione del frenulo si ha la possibilità di percepire man mano che si procede, il grado di

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incremento della mobilità dell’organo e nello stesso tempo si distendono nuovi piani tissutali sui quali direzionare il raggio laser. Durante l’intervento si è potuto apprezzare una notevole precisione di taglio ed una buona emostasi. A frenulectomia ultimata è stato raggiunto immediatamente un buon grado di distensione della lingua e la paziente è stata congedata senza l’ applicazione di suture e con la raccomandazione di seguire le normali indicazioni post-chirurgiche (Fig.7). I controlli successivi a 10 giorni mostrano un ottima risoluzione della ferita chirurgica con recupero funzionale (Fig.8). CASO CLINICO 3 All’attenzione del reparto di chirurgia della Clinica Odontoiatrica dell’ Ospedale Maggiore IRCCS Cà Granda di Milano, si e’ presentato un paziente maschio di anni 9, inviato dal proprio medico curante, per la presenza di un frenulo corto e difetti di fonazione. All’esame clinico e’ risultata la presenza di un frenulo ipertrofico linguale con anchiloglossia , La lingua ha evidenziato un deficit di mobilità con parziali difficoltà fonatorie (Fig.9). Si e’deciso di eseguire una frenulectomia linguale utilizzando il bisturi a risonanza quantica molecolare, (Bladion, Tecno Gaz, Sala Baganza, Parma, Italia), al fine di correggre l’ipertrofia del frenulo e di ridare mobilita’ alla lingua. Nel preoperatorio si è eseguita un’anestesia locale per mezzo di una crema anestetica (lidocaina 5%) rinforzata poi con mezza fiala di mepivacaina con adrenalina 1:1000000 (Optocain, Molteni Dental s.rl., Firenze) in situ. La punta utilizzata , tra le varie a disposizione e’stata la punta ad ansa in acciaio del diametro di 40µm, impostando lo strumento sulla funzione “taglio”, con una potenza di uscita 3. Abbiamo scelto di non utilizzare la fuzione “taglio-coagulo” per privilegiare la pulizia e la precisione del taglio, consapevoli che il Bladion garantisce, comunque, una ottima emostasi anche nella funzione “taglio”, se paragonato alla tecnica a lama fredda (Fig.10). Il frenulo è stato messo in trazione con una pinzetta chirurgica tipo Adson, ed e’ stata effettuata una incisione orizzontale del frenulo mediante un movimento leggero con “pennellate” continue, mantenendo il manipolo perpendicolare alla superficie anatomica ed inserendo solo la punta del terminale. Una eccessiva penetrazione dell’ ansa, infatti, erogherebbe un aumento di calore nell’ area anatomica di incisione ed anche nella sua immediata periferia, creando una maggiore difficoltà nella progressione del taglio e maggior aderenza dei tessuti. Ad intervento ultimato è stata applicata una sutura con punti staccati in seta 4/0.La mobilità della lingua è apparsa ripristinata completamente (Fig.11). E’ possibile notare come, nonostante sia stata scelta la funzione “taglio”, il campo sia praticamente esangue. Qualora, durante l’intervento, abbiano luogo piccole emorragie, è possibile passare rapidamente alla funzio-

Foto5: caso2, lingua prima della chirurgia Foto6: caso2, lingua durante la chirurgia Foto7: caso2, lingua in protrusiva prima della chirurgia Foto8: caso2, lingua dopo la chirurgia

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Foto9: caso3, lingua prima della chirurgia Foto10: caso3, lingua durante la chirurgia Foto11: caso3, lingua durante la chirurgia Foto12: caso3, lingua a guarigione avvenuta

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ne “coagulo”, per arrestare il sanguinamento, soffermandosi brevemente sui vasi responsabili. Il controllo a distanza di 4 giorni ha evidenziata gia’ una buona guarigone per seconda intenzione con escara bianca (Fig.12) .

spesso si devono effettuare in pazienti molto piccoli richiedono alcuni minuti di tempo. Purtroppo non sempre la tolleranza di questi lo permette. Inoltre il distretto sublinguale è estremamente vascolarizzato e questo è forse l’aspetto più insidioso quando si operano incisioni in questa regione. Il controllo dell’ emostasi è un fattore sicuramente fondamentale. Tale inconveniente e’ stato ovviato nella chirurgia mediante laser. Tra i diversi tipi di laser disponibili in commercio, il laser a diodi, quello da noi utilizzato, appare uno strumento utile, capace di associare buone capacità di taglio ad un’eccellente capacità emostatica. Il laser a diodi ha un fascio di luce che viene rilasciato con fibre al quarzo e una lunghezza d’onda che determina una penetrazione nella profondità dei tessuti variabile di 2-3 mm. Tali caratteristiche lo rendono particolarmente utili nel trattamento di siti potenzialmente emorragici (17). La chirurgia laser ha comunque lo svantaggio di necrotizzare e carbonizzare i tessuti trattati prolungando i tempi di guarigione: il laser, infatti, utilizza il calore espresso per mezzo di fotoni per tagliare e coagulare; questa energia viene trasformata in calore all’interno del tessuto, provocando gli effetti di taglio e coagulo prima menzionati. Il calore formato, però, innalza di molto la temperatura delle cellule, causandone la morte ed addirittura la carbonizzazione (18). Il Bisturi a Risonanza Quantica Molecolare utilizza, per trasmettere energia al tessuto biologico che si vuole tagliare e coagulare, una corrente con onde ad alta frequenza , spaziate in maniera opportuna e dosate,

DISCUSSIONE L’ipertrofia del frenulo linguale risulta essere una situazione di frequente riscontro nella pratica clinica. Sebbene spesso questa situazione clinica non comporti nessun risvolto clinico degno di nota, alle volte quando si presenti molto corto puo’ essere associato a ridotta mobilita’ della lingua (6,16), anchiloglossia (3) e difficolta’ fonetiche (10). Quando la situazione clinica lo richieda la terapia di elezione e’ la frenulectomia che generalmente consiste in una sezione, mediante incisione orizzontale, dei tessuti molli del frenulo a livello dell’inserzione nella lingua e nel pavimento orale. Nei casi in cui l’inserzione si porti fino al processo alveolare, l’incisione deve essere prolungata includendo la papilla interincisiva con relativa disinserzione delle relative fibre muscolari. Delle tre tecniche prese in esame la frenulectomia con bisturi a lama fredda è una tecnica consolidata e diffusa. Obbliga all’utilizzo di anestetico con adrenalina che, unitamente al posizionamento di pinze emostatiche posizionate a livello dell’inserzione nella lingua e a livello dell’inserzione nel pavimento della bocca, concorre al controllo del sanguinamento, ottenuto con l’applicazione di punti di sutura riassorbibili, sempre ritenuti fastidiosi in una zona in continuo movimento e che in interventi che


secondo multipli di un’onda fondamentale. Il taglio è generato dall’ “esplosione” dei liquidi intra ed intercellulari che entrano in risonanza con un apposita frequenza ed evaporando mantengono i tessuti circostanti a bassa temperatura (inferiori a 45 °C ). Si ottiene una perfetta separazione dei tessuti senza alcun danno termico: Essendo la temperatura mantenuta inferiore a 50°, si ha il beneficio di non surriscaldare e, quindi, di non necrotizzare le cellule di tessuto sano. Questo permette, nel post-operatorio, di ottenere tempi di recupero brevi, con una restituito ad integrum per prima intenzione senza edema ed escara ed una guarigione senza esiti cicatriziali. CONCLUSIONI L’ incisione mediante bisturi a lama è sicuramente una tecnica precisa e nitida senza apparenti macroscopiche modificazioni dei tessuti. La pressione operata dal chirurgo necessaria a scindere le differenti strutture, variabile per intensità in ragione delle diverse sedi anatomiche, comporta però un danno cellulare che si estende per 6070 µ ai lati ed in profondità della sede di intervento. Il bisturi a lama non possiede poi, ovviamente, alcuna funzione emostatica rendendo l’ intervento potenzialmente più indaginoso soprattutto nel distretto di nostro interesse, riducendo la visibilità ed allungando i tempi

operatori. Non bisogna poi trascurare le potenziali complicanze emorragiche intra e postoperatorie ed il relativo ritardo dei processi riparativi con edema ed ecchimosi. La chirurgia laser ha il vantaggio di offrire una buona emostasi all’ atto dell’ incisione, una notevole precisione, la limitazione del tempo chirurgico e tempi di guarigione rapidi . Tuttavia il danno termico che viene trasmesso al tessuto sano in periferia del taglio è ingente e produce un effetto di carbonizzazione cellulare esteso in certi casi anche per 1500µ. La necrosi prodotta determina una guarigione per seconda intenzione e può essere all’ origine di un maggior dolore post-operatorio, guarigioni difficoltose, produzione di cicatrici ipertrofiche e cheloidi, sconsigliandone per esempio l’ impiego in superfici anatomiche estetiche. Il bisturi a Risonanza Quantica Molecolare, a fronte di un impiego ristretto nel campo dell’odontoiatria, offre la possibilità, nei casi di chirurgia dei tessuti molli ed in particolare della chirurgia del frenulo linguale, di associare ai pregi della chirurgia laser come la pulizia di taglio, la rapidità, il totale controllo dell’ emostasi, anche i risultati di una guarigione ottenuta par prima intenzione. Questa tecnica rappresenta quindi, secondo il parere degli autori, una valida ed affidabile alternativa alle chirurgie tradizionali.

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PROGRAMMA

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Indicazioni e controindicazioni all'estrazione dei denti inclusi.

9,45 - 10,00

Cenni di Anatomia chirurgica.

10,00 - 10,30

Valutazione preoperatoria e piano di trattamento. - Gestione preoperatoria del paziente. - Scelta dello strumentario chirurgico.

11,00 - 13,00

Chirurgia dei terzi molari inferiori. - Classificazione. - Protocollo chirurgico. - Casi clinici.

13,00 -14,30

Pranzo con prodotti tipici locali presso il ristorante " Europa H •

14,30 - 15,30

Chirurgia dei terzi molari superiori. - Classificazione. - Protocollo chirurgico. - Casi cli nici.

15,30 - 16,00

Gestione di casi complessi.

16,00 - 16,30

Germectomie.

16,30 - 17,00

Cenni di chirurgia di altri elementi inclusi.

17,00 - 17,30

Gestione delle complicanze

17,30 - 18,00

Considerazioni medico-legali

Nel 1998 consegue la Laurea in Medicina e Chirurgia con pieni voti e lode presso l'Universita' degli Studi di Milano. Presso il medesimo Ateneo consegue con lode il Diploma di Specialita' in Chirurgia Maxillo-

Facciale. Dal 2000 collabora all'attività didattica della Cattedra di Chirurgia Speciale Odontostomatologica presso l'Università degli Studi diMilano, in qualita' di cultore della

materia. Nel 2004 e nel 2005 collabora con il Reparto di Chirurgia Maxillo-Facciale della Semmelweiss University di Budapest.

Dal 2006 e' Professore a contratto della Scuola di Specializzazione in Chirurgia Odontostomatologica dell'Universita' degli Studi di Milano. Oal 2007 e' Professore a contratto del Corso di Laurea di Odontoiatria e Protesi Dentaria dell 'Universita' degli Studi di Milano. E' Docente al Corso di Perfezionamento in Ortognatodonzia dell 'Universita' degli Studi di Milano, e ad altri corsi di argomento chirurgico. Dal 2006 al 2010 e' Dirigente Medico di IOlivello di Chirurgia Maxillo-Facciale presso la Clinica Odontoiatrica e Stomatologica di Milano focalizzando la propria attivita' in Chirurgia Ricostruttiva, Chirurgia Dismorfica, Chirurgia Orale ed Implantologia. Svolge la libera professione in Milano e presta collaborazione di chirurgia orale ed implantologia presso altri studi. Autore di numerose pubblicazioni scientifiche su riviste nazionali ed internazionali , relatore a congressi nazionali ed internazionali. È autore di due libri di argomento chirurgico: • L'Estrazione chirurgica degli ottavi inferiori. (Ed. Sinergie, Milano 2006) • Le cisti dei mascellari. (Ed. Sinergie, Milano 2008)

QUOTE ISCRIZIONI CORSO Soci ANDI: 220€ + iva Non Soci ANDI: 290 + iva

INTRODUZIONE AL CORSO Dott. Tafuro Alfredo - ANol - Sezione di Sondrio. Dott. Pela galli Antonio - Responsabile struttura di Odontostomato/ogia Ospedale di Sondrio

Per informazioni: ODONTOSERVICE s.r.l. Fax: 0342 515110 Conforto Mauro: 338 8045065


DURA LEX SED LEX

DURA LEX SED LEX Marina Lo Faro e Federico Spuntarelli Avvocati del Foro di Roma.

Approfondimento di temi giuridico penali

L

’argomento lo consente: che cosa può esserci di più duro che tentare di spiegare un argomento sulla bocca di tutti ma che, ad opinione di molti, la bocca la vorrebbe chiudere? Ovviamente stiamo parlando della cosiddetta legge-bavaglio. Un decreto legislativo delegato con il quale l’attuale maggioranza di Governo sta cercando di “regolamentare” la materia relativa alle intercettazioni. Premessa d’obbligo: chi si vuole dilettare nella lettura del ddl (procurandosi, invero, un codice penale e di procedura penale aggiornato da confrontare) può farlo collegandosi al sito parlamento.openpolis.it/singolo_atto/3863 1, oppure digitando le paroline magiche “ddl intercettazioni” su qualunque motore di ricerca. Certo è che, però, se difficoltà ne può trovare un “tecnico”, figuriamoci un non esperto in materia.. In ogni caso, già rinviando un doveroso approfondimento al momento in cui verrà licenziato il testo definitivo, ci corre l’obbligo di verificare se il termine “legge-bavaglio” sia o meno confacente.

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La lettura del testo di certo fa comprendere che la maggior parte delle modifiche hanno ad oggetto la segregazione degli atti e le sanzioni da applicare in caso di violazione di detto segreto ma, comunque, differenze sostanziali sembrerebbero coinvolgere la parte prettamente processualistica. Su quest’ultimo aspetto, le modifiche di maggior rilievo riguarderebbero i presupposti: si passerebbe dalla presenza di gravi indizi di reato a ragioni evidenti di responsabilità così spostando l’attenzione dal fatto in sé alla possibile o probabile responsabilità dell’indagato. In poche parole, si dovrà (dovrebbe) prendere spunto dall’accertata, o ritenuta tale, esistenza di un reato per, poi, raggiungere un grado significativo di attribuibilità del reato alla persona al fine di sottoporre quest’ultima alle operazioni di intercettazione. Garantismo assoluto, quindi, al fine di limitare la libertà ed inviolabilità della persona. Modifica che, certamente, almeno all’inizio, potrà comportare maggiori restrizioni nell’uso dello strumento delle intercettazioni dovendo costringere gli organi di indagine ad un maggior


lavoro preliminare prima di procedere alla registrazione delle attività dell’indagato. Altra modifica assai rilevante è (sarebbe) l’introduzione del divieto di utilizzazione del contenuto delle intercettazioni (telefoniche od ambientali) allorquando non si possa procedere o giudicare (per scelta del P.M. o per decisione del Giudice) per un reato diverso da quello ritenuto alla base dell’autorizzazione alle intercettazioni. Ad esempio, qualora venisse contestato il reato di associazione a delinquere (legittimante le intercettazioni) che, successivamente, fosse oggetto di archiviazione od assoluzione, il contenuto delle intercettazioni non sarebbe utilizzabile se a residuare fosse ro reati per i quali non è consentito l’uso del mezzo di ricerca della prova in oggetto. Anche i termini per lo svolgimento delle operazioni potranno (potrebbero) avere una contrazione così determinando una invasione nella sfera individuale maggiormente contenuta. La parte che, però, maggiormente interessa i media è quella relativa alle sanzioni che il ddl prevede in caso di pubblicazione di notizie coperte da segreto. E’ doveroso sottolineare che il segreto istruttorio non è di nuova creazione e risulta presente nel testo del già vigente codice di procedura penale. Ciò che, invero, nel codice non è (ancora) presente è la parte sanzionatoria e la creazione dei “responsabili” della tenuta e

conservazione del “frutto” delle intercettazioni. E, qui, è presumibile, è possibile individuare il motivo della denominazione “legge-bavaglio”: creare un sistema punitivo di una trasgressione a norme del codice invero già esistenti. A parere di chi scrive, questa modifica non può essere ritenuta una violazione in senso stretto dell’art. 21 Cost. (diritto di manifestazione del pensiero, diritto di stampa) in quanto tesa, soprattutto, a tutelare il diritto dell’indagato alla segretezza degli atti processuali che lo riguardino. Né, pare, che il diritto ad espletare il cosiddetto giornalismo d’indagine possa essere influenzato. Nessuno vieta, infatti, al giornalista, tramite le proprie fonti, di ricevere notizie su fatti ed eventuali responsabilità; si vieta (rectius, si sanziona), invece la pubblicazione di atti che, si ribadisce, già ora non sono (sarebbero) pubblicabili. Altre, ovviamente, sono ancora le possibili modifiche che, come detto in premessa, è possibile andare a leggere con un’accurata ricerca tramite internet. In ogni caso, comunque, le polemiche e le discussioni, parlamentari od altro, saranno ancora molte e noi, come avrete compreso, saremo qui a cercare di spiegarle in termini più obiettivi possibili evitando, secondo umana ragione, di parlarne secondo o contro gli interessi (laddove ve ne siano) del nostro legislatore. Buone vacanze.

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NORME REDAZIONALI

NORME REDAZIONALI

I

contributi vengono accettati a condizione che non siano stati e non vengano successivamente pubblicati altrove. Gli Autori pertanto devono allegare una dichiarazione autografa in cui richiedono la pubblicazione del lavoro e attestano che l’articolo presentato non è stato pubblicato in altre testate e che non si trova in visione per la pubblicazione presso le redazioni di altre case editrici. E’ inoltre necessario indicare un Autore di riferimento che autorizzi la pubblicazione del suo indirizzio, numero di telefono e di fax in calce al lavoro. Un’eventuale precedente comparsa dell’articolo sotto forma riassuntiva di comunicazioni orali o scritte nel corso di Congressi non ne preclude l’accettazione, ma deve essere segnalata. La responsibilità dei contenuti scientifici spetta esclusivamente agli Autori. La proprietà letteraria dei lavori viene ceduta alla Casa Editrice, che può autorizzare la riproduzione parziale o totale. I contributi (comprensivi di eventuali tabelle e foto) devono essere inviati dattiloscritti in tre copie(una su supporto magnetico, due su carta) alla Redazione: BestMicro s.r.l, Via delle Acacie, 34 – CAP 00171 Roma-tel/fax: 06/64770689, 06/89537092. La pubblicazione degli articoli è subordinata al giudizio della Direzione Scientifica della rivista, che ha facoltà di non accettarli o di chiedere agli Autori di apportarvi modifiche. I lavori che potrano l’intestazione di un Istituto, devono es-

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sere firmati, per l’approvazione, dal Direttore dell’Istituto stesso. I testi devono essere elaborati su Personal Computer e possono essere in versione Macintosh e MSDOS. I supporti magnetici devono essere etichettati con: a) nome dell’Autore; b) Titolo del lavoro; c) Word processor usato, incluso il numero di versione. Il testo dei lavori deve essere redatto in lingua italiana e corredato da: a) titolo in italiano (lunghezza massima 100 battute); b) nome e cognome dell’Autore o degli Autori, completo di qualifica professionale, recapito telefonico, numero di codice fiscale e firma del primo Autore; c) riassunto in italiano (max 10 righe di 70 battute ognuna); d) titolo in inglese (max 90 battute); e) abstract in inglese (max 10 righe di 70 battute ognuna); f) tre parole chiave in italiano e in inglese. L’entità del dossier non dovrà superare le 6 pagine di rivista corrispondentia 12 fogli dattiloscritti di 30 righe per 70 battute ogni riga. La presenza di una fotografia corrisponde allo spazio di 5 righe di 70 battute ognuna. La suddivisione del lavoro in capitoli, sotto-capitoli deve sempre essere indicata nel seguente modo: 0.Titolo del capitolo

0.0. Titolo del sotto-capitolo 0.0.0.Titolo del sotto-sotto capitolo Ovvero, progressivamente, il primo numero della serie indicherà sempre il capitolo, il secondo numero della serie il sotto-capitolo di riferimento , etc. La bigliografia deve sempre essere compilata secondo le norme internazionali, elencata in ordine alfabetico, richiamata nel testo con il numero corrispondente ed essere limitata alle voci essenziali (massimo venti), salvo le rassegne bibliografiche. Se si considera citare un articolo o un libro già accettato per la pubblicazione, ma non ancora edito, occorre indicare il titolo del giornale (o il nome dell’editore) e l’anno previsto di pubblicazione, seguito dalla precisazione “in corso di stampa”. Il materiale scientifico non pubblicato (per esempio comunicazioni personali, lavori in preparazione) va indicato tra parantesi nel testo e non viene citato in bibliografia. Le illustrazioni, in copia originale (diapositive e lastre) e idonee alla pubblicazione, debbono essere poste, numerate con il proprio numero progressivo (romano per le tabelle, arabo per le figure), al termine dell’articolo su fogli aggiuntivi. Le didascalie delle figure devono essere compilate su un foglio a parte ed in successione. Il numero deve sempre corrispondere ad un preciso richiamo nel testo. Sono a carico degli Autori solo le spese di riproduzione e stampa delle illustrazioni a calori.


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