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QUADRIMESTRALE DI INFORMAZIONE SCIENTIFICA ANNO 3 - N.1 - APRILE 2012 AUT. N. 305 - 2009 TRIBUNALE DI ROMA

IN QUESTO NUMERO: l I biomateriali nella rigenerazione del tessuto osseo

l Flessibilità chirurgica: la gestione ottimale  delle strutture ossee esistenti

l Valutazione della stabilità dei risultati  in chirurgia ossea ricostruttiva

www.symposiumodontoiatrico.it


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Distribuito da: Best Micro Srl - S.P. Piansanese, 11 - 01018 Valentano (VT) Tel/Fax 0761.422575 - 392.6784682


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sommario

SYMpOSiUM ODONTOiATriCO QUADriMeSTrAle Di iNFOrMAZiONe SCieNTiFiCA

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Editoriale

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I biomateriali nella rigenerazione del tessuto osseo

www.symposiumodontoiatrico.it

di Andrea Galentino

reGiSTrAZiONe Tribunale di roma N.305 del settembre 2009 DireZiONe SCieNTiFiCA

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Dott. Andrea possenti

prof. emanuela Ortolani

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prof. luca Testarelli prof. Vincenzo rocchetti prof. roberto Di Giorgio prof. Vincenzo Bucci Sabatini

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Dott. luigi Genzano Dott.Cristiano Grandi

Area Scientifica: dott. Donato Di iorio

“valutazione della stabilità dei risultati in chirurgia ossea ricostruttiva: follow up a 5 anni” di Fabio Luciani

Dott. Maurizio Fabi DireTTOre reSpONSABile

Il ruolo degli adesivi a rilascio di fluoro nella prevenzione delle white spot lesions in pazienti con dispositivi ortodontici fissi: una review di Valeria Calace

prof. pietro Vettese COMiTATO Di reDAZiONe

Flessibilità chirurgica: la gestione ottimale delle strutture ossee esistenti di Stefano Tiroli

COMiTATO SCieNTiFiCO prof. emilio Govoni

di Andrea Possenti

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Area Clinica: dott. paolo pianta

I modelli anatomici allo stato dell’arte biosolutions di Francesco Davolio

DireZiONe eDiTOriAle Dr. Mihaela roman COOrDiNAMeNTO eDiTOriAle

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paolo Andrisani reDAZiONe, pUBBliCiTA’ e ABBONAMeNTi Dr. Cristiana roman info@symposiumodontoiatrico.it tel./fax. 0761.422575 cell.: 3926784682 eDiTOre BeST MiCrO S.r.l.

di Pianta Paolo

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La mia esperienza in Sry Lanka

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I volti del Genna

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Norme redazionali

S.p piansanese 11, 01018 Valentano (VT) tel./fax. 0761.422575 STAMpA

Protesizzazione a otto mesi di 3 impianti stabilizzati mediante ferula in titanio contestualmente a grande rialzo del seno mascellare superiore dx

di Orio Bandera

di Alfredo Tursi

Tipografia Artigiana-roma

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editoriale Odontoiatria Low Cost

iorni fa sono stato contattato da una nota assicurazione on-line per una eventuale collaborazione tra il nostro studio odontoiatrico e quest’ultima. I termini del contratto, speditomi per e-mail, dopo la prima sommaria occhiata, mi apparivano quanto mai stupefacenti confermati poi dalla più attenta lettura del tariffario. Sommariamente vi dico che l’ablazione tartaro era assolutamente gratis per i clienti della compagnia, lo stesso dicasi per l’estrazioni, tranne per gli ottavi inclusi, conservativa ed endodonzia a prezzi scontatissimi, protesi mobili e fisse a prezzi di realizzo. La compagnia pretendeva la nostra disponibilità tutti e sette i giorni della settimana e la certezza che durante la pausa estiva fosse garantita la presenza di un collega.

G

Alcune considerazioni: 1) L’ablazione tartaro, fondamentalmente per la salute del nostro cavo orale e per la prevenzione, ormai è considerata come la prima visita, un optional. Allora mi chiedo che senso abbia aver istituito un corso di laurea triennale con enorme dispendio di soldi sia per lo stato che per la famiglia se poi non viene riconosciuta la professionalità di questi ragazzi 2) L’estrazione dentale è un atto chirurgico con le implicazioni che ne conseguono e quindi una conoscenza ed abilità medica non indifferente. La crisi economica ha fatto si che tutte queste assicurazioni siano entrate nel settore sanitario sperando di fare profitto a spese soprattutto del professionista e della sua professionalità. Ovviamente ho detto no, grazie.

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I BIOmaterIaLI NeLLa rIgeNerazIONe DeL tessutO OsseO

scienza

Andrea Galentino, Marzia Pettinicchio, Donato Di Iorio, Giovanna Murmura Università Degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti-pescara Dipartimento di Scienze Orali, Nano e Biotecnologie Direttore prof. Sergio Caputi;

iNTrODUZiONe l’evoluzione nella ricerca merceologica nel campo dei biomateriali è giustificata dalla necessità di ritrovare materiali che asseriscano in maniera maggiore ai criteri di osteoconduzione, osteoinduzione e osteogenesi. Questi tre principi sono elementi essenziali per la rigenerazione ossea e hanno dei significati funzionali differenti: Osteoconduzione: fa riferimento alla facilitazione e orientamento del coagulo con conseguente creazione di un nuovo sistema Haversiano sulla base dello scaffold ricreato Osteoinduzione: fa riferimento alla stimolazione e attivazione delle cellule staminali dell’ospite presenti nel tessuto osseo circostante in modo da condurle ad una differenziazione in osteoblasti Osteogenesi: fa riferimento al potenziale di proliferazione e di osteosintesi diretta delle cellule osteoprogenitrici presenti nell’innesto e che sopravvivono al trapianto

l’innesto osseo è largamente praticato ed è rappresentato da 500.000 casi all’anno nei soli Stati Uniti e circa 2.200.000 nel mondo (1;2): si parla di innesto nelle branche della medicina maggiormente interessate che sono ortopedia, neurochirugia e odontoiatria. il gold standard è rappresentato ovviamente dall’innesto osseo autologo che tuttavia non è scevro da numerose difficoltà operative; ad esso si affiancano l’innesto osseo omologo e l’utilizzo di materiale di sostituzione come ausilio nelle procedure di guarigione ossea. innesto osseo AUTOlOGO rappresenta la scelta da prediligere in quanto l’osso prelevato dal paziente stesso possiede BMp e fattori di crescita ossei nonché le cellule osteoblastiche stesse che conferiscono a tale tipo di materiale una capacità osteoinduttiva e osteosintetica oltre che la classica osteoconduzione: tali componenti rimangono nel materiale stesso in quanto esso non necessita di tratta-

riassunto Osteoconduzione, osteoinduzione e osteogenesi rappresentano gli elementi essenziali per la rigenerazione ossea. Ad oggi la clinica ha a disposizione diversi i materiali da innesto: l’osso autologo è considerato il gold standard ma la morbidità del sito donatore ne limita talvolta l’utilizzo. Materiali alternativi all’osso autologo sono rappresentati dall’osso omologo, dai prodotti di origine animale e dai sostituti di biologici o di sintesi. Tutti i biomateriali hanno la capacità di osteoconduzione, riuscendo quindi a fungere da “impalcatura” o “scaffold” durante il processo di guarigione ossea; alcuni di essi sono strutturati con lo scopo precipuo di poter convogliare anche una minima osteoinduzione. Nonostante ciò allo stato attuale si evince che non esiste un biomateriale ideale, tuttavia l’utilizzo di questi ultimi è ampiamente giustificato da una maggiore semplicità d’impiego e una minore incidenza di complicanze rispetto all’innesto osseo autologo, nonché una maggiore accettazione da parte del paziente

Abstract Osteconduction, osteoinduction and osteogenesis are primary elements in bone regeneration.Several grafting materials are nowadays available: autologous bone is considered to be the gold standard, donor site morbidity being a major shortcoming. Homologous bone, animal derived products, biological and artificial products are available as alternatives to autologous bone for grafting procedures. Such materials are osteoconductive, acting as a scaffold throughout the bone healing phase, a few of them being also osteinductive. The ideal biomaterial does not exist, however their use increasingly due to easiness, lower complications incidence compared to autologous bone grafting and major patient compliance. Key words: Osteoinduction, Osteoconduction, Osteogenesis, Biomaterials.

parole chiave: Osteoinduzione, Osteoconduzione, Osteogenesi, Biomateriali.

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Fig. 1: in alto: immagine al microscopio elettronico a scansione di un cono di riempimento. in basso: rappresentazione schematica di un ciclo A-r-F. la freccia indica la direzione verso la quale avviene in riassorbimento del tessuto pre-esistente e la successiva formazione di un nuovo osteone.

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menti prima dell’impianto nel sito ricevente. i siti preferenziali di prelievo sono la cresta iliaca o la calvarie (osso parietale preferibilmente) in quanto forniscono un osso quantitativamente e qualitativamente ottimale, ricco di spongiosa. Vantaggi Osteoconduzione, osteoinduzione e osteosintesi Svantaggi Tale procedura non è scevra di svantaggi tra cui: lunga durata e complessità della procedura chirurgica, svantaggi cosmetici e dolore residuo nella sede di prelievo. la complicanza maggiore è

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rappresentata da un possibile fallimento della procedura in caso di mancata sopravvivenza delle cellule osteogeniche durante il trapianto; dei criteri di esclusione vanno inoltre riferiti a pazienti di età pediatrica o avanzata o nei casi di patologie maligne. Altre complicanze hanno un tasso di presentazione compreso tra 8,5% e 20% includendo: formazione di un ematoma, perdita di sangue, danni a componenti del sistema nervoso, infezioni, danni arteriosi, dolore cronico nel sito donatore (3-6)

innesto osseo OMOlOGO e’ rappresentato da osso prelevato da un soggetto della stessa specie ed è un’opzione secondaria all’innesto osseo autologo, ampiamente utilizzata negli Stati Uniti (rappresenta il 30% degli innesti ossei (7) è disponibile in varie composizioni commerciali come tasselli, nastri, perni (dowels, chips, strips) di osso corticale o spugnoso. Ovviamente questo tipo di osso ha delle limitazioni rispetto all’osso autologo nonchè la possibilità di trasmissione di patologie


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se non adeguatamente trattato prima dell’impianto nel sito ricevente: la manipolazione prevede la sterilizzazione (con ossido di etilene o raggi gamma) e il congelamento o congelamento/essiccamento. lo scopo precipuo è prevenire la complicanza infettiva ma va ad inficiare le caratteristiche che il materiale inizialmente presenta, motivo per cui l’osso congelato o congelato/essiccato perde la capacità di osteoinduzione; l’osso fresco non trattato non può difatti essere utilizzato in quanto andrebbe a creare una risposta immunitaria o porterebbe alla trasmissione di patologie infettive. Metodiche di trattamento: la procedura di preparazione è strutturata per evitare la trasmissione di patologie infettive virali (HiV, epatite C) e batteriche nonché tossine, malattie autoimmuni e la reazione immunitaria dell’organismo ricevente contro componenti riconosciute dal sistema immunitario

come non-self. la prima fase prevede congelamento e demineralizzazione che portano alla morte delle cellule presenti nell’innesto: nell’osso congelato ed essiccato (liofilizzato) si effettua un duplice sciacquo in soluzione antibiotica, un congelamento a -70° e un essiccamento fino al contenuto del 5% di acqua. l’osso congelato/essiccato così ottenuto ha la capacità minore di indurre una risposta immune ma è meno osteoinduttivo e ha peggiori caratteristiche meccaniche dell’osso trattato col solo congelamento. Vantaggi evita le complicanze connesse al prelievo dal sito donatore del paziente Svantaggi possiede osteoconduzione e una limitata osteoinduzione (dovuta ad una minima percentuale di BMp specie-specifiche) ma mancanza di capacità osteosintetica Materiali in sostituzione dell’innesto osseo il materiale ideale deve possede-

re le caratteristiche di: Biocompatibilità (capacità di una materiale impiantato nel corpo di armonizzarsi con i tessuti circostanti senza determinare alterazioni come la formazione di una capsula fibrosa, deterioramento e infezioni) Somiglianza strutturale con l’osso Facilità di utilizzo Osteconduzione e preferibilmente anche osteoinduzione Capacità di riassorbimento: la loro funzione principale è guidare la neoformazione ossea risultando sostituiti in toto da esso Tutti i biomateriali hanno la capacità di osteoconduzione, riuscendo quindi a fungere da “impalcatura” o “scaffold” durante il processo di guarigione ossea; alcuni di essi sono strutturati con lo scopo precipuo di poter convogliare anche una minima osteoinduzione. il processo di guarigione ossea coinvolge una serie di cellule e di meccanismi che in ultima analisi

Fig. 2: (A) immagine al microscopio elettronico a scansione di un vaso sanguigno all’interno di un canale di Havers. (B) immagine al microscopio elettronico a scansione e (C) immagine al microscopio ottico di un osteone in sezione trasversale. Fig. 3: immagini al (A) microsocpio elettronico a scansione ed al (B) microscopio confocale laser relative ad un clone di cellule osteoprogenitrici in uno stadio precoce di maturazione.

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Fig. 4: (A) granuli di fosfato tricalcico (Kasios®) al microscopio elettronico a scansione (50X; 150X; 2000X). (B) granuli di fosfato tricalcico (60%) + idrossiapatite (40%) (Calpore®) al microscopio elettronico a scansione (50X; 150X; 2000X) Fig. 5: granuli di carbonato di calcio (Biocoral®) al microscopio elettronico a scansione (50X; 150X; 2000X)

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conducono alla formazione di nuovo osso che è strutturato in un primo momento a fibre intrecciate e che successivamente matura in osso di tipo lamellare. il punto cruciale per ottenere il successo di tale procedura è il mantenimento della stabilità del coagulo in modo tale che esso abbia solidità e sostegno strutturale evitando che il locus di guarigione ossea venga invaso dai tessuti molli circostanti e in quest’ottica si inseriscono i biomateriali con la loro capacità di osteoconduzione; il processo prevede una fase iniziale di formazione del coagulo che funge da guida per le cellule osteoprogenitrici. la fase di angiogenesi prevede penetrazione e riempimento da parte della componente vascolare e di fattori di crescita come VeGF (V ascular endothelial growth factor); tale cavità di riassorbimento viene preparata da un “fronte” di osteoclasti derivati da preosteocla-

sti circolanti nel sito osseo provenienti dal vaso sanguigno interno di nuova formazione. la sopravvivenza cellulare dipende dalla presenza di quantitativi adeguati di ossigeno e nutrienti nonché da un corretto allontanamento dei prodotti metabolici di scarto, motivo per il quale un adeguato sistema vascolare nel sito di rigenerazione è fondamentale; senza il supporto del network vascolare le cellule devono far affidamento solo su principi di diffusione e in tal modo le cellule che distano più di 200 µ m dal supporto sanguigno divengono necrotiche o inattive dal punto di vista metabolico-funzionale (8). in virtù di tale limitazione i tessuti non possono rigenerarsi in volumi maggiori di 23 mm3 se non sono agevolati dal supporto vascolare (9), motivo per il quale l’ingegneria dei biomateriali è strettamente dipendente da una corretta formazione del network vascolare e dall’angiogenesi all’in-

terno della trama del materiale che funge da matrice-guida per il nuovo costrutto tessutale. le aree interne allo scaffold inizialmente prive di una pre-esistente trama vascolare producono un ambiente ipossico che aumenta nelle cellule dell’ospite adiacenti la trascrizione degli HiF-1αe HiF-2α(hypoxia-induced transcriptio n facto rs) che hanno capacità induttive sulla sintesi di fattori angiogenici come il sopracitato VeGF oltre a ossido nitrico sintetasi inducibile, eritropoietina, angiotensina-2, Tie-2, Flt-1, metallo proteinasi della matrice (MMp-2 e MMp-13), integrine e molteplici altre molecole necessarie per la ramificazione vascolare (10, 11); la ricerca merceologica si spinge in tal senso arricchendo alcuni materiali con tali fattori molecolari inseriti all’interno dello scaffold. la componente vascolare può così svilupparsi e ramificarsi a partire dal reclutamento di vasi pre-esistenti nella


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zona periferica o dalla migrazione di cellule progenitrici endoteliali circolanti nel sito di rigenerazione; tale azione è possibile a seguito di un riassorbimento delle componenti del coagulo e del materiale che ospita il sito da parte di molecole come le MMp-2, MMp-9, MMp-7, MMp-12 e MMp-13 prodotte da cellule osteoclastiche. la cavità di riassorbimento con il vaso in avanzamento verrà colmata da osso tramite un cono di riempimento da parte di cellule osteogenetiche differenziatesi dal pool cellulare perivascolare. Tale ciclo prende il nome di sigma A – r – F, acronimo di Attivazione cellulare, riassorbimento e Formazione; esso per raggiungere il completamento

richiede circa 6 mesi in un soggetto stabile da punto di vista metabolico, nonché la coordinazione di messaggeri chimici come il TGFα (T ransfo rming G ro w th Facto r beta). (Fig. 1) la velocità dei coni di riempimento osseo è un fattore determinante per la corretta guarigione e il successivo ricambio osseo; tale fase è fondamentale per ottenere risposte terapeutiche positive alle varie procedure che fanno seguito alla rigenerazione ossea. il turnover osseo prevede infatti una fase di rimodellamento che è sempre letta alla luce di una sequenza alternata di riassorbimento e formazione che sostituisce l’osso esistente, sempre con il meccanismo di penetrazione

e riempimento che genera osteoni secondari. i tempi di tale fase vengono calcolati misurando la distanza tra l’inizio dei siti di formazione dell’osso marcato lungo la linea di arresto del riassorbimento nelle sezioni longitudinali (12). Se si utilizzano marcatori fluorescenti somministrati due settimane prima a cani adulti la velocità di formazione osteonica sarà ritrovata pari a 27,7 ± 1,9 µ m al giorno (pari ad uno spostamento di 1 mm in 36 giorni); il ciclo di rimodellamento ha quindi durata di 12 settimane nei cani (13), 6 nei conigli (12) e 24 settimane nell’uomo (le stime precedenti prevedevano durata di 16/18 settimane (14).(Figg. 2,3) Una ferita ossea provoca un’ intensa attività di modellamento e rimodellamento (ad esempio nel caso di formazione di un callo per la stabilizzazione di due segmenti ossei o del riassorbimento per la rimozione dei margini ossei necrotici) e tale processo non si limita all’area della ferita venendo perciò considerato come un fenomeno regionale di accelerazione (FrA). l’adattamento osseo è controllato dall’interazione di segnali metabolici e meccanici; in molti casi il modellamento osseo viene influenzato da fattori biomeccanici (carichi funzionali e terapeutici). Tuttavia

Fig. 6: (A) mix di osso eterologo spongioso e corticale con collagene preservato (Gen-Os®) al microscopio elettronico a scansione (50X; 150X; 2000X); (B) mix di osso eterologo spongioso e corticale con collagene degradato (Apatos®) al microscopio elettronico a scansione (50X; 150X; 2000X). Fig. 7: aumento del volume osseo nell’area della premaxilla mediante l’innesto di osso eterologo in granuli. (A) caso iniziale; (B) scheletrizzazione del sito ricevente; (C) fissazione dell’innesto mediante una mesh in titanio; (D) rimozione della griglia in titanio a distanza di 6 mesi.

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Fig. 8: analisi istologica al microscopio ottico (immagini a sinistra) ed al microsocpio elettronico a scansione (immagini a destra) relativa al caso presentato nella figura 7. Si evince la presenza di tessuto osseo neoformato (indicato con i simboli >) in intimo contatto con il tessuto pre-esistente (indicato con *).

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anche gli ormoni e altri agenti metabolici hanno una notevole influenza secondaria in particolare nella fase di crescita e in quella di invecchiamento avanzato; nella fase di guarigione i meccanismi paracrini e autocrini (fattori locali di crescita, prostaglandine, ecc..) sono in grado di predominare temporaneamente il controllo biomeccanico. il tasso di rimodellamento osseo viene notevolmente influenzato da mediatori metabolici come l’ormone parotideo o gli ormoni estrogeni, risultando dunque leggibile in un’ottica di individualizzazione sulla base della risposta del singolo individuo. le scansioni ossee con 99Te-bifosfonato (marker dell’attività ossea) indicano un alto tasso di rimodellamento dei processi alveolari, ma non dell’osso basale. la captazione del marker dell’osso alveolare è simile a quella dell’osso trabecolare della colonna vertebrale; la velocità di rimodellamento di quest’ultimo è del 20 – 30 % all’anno, quella dell’osso corticale invece è del 2 -10 %. Tale processo ha durata vitalizia in modo tale da permettere un continuo adattamento per l’ottimizzazione del sistema stomatognatico dal punto di vista funzionale. la classificazione proposta da Giannoudis (15) dei materiali utilizzati in alternativa agli innesti ossei vede questi ultimi suddivisi in tre grandi categorie: 1 – Biomateriali A – Matrice ossea demine-

ralizzata (DBM): è prodotta attraverso la decalcificazione dell’osso corticale a seguito della quale vengono praticate delle procedure per ridurre il potenziale di infiammazione e la risposta immunitaria dell’ospite nei confronti del materiale. in questo modo si ottiene una struttura trabecolare collagenica a scopi osteoconduttivi nonostante la perdita della iniziale resistenza della offerta dalla componente minerale; le formulazioni merceologiche disponibili annoverano gel, paste malleabili, strisce flessibili, paste ossee iniettabili o paste malleabili con chip ossei. B – C ollagene: è una delle principali componenti della matrice inorganica dell’osso ed è essenziale per il processo di mineralizzazione, la stabilizzazione del coagulo e la proliferazione della componente vascolare guidando in tal modo una favorevole rigenerazione ossea (16). lo svantaggio principale è rappresentato da uno scarsa forza strutturale come materiale da innesto; per tal ragione viene di solito usato in combinazione con BMp (bone morphogenetic proteins), idrossiapatite o precursori delle cellule osteoprogenitrici. e’ commercializzato sotto forma di gel o granuli in asso-

ciazione bifasica con idrossiapatite, fosfato tricalcico o midollo osseo. 2 – Materiali di sintesi : rispetto ai precedenti hanno il vantaggio di avere caratteristiche manipolabili e migliorabili durante il processo di sintesi: in tal senso si ottengono materiali che hanno un ottima capacita’ di osteoconduzione, un’ ottima biocompatibilità e una resistenza adeguata in modo tale da fornire un modulo di elasticità simile a quello osseo per poter evitare un evento come la frattura sotto carico ciclico. lo svantaggio principale è la scarsa predicibilità del riassorbimento e dei suoi tempi assieme ad una capacità di manipolazione non sempre ottimale. A – Materiali ceramici : la componente principale è il fosfato di calcio in organizzazioni cristalline differenti. Tra esse annoveriamo il fosfato tricalcico/T C P e l’idrossiapatite/HA utilizzati singolarmente o in combinazione. (Fig. 4) riproducono una struttura ottimale per quanto concerne il supporto della matrice osteoide (secreta da cellule osteogenetiche provenienti dall’adiacente osso vivo del sito ricevente) prodotta direttamente sulla superficie di tali materiali senza l’interposizione alcuna di tessuto molle; alla mineralizzazione successiva dell’osteoide farà seguito il normale processo di rimodellamento dell’osso così formatosi. Tra i due materiali sopracitati l’idrossiapatite permane per periodi maggiori rispetto al fosfato tricalcico che essendo poroso viene riassorbito concomitantemente con la crescita ossea; un materiale con alta porosità e bassa densità particellare permette una buona vascolarizzazione e una buona sintesi ossea con notevole diffusione di BMp e sviluppo di cellule osteoprogenitrici. il fosfato tricalcico esiste inoltre in due formulazioni, αTCp e βTCp: il secondo risulta ultra-


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poroso con un range dimensionale dei pori da 1 a 1000 µ m rispettando così a pieno il range ottimale per veicolare la capacità di osteoconduttività (pari a 150 – 500 µ m (17). B – So stituti co rallini : sono materiali derivati da una conversione sintetica di strutture prodotte da alcune specie di corallo marino ; esse elaborano composti a base di calcio chimicamente simili a quelli che ritroviamo nell’ osso spongioso umano e perciò dotati di capacità osteoconduttiva. (Fig 5) le caratteristiche di porosità rispecchiano quelle ottimali, la resistenza alla compressione è elevata ma hanno scarsa resistenza alla tensione C – V etri bioattivi : sono materiali solidi, duri, non porosi, costituiti principalmente da calcio, fosforo e biossido di silicio (silicato). le forme sintetizzabili sono molteplici passando da quelle solubili a quelle non riassorbibili; hanno capacità osteointegrative e osteoconduttive, una resistenza meccanica ele-

vata (maggiore del fosfato di calcio) ma una maggiore facilità alla frattura durante le fasi di modellazione. D – Ionomeri vetrosi : sono composti a base di vetro calcio/alluminio/fluorosilicato in unione ad un acido policarbossilico. Seppur avendo una stuttura porosa funzionale all’osteoconduzione non sono riassorbibili non vengono rimpiazzati da osso; non ne viene considerata perciò la trattazione. 3 – Materiali bicomponente biologici/sintetici: hanno una duplice composizione con fattori di crescita ostoinduttivi naturali intrappolati in una matrice sintetica osteoconduttiva: rappresentano un settore di ricerca attuale in forte sviluppo. A questi materiali vanno aggiunti gli innesti eterologhi (Xenographic graft) (18): essi hanno derivazione da una specie diversa dalla quale viene rimossa completamente la componente organica in modo tale che le reazioni immunologiche diventino nulle. la struttura inorganica rimanente funge da matrice architetturale naturale con un eccellente risorsa di calcio alla pari

di molti altri materiali sintetici; sono solitamente di origine equina o bovina. (Figg. 6,7,8) CONClUSiONi Dalla trattazione si evince come il mercato ad oggi metta a disposizione numerosi biomateriali che possono assistere in maniera ottimale la funzione di rigenerazione ossea in virtù della capacità di osteoconduzione (comune ad ognuno di essi) e le capacità stabilizzanti sul coagulo. Nonostante ciò allo stato attuale da valutazioni cliniche si evince che non esiste un biomateriale ideale in quanto nessuno soddisfa tutti i sopracitati criteri (osteoinduzione, osteogenesi, adeguati tempi di riassorbimento, ecc); tuttavia l’utilizzo di questi ultimi è ampiamente giustificato da una maggiore semplicità d’impiego e una minore incidenza di complicanze rispetto all’innesto osseo autologo, nonché una maggiore accettazione da parte del paziente. la scelta merceologica di un biomateriale rispetto ad un altro è giustificata da parametri di scelta individuali sulla base dell’ampia documentazione disponibile in letteratura.

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FLessIBILItà ChIrurgICa: La gestIONe OttImaLe DeLLe strutture Ossee esIsteNtI.

Chirurgia

Prima parte stefano tiroli Libero professionista in Roma A ttualmente è docente del Master di II livello “Implantologia e Restaurazioni Protesiche presso il Dipartimento di Scienze O dontostomatologiche dell’Università La Sapienza di Roma

la molteplicità dei casi che siamo chiamati a risolvere ci impone di conoscere molte tecniche e di selezionare quella o una miscela tra quelle più appropriate al singolo caso.

Sono i limiti anatomici e morfologici che determinano l’impossibilità del trattamento implantare se non utilizzando una tecnologia avanzata che esula dallo standard.impianti corti:

85 anni 17 anni

70 anni il trattamento chirurgico sarà, quindi, molto differente in base all’età del paziente, i limiti anatomici (congeniti

o da riassorbimento) e lo stato di salute generale che il paziente presenta.

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le due variabili fondamentali, quantità dell’osso e qualità dell’osso, rappresentano un elemento essenziale da valutare che guiderà, in seguito, il nostro trattamento consentendoci di scegliere la terapia adeguata per quel paziente rendendo il più possibile il trattamento atraumatico.

Quantità di osso 1. 2.

Congenita Aquisita

Classificazione dei gradi di riassorbimento dei mascellari edentuli secondo lekholm e Zarb (1985).

A Qualità dell’osso lekholm & Zarb (1985)

principali ostacoli anatomici al trattamento implantare : Seno mascellare Cavità nasale Canale alveolare inferiore Atrofia e deficit osseo

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B

C

D

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Alcune tecniche chirurgiche atte ad aumentare l’osso utile alle tecniche implantari nei pazienti con deficienza ossea. 1 rigenerazione ossea guidata (G.B.r.). membrane, membrane rinforzate, griglie in titanio. 2 incremento del volume osseo verso la cavità orale con innesti ossei (Onlay Graft). 3 incremento del volume osseo a scapito di quello del seno mascellare o della cavità nasale (inlay Graft). 4 Tecnica dello split crest (e.r.e). 5 Distrazione osteogenetica. 6 Trasposizione del nervo alveolare inferiore. Oggi, sempre di più, si propongono delle tecniche che consentono di utilizzare in maniera ottimale l’osso esistente senza sottoporre il paziente a complicati interventi di incremento chirurgico dell’osso.

la tendenza per il futuro è quella di effettuare interventi non invasivi e soprattutto di evitare un secondo intervento chirurgico, con le relative problematiche di rischio e di costo, specie per i pazienti anziani. le indicazioni per questi interventi sono: pazienti a rischio ( cardiopatici, ipertesi, diabetici, pazienti con pregresso ictus etc.) pazienti anziani pazienti che non vogliono sottoporsi a complicati interventi di aumento dell’osso pazienti in cui questi interventi non hanno dato l’esito sperato pazienti che desiderano un intervento meno invasivo pazienti con scarse disponibilità economiche Queste tecniche chirurgiche posso essere riassunte nella seguente tabella: 1 - inserimento implantare inclinato 2 - Utilizzo di impianti corti 3 - Aggancio bicorticale dell’impianto 4 - rialzo parcellare del seno mascellare 5 - Tecnica dello split-crest 6 - Utilizzo del Toronto bridge 7- Tecnica del fast & fixed 8 - impianto post-estrattivo immediato

9 - Utilizzo della placca stabilizzatrice 10 - rigenerazione ossea guidata 11 - Chirurgia pc assistita per raggiungere il nostro obiettivo sarà data la preferenza all’uso di strumenti chirurgici meno traumatici, come per esempio il piezobisturi rispetto a martelli e scalpelli, saranno evitati complicati e massivi prelievi dell’osso favorendo prodotti in commercio mescolati con piccoli prelievi dal paziente ( innesto attivato ), si compatteranno più fasi dell’intervento ( per esempio le placche di stabilizzazione nei rialzi di seno 4 classe di mish o la rigenerazione endossea assieme all’implantologia) e scegliendo, comunque, la tecnica meno invasiva puntando soprattutto al risultato ottimale per quel dato paziente. Con alcuni accorgimenti nella scelta e nell’inserimento implantare si possono evitare interventi complicati e rischiosi quali il grande rialzo del seno mascellare, la trasposizione del nervo alveolare inferiore, interventi di onlay, innesti a blocco. inserimento implantare inclinato; utilizzo di impianti corti; aggancio bicorticale dell’impianto. ecco alcuni efficaci sistemi per non effettuare il grande rialzo del seno o la trasposizione dell’alveolare inferiore. inserimento impiantare inclinato: 1- impianto inclinato nel tuber 2- impianto inclinato anteriormente al seno mascellare 3- impianto inclinato apicalmente dalla parte opposta del nervo alveolare inferiore

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4- Apice dell’impianto inclinato palatalmente

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5- impianto inclinato anteriormente al loop del nervo alveolare inferiore

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impianti corti: Numerosi studi scientifici evidenziano che le forze a cui è sottoposto l’impianto durante la masticazione si scaricano nei primi 6-8 mm dell’impianto. Ulteriori studi hanno poi dimostrato che la sopravvivenza di impianti corti è sovrapponibile a quella di impianti più lunghi. Murray l. Arrlin, The innternational journal of oral & maxillofacial implants vol 21 n° 5 2006 Gerald Krennmair, rudolf Furnauser, Martin Krainhofner, Michael Weilander, eva piehslinger Quintessence pubblishing co. Volume 20 n° 6 2005

Aggancio bicorticale dell’impianto: si utilizza per stabilizzare un impianto in maniera sicura laddove si sarebbe optato per una rigenerazione ossea e successivamente, in un secondo tempo, per l’intervento di implantologia data la mancanza di una efficace stabilità primaria. e’ il caso delle cavità ossee che per loro costituzione presentano una stabilità primaria solo a livello del colletto dell’impianto.

efficienza di ritenzione di fixture penetranti nella cavità nasale o nel seno mascellare dopo un periodo di osservazione compreso tra i 5 ed i 10 anni (BrANeMArK et all. )

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in ogni caso l’apice dell’impianto deve aggettare nel seno mascellare o nella cavità nasale il meno possibile e comunque per massimo un millimetro.

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IL ruOLO DegLI aDesIvI a rILasCIO DI FLuOrO NeLLa PreveNzIONe DeLLe whIte sPOt LesIONs IN PazIeNtI CON DIsPOsItIvI OrtODONtICI FIssI: uNa revIew

medicina

Valeria Calace

la decalcificazione durante la terapia ortodontica fissa è uno spiacevole inconveniente, in particolare nei pazienti con scarsa igiene orale1,2. l’inserimento di un dispositivo fisso nel cavo orale ne provoca l’alterazione, causando modifiche sia quantitative sia qualitative a carico della placca. il mantenimento di una corretta igiene orale è più complicato con la presenza ti elementi ortodontici (elastici, molle) pertanto è più facile che la placca si vada ad accumulare3. Di conseguenza c’è un aumento della produzione di acidi e, di seguito, una alterazione della superficie dello smalto4. il segno iniziale della decalcificazione di solito è una macchia bianca e opaca sulla superficie smaltea attorno ai bracket o nel substrato. Queste macchie

dette “white spots lesions” (WSls) possono essere localizzate su tutti gli elementi dentali ma sono più di frequente localizzati sulle superfici buccali degli incisivi laterali superiori, canini inferiori e primi premolari nel loro terzo medio cervicale. Se la demineralizzazione procede, ne sussegue una cavitazione6,7. Sebbene queste demineralizzazioni possano rimineralizzare dopo la rimozione dei bracket, le WSls spesso rimangono visibili sulla superficie dei denti per oltre 5 anni dopo la fine del trattamento3,5,7,8,9 causando così problemi di tipo estetico con il paziente. la più elevata incidenza e gravità delle WSls al termine della terapia ortodontica è stata individuata a carico di singoli elementi dentali, sia bandati che

non rispetto agli elementi dentali di un paziente non trattato ortodonticamente3,4. l’incidenza di WSls dopo 4 settimane di terapia è più del 50%15. Molti articoli hanno mostrato gli effetti positivi del fluoro nella riduzione della solubilità dello smalto10,11,12,13. il fluoro (F-) sostituisce il gruppo idrossile (OH-) dei cristalli dell’idrossiapatite creano fluoroapatite. la struttura della fluoroapatite è di dimensioni maggiori ed è più resistente alla demineralizzazione dello smalto. il presente studio ha il fine di valutare e comparare l’efficacia degli agenti adesivi a rilascio di fluoro nella demineralizzazione delle strutture dentali in prossimità dei bracket ortodontici rispetto ai convenzionali adesivi.

Scopo del lavoro:

Aim of the study:

il nostro obiettivo era eseguire una review della letteratura per valutare l’efficacia degli adesivi a rilascio di fluoro nella prevenzione delle white spot lesions (WSls) e della decalcificazione nei pazienti con dispositivi ortodontici fissi.

Our objectives were to make a review of the literature to evaluate the effectiveness of fluoride-containing adhesives in preventing white spot lesions (WSls) and decalcification in patients with fixed orthodontic appliances.

Materiali e metodi:

Materials and methods:

e’ stato analizzato materiale pubblicato e non in ogni lingua tramite l’impiego di specifici database. i criteri di inclusione predefiniti includono la presenza di un gruppo di controllo, la durata della trattamento e la presenza di misurazioni di variabili oggettive.

We searched published and unpublished material in any language by using general and specialist databases. predefined inclusion criteria based on objective outcome measures for decalcification, presence of a comparison group, duration of treatment and the study design were applied to select the studies.

risultati e conclusioni: Dall’analisi dei titoli e degli abstract, abbiamo identificato una serie di articoli che, con l’applicazione dei nostri criteri di inclusione, sono stati ridotti a 43. Non è stata possibile un’analisi statistica del materiale analizzato. Si può concludere che l’uso di cementi vetroionomerici riduce l’incidenza delle WlSs.

results and conclusions: By screening titles and abstracts, we identified some articles; after the inclusion criteria were applied, 43 reports remained. Differences in the methodologies and reporting made statistical analysis impossible. The use of GiCs reduces the incidence of WlSs.

parole chiave:

Key words:

White spot lesions (WSls), adesivi a rilascio di fluoro, fluoroprofilassi topica, demineralizzazione, decalcificazione.

White spot lesions (WSls), Fluorate-releasing adhesives, topical fluoroprophylaxis, demineralization, decalcification.

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MATeriAli e MeTODi Dall’analisi di titoli e abstracts, sono stati identificati 43 articoli che includono trial randomizzati (rCT) e quasi randomizzati (CCT) in cui il fluoro veniva impiegato in vari metodi in modo da prevenire la formazione della WSls durante la terapia ortodontica, sono state incluse anche review e studi in vitro. la modalità d ricerca per la review ha seguito il metodo standard impiegato da Cochrane. il materiale è stato ricercato nei seguenti database: N Cochrane Clinical Trials register (2011) N MeDliNe (dal 1966 al 2011) riSUlTATi C ompositi a rilascio di fluoro e compositi privi di fluoro Un CCT16 comparava un composito fluorurato (Fluorever; Macrochem Corp, Woburm, MA) con un composito privo di fluoro (Aurafill; Johnson & Johnson Dental Care Co, east Windsor, NJ). Non sono state rilevate differenze riguardo il numero delle WSls tra i due materiali ( Or 0.0; 95% Ci 0.00-1.52).Uno studio in vitro17 ha valutato e confrontato lo stato di demineralizzazione nelle zone adiacenti ai bracket e la forza di adesione di una resina composita a rilascio di F- (rely-abond e Tru-Bond) e una resina convenzionale (Ortho-one) su 120 molari estratti e sani. le resine fluorurate hanno mostrato uno stato di demineralizzazione minore statisticamente significativo rispetto al materiale abituale. Non vi sono state invece differenze significative riguardo allo stato di demineralizzazione fra i materiali a rilascio di F-, in merito alla forza di adesione tutti i materiali hanno mostrato una forza clinicamente accettabile. C ompositi a rilascio di fluoro e GIC s Twetman18 ha messo a confronto un cemento vetroionomerico (GiC) abituale ( AquaCem; DeTrey, Dentsply, Konstanz, Germany) con una resina composita usuale ( Concise; 3M Dental products, St paul, MN). Sono stati osservati 22 premolari di 20 individui impiegando la tecnica Split-mouth, con una localizzazione randomizzata del materiale testato su entrambi i lati. i denti sono stati estratti dopo 6-8 settimane e l’incidenza e l’estensione dello stato iniziale della demineralizzazione dello smalto è stato valutato con l’ausilio di un stereomicroscopio. Sono state riscontrate differenze statisticamente significative mesialmente e distalmente ( p< 0.05) ma non significative nella porzione mesiale e distale. l’incidenza della demineralizzazione dello smalto in zone contigue a bracket cementati con resine composite e cementi vetroionomerici era rispettivamente di 77% e 68%. i risultati indicano che l’adesione con cementi vetroionometrici può avere effetti cariostatici localmente in bambini che necessitano di una terapia ortodontica fissa. Marcusson19 ha comparato un GiC tradizionale (AquaCem; DeTrey, Dentsply, Konstanz, Germany) con un diacrilato (Unite; Unitek, Monrovia, CA) su 60 pazienti impiegando la tecni-

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ca split mouth. Nove mesi dopo la rimozione dei bracket, le WSls sono state ritrovate sul 24% delle superfici su cui era stato impiegato il cemento, valore significativamente minore rispetto al 40% delle superfici su cui era stato usato il diacrilato (p < 0.01). Al controllo 12 mesi dopo la rimozione ( numero delle superifici dentali esaminate= 214) l’incidenza delle WSls si è ridotta rispettivamente al 22 e 24%. Un ulteriore controllo dopo altri 12 mesi (n superfici= 160) ha mostrato una minore frequenza dell’incidenza di WSls col cemento ( 16% dei casi rispetto al 29% dei diacrilati), ma i valori rimangono comunque statisticamente significativi in entrambi i gruppi rispetto alla fase antecedente al trattamento. Con terapie più lunghe (17 mesi) i denti su cui veniva applicato il diacrilato sono più frequentemente affetti da WSls ( p< 0.05). e’ stato concluso che l’impiego di GiC per la cementazione di materiale ortodontico determina una minore incidenza di WSls dopo il debondaggio rispetto al diacrilato. Gorthon20 ha paragonato un GiC di tipo resinoso ( Fuji Ortho lC; GC America inc, Chicago, il) con una resina fotoindurente (Transbond CT; 3M Unitek, Monrovia, CA). in merito ai livelli di F- nella saliva di tutto il cavo orale non sono state riscontrate differenze statisticamente significative né fra i gruppi né all’interno di ciascun gruppo (p > 0.05). Questi risultati indicano che i cementi vetroionomerici a rilascio di Fimpiegati per la cementazione dei bracket ortodontici hanno un’azione inibente sulle carie. l’effetto cariostatico è stato localizzato nell’area intorno ai bracket ed era statisticamente significativa dopo 4 settimane. Compomeri e compositi Chatzistavrou21 ha indagato in merito alle differenze di rilascio di F- in vitro fra un sistema adesivo vetroionomerico ( Fuji i, GC Corporation, Tokyo, Japan) e una resina composita ( Transbond XT, 3M Unitek, Monrovia, Calif; light Cure). il picco iniziale di rilascio di F- osservato per l’adesivo Fuji dopo il primo giorno ha un calo significativo col tempo, ma persiste durante il periodo monitorato (60 giorni) (p< 0.05). il breve intervallo di rilascio di F- e l’assenza di una documentazione circa il suo recupero da parte dello smalto suggerisce che l’adesivo vetroionomerico testato potrebbe avere un’azione protettiva solo tramite un meccanismo di riserva. Uno studio in vitro22 ha misurato il rilascio di ioni da parte di quattro resine adesive contenenti vetro bioattivo sol-gel (BAGBonds) in seguito all’immersione in un fluido corporeo simulato (SBF). Come elemento di controllo è stato impiegato il Transbond-XT disponibile in commercio. Differenze significative nel rilascio di ioni calcio e fosfato sono state trovate per il BAGBond. A valori di pH compresi fra 4 e 7 le resine BAG-Bonds hanno la capacità di aumentare il valore del pH nelle zone di interfaccia fra bracket e dente con conseguente diminuzione della perdita di minerali. Ciò può essere applicabile in pazienti adolescenti in quanto predisposti alle WSls a causa della la loro tendenza ad avere intervalli di pH

più critici di quelli degli adulti22,23. Da indagini sulla valutazione del debondaggio del compomero (Dyract Ortho) e di compositi fluorurati, entrambi hanno simili tempi di durata se comparati alle resine non fluorurate (right On, Tp la porte,indiana). Altri studi in vivo su materiali simili hanno portato alle stesse conclusioni24,32. D’altra parte i soli materiali riportati per prevenire la demineralizzazione con una soddisfacente adesione sono il Fluor-ever25 ed il Dyract Ortho26. l’indagine sul Fluor-ever aveva un campione piccolo e privo di randomizzazione, non sono stati riportati dati attendibili per la rimozione dei due compositi sono stati impiegati due protocolli differenti. lo studio riguardo il Dyract Ortho presentava un breve intervallo di tempo (4 settimane) e non aveva raggiunto risultati statisticamente significativi ( Or 0.00; 95% Ci 0.00-2.42)27. Un altro trial28 ha analizzato il compomero Dyract Ortho mettendolo a paragone con delle resine impiegate nello studio citato sopra in un lasso di tempo di 21 mesi. Non sono state riscontrate differenze statisticamente significative ( Or 0.22; 95% Ci 0.0021.07). entrambi i materiali necessitano di studi più ampi per poterne confermare la validità C ompomeri e GICs paschoal 29 ha valutato e comparato il rilascio di F- da parte di un cemento vetroionomerico nanorimepito (GiV) (Ketac N100-KN), di un cemento vetroionomerico usato nella pratica di routine (GiC modificato con resina-Vitremer-V; GiC tradizionale- Ketac MoralKM) e di una resina composita nanoriempita (Filterk Supreme-rC). Sono state riscontrate differenze statisticamente significative tra il rilascio quotidiano di F- dopo il terzo giorno solo per i GiC. i risultati indicano che il rilascio di F- da parte di un GiC nanoriempito con base resinosa è paragonabile a un GiC a base resinosa. Gilgrass 30 ha paragonato un compomero fluorurato fotopolimerizzabile (Band-lok, reliance Orthodontic product itasca, il) con un GiC convenzionale (Ketac-Cem, eSpe, Seefield Oberby, Germany) sui molari di 98 individui. Non sono state riscontrate differenze significative nel quantitativo di WSls fra i due materiali (Or -29; 95% Ci 0.03-1.50). Sebbene l’Aquachem possa diminuire la demineralizzazione 19, non è raccomandato dato che altri studi su cementi vetroionomerici non mostrano una sufficiente forza di adesione se comparati ad altri materiali a rilascio di fluoro31,32. lo studio sull’Aquachem non analizza l’aspetto del debondaggio, aspetto molto importante19. Una review di Cochrane sugli adesivi ortodontici supporta l’uso della resina composita su un cemento vetroionomerico 33. le ricerche suggeriscono che, per la ritenzione dei bracket, il cemento vetroionomerico ha una elevata percentuale di fallimento di adesione rispetto alla resina convenzionale19,27,30,31,34,35. Dionysopoulos et al36 hanno evinto che il GiC convenzionale (KM) rilascia meno F- se comparato a GiC modificati con resi-


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na. l’ipotesi suggerita dagli autori era che la bassa solubilità e l’elevato rapporto polvere/liquido poteva essere il motivo della differenza al KM36. C ompomeri, compositi e GIC s Ahn e lee37 hanno valutato le differenze fra cinque adesivi ortodontici: un composito non fluorurato, uno a rilascio di fluoro, un compomero e due cementi resinosi (rMGiCS). Gli adesivi a rilascio di fluoro inizialmente hanno mostrato un elevato tasso di rilascio che andava a ridursi in modo significativo. il rilascio totale di F- nella fase iniziale era rMGiS>compomeri>compositi fluorurati>compositi non fluorurati. Dopo un trattamento topico al fluoro, l’incremento del rilascio di F- è proporzionale all’entità del suo rilascio nella prima fase. Comunque il rilascio di F- dura solo per due giorni e in seguito ritorna ai livelli antecedenti la sua applicazione topica. Uno studio recente38 ha messo a confronto il rilascio di F- di due cementi resinosi impiegati per cementare bande ortodontiche (Fuji Ortho Band e Multicure Cemento vetroionomerico per bande) e un composito per bracket (Orthoglass ll, Fuji Ortho lC e Transbond XT) prima e dopo il recupero di F-. il Fuji Ortho Band (FOB) presenta il maggiore quantitativo di F- rilasciato, seguito da Multicure Glass ionomer Orthodontic Band Cement (MCB) e Fuji Ortho lC (FOlC) mentre il Transbond XT (TXT) ha un basso rilascio di F-,come riportato in letteratura39. Ortho Glass lC (OGlC) presenta un miglior comportamento se comparato a MCB e FOlC. riguardo la cementazione delle bande ortodontiche il FOB rilascia più F- rispetto a MCB, in merito all’adesione dei bracket l’OGlC rilascia più F- del FOlC. Su e Bai40 hanno analizzato tre cementi sperimentali in forma polvere/liquido miscelando diverse concentrazioni di metilmetacrilato (MMA) e 2idrossietilmetacrilato (HeMA) per formare il liquido (l), per formare la polvere (p) sono stati impiegati il fluoruro di sodio (NaF) e il polimetilmetacrilato (pMMA). i materiali ideati sono stati messi a paragone con la resina composita e i cementi vetroionomerici. il rilascio di F- da parte del gruppo contenente p (10% NaF; 90% pMMA) e l (60% MMA e 40% HeMA) era simile al cementro vetroionomerico. ma i materiali sperimentali sono stati depositati in acqua per 7 giorni, la loro forza si è di conseguenza ridotta e stabilizzata a valori minori rispetto al composito e al pMMA. lund41 ha valutato il rilascio di F- da parte di Ultra-Bandlok (UBl), relyx (rlX) e Ketac-Cem (KTC). la classificazione del rilascio di F- segnala UBl<KTC<rlX. il rilascio di F- diminuisce nel tempo e la soluzione in cui il materiale è deposto ne influisce la capacità di rilascio. lin42 ha evidenziato che tutti i cementi vetroionomerici, ma in particolare il cemento Fuji Ortho lC ( cemento vetro-ionomerico resinoso), hanno un elevato recupero e rilascio in seguito ad applicazioni topiche di fluoro. D’altraparte, il Vitremer (cemento vetro-ionomerico resinoso) ha mostra-

to una maggiore alterazione della superficie dopo la fluoroprofilassi. Ciò mette in evidenzia il rischio di indebolimento dei cementi ortodontici dopo ripetute applicazioni di fluoro. Nel paragone fra l’assorbimento locale e sistemico di F- rilasciato da un compomero (Dyract Ortho) e un cemento resinoso duale (Vitremer) con un composito convenzionale (rightOn) il F- rilasciato è stato misurato in campioni di saliva, placca e urine prelevati 4 settimane prima della cementazione e 4 settimane dopo la rimozione. la demineralizzazione è stata classificata dando dei punteggi sulla superficie buccale di ogni elemento estratto usando un Caries index. il periodo di osservazione è stato breve, il premolare è stato estratto dopo 4 settimane. Non ci sono state differenze significative nel numero di WSls tra i due materiali. DiSCUSSiONe le resine composite a rilascio di fluoro per la cementazione dei bracket hanno destato interesse ma l’efficacia di questi materiali nella riduzione delle WSls rimane equivoca43,44. i cementi vetroionomerici sono stati introdotti di recente, essi hanno un potenziale maggiore rispetto ai compositi nella prevenzione della demineralizzazione dello smalto perché: - la mordenzatura dello smalto spesso non è necessaria 45; - la produzione di acidi nella placca è minore 46,47; - il rilascio di fluoro nella saliva e nella placca nelle zone adiacenti ai bracket cementati continua per oltre 7 mesi 47. il rilascio di F- da parte di materiali dentali è governato da diversi fattori intrinseci ed estrinseci. i fattori intrinseci includono la composizione, la combinazione polvere/liquido, il tempo di miscelazione, la temperatura, l’assetto, la permeabilità e la superficie trattata48. la temperatura, l’assetto, la permeabilità e la superficie trattata sono elementi standardizzati per tutti i materiali. Gli altri fattori variano a seconda dei materiali analizzati. i fattori estrinseci includono il progetto sperimentale e i metodi analitici 49. Caves et al 50 hanno riportato che la forma, il tipo e l’area di superficie del cemento può influenzare significativamente il processo di rilascio di F-. itota et al 51 hanno osservato che l’incremento del recupero di F- può dipendere dalla capacità di rilascio di ogni singolo materiale e dai siti in cui sono localizzati. i cementi che presentano il maggiore tasso di rilascio di fluoro nella fase iniziale hanno anche il maggior rilascio durante tutto il periodo di sperimentazione, ciò suggerisce una elevata capacità di recupero 52. e’ stato mostrato53 che il rilascio di fluoro dopo il recupero tende ad essere simile a ciò che viene osservato nella prima fase. Secondo Xu e Burgess 54, la porosità dei materiali può avere una elevata influenza sul quantitativo di F- rilasciato prima e dopo il recupero del F- stesso. infatti una maggiore porosità permette al fluoro di essere recuperato con conseguente incremento del suo successivo rilascio ed ulteriore

recupero. Dato che gli rrGiC presentano una porosità minore rispetto ai GiC convenzionali che risulta però essere maggiore rispetto ai compositi, questi rilasciano un quantitativo di F- minore, come riportato da Cacciafesta39 . incorporando del vetro bioattivo (BAG) in una resina composita si ottiene un adesivo biomimetico. BAG è una matrice di alcaloidi idrolizzati con legami crociati di SiO2 , CaO e p2O5. la BAG ha proprietà biomimetiche quando viene immerso in fluidi corporei con formazione di idrossiapatite simile a quella del dente. in condizioni in vitro e in vivo, le BAGs rilasciano ioni che interagiscono con altri ioni presenti nella soluzione creando una soluzione satura con precipitato di fosfato di calcio capace di rimineralizzare i tessuti demineralizzati 44,55. inoltre, studi in vitro di un GiC sperimentale contenente il 30% di BAG hanno evidenziato che l’agente adesivo inibisce la crescita dello S. Mutans44,55. Questo effetto anticariogeno potrebbe contribuire al potenziale del BAG nella prevenzione di WSls45. l’acqua deionizzata è un mezzo che è stato impiegato per molti anni per valutare il rilascio di F- da parte dei materiali dentali56. Negli ultimi anni alcuni autori hanno suggerito che la saliva e modelli a pH ciclico potrebbero simulare meglio l’ambiente del cavo orale e , di conseguenza, essere più appropriati per lo studio del rilascio di F- da parte dei vari materiali57,58. D’altra parte, l’acqua deionizzata è un mezzo che riflette meglio la proprietà del materiale nel rilascio di F- senza influenza di molecole organiche o minerali che potrebbero essere presente in soluzioni de/rimineralizzate o nella saliva. indagini hanno mostrato che maggiori quantità di F rilasciato dai materiali dentali sono stati osservati in modelli a pH ciclico se comparati all’acqua deionizzata. Garcez et al59 hanno riscontrato che il modello di rilascio di F- da parte di materiali da restauro sono simili nell’acqua deionizzata e nelle soluzioni che simulano un pH ciclico. CONClUSiONi Non è possibile fare delle raccomandazioni in merito all’impiego di adesivi a rilascio di fluoro nella terapia ortodontica fissa. Comunque è evidente che: i cementi vetroionomerici sono più efficaci delle resine composite nella prevenzione delle WSls ma l’evidenza scientifica rimane debole; sono necessarie ulteriori indagini per comprovare l’efficacia dei vari adesivi a rilasci odi fluoro. Ci sono vari metodi per ridurre la demineralizzazione durante la terapia fissa come i seguenti: educare il paziente sull’importanza della dieta e dell’igiene orale durante il trattamento idealmente aiuta a ridurre questo problema senza però eliminarlo; lo spazzolamento dei denti due volte al giorno con uno spazzolino classico o uno ortodontico dovrebbe essere affiancato alla pulizia degli spazi interdentali; rimozione chimica della placca.

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“vaLutazIONe DeLLa staBILItà DeI rIsuLtatI IN ChIrurgIa Ossea rICOstruttIva: FOLLOw uP a 5 aNNI”

Chirurgia

Fabio luciani***, Francesco Cecchetti*, Fabiana muzzi** Federica tulli**, Francesco Nicola Bartuli***, Claudio arcuri**** *C onsulente di C hirurgia O dontostomatologica, U.O .C . di O dontostomatologia, O spedale “San G iovanni C alibita – Fatebenefratelli”; Professore a C ontratto C LID Università degli Studi di Roma “T or V ergata”; **U.O .C . di O dontostomatologia, O spedale “San G iovanni C alibita – Fatebenefratelli”; ***Università degli studi di Roma “T or V ergata”, Dottorato di Ricerca in “Material for Health, Environment and Energy”; U.O .C . di O dontostomatologia - Divisione di C hirurgia O rale, O spedale “San G iovanni C alibita – Fatebenefratelli”; ****Professore O rdinario - Università di Roma “T or V ergata”, Direttore U.O .C . O dontostomatologia, O spedale “San G iovanni C alibita – Fatebenefratelli”. Direttore del C orso di Dottorato in “ Material for Health, Environment and Energy”. Università degli Studi di Roma “T or V ergata” Insegnamento di Parodontologia, T itolare Prof. C laudio A rcuri U.O .C . di O dontostomatologia, O spedale “San G iovanni C alibita - Fatebenefratelli” Direttore: Prof. C . A rcuri Sommario

Summary

lo scopo della terapia rigenerativa parodontale è la formazione di un nuovo attacco parodontale, ovvero nuovo osso, cemento radicolare e fibre di legamento parodontale. la causa della distruzione di questi tessuti è imputabile alla malattia parodontale e/o a trautismi occlusali. istologicamente il nuovo attacco differisce dall’attacco epiteliale lungo, che si verifica quando la migrazione dell'epitelio giunzionale e non di tessuto connettivo, si approfondisce nel parodonto profondo. Sia gli studi pre-clinici che quelli clinici hanno dimostrato la rigenerazione del parodonto attraverso interventi che prevedono l’utilizzo di membrane e materiali da innesto utilizzati in combinazione tra di loro o singolarmente. i pazienti oggetto del presente lavoro, presentavano malattia parodontale giovanile localizzata, che determinava il riassorbimento dei picchi ossei interdentali, determinando la classica zona di triangolo nero. Questo ha indotto gli autori a mettere in atto le procedure chirurgiche per indurre la rigenerazione dei tessuti persi durante la fase attiva della malattia parodontale. i risultati della terapia sono stati monitorati radiograficamente e clinicamente fino a cinque anni. lo scopo del nostro lavoro è stato valutare nel tempo la stabilità della terapia rigenerativa.

periodontal regenerative procedure is a surgical therapy that aims to make up new bone, radicular cement, periodontal ligament (identified as new periodontal attack), demonstrated by histologic studies. The damage of these periodontal tissues is an effect of periodontal disease or occlusal trauma. Histologically, the new attack is different from long epithelial attack, that occurs when happens the migration of junctional epithelium instead of connective tissue. Both preclinical studies and clinical studies proved that periodontal regeneration happens through surgical procedures, using membranes or grafting matherials, separately or jointly. The present study describes the clinicopathological characteristics of 5 patients with clinical and histopathological confirmation of periodontal disease, predominantly located into the zona of two central inferiors incisors, which has determine the bone reabsorption of two bone peaks, making among two incisors the classic black triangle. About this situation the authors knew that the regeneration of lose tissues was needful, during active period of periodontal disease, through regenerative procedures using re-adsorbable membranes and/or grafting matherials. An intra-sulcular flapper must be made in order to access into the defect. The results of this surgical therapy was assessed by clinical and radiological control, every five years, to ensure correct resolution of the case.

parole Chiave rigenerazione Guidata dei Tessuti; Malattia parodontale; Difetti Ossei Verticali; Chirurgia parodontale.

Key Words Guided Tissue regeneration; periodontal Disease; Vertical Bones Defect; periodontal Surgery.

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Figura 1: Caso n°1 Situazione Clinica a T=0;

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Figura 2: Caso n° 2 Situazione Clinica a T=0; Figura 3a: Caso n°1, Sondaggio e Valutazione del Difetto; Figura 4a: Caso n°1, Valutazione intraoperatoria del Difetto infraosseo; Figura 5a: Caso n°1, Membrana riassorbibile correttamente sagomata; Figura 6a: Caso n°1, inserimento della Membrana a copertura del Difetto; Figura 7a: Caso n°1, Sutura in Monocryl 4-0. Si noti la Completa copertura della membrana; Figura 3b: Caso n° 2, lembo di Accesso e Valutazione del Difetto; Figura 4b: Caso n°2, riempimento del difetto dopo debridment e levigatura del difetto;

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iNTrODUZiONe la rigenerazione del parodonto sottintende una serie di fenomeni biologici tra i quali mito-genesi, chemiotassi e adesione dei tessuti parodontali (1). per questo motivo le tecniche chirurgiche utilizzate devono creare le condizioni ideali affinché queste condizioni possano essere raggiunte (2). Una delle tecniche rigenerative, è il riempimento dei difetti parodontali con materiale da innesto protetto da membrane riassorbili o non riassorbili (3). È stato dimostrato, come la riduzione del sondaggio ed il guadagno dei livelli di attacco clinico siano superiori a quelli ottenuti attraverso il solo open flap debridement (4-5). il fine dell’utilizzo di questi materiali, è la rigenerazione dell’osso alveolare, del legamento parodontale e del cemento radicolare. i suddetti materiali, sono in grado di rigenerare il parodonto poiché contengono cellule

osteogenitrici e fungono da impalcatura consentendo alle cellule totipotenti di migrare e di replicarsi (osteoconduzione). inoltre alcune di questi, contengono molecole che inducono la formazione di nuovo osso (osteo-induzione). Alcuni studi recenti metterebbero in luce come il fattore prognostico più importante sia, oltre che nella profondità e nell’ampiezza del difetto (6), anche nelle capacità rigenerative delle cellule del legamento parodontale (7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14). Diversi autori hanno dimostrato che le potenzialità rigenerative delle cellule del legamento, vengono espresse nel caso in cui l’epitelio ed il connettivo, vengono separati dal difetto (12, 13, 14). per questo motivo si è provveduto al posizionamento di membrane di varia tipologia in grado di escludere la migrazione dell’epitelio sulla superficie radicolare del


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Figura 5b: Caso n° 2, particolare dei punti in Monocryl 4/0; Figura 6b: Caso n°2, Controllo postoperatorio dopo 15 gg; Figura 7b: Caso n°2 Controllo postoperatorio dopo 30 gg;

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difetto e permettere alle cellule del legamento di esprimere il loro potenziale rigenerativo (15, 16). per evitare il collasso della membrana (non rinforzata in titanio) durante i processi di guarigione, è stato proposto il simultaneo utilizzo di diversi materiali da riempimento, quali osso deproteinizzato e deantigenizzato eterologo (17, 18). le maggiori difficoltà di questa metodologia chirurgica è rappresentata dalla gestione dei tessuti molli che devono garantire un perfetto sigillo, al fine di evitare l’esposizione della membrana.

le, quindi non sussistevano controindicazioni assolute all’intervento chirurgico, tutti i pazienti non erano fumatori. la profondità di sondaggio ed il livello di attacco clinico sono stati misurati al tempo zero (prima valutazione), dopo la fase causale (a circa 30 giorni) (Tab. 1), ad 1 anno e a 5 anni dall’intervento (Tab. 2). la terapia causale, come da protocolli Sidp, prevedeva delle sedute dedicate allo scaling e al root planing con il sussidio di una terapia antibatterica domiciliare a base di Clorexidina 0,2 % e 0,12 %. Dopo rivalutazione a quindici e trenta giorni, si programmava l’intervento. il trattamento chirurgico è stato effettuato in anestesia loco-regionale. previa anestesia locale per infiltrazione paraperiostea con Mepivacaina al 2% e vasocostrittore (Adrenalina 1:100.000), si effettuano incisioni intrasulculari mediante bisturi n°5 Bard-parker con lama 15C a cui seguono l’elevazione di lembi a spessore misto,

MATeriAli e MeTODi Vengono presentati cinque casi clinici su pazienti di età compresa tra i 33 e 36 anni, giunti alla nostra osservazione ed affetti da una parodontite giovanile localizzata, in uno stato avanzato (Fig. 1, 2). i pazienti erano in buone condizioni di salute genera-

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Figura 8a: Caso n°1 rX endorale preoperatoria; Figura 9a: Caso n°1 rX endorale Controllo postoperatorio a 90 giorni;

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senza effettuare dei tagli di rilascio verticali. lo scollamento prevede lo spessore totale fino all’esposizione di 3-4 mm apicalmente al difetto, quindi si procede a spessore parziale, fino alla mucosa alveolare. Si procede quindi al debridment della parte molle dei

difetti, alla levigatura delle radici degli elementi dentari mediante Curet di Gracy e apparecchiatura piezoelettrica, con eliminazione di placca, tartaro e cemento necrotico. Successivamente, si procede al condizionamento delle superfici radicolari mediante l’utilizzo di


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Figura 10a: Caso n°1 rX endorale post operatoria a 5 anni; Figura 11a: Caso n°1 Situazione Clinica dopo 5 aa; Figura 8b: Caso n°2 rx endorale preoperatoria; Figura 9b: Caso n°2 rx endorale Controllo postoperatorio a 90 giorni; Figura 10b: Caso n° 2 rx endorale post operatoria a 5 anni;

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Tetracicline (Ambramicina 250 mg cps), che con la duplice azione decontaminante e collagenasica preparano la superficie radicolare ed aumentano la predicibilità della rigenerazione. Si riempie quindi il difetto con particolato di osso eterologo deproteinato e si appone, se necessario, una membrana riassorbibile correttamente sagomata sul difetto osseo. Si ricopre successivamente la membrana e si riposizionano i lembi con la chiusura ermetica del sito chirurgico con suture in Monocyl 4/0 e Vicryl 4/0 con Ago a Trocar V/5, a punti staccati, al fine di conservare le papille (Fig. 3a, 4a, 5a, 6a, 7a e Fig. 3b, 4b, 5b,). il lembo deve essere suturato il più coronale possibile e deve essere totalmente passivo, al fine di non inficiare a causa della trazione dello stesso, il risultato chirurgico determinando altrimenti una recessione con l’esposizione della membrana (qualora sia resa necessaria la sua

10b

applicazione). i pazienti venivano istruiti al controllo della placca batterica, mediante collutori a base di clorexidina digluconato 0,2% per 15 gg senza utilizzo dello spazzolino e del filo interdentale nella zona dell’intervento. Dopo 15 giorni, si procedeva alla rimozione dei punti di sutura (Fig 6b) e nuovamente rimotivati ad una corretta igiene orale e ricontrollati dopo 30 giorni dall’intervento (Fig 7b). È stato consigliato loro, l’utilizzo locale di gel a base di clorexidina 1% per due/tre volte al giorno ed il mantenimento di una dieta liquida e/o semimorbida per almeno quattro settimane, al fine di evitare traumatismi a carico del sito di guarigione dei tessuti. il programma di supporto ha previsto, inoltre, sedute di igiene orale professionale ad intervalli regolari di due settimane, per tre mesi. Sondaggi del difetto e strumentazioni sottogengivali sono stati evitati per un periodo di 12 mesi. i parametri sono stati raccolti prima dell’intervento chirurgico, successivamente dopo un anno e rivalutati dopo 5 anni. Durante i controlli abbiamo valutato: profondità del sondaggio, dal margine gengivale al fondo della tasca; livello di attacco clinico, misurato dalla giunzione amelo-cementizia al fondo della tasca; riSUlTATi Nel caso clinico n°1, la profondità del difetto prima

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Tabella 1: Valutazione del Sondaggio e dell'Attacco Clinico prima dell'intervento chirurgico; Tabella 2: Valutazione e Follow-Up dopo 1 e 5 anni: Sondaggio e Attacco Clinico;

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del trattamento era di 8 mm, il livello di attacco clinico era di 5 mm, con presenza di sanguinamento spontaneo. Dopo la prima fase parodontale, a 30 gg dall’inizio del trattamento la profondità del difetto era scesa a 7 mm, mentre era rimasto immutato il livello di attacco clinico (5 mm). Dopo il primo anno dall’intervento chirurgico il paziente non mostrava segni e sintomi del riacutizzarsi della patologia parodontale, il livello di sondaggio nella zona chirurgicamente trattata era di 3 mm con un miglioramento di 4 mm; il livello di attacco clinico era di 2 mm con un miglioramento di 3 mm. la compliance del paziente nei richiami trimestrali, secondo i canoni della TpS era stata ottima. A 5 anni dall’intervento, abbiamo osservato un sondaggio parodontale di 4 mm ed il livello di attacco clinico è passato a 3 mm. le radiografie eseguite dopo 5 anni hanno dimostrato il ripristino della fisiologica anatomia ossea (Fig. 8a, 9a, 10a, 11a). Nel caso clinico n°2, la profondità del difetto prima del trattamento era di 10 mm, il livello di attacco clinico era di 7 mm, con presenza di sanguinamento al sondaggio. Dopo la prima fase causale, a 30 gg dall’inizio del trattamento la profondità del difetto era scesa a 9 mm, mentre il livello di attacco clinico era rimasto immutato (7 mm). Dopo il primo anno dall’intervento di rigenerazione, il paziente non mostrava segni di recidiva della malattia parodontale; il livello di sondaggio nella zona chirurgicamente trattata era di 3 mm con un miglioramento di 7 mm; il livello di attacco clinico era di 2 mm con un miglioramento di 5 mm. la compliance del paziente nei

richiami trimestrali era stata ottima. A 5 anni dall’intervento, abbiamo osservato un sondaggio parodontale di 4 mm ed il livello di attacco clinico è passato a 3 mm. le radiografie eseguite dopo 5 anni, avvaloravano i risultati clinici ottenuti mediante la chirurgia parodontale rigenerativa (Fig. 8b, 9b, 10b). Nel caso clinico n°3, la profondità del difetto prima del trattamento era di 12 mm, il livello di attacco clinico era di 8 mm, con presenza di sanguinamento al sondaggio. Dopo la prima fase causale, a 30 gg dall’inizio del trattamento la profondità del difetto era scesa a 11 mm, mentre il livello di attacco clinico era rimasto immutato (8 mm). Dopo il primo anno dall’intervento di rigenerazione, il paziente non mostrava segni di recidiva della malattia parodontale; il livello di sondaggio nella zona chirurgicamente trattata era di 4 mm con un miglioramento di 8 mm; il livello di attacco clinico era di 3 mm con un miglioramento di 5 mm. la compliance del paziente nei richiami trimestrali era stata ottima. A 5 anni dall’intervento, abbiamo osservato un sondaggio parodontale di 5 mm ed il livello di attacco clinico è passato a 4 mm. le radiografie eseguite dopo 5 anni, avvaloravano i risultati clinici ottenuti mediante la chirurgia parodontale rigenerativa. Nel caso clinico n°4, la profondità del difetto prima del trattamento era di 14 mm, il livello di attacco clinico era di 11 mm, con presenza di sanguinamento al sondaggio. Dopo la prima fase causale, a 30 gg dall’inizio del trattamento la profondità del difetto era scesa a 13 mm, mentre il livello di attacco clinico era rimasto


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immutato (11 mm). Dopo il primo anno dall’intervento di rigenerazione, il paziente non mostrava segni di recidiva della malattia parodontale; il livello di sondaggio nella zona chirurgicamente trattata era di 4 mm con un miglioramento di 10 mm; il livello di attacco clinico era di 3 mm con un miglioramento di 8 mm. la compliance del paziente nei richiami trimestrali era stata ottima. A 5 anni dall’intervento, abbiamo osservato un sondaggio parodontale di 5 mm ed il livello di attacco clinico è passato a 4 mm. le radiografie eseguite dopo 5 anni, avvaloravano i risultati clinici ottenuti mediante la chirurgia parodontale rigenerativa. Nel caso clinico n°5, la profondità del difetto prima del trattamento era di 15 mm, il livello di attacco clinico era di 11 mm, con presenza di sanguinamento al sondaggio. Dopo la prima fase causale, a 30 gg dall’inizio del trattamento la profondità del difetto era scesa a 14 mm, mentre il livello di attacco clinico era rimasto immutato (11 mm). Dopo il primo anno dall’intervento di rigenerazione,

1. polimeni, G., Xiropaidis, A. V. & Wikesjo¨, U.M. e. (2006) Biology and principles of periodontal wound healing/regeneration.periodontology 2000 41, 30–47. 2. Brunsvold, M. A. & Mellonig, J. T. (1993) Bonegrafts and periodontal regeneration. periodontology2000 1, 80–91. 3. reynolds, M. A., Aichelmann-reidy, M. e.,BranchMays, G. l. (2003) The efficacy of bone replacement grafts in the treatment of periodontal osseous defects. A systematic review. Annals of periodontology 8, 227–265. 4. \NFGTrombelli, l., Heitz-Mayfield, l., Needleman,i., Moles, D. & Scabbia, A. (2002) A systematic review of graft materials and biologicalagents for periodontal intraosseous defects. Journal of Clinical periodontology 29 (Suppl. 3), 117–135. 5. polimeni, G., Koo, K. T., Qahash, M., Xiropaidis, A. V., Albandar, J. M. & Wikesjo U. M. e. (2004) prognostic factors for alveolar regeneration: effect of a space-providing biomaterial on guided tissue regeneration. Journal of Clinical periodontology 31,725–729. 6. lo¨e, H. & Waerhaug, J. (1961) experimental replantation of teeth in dogs and monkeys. Archives of Oral Biology 3, 176–184. 7. Melcher, A. H. (1976) On the repair potential of periodontal tissues. Journal of periodontology 47, 256–260. 8. Karring, T., Nyman, S. & lindhe, J. (1980) Healing following implantation of periodontitis affected roots into bone tissue. Journal of Clinical periodontology 7, 96–105 9. Karring, T., Nyman, S., lindhe, J. & Siriat, M. (1984) potentials for root resorbtion during periodontal wound healing. Journal of Clinicalperiodontology 11, 41–52.

il paziente non mostrava segni di recidiva della malattia parodontale; il livello di sondaggio nella zona chirurgicamente trattata era di 4 mm con un miglioramento di 11 mm; il livello di attacco clinico era di 3 mm con un miglioramento di 8 mm. la compliance del paziente nei richiami trimestrali era stata ottima. A 5 anni dall’intervento, abbiamo osservato un sondaggio parodontale di 5 mm ed il livello di attacco clinico è passato a 4 mm. le radiografie eseguite dopo 5 anni, avvaloravano i risultati clinici ottenuti mediante la chirurgia parodontale rigenerativa (Tab 2). CONClUSiONi possiamo pertanto concludere che la chirurgia rigenerativa parodontale, impostata attraverso una corretta diagnosi e programmazione terapeutica pre, intra e post terapeutica, in combinazione con la giusta compliance dei pazienti, risulta un validissimo e predicibile trattamento per l’eliminazione della malattia parodontale e del ristabilimento della corretta anatomia e fisiologia dei tessuti parodontali andati distrutti.

10. Karring, T., isidor, F., Nyman, S. lindhe, J. (1985) New attachment formation on teeth with a reduced but healthy periodontal ligament.Journal of Clinical periodontology 12,51–60. 11. Nyman, S., Gottlow, J., Karring, T. & lindhe, J. (1982) The regenerative potential of the periodontal ligament. An experimental study in the monkey. Journal of Clinical periodontology 9, 257–265. 12. lindhe, J., Nyman, S. & Karring, T. (1984) Connective tissue reatachment as related to presence or absence of alveolar bone. Journal of Clinical periodontology 11, 33–40. 13. isidor, F., Karring, T., Nyman, S. lindhe, J.(1985) New attachment-reattachment following reconstructive periodontal surgery. Journal of Clinical periodontology 12, 728–735. 14. Nyman, S., Gottlow, J., Karring, T. lindhe, J.(1982) The regenerative potential of the periodontal ligament. An experimental study in the monkey. Journal of Clinical periodontology 9, 257–265. 15. Gottlow, J., Nyman, S., Karring, T. lindhe, J. (1984) New attachment formation as a result of controlled tissue regeneration. Journal of Clinical periodontology 11, 494–503. 16.Wikesjo, U. M. e. Nilve´us, r. (1990) periodontal repair in dogs: effect of wound stabilization on healing. Journal of periodontology 61, 719–724. 17. Haney, J. M., Nilve´us, r. e., McMillan, p. J. Wikesjo¨, U. M. e. (1993) periodontal repair in dogs: expanded polytetrafluoroethylene barrier membranes support wound stabilization and enhance bone regeneration. Journal of periodontology 64, 833–890.

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Le rePLIChe aNatOmIChe: teCNICa e aPPLICazIONI

I mODeLLI aNatOmICI aLLO statO DeLL’arte BIOsOLutIONs ing. Francesco davolio – Biosolutions sas le riProdUZioNi aNatomiCHe iN odoNtoiatria le repliche anatomiche hanno visto negli ultimi anni, in odontoiatria e implantologia, una delle applicazioni di maggior interesse. la riproduzione fisica tridimensionale dei tessuti desiderati consente molteplici applicazioni: non vi è infatti unicamente il vantaggio di una consapevolezza immediata e realistica del sito anatomico sul quale si dovrà intervenire, ma la possibilità di interagire fisicamente con il tessuto d’interesse con le più diverse implicazioni. prOCeSSO Di reAliZZAZiONe il processo di trasformazione che conduce alla realizzazione di una replica anatomica, si può riassumere in tre passi fondamentali: l’acquisizione dei dati della diagnostica digitale, il progetto che conduce all’ottenimento di un modello virtuale ed il processo di prototipazione rapida che realizza la vera e propria riproduzione fisica 3D.

ACQUiSiZiONe Dei DATi i dati occorrenti per ottenere una replica anatomica sono costituiti dalla serie di immagini assiali di un esame TAC che comprendano le strutture da riprodurre, salvate come files in formato DiCOM 3 standard. Macchine idonee ad ottenere un buon esame sono la TAC classica e le macchine tomografiche di tipo volumetrico che hanno il vantaggio di ridurre drasticamente la dose di radiazioni assorbita dal paziente. prOGeTTO per la natura delle immagini da trattare, densità ossea non uniforme e presenza di artefatti, in fase di progetto si rende necessario un editing manuale delle immagini che conduca alla corretta identificazione del tessuto di interesse, si effettua cioè manualmente la segmentazione delle singole immagini assiali in modo da ottenere i

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contorni della regione da riprodurre. Come ogni processo manuale, esso assume carattere di criticità essendo operatore dipendente. Solo una lunga esperienza nell’interpretazione delle immagini radiologiche conduce a buoni risultati. A partire dai contorni estratti si effettua una serie di passaggi mediante modellatori CAD 3D che conducono al modello virtuale definitivo, pronto per la prototipazione. reAliZZAZiONe FiSiCA 3D: lA STereOliTOGrAFiA Ottenuto il modello virtuale, è possibile tradurlo in oggetto fisico mediante tecniche di prototipazione rapida (rp), realizzando così il prodotto finito. Fra i processi appartenenti alla famiglia della prototipazione rapida, il processo di riferimento in ambito medicale è la stereolitografia, con l’impiego di resina epossidica traspa-


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rente polimerizzata strato per strato da un raggio laser. Ciò consente di ottenere modelli con la massima accuratezza unitamente alla possibilità di vedere in trasparenza strutture interne realizzate come cavità, come i canali alveolari, formazioni cistiche o denti inclusi. i modelli realizzati sono sterilizzabili in autoclave o con processo STerrAD® senza modificazione della loro morfologia. ACCUrATeZZA Delle repliCHe ANATOMiCHe Tenendo conto di tutto il processo di trasformazione a partire dai dati fino alla realizzazione fisica, l’accuratezza che si può raggiungere con un modello stereolitografico è di circa 0,2 – 0,3mm rispetto alla dimensione massima della singola replica. VANTAGGi e AppliCAZiONi i vantaggi dell’uso delle repliche anatomiche come ausilio chirurgico sono legati alla rappresentazione fisica del tessuto di interesse. la percezione dell’anatomia reale attraverso un modello fisico rimane impareggiabile, unitamente alle implicazioni che la sua disponibilità comporta. È così possibile effettuare agevoli misurazioni, migliorare la comunicazione fra medico e paziente ed avere immediate informazioni visive e tattili dello scenario operatorio. Applicazione che si apre è quella della didattica chirurgica avendo a disposizione la fedele riproduzione dell’anatomia reale di un particolare distretto e potendo effettuare un’ampia e ponderata simulazione prima di affrontare l’intervento vero e proprio o contemporaneamente all’esecuzione dell’intervento da parte di un chirurgo esperto. Un’altra possibile applicazione è la pianificazione di interventi per impianti endoossei. poiché nel caso di impianti destinati al mascellare inferiore è di fondamentale importanza la conoscenza del decorso del canale mandibolare, è possibile evidenziarlo in fase di progetto e realizzarlo come cavità, visibile in trasparenza. Nel caso di impianti nel mascellare superiore può essere di grande utilità la conoscenza accurata dell’osso residuo in prossimità della sede di impianto. A tale proposito è possibile la realizzazione di mascherine chirurgiche, come guide per l’inserimento di impianti endoossei, sopra osso o sopra mucosa, basate sulla riproduzione del tessuto osseo, del canale mandibolare visibile in trasparenza nel caso di mascellare inferiore, ed eventualmente della mucosa, evidenziabile mediante opportuni accorgimenti in fase di acquisizione TAC. Osso e mucosa possono essere riprodotti in un pezzo unico o in due elementi separati. l’estesa ed accurata riproduzione di qualsiasi geometria consente la simulazione di interventi ricostruttivi complessi potendo valutare morfologicamente l’osso residuo e la pianificazione del miglior approccio chirurgico come nel rialzo del seno mascellare. la replica anatomica, sterilizzabile in autoclave, consen-

te altresì la modellazione diretta su replica di innesti ossei o di membrane in titanio o riassorbibili per rigenerativa. in tutte quelle applicazioni ove è necessaria la rilevazione dell’impronta ossea, è altresì evidente come l’utilizzo sostitutivo di un modello renda tale fase meno indaginosa, più confortevole per il paziente e meno operatore dipendente e rischiosa per il dentista. per applicazioni particolari, come per lo studio degli alveoli e del decorso dei denti a livello delle radici, è possibile estrarre il tessuto osseo e gli elementi dentali come oggetti a sé stanti realizzando separatamente i modelli delle singole strutture. Ovviamente lo studio dente-alveolo può limitarsi solo ad una o più unità. i denti inclusi infine possono essere efficacemente rappresentati come cavità molto ben visibili in trasparenza nel modello stereolitografico.

Biosolutions sas – Modelli e soluzioni biomedicali Via pellegrino rossi 21 – Milano – Tel. 3490914205 www.biosolutions.it

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implantologia

PrOtesIzzazIONe a OttO mesI DI 3 ImPIaNtI staBILIzzatI meDIaNte FeruLa IN tItaNIO CONtestuaLmeNte a graNDe rIaLzO DeL seNO masCeLLare suPerIOre DX dott. Pianta Paolo medico Chirurgo odontoiatra Collaboratori: scotti elena strumentista, Zandonà Giada aso

CASO CliNiCO il paziente giunto alla nostra osservazione, maschio di anni 35 , presenta un grave riassorbimento osseo nell’emiarcata superiore destra a seguito di una precoce edentulia (foto 1) . previo consenso informato, letto e firmato dal paziente, si decide di effettuare in un'unica seduta una rigenerazione ossea dell’atrofia tramite grande rialzo di seno mascellare e l’inserimento di 3 impianti in titanio , bloccati con ferula in modo da garantire una stabilità primaria e quindi guadagnare tempo sul completamento della riabilitazione protesica. FASe prOTeSiCA A Otto mesi dall’intervento ,dopo aver constatato l’ottima osteointegrazione degli impianti, viene rimossa la

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ferula in titanio e attraverso gli appositi tranfer si rilevano le impronte con permadyne penta H ed l, materiale a base di polietere che consentono un alta definizione delle stesse. il laboratorio Odontotecnico prepara i perni in titanio che, sagomati con la giusta angolazione, verranno posizionati in sede all’impianto (foto 1). prese le successive impronte viene forgiata la sovrastruttura in zirconio che a sua volta verrà posizionata sugli elementi in questione per verificarne la perfetta chiusura e articolazione (foto 2-3-4) . Una volta presa la masticazione finale si passa alla fase della ceramizzazione; il manufatto verrà poi cementato sui perni con cemento provvisorio al fine di poter accedere facilmente ai monconi sottostanti, nel caso si allentasse una vite o qualora si rendesse necessario rimuovere la protesi per un controllo(foto 5-6-7).


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oNlUs

La mIa esPerIeNza IN sry LaNka di orio Bandera

H

o 65 anni e, non ho ancora capito se sono infantile, improvvido od entusiasta; in ogni caso sono zeppo di difetti. il fatto: lo scorso anno, un'amica, la Sig.ra Marisa Nodari responsabile per Brescia dell'associazione "CUOre AMiCO FrATerNiTA' ONlUS " mi spiegava tutte le difficoltà operative, finanziarie e di reperimento di volontari per portare aiuti in zone disagiate e, alla fine della spiegazione, dalla mia bocca è uscito un: parto io. Così, senza pensarci su! era circa pasqua. Subito dopo me ne sono pentito ma ormai il dado era tratto, non potevo tirarmi indietro , che figura avrei fatto? Ho così iniziato il reperimento di materiale che sapevo essere totalmente mancante. iniziai così a tentare di risquotere dei " crediti " , i favori esigibili in giro per l'italia. e, devo dire, non ho trovato porte sbattute in faccia, ho dovuto lavorare un po' ma... è normale. Colgo qui pubblicamente l'occasione per ringraziare le aziende che mi hanno supportato: la iVOClAr ViVADeNT con referente il Sig.Marco Nanni ed il Sig. Cantamessa , la ditta reVellO con referente il Sig Montanelli, la ditta BeST MiCrO con referente il Sig. Claudio Albano e non ultima la ditta OVer MeD con referenti i Sigg. paolo Andrisani ed il Sig. Claudio Albano . persone che lavorano per quelle aziende e che normalmente sono lì per fare " business " e non beneficenza hanno risposto positivamente ma l'animo umano, lo sappiamo non ha confini. le difficoltà, sono iniziate subito con la spedizione da parte della ditta iVOClAr, infatti le segreta-

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rie, pur solerti, hanno trovato su internet l'indirizzo sbagliato e gli strumenti e materiali sono finiti presso l'ospedale di KireMBA, pazienza, ci siamo detti sicuramente anche loro ne avrebbero avuto bisogno. Nuovi contatti e nuova spedizione, questa volta direttamente nel mio studio e dunque tutto si è ricomposto. Temevo, devo essere sincero, la reazione di mia moglie non tanto per aridità di comportamenti, quanto per la logica dell'amore e della condivisione; infatti, durante l'anno lavorativo la spesa di tempo in comune è veramente limitata e dunque quale miglior momento per la vita di coppia se non la

vacanza? invece no, parti e vai in Sry lanka, non fai già abbastanza lavoro durante l'anno? invece no, pur con un po' di groppo in gola mi ha detto: se questo è ciò che senti,... ci rivedremo più avanti al mare. Ok, partito! la prima cosa provata allo scalo intermedio, in Barhain è stato il caldo agghiacciante, alle 2 di notte 43° con 80% di umidità e i condizionatori guasti!!! Gli incidenti succedono ovunque, sopratutto quando si viaggia. per fortuna sono ripartito presto; nella seconda parte del viaggio vi erano molte donne srylankesi che tornavano a casa, non ho capito veramente bene per quanto tempo e perchè; poi, mi spiegheranno

che praticamente vivono in stato di schiavitù e vengono rimpatriate solo quando sono ammalate e dunque inservibili. Questa logica mi ha sempre devastato ma, quando la vedi, la tocchi beh allora resti incredulo; queste donne vengono reclutate e cedono alle lusinghe del denaro in quanto non avrebbero di che vivere; poi appena arrivate, viene tolto loro il passaporto che verrà riconsegnato a fine "contratto" quando avranno le mani senza più pigmenti a forza di candeggina o non so cos'altro al punto che loro stesse provano ribrezzo, indossano sempre guanti e non vogliono farsi fotografare. Al mio arrivo in Colombo sono stato subito colpito da un cartello-


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ne che serviva da monito: se trasporti droga, sappi che qui per questo reato c'è la pena di morte! io non ne avevo e dunque non correvo rischi ma... vederlo scritto, è un messaggio ben forte! padre Vajra che mi venne a prendere all'aeroporto era un gio-

vanotto alto, magro e robusto; togliendoli la veste talare potrebbe sembrare ad indiana Jones, le formalità doganali superate senza problemi e subito dopo partiamo per la missione; il furgone che mi trasporta è piuttosto scassato e senza aria condizionata, li inizi

subito a capire la differenza fra 1° e 3° mondo.il padre alla guida è spericolato, suona e sorpassa una miriade di camion puzzolenti e fumosi, altro che pm10! le rare automobili sono delle giapponesi improbabili, i taxi, molti, sono dei piaggio Ape 3 ruote o succedanei. la guida a sinistra è imbarazzante ma per fortuna non guido, mi guardo attorno come un ebete, per me tutto è strano, diverso io mi sento privilegiato di poter essere qui. Tutto è multicolore con una intensità inconsueta, tutto è enorme, le piante, gli elefanti, le distanze, non ricordo più quanti chilometri ci sono da Sudovest dove c'è Colombo a Nordest, a Batticaloa dove devo andare, non ricordo i chilometri ma ricordo benissimo le ore, ottooo! di viaggio bello tosto su delle strade tutte cunette e buche, dal nulla al niente! la vegetazione è lussureggiante, molta umidità, molta acqua e

qua e là qualche contadino con la bicicletta, ve ne sono ancora tantissime, marca Singer, si, come le macchine per cucire che usava la nonna. Al mio arrivo sono stato sopraffatto dalla commozione infatti là mi aspettavano come la manna dal cielo, e le bambine, quasi tutte orfane e le suore che si occupano di loro non hanno mai contatti con degli stranieri ed inoltre la necessità di cure è forte, io, ora, a posteriori sono imbarazzato perchè so che non potrò fare molto per loro per problemi logistici. in effetti la distanza è grande e la povertà è molta per cui le terapie odontoiatriche non sono usuali per loro. per farvi capire: con 15.000€ a Forte dei Marmi una mammina con due bambini e qualche volta il padre anno a disposizione una tenda e due o tre lettini per una stagione balneare, a Batticaloa con 15.000 € vivono, per gli stessi Tre mesi 120 persone di cui 100 bambini che devono andare a scuola con la loro bella divisa; 40 maiali, 8 cani, 4 gatti, 3 pulmini due trattori, una motoretta. Questa missione è composta da: 1 Stabile infermeria 2 Chiese 1 Sala congressi, 2 refettori, 2 Cucine, 6 Stabili dormitorio, 4 pozzi per l'acqua; bisogna mantenere tutto questo sempre con i soliti 15.000€. povertà significa riciclare tutto, non buttare NUllA! Miseria significa buttare tutto non trattenere nulla dentro di noi ed essere orgogliosi della propria ignoranza! p.S. la guerra contro i guerriglieri Tamil è durata 30 anni, è terminata grazie allo Tsunami, questo dia il valore della povertà.

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marCo Polo

A

rrivano in tanti, tantissimi. Arrivano a piedi o a dorso di mulo, dopo giorni e giorni di cammino disperato, dormendo all’addiaccio e mangiando quello che viene loro offerto dalla carità degli altri. Salite e discese, pianure e montagne ma nulla li ferma perché la voglia di essere lì è tanta, troppa, superiore alla fame ed alla stanchezza. Alla fine eccola lì su un dirupo, finalmente, l’agognata meta di tante fatiche: lalibela, la Gerusalemme d’Africa, una piccola città ma di grande, grandissima importanza. Tutti insieme poi nei due giorni seguenti pregheranno, accampati su uno dei pianori che separano le chiese rupestri scavate nella roccia. poi il

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lento ritorno a casa, stanchi ma appagati se non dal cibo per lo stomaco almeno da quello per l’anima. Gebre Meqel lalibela, re dal quale la città ha tratto il nome, alla sua nascita venne avvolto da uno sciame di api (lalibela vuol dire appunto “avvolto da uno sciame di api”); divenuto re fu avvelenato dal fratello che ne voleva usurpare il trono: andato in coma fu rapito dagli angeli e portato sulla sommità di un monte dal quale potè vedere una città dalle bellissime chiese scolpite nella roccia. poi Dio stesso gli ordinò di costruire questa città e affinchè egli potesse farlo lo rimandò sulla terra, in Africa, precisamente in quella parte d’Africa che ora noi chiamiamo

etiopia. Qui re lalibela costruì la città che ancora oggi porta il suo nome. le undici Chiese rupestri di lalibela agli inizi di gennaio fanno da sfondo ad una delle festività più importanti della chiesa copta ortodossa, il Genna o Natale Copto. pellegrini da tutte le parti del paese si ritrovano per pregare assieme, la piccola città diventa il centro del mondo. Stipati nei corridoi che separano le chiese o all’interno delle chiese stesse sono decine di migliaia, tanti da far disperdere anche i tanti viaggiatori che si recano lì per l’evento. Se non fosse per le orrende coperture (ma necessarie) costruite dall’Unesco sembrerebbe di essere in un’altra

epoca, ai tempi del re lalibela appunto. Davanti ad ogni chiesa sia di giorno che di notte si svolgono cerimonie religiose durante le quali i sacerdoti prima pregano poi, tutti insieme, ballano portando in processione una croce, quasi a estrinsecare la loro voglia di preghiera. Noi stranieri siamo una nota stonata con le nostre macchine fotografiche e il nostro rumoroso incedere per vedere quanto più possibile, ma la moltitudine ci cancella al punto che non ci si nota affatto. Dopo tre giorni ripartiamo da lalibela stanchi ma sicuri di avere visto qualcosa di unico, una preghiera corale che dal centro dell’etiopia sale verso il cielo.


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i Volti del GeNNa di alfredo tursi


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Norme redaZioNali

NOrme reDazIONaLI

i

contributi vengono accettati a condizione che non siano stati e non vengano successivamente pubblicati altrove. Gli Autori pertanto devono allegare una dichiarazione autografa in cui richiedono la pubblicazione del lavoro e attestano che l’articolo presentato non è stato pubblicato in altre testate e che non si trova in visione per la pubblicazione presso le redazioni di altre case editrici. e’ inoltre necessario indicare un Autore di riferimento che autorizzi la pubblicazione del suo indirizzio, numero di telefono e di fax in calce al lavoro. Un’eventuale precedente comparsa dell’articolo sotto forma riassuntiva di comunicazioni orali o scritte nel corso di Congressi non ne preclude l’accettazione, ma deve essere segnalata. la responsibilità dei contenuti scientifici spetta esclusivamente agli Autori. la proprietà letteraria dei lavori viene ceduta alla Casa editrice, che può autorizzare la riproduzione parziale o totale. i contributi (comprensivi di eventuali tabelle e foto) devono essere inviati dattiloscritti in tre copie(una su supporto magnetico, due su carta) alla redazione: BestMicro s.r.l, Via delle Acacie, 34 – CAp 00171 roma-tel/fax: 06/64770689, 06/89537092. la pubblicazione degli articoli è subordinata al giudizio della Direzione Scientifica della rivista, che ha facoltà di non accettarli o di chiedere agli Autori di apportarvi modifiche. i lavori che potrano l’intestazione di un istituto, devono essere

50 Aprile 2012

firmati, per l’approvazione, dal Direttore dell’istituto stesso. i testi devono essere elaborati su personal Computer e possono essere in versione Macintosh e MSDOS. i supporti magnetici devono essere etichettati con: a) nome dell’Autore; b) Titolo del lavoro; c) Word processor usato, incluso il numero di versione. il testo dei lavori deve essere redatto in lingua italiana e corredato da: a) titolo in italiano (lunghezza massima 100 battute); b) nome e cognome dell’Autore o degli Autori, completo di qualifica professionale, recapito telefonico, numero di codice fiscale e firma del primo Autore; c) riassunto in italiano (max 10 righe di 70 battute ognuna); d) titolo in inglese (max 90 battute); e) abstract in inglese (max 10 righe di 70 battute ognuna); f) tre parole chiave in italiano e in inglese. l’entità del dossier non dovrà superare le 6 pagine di rivista corrispondentia 12 fogli dattiloscritti di 30 righe per 70 battute ogni riga. la presenza di una fotografia corrisponde allo spazio di 5 righe di 70 battute ognuna. la suddivisione del lavoro in capitoli, sotto-capitoli deve sempre essere indicata nel seguente modo: 0.Titolo del capitolo

0.0. Titolo del sotto-capitolo 0.0.0. Titolo del sotto-sotto capitolo Ovvero, progressivamente, il primo numero della serie indicherà sempre il capitolo, il secondo numero della serie il sottocapitolo di riferimento , etc. la bigliografia deve sempre essere compilata secondo le norme internazionali, elencata in ordine alfabetico, richiamata nel testo con il numero corrispondente ed essere limitata alle voci essenziali (massimo venti), salvo le rassegne bibliografiche. Se si considera citare un articolo o un libro già accettato per la pubblicazione, ma non ancora edito, occorre indicare il titolo del giornale (o il nome dell’editore) e l’anno previsto di pubblicazione, seguito dalla precisazione “in corso di stampa”. il materiale scientifico non pubblicato (per esempio comunicazioni personali, lavori in preparazione) va indicato tra parantesi nel testo e non viene citato in bibliografia. le illustrazioni, in copia originale (diapositive e lastre) e idonee alla pubblicazione, debbono essere poste, numerate con il proprio numero progressivo (romano per le tabelle, arabo per le figure), al termine dell’articolo su fogli aggiuntivi. le didascalie delle figure devono essere compilate su un foglio a parte ed in successione. il numero deve sempre corrispondere ad un preciso richiamo nel testo. Sono a carico degli Autori solo le spese di riproduzione e stampa delle illustrazioni a calori.


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