Symposium N-02

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TRIMESTRALE DI INFORMAZIONE SCIENTIFICA Anno 1 - n.0 - Ottobre 2009 Aut. N. 305 - 2009 Tribunale di Roma

 IN QUESTO NUMERO:  Aspetti biomeccanici nei fallimenti implantari tardivi  Grande rialzo del seno mascellare  Inserimento di impianti profile con metodica computer guidata  La via della seta (2)

Intervista: Giorgio Grassi DG Or-Vit


sommario 5

Editoriale

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Aspetti biomeccanici nei fallimenti implantari tardivi

di Mihaela Roman

di Donato Di Iorio

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Grande rialzo del seno mascellare di Andrea Mastrangelo

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Inserimento di impianti Profile con metodica computer guidata di Cristiano Grandi

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Intervista a Giorgio Grassi D.G. Or-Vit s.r.l. di Mihaela Roman

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La via della seta (2)

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La Patologia Parodontale

di Alfredo Tursi

di Andrea Possenti

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editoriale Scusate il ritardo

el precedente editoriale Vi avevo preannunciato la definizione dei quadri dirigenziali della rivista Symposium Odontoiatrico ma ancora oggi non siamo riusciti a definirli, anche perché alcune scelte Editoriali sono di difficile e particolare interpretazione, in quanto uniche nel loro genere e quindi stiamo ancora discutendo sulla definizione del Direttore Scientifico, mentre per il Direttore Editoriale abbiamo il Dr. Prof. Andrea Possenti, al quale vanno i ns migliori auguri di un buon lavoro.

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Nel numero attuale, però, gli articoli ed i lavori sono sicuramente di livello e molto interessanti per gli argomenti trattati. Anche per SYMPOSIUM ODONTOIATRICO WEB siamo in ritardo, però in compenso abbiamo ricevuto molte adesioni per i Forum anche da altri paesi e questo ci permetterà di confrontarci anche con medici stranieri. Potete comunque fin d’ora registrarvi per ricevere gratis la rivista presso il vs studio, senza nessun impegno. Abbiamo un grande progetto…… anzi due: la realizzazione di alcuni pozzi di acqua nel Ghana ed in Angola, grazie all’aiuto che la Or-Vit srl ci sta dando e ad organizzazioni Onlus che collaborano con noi. I pozzi saranno dedicati ai medici che vinceranno un concorso (vi spiegheremo poi come funzionerà) e porteranno quindi una targa con dedica. Vorremo sfatare l’aurea di superficialità che aleggia sui medici dentisti e quindi dimostrare che si possono fare e dire delle cose non solo per ricevere un premio ma per dare una speranza………..almeno io credo così. Non è solamente un rendersi partecipi e condividere alcuni bisogni che i meno fortunati di noi hanno, ma cambiare …….le regole del gioco. Inoltre, per finire, ci sarà dal prossimo numero, una rubrica dedicata ai pazienti; vedere cosa pensano e capire cosa vogliono e cercano in uno studio…..è una prova, vediamo come andrà. MIHAELA ROMAN

Responsabile Editoriale

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Scienza

aspetti Biomeccanici nei Fallimenti implantari tardivi Analisi al microscopio elettronico a scansione di quattro casi clinici Donato Di Iorio(*), Bruna Sinjari(*), Manuela Rapani(§), Giovanna Murmura(*) (*) Università Degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche Direttore Prof. Sergio Caputi; (§) Libero Professionista in Chieti riassunto Scopo. Scopo del presente lavoro è di condurre una analisi al microscopio elettronico a scansione su componenti implantari andati incontro a cedimento meccanico in vivo. Materiali e metodi. Vengono presentati tre casi clinici relativi a restauri singoli latero-posteriori supportati da impianti ed un caso relativo ad una overdenture mandibolare supportata da due impianti. In tutti i casi descritti la presenza di un carico occlusale incongruo ha determinato la frattura delle componenti implantari. Conclusioni. Dall’analisi dei casi esposti nel presente lavoro si evince che il sovraccarico funzionale influenza il comportamento biomeccanico delle riabilitazioni protesiche supportate da impianti e può, nei casi meno favorevoli, determinarne il fallimento in seguito a frattura della vite di connessione e/o della fixture.

Abstract Aim. the aim of the present study was a scanning electron microscope analysis of implant components that underwent to mechanical failure in vivo. Materials and methods. three implant supported single metal ceramic crowns and a two-implants supported mandibular overdenture are presented. overall the cases, overload has determined the fracture of implant components. Conclusions. the analysis of the cases presented in the present study indicate that the functional overload can affect the biomechanical behaviour of implant supported prosthesis. overload also can Key Words Implants; prosthesis; biomechanical failure.

Parole Chiave Impianti; protesi; fallimento biomeccanico.

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’utilizzo di restauri protesici a supporto implantare nel trattamento delle monoedentulie rappresenta oggi una soluzione che trova largo impiego nella pratica clinica. D’altra partela letteratura riporta le complicanze cui un restauro supportato da impianti può andare incontro; tonetti e Schmid classificano gli insuccessi in “precoci” e “tardivi”: i primi sono relativi alla perdita della fixture prima che essa venga caricata ed originano, spesso, da problemi legati al protocollo chirurgico. Gli insuccessi tardivi invece si manifestano dopo che la fixture è stata protesizzata e trovano una etiologia spesso multifattoriale; essi rappresentano spesso una

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evenienza di difficile gestione clinica; complicanze di natura meccanica, infatti, possono esitare nel fallimento della terapia protesica in seguito alla frattura della vite di connessione o della fixture. Adell et al. (1) riportano una incidenza di frattura della fixture del 5%, mentre Schwarz (2) riporta una incidenza del 12,5% negli impianti inseriti nel mascellare e del 14,3% in impianti inseriti in sede mandibolare. relativamente alla vite di connessione, invece, ekfeldt e coll. (3) riportano che l’allentamento della stessa rappresenta, in assoluto, la complicanza più comune, ed altri Autori sono concordi nell’affermare che lo svitamento dell’abutment rappresenta un problema che va a compro-


Fig 1: (1):Immagine al SeM relativa al complesso fixtureabutment-vite in sezione longitudinale (impianto DeepNeck 3,5x10 mm, orvit, Italy); A: fixture; b: abutment; C: vite di fissaggio. La contiguità meccanica tra le parti è data dal precarico (torque) applicato alla vite durante il serraggio; sul piano biomeccanico, il torque applicato fornisce ritenzione al sistema perché produce, a livello delle superfici che si affrontano, una deformazione plastica superficiale. Nei sistemi implantari a connessione avvitata esistono sempre e solo due aree in cui si esprime la funzione ritentiva, rappresentati dal sottotesta della vite (2) e dalle spire della stessa in contatto con la filettatura interna della fixture (3). Nelle immagini (2) e (3) le frecce indicano, infatti, l’intimo contatto ottenuto in seguito al serraggio della vite di connessione.

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mettere il successo a lungo termine della riabilitazione protesica (4-6); Jemt (1991) (7) afferma, inoltre, che l’allentamento della vite di connessione avviene più frequentemente nei restauri singoli piuttosto che nei ponti. Nei sistemi implantari a connessione avvitata, la continuità meccanica tra abutment e fixture è assicu-

rata fondamentalmente dal precarico applicato alla vite durante in serraggio ed al grado di adattamento, ovvero di precisione, esistente tra l’abutment e la fixture (Fig. 1-2). McGlumphy et al. (8), inoltre, riportano che il precarico dipende dai seguenti fattori : (a) il torque applicato, il quale influisce in maniera diretta sull’attrito sottotesta, sull’attrito delle spire e sul grado di deformazione elastica/plastica cui va incontro il sistema; (b) la geometria della testa della vite, che influenza il grado di attrito sottotesta; (c) il materiale di cui risultano composte la vite e l’abutment, infine, determinano il livello di grip esistente tra la due strutture. Sul piano biomeccanico, quindi, l’applicazione di un certo grado di torque da parte dell’operatore si esprime sotto forma di un precarico, ovvero di un insieme di forze capaci di realizzare la continuità meccanica tra le strutture; tali forze si identificano nell’attrito tra le superfici e nelle deformazioni sia elastiche, sia plastiche che occorrono a carico delle strutture. Sul piano clinico, durante la funzione il restauro risulta sottoposto a forze cicliche che possono esitare nella separazione

Fig. 2: Immagine al SeM (sezione longitudinale) relativa ad un complesso fixture-vite di connessione sottoposto a sovraccarico non assiale. Gli effetti dannosi del sovraccarico si esprimono, sul piano morfologico, con la perdita del contatto tra la vite di connessione e la filettatura interna della fixture, il che equivale a dire che lì si è perso il precarico; sul piano clinico questa condizione si identifica con la comparsa di mobilità dell’unità protesica rispetto alla fixture e può esitare, nei casi più severi, nella frattura della vite di connessione.

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Fig. 3: Immagine al SeM (71X) relativa ad una vite di connessione; si nota la presenza di una linea di frattura tra la prima e la seconda spira.

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Fig. 4: particolare dell’immagine precedente (165X). Fig. 5: immagine al SeM (45X) relativa ad una corona protesica andata incontro a frattura in corrispondenza della connessione con la fixture. Fig. 6: particolare dell’area di frattura (165X) Fig. 7: immagine al SeM (105X) relativa ad un abutment con vite fratturata. Fig. 8: immagine al SeM (110X) relativa ad una vite fratturata.

dell’abutment dalla fixture; l’allentamento non desiderato delle viti è, infatti, normalmente provocato da carichi dinamici trasversali, spostamenti trasversali, deformazioni elastiche dovute a colpi, vibrazioni o sbalzi di temperatura, situazioni tutte che determinano diverse dilatazioni/contrazioni delle componenti protesiche. Scopo del presente lavoro è di condurre una analisi al microscopio elettronico a scansione su componenti implantari andati incontro a cedimento meccanico in vivo. CASI CLINICI Caso n 1: paziente r. S., età 47, sesso M. restauro: corona singola elemento 3.6. La vite di fissaggio è

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andata incontro ad allentamento dopo circa otto mesi di funzione; il paziente si presentava a controllo dopo circa due mesi dalla comparsa di mobilità dell’elemento protesico. L’analisi al SeM della vite di fissaggio rivela l’esistenza di una linea di frattura tra la prima e la seconda spira generatasi con ogni probabilità durante le otto settimane di funzione con l’elemento parzialmente mobile (fig. 3-4). Caso n 2: paziente M. t., età 51, sesso M. restauro: corona singola elemento 3.6. L’unità protesica è andata incontro a frattura in corrispondenza del collo della fixture dopo 13 mesi di funzione. La presenza di un carico occlusale incongruo, in associazione alla buona integrazione della fixture, ha determinato la il cedimento meccanico per fatica (fig. 5-6).


9 Fig. 9: particolare dell’immagine precedente (6720X); Fig. 10: immagine al SeM (28X) relativa ad una fixture andata incontro a frattura in prossimità della prima spira. Fig. 11: particolare del campione precedente (68X) in cui si evince la presenza della vite di connessione fratturatasi insieme alla fixture. 10

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Caso n 3: paziente S. C., età 39, sesso F. restauro: corona singola elemento 4.5. Il carico ciclico applicato durante il periodo di allentamento della corona ha determinato la frattura per fatica della vite di connessione (fig. 7-8-9). Caso n 4: paziente N. D., età 64, sesso M. restauro: everdenture arcata inferiore. Il carico funzionale, applicato secondo una direttrice non coincidente con l’asse dell’impianto, ha prodotto una condizione biomeccanica sfavorevole. La perdita di integrazione a carico della porzione più coronale dell’impianto, inoltre, ha spostato il fulcro in direzione apicale determinando un incremento del braccio di leva; ne è risultata una alterazione dell’equilibrio meccanico che è esitato nella frattura della fixture (fig. 10-11).

DISCuSSIoNe e CoNCLuSIoNI Durante i movimenti masticatori le forze di taglio e le forze verticali si scaricano sulle viti di serraggio generando dei momenti torcenti: quando l’intensità di tali forze supera il livello di precarico applicato il sistema va incontro ad allentamento della vite. Si stabilisce pertanto una condizione di mobilità del restauro rispetto alla fixture in cui il carico funzionale applicato al restauro può indurre delle deformazioni plastiche a carico delle superfici che si affrontano a livello dell’interfaccia pilastro/fixture, ovvero a carico della vite di fissaggio o può, infine, portare a frattura di quest’ultima. Lo svitamento della vite di serraggio, infatti, comporta come conseguenza un aumento di incidenza delle fratture, e tale

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incidenza rappresenta l’1,2% delle complicanze protesiche secondo Naert e coll. (9), mentre Zarb e Schmitt (10) riportano un’incidenza della frattura della vite di serraggio del 21%. risulta evidente, pertanto, che l’aumento del precarico applicato durante il serraggio della vite, ovvero la riduzione dei carichi dinamici trasversali possono contribuire alla stabilità ed alla durata della giunzione fixture/abutment dei sitemi avvitati. relativamente al precarico applicato, il limite è rappresentato dalla resistenza meccanica delle componenti protesiche e normalmente la quantità massima di torque applicabile non supera i 30 Ncm. Per quanto riguarda le forze occlusali, invece, McGlumphy et al (8) suggeriscono di evitare o ridurre i cantilever distali; rendere il carico occlusale parallelo all’asse dell’unità fixture-abutment-corona; eliminare i precontatti posteriori sia lavoranti che bilancianti; “centralizzare” i contatti di occlusione centrica. Le forze dirette in senso tangenziale rispetto all’asse dell’unità protesica generano, infatti, un momento il cui braccio è rappresentato dalla distanza esistente tra il punto di applicazione del carico e la vite di fissaggio dell’abutment. relativamente i restauri singoli, la presenza di un contatto bilanciante genera un braccio di leva che risulta sfavorevole per l’economia biomeccanica del sistema;

tale condizione diviene ancor più svantaggiosa quando l’asse dell’unità protesica risulta inclinato. Hoyer et al (11), infine, mettono in relazione la risultante di forze applicate durante la funzione alla vite di fissaggio con diversi fattori biomeccanici quali le componenti orizzontale e verticale del carico occlusale, la distanza tra il punto di applicazione del carico ed il fulcro ed il diametro dell’abutment. Dall’analisi dei casi esposti nel presente lavoro si evince che il sovraccarico funzionale influenza il comportamento biomeccanico delle riabilitazioni protesiche supportate da impianti e può, nei casi meno favorevoli, determinarne il fallimento in seguito a frattura della vite di connessione e/o della fixture.

bIbLIoGrAFIA 1. Adell r, eriksson b, Lekholm u, branemark PI, Jemt t. Long-term follow-up study of osseointegrated implants in the treatment of totally edentulous jaws. Int J oral Maxillofac Implants. 1990 Winter;5(4):347-59. 2. Schwarz M. A retrospective analysis of single tooth replacement with branemark type implants. Academy of osteointegration 1991 Annual meeting. 3. ekfeldt A, Carlsson Ge, borjesson G. Clinical evaluation of single-tooth restorations supported by osseointegrated implants: a retrospective study. Int J oral Maxillofac Implants 1994;9:179-83 4. Jemt t, Pettersson P. A 3-year follow-up study on single implant treatment. J Dent 1993;21:203-208 5. Haas, r, Mensdorff-Puilly N., Mailath G, Watzek G. brånemark single tooth implants: a preliminary report of 76 implants. J Prosthet Dent 1995;73:274 279. 6. Worthington P, bolender CL, taylor tD. the Swedish system of osseointegrated implants: Problems and complications encountered during a 4-year trial period. Int J oral Maxillofac Implants 1987;2:77–84 7. Jemt t. Consecutively inserted fixed prostheses supported by brånemark implants in edentulous jaws: a study of treatment from the time of prosthesis placement to the first annual checkup. Int J oral Maxillofac Implants 1991;6:270-276 8. McGlumphy eA, Mendel DA, Holloway JA. Implant screw mechanics. Dent Clin North Am. 1998 Jan;42(1):71-89. 9. Naert I, Quirynen M, van Steenberghe D, Darius P. A study of 589 consecutive implants supporting complete fixed prostheses. Part II: Prosthetic aspects. J Prosthet Dent. 1992 Dec;68(6):949-56. 10. Zard GA, Schmitt A. the longitudinal clinical effectiveness of osseointegrated dental implants: Problems and complications encoutered. J Prosthet Dent 1990;64:185-94 11. Hoyer SA, Stanford CM, buranadham S, Fridrich t, Wagner J, Gratton D. Dynamic fatigue properties of the dental implant-abutment interface: joint opening in wide-diameter versus standard-diameter hex-type implants. J Prosthet Dent. 2001 Jun;85(6):599-607

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IMPLANTOLOGIA

Grande rialzo del Seno MaScellare con inSeriMento iMMediato di due iMpianti Andrea Mastrangelo(*), Donato Di Iorio(§), Glauco Di Fonso(°) (*) Libero Professionista in Campobasso e Isernia; (§) Università Degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche Direttore Prof. Sergio Caputi; (°) Libero Professionista in Sulmona;

Riassunto Il grande rialzo del seno mascellare finalizzato all’aumento dell’altezza della cresta alveolare è diventato un intervento comune. I risultati clinici di questa procedura dipendono dalla tecnica chirurgica, dall’inserimento differito o simultaneo degli impianti, dall’utilizzo o meno di una membrana, dal tipo di biomateriale innestato e dalle dimensioni degli impianti inseriti. Scopo del presente report è di presentare un caso di grande rialzo del seno mascellare condotto mediante l’utilizzo di solfato di calcio con inserimento immediato di due impianti. Parole chiave rialzo del seno mascellare; inserimento di impianti; solfato di calcio.

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l grande rialzo del seno mascellare rappresenta una tecnica dai risultati predicibili con percentuali di successo a 5 anni superiori al 90% (1-2). tale tecnica ha permesso di superare molti dei problemi connessi con la riabilitazione della regione posteriore della mascella. I fenomeni di riassorbimento che si verificano nelle regioni posteriori del mascellare superiore dopo estrazioni dentarie, fanno sì che spesso l’altezza residua della cresta sia minima. tale situazione rappresenta, all’atto del posizionamento degli impianti, una condizione ad alto rischio di perforazione della membrana di Schneider con possi-

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Abstract Grafting the floor of the maxillary sinus has become a common surgical intervention for increasing alveolar bone height. Outcomes of this procedure may be affected by specific surgical technique, simultaneous vs. delayed implant placement, use of barrier membranes over the lateral window, selection of graft material and the surface characteristics and the length and width of the implants. In the present article a sinus lift with calcium sulphate and simultaneous implant placement is presented. Key words Sinus lift; implant placement; calcium sulphate.

bili sequele infettive che dal seno possono diffondersi all’intero apparato respiratorio. L’altezza della cresta, inoltre, è spesso ulteriormente ridotta dal fenomeno della pneumatizzazione del seno: l’apertura del seno nella cavità nasale è molto più piccola del volume della cavità paranasale e ciò si traduce nella presenza di una pressione leggermente positiva all’interno dell’antro. tale gradiente pressorio determina un progressivo ampliamento delle dimensioni dell’antro a causa del graduale riassorbimento del pavimento del seno operato dagli osteoclasti periostali. tale pneumatizzazione, riducendo le dimensioni del-


la cresta, rappresenta un ulteriore ostacolo all’inserimento d’impianti nel mascellare posteriore. Lo sviluppo di una tecnica chirurgica predicibile e sicura per il rialzo del seno mascellare (3-4) ha facilitato enormemente la terapia implantare in tale zona.(5-6) IndIcAzIOnI AL GRAnde RIALzO deL SenO MASceLLARe L’inserzione d’impianti al di sotto dei seni mascellari è possibile se l’altezza ossea residua, cioè la distanza tra il pavimento del seno e la sommità della cresta, è di almeno 10 mm. Molto spesso però, a causa del riassorbimento crestale e della pneumatizzazione del seno, particolarmente accentuati negli edentulismi di vecchia data, gli spazi a disposizione sono così esigui da precludere ogni possibilità di riabilitazione implantare secondo le tecniche tradizionali. Per superare tali difficoltà sono state proposte diverse soluzioni quali l’utilizzo d’impianti inclinati, d’impianti corti e di tecniche per incrementare l’altezza ossea. Gli impianti inclinati possono essere utilizzati quando, ad un volume osseo ridotto sotto i seni, si associa un volume osseo pterigomascellare sufficiente per l’inserzione di un impianto di lunghezza uguale o superiore a 13 mm ed in grado di garantire un’adeguata stabilizzazione intracorticale. In letteratura, tuttavia, non esistono molti dati riguardo le percentuali di successo e di sopravvivenza di tali impianti e, pertanto, un giudizio definitivo sull’efficacia di questa tecnica non può essere dato (7-8). Gli impianti corti, inferiori a 10 mm di lunghezza, non garantiscono, nel mascellare superiore, una sufficiente resistenza ai carichi meccanici, come dimostrato dai dati in letteratura che riportano percentuali d’insuccesso sensibilmente superiori rispetto agli impianti di lunghezza standard (9-11). Alla luce di quanto detto, il grande rialzo di seno mascellare è, in presenza d’altezza ossea insufficiente, la metodica più efficace e predicibile. Se l’altezza ossea residua tra il pavimento del seno e la sommità della cresta alveolare è tra 2 e 5 mm, si esegue dapprima il rialzo del seno mediante un’osteotomia laterale e successivamente, dopo 6-8 mesi, si inseriscono gli impianti. Quando l’altezza ossea è superiore a 5mm, si può eseguire nella stessa seduta sia il rialzo sia il posizionamento degli impianti: in tali condizioni l’osso residuo è, infatti, sufficiente a garantire un’adeguata stabilità primaria agli impianti. In entrambe le situazioni, quando il diametro traverso della cresta è inadeguato ed esiste il rischio reale di produrre al momento dell’inserzione degli impianti fenestrazioni o deiscenze sul versante buccale, è indicata la realizzazione di un incremento delle dimensioni bucco-palatali della cresta alveolare.

VALutAzIOne PReOPeRAtORIA I pazienti destinati al grande rialzo di seno mascellare devono essere sottoposti ad un’accurata valutazione preoperatoria al fine di ridurre le complicanze intra e post-operatorie. Fondamentale in questa fase è escludere la presenza di patologie sistemiche importanti non adeguatamente trattate (12). Altrettanto importante è la valutazione delle condizioni locali con particolare riferimento a pregressi trattamenti radioterapici della testa e del collo ed a patologie preesistenti del seno mascellare. Le radiazioni hanno effetti deleteri su osteociti, osteoblasti e cellule endoteliali, provocando una riduzione della capacità del tessuto osseo a rispondere agli insulti, in primis quelli chirurgici (13) e’ opportuno, quindi, procrastinare l’intervento e sottoporre nel frattempo i pazienti a terapia iperbarica, la quale stimola la proliferazione vascolare, la sintesi di collagene e l’osteogenesi (14). Particolare attenzione deve poi essere posta a preesistenti patologie o anomalie sinusali; spesso, infatti, le complicanze post-operatorie risultano significativamente associate a preesistenti condizioni morbose dei seni (15-16). I pazienti devono pertanto essere sottoposti ad una valutazione otorinolaringoiatrica ed effettuare indagini strumentali come ortopantomografia e tAc al fine di evidenziare problemi quali: sinusiti croniche cisti sinusali deviazioni del setto nasale stenosi dell’orifizio meatale. tutte queste condizioni predispongono grandemente a complicanze infettive e devono essere adeguatamente trattate. Ai pazienti con sinusite cronica sono somministrate gocce decongestionanti nasali, spray nasali anti-infiamatori a base di cortisonici e, alla presenza di sintomi di riacutizzazione, antibiotici per via sistemica ( amoxocillina 1g t.i.d. per 7 gg ). La chirurgia, eseguita con tecniche endoscopiche endonasali (17-18-19), è, invece, la terapia d’elezione della stenosi dell’ostio, delle cisti del seno e delle deviazioni del setto ed ha lo scopo di ripristinare una corretta ventilazione ed un adeguato drenaggio del seno nella cavità nasale. Il grande rialzo di seno mascellare si potrà effettuare non prima di 6 mesi da tali trattamenti chirurgici. tecnIcA chIRuRGIcA Il grande rialzo del seno mascellare è una tecnica chirurgica ben collaudata e con risultati molto predicibili, ma sicuramente alquanto più complessa del semplice posizionamento d’impianti. Per evitare l’insorgenza di complicanze intra e post-operatorie è molto impor tante selezionare accuratamente i pazienti e programmare adeguatamente l’intervento (fig. 1-2-3), ponendo particolare

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Fig. 1: esami strumentali pre-operatori. Ortopantomografia. Fig. 2: esami strumentali pre-operatori. Sezioni orizzontali da dental Scan.

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Fig. 3: esami strumentali pre-operatori. Sezioni frontali da dental Scan. Fig. 4: realizzazione dell’incisione. Fig. 5-6: scollamento del lembo a spessore totale.

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attenzione ad alcuni suoi passaggi, come per esempio la scelta del disegno della finestra osteotomica. un’ora prima dell’intervento si è soliti effettuare una premedicazione con amoxicillina (1g) e desametasone (8mg) seguita da applicazioni locali di clorexidina 0.5% per due minuti. L’anestesia è effettuata localmente a livello buccale, mentre in sede palatale si realizza il blocco del mascellare, in corrispondenza del foro palatino posteriore e del forame palatino anteriore. un’incisione a tutto spessore è realizzata sul lato vestibolare a circa 3 mm dalla cresta alveolare, partendo dall’aspetto distale del mascellare per terminare nell’area canina (fig. 4) . Per facilitare la riflessione del lembo, si praticano due incisioni verticali di scarico agli estremi distale e mesiale dell’incisione primaria. Mediante uno scollaperiostio si separa dall’osso sottostante il lembo mucoperiosteo, che è ribaltato per permettere l’accesso al sito dell’osteotomia (fig. 5-6-7) . nella zona limitrofa, invece, è buona regola

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realizzare uno scollamento a spessore parziale: in questo modo in caso di perforazioni della membrana sinusale si avrà a disposizione del tessuto molle per eventuali suture. In questa fase, per programmare con precisione le


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osteotomie da effettuare, è bene evidenziare i limiti anatomici dell’antro mediante transilluminazione. L’osteotomia viene eseguita con una fresa a pallina montata su un contrangolo (fig. 8). e’ preferibile usare un manipolo a bassa velocità e con un torque elevato

in modo da controllare meglio l’osteotomia; l’utilizzo di frese a pallina evita la formazione di spigoli ossei che potrebbero perforare la membrana di Schneider. L’osteotomia va eseguita sotto abbondante irrigazione con soluzione salina sterile al fine di evitare un surriscaldamento del sito e con esso la necrosi ossea. con lo strumento inclinato di 45° rispetto alla superficie dell’osso, si disegna una finestra rettangolare sulla parete antero-laterale del mascellare. L’osteotomia orizzontale inferiore deve essere parallela al pavimento del seno e deve avere un’estensione antero-posteriore sufficiente a consentire il posizionamento degli impianti. Il bordo anteriore deve essere sito in maniera da permettere un accesso diretto alla porzione anteriore del seno mascellare: quest’accorgimento semplificherà le manovre chirurgiche e ridurrà il rischio di perforazioni. Il bordo superiore deve essere parallelo a quello inferiore e localizzato ad una distanza di 10-15 mm. Alcuni autori consigliano di non completare l’incisione ossea a livello del bordo superiore in modo da realizzare un’osteotomia vestibolare “ a sportello “ con cerniera superiore. Vari studi, tuttavia, hanno evidenziato come tale tecnica comporti un aumento del rischio di perforazione della membrana sinusale nel momento in cui il ribaltamento dello sportello osteotomico all’interno dell’antro frattura completamente il margine superiore dell’osteotomia (20-21-22). In ragione di ciò, preferiamo realizzare una osteostomia totale lungo tutto il perimetro della finestra ossea fino a che non emerge il colore grigio della membrana. Altrettanto importante è arrotondare e rendere più dolci gli angoli dell’osteotomia, al fine di minimizzare il rischio di pizzicare la membrana quando la finestra ossea è ribaltata medialmente entro l’antro a costituire il nuovo pavimento del seno (23-24). La presenza nel seno mascellare di un setto osseo, specie se di notevoli dimensioni, impone importanti modifiche nel disegno dell’osteotomia. In questi casi la riflessione della membrana sopra tale setto ne determina con facilità la perforazione. Per ridurre il rischio di lacerazioni è preferibile eseguire due distinte osteotomie, che consentono una più delicata riflessione della membrana su entrambi gli aspetti del setto. una volta esposta la membrana antrale, si provvede delicatamente al suo scollamento dal pavimento e dalla parete mediale del seno mediante una curette chirurgica inserita in corrispondenza dell’osteotomia inferiore (fig. 9-10). tale operazione viene estesa a tutto il perimetro della finestra fino a quando non è possibile dislocarla superiormente entro l’antro. In questa fase è importante esaminare accurata-

Fig. 7: scheletrizzazione del sito osteotomico. Fig. 8: realizzazione dell’osteotomia mediante l’utilizzo di una fresa a pallina. Fig. 9: scollamento della membrana di Schneider.

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Fig. 10: ribaltamento della botola ossea all’interno del seno mascellare. Fig. 11: preparazione dei siti implantari. Fig. 12: inserimento del materiale da rigenerazione nel seno mascellare. In questo caso si è utilizzato del solfato di calcio in granuli. Fig. 13: inserimento degli impianti.

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mente la membrana per escludere la presenza di perforazioni. Se non sono presenti perforazioni visibili, è bene immettere nello spazio creato una soluzione fisiologica sterile ed invitare il paziente ad effettuare con estrema delicatezza la manovra di Valsalva: la presenza di perforazioni sarà indicata dalla formazione di bollicine. una volta esclusa questa possibilità, o eventualmente riparata la lesione, si preparano i siti che accoglieranno gli impianti (fig. 11) e si procede con l’inserimento del materiale da innesto prescelto incominciando dalla parete antrale più lontana e procedendo a condensare fino a raggiungere la finestra ossea dislocata superiormente (fig. 12). Questa diverrà il nuovo pavimento del seno mascellare. L’utilità dei materiali da riempimento risiede nella capacità di estrinsecare un potenziale osteoconduttivo, osteoinduttivo ed osteoproliferativo (25). La letteratura scientifica dimostra che pressoché tutti i materiali da riempimento usati nel grande rialzo di seno mascellare, sebbene biologicamente diversi, sono ugualmente efficaci con percentuali di successo superiori al 90%. tale risultato apparentemente sorprendente è da porre in relazione con l’elevata capacità osteogenica della membrana di Schneider. nella fase successiva si procede all’inserimento degli impianti e, se necessario, si procede ad inserire dell’altro materiale da rigenerazione al fine di coprire le eventuali fenestrazioni delle spire implantari (fig. 13-14). In ultimo si procede alla sutura del sito chirurgico mediante punti staccati non riassorbibili (fig. 15) ed alla realizzazione di una radiografia di controllo (fig. 16). La gestione della fase post operatoria prevede l’assunzione da par te del paziente di amoxicillina 500mg×3/die o, se c’è allergia alle penicilline, clindamicina 300mg×3/die, per 10 giorni, desametasone 4mg/die per 2 giorni e l’effettuazione due volte al giorno di sciacqui del cavo orale con clorexidina 0.2%

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per 10 giorni. e’ importante, inoltre, che nelle due settimane successive all’intervento il paziente eviti gli stress fisici e traumi quali il soffiarsi il naso e lo starnutire a bocca chiusa.


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Fig. 14: completamento dell’innesto con solfato solfato di calcio. Fig. 15: sutura del sito mediante punti staccati non riassorbibili. Fig. 16: radiografia di controllo.

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cOncLuSIOnI Il grande rialzo di seno mascellare è una tecnica sicura, che ha permesso di indirizzare verso la riabilitazione implantare pazienti che, per l’esiguità dell’altezza dell’osso residuo, non potevano giovarsi della terapia implantare tradizionale. I dati in letteratura riportano percentuali di successo superiori al 90%. Il raggiungimento di risultati così lusinghieri passa per una rigorosa preselezione dei pazienti e per un’accurata programmazione della fase chirurgica. Molto importante in tale fase è la progettazione della finestra osteotomica, la cui posizione ed il cui disegno devono essere tali da evitare perforazioni della membrana durante le manipolazioni chirurgiche ed, in particolare, nel corso della sua riflessione nell’antro. Le perforazioni della membrana sinusale sono le principali complicanze intraoperatorie e, favorendo la dislocazione del materiale da innesto nella cavità del

seno, rappresentano la più importante condizione predisponente all’insorgenza di complicanze postoperatorie quali le sinusiti acute. Queste ultime vanno tempestivamente diagnosticate e trattate per evitare una diffusione del processo morboso alle strutture limitrofe. Fortunatamente la prevalenza delle complicanze in corso di grande rialzo di seno mascellare è molto bassa e, in ogni caso, il loro sviluppo, grazie alle scelte terapeutiche a disposizione, non è una condizione sufficiente a giustificare l’abbandono della procedura. La letteratura scientifica, infatti, riporta dati che dimostrano come la sopravvivenza degli impianti non sia significativamente influenzata né dall’insorgenza di complicanze né dal tipo di materiale da innesto utilizzato. Quest’ultimo aspetto, malgrado la biodiversità dei materiali utilizzati, può essere verosimilmente spiegato con la grande capacità osteogenica della membrana di Schneider.

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CHIRURGIA

inSeriMento iMpianti proFile tranSMucoSal con Metodica coMputer Guidata: protocollo SeMpliFicato cHirurGicoproteSico Cristiano Grandi Libero professionista in Roma

Riassunto numerosi sudi hanno dimostrato che fixture caricate immediatamente in modo corretto possono ottenere ottime percentuali di successo . un fattore determinante è l’assenza di micromovimenti all’interfaccia osso-impianto durante il carico. Questo può essere ottenuto tramite la realizzazione di protesi totali fisse a carico immediato nei casi in cui gli impianti abbiano sufficiente stabilità primaria e controllando le forze occlusali durante il periodo di osseo integrazione. Allo scopo di semplificare e velocizzare queste complesse procedure è possibile utilizzare metodiche cAd-cAM per la progettazione, l’inserimento implantare e la protesizzazione computer assistita. La metodica SimPlant universal costituisce un metodo semplice ed affidabile con un buon rapporto costo beneficio. unitamente all’utilizzo di impianti dotati di collare transmucoso quali Profile-1 transmucosal viene qui decritta una metodica semplificata per l’inserimento e la protesizzazione immediata di impianti osseo integrati. Parole chiave cAd-cAM SimPlant compatibilità

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Abstract Several studies have showed that immediately but properly loaded fixture can as well get good success percentage. Absence of micro movements at bone/implant interface is a decisive factor. Such a stability can be reached via the use of complete fixed prostheses. A sufficient primary stability and proper control of occlusal pressure is also needed during the integration phase. In order to simplify and shorten all these complexes procedures cAd-cAM technology can be adopted for planning, implant placing and prostheses setting. SimPlant universal is a simple and reliable protocol with a reasonable cost/benefit ratio. Its adoption with using transmucosal collar fixtures, as Profile-1 transmucosal enable us to propone a simplified technique for implant and immediate denture placing . Key words cAd-cAM SimPlant compatibility


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IntROduzIOne Carico immediato Il timing per l’applicazione del carico protesico è uno dei parametri che, negli ultimi anni , è stato messo maggiormente in discussione. In passato si riteneva necessario, al fine di ottenere una sicura osteointegrazione, che gli impianti rimanessero, dopo l’inserimento, senza carico per 6-8 mesi nel mascellare superiore e 3-4 mesi nella mandibola (1). negli ultimi anni numerosi sudi hanno dimostrato che fixture caricate immediatamente, con protocolli appropriati, ottenevano percentuali di successo altrettanto buone (2). Anche in queste situazioni il fattore determinante per il successo sembra essere l’assenza di micromovimenti all’interfaccia osso-impianto durante l’applicazione del carico. Questo può essere ottenuto tramite la realizzazione di protesi totali fisse a carico immediato nei casi in cui gli impianti abbiano sufficiente stabi2 lità primaria e controllando le forze occlusali durante il periodo di osseointegrazione (3-7). Chirurgia Computer Guidata Allo scopo di aumentare l’accuratezza della pianificazione chirurgica e di semplificare le procedure cliniche sono stati introdotte metodiche di analisi tridimensionale delle immagini radiografiche. Questo sviluppo, prove-

niente dalla tecnologia per la progettazione industriale, ha riguardato tutti i campi della medicina. In particolar modo, in chirurgia orale, sono stati sviluppati protocolli di analisi basati sui dati provenienti dagli studi tc (tomografia computerizzata) tramite l’elaborazione

Fig.1 – tipi principali di appoggio per dime SurgiGuide Fig.2 – RX OPt pre-trattamento

degli originali file dIcOM. nella pianificazione della chirurgia impiantare questo consente di determinare con precisione la posizione degli impianti e di verificare tutte le eventuali situazioni di rischio o di impedimento che non permettono l’inserimento della fixture o ne consigliano lo spostamento. tecnologie cAd-cAM permettono si produrre opportune guide chirurgiche allo sco-

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ni implantari in funzione della presenza di gengiva aderente. tutto ciò in definitiva consiglia di limitare l’utilizzo delle tecniche “flapless” ai casi che non richiedono alcuna variazione del profilo osseo e con una cresta edentula totalmente rivestita da gengiva aderente.

Fig.3 – allestimento Scan Prostheses: •ceratura diagnostica • Stampaggio degli elementi dentari radiopachi • Applicazione flangia in resina radiotrasparente • Prova nel cavo orale Fig.4 – fasi principali della pianificazione con SimPlant Planner • Visualizzazione rapporti spaziali osso/elementi protesici • Posizionamento degli impianti • Posizionamento elle viti di fissaggio e visualizzazione dei monconi • creazione modello virtuale SurgiGuide universal

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po di trasferire, con accuratezza, la panificazione virtuale nel reale campo operatorio (8,9). Le guide chirurgiche cAd-cAM consentono l’inserimento degli impianti sia dopo l’incisione ed il sollevamento di un lembo sia senza tale fase operativa (flapless technique). Possono essere prodotte, infatti, guide chirurgiche sia a supporto mucoso che ad appoggio osseo, sia, infine ad appoggio dentale o misto (fig.1). Alcuni autori ritengono, a ragione, che le tecniche “flapless” producano un minore trauma nel paziente ed un migliore decorso post operatorio (10-12). ciò nonostante il limite di queste tecniche è costituito dalla quasi impossibilità di mettere contemporaneamente in atto modifiche dei tessuti sia molli che duri e dall’impossibilità, in fase di pianificazione, di riconoscere le variazioni qualitative dei tessuti molli. Questo da un lato non permette procedure rigenerative, se non minimali, e dall’altro non permette di pianificare l’emergenza dei monco-

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Metodica SimPlant Universal In anni recenti sono state introdotte sul mercato numerose metodiche integrate che propongono all’operatore un protocollo dettagliato che definisce step-bystep tutte le operazioni debbono essere compiute per arrivare dal primo esame alla fine dell’intervento. tali metodiche si differenziano sostanzialmente per il livello di precisione assicurato e per il grado di flessibilità garantita al chirurgo per adattarsi alle diverse necessità cliniche e tecniche. SimPlant Planner è uno dei software più diffusi per la elaborazione dei file dIcOM provenienti dagli esami tc, ed uno dei primi introdotti. La metodica di trasferimento dei dati dal programma al campo operatorio prevede tre diversi protocolli: Classic, il protocollo più essenziale e datato che prevede la sola preparazione di dime chirurgiche cAd-cAM, ad appoggio mucoso, osseo, dentale o misto, in numero pari ai diametri degli strumenti da introdurre (frese, dispositivi di montaggio o impianti); Safe, il protocollo più completo e sofisticato, al momento realizzabile solo per fixture cilindriche ad esagono esterno, costituito da una sola dima cAd-cAM avvitabile e una serie completa di riduttori, frese calibrate e dispositivi di trasporto per l’inserimento accurato di impianti con il totale controllo della posizione, della profondità e della rotazione degli impianti. I dati elaborati con tale metodica possono essere integrati con sistemi cAd-cAM che consentono la fabbricazione di monconi e strutture protesiche; Universal, di più recente introduzione, che rappresenta una semplificazione del protocollo Safe e prevede la fabbricazione cAd-cAM di un’unica dima chirurgica avvitabile con cilindri fissi di diametro massimo e la fornitura di una serie completa di riduttori che permette l’introduzione sequenziale di tutti gli strumenti rotanti, di ogni diametro, senza rimuovere la dima. non richiede la disponibilità dell’estesa e costosa serie di strumenti necessaria per la metodica Safe. Risulta in definitiva la


metodica più semplice e flessibile consentendo l’utilizzazione in associazione con qualsiasi sistema implantare pur mantenendo un alto livello di affidabilità. Protocollo clinico La metodica SimPlant universal prevede lo studio del caso e l’allestimento di una protesi diagnostica (Scan Prostheses) analogamente agli altri sistemi. Alcune sistematiche legate a specifiche linee implantari si discostano da questo protocollo prevedendo un doppio esame tc comprendendo una scansione della sola protesi provvisoria (14,15). Le caratteristiche costruttive della Scan Prostheses 5 differiscono a seconda che si preveda di utilizzare una dima chirurgica ad appoggio osseo, dentale, mucoso o misto (dentale/mucoso). In caso si preveda di volere realizzare una guida ad appoggio osseo, dentale oppure misto, l’obiettivo sarà unicamente quello di visualizzare i futuri elementi dentari, il volume osseo ed i loro rapporti reciproci. Sarà costruita una protesi diagnostica in cui i soli denti saranno costituiti da una miscela di resina acrilica e Solfato di bario (percentuale baSo4 15%)ed in cui la placca base è costituita da resina pura. In caso si preveda di volere realizzare una guida ad appoggio 6 mucoso l’obiettivo sarà di visualizzare e differenziare con altrettanta precisione le basi ossee, i tessuti molli che ricoprono le aree edentule ed i futuri elementi dentari. Sarà costruita una protesi diagnostica in cui, i denti saranno costituiti da una miscela resina acrilica/solfato di bario con il 20% in peso di baSo4, e la placca base sarà costituita da una miscela resina acrilica/solfato di bario con il 10% in peso di baSo4. Al momento di sottoporsi all’esame tc il paziente deve indossare la Scan Prostheses. Il radiologo curerà di impostare i parametri più opportuni seguendo il protocollo consigliato. Il file dIcOM ottenuto viene convertito in file leggibile dal programma SimPlant. diviene così possibile visualizzare liberamente tutti i particolari anatomici. Il chirurgo ed il protesista possono valutare sia i tessuti molli e duri, che la posizione dei futuri elementi dentari. Possono congiuntamente simulare l’inserimento delle

Fig.5 – dime SurgiGuide • dima a riduzione ossea • dima a riduzione ossea sul modello stereolitografco della mandibola • dima SurgiGuide universal • dima SurgiGuide universal sul modello stereolitografco della mandibola Fig.6 – Principali fasi chirurgiche: • Incisione • Riduzione ossea per mezzo di dima • Stabilizzazione SurgiGuide universal per mezzo di viti da osteosintesi • e. f. Preparazione dei siti implantari con frese sequenziali e specifici riduttori • maschiatura • Inserimento fixture • Sutura

fixture valutandone la posizione modificandola a piacimento fino a determinare il piano di trattamento definitivo (13). una volta determinata in modo definitivo la posizione degli impianti si procede a definire la posizione delle viti di fissaggio, in modo che non interferiscano con le fixture, ed infine alla realizzazione del modello virtuale della dima chirurgica. Questa può essere modificata se necessario. una volta approvata la conformazione di questo modello ne viene ordinata la produzione. Questa viene eseguita in resina per mezzo di tecniche stereolitografiche cAd-cAM e successivo inserimento delle parti metalliche e può essere opportunamente sterilizzata a freddo. Al momento dell’intervento, dopo averne testato la stabilità la dima viene bloccata con viti di fissaggio. La mancata previsione di questa manovra costringe l’equipe chirurgica a una stabilizzazione manuale difficol-

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Fig.7- Protesizzazione immediata: • b. c. Costruzione della protesi provvisoria fissa, con flange di stabilizzazione, sulla base della ceratura diagnostica. • Cappette metalliche provvisorie. • Prova della protesi provvisoria fissa prima dell’intervento. • Cappette metalliche provvisorie inserite sui monconi • Cappette metalliche provvisorie inglobate nella protesi provvisoria fissa • Protesi provvisoria fissa terminata dopo la rimozione delle flange • Protesi provvisoria fissa cementata a fine intervento Fig.8 – Controllo a 7 giorni • Situazione a 7 giorni • Rimozione della protesi provvisoria • Rimozione delle suture • RX OPT di controllo

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tosa e dall’esito incerto. CASO CLINICO La Paziente b.A. di sesso femminile anni 69 si presenta alla osservazione con parodontite avanzata che interessa, in gradi diversi, tutti gli elementi dentari residui (fig.2). L’anamnesi medica è negativa. La Paz. non assume farmaci bifosfonati. Non si rilevano controindicazioni generali. Viene inizialmente proposta la estrazione di tutti gli elementi dentari sia superiori che inferiori e la protesizzazione mediante impianti. La Paz. rifiuta il trattamento dell’arcata superiore. Il piano di trattamento consiste nella estrazione di tutti gli elementi dell’arcata inferiore, nell’approntamento di una protesi mobile provvisoria e nella successiva riabilitazione protesica fissa per mezzo di impianti osseo integrati. Dopo l’estrazione di tutti gli elementi dentari della arcata inferiore e la costruzione di una protesi provvisoria mobile si prepara una Scan Prostheses (fig.3) per

produrre successivamente una SurgiGuide ad appoggio osseo poiché si prevede di dovere procedere ad una probabile riduzione di una cresta ossea sottile nella zona incisiva. Dopo l’esecuzione dell’esame TC e l’elaborazione dei file DICOM si passa alla pianificazione virtuale con programma SimPlant Planner. Vengono dapprima analizzati i rapporti spaziali tra la cresta residua e i futuri elementi protesici. Vengono successivamente posizionati gli impianti nelle sedi ideali. In questa fase viene confermata ala necessità di ridurre la cresta sottile a “lama di coltello” presente nella zona incisiva. A questo scopo verrà prevista la costruzione di una dima per riduzione ossea che guidi con precisione la osteotomia permettendo il successivo preciso adattamento della dima per l’inserimento degli impianti. Viene altresì previsto l’inserimento di 3 viti di fissaggio. Vengo scelti per l’utilizzazione impianti Profile-1 Transmucosal a passo fine con doppia spira (ORVIT, Castelmaggiore (bO), Italia) dotati di collare transmucoso allo scopo di semplificare le procedure di protesizzazione immediata. Il programma SimPlant Planner prevede sial la possibilità di simulare l’inserimento di impianti già esistenti nella “libreria” virtuale, sia, qualora si utilizzino impianti non presenti nella “libreria”, la opportunità di creare un modello di fixture e di moncone personalizzato con le specifiche dell’impianto in questione. Viene così simulato inserimento di impianti Profile-1 Transmucosal e dei corrispondenti monconi, optando per il tipo diritto(fig.4). Una volta elaborato il modello virtuale della dima SurgiGuide Universal ne viene autorizzata la fabbricazione unitamente alla dima a riduzione ossea(fig.5). Fase Chirurgica Previa anestesia locoregionale viene sollevato un lembo a tutto spessore con incisione crestale esteso distalmente e con una unica incisione di rilasciamento mediana. Dopo avere scheletrizzato la parte di mandibola interessata viene posizionata la guida a riduzione ossea e praticata la osteotomia. Quindi si procede alla prova della stabilità della SurgiGuide, ad alla successiva fissazione con viti da osteosintesi. La fase successiva prevede l’uso sequenziale delle frese della sistematica Profile-1 Transmucosal per mezzo degli anelli adattatori


propri della metodica SurgiGuide Universal. Questi riducono il diametro dei cilindri a quello compatibile con la fresa in uso. Durante le varie fasi la dima chirurgica rimane stabilizzata abbreviando notevolmente i tempi chirurgici. Dopo la rimozione della dima si procede alla maschiatura ed all’inserimento degli impianti ed alla sutura (fig.6). Protesizzazione immediata Dopo la sutura si rimuovono i dispositivi di montaggio e si applicano i monconi avvitabili. Su tali monconi vengono applicate delle cappette metalliche precedentemente fabbricate dall’odontotecnico fornite di micro ritenzioni per la resina . Su queste cappette viene poi ribasata la protesi provvisoria preconfezionata sulla base della ceratura diagnostica iniziale. La stessa protesi dopo la rifinitura viene cementata con cemento provvisorio(fig.7). Successivamente viene eseguita una OPT di controllo e dopo 7 giorni vengono rimosse le suture (fig.8). Finalizzazione protesica A 4 mesi dal inserimento delle fixture viene sostituita la protesi provvisoria in resina con una protesi definitiva in metallo-ceramica (fig.9).

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Fig.9 – Finalizzazione protesica • Controllo a 4 mesi • Prova della struttura metallica • Protesi definitiva • RX OPT di controllo Fig.10 – protesi provvisoria immediata su monconi avvitati ( riabilitazione totale superiore): • Monconi inseriti • Protesi provvisoria appena ribasata • Protesi inserita (sono visibili i fori per il passaggio delle viti chiuse con cemento provvisorio) • Risultato a 6 settimane!

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Discussione Sempre più spesso pazienti informati richiedono trattamenti implantari con protesizzazione immediate. La tecnica descritta, se da un lato richiede una accurata pianificazione ed esami complessi dall’altro consente di fornire al paziente una protesi fissa immediata impianto supportata con un elevata grado di precisione ed affidabilità. Risulta particolarmente gradito ai pazienti ed agli operatori la drastica riduzione dei tempi chirurgici. Per il chirurgo che abbia già dimestichezza con la chirurgia impiantare non sembra esserci necessità di una vera e propria curva di apprendimento costituendo la metodica in oggetto una reale semplificazione. Al neofita risulta particolarmente utile nella pianificazione dei primi casi complessi e nella gestione “senza ansia” dei casi normali. In tutti i casi la parte più complessa e che ha richiesto maggiore dispendio di tempo è risultata essere la protesizzazione immediata. I tutti i casi da noi trattati

questa ha richiesto un quantità di tempo notevolmente superiore alla fase chirurgica. Se a ciò aggiungiamo che la integrità ed la corretta funzione della protesi immediata costituisce uno dei fattori determinanti per l’ottenimento della osteointegrazione si intuisce quanta parte della attenzione dell’operatore esperto che utilizza queste metodiche si sposta dalla fase chirurgica a quella protesica. Alla ricerca della massima semplificazione abbiamo sempre utilizzato protesi provvisorie interamente in resina acrilica. In commercio sono disponibili essenzialmente tre tipi di monconi per la ribasatura di protesi provvisorie in resina: moncone avvitato (con vite passante), moncone per cementazione (utilizzato nel caso clinico in oggetto), monconi a frizione “snap on” (con specifiche cappettte). I monconi avvitati, che rappresentano apparentemente una soluzione affidabile, pongono numerosi problemi nel caso di ponti estesi. Frequenti problematiche sono emerse relativamente alla fragilità degli spessori di resina in corrispondenza dei tubi di

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passaggio della vite che costituiscono un locus minoris resistentiae ed all’inserimento in caso di disparallelismo tra le fixture (fig.10). I monconi “snap on” e quelli da cementare provocano una minore concentrazione di forze e producono in definitiva una protesi più solida. Conclusioni La tecnica appare di semplice applicazione clinica e portatrice di una importante semplificazione chirurgica pur richiedendo una più accurata pianificazione. La fase di protesizzazione che segue immediatamente a quella chirurgica rappresenta al momento la sfida maggiore alla ricerca di metodiche per una rapida ed efficace soluzione ai problematiche di adattamento della protei provvisoria fissa. Ringraziamenti Si ringraziano i Sign.ri Odt.ci Stefano Grandi e Ferdinando Inzillo per la realizzazione delle procedure odontotecniche.

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PRIMA

DOPO


INTERVISTA

a Giorgio Grassi DG Or-Vit S.r.l. Di Mihaela Roman

Intervistatore: Oggi mi sono recato a un appuntamento col sig. Grassi presso la Or-Vit, azienda della quale è Direttore Generale. La promessa era una visita all’azienda per un approfondimento su come sono prodotti gli impianti per implantologia dentale, produzione di cui Or-Vit si occupa da ben quaranta anni. L’azienda è stata da poco trasferita in una nuova struttura, su un unico blocco indipendente, con una superficie di circa 1500 mq; produzione al piano terra, uffici direzionali e sala corsi al primo piano. Macchinari, attrezzature, tutto in perfette condizioni e una produzione divisa per settori fino alla fiammante camera bianca ISO7, che lasciano intendere la volontà e l’impegno di quest’azienda a realizzare prodotti di alta qualità. Intervistatore: Sig. Grassi, si sente spesso parlare di qualità dei prodotti, in questo caso riferita agli impianti dentali, mi può chiarire cosa si vuole intendere per qualità e come riconoscerla? Giorgio Grassi: Quando si parla di Qualità, si deve pensare ad un processo di certificazione molto complesso che coinvolge sia

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l’azienda sia il prodotto finale. Già dal 1997 abbiamo portato la Or-Vit alla certificazione in accordo alla Normativa ISO 9001 che, con un approccio per processi, regola le attività di tutte le aree aziendali. Inoltre abbiamo ottenuto, sempre nello stesso anno anche la marcatura CE di prodotto in accordo con la Direttiva Europea 93/42/EEC. Qualità significa anche essere dotati di una buona progettazione che tenga conto della complessità di tutti gli elementi che compongono un sistema implantare completo. Parte fondamentale è la scelta dei profili della filettatura esterna e la forma della connessione protesica, perché entrambe possono essere in parte, responsabili di insuccessi. Non possiamo infine dimenticare l’importanza dei trattamenti superficiali degli impianti, una costante ricerca e sviluppo di nuovi trattamenti è alla base di una perfetta osteointegrazione. Intervistatore: Mi può allora spiegare quale profilo e quale connessione lei ha scelto per il nuovo sistema PROFILE1? Giorgio Grassi: Riguardo i profili, abbiamo deciso di scegliere delle filettature che fanno riferimento a norme UNI nel campo delle viti


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ortopediche endossee, anche basandoci sulla nostra grande esperienza passata di produttori di viteria ortopedica. Questo know-how ci ha fatto preferire due differenti filettature, una più fine per osso corticale, ed una più larga per osso spongioso. Il particolare sottosquadro di trazione e l’assenza di spigoli vivi permettono un avvitamento sicuro e agevole fino al raggiungimento della stabilità primaria ideale. Come connessione protesica abbiamo preferito una conometrica con carico distribuito tra moncone e spalla dell’ impianto, il cono di contatto tra i componenti impedisce infiltrazioni batteriche all’ interno dell’ impianto, aumentandone la sicurezza e la durata nel tempo. Intervistatore: Oltre a queste caratteristiche, come si distingue un impianto di qualità da un altro? Giorgio Grassi: Chi acquista un impianto, non può riconoscerne la qualità se non dopo molto tempo. Questo perché tutte quelle

cose che rendono un sistema implantare un prodotto affidabile come le finiture superficiali, i molteplici controlli sulle quote critiche, le tolleranze meccaniche, i lavaggi accurati, il confezionamento in ambiente adeguato, non sono riscontrabili immediatamente. Come rassicurazione per i nostri clienti possiamo dire che per Profile1 seguiamo un protocollo di produzione molto rigoroso, gestito da un software molto complesso. Questo programma traccia tramite postazioni di raccolta dati con codice a barre, tutte le fasi e tutti gli oparatori coinvolti nel processo produttivo. Questo significa che dall’arrivo della materia prima in azienda, passando per la produzione, la finitura, il collaudo e il confezionamento nella nostra clean room, tutti i dati che compongono la filiera produttiva sono registrati sul nostro Server per garantire una rintracciabilità dei nostri prodotti. Tutto ciò ci assicura successi implantari e connessioni perfette impianto/componente protesico anche con lotti di produzione diversi e lontani nel tempo.

1 Reception 2 Sala corsi 3 Progettazione

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4 Sala macchine 5 Controllo produzione 6 Controllo al microscopio 7 Camera bianca

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Intervistatore: Credevo veramente bastasse avere macchine utensili di alta tecnologia per fare impianti dentali, mi devo ricredere, ma tutti questi controlli quanto incidono nel costo di produzione? Giorgio Grassi: Purtroppo tantissimo, basti pensare che un ciclo produt-

tivo completo di un impianto Profile1 è composto da più di 20 fasi, tra controlli durante il processo, collaudi, anche distruttivi, finiture ecc. La maggior parte di queste attività è sempre legata a operatori, non a macchine. I nostri addetti operano, con l’ausilio di strumenti e attrezzature adeguate, presidiando in maniera continua i prodotti che stanno lavorando.

8 Confezionamento e spedizione

Invito ad una visita su appuntamento alla nostra azienda per riscontrare personalmente il vero PERCORSO DELLa QUaLITà.

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MARCO POLO

la Via Della Seta

(secondA PARTe)

Di Alfredo Tursi

C

ontinua il viaggio alla scoperta dell`antica via della seta sulle orme di Marco Polo. In questa seconda parte esploreremo due ex repubbliche socialiste sovietiche, Uzbekistan e Kirghizistan che solo da poco tempo, dopo il disgregamento dell`URSS, hanno raggiunto la piena indipendenza. Un aereo che non esiterei a definire scalcinato ci porta da Tashkent, la capitale, a Urgench, anonima città dell`ovest dell`Uzbekistan, punto di partenza del nostro tour in quello che anticamente fu il paese natale di Tamerlano, poi una delle repubbliche socialiste sovietiche, ora una giovane repubblica indipendente ma con profonde radici storiche. La nostra prima tappa è Khiva, antica capitale e città sacra. Sorge nel mezzo di una zona desertica, circondata da alte mura merlate (Fig. 1) ed è un tripudio di minareti, madrasse (scuole coraniche) (Fig. 2), moschee e palazzi fastosi con alti colonnati impreziositi da fregi complessi variamente colorati (Fig. 3). Fa risalto quello che sarebbe dovuto essere il minareto piu` alto del mondo allora conosciuto (Fig. 4) ma che non fu possibile portare a termine. Una guida dall`inglese stentato cerca di riportarci con le parole ai tempi in cui Khiva era una città viva e potente, ma il tentativo non riesce bene: la città infatti pare vuota ed in effetti lo è veramente e questo per una scellerata scelta della classe politica uzbeka che decise, qualche anno fa, di svuotare il centro storico dei suoi abitanti (trasferiti in periferia in case nuove fin troppo asettiche e prive di

Fig. 1

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storicità) e mantenerlo soltanto come museo all`aperto ad uso elusivamente turistico. Ne risulta pertanto una città nella città: bellissimi monumenti, minareti che svettano nel cielo blu (Fig. 5), moschee e madrasse riccamente

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decorate che ricordano, anche se alla lontana, la Mezquita Catedral di Cordoba (Fig. 6), una famosa statua del matematico Aveeroè (Fig. 7) ma tutto ciò inserito in un contesto poco “umano” dato che gli unici uzbechi sono la guida ed

i venditori di souvenir. Tre ore di pullman ci separano dalla tappa successiva, quella che io ritengo la città piu` affascinante dell`Uzbekistan, Bukhara. A differenza di Khiva questa città, piu` grande della suddetta Khiva,

ha un centro storico piu` vivo essendo normalmente abitato. Questa città è una continua scoperta: vicoli stretti che sboccano in piazze con madrasse (Fig. 8) che si salutano una di fronte all`altra, bagni turchi nei quali ci


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si può rilassare con caldi vapori e massaggi sferzanti, piazze con ristoranti dove gustare succulenti spiedini di carne arrostita sulla brace (Fig. 9), caravanserragli, una volta stazioni di sosta delle carovane che percorrevano la via della seta, che ora sono diventati sede di negozi dove comprare tessuti, spezie ed altri souvenirs. Su tutto e tutti maestosamente si erge il minareto di Kalon (Fig. 10) dominante la piazza principale della città (Fig. 11), la stessa che ospita le due principali e piu` antiche madrasse. Questo minareto è bellissimo, dalla sua sommità si

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essere sepolto sempre a Shakrisabz, e qui infatti si può vedere quella che sarebbe dovuta essere la sua tomba (Fig. 13), ma ciò non fu possibile e Tamerlano venne sepolto a Samarcanda. Ora la città vive nel ricordo del suo figlio piu` famoso, una grande statua lo raffigura in posizione eretta (Fig. 14) nel mezzo di una grande piazza dove gli sposi novelli vengono a farsi fotografare (Fig. 15). Ma ora ci aspetta Samarcanda con i suoi palazzi e le sue madrasse, ma soprattutto con Fig.16

Fig.15

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Fig.20

gode una splendida vista della sottostante città (Fig. 12), talmente bello che Gengis Khan, che conquistò la città e che era famoso per la sua ferocia distruttrice delle persone e delle cose, lo risparmiò proprio per la sua bel-

lezza. Prima di arrivare a Samarcanda una breve sosta a Shakrisabz, città che diede i natali ad Amir Timur, “lo zoppo”, conosciuto ai piu` come Tamerlano il quale, intorno al 1400 arrivò a fondare un impe-

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Fig.21 ro vastissimo, che dall`Iran arrivava fino al confine con la Cina, comprendendo tutte le repubbliche centro asiatiche. La Cina fu la sua fissazione e proprio durante il tentativo di conquistarla si ammalò fino a morire. Voleva

il suo Registan, una delle meraviglie del mondo. Samarcanda è una grande cittàe questo è un pò il suo limite, troppo dispersiva rispetto a Khiva e Bukhara, i punti di interesse parecchio distanti tra loro. Questo


Fig.22 limite non fa comunque passare in secondo piano le bellezze di questo luogo. Il Registan su tutti, grande piazza circondata su tre lati da tre bellissime madrasse (Fig. 16) di UlugBek, TillaKari e SherDhor, costruite fra il XIV ed il XVII secolo. Il colpo d`occhio è unico a tutte le ore del giorno, poichè la terra girando mette in favore di sole ora l`una ora l`altra delle madrasse. Si potrebbe sostare tutto il giorno sulla piazza ed

Fig.23

Fig.24

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Fig.25 avere sempre una visione diversa sulla ceramiche colorate che rivestono i palazzi. Di sera la luce del sole viene rimpiazzata da luci posticce, uno spettacolo di suoni e luci che racconta, solo in russo però, la storia della città. Ma Samarcanda non è solo la città del Registan o della tomba di Tamerlano (i cui resti si trovano nel mausoleo chiamato Gur Emir): notevoli sono anche la

Moschea di Bibi Hanim, una delle piu` grandi al mondo (Fig. 17); il cimitero di Shakhi Zinda, una serie di 11 mausolei costruiti tra il XIV ed il XV secolo (Fig. 18) e l`osservatorio di Ulugbek, che sovrasta la città (Fig. 19). La Visita Di Samarcanda si completa con una passeggiata al mercato della frutta dove posso dire di avere gustato la migliori angurie della mia vita.

Il viaggio prosegue verso il confine con il Kirghizistan attraverso la Valle di Fergana, che viene segnalata come zona pericolosa a rischio di attentati: in realtà durante il nostro soggiorno la zona ci è sembrata molto tranquilla e la popolazione cordiale e disponibile. Visitiamo i laboratori di lavorazione e produzione della seta (siamo o no sulla via della seta?) (Fig. 20) e della ceramica, per cui questa zona

è rinomata, nonchè altre moschee (Fig. 21). Ma è ormai tempo di passare la frontiera: il Kirghizistan, con le sue alte vallate, ci farà da ponte tra il regno di Tamerlano e la Cina. Lo percorriamo da ovest ad est, tra valli brulle dove corrono liberi i cavalli (Fig. 22), paesetti dove veniamo accolti con benevolenza e molta curiosità dalla popolazione locale (Fig. 23), accampamenti nomadi con le grandi yurte dove le famiglie vivono per tutto l`anno (Fig. 24). Questo paese non ha meraviglie storiche come quello dal quale proveniamo, se si eccettua una immensa statua di Lenin nella città di Osh (Fig. 26) ma non gli mancano le meraviglie naturali come la catena del Pamir (Fig. 25). In una fredda mattina di agosto lasceremo il Kirghizistan per affrontare l`ultima parte di questo viaggio che ci porterà in Cina….ma questa è un`altra storia….

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FITOTERAPIA

la patOlOGia parODOntale Prevenzione e trattamenti non convenzionali dott. Andrea Possenti, dr. Agostino chilà, UNIVERITA’ DEGLI STUDI DI ROMA “LA SAPIENZA” Corso di Laurea in Igiene Dentale CLID (Terapie non convenzionali) ISERNIA

CONSIDERAZIONI GENERALI Patologia parodontale è un termine utilizzato per descrivere una condizione infiammatoria della gengiva (gengivite) e/o del paradonto (paradontite). La patologia parodontale generalmente si riferisce a una malattia che progredisce tipicamente da gengivite a periodontite1,2. La patologia parodontale può essere la manifestazione di una malattia sistemica, come il diabete mellito, le collagenopatie, la leucemia o altre malattie dei leucociti, l’anemia o gli stati di carenza vitaminica1. E stata inoltre riportata una associazione con l’aterosclerosi. Dal momento che la perdita di osso alveolare può non essere infiammatoria, la nostra definizione di patologia parodontale esclude i processi che provocano soltanto la perdita dei denti (la maggior parte dei quali è dovuta all’osteoporosi o a disordini endocrini)1. Queste situazioni riflettono una patologia sistemica, con fattori locali che svolgono un ruolo minore; quinti l’obiettivo deve essere quello di trattare la sottostante condizione piuttosto che la patologia parodontale. In questo contesto la perdita di osso alveolare non infiammatoria va vista come un’entità separata, dal momento che dipende da una diversa eziologia. L’obiettivo di questo lavoro è sostenere che l’alimentazione e il miglioramento dello stile di vita sono una terapia aggiuntiva per aiutare il controllo e la prevenzione delle cause della patologia parodontale infiammatoria. Questo è l’esempio di una condi-

Riassunto La patologia parodontale è una condizione infiammatoria e non della struttura di sostegno del dente (parodonto).

Parole Chiave Patologia parodontale, alimentazione, stile di vita, igiene orale, fitoterapia.

In questo lavoro gli autori sostengono che oltre all’igiene orale, anche l’alimentazione, lo stile di vita e alcuni rimedi fitoterapici sono un valido ausilio per il miglioramento della condizione parodontale. zione che probabilmente viene trattata meglio con la combinazione di più specialisti, per esempio un dentista o un periodontista e un dietologo. Sebbene l’igiene orale sia di fondamentale importanza nel trattamento e nella prevenzione della patologia parodontale, non è sufficiente in molti casi. Per controllare lo sviluppo e la progressione della malattia è necessario normalizzare le difese dell’ospite1‘3. In larga misura, lo stato nutrizionale di un individuo determina lo stato dei fattori di difesa. Prevalenza ed epidemiologia La prevalenza della patologia parodontale aumenta direttamente con l’età. La frequenza di patologia parodontale è approssimativamente del 15% a 10 anni, del 38% a 20 anni, del 46% a 35 anni e del 54% a 50 anni. Gli uomini hanno una prevalenza più alta e una gravità maggiore della patologia parodontale rispetto alle donne. La patologia parodontale è inversamente correlata all’aumentare dei livelli di educazione e di reddito. Coloro che abitano in campagna hanno una gravità e una prevalenza maggiori rispetto a coloro che abitano in città1.

Fisiopatologia La comprensione della patofisiologia sottostante ogni processo patologico porta a un piano terapeutico più efficace. Nella patologia parodontale questo vuol dire comprendere i normali fattori protettivi del periodonto. È stato concluso che: «chiaramente i batteri sono agenti fondamentali, ma di per sé insufficienti; devono essere coinvolti fattori dell’ospite affinché la patologia si sviluppi e progredisca»3. I fattori coinvolti nella resistenza dell’ospite comprendono: Microambiente del solco gengivale Fattori batterici Funzione dei leucociti Attivazione del complemento Funzione delle IgE e dei mastociti Trattamento con l’amalgama Vari fattori locali Struttura e integrità della matrice di collagene del periodonto e della gengiva Solco gengivale solco gengivale è la fessura a forma di V che circonda ogni dente ed è legato alla superficie del dente da un lato e all’epitelio che riveste il margine libero della

gengiva dall’altro. La forma del solco gengivale è l’ideale per la crescita dei batteri perché è resistente ai lavaggi e all’azione pulente della saliva. Per di più il fluido gengivale (fluido del solco) offre un ricco nutrimento ai microrganismi. La determinazione clinica della profondità del solco gengivale è un’importante parametro diagnostico. I pazienti con patologia parodontale dovrebbe ro essere controllati, nella maggior parte dei casi, due volte l’anno dal dentista. Fattori batterici La placca batterica è stata a lungo considerata l’agente eziologico nella maggior parte delle forme di patologia parodontale1. Tuttavia oggi si rivolge l’attenzione anche verso i fattori di difesa dell’ospite1,3. Si sa che i batteri producono e secernono numerosi componenti in grado di distruggere i meccanismi di difesa dell’ospite. Tali componenti comprendono1: Endotossine ed esotossine Radicali liberi ed enzimi che distruggono il collagene Leucotossine Antigeni batterici, rifiuti e

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componenti tossici Leucociti polimorfonucleati I neutrofili costituiscono la prima linea di difesa contro la crescita dei batterio. Difetti della funzione dei polimorfonucleati sono catastrofici per il periodonto1‘3. Le funzioni dei polimorfonucleati sono depresse negli anziani e nei pazienti con il diabete, con il morbo di Crohn, con sindrome di Chediak-Higashi, con la sindrome di Down e con la periodontite giovanile1‘3. Questi pazienti hanno un rischio estremamente alto di sviluppare una patologia parodontale a rapida progressione, così come i sogget-

immunitario, ma le linfochine sono coinvolte nel promuovere la chemiotassi dei polimorfonucleati e dei monociti, la distruzione dei fibroblasti e l’attivazione degli osteoclasti1‘3. Complemento Il sistema del complemento è composto da almeno 22 proteine e rappresenta più del 10% delle globuline sieriche totali. Una volta attivati, i componenti del complemento agiscono come una cascata. Il complemento può essere attivato attraverso la via classica o quella alterna. A sistema del complemento svolge un ruolo critico nella resistenza

scio di mediatori dell’infiammazione, per esempio istami-na, prostaglandine, leucotrieni, chinine, serotonina, eparina, e proteinasi1. La degranulazione dei mastociti può essere iniziata da complessi IgE, componenti del complemento, trauma meccanico, endotossine e radicali liberi. Il ritrovamento di aumentate concentrazioni di IgE nella gengiva di pazienti con patologia parodontale suggerisce che le reazioni allergiche possano svolgere un ruolo nella progressione della patologia in alcuni pazienti5. Trattamento con l’amalgama Alterati trattamenti di ortodon-

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immunologica e non specifica alle infezioni e nella patogenesi del danno tissutale. I prodotti dell’attivazione del complemento regolano una serie di eventi, compreso il rilascio dei mediatori dalle mastcellule; l’induzione della contrazione della muscolatura liscia; la chemiotassi dei polimorfonucleati, dei monociti e degli eosinofìli e la fagocitosi attraverso l’immunoadesione4. L’effetto netto è un aumento della permeabilità gengivale, che determina una incrementata penetrazione dei batteri e dei prodotti batterici e, in sostanza, l’inizio di un feedback positivo1,3. Altri effetti dell’attivazione del complemento comprendono la solubilizzazione degli immunocomplessi, la lisi della membrane cellulari, la neutralizzazione dei virus, e l’uccisione dei batteri. Nella patologia parodontale, l’attivazione del complemento attraverso la via alterna nelle tasche periodon-tali verosimilmente è il principale fattore di distruzione tissu-tale. Mastociti e IgE Anche la degranulazione dei mastociti è un fattore importante nella patologia parodontale. La degranulazione determina il rila-

zia e protesi sono cause frequenti di infiammazione gengivale e di distruzione parodontale1. I margini sporgenti offrono un’ideale sede di accumulo di placca e di moltiplicazione dei batteri. Se il trattamento viene fatto con un composto di amalgama d’argento il coinvolgimento può essere addirittura maggiore a causa della diminuita attività degli enzimi antiossidanti. L’accumulo di mercurio determina una depressione degli enzimi che combattono i radicali liberi, glutatione perossidasi, superossido-dismutasi e catalasi6. I proteoglicani e i glicosaminoglicani della matrice di collagene sono particolarmente sensibili al danno dei radicali liberi7. Fattori locali vari Numerosi fattori locali favoriscono la progressione della patologia parodontale. Questi comprendono: Impatto del cibo Mancato rimpiazzo dei denti persi Malocclusione Lingua che spinge Bruxismo Trauma da spazzolamento Respirare con la bocca Tabacco (di cui si parla di seguito)

Tabacco Il consumo di tabacco è associato ad un’aumentata suscettibilità a gravi patologie periodontali e alla perdita di denti1,8‘9(il fumo è associato ad un’aumentata suscettibilità di pressoché tutte le patologie croniche maggiori). Molti degli effetti negativi del fumo sono il risultato del danno da parte dei radicali liberi, particolarmente verso le cellule epiteliali. Inoltre il fumo riduce in modo importante i livelli di acido ascorbico, potenziando quindi i suoi effetti dannosi10. Si è visto che il carotene e i flavonoidi riducono in modo significativo alcuni

1 Caso clinico iniziale 2 Particolare 3 Sondaggio dopo tre settimane 4 Controllo a distanza di tre mesi 5 Caso clinico iniziale 6 Gel fitoterapico applicato sulle zone trattatea 7 Controllo a distanza di quindici giorni

ti con una temporanea neutropenia. I difetti temporanei della funzione dei polimorfonucleati possono essere responsabili dei periodi di quiescenza e di esacerbazione che si notano nella patologia parodontale.Così come svolgono un ruolo vitale nel proteggere contro la patologia parodontale, i polimorfonucleati sono fondamentali anche nella distruzione dei tessuti. I polimorfonucleati rilasciano numerosi radicali liberi, collagenasi, ialuronidasi, mediatori dell’infiammazione e un agente stimolante gli osteo-clasti1‘3. Macrofagi e monociti Questi leucociti si ritrovano aumentati nella patologia parodontale. Oltre che servire a fagocitare i batteri e i detriti, queste cellule sono la fonte principale di prostaglandine nella gengiva malata e rilasciano grandi quantità di enzimi che sembrano svolgere un ruolo primario nella distruzione del collagene1,3. Linfociti II ruolo principale dei linfociti nella patologia parodontale è la produzione di linfochine. Il loro ruolo nella patologia parodontale è nascosto dal ruolo di altri componenti del sistema

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degli effetti tossici del fumo11,12. CONSIDERAZIONI TERAPEUTICHE Gli obiettivi terapeutici nel trattamento della patologia parodontale dal punto di vista nutrizionale sono: Diminuire il tempo di guarigione delle ferite (il tempo di guarigione delle ferite è più lungo nei pazienti più suscettibili a patologie periodontali1‘) Migliorare l’integrità delle membrane e del collagene Diminuire il danno dell’infiammazione e dei radicali liberi (l’infiammazione può indurre un circolo vizioso e favorire la patologia parodontale) Migliorare lo stato immunitario (i difetti del sistema immunitario, particolarmente nei polimorfonucleati, sono molto dannosi per il periodonto) I singoli componenti nutrizionali saranno descritti di seguito nel contesto del loro ruolo per il raggiungimento di questi obiettivi terapeutici. Vitamina C La vitamina C (acido ascorbico) svolge un ruolo principale nella prevenzione della patologia parodontale, come è evidente da


molti studi sperimentali1‘18“22. Il classico sintomo della gengivite, osservato nello scorbuto, illustra la funzione vitale che la vitamina C svolge nel mantenere l’integrità e l’im-munocompetenza delle membrane e del collagene. Un deficit di vitamina C si associa a una difettosa formazione e a un alterato mantenimento del collagene della sostanza basale e del cemento intercellulare nel tessuto mesenchimale1. Gli effetti del deficit sull’osso comprendono il ritardo o l’interruzione della formazione di tessuto osteoide, l’alterata attività osteoclastica e l’osteoporosi. Deficit

immunoglobuline, e della secrezione di ormoni rimici. La vitamina C inoltre possiede significative proprietà antiossidanti e antinfiammatorie e diminuisce il tempo di guarigione delle ferite24. Saccarosio È noto che lo zucchero incrementa significativamente l’accu mulo della placca diminuendo contemporaneamente la chemiotassi e la fagocitosi di polimorfonucleati1,25. L’inibizione della funzione dei polimorfonucleati è dovuta a effetti osmotici e alla competizione con la vitamina C. È noto che la vitamina C e il

Le funzioni dello zinco sono sinergiche a quelle della vitamina A in molti processi metabolici27. La gravità della patologia parodontale correla positivamente con gli aumentati livelli sierici di rame e con i diminuiti livelli di zinco, vi è quindi un aumentato rapporto rame/zinco28. Ciò è compatibile con altre cause di infiammazione cronica e implica l’attivazione della metallotioneina, che determina l’incremento della formazione di ceruloplasmina e del sequestro dello zinco in risposta all’infiammazione27. L’importanza dello zinco nel trattamento della patologia paro-

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subclinici di vitamina C svolgono un ruolo significativo nella patologia parodontale attraverso questi effetti e il loro ruolo nel ritardare la guarigione delle ferite1‘18“22. La diminuzione dei livelli di vitamina C è inoltre associata ad un’aumentata permeabilità della mucosa orale alle endo-tossine e ai prodotti batterici, così come a un’alterata funzione dei leucociti (specialmente dei polimorfonucleati). H ruolo che la vitamina C svolge nell’alimentare la chemiotassi e la fagocitosi da parte dei polimorfonucleati è meglio esemplificato dal suo effetto nella sindrome di Chediak-Higashi. Questa patologia autosomica recessiva è associata a una compromessa attività di chemiotassi e fagocitosi di polimorfonucleati e mo-nociti, e risponde all’aggiunta di vitamina C23. Questa sindrome è inoltre associata con una periodontite estremamente veloce nella progressione1‘3. Gli altri effetti della vitamina C sullo stato immunitario comprendono il miglioramento della risposta linfoproliferativa agli agenti mitogeni e l’aumento dei livelli di interferone, della risposta antìcorpale, dei livelli di

glucosio competono per i siti di trasporto intracellulare, essendo il trasporto intracellulare ampiamente insulino-dipendente 26. Vitamina A Un deficit di vitamina A predispone alle patologie periodontali ed è associato a1: Metaplasia cheratinizzante dell’epitelio gengivale Cariolisi precoce delle cellule dell’epitelio gengivale Infiltrazione e degenerazione infiammatoria Formazione di tasche periodontali Formazione di calcoli gengivali Aumentata suscettibilità alle infezioni Anomala formazione di osso alveolare La vitamina A è necessaria per la sintesi di collagene e per la guarigione delle ferite, per il mantenimento dell’integrità delle superfici epiteliali e mucose e delle loro secrezioni, e per il miglioramento di.numerose funzioni immunitarie24. Il migliore supplemento può essere il beta-carotene grazie alla sua affinità per il tessuto epiteliale e per la sua potente attività antiossidante12. Zinco e rame

dontale non può essere sovrastimata. Negli Stati Uniti, un lieve difetto di zinco è assai diffuso soprattutto negli anziani28,29. Ciò può essere un fattore che determina l’aumento della prevalenza della patologia parodontale con l’età, anche se la popolazione anziana è a rischio più elevato di sviluppare deficit di numerosi nutrienti. Le funzioni dello zinco sulla gengiva e sul periodonto comprendono24,27,29“31: Stabilizzazione delle membrane Diminuzione dell’ingresso di calcio Attività antiossidante Partecipazione, come metallo, in almeno 40 enzimi compresi quelli per la sintesi del DNA, dell’RNA e del collagene Inibizione della crescita della placca Inibizione della degranulazione dei mastociti Numerose attività immunitarie comprese l’incremento della chemiotassi e della fagocitosi dei polimorfonucleati È noto inoltre che lo zinco riduce significativamente il tempo di guarigione delle ferite24,27. Effetti positivi dello zinco sul-

la patologia parodontale sono dovuti anche alla situazione sui processi mediati dal calcio e dalla calmodulina, come la degranulazione delle mastcellule, il danno tissutale indotto dalle endotossine e l’aumentata permeabilità vascolare27. Questi eventi calcio-mediati sono responsabili di gran parte della distruzione tissutale che si vede nella patologia parodontale32. Il regolare (due volte il giorno) utilizzo di un colluttorio che contenga una soluzione di zinco al 5% inibisce la formazione della placca30. Tuttavia concentrazioni inferiori o i lavaggi con collut-

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torio meno frequenti non sono particolarmente efficaci Vitamina E e selenio Questi due nutrienti agiscono sinergicamente con attività antiossidante e sembrano potenziarsi l’un l’altro. È stato dimostrato che la vitamina E da sola è particolarmente importante nei pazienti con patologia parodontale grave1,33. Ciò può essere attribuito soprattutto alla diminuzione del tempo di guarigione delle ferite associato alla vitamina E34. Gli effetti antiossidanti della vitamina E sono particolarmente necessari se è presente un’amalgama d’argento. H mercurio fa diminuire gli enzimi antiossidanti dei tessuti come la superossido-dismutasi, la glutatione-perossidasi e la catalasi. Negli studi sugli animali questo effetto tossico del mercurio può essere prevenuto con l’aggiunta di vitamina E6. L’attività antiossidante del selenio e della vitamina E impedisce inoltre la patologia parodontale dal momento che gli effetti dei radicali liberi danneggiano in modo serio i proteoglicani e i glicosaminoglicani gengivali7. Coenzima Q L’ubichinone, un coenzima

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essenziale coinvolto nella fosfori-lazione ossidativa mitocondriale, è anche un efficace antiossidante35,36. Il coenzima Q è ampiamente utilizzato in Giappone per molte condizioni, compresa la patologia parodontale. Una rassegna di sette studi che hanno utilizzato l’ubichinone ha trovato che il 70% di 332 pazienti coinvolti ha risposto favorevolmente al suo supplemento35. Uno studio in doppio cieco coinvolgente 56 soggetti ha dimostrato che il gruppo con l’aggiunta di coenzima Q rispondeva in modo significativo, mentre il gruppo placebo mostrava pochissimi cambiamenti nella profondità delle tasche periodontali e nella mobilità dei denti36. Flavonoidi L’insieme di questi composti è forse il principale componente del programma antimalattia parodontale. I flavonoidi sono estremamente efficaci nel ridurre l’infiammazione e nello stabilizzare le strutture di collagene. I flavonoidi agiscono sulla struttura di collagene tramite37“42: Diminuzione della permeabilità di membrana, quindi diminuzione del carico di mediatori dell’infiammazione e dei prodotti batterici Prevenzione del danno dei radicali liberi con la loro potente attività antiossidante Inibizione della distruzione enzimatica da parte delle ialuronidasi e delle collagenasi Inibizione della degranulazione dei mastociti Legami crociati diretti con le fibre collagene Alla dieta dovrebbero essere aggiunti i flavonoidi più attivi biologicamente, per esempio la quercetina, la catechina, l’antocianidina e la proantocianidina, mentre la rutina ha un effetto stabilizzante il collagene molto modesto. Si sono ottenuti notevoli effetti con la 3-0-metil(+)-catechina nel trattamento di criceti con periodontite sperimentalmente indotta. Anche dosi di questo derivato dal flavonoidi ritardano significativamente la comparsa della placca e il riassorbimento dell’osso alveolare43. Acido folico

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L’utilizzo dell’acido folico, sia per via topica sia per via sistemica, ha determinato, in studi in doppio cieco, riduzioni significative dell’infiammazione gengivale misurata tramite la diminuzione dei cambiamenti di colore, della tendenza al sanguinamento, dell’essudato gengivale e della placca44“48. Il colluttorio contenente lo 0,1% di acido folico è significativamente più efficace dell’integrazione orale sia con 2 sia con 5 mg/die, suggerendo così un meccanismo di azione locale46,47. È stato dimostrato che l’acido folico lega le endotossine derivate dalla placca46“48. L’utilizzo di colluttori contenenti acido folico è particolarmente indicato nelle donne gravide, nelle donne che utilizzano contraccettivi orafi e in tutte quelle condizioni associate a un’esagerata risposta infiammatoria gengivale o all’utilizzo di sostanze che inibiscono l’acido folico (per esempio fenitoina e metotrexate)46,47. Le cellule epiteliali della cervice e della cavità orale sembrano soffrire di un’alterazione simile causata dal deficit di acido folico e in seguito a influenze ormonali da gravidanza o da utilizzo di contraccettivi orali47‘49,30. Anche la displasia cervicale associata all’utilizzo di contraccettivi orali risponde a dosi farmacologiche di acido folico, per esempio 8-30 mg/die49,50. (Il lavoro di Whitead49 è stata la fonte d’ispirazione per l’utilizzo di acido folico da parte di Pack e Thomson46,47nel trattamento della gengivite della gravidanza.) Il siero e i globuli bianchi delle donne gravide e di quelle che utilizzano contraccettivi orali contengono una macromolecola che lega i folati, e sembra essere questa, piuttosto che il malassorbimento o il deficit di apporto, la causa principale del deficit di folato51. Il deficit di acido folico è la forma di deficit nutrizionale più frequente al mondo24. Studi in doppio cieco hanno dimostrato che gli effetti benefici dell’acido folico non si limitano alle donne44,45,48 e gli effetti positivi non sono limitati soltanto alla gengivite, visto che

migliora anche la periodontite48. Rimedi fitoterapici È stato dimostrato che una serie di componenti naturali inibisce la formazione della placca, compresi i polifenoli del tè verde e l’acido glicirrizinico della liquirizia, ma più ampiamente studiato è l’estratto alcolico della Sanguinaria canadensis. Sanguinaria canadensis La radice di sanguinaria contiene un miscuglio dell’alcaloide benzofenatridina, ma è principalmente disponibile in commercio come dentifricio e colluttorio. La sanguinaria dimostra proprietà utili nel prevenire la formazione della placca dentale. Ha un’attività antimicrobica ad ampio spettro oltre che proprietà antinfiammatoria. Studi in vitro dimostrano che l’azione antiplacca della sanguinaria è dovuta alla sua capacità di inibire l’adesione batterica. Studi al microscopio elettronico dei batteri esposti alla sanguinaria dimostrano che i batteri si aggregano e assumono una morfologia irregolare52. La sanguinaria sembra essere meno efficace del colluttorio alla clorexidina, ma è efficace in molti casi e ha il vantaggio di essere un elemento naturale piuttosto che sintetico32,53. Centella asiatica Sono state dimostrate importanti proprietà nella guarigione delle ferite da parte di un estratto contenente i triterpenoidi di Centella asiatica. Queste proprietà possono essere utilizzate per la patologia parodontale grave o se è necessaria la chirurgia. Uno studio ha dimostrato che l’estratto di Centella era piuttosto utile per accelerare la guarigione dopo la chirurgia laser per la patologia parodontale grave. APPROCCIO TERAPEUTICO Come già affermato, sono coinvolti molti fattori nella produzione e nella progressione della patologia parodontale e una terapia efficace richiede il controllo di tutti questi fattori. Visto che non esistono chiare linee guida per determinare quali siano i più importanti per un dato paziente, si raccomanda sempre un approccio generico. Bisogna

convincere tutti i pazienti fumatori a smettere, dal momento che il fumo diminuisce il successo di ogni terapia della patologia parodontale. Igiene Visite periodiche dal dentista per eliminare la placca e l’accumulo di calcoli. È necessario lavarsi i denti dopo i pasti e pas sare il filo interdentale. Dieta Una dieta ricca di fibre può avere un effetto protettivo incrementando la secrezione salivare18. Evitare gli zuccheri e tutti i carboidrati raffinati è estremamente importante. Integratori alimentari Vitamina C: 3-5 g/die in dosi ripartite Vitamina E: 400-800 Ul/die Beta-carotene: 250 000 Ul/die (dosi maggiori se indicato) per sei mesi (sebbene non testato clinicamente in questa condizione, conviene utilizzare il beta-carotene piuttosto che la vitamina A perché gli effetti sono simili, ma il primo è più sicuro) Selenio: 400 mcg/die Zinco: 30 mg/die di zinco picolinato (60 mg/die se in altra forma); sciacqui orali con 225 g di una soluzione al 5% due volte il giorno Acido folico: 2 mg/die; sciacqui orali con 225 g di una soluzione allo 0,1% due volte il giorno Quercetina: 500 mg tre volte il giorno Rimedi fitoterapia Gli estratti ricchi di flavonoidi, come quelli del mirtillo {Vaccinium myrtillus), del biancospino {Crataegus sp.), dei chicchi d’uva {Vitis vinifera) o del tè verde {Camelia sinensis) possono essere utilizzati. Tra questi estratti, quello con il migliore rapporto costo-beneficio è l’estratto di tè verde o il consumo di tè come bevanda. Per un estratto di tè verde con un contenuto di polifenoli del 50%, la dose dovrebbe essere di 200-300 mg due volte il giorno. La Sanguinaria canadensis:si può usare il dentifricio che ne contiene l’estratto,mentre per la Centella asiatica la dose è di 30 mg due volte il giorno.


bIbLIOGRAFIA Carranza F. Glickman’s clinical periodontology. Philadelphia, PA: 10. Pelletìer O. Smoking and vitamin C levels in humans. Aro J Clin Wb Saunders. 1984 Nutr 1968; 21:1259-1267 Robbins S., Cotran R. Pathologic basis of disease: Philadelphia, PA: 11. Prerovsky L, Ffladovec J. Suppression of the desquamating effect of Wb Saunders. 1979: p 893-895 smoking on the human endothelittm by hydroxyethylrutosides. blood Page R., Schroeder H. Current status of the host responso in chronic Vessels 1979; 16:239-240 marginaiperiodontitis. J Periodontal 1981; 52: 477491 12. burton G., Ingold K. Beta-Carotene. an unusual type oflipid antio4. James K. Complement. activation, consequences, and control. Am J xidant. Science 1984; 224:569-573 MedTech 1982;48:735-743 13. Junqueira L., Carneiro J. Basic histology. Los Altos, CA: Lange 5. Hyyppa T. Gingival IgE and histamine concentrations in patients Medicai. 1980: p 312 with periodontitis.1 Clin Periodontal 1984; 11:132-137 14. bartold P., Wiebkin O., Thonard J. The active mie of gingival 6. Addya S., Chakravarti K., basu A. et al. Effects of mercurie chloride proteoglycans in periodontal disease. Med Hypothesis 1983; 12: on several scavenging enzymes in rat kidney and influence of vitamin 511-3 87 E supplementation. Acta Vitaminol enzymol 1984; 6:103-107 15. bartold P., Wiebkin O., Thonard J. Proteoglycans of human gingival 1. bartold P., Wiebkin O., Thonard J. The effect of oxygen-derivedfree epithelium andconnective tissue. biochem J 1983; 11: 119-127 radicals on gingival proteoglycans and hyaluronic acid. J Periodontal 16. bartold P., Wiebkin O., Thonard J. Glycosaminoglycans of human Res 1984; 19:390-400 gingival epithelium and connective tissue. Connective Tissue Rese8. Schenkein H.A., Gunsolley J.C., Koertge T.e. Smoking and its arch 1981; 9: 99-106 effects on early-onset periodontitis. J Am Dentai Assoc 1995; 126: 17. Abbas F., van der Velden U., Hart A. Relation between woundhea1107-1113 ling after surgery and susceptibility to periodontal disease. J Clin Peri9. Kaldahl W.b. et al. Levels of cigarette consumption and response to

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Lettera aperta

il paziente DiVerSamente abile Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa lettera dal Reparto odontoiatrico dell’ospedale di Marino Asl Roma H di Alberto Magistri

L

’Azienda Sanitaria ROMA H, carattere psicologico. Sono i soggetrecependo la richiesta di preti caratteriali, i ritardati mentali, gli stazioni odontoiatriche nel psicopatici gravi di qualunque natusuo territorio, ha istituito presso ra, gli autistici. l’Ospedale San Giuseppe di Al terzo gruppo appartengono Marino una Unità Operativa quei soggetti che pur volendo collaOdontostomatologica che si è borare con l’odontoiatra non possoresa disponibile ad una considerano farlo per la natura della D. A. che zione prioritaria delle esigenze dei impedisce loro di controllare i movipazienti con diversa abilità (D.A.). menti del proprio corpo. e’ il grupMettere le mani nella bocca del po degli spastici, degli atassici, dei paziente qualche volta è problecoreici. matico: ma nel caso di un paziente Al quarto gruppo appartengono i D.A. può diventare particolarmenD. A. gravi che presentano una indite complesso. Oltre alla capacità di sponibilità sia fisica che psichica. valutazione dei problemi odonSono quei soggetti ai quali una grave Intervento in day hospital (anestesia generale) toiatrici occorre un cerebropatia di qualunattento approccio psicoque origine, ereditaria, logico, in modo da rencongenita, perinatale o dere la relazione medicoacquisita, ha provocato paziente serena ed efficagravi disturbi prevalentece. mente motori o prevalenLe persone D.A. non temente psichici, o solo sviluppano patologie una minima disfunzione odontostomatologiche cerebrale con manifestadiverse da quelle del zioni di ritardo intellettivo. resto della popolazione, Spesso la programmaspesso però esse si pre- Intervento ambulatoriale in anestesia locale zione di interventi odonIntervento in sedazione cosciente sentano all’attenzione tostomatologici in soggetti dello specialista solo per interventi di urgenza o in condizioni già avanzate D. A. richiede prestazioni in sedazione o in narcosi da effettuare in regime di malattia, poiché la salute orale e la cura della bocca possono essere sotdi Day Hospital da equipes con competenze chirurgiche, protesiche, contovalutate rispetto ad altre problematiche psico-fisiche più invalidanti. La servative e ortodontiche. L’Unità Operativa Odontostomatologica dell’oterapia preventiva, come la rimozione del tartaro e una corretta igiene oraspedale di Marino superando molti ostacoli, senza mai trascurare il servizio le è già in grado di migliorare la qualità della vita del paziente, mentre la e l’aggiornamento professionale, è riuscita a implementare le sue compegravità del quadro clinico è legata a possibili ritardi nella cura e alle eventenze, ed è oggi in grado di offrire una assistenza specialistica rispondente tuali difficoltà di collaborazione durante il trattamento odontoiatrico. alle necessità dei pazienti D.A. e delle loro famiglie. Una classificazione dei D. A. utile alla erogazione di prestazioni odontoQuesto per me è motivo di profonda soddisfazione e di stimolo a stomatologiche ottimali nei modi e nei tempi è quella basata sulla disponimigliorare ancora. bilità o indisponibilità fisica e psichica del paziente a collaborare con l’opeIl potenziamento dell’U.O. determinato dai vertici aziendali nell’ambito del ratore odontoiatrico. riassetto della rete ospedaliera, legittimandoci, ha di fatto aumentato la A seconda del tipo di disponibilità i D. A. possono essere divisi in quatnostra operatività consentendoci una programmazione quantitativamente e tro gruppi. qualitativamente più rispondente alle esigenze del territorio e dei pazienti: Al primo gruppo appartengono tutti i soggetti disposti a collaborare con buone prassi per ridisegnare un servizio ospedaliero che punti su innovazioil dentista e tutti quei soggetti che in tal modo si comportano pur essenne, differenziazione dei compiti, eccellenza e armonizzazione territoriale. do affetti da malattie convulsivanti, malattie dismetaboliche, malattie emorIl 4 Febbraio di quest’anno il consigliere regionale Maria Antonietta ragiche, morbo di Cooley, cardiopatici, allergopatici, ipoacusici, scoliotici, sogGrosso, auspicando per i cittadini D.A. un adeguato livello di assistenza getti Down, isterici, plegici. durante tutto il loro ciclo vitale attraverso un sistema di interventi e serviAl secondo gruppo appartengono soggetti che pur non avendo impezi sociosanitari integrati, ha così concluso: “Quando nasce un bambino disadimenti di carattere fisico si rifiutano di collaborare a causa di problemi di bile, il bambino è dei genitori, ma la disabilità è della collettività”.

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www.girassociation.it

IL GIR, Group for Implant Reseaech, è un’associazione culturale non a scopo di lucro nata nel 1995. E’ stata creata da un gruppo di colleghiamici, con lo scopo principale di promuovere la conoscenza di tecniche e materiali, di favorire la ricerca e la sperimentazione clinica. Nel 2009 abbiamo deciso di dare al nostro gruppo un’immagine differente per avvicinarci il più possibile ai molti colleghi puntando principalmente sul sito internet. Grazie al lavoro del consiglio direttivo e dei soci attivi è stato allestito il nuovo il sito, www.girassociation.it, dando così ai soci un servizio immediato. Nuova è anche la politica delle iscrizioni. Il consiglio, infatti, ha deciso di istituire il socio gratuito il quale oltre a ricevere la newsletter periodica, possono vedere i contenuti on line come casi clinici, video chirurgici e la rubrica curata dal dr. Modena dove vengono recensiti vari argomenti chirurgici ed implantari. Oltre alla rubrica mensile, abbiamo la sezione della Clinica e quella dei Video di casi clinici, pubblicati dai soci attivi; la sezione delle convenzioni con le associazioni, i centri corsi e le ditte sostenitrici; la sezione dedicata alle news dalle aziende, dove poter pubblicare novità e recensioni su nuovi materiali, macchinari o libri e riviste di nuova pubblicazione; e tanto altro ancora. Sul piano scientifico il GIR ha siglato un accordo di collaborazione con l’AIOM, Accademia Italiana di Odontoiatria Microscopica che nel suo prossimo congresso nazionale 2010 a Napoli, ha affidato al GIR un corso precongressuale. Altra importane collaborazione è con la IAIO, International Academy of Implantoprosthesis and Osteoconnection. I prossimi 26,27 e 28 Novembre 2009, organizzato da IAIO e GIR, nel-

la sede accademica della IAIO, a Monterotondo (RM), si terrà il corso di “Chirurgia Orale Avanzato”. Il 19 Dicembre 2009 il GIR terrà a Bologna il proprio Closed Meeting, appuntamento nel quale i soci attivi porteranno e discuteranno alcuni loro casi. Il meeting è aperto a tutti gli iscritti e sarà gratuito. I dettagli sul programma saranno disponibili sul sito internet. Le aziende sono un altro importante interlocutore dell’associazione. Collaborazioni sono state avviate con Ghimas, Best Micro, Leoni Tecnoservice, 3DIEMME, Orvit, IDS ed altre ancora. Tramite queste partnership, intendiamo mettere a disposizione dei soci ordinari alcune offerte su materiali ed attrezzature, nella maggiore trasparenza possibile e lasciando ai soci la scelta d’acquisto che preferiscono tra le varie proposte. Per essere vicini ai colleghi quest’anno il GIR sarà presente al 37° EXPODENTAL a Roma nei giorni dal 15 al 17 ottobre con un suo stand (padiglione 9 stand A25). Nello stand sarà possibile chiacchierare con i membri del consiglio direttivo e con alcuni soci attivi, vedere il sito ed iscriversi. Progetto ambizioso per il 2010 sarà l’organizzazione di corsi ECM on-line, la famosa FAD (Formazione A Distanza) sicuri del fatto che questo modello di apprendimento raccoglierà sempre maggiori consensi. Altri appuntamenti per il 2010 sono in cantiere e ne daremo puntuale notizia sia tramite il sito internet che attraverso la newsletter. Concludiamo queste poche righe dandovi appuntamento all’EXPODENTAL, a Roma, e al Closed Meeting, a Bologna. Arrivederci a presto! Pier Paolo Bo Presidente GIR


FITOTERAPIA

nOrme reDaziOnali I contributi vengono accettati a condizione che non siano stati e non vengano successivamente pubblicati altrove. Gli Autori pertanto devono allegare una dichiarazione autografa in cui richiedono la pubblicazione del lavoro e attestano che l’articolo presentato non è stato pubblicato in altre testate e che non si trova in visione per la pubblicazione presso le redazioni di altre case editrici. E’ inoltre necessario indicare un Autore di riferimento che autorizzi la pubblicazione del suo indirizzio, numero di telefono e di fax in calce al lavoro. Un’eventuale precedente comparsa dell’articolo sotto forma riassuntiva di comunicazioni orali o scritte nel corso di Congressi non ne preclude l’accettazione, ma deve essere segnalata. La responsibilità dei contenuti scientifici spetta esclusivamente agli Autori. La proprietà letteraria dei lavori viene ceduta alla Casa Editrice, che può autorizzare la riproduzione parziale o totale. I contributi (comprensivi di eventuali tabelle e foto) devono essere inviati dattiloscritti in tre copie(una su supporto magnetico, due su carta)alla Redazione:BestMicro s.r.l , Via delle Acacie, 34 – CAP 00171 Romatel/fax:06/64770689, 06/89537092. La pubblicazione degli articoli è subordinata al giudizio della Direzione Scientifica della rivista, che ha facoltà di non accettarli o di chiedere agli Autori di apportarvi modifiche.

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I lavori che potrano l’intestazione di un Istituto, devono essere firmati, per l’approvazione, dal Direttore dell’Istituto stesso. I testi devono essere elaborati su Personal Computer e possono essere in versione Macintosh e MSDOS. I supporti magnetici devono essere etichettati con: a) nome dell’Autore; b) Titolo del lavoro; c) Word processor usato, incluso il numero di versione. Il testo dei lavori deve essere redatto in lingua italiana e corredato da: a) titolo in italiano(lunghezza massima 100 battute); b) nome e cognome dell’Autore o degli Autori, completo di qualifica professionale, recapito telefonico , numero di codice fiscale e firma del primo Autore; c) riassunto in italiano(max 10 righe di 70 battute ognuna); d) titolo in inglese (max 90 battute); e) abstract in inglese (max 10 righe di 70 battute ognuna); f) tre parole chiave in italiano e in inglese. L’entità del dossier non dovrà superare le 6 pagine di rivista corrispondentia 12 fogli dattiloscritti di 30 righe per 70 battute ogni riga. La presenza di una fotografia corrisponde allo spazio di 5 righe di 70 battute ognuna. La suddivisione del lavoro in capitoli, sotto-capitoli deve sempre essere indicata nel seguente modo: 0.Titolo del capitolo 0.0. Titolo del sotto-capitolo

0.0.0. Titolo del sotto-sotto capitolo Ovvero, progressivamente, il primo numero della serie indicherà sempre il capitolo, il secondo numero della serie il sotto-capitolo di riferimento , etc. La bigliografia deve sempre essere compilata secondo le norme internazionali, elencata in ordine alfabetico, richiamata nel testo con il numero corrispondente ed essere limitata alle voci essenziali (massimo venti), salvo le rassegne bibliografiche. Se si considera citare un articolo o un libro già accettato per la pubblicazione, ma non ancora edito, occorre indicare il titolo del giornale (o il nome dell’editore) e l’anno previsto di pubblicazione, seguito dalla precisazione “in corso di stampa”. Il materiale scientifico non pubblicato (per esempio comunicazioni personali, lavori in preparazione) va indicato tra parantesi nel testo e non viene citato in bibliografia. Le illustrazioni, in copia originale (diapositive e lastre) e idonee alla pubblicazione, debbono essere poste, numerate con il proprio numero progressivo (romano per le tabelle, arabo per le figure), al termine dell’articolo su fogli aggiuntivi. Le didascalie delle figure devono essere compilate su un foglio a parte ed in successione. Il numero deve sempre corrispondere ad un preciso richiamo nel testo. Sono a carico degli Autori solo le spese di riproduzione e stampa delle illustrazioni a calori.


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