Swed in Mag 09/2023

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ed in Mag Il Magazine in connessione con il settore Food 06 / settembre 2023 Nuove Prospettive del settore Food Analisi del Settore di un Professionista Internazionale Intervista allo Chef Gianfranco Chiarini Come Swedlinghaus e gli altri settori stanno investendo

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Swedlinghaus Srl Magazine di informazione ad uscita Mensile

Responsabile Editoriale: Dafne Perticarini Copyright: Swedlinghaus Srl

Layout e Impaginazione: Massimiliano Mancini

Riproduzione parziale o totale vietata

In questo Numero sono intervenuti: Redazione Swedlinghaus Davide Longo Pierpaolo Piermarini Gianfranco Chiarini Francesco Grassi Maurizio Musardo

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Il futuro del cibo

La scuola superiore e le collaborazioni col territorio

Analisi del settore di un professionista internazionale

approfondimenti di Francesco Grassi - Formatore e Coach La comunicazione efficace si nasconde nei dettagli

Intervista a Maurizio Musardo, responsabile della produzione per Swedlinghaus

Come si prepara la linea di produzione per il mercato globale

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Editoriale di Davide Longo
SOMMARIO
Intervista a Pierpaolo Piermarini, Insegnante dell’IISS Carlo Urbani Intervista allo Chef Gianfranco Chiarini

Il Futuro del Cibo

Editoriale di Davide Longo

Quando si mangia, ognuno di noi compie delle scelte sul tipo di mondo in cui vuole viviere.

oggi il cibo non è piu solo sostentamento ma è molto di più. in questi ultimi anni la narrazione del cibo è stata piatti bellissimi, impiattati alla perfezione e “instagrammabili”.

Priorità all’estetica e sul fatto che il cibo per essere buono deve essere necessariamente bello.

Attualmente invece c’è un enorme desiderio di guardare al cibo come fonte di benessere. per realizzare tutto questo sono necessarie le figure professionali in cucina che sapranno dare un serio cambio al menu, sostenendo la salute e l’ecosotenibilità e la ricchezza delle materie prime.

Ruolo fondamentale lo ricoprono le scuole alberghiere e le numerose academy italia-

ne che con la scelta del docente sapranno i nuovi concetti del food.

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La nostra arte è quella della consulenza
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La scuola superiore e le collaborazioni col territorio

Intervista a Pierpaolo Piermarini, insegnante dell’IISS Carlo Urbani

L’istituto alberghiero

Insegno cucina nell’Istituto professionale per l'enogastronomia e l'ospitalità alberghiera di Sant’Elpidio a Mare; la scuola fa parte dell'Istituto d’Istruzione Secondaria "Carlo Urbani" che è dislocato in tre comuni: Porto Sant’Elpidio, anche sede amministrativa, Sant’Elpidio a Mare e Montegiorgio. Ogni realtà ha la propria identità, ma fanno tutte riferimento all'unico polo e alla stessa segreteria. L'indirizzo alberghiero è presente nelle sedi di Porto Sant’Elpidio e Sant’Elpidio a Mare, con attività analoghe. La distribuzione in due sedi permette di rispondere alla domanda sia della costa sia dell’entroterra.

È una scuola voluta dagli operatori del settore del nostro territorio e ha rappresentato un grande vantaggio per i ragazzi che la frequentano: adesso, dopo vent’anni d’insegnamento, incontro ex alunni che hanno attività ristorative in zona o all’estero e riscontro un bel ritorno dal punto di vista della professionalità riversata nel settore. Era questo il mio obiettivo come insegnante sin dall’inizio: dare qualità al territorio, insieme alla professionalità.

Credo che per affrontare il percorso di studi legato alla ristorazione non basti conoscere il manuale di cucina, ma si debba aiutare il ragazzo a trovare in sé la capacità di spaziare, per poter sviluppare l’aspetto creativo e di progettazione

del piatto, che lo porti oltre la semplice esecuzione. La scuola aiuta anche sotto questo aspetto. Per i nuovi studenti, posso dire che l’esposizione mediatica ha fatto bene, da un lato, promuovendo cultura culinaria molti si sono accorti che dietro una semplice pasta all’arrabbiata ci sono la conoscenza degli ingredienti, una storia e la creatività nel personalizzare la ricetta. La consapevolezza, quindi, si è innalzata; il lato negativo è che mettendo sotto i riflettori i massimi esponenti del settore, molti ragazzi credono alla possibilità di un successo facile, mentre la cucina è duro lavoro e su quello si poggia la fama anche dei migliori.

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Le collaborazioni con le aziende del territorio

Sono fondamentali per noi dell’istituto: tutto quello che insegniamo a scuola prende corpo nella collaborazione con le aziende. Swedlinghaus è una di queste: quando ci sono cene, eventi o altre occasioni di socializzazione con il pubblico, ci chiamano e quell’attività ci serve a far mettere in pratica le nozioni che a scuola gli alunni imparano, dando riscontro di quanto studiato nel mondo reale. Quando si fanno delle attività pratiche a scuola, invece, per quanto si realizzino dei veri piatti che poi sono serviti e assaggiati da altri studenti, rimane un'esercitazione tra allievi in un luogo sicuro. Confrontarsi con le aziende e le loro esigenze è importante: tutto quello che gli studenti hanno imparato diventa significativo e ogni cosa prende senso.

La nostra scuola nasce quindi da un’esigenza del territorio e dei suoi attori, di conseguenza si adatta alle richieste che il territorio fa, sotto l’azione di Confcommercio, Confindustria ed enti vari, che elaborano continue ricerche che la scuola traduce in formazione. Detto altrimenti, il tessuto economico plasma la formazione per avere poi il materiale umano e professionale adatto per continuare a sviluppare le sue attività.Facciamo anche attività parallele alla formazione canonica per mostrare ai ragazzi le opportunità del settore proprio per aggiornarli continuamente su quello che poi potrà essere lo sviluppo della loro professione, come la giornata sulle nuove professioni organizzata nei mesi scorsi, grazie alla quale gli studenti hanno conosciuto produttori di gin, mastri birrai, cuochi che fanno consulenza alle aziende e altri professionisti, uscendo dalle note figure della ristorazione classica e dell’hôtellerie.

Non è detto che qualcuno dei nostri studenti non possa avere un'idea, magari all’inizio stravagante, che poi si potrebbe invece rivelare innovativa e vincente, perché il settore è in continua espansione.

Le difficoltà di gestire una scuola che esce dalla scuola Noi siamo gestiti come un hotel o un’attività di catering: i nostri laboratori di cucina, così come la nostra sala o le attività di accoglienza turistica, ricalcano gli ambienti professionali in cui i ragazzi lavoreranno. Per fare un esempio, lavoriamo in sinergia con un’importante azienda locale, che promuove un progetto per anziani in precarietà economica: noi prepariamo i pasti per queste persone tre volte a settimana, che poi sono consegnati dal personale del Comune e il tutto è sostenuto dall’azienda promotrice. Questo ancora dimostra la connessione stretta della scuola con il territorio, lo stesso vale per le richieste dei Comuni per gli eventi ufficiali: il 2 giugno scorso, ad esempio, ci siamo occupati del buffet per la Festa della Repubblica organizzata dalla Prefettura di Fermo, con invitati sindaci e personalità pubbliche. Siamo operativi sul territorio a tutti gli effetti, senza fare concorrenza alle attività ristorative perchè come scuola non abbiamo scopo di lucro.

L’intero settore verso dove dovrebbe dirigersi in futuro?

È una domanda che ci poniamo in tanti, io credo che dovremo puntare molto di più sul materiale umano. La materia prima abbiamo iniziato a capirla e capire l’importanza della sua scelta, mentre ancora ci sfugge l’inquadramento del professionista. Non a

livello scolastico e aziendale, ma proprio a livello istituzionale: dovrebbero regolamentare meglio il settore ristorativo, aggiornandolo, perché vedo che questo è un aspetto di cui molti si lamentano. Il settore turistico in generale prevede più tipologie di contratti, talmente tante che ci si perde e questo non aiuta lo svolgimento delle attività e la gestione da parte dei titolari dei propri dipendenti. La crisi attuale, per cui è difficile trovare personale, credo dipenda in parte da questo, oltre che dal fatto che molte persone non sono più disposte a fare certi sacrifici per lavorare. Quello che può fare la scuola è dare una mano ai ragazzi, lavorando in un’ottica di preparazione del futuro professionista, cosa che già fa, aiutandoli ad affrontare al meglio gli stage, in modo da capire quale impegno dovranno sostenere una volta messo piede nel mondo della ristorazione. Comunque, è un settore che è progredito molto in venti anni, come ho già spiegato, e quindi mi auguro che anche questo aspetto maturerà sino al raggiungimento di uno standard migliore.

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Intervista a cura di Dafne Perticarini

Analisi del settore di un professionista internazionale

Intervista allo

Chef Gianfranco Chiarini

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Il ristorante Dieci Boutique

Siamo in Bulgaria, nella provincia di Targovishte nel centro est del Paese, più vicino al Mar Nero che alla capitale. Il ristorante ha avuto successo non solo per la cucina che stiamo preparando, di stagione e con prodotti locali, ma anche perché venire qui è un'esperienza: siamo in un villaggio, la villa che ospita il ristorante ha più di cent'anni ed era la vecchia scuola locale, l'abbiamo mantenuta storicamente originale, compresa la nostra residenza al primo piano.

Siamo l'unico ristorante al 100% energeticamente indipendente in Bulgaria, grazie ai pannelli fotovoltaici che producono più di 50 KW al giorno, di cui consumiamo meno di 40 KW e finiamo così per fare scorta di energia. La verdura, la frutta, il

miele, tutto è prodotto nella proprietà; anche l'acqua: pur essendo allacciati alla rete pubblica, non la usiamo perché abbiamo un nostro pozzo e quindi una fonte di approvvigionamento indipendente.

La tendenza della ristorazione

Il nostro lavoro, mio e di mia moglie Anna, prima di aprire il ristorante Dieci, era consigliare investitori miliardari che volevano aprire ristoranti a Hong Kong, negli Stati Uniti, in Medio Oriente o in Sud America. Grazie ai progetti che seguiamo abbiamo potuto vedere il drastico cambiamento avvenuto nella ristorazione dopo il COVID: anche prima era difficile trovare qualità, ma ora la situazione è peggiorata.

La mia è un'opinione, non una critica, perché i ristoratori li capisco

– anch'io sono un ristoratore – e quindi so di cosa parlo. Sfortunatamente, gli standard in generale sono diminuiti poiché investitori e gestori cercano di risparmiare denaro. Non capisco e non capirò mai come faccia a sopravvivere un ristorante in centro a Milano, o un caffè, che paga 25.000 euro di affitto, più tasse, più personale, più materie prime. Non so come facciano. Queste aziende fanno mosse disperate, che consistono nell’aumentare i prezzi e ridurre il personale, il che si traduce in una qualità inferiore.

Applicare l’innovazione

Presso Dieci Boutique Restaurant usiamo solo prodotti locali perché la Bulgaria ha la fortuna di avere quasi tutto; qui abbiamo lo zafferano, le patate, ortaggi,

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prodotti di mare, di fiume e di montagna: non ci manca nulla che debba venire dall'estero. In questo modo riduciamo l'inquinamento perché non ci affidiamo a camion, aerei o navi per l'approvvigionamento. In questi giorni stiamo costruendo un secondo pozzo asettico, la cui acqua è utilizzata per annaffiare l'erba nella proprietà; mentre per l’irrigazione delle verdure e per l'uso in casa attingiamo dal pozzo naturale, che scende a 65 metri e quindi ci porta acqua di falda, sicura per il consumo umano. Contemporaneamente stiamo convertendo i solidi della fossa settica in gas metano, per rifornire le auto dei nostri ospiti, arrivando così a un approvvigionamento energetico ancora più green nella nostra proprietà.

Abbiamo eventi con chef che vengono da tutta Europa e loro ci confermano che questo approccio non esiste altrove. Certo, i nostri ospiti non vedono tutta questa tecnologia: vedono una bella villa, il meraviglioso paesaggio della campagna circostante e il cibo innovativo, ma dietro c'è un grande progetto di sostenibilità.

Il nuovo rinascimento della cucina italiana è in atto?

Questa domanda è arrivata con 14 anni di ritardo: i tre volumi, ai quali si è aggiunta l'edizione d'oro dedicata all'Australia, dimostrano come la cucina italiana possa mescolarsi con tutte le altre del mondo.

Ricordo che, quando scrissi il primo libro della trilogia, i miei colleghi italiani si ribellarono: "Perché tocchi la cucina italiana, che è una cucina

originale, tipica?". Ero solito rispondere alle loro critiche: "La cucina italiana è il risultato di secoli di contaminazione, negli ultimi 300 anni in particolare.”

Il mio primo libro, scritto nel 2009, ha incontrato molti che non avevano visto nulla di vero nella mia idea, di una rinascita della nostra cucina attraverso nuove contaminazioni. Oggi molti chef italiani stanno facendo contaminazioni, mettendo kombu, mango, spirulina, zenzero nelle loro preparazioni e io l'ho detto 14 anni fa. La storia la raccontano i vincitori, si dice, e perciò gli chef che ora fanno contaminazione non potrò mai superarli in fama, ma chi mi conosce sa che l'avevo previsto con largo anticipo. In ogni caso l'importante è che la cucina italiana si sia spostata dalle sue posizioni tradizionaliste e che, grazie a tutti questi chef che oggi sperimentano, possa finalmente evolvere.

Consigli per i giovani

I giovani chef devono evitare di voler diventare famosi appena usciti dalla scuola alberghiera. L'umiltà deve essere sempre presente, insieme a un'autocritica realistica, per comprendere sia il talento sia i limiti che ognuno ha. Quando apri un ristorante, non devi fare quello che tutti si aspettano da te per andare sul sicuro, perché, come già detto, le spese ti terranno in basso e devi avere ben chiaro quello che fai, anche se è diverso o controverso, per avere la forza di portarlo avanti.

Inoltre, bisogna sporcarsi le mani per capire la stagionalità dei prodotti. In Bulgaria stiamo creando una piccola

Academy in cui il primo anno lo studente dovrà imparare solo a coltivare la terra, prima di poter entrare in cucina e trasformare il prodotto. Questo approccio serve anche a capire come non sprecare, come facciamo noi al ristorante. I giovani talenti di oggi – dove giovane dovrebbe essere sinonimo di futuro –guarderanno al passato per imparare come si facevano le cose prima, così da sapere quando utilizzare i prodotti, come sfruttarli al meglio e quindi come essere padroni di quello che fanno, in cucina e in tutto il ristorante. Un altro consiglio è quello di fare una contaminazione intelligente. Ad esempio, se sei appassionato di cucina giapponese, prendi un'alga commestibile dell'Adriatico o del Mediterraneo e studiala, essiccala e vedi come puoi usarla per creare un nuovo tipo di kombu. Questo darebbe un gusto unico a quello che fai e soprattutto ti permetterebbe di lavorare con prodotti locali.

Ci sono dei colleghi che scherzando mi chiedono quale sia la sfida di quest'anno perché conoscono la mia filosofia e io ho risposto loro: “Invece di fare quei brodi messi in riduzione per 48 ore, concedetevi un limite di 20 KW da utilizzare al giorno e verificate se riuscite a rimanere entro tale limite. Tenendo conto di quanto consuma ogni attrezzatura in cucina, che quindi dovrete gestire bene, credete di esserne capaci?” Se ci pensate, è incredibile che milioni di chef non stiano pensando o facendo questo, vista la crisi climatica ed energetica che stiamo vivendo. Credo sia qualcosa su cui riflettere.

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1 Parafrasando il titolo della trilogia di libri pubblicato dallo chef “The New Renaissance of Italian Fusion Cuisine” Intervista a cura di Dafne Perticarini

La comunicazione efficace si nasconde nei dettagli

Una delle esperienze umane più interessanti e appaganti è praticare la libera espressione: ci esprimiamo in vari modi e quando lo facciamo, mettiamo in atto un lavoro di sintesi del pensiero nostro o altrui, che codifichiamo in un messaggio.

In altre parole, comunichiamo. La meccanica della comunicazione è piuttosto semplice e, come per tutte le cose semplici, l’utilizzo efficace diventa particolarmente difficile; questo accade perché abbiamo miliardi di possibilità per sbagliare e non riuscire a esprimere in modo corretto il nostro pensiero.

Tecnicamente, sbagliare nell’azione di comunicare significa riuscire parzialmente a elaborare il messaggio, che l’ascoltatore dovrà comprendere nella forma e nella sostanza quanto più aderenti a quelle che avevamo pensato.

È chiaro anche che una parte della responsabilità della mancata corretta ricezione del messaggio potrebbe dipendere dalle capacità di comprensione degli altri: se illustrassi un trattato di analisi

matematica a una classe di prima media, probabilmente otterrei sbadigli e disattenzione a causa dell’evidente inadeguatezza della platea.

L’inefficacia comunicativa è deprimente per entrambi i soggetti coinvolti, l’emittente e il ricevente: l’uno percepisce un senso di inefficacia, l’altro d’inadeguatezza.

Cosa posso fare per comunicare nella maniera migliore possibile quello che intendo dire?

In riferimento a quanto postulato da Paul Watzlawick (Pragmatica della comunicazione umana, 1967), propongo una serie di concetti ai quali fare riferimento per compiere il minor numero di errori in un processo di comunicazione efficace:

1. Comunichiamo sempre: essere consapevoli di comunicare anche quando non è una nostra scelta, alza il livello d’attenzione verso la qualità del messaggio.

2. Comunicando, entriamo in relazione con l’interlocutore: la costruzione di un rapporto, anche professionale, è il risultato, positi-

vo o negativo, di una catena di messaggi scambiati nella storia della nostra interazione con l’altro.

3. La qualità del messaggio influisce sulla sua efficacia: preparare il contenuto affinché sia quanto più rispondente alla nostra intenzione è una forma di riconoscimento che il ricevente apprezza.

4. La scelta del mezzo di comunicazione è importante: è necessario comprendere che la scelta del canale più opportuno influisce sul risultato in maniera preponderante.

5. Fare attenzione alla questione politica della comunicazione: il peso degli interlocutori all’interno della comunicazione potrebbe non essere uguale, per una serie di motivi contestuali e sociali, e di questo bisogna tener conto.

Comunicare in maniera efficace, quindi, è il risultato di tanto allenamento ed esercizio, supportati da una strategia rivolta alla limitazione di errori tattici ed esecutivi.

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approfondimenti di Francesco Grassi, Formatore e Coach
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Intervista a Maurizio Musardo, responsabile della produzione per Swedlinghaus

Il tuo ruolo e come è evoluto in azienda

Lavoro alla Swedlinghaus dal 2008 e negli anni c’è stata un’evoluzione della mia mansione: sono partito dalla produzione e poi ho iniziato a occuparmi anche della logistica aziendale. Negli ultimi quattro anni ho ricoperto il ruolo di responsabile della produzione e logistica. Sono entrato impreparato rispetto al settore, provenendo dal settore informatico ed elettronico. In un momento in cui volevo cambiare, mi sono messo in gioco per rivedere il mio presente di allora e mi sono ritrovato nel settore meccanico, che non era mai stato nel mio orizzonte

professionale né l’avevo incrociato nel percorso di studi. L’ho fatto perché ho visto in quest’azienda un ambiente che dava spazio alla crescita professionale. Quello che mi è servito, però, è stato fare tutti i passaggi per arrivare al ruolo attuale, così da avere oggi un bagaglio tecnico rispetto all’azienda, che mi permette di muovermi agevolmente nel mio settore. Per il mio ruolo sono necessarie diverse competenze, che messe insieme permettono l’uscita puntuale dell’ordine. Secondo me pianificare e coordinare l’attività produttiva senza aver avuto esperienza diretta in produzione è poco efficace: per dirigere delle

persone, devi prima conoscere quello che andranno a fare per poi finalizzare le loro azioni verso un miglioramento e l’aumento della produttività. Studiare sui libri funzioni matematiche che calcolano l’ottimizzazione dei tempi di produzione è qualcosa di molto diverso rispetto a conoscere anche tutte le variabili che si possono generare durante il percorso di lavorazione.

È un lavoro stimolante, che mi piace molto e che mi dà molteplici sollecitazioni ogni giorno, per dare forma all’obiettivo finale: una serie di problemi da risolvere e di vuoti da riempire, oltre cui portare il lavoro della squadra.

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Come
prepara la linea di produzione per il mercato globale

La nascita di un nuovo prodotto Lavoro a stretto contatto con chi sta sviluppando il nuovo prodotto per farmi un’idea dei nuovi tempi di produzione; poi, avendo già la conoscenza della produzione fatta sino a quel momento, so che cambieranno solo i valori, non l’intero processo.

Il nostro obiettivo è di avere un prodotto affidabile e prestazionale, fatto attraverso un processo produttivo sempre più efficiente dal punto di vista dei tempi costruttivi. Nell’ultimo modello di affettatrice Ho.Re.Ca. abbiamo ridotto al minimo gli sprechi temporali, accorpando lavorazioni che in precedenza erano sviluppate singolarmente, ottimizzando sostanzialmente il percorso di lavorazione.

Cerco di dare, al momento dell’arrivo dell’ordine, una data di consegna, che sia il più veritiera possibile, tenendo conto delle tante variabili che da lì alla fine del processo possono mettersi sul percorso produttivo, generate da fornitori, terzisti o collaboratori. Tutto va considerato e risolto per onorare i tempi di consegna.

Nella quasi totalità dei casi, noi riusciamo a rispettare le date di consegna: è un risultato che fa stare sereni i nostri clienti, un aspetto essenziale per loro perché magari stanno aprendo un’attività o la stanno rinnovando e contare sull’arrivo dell’attrezzatura in tempo è essenziale per le loro aziende. Questo è uno dei nostri punti di forza: quando i clienti chiamano a ridosso della consegna e posso rispondere loro “È pronto, parte oggi”, vivo un momento che mi

dona soddisfazione infinita. Preparare la linea di produzione per il mercato globale Ogni nazione ha le sue certificazioni: Stati Uniti, Russia, Paesi Arabi, la stessa Europa prevede delle certificazioni da rispettare e noi dobbiamo adeguarci: l’ordine che spediamo in Francia è sicuramente diverso dagli standard americani perché i due Paesi richiedono caratteristiche diverse, che possono essere sia di materiale sia costruttive. Noi siamo preparati per ogni richiesta e possiamo soddisfare il mercato internazionale. La questione, inoltre, non si esaurisce con certificazioni, materiali e metodi, ma riguarda anche la logistica: come viaggia la merce cambia a seconda del Paese, partendo dai pallet di confezionamento, passando per i container con misure diverse, che richiedono un modo di composizione diverso dell’ordine, possibile solo grazie all’esperienza acquisita negli anni. Anche grazie alla sinergia con gli spedizionieri, riusciamo a soddisfare le richieste dei diversi mercati.

È tutta l’azienda, a partire dai vertici, che negli anni si è messa in gioco per ottenere risultati sempre più ambiziosi perché per uscire dal porto alla ricerca di luoghi migliori è necessario coraggio e disponibilità a evolvere.

Personalmente, amo avere tanti stimoli e affrontare sfide durante la giornata di lavoro: la mia è stata una scommessa, possibile soprattutto grazie alla capacità della dirigenza di darmi fiducia e spazio di “manovra”, che io e il resto del gruppo abbiamo vinto.

Tendenze per il 2023

Per natura vedo in positivo: non riesco a vedere un futuro dove abbiamo meno di quello che stiamo facendo adesso. Per la Swedlinghaus vedo progetti nuovi e miglioramenti in ambito organizzativo, perché abbiamo abbracciato l’idea di una continua evoluzione verso il miglioramento. Riguardo il mercato, la tendenza è di avere sempre maggiore funzionalità con un occhio attento al design e su questo puntiamo, grazie a un lavoro sartoriale che ci contraddistingue: pochi ci crederanno, ma le nostre affettatrici sono pezzi potrei dire unici, visto come seguiamo le richieste del cliente, e sono realizzate da personale in grado di lavorare con competenza in ogni singola fase costruttiva.

Il Made in Italy è il nostro valore aggiunto, il famoso design, di cui tanto si parla, in cui i due aspetti, estetico e pratico, si coniugano per avere un prodotto efficiente e ben fatto. Quando mi capita di fare delle vendite nel nostro showroom, ho sempre piacere di sottolineare il fatto, di quanto i nostri prodotti rispecchino il vero Made in Italy. Ci tengo a ribadirlo ai clienti e in quest’intervista perché non è scontato che dall’esterno si percepisca tale aspetto, di quanto possiamo essere aderenti ai bisogni del cliente, senza scadere nella mera catena di montaggio: il nostro materiale umano è fondamentale perché la loro competenza ci permette di creare prodotti che, dalle Americhe al capo opposto della Russia, tutti ci invidiano.

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Intervista a cura di Dafne Perticarini

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