SWEDinMAG 07/2024

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ed in Mag

Un laboratorio davvero per tutti: perché la cucina è, soprattutto, luogo di emozioni

Swedlinfactory per professionisti, amatori ma anche bambini

Ilenia Lupi e Giuseppina Tirabassi raccontano il successo dei corsi di cucina per bambini

Alla Swedlinfactory divertimento, manualità e fantasia

La parola al pasticciere Marco Bolognari, che ci spiega la sua scelta etica e ci regala

Cucina vegana: quanti falsi miti!

Il forte legame con l’azienda di Grottazzolina, che rappresenta in alta Italia

A tu per tu con Franco Rondelli, alias O’Milanese

Un’altra azienda leader, anche nei valori, tra le collaborazioni di Swedlinghaus Serena Wines 1881: ambasciatori del Made in Italy da 140 anni

Swedlinfactory per

amatori ma anche bambini

Un laboratorio davvero per tutti: perché la cucina è, soprattutto, luogo di emozioni

una ricetta facile da realizzare

SOM MA RIO

Un laboratorio davvero per tutti: perché la cucina è, soprattutto, luogo di emozioni

Swedlinfactory per professionisti, amatori ma anche bambini

Il forte legame con l’azienda di Grottazzolina, che rappresenta in alta Italia

A tu per tu con Franco Rondelli, alias O’Milanese

Ilenia Lupi e Giuseppina Tirabassi raccontano il successo dei corsi di cucina per bambini

09 Alla Swedlinfactory divertimento, manualità e fantasia

Un’altra azienda leader, anche nei valori, tra le collaborazioni di Swedlinghaus Serena Wines 1881: ambasciatori del Made in Italy da 140 anni

La parola al pasticciere Marco Bolognari, che ci spiega la sua scelta etica e ci regala una ricetta facile da realizzare

Cucina vegana: quanti falsi miti!

Editoriale di Davide Longo

Swedlinfactory per professionisti, amatori ma anche bambini

Un laboratorio davvero per tutti: perché la cucina è, soprattutto, luogo di emozioni

Quando abbiamo pensato di creare all’interno di Swedlinghaus una cucina all’avanguardia, l’abbiamo pensata come il posto ideale per promuovere l’uso dei nostri macchinari, sfruttando al meglio la competenza di noti cuochi che, durante i corsi di alto livello per esperti del settore, potessero dimostrare la migliore performance possibile di affettatrici, forni, impastatrici, e molto altro.

Aprirla ai più piccoli, quindi, di certo non era stata la sua prima destinazione. Ora, però, dando piena fiducia ad un’idea di Ilenia (vedi intervista in questo magazine ad Ilenia Lupi e Giuseppina Tirabassi), abbiamo provato a fare un tentativo, curiosi di vederne l’eventuale risposta. Ed è stato un successo.

Non occorre infatti vedere Masterchef Junior per intuire che il mondo della cucina affascina molto i bambini; però, visto che in azienda teniamo molto a mantenere un alto livello dei corsi, non

sapevamo di essere davvero pronti ad affrontare quel tipo di pubblico, fatto di corsisti così giovani e così diversi, per interessi, dai soliti nostri frequentatori.

Ed ho scoperto con grande sorpresa che la Swedlinfactory è divenuta per i bambini un luogo davvero piacevole e gettonato perché risponde spontaneamente a molte loro esigenze: innanzitutto è un luogo sano di aggregazione sociale, dove poter fare amicizia, divertirsi a pasticciare insieme, e poi si ha l’occasione di prendere consapevolezza delle proprie capacità e dell’importanza del cibo.

Non è un caso che l’abbiamo definito laboratorio, vocabolo con cui si intende un locale attrezzato ad una specifica attività sperimentale e produttiva: pertanto siamo ben contenti di poter arricchire il loro bagaglio di esperienza e che un indomani possano collegare dei bei ricordi di giovinezza alla nostra azienda.

Alla Swedlinfactory divertimento, manualità e fantasia

Ilenia Lupi e Giuseppina Tirabassi raccontano il successo dei corsi di cucina per bambini

Nell’azienda Swedlinghaus c’è un laboratorio pensato per professionisti del settore, con al suo interno tutte le migliori attrezzature: è sede di corsi, dimostrazioni, aggiornamenti, ecc. con grandissimi nomi del mondo del food, tra cui noti chef, mastri pastai, pizzaioli e pasticcieri.

E’ così che è nata la Swedlinfactory, un luogo fisico, reale (non un piatto schermo di un monitor, per intenderci), in cui poter mettere alla prova le funzioni e l’avanguardia di macchinari manovrati da gente esperta, e che si rivolge prettamente a chi, per lavoro o per passione personale, ha interesse a perfezionarsi in cucina.

Detta così, in sostanza, sembra la descrizione di un posto creato per soli adulti, per gente che ha già un percorso netto davanti o comunque anni di esperienza alle spalle.

Ma se al suo interno si potessero tenere dei corsi dedicati agli ‘aspiranti cuochi pasticcioni’ del

futuro? Al solo scopo di farli divertire, impastare, renderli consapevoli di come si crea ciò che mettiamo in tavola? Per far capire loro quanto è bello mangiare una fetta di torta appena sfornata e fatta con le proprie mani, piuttosto che scartare una merendina fuoriuscita da un involucro di plastica in cui è stata confezionata mesi prima (se non di più!)?

La risposta a tale domanda è presto data: si vedrebbero, in questa super-cucina, dei sorrisi nuovi, magari con qualche ‘finestrella' per la caduta di un dente da latte, e poi dei nasini infarinati e delle mani sporche di crema, pronte ad essere pulite con una furbesca leccatina soddisfatta.

Ed è quello che è accaduto e continua ad accadere in Swedlifactory da quando si è deciso di aprirla ai corsi di cucina per bambini, esperienza

Articolo a cura di Silvia Remoli

ha riscosso un tale interesse da aumentare di numero e di varietà per argomento: di volta in volta è boom di prenotazioni, anche in estate.

Curiosi di sapere tutti i motivi di tale successo, li abbiamo chiesti alle due curatrici dei corsi, Ilenia Lupi e Giuseppina Tirabassi, che hanno creato questo format vincente sulla base delle loro esperienze con le fasce d’età più tenere: la prima perché ha fatto parte della Associazione Italiana Dislessia, problematica che emerge nelle prime fasi di crescita, e la seconda perché da sempre impegnata in ambito sociale e prevalentemente a contatto con i bambini.

Come e quando è nata l'idea dei corsi per bambini in Swedlinfactory?

L’idea ci balenava in testa da tempo, poi ci siamo confrontate anche con altre figure professionali (tra cui educatori e psicologi) e, come immaginavamo, è stata sottolineata l’importanza di mettere a disposizione anche dei più piccoli la nostra cucina perché in grado di aiutarli sotto molteplici punti di vista.

In primis per dare loro la possibilità di usare le mani, mischiare ingredienti, usare stampi, formine, decorare con sac a poche, ecc. : tv, schermi, tecnologia, li hanno distolti dai movimenti semplici e primitivi, e se da un lato li hanno resi più ‘smart’, dall’altro sono divenuti meno pratici rispetto alle generazioni precedenti.

Inoltre la cucina sviluppa la creatività, la fantasia, la sperimentazione, l'aggregazione e la pazienza: tutti concetti che la vita frenetica e la cultura del

‘tutto pronto e subito’ hanno fatto gradualmente affievolire.

Ce n’è per tutti i gusti: come scegliete le ricette protagoniste di ogni corso?

Abbiamo assecondato le stagionalità e le festività e le abbiamo amalgamate alle inclinazioni dei bambini: quindi dolci quali biscotti, muffins, crostate e, ma anche pizza e pasta all’uovo. Si deve preparare quello che loro amano trovare sui piatti, da una buona tagliatella ad una fetta di torta di pan di Spagna e cioccolato, perché così lo faranno con molto entusiasmo e con l’aspettativa di veder realizzato da zero uno dei loro cibi preferiti.

Quale è il report delle mamme al termine di ogni corso?

Sono così felici di portare qui i figli a tal punto da chiederci di incrementare la frequenza dei corsi e di proseguirli durante tutta l’estate. Ci raccontano di bambini che segnano sul calendario il prossimo appuntamento e che hanno chiesto di riceverlo come regalo di promozione e che lo attendono con trepidante ansia.

Che fascia di età risponde prevalentemente ai vostri appuntamenti?

La forbice è moto ampia, da bambini in età di scuola materna ed elementare fino a ragazzini che vanno alle medie. La cosa da notare è che l’età non determina la manualità, anzi, capita che ci siano i più piccolini che, stando spesso coi nonni o non avendo ancora i cellulari, siano meno impacciati dei più grandi e dimostrino maggiore

nella foto: Ilenia Lupi e Giuseppina Tirabassi

coordinazione e destrezza con entrambe le mani.

Quale profilo vi ha dato maggiore soddisfazione nello svolgere questi corsi?

In un semplice pomeriggio trascorso in cucina coi bambini si ottengono molteplici risultati che ci hanno riempite di soddisfazione.

E’ meraviglioso veder migliorare, a suon di tentativi, la loro manualità e poi cogliere il loro stupore nel vedere trasformarsi i singoli ingredienti in qualcosa di più complesso e diverso, come all’esito di un esperimento di chimica, in fondo.

Abbiamo sempre detto loro di non temere il giudizio: non devono realizzare capolavori perfetti, ma l’importante è che sperimentino, che provino, che sviluppino il loro estro, perché la cucina è fatta di sapori ma anche di forme e di colori.

La pazienza è un altro profilo importante: molti bambini oggi sono iperattivi ed hanno disturbi della concentrazione e non sono abituati all’attesa, cosa che invece, in compagnia, è più facile da affrontare.

C’è qualche aneddoto particolare che vi ha colpito?

Più di uno certamente, e tutti legati alla loro deliziosa spontaneità.

Ad esempio, appena sfornavamo qualche dolce, cercavamo di fare merenda tutti insieme, creando dei momenti conviviali divertenti: i più golosi ovviamente volevano assaggiare la loro creazione subito, ancora calda, mentre altri la volevano preservare e custodire gelosamente per portarla a casa dai fratelli per farla provare.

C’è stata poi una bambina che si è commossa quando l’abbiamo festeggiata a sorpresa, dopo che la mamma ci aveva avvertito in anticipo che aveva scelto di trascorrere proprio il giorno del suo compleanno con noi al corso.

A tu per tu con Franco Rondelli, alias O’Milanese

Il forte legame con l’azienda di Grottazzolina, che rappresenta in alta Italia

La Swedlinghaus sguinzaglia una fitta rete di rappresentanti lungo tutto lo stivale, tutti legati alla ditta da un pieno rapporto di fiducia e stima reciproca, ma ciascuno ha la propria definita personalità e peculiari caratteristiche caratteriali nonché singolari capacità commerciali. Questa volta siamo andati a conoscere più da vicino Franco Rondelli, che opera in una vasta zona dell’Italia settentrionale.

Carta d’identità e buona razza…

Nasce a Gallarate il 4 marzo del 1968 ed ha vissuto sempre in provincia di Varese, dove è cresciuto con i due genitori e la sorella. Nel ceppo di famiglia ci sono radici salde ed un DNA che punta tutto sulla longevità: ha infatti una nonna sprint di ben 101 anni.

Per tutti è O’Milanese

In Swedlinghaus gira questo appellativo simpati-

co, affibbiatogli da Maurizio Gioia, collega della Campania, che, per par condicio, è diventato per tutti O' Napoletano.

Questo ironico giochetto di nomignoli è uno dei tanti sintomi del clima sereno e di continuo confronto che si respira tra rappresentanti.

Anche se, se si vuole esser proprio fiscali, era più preciso chiamarlo O’Lombardo, visto che Franco, come vedremo poi, ci tiene ad essere puntuale e soprattutto ama la sua terra d’origine.

Quando hai iniziato ad approcciarti a questo settore lavorativo e cosa ti affascina o ti stimola del mondo del food?

Ho iniziato nel 1989 come tecnico specializzato nel settore pesatura industriale e bilance. Poi a metà degli anni ’90 sono passato da mero tecnico a tecnico/commerciale.

Nel periodo pre-euro ho servito Swedlinghaus come cliente.

Articolo a cura di Silvia Remoli
nella foto: Franco Rondelli

Il mio modo operativo era piaciuto a Davide e allo staff di allora, tanto da propormi successivamente una collaborazione diretta più o meno negli anni 2003/2004; e così ho iniziato la mia carriera professionale nel mondo delle affettatrici.

In questo percorso ho scoperto sempre di più la mia inclinazione per la vendita: mi piace tantissimo instaurare con il cliente una sintonia basata sull’ascolto delle sue esigenze e conseguentemente mostrare la mia competenza e la mia professionalità nel dare la consulenza perfetta per soddisfarlo.

Operi nell’Italia del nord, ma precisamente quali sono le tue zone e la tipologia di clientela?

Oggi le mie zone sono ovviamente la Lombardia, che in pratica è proprio casa, poi ci sono il Piemonte e la Valle d'Aosta .

La tipologia del clientela che seguo è esclusivamente composta dal grossista o dal rivenditore, ovvero colui che poi, a sua volta, serve le attività di ristorazione, alimentari, bar, enoteche, ecc.

Quanto viaggi per lavoro?

Solo per lavoro percorro almeno 60.000 km anno, quindi direi abbastanza, ma batto in lungo e in largo la mia zona con molto entusiasmo, cercando di rendere più saldi i rapporti già esistenti e prodigandomi per crearne sempre di nuovi.

Per scaricare la tensione di tante ore e km in auto a quale hobby ti dedichi?

Diciamo che non stacco la spina del tutto perché la mia passione principale, in fondo, ha a che fare proprio con il lavoro, nel senso che sono un appassionato di meccanica. Mi piace molto studiare il funzionamento di un prodotto, la dinamica dei vari pezzi ed ingranaggi e soprattutto riparare le attrezzature, anche quelle d’epoca, che hanno una storia, una tradizione e che sono anche esteticamente belle da vedere e conservare nel tempo, riacquistando valore. Capita spesso infatti che io svolga dei lavori di manutenzione e riparazione per alcuni amici o per rivenditori, dei piccoli favori insomma, che faccio con piacere.

Quindi sei una sorta di incrocio tra Mac Gyver e Manny Tuttofare?

Sì, probabilmente mi rilassa molto stare a trafficare con viti, bulloni, piccoli e grandi componenti e soprattutto mi da soddisfazione vedere un buon macchinario ripartire dopo averlo rimesso a posto, anche perché, essendo molto pignolo e preciso, mi ci incaponisco finché non trovo la soluzione per farlo funzionare di nuovo.

Beh, la precisione, in uno che lavora con le affettatrici, direi che è un valore aggiunto. Difetti invece?

Sono un maniaco della pulizia e dell’ordine. Proprio fissato. Il mio motto è “Ogni cosa a suo posto, un posto per ogni cosa”.

Come ti definiresti nel lavoro e nella vita?

Mi definirei come Claudio Bisio, un simpatico umorista: mi piace utilizzare vocaboli adatti e coloriti per rendere immediatamente chiaro ciò che penso,

esprimendo concetti a volte in maniera anche tremendamente schietta e diretta. Comunicare fa parte del mio lavoro e credo di essere, in determinate situazioni, anche un valido mediatore.

E a sport, come siamo messi? Sei un tifoso? Diciamo che non ho particolari fanatismi ma, visto il periodo degli Europei di calcio, tifo e tiferò sempre la nostra nazionale.

C’è qualche personaggio che ti affascina e che ti ispira?

Sono molto affascinato da chi si prodiga per il prossimo.

Stimo tantissimo chi sacrifica parte del proprio tempo o dei propri averi per metterli a disposizione di chi ne ha bisogno, chi dona e fa del bene senza pretendere di ricevere qualcosa in cambio.

Come hai conosciuto la Swedlinghaus e che rapporto hai con Davide?

Con Davide c'è stato un rapporto sin da subito confidenziale. Ho viaggiato molto con lui e per la sua azienda.

Mi piace poter pensare di aver contribuito, al meglio di ciò che potevo, ad accompagnare alcune delle sue scelte. Pur lavorando fuori e stando sempre in giro, avverto un forte legame con la ditta fisica, come se fosse, almeno in parte, anche mia.

Quindi conoscerai le Marche ed in particolare la nostra zona

Molto bene, sia le Marche che in particolare la zona che contorna la Swedlinghaus. D’altronde, in 22 anni di collaborazione, ho conosciuto per bene quella che allora non era ancora divenuta la provincia di Fermo.

E che cosa ti piace del nostro territorio?

Adoro il buon cibo ed il buon vino, che dalle vostre parti sono eccellenti.

La posizione poi, che beneficia della vicinanza sia del mare che delle montagne, vi da un clima meraviglioso.

E infine mi piace il fatto che si avverte un ritmo di vita non troppo intossicato da una frenesia convulsa.

Hai aneddoti particolari legati al tuo lavoro?

Mille e oltre potrebbero essere gli aneddoti che ho vissuto in ambito aziendale, e tutti rimandano la memoria al mio lavoro alla Swedlinghaus: tra i più belli, posso affermare che ho dei ricordi di vita vissuta sia con i titolari sia con i dipendenti, cioè legati ai rapporti umani.

Giusto per citarne uno, conservo un regalo che mi ha riportato Leonello Virgili (titolare insieme a Davide Longo) da un suo viaggio in Florida: al souvenir era legato un biglietto di sincera stima che custodisco gelosamente, con parole per me indimenticabili.

A proposito di viaggi, cosa farai durante le ferie?

Mi piace molto girare, visitare, esplorare, scoprire. Ammirare ciò che ci circonda mi ri-ossigena, sia che si tratti di natura sia città d’arte.

Allora buon relax e ci si rivede nelle Marche!

Serena Wines 1881: ambasciatori del Made in Italy da 140 anni

Un’altra azienda leader, anche nei valori, tra le collaborazioni di Swedlinghaus

Articolo a cura di Silvia Remoli

La politica della ditta di Grottazzolina non si è mai basata esclusivamente sui grandi numeri legati alla produzione, al fatturato e alle curve cartesiane di domanda e offerta.

E’ ovvio che farsi due conti in tasca, tra quello che esce e quello che entra, è alla base di una società commerciale, ma in Swedlinghaus non si può prescindere dal rispetto di determinati valori morali: dal rapporto con i propri dipendenti, fino alla consegna del prodotto all’utilizzatore finale, c’è tutta una serie di passaggi in cui l’atteggiamento deve essere pervaso da principi fondamentali.

Ed è proprio sulla base di questi concetti che si fonda conseguentemente anche la collaborazione con le altre aziende legate al mondo del food e del beverage, Il buon imprenditore sa che fare rete è fondamen-

tale per crescere, confrontarsi, rafforzarsi, ma sa anche quanto sia importante ed eticamente coerente indirizzare la scelta verso chi condivide lo stesso modus operandi.

Ecco quindi che nascono quelle perfette sintonie con realtà come Serena Wines 1881, ambasciatori del Made in Italy enologico da 140 anni.

Una recente occasione in cui si è avuta la conferma che ‘l’unione fa la forza’ è stato il Galà dei Sapori, l’evento benefico tenuto in Swedlinghaus ad Aprile (si veda l’articolo di Swedmag del mese di Maggio), dove l’azienda vinicola di Conegliano ha reso ancor più festosa, con le sue bollicine, l’atmosfera di una serata all’insegna della solidarietà e delle eccellenze in tavola.

‘Serena Wines 1881’ deve il suo nome alla famiglia Serena, il cui capostipite la fondò ben

nella foto: Luca Serena
nella foto: Villa d’Arfanta e Vigneto

140 anni fa, e per coincidenza, sembra quasi che l’iniziale, la lettera S appunto, possa fungere da fil rouge per tratteggiarne le principali caratteristiche, tra le quali spiccano tutte quelle virtù alle quali si accennava poc’anzi.

S come Storia Secolare:

Le radici dei suoi vigneti affondano nelle colline venete, dichiarate Patrimonio Unesco, in cui nel 1881 il nobile Pietro avviò l’attività vinicola, oggi giunta alla quinta generazione nelle mani di Luca Serena.

L’azienda, che vanta una produzione di oltre 35 milioni di bottiglie, presentò il primo Prosecco Serena nel 1985 e, dal 1987, è cresciuta esponenzialmente anche grazie al lancio del vino in fusto (soluzione innovativa e pratica specialmente per bar, ristoranti, hotel e servizi di catering) di cui è, ancora oggi, leader di mercato e produttore di riferimento per il canale Ho.Re.Ca a livello nazionale e internazionale.

S come Scelta e Selezione I formati prodotti dalla famiglia Serena, rispondono a tutte le esigenze e quindi, attorno alla classica bottiglia da 0,75 l, si può spaziare fino ai due estremi: dalla più piccola da 0,2 l, fino ad arrivare al cavallo di battaglia, cioè il fusto da 25 litri, versatile e conveniente (sia per le tasche che per l’ambiente). Senza dimenticare le più scenografiche Special e Limited Editions. Passando dai contenitori ai contenuti, troviamo DOCG, DOC, IGT e vini da tavola, nelle versioni spumanti e frizzanti e una selezione di fermi bianchi e rossi provenienti dal Veneto, oltre ad una gamma bio e vegana: tanti i brands tra i quali ‘Champagne De Vilmont’, ‘Casanova Prosecco’ e l’originale ‘COSTAROSS’, sulla cui etichetta spicca Ross, un cervo funky e colorato, che mette subito la voglia di fare festa.

S come Sostenibilità

L’approccio sostenibile di Serena Wines 1881 investe tre aree inscindibili: ambientale, economica e sociale. Pertanto, in concreto, si manifesta in ogni fase di produzione, dalle attività a favore del benessere del lavoratore fino ai più recenti progetti in termini di economia circolare, che le hanno permesso di ottenere lo standard EQUALITAS.

Tale percorso intrapreso non solo ricalca i punti fondamentali dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, ma risponde pienamente ai valori trasmessi da sempre dall’azienda.

S come Salute e Sociale

Serena Wines 1881 è official partner di Welfare Care, progetto di salute per la donna che, nella sua clinica mobile, svolge un esame senologico, completo di referto. Serena partecipa attivamente tale forma di supporto alla sanità, incoraggian-

do le visite, non solo nel mese della prevenzione, al fine sia di scongiurare fattispecie tumorali della sfera femminile sia di poterle diagnosticare precocemente per intraprendere tempestivamente il percorso di cura e guarigione.

S come Sport e Solidarietà

Serena Wines 1881 sostiene lo sport locale e non solo, motiva le eccellenze e promuove le realtà di inclusione sociale.

Oltre infatti a sponsorizzare squadre e tornei di basket, hockey, volley e tennis (quest’ultimo è la grande passione di Luca Serena, che lo ha anche praticato a livello professionistico), Serena Wines 1881 sostiene Obiettivo3, associazione sportiva fondata da Alex Zanardi, che si occupa di avvicinare le persone disabili allo sport paralimpico. Un’ulteriore dimostrazione della sensibilità verso le fasce più deboli, si è avuta in occasione del Galà dei Sapori Swedlinghaus, la cena gourmet in cui si sono raccolti i fondi per il Progetto Fiippide Marche, gruppo podistico di ragazzi affetti da autismo: l’azienda vinicola di Conegliano, infatti, ha risposto con vivo entusiasmo all’invito della ditta di Grottazzolina, partecipando attivamente e contribuendo alla riuscita della serata con i propri prodotti di qualità.

S come Sentimento

Mi viene ora naturale terminare l’articolo con una parola che racchiude tutte le altre, e cioè ‘sentimento’.

Passione, dedizione, amore, empatia, partecipazione, aspirazione, condivisione: credo siano questi gli ingredienti fondamentali, che non si vedono ma che si sentono, senza i quali sarebbe impossibile gustarsi un buon vino.

Contatti e social:

www.serenawines.it

Serenawines1881

SerenaWines1881

Cucina vegana: quanti falsi miti!

La parola al pasticciere Marco Bolognari, che ci spiega la sua scelta etica e ci regala una ricetta facile da realizzare

Aprendo social, tv e consultando riviste viene automatico da chiedersi se la rapida ed esponenziale diffusione dell’alimentazione vegana stia aumentando per moda o per reale necessità. Siamo circondati da continue ‘conversioni’ al cibo vegetale, non solo da parte di star del mondo del cinema (Natalie Portman, Pamela Anderson, Toby Maguire, ecc.) e dello sport (nel tennis Djokovic e le sorelle Williams, il pilota Hamilton, il rugbista Bergamasco, ecc.), ma anche della scienza e della medicina (Margherita Hack ed il Professor Umberto Veronesi) e, ultimamente, pure della cucina.

E’ forse quest’ultima categoria che stupisce maggiormente, specie se ad invertire la rotta sono nomi altisonanti. Non teme critiche e non ha ripensamenti lo chef svizzero Daniel Humm, primo tristellato vegano, che ha lasciato nel menu del suo Eleven Madison Park, il ristorante tra i migliori al mondo situato nel cuore di Manhattan, solo portate vegetali.

Fece scalpore anche Gordon Ramsay quando impiattò l’alternativa green al suo noto cavallo di battaglia: lo chef scozzese infatti, re del filetto alla Wellington, propose la «bistecca di melanzane». Rimanendo sul suolo nazionale, invece, sta riscuotendo grande successo il libro di Lorenzo

Biagiarelli, food blogger e star tv, dal titolo “Ho mangiato troppa carne. Perché mangiamo animali e cosa succederà se non smettiamo di farlo”.

Decisioni inaspettate quindi, ma dettate da un atteggiamento etico e non da un fanatismo esaltato né dal trend setting.

E siccome alla base di tali piccole rivoluzioni si trova il concetto di sostenibilità, io ho deciso di andare a fondo e, da brava giornalista (spero), ho intervistato un vegano che è di casa a Swedlinfactory, e quindi, per coerenza, rigorosamente a Km zero!

Inoltre, avendo modo di conoscerlo personalmente, credo sia la persona adatta, in quanto equilibrata ed obiettiva, per sciogliere qualche dubbio a chi, come me, pur continuando ad essere onnivora, sta iniziando a porsi qualche domanda sul tema.

Marco Bolognari nasce a Roma 55 anni fa e, sia a 15 anni, segue le orme del papà, stimato pasticciere della capitale, per poi spostarsi qui nelle Marche dopo aver arricchito il proprio bagaglio di esperienza presso noti maestri di fama internazionale e continuando tuttora a studiare e ad aggiornarsi.

Articolo a cura di Silvia Remoli
nella foto: Marco Bolognari

Come sei diventato vegano e perché?

E’ stato un percorso graduale, visto che prima ero solo vegetariano. Successivamente ho eliminato tutti derivati animali. Il motivo è perché, informandomi, ho preso consapevolezza dei danni causati dagli allevamenti intensivi, sia agli animali che al pianeta. Ma attenzione, anche per i vegetali occorre sapere bene se provengono da una agricoltura circolare o da una agricoltura aggressiva che disbosca pur di piantare nuovi semi o che non rispetta i cicli naturali di crescita. Se non lo si fa, si rischia il paradosso: e cioè si finirebbe per fare ulteriore danno consumando a prescindere solo cibo di origine vegetale, così, per partito preso. E lo si farebbe senza aver cura di verificare se quel cibo cosi apparentemente sano è stato ottenuto con procedimenti chimici forzati e con infiltrazioni di ormoni e pesticidi. Credo che quando si intraprende un certo percorso non si può peccare di superficialità.

Quanti falsi miti ci sono sulla alimentazione vegana?

Ancora troppi.

Si crede che non contenga sufficienti proteine, invece i legumi ne sono una fonte ricca e naturale.

Si crede che l’alimentazione vegana sia costosa, quando invece basterebbe acquistare solo frutta e verdura di stagione e a km zero, senza seguire mode esotiche o finte ‘diete miracolose e monotematiche’ prese dalle riviste di gossip.

Si crede che faccia deperire e non dia la giusta energia: beh io posso dimostrare il contrario visto che il mio stato di salute è migliorato e ho tanta vitalità, anche per coltivare i miei hobby, che sono le arti marziali e la musica (Marco infatti canta e suona al piano).

Si crede che sia impossibile creare un menu’ vario del tutto vegano, invece, basta avere fantasia e sperimentare e ti assicuro che tutto è possibile, addirittura fare i dolci senza uova, senza burro e senza latte.

Ad esempio?

Ad esempio la frolla per la famosa torta della nonna può essere totalmente vegana, cosi come la crema. Pensa che una volta feci fare, a dei clienti increduli, un assaggio bendati, e non riuscirono a sentire la differenza tra la torta vegana e quella in versione tradizionale. Lo stesso vale per un semifreddo al pistacchio e cioccolato che realizzai per un’occasione speciale proprio a Swedlinghaus, e ricevetti molti complimenti da chi non si capacitava che fosse una ricetta al 100%vegana.

Certo, bisogna essere onesti e sapere che ci sono dei limiti, è ovvio, ma si può aggirare l’ostacolo con diversi espedienti.

Tanto per citarne uno, c’è l’acquafaba che è in sostanza la scolatura dei ceci, utilizzabile per fare meringhe o una mousse, in quanto è un sostituto

dell’albume negli impasti montati.

Noto che parli di questi di cucina con molta passione e curiosità: ha un sogno nel cassetto ancora da realizzare?

Sì, mi piacerebbe un canale social tutto mio, dove riprodurre tutorial passo passo di ricette vegane, ed ovviamente proseguire come docente la mia esperienza in Swedlifactory.

C’è una ricetta di dolce vegano che possiamo riprodurre anche noi comuni mortali senza che assomigli alla lettiera del gatto?

Certo, è una torta semplice che può esser gustata cosi, semplicemente spolverata con dello zucchero a velo oppure farcita a proprio piacimento.

Ingredienti:

gr 170 di Farina di grano tenero (debole w180) gr 60 di fecola di patate gr130 di zucchero di canna gr120 di olio di semi di girasole o di mais gr150 di latte di soya gr 12 lievito chimico aromi: vaniglia e limone

Procedimento:

Unire lo zucchero all’olio lavorandolo energicamente con una frusta; unire il latte e lavorarlo 2 minuti. Setacciare la farina la fecola e il lievito, miscelarle e unirle al composto insieme alla buccia di mezzo limone grattugiata e alla vaniglia. Lavorare il composto per 2 minuti versarlo in uno stampo unto con olio (o margarina) e infarinato e infornare per circa 40 miinuti a 175 gradi con forno statico.

Ho preso nota. Grazie e … alla prossima!

Swedlinghaus Srl

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