rivista agc gennaio febbraio 2017

Page 1

mici di Gesù Crocifisso A Rivista del Movimento Laicale Passionista “Amici di Gesù Crocifisso”

In caso di mancato recapito inviare al CPO di Macerata per la restituzione al mittente previo pagamento resi

Gennaio - Febbraio 2017 - Anno XVIII n. 1


2

RICORDANDO P. ALBERTO DALL’OMELIA DEL P. PROvINCIALE MORROvALLE 18 DICEMBRE 2016 Luigi Vaninetti L’Avvento sta per concludersi e dopo tre settimane nelle quali l’attesa era indirizzata alla manifestazione finale del Veniente, ora inizia un tempo di memoria: ricordiamo eventi del passato, facciamo memoria di come il Figlio di Dio è venuto nel mondo, perché possiamo rinnovare la grazia dell’incontro con Lui che ci ama e ci salva. Qual è dunque la memoria dell’evento di Gesù? Così la racconta Matteo: c’è una ragazza di Nazaret di Galilea, Maria, promessa sposa di Giuseppe. In questo tempo in cui Maria e Giuseppe non convivono ancora insieme, accade ciò che è umanamente inaudito: Maria si trova incinta, il suo grembo è fecondato, vi è in lei un figlio che attende di venire alla luce. Cosa significa questo fatto? Diciamolo subito: quel Figlio solo Dio può darlo, l’azione creatrice di Dio è all’opera in Maria. Non il caso, né la necessità, né il destino presiedono a quella gravidanza, ma la volontà di Dio stesso, che vuole essere “veniente” tra gli umani. Ecco la genesi di Gesù di Nazareth: una donna, Maria, lo Spirito di Dio che agisce in lei come Spirito creatore e un uomo, Giuseppe, che appare come testimone. Non fu semplice per Giuseppe ‘uomo giusto’ vivere questi eventi; difficile per noi decifrare cosa muoveva Giuseppe, ma essendo pieno di timore di Dio di fronte alla paternità di Dio, Giuseppe rinuncia alla propria! L’angelo, il messaggero del Signore, ricorda a Giuseppe la sua identità, che contiene anche la sua missione: “Giuseppe, tu che sei figlio di David, che hai un posto nella discendenza messianica, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”. Questa parola del Signore chiede a Giuseppe obbedienza, gli chiede di essere sposo di una sposa che gli dà un figlio come Dio l’ha promesso. Giuseppe deve accettare questa spogliazione, questo invito a diventare padre di un figlio che non gli appartiene e disporsi ad essere strumento dell’opera di Dio. Di fronte a questo racconto di miracolo, gli uomini e le donne di oggi sono tentati di restare esitanti, di leggerlo come un mito, ma con sguardo di fede dovremmo cogliere il messaggio che un uomo come Gesù solo Dio ce lo poteva dare, che è stato Dio a inviarlo. È il Dio con noi, Dio presenza nella nostra storia. Per questo Matteo annota: “Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: ‘Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele, che significa Dio con noi’ (Is 7,14)”. Giuseppe era stato definito “giusto”: ora lo conosciamo come credente e obbediente alla parola del Signore nel silenzio. Le vocazioni sono diverse: c’è chi è chiamato da Dio a fare la sua volontà proclamando, annunciando, addirittura gridando come il Battista; e c’è chi è chiamato a eseguire, a fare concretamente, in un abisso di silenzio. Questo brano, che celebra la fedeltà di Dio che porta a compimento il suo disegno in maniera imprevedibile ma concreta nelle persone che sceglie, illumina anche il senso della memoria che oggi stiamo celebrando: commemoriamo p. Alberto Pierangioli ad un anno del suo “passaggio da questo mondo al Padre”. Celebriamo pertanto la fedeltà di Dio e un riflesso di questa fedeltà nella persona e nella vita di p. Alberto. Fedeltà anzitutto espressa nella adesione perseverante alla Congregazione che ha amato e nella quale ha vissuto fino alla fine. Fedeltà nei diversi servizi che ha svolto come formatore dei giovani, come responsabile della Congregazione, della Provincia PIET e di diverse comunità. Fedeltà nell’approfondire e assimilare la storia e la spiritualità di questa Famiglia religiosa. E come unità di tutto, vita, missione, ministero, fedeltà alla Passione di Gesù rivelazione dell’Amore del Padre per il suo popolo e per tutta l’umanità. Un amore che lo ha condotto a cercare, come indicava Paolo della Croce, un metodo popolare cioè accessibile a tutti per annunciare, meditare e fare memoria di questo Amore. Fedeltà quando ha cercato di interpretare i cambiamenti dei tempi lasciandosi ispirare dallo Spirito e operando una apertura ai laici in maniera originale e specifica poi giunta a determinarsi nel Movimento “Amici di Gesù Crocifisso”. La sua dedizione missionaria si compiva qui in una maturazione che lo coinvolgeva con totalità.“Avevi detto più volte che “la spiritualità passionista è spiritualità per tempi difficili”: grazie p. Alberto per averlo vissuto e testimoniato con la tua vita e la tua morte”.


MEDITIAMO SUL MISTERO PASQUALE L’ESPERIENZA DEL RISORTO E LA TESTIMONIANZA (At 10,37-43) Roberto Cecconi Carissimi “Amici”, in questo numero ci soffermiamo sull’episodio in cui Pietro parla di Gesù che, nonostante il bene compiuto, è stato messo a morte. Dio però lo ha risuscitato, costituendolo giudice universale e salvatore: Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nazaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui. E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti. E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio. A lui tutti i profeti danno questa testimonianza: chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome. Lo sfondo su cui è posto il brano Cornelio, centurione romano residente a Cesarea Marittima (città situata sul Mediterraneo), a seguito di una visione angelica (At 10,3ss), manda a chiamare Pietro, il quale si trova a Giaffa (altra località collocata sullo stesso mare). L’apostolo, su mozione dello Spirito Santo, si reca da Cornelio, accompagnato dai suoi inviati e da alcuni “fratelli” di Giaffa (At 10,23). Giunto in casa del centurione, trova quest’ultimo ad aspettarli, insieme ai suoi parenti ed amici (At 10,24). A questo punto Pietro, su istanza di Cornelio, inizia ad annunciare la parola del Signore (At 10,34). Come prima cosa, visto che si trova in casa di un pagano, afferma di essersi reso conto che Dio non fa parzialità alcuna. Infatti, chiunque lo teme e opera il bene, è gradito al Signore, indipendentemente dalla nazione a cui appartiene (At 10,34s). Dopo questa introduzione, l’apostolo si accinge ad annunciare il Signore Gesù. Il discorso di Pietro La prima cosa che colpisce del discorso di Pietro è il suo inizio che, tradotto letteralmente dal greco, suona così: «“Voi conoscete l’evento accaduto per tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo che Giovanni predicò: Gesù da Nazaret”» (At 10,37s). L’incarnazione del Figlio di Dio è un dato storico. Egli realmente si è fatto uomo, è stato nostro compagno e ci ha donato la sua parola. Proseguendo, l’apostolo presenta il significato profondo del battesimo di Gesù: in quel momento, Egli ha ricevuto l’unzione dello Spirito Santo. In altre parole, lì è stata rivelata la Sua identità messianica ed è da quel momento che, pieno di Spirito Santo (cf. Lc 4,14), Gesù ha iniziato a percorre tutti i territori abitati dai Giudei facendo del bene e guarendo quanti erano oppressi dal diavolo. Il motivo per cui il Salvatore ha beneficato persone e guarito indemoniati è stato la presenza di Dio (At 10,38). È a partire dalla comunione con Lui che Gesù ha agito durante il suo ministero pubblico. L’attività del Redentore è l’espressione ed il frutto della sua intima relazione con Dio. A fronte di tanto bene, Gesù viene tolto di mezzo mediante morte di croce (At 10,39). Ma Dio lo risuscita il terzo giorno e gli concede di rendersi visibile presso testimoni prescelti, i quali hanno il privilegio di mangiare e bere con Lui dopo la Sua risurrezione dai morti (At 10,40s). Degna di nota è l’insistenza di Pietro sul fatto che lui e gli altri apostoli hanno condiviso i pasti con il Risorto (At 10,41; cf. Lc 24,30.35; At 1,4). Questo rimanda all’intimità che hanno vissuto con Lui. La testimonianza apostolica è incisiva nella misura in cui nasce da una profonda esperienza di vita. La missionarietà non riguarda solo gli apostoli, ma tutti i battezzati. Pietro infatti parla di Gesù come di colui che, mediante la risurrezione, è stato costituito giudice dei vivi e dei morti (At 10,42). Ma… su cosa si baserà il giudizio? Certamente sulle opere di carità (cf. Lc 16,19-31), ma anche sulla testimonianza (cf. Lc 12,8-9). La Buona Notizia Compiere il bene, stare dalla parte della vita e della vera libertà può comportare emarginazione e messa al bando. Ciò non deve scoraggiare il cristiano. Come il Padre è intervenuto prontamente (tre giorni) in favore del Figlio, così non permette che la sofferenza del giusto si prolunghi smisuratamente. Ad un certo punto interviene e libera quanti confidano in Lui. Questo infonde nel battezzato la consapevolezza di non essere mai dimenticato da Dio e rafforza la sua testimonianza evangelica. robi.cp@libero.it

3


4

LA GIOIA DI INCONTRARE GESU’ Ciro Benedettini “La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù”. Così inizia l’esortazione apostolica “Evangelii gaudium (la gioia del Vangelo) di Papa Francesco. E’ un documento sorprendente che sprizza gioia e impegno da ogni pagina. Infatti il Vangelo è un messaggio di gioia, di una gioia che deve essere condivisa. L’esortazione parte dalle proposte del Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione (7 -28 ottobre 2012), ma il Papa l’ha trasformata, come Lui stesso ha detto, nel documento programmatico del suo pontificato, “cornice apostolica della Chiesa di oggi” al fine di realizzare una “conversione pastorale” che coinvolga tutti i cristiani: “Ogni rinnovamento della Chiesa deve avere la missione come suo scopo per non cadere preda di una specie d’introversione ecclesiale”. Il tono è quello di una mobilitazione generale di tutti i battezzati chiamati a diventare annunciatori fieri, credibili e gioiosi della gioia del Vangelo. Cosa intende il Papa per “gioia del vangelo”? Lo fa intuire nel 1° numero di Evangelii gaudium: “Coloro che si lasciano salvare da Lui (Gesù) sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia. In questa Esortazione desidero indirizzarmi ai fedeli cristiani, per invitarli a una nuova tappa evangelizzatrice marcata da questa gioia e indicare vie per il cammino della Chiesa nei prossimi anni”. In queste pochissime righe c’è una specie di trattatello sulla gioia e l’accenno al programma di azione del Papa. • La gioia “nasce e rinasce” solo con Gesù Cristo. • Infatti è frutto di una liberazione dal “peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento dal peccato, cioè da tutto quello che impedisce la vera gioia”. Una liberazione che solo Gesù Cristo può operare. • Gesù dona la vera gioia a coloro che accettano la sua amicizia. Quindi è una gioia che deriva dal fatto di sentirsi amati da Dio e di poterlo incontrare. • La gioia è missionaria. Chi ha scoperto la gioia di essere amato da Dio e di potersi intrattenere con Lui come un amico sente il desiderio irrefrenabile di comunicare questa gioia agli altri. • E’ quindi una gioia donata che si rigenera diventando operante nella missione. Il Papa di fatto sostiene che l’annuncio del Vangelo può essere veramente efficace solo se accompagnato dalla gioia dell’annunciatore. La gioia dell’annunciatore non è un optional, un semplice accessorio, è parte sostanziale dell’annuncio del Vangelo. Come può essere credibile un Vangelo che non trasmette gioia? Che cosa ci faremmo di un Dio se fosse incapace a darci la felicità? Come può essere convincente il missionario che annuncia il Vangelo con una “faccia da funerale”? Il cristiano non deve annunciare semplicemente il Vangelo, ma la gioia del Vangelo. Citando Paolo VI, il Papa afferma che “la nostra gioia in Dio è missionaria”. Cioè, la gioia in se stessa è già annuncio, perché per sua natura la gioia è attraente, diffusiva, fa intravvedere “un orizzonte bello, offre un banchetto desiderabile”. La gioia, disse l’allora Card. Bergoglio in un’omelia per la messa del Crisma, è “avvolgente come il profumo, penetrante come l’olio”. Nell’Esortazione, e ripetutamente nei suoi discorsi, Papa Francesco fa sua l’affermazione di Papa Benedetto XVI: il cristianesimo si diffonde non per proselitismo ma per “attrazione” e nulla è più attraente della gioia, tanto più se accompagnata dalla carità. Il Vangelo è nato come “buona notizia”, per dare gioia a “tutto il popolo”. Criterio di ogni azione missionaria è l’annuncio gioioso del Vangelo e la testimonianza della carità. Non si può essere cristiani senza essere missionari perché colui che ha fatto esperienza dell’amore di Cristo (EG 120) non può trattenere per sé la gioia di tale scoperta. Ogni cristiano deve ritrovare l’entusiasmo e la gioia di comunicare la fede. Il Papa (al n° 10 dell’Esortazione) scrive: “Possa il mondo…ricevere la Buona Novella non da evangelizzatori tristi e scoraggiati…ma da ministri del Vangelo la cui vita irradi fervore, che abbiano per primi ricevuto in loro la gioia del Cristo” (EG 10)


LA CERTEZZA DI ESSERE AMATI Ciro Benedettini La gioia. Che bello sarebbe poter mostrare sempre un volto felice! Ma nella vita non c’è sempre posto per la contentezza perché la fatica del vivere mette a dura prova le manifestazioni della gioia, sia pure quella del Vangelo. In sé la tristezza non ha nulla di religioso, a parte forse la tristezza di non essere santo, come scriveva lo scrittore francese Léon Bloy. Difatti anche il Papa scrive nella Evangelii gaudium che non gli piacciono “i cristiani che sembrano avere uno stile di Quaresima senza Pasqua” quasi che l’essere seriosi e senza sorriso fosse un segno di santità. Anche Gesù avvertiva “E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti” (Mt 6,18). Il Vangelo è “buona notizia”, messaggio di gioia. E’ pur vero che spesso dobbiamo fare i conti con la tristezza a motivo delle prove della vita, il senso di fallimento, le malattie, il dolore, le calamità che rischiano di spegnere non solo il sorriso sulle labbra ma, a volte, anche la luce dentro. A proposito, nel n° 6 della Evangelii gaudium Papa Francesco afferma di comprendere “le persone che inclinano alla tristezza per le gravi difficoltà che devono patire” e riconosce che “la gioia non si vive allo stesso modo in tutte la tappe e circostanze della vita, a volte molto dure”. E’ molto realistica quest‘ultima annotazione: la gioia cristiana non la si può vivere sempre con la stessa intensità, ma non può mai scomparire del tutto. Anche nei casi più dolorosi della vita, la gioia può attenuarsi nelle sue manifestazioni esteriori, ma resistere nella propria interiorità “come uno spiraglio di luce che nasce dalla certezza di essere infinitamente amato” da Dio nostro Padre. Questo è il vero fondamento della gioia: la certezza di essere amati da Dio, la certezza che Dio è un Padre che non ci abbandona mai. Questa certezza cancella la disperazione e l’angoscia, mantiene viva la speranza, la voglia di reagire, la garanzia di rinascita e regala fiducia e gioia interiore, anche se non si manifesta all’esterno in modo vistoso. Chi non ha incontrato persone duramente provate dai casi della vita e che, pur nella sofferenza più lancinante, riescono sorprendentemente a mantenere la serenità dell’animo? La certezza di essere amato da Dio implica la persuasione che: • Dio vuole sempre il mio bene. Come Padre amoroso non agisce mai contro di me, per farmi del male, per abbattermi o schiacciarmi. • Dio non permetterebbe un male, la sofferenza, le prove se non fosse capace di trarne un bene, di cui ci renderemo pienamente conto solo nell’aldilà. • “Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” (Rm 8,28). Lo comprova l’esperienza dei santi. San Gabriele dell’Addolorata è un cantore della gioia sia all’inizio della vita religiosa quando scriveva al padre “la mia vita è un continuo godere”, sia negli ultimi mesi della sua esistenza, quando sia pur tormentato dalla malattia e dalla sofferenza, diceva: “pieno di contenti è la mia vita”, “vivo contento”, anzi “sono contentissimo e passo felicemente i miei giorni”. San Paolo della Croce, oltre alle tante difficoltà e fatiche per l’apostolato e la fondazione dell’Istituto dei Passionisti, per oltre 50 anni, sperimentò la “notte oscura”, cioè la perdita di ogni gusto nella preghiera e nel rapporto con Dio, l’aridità spirituale derivata dall’esperienza di sentirsi indegno di Dio, incapace di amarlo come merita, eppure non ha mai perso la serenità interiore, la passione apostolica e il volto ilare. Anche Madre Teresa di Calcutta fu afflitta per anni dalla “notte dei sensi” e dall’aridità spirituale, eppure con sorpresa si era votata a diffondere la gioia. Il suo programma di vita: “Dare ogni cosa a Nostro Signore con un sorriso gioioso”. Scriveva nel 1983 al padre spirituale: “Sono più che mai determinata a diffondere la gioia dovunque io vada”. In precedenza: “Il mio proposito è diventare un apostolo della gioia”. Spronava le consorelle: “Quando vedo qualcuna triste penso sempre che stia rifiutando qualcosa a Gesù”. “Continuate a sorridere: preferisco che sbagliate con il sorriso piuttosto che facciate i miracoli con scortesia”. “La santità non è qualcosa di straordinario… è per ciascuno di noi un dovere semplice: accettare Dio con un sorriso, sempre e in ogni luogo”.«Il contrario del cristianesimo non è l'ateismo, né il paganesimo. Il contrario del cristianesimo è la tristezza (Gilbert K. Chesterton, scrittore inglese).

5


6

RICORDO DEL P. ALBERTO IN FAMIGLIA

Sono don Ennio nipote di P. Alberto da parte di madre, parroco a Giulianova. Scrivo a nome di tutta la famiglia Di Bonaventura. Io sono il primo di quattro figli, dopo di me, Rosella, Luciana e Mauro, tutti sposati, con sette nipoti. Mia madre Maria Domenica (per tutti Menichetta) è l'unica rimasta della famiglia di P. Alberto. Siamo grati al Signore Gesù per averci dato come zio P. Alberto che è stato per tutti noi una presenza costante e premurosa in tutti i momenti della nostra vita familiare, pieno di momenti gioiosi, ma anche tristi. Dall'esperienza diretta di mia madre, sono testimone dell'autentica e precoce vocazione dello zio che rimase affascinato all'età di dieci anni dalla predicazione dei quaresimali dei passionisti a Montepagano. Il ragazzino era bravo a scuola ma un po' delicato. La mamma Maria non voleva mandarlo a pascolare le pecore (era il destino dei piccoli dopo la quinta elementare, per chi ci arrivava...) e così chiese alla maestra di fargli ripetere la quinta elementare. Nel frattempo, mentre la madre cercava come evitargli i lavori in campagna, la Provvidenza inviò i Padri al paese. Subito esternò il desiderio di farsi frate, (nel frattempo aveva iniziato a fare il chierichetto in parrocchia che distava dall'abitazione circa un chilometro) trovando l'approvazione della madre e il categorico rifiuto del padre. Domenico, grande lavoratore, lontano dalla chiesa, bestemmiatore, già emigrato in America negli anni venti (al tempo della "mano nera" diceva lui), pensava solo alla famiglia. Al rifiuto del padre, per un giorno, Peppino (il nome di battesimo di P. Alberto era Giuseppe) fuggì di casa e si rifugiò in una grotta a circa trecento metri da casa, sotto una scarpata, senza mangiare e bere. La sera lo trovarono che ancora piangeva. Il padre si convinse alla vita consacrata, ma non alla vita passionista. In seguito, vista la ferma decisione del figlio dovette cedere. Il fratello Attilio, di un paio d'anni più piccolo e anche più discolo, gli promise un pugno il giorno in cui sarebbe partito per il convento. Il Giorno della partenza, dopo essere uscito dal cancello di casa, Peppino, tornò indietro per non far commettere peccato al fratello che aveva fatto un giuramento. Dell'esperienza formativa dei primi anni a mia madre è rimasta impresso la severità dei costumi, la testa sempre bassa dei novizi e la mancanza assoluta di ritorno alla propria casa. Dopo nove anni, passando per Roseto, il superiore autorizzò la salita a Montepagano dello studente "controllato" da due compagni. Venuto a saperlo i compagni di scuola dal paese scesero a salutarlo. Sotto lo sguardo vigile di nonna Mariuccia, che dopo un po' mandò via i ragazzi per il timore che avrebbero fatto perdere la vocazione al suo Peppino. Lo zio nelle sue lettere, dal seminario, raccomandava al padre la messa domenicale e di evitare la bestemmia, cosa che avvenne. Il nonno si convertì al Signore frequentando la chiesa, pregando e non bestemmiando più, iscrivendosi all'Azione Cattolica. Quando fu ordinato sacerdote a S. Gabriele io ero nella pancia di mia madre. Negli anni, ha seguito tutti gli eventi della nostra famiglia con una presenza discreta e una fede profonda, mai una predica, mai una morale, ma sempre suggerimenti pieni di umanità. Personalmente mi abbonò ad una rivista mensile cattolica giovanile, l'unica che leggevo a quei tempi oltre ai giornali sportivi. Ha raccolto le lacrime di mia madre e delle mie sorelle nei momenti tristi incoraggiandoci sempre a confidare nel Signore Gesù. Quando avevo quindici anni, dopo aver chiesto permesso a mia madre, mi chiese se avevo pensato mai di farmi sacerdote. La mia risposta fu un secco no, perché era la verità. Alla mia prima Messa, a Montepagano, lui fece l'omelia e ricordò questo episodio. Quando risposi alla chiamata del Signore, stette molto vicino a mia madre, che non capiva la mia vocazione adulta di trentenne (mi diceva che Kiko mi aveva lavato il cervello) ripetendomi che quella autentica era quella dello zio che a undici anni andò in seminario... Durante il mio ministero sacerdotale, nei tempi forti, quando era libero, mi aiutava sia in montagna che a Giulianova, con il preziosissimo servizio delle confessioni e della predicazione. Nel 2003 mi espresse il desiderio di iniziare un gruppo di Amici di Gesù Crocifisso nella mai parrocchia, a Giulianova. Ho assistito in questi anni alla passione che P. Alberto ha avuto per questa sua creatura, gli ha dedicato tutta l'ultima parte della sua vita. I componenti del gruppo lo adoravano per la sua dolcezza e sapienza. Aveva un grande rispetto anche per tutte le realtà ecclesiali. P. Alberto era un religioso radicato nella tradizione passionista, amava la sua congregazione, preparato e umile, aveva uno sguardo moderno e aperto secondo lo spirito del Concilio, attento agli avvenimenti di cronaca, politici e anche sportivi. Mia madre ha azzardato dire che era un santo. P. Giacomo Raineri, missionario nella ex Yugoslavia, che lo aveva incontrato anni fa, alla notizia della morte disse che non si doveva pregare per lui, ma che pregava lui per noi perchè era stato un frate santo. Don Ennio, Rosella, Luciana e Mauro Di Bonaventura


RICORDO DEL P. ALBERTO IL FORMATORE

CESTA DI COPPARO (FE) Il 14 maggio 1943, ancora nel clima della II Guerra mondiale che aveva seminato morte e devastazioni in tutto il mondo, giungeva a Cesta di Copparo, il P. Valentino Federici Passionista per realizzare un sogno che pareva impossibile, ma fortemente auspicato dall’Arcivescovo di Ferrara Mons. Ruggero Bovelli, originario dell’Umbria e amico dei Passionisti. Un sogno che fu chiamato “Opera Missionaria Passionista”, che avrebbe dovuto arrecare, attraverso l’intercessione e l’aiuto della Madonna della Pace (venerata in quel luogo), un risveglio di vita, di fede, di lavoro nella vasta desolata pianura del basso ferrarese… P. Valentino fu affiancato da validi collaboratori che, sorretti dalla collaudata esperienza del loro Istituto, iniziarono a portare il messaggio redentivo della Croce nella vasta area del basso ferrarese, nelle vicine zone venete lungo il Po, spingendosi fino ad alcune aree delle Dolomiti nel periodo natalizio e pasquale. Cominciarono i primi frutti, ma non così abbondanti come si sperava… Il P. Stanislao Matteucci, uno dei più valenti collaboratori, ebbe una intuizione profetica. Comprese che la redenzione di quelle popolazioni poteva partire dal miglioramento delle loro condizioni di vita, creando qualche cosa che permettesse alle giovani generazioni di poter sognare e progettare. Così inventò (!) il Centro Professionale C.E.S.T.A., cioè una Scuola Professionale per giovani, con delle specialità professionali (C.= Chimica –E.= Elettronica – S.= Saldatura – T. = Tornerai – A. = Aggiustaggio ( a cui seguirà poi il Corso per Segretarie). Ben presto il Centro Professionale C.E.S.T. A. diventò una meravigliosa realtà, frequentata da tanti giovani dei diversi paesi del ferrarese, che raggiunsero in breve il numero di 500, divisi nelle varie specialità. Tra i progetti del P. Valentino e dei primi confratelli collaboratori non vi era il sogno o l’idea anche di un Collegio o Scuola Apostolica. La decisione di portare una Classe di Alunni Passionisti a Cesta sbocciò più come una emergenza che come un progetto già nel cassetto…Nelle due Case di Alunnato di S. Angelo in Pontano e di S. Marcello non vi erano posti, data la sorprendente fioritura di vocazioni alla vita religiosa dopo la guerra. P. Valentino, fondatore della fiorente Opera Missionaria di Cesta, nel 1950/51 si offrì ad accogliere i gli alunni delle medie. Qui arriva come Assistente Docente P. Alberto Pierangioli, che nell’anno scolastico 1958/59 è eletto Direttore del Collegio e della Scuola Media. P. Alberto si rende conto che la Scuola Apostolica sta rivestendo un ruolo e una importanza nuova:questi ragazzi rappresentano le speranze e il futuro non solo del nostro Istituto, ma della Chiesa e del mondo. Il suo primo impegno è quello di elevare la Scuola Media ad un livello superiore: non può essere più una piccola scuola privata: si preoccupa di avere un Corpo Docente all’altezza di poter ottenere il Riconoscimento Legale della Scuola per conferire ai nostri ragazzi il Diploma di Licenza Media. Tale esigenza sembra più che mai impellente, tanto che P. Alberto, quasi per anticipare i tempi, decide nel 1961 di portare gli alunni di III media (in numero di 32) 15 presso la Scuola Media dei Salesiani di Ferrara e 15 presso la Scuola Media dei Fratelli delle Scuole Cristiane di FE, per ottenere il Diploma di Licenza Media. L’esperienza stimolò ancora di più il proposito di accelerare per ottenere il Riconoscimento! Merito importante da riconoscere a P. Alberto è certamente quello di aver lottato tanto per ottenere questo riconoscimento a beneficio degli Alunni che hanno potuto conseguire, come nelle Scuole statali, il Diploma di Licenza Media a tutti gli effetti. Ma merito più significativo per P. Alberto è stato quello di essere riuscito a imprimere alla Scuola Media Legalmente Riconosciuta di Cesta di Copparo un carattere armonioso di serietà, di impegno, di cordialità, di apprezzamento per i risultati maturati. La Scuola di Cesta non era solo Scuola, ma palestra per la vita: gare culturali, giochi piacevoli, gare sportive, rapporti con le Missioni e con i nostri Missionari, feste-incontri con le famiglie. Mentre P. Stanislao fondava a CimaCesta un Villaggio per i suoi giovani, P. Alberto portava gli Alunni a Piniè di Cadore non tanto e non solo per escursioni e vacanze, ma per continuare quelle attività formative praticate a Cesta P. Roberto Facchinei

7


8

RICORDO DEL P. ALBERTO

UN EX ALUNNO RICORDA Dal Collegio Missionario di S. Angelo in Pontano, in Provincia di Macerata, andare a Cesta di Copparo, negli anni 59/60 era come andare all’estero, e forse più, sia per noi ragazzini di 11/12 anni che per i nostri genitori. Si chiamava Collegio missionario, in realtà seminario minore, dove si entrava per diventare religiosi e sacerdoti ma dove, in realtà, si entrava anche perché era l’unica possibilità per le famiglie povere per far studiare i propri figli. In quei tempi la formazione dei ragazzi, nella nostra provincia religiosa, avveniva in tre tappe prima di entrare al noviziato. A S. Angelo in Pontano si faceva la quinta elementare, con esami statali da privatista, a Cesta di Copparo (FE) le medie, a San Marcello (AN) il ginnasio. Da qui si andava al noviziato a Morrovalle e, dopo il noviziato, si entrava allo studentato con il liceo classico, sempre con scuola privata. La scuola pubblica arriverà in un secondo tempo. A Cesta P. Alberto era il direttore e gli assistenti P. Adalberto e P. Gabriele Arbotto. Quest’ultimo era assistente dei piccoli, P. Adalberto dei grandi, cioè della terza media. La vita si svolgeva tutta all’interno del “Collegio” studio, preghiera, ricreazione. P. Alberto, come direttore, chiamava regolarmente i ragazzi alla conferenza spirituale per vagliare il cammino vocazionale ed era effettivamente come un genitore a preoccuparsi un po’ di tutto: dalla vita spirituale, ai bisogni materiali. Mi ricordo che il suo più grande dispiacere era quando doveva far ritornare in famiglia qualcuno che aveva perso la vocazione mentre era più tranquillo quando discerneva che il ragazzo non aveva vocazione. Era severo nell’educare al silenzio, all’obbedienza, allo studio. Ma era generoso nell’inventare giochi (olimpiadi per i vari giochi: bocce; pallavolo; ping pong). Così come organizzava sfide culturali come campanile sera sia sulle materie di studio sia sulle riviste missionarie e teatrini per alcune occasioni importanti. Chi vinceva ovviamente aveva l’attesa coppa. In effetti curava molto lo spirito missionario (eravamo abbonati a parecchie riviste) e ricordo che ci presentò i missionari, i PP. Cornelio Serafini e Marcello Di Pietro, partenti per l’Indonesia con il vescovo Mons. Sillekens. Per noi fu un grande avvenimento. Per far partecipe i genitori della vita dei figli ci stava la rivista “La Cesta” dove venivano messe lettere racconti foto etc.…della vita del Collegio. Col passare degli anni questa rivista era un collegamento sia con i genitori sia con gli ex che ricordavano con piacere gli anni vissuti in quel di Cesta di Copparo. Per le vacanze estive si tornava in famiglia. Ma non per tutto il tempo. Gli alunni di terza media (non ricordo bene se tutti) passavano un bel periodo di vacanze in montagna a Piniè di Cadore. Per tutti quelle passeggiate sui monti e quei luoghi hanno lasciato un ricordo indelebile. A quei tempi l’esame di terza media era dato da privatista alla scuola media di Copparo. È stato merito suo se poi si è riuscito a fare del Collegio una scuola media legalmente riconosciuta, prima guardata con diffidenza dalle autorità, poi invece lodata per i risultati ottenuti. In conclusione a Cesta sono passati tanti ragazzi, pochi diventati sacerdoti (nella foto iniziale solo P. Francesco e P. Luciano) ma tutti hanno conservato un bellissimo ricordo di quei anni e del P. Alberto perché, in fondo, ci è stata data una grande occasione di formazione umana e culturale. Un mio amico, ripensando a quei anni, ha detto che una volta uscito e andato nella scuola pubblica si è trovato avvantaggiato per la formazione ricevuta. Pio Calvarese MAESTRO DEI NOvIZI MORROvALLE Un ex novizio ricorda I ricordi che mi stringono a padre Alberto sono dovuti alla formazione. Mi accolse nella comunità di Morrovalle nell’ottobre del 1994. Era una figura rassicurante per la mia famiglia e anche per me che mi affidavo alle sue cure. Giovane, inesperto, pieno di buoni propositi ma con scarsa formazione umana e spirituale, padre Alberto divenne un punto di riferimento importante e una fonte di sapienza pastorale da cui attinsi a piene mani. Leggendo alcune sue note biografiche si vede subito che per più di 40 anni, dal 1954 al 1998, la sua missione è stata quella della formazione, degli alunni, dei novizi e dei postulanti. Missione educativa che ha svolto anche per i laici, partecipando del Rinnovamento nello Spirito fin dal 1976 e fondando gli Amici di Gesù Crocifisso nel 1989. L’ho visto sempre impegnato così, ora per una catechesi, ora per un ritiro spirituale, ora per un corso di esercizi. Padre Alberto ha speso la sua vita con una passione educativa e per educare alla Passione. Educava anche senza farlo. I suoi giorni non erano mai una perdita di tempo. Sapeva poi coinvolgere nelle iniziative di apostolato; la sera era per i gruppi e i movimenti ecclesiali. E la mattina non mancava mai alla preghiera. Credo che in modo particolare si possa dire che ha vissuto il voto di promuovere la devozione alla Passione di Gesù. Dal 1994 al 1996, il tempo in cui sono stato suo discepolo, mi aprì le strade della preghiera e dell’impegno pastorale, coinvolgendomi con semplicità e sapienza nelle iniziative in favore dei laici e nella conoscenza della meditazione. Era già avanti negli anni ma conservava tutta la gioventù di chi non si era mai fermato, di chi era continuamente rinnovato dalla preghiera e dall’apostolato. Il Signore gli renda merito del bene che ha saputo fare. P. Dario Di Giosia


RICORDO DEL P. ALBERTO DAL RINNOvAMENTO NELLO SPIRITO AGLI AMICI DI GESù CROCIFISSO

DAL RNS AGLI AMICI DI GESU’ CROCIFISSO Nel corso di questo lungo anno ho spesso ripensato alla mia iniziale conoscenza con Padre Alberto, che risale al 1981, quando cominciai a frequentare il Convento dei passionisti a Morrovalle. Lo conobbi in Confessione e rimasi colpita dalla Sua dolcezza e dal Suo discernimento. Ritornai più volte, e gli chiesi di divenire il mio Direttore Spirituale e così cominciò a parlarmi del gruppo del Rinnovamento dello Spirito, che stava iniziando a fondare a Morrovalle con poche persone, ma molto interessate e ricche di fede e di entusiasmo. Mi raccontò che aveva conosciuto questo movimento in Messico, durante uno dei suoi viaggi all'estero, alloggiando vicino ad una Chiesa era rimasto colpito dalla intensità e bellezza di alcuni canti. Aveva chiesto chi era quel gruppo di fedeli e quando era tornato a Roma aveva cercato una comunità del Rinnovamento dello Spirito e l'aveva frequentata ricevendo, con grande gioia, la sua prima Effusione dello Spirito. Giunto a Morrovalle, come Superiore del Convento, conobbe il gruppo del Rinnovamento di Civitanova, che era stato fondato dal cappuccino Padre Pancrazio (poi trasferito a Terlizzi) e gli fu chiesto di collaborare nella preparazione dei fratelli alla effusione attraverso le catechesi e la lectio divina. In quegli anni 81-82 iniziò a formarsi il gruppo di Morrovalle. I primi tempi Padre Alberto con alcuni fedeli si recavano a Civitanova. Gli aderenti al Rinnovamento ritennero giusto riunirsi a Morrovalle perchè erano diventati più numerosi e c’era P. Alberto come assistentespirituale. Padre Alberto, sempre docile alla chiamata dello Spirito, si prodigò a fondare altri gruppi a Macerata, Montegranaro, Potenza Picena con l’aiuto di persone valide e di profonda fede. Padre Alberto, infatti, era un vero carismatico: forte negli insegnamenti, chiaro e preciso nella guida spirituale, dolce nel sacramento della riconciliazione. Parlava di misericordia e di quanto fosse essenziale, nella vita di un uomo, la conoscenza profonda di Dio. I giovani lo seguivano rapiti perché riusciva a trasmettere l'Amore di Dio al passo con i tempi e lo definivano un sacerdote “moderno.” Intorno agli anni 84-85, vi fu a Fermo la settimana dei giovani del Rinnovamento nello Spirito: Il tema dell’incontro era “l’umanità di Cristo” e presiedeva Padre Natale Merelli. I giovani arrivarono a decine da tutta Italia, in modo particolare dalla Sicilia. La settimana di ritiro spirituale si teneva al Seminario Arcivescovile di Fermo, ma un giorno tutti i giovani furono portati in trasferta alla Madonna dell'Ambro e lì venne a concelebrare l'Eucarestia anche Padre Alberto. Parlò di Dio fattosi uomo per la nostra redenzione, parlò della sofferenza di Dio, dell'umanità del figlio di Dio, facendo comprendere a tutti i ragazzi presenti che anche nostro Signore, pur essendo di natura divina, era stato giovane con le problematiche di un ragazzo di oggi. Tutti i presenti erano così assorti nell'ascoltare l'insegnamento di Padre Alberto che un grande silenzio pervase la basilica della Madonna dell'Ambro tanto che molti, poi, chiesero di confessarsi con lui. La celebrazione eucaristica quel giorno terminò con un'esplosione di gioia con il canto del Rinnovamento: “Quale gioia quando mi dissero, andremo alla casa del Signore”. Padre Alberto era così: l'ultimo fra gli ultimi, semplice, diretto, umile, timido, ma presente, sempre presente nella vita di ogni fedele, di cui adottava anche la famiglia e conosceva ogni componente, i problemi di ciascuno e per ognuno aveva una parola particolare. Incarnava pienamente su di sé lo spirito del Movimento Ecclesiale del Rinnovamento in quanto era continuamente in atteggiamento di lode, ringraziando Dio per ogni circostanza, nonostante le sofferenze del corpo, dell'anima e più tardi, degli anni che lo incalzavano. Raccomandava spesso di morire a sé stessi per amore degli altri e di Dio e incoraggiava sempre verso il cammino della fede e della speranza in Cristo. Cercava anche di coinvolgere nelle Sue iniziative e all'interno del gruppo ogni singolo fedele, tanto che spesso chiedeva una volta ad uno, una volta ad un altro, di tenere anche piccole catechesi, cui doveva seguire, verso la fine, la propria testimonianza di fede. Questo creava condivisione, forte partecipazione, crescita nella preghiera, canto in lingue e preghiera spontanea. Nel Rinnovamento, oltre al dono grande della predicazione, aveva anche quello della riconciliazione, in quanto nella confessione guidava i suoi figli spirituali e conduceva alla conversione tanti fedeli. Riusciva, nonostante l'avanzare dell'età, a seguire più gruppi contemporaneamente, spostandosi da un comune all'altro e tenendoli uniti attraverso le testimonianze di fede e di preghiera. D'estate teneva sempre gli esercizi spirituali alla Madonna della Stella per le coppie, le famiglie, i giovani, i consacrati. Molti lo seguivano, tornando ricaricati e pieni di gioia e fra questi i miei genitori, i quali, pur avendo una famiglia numerosa, per un'intera settimana lasciavano tutto e lo seguivano nella preghiera. Loro mi raccontavano, che durante i giorni di esercizi, la sera dopo cena nel piazzale del Santuario, padre Alberto organizzava giochi e scherzi tra i partecipanti e creava momenti di allegria.

9


10

Scherzava anche, mettendo in guardia dai facili entusiasmi, quando si trattava di aprire la Bibbia e leggere il brano che capitava (come accadeva spesso nel Rinnovamento dello Spirito) perché raccontava spesso di alcune Suore che si erano trovate di fronte ad una parola che diceva: “Guai a voi prostitute e meretrici” e rideva descrivendo lo stupore delle Suore e raccomandando, per questo motivo, di usare sempre il discernimento necessario prima di proclamare la parola. La lode innanzitutto, poi il ringraziamento, la preghiera, l'abbandono in Dio in ogni circostanza, in ogni situazione e il perdono fraterno: questo era il modus orandi di Padre Alberto. Con questo spirito e con tali intenti dal Gruppo del Rinnovamento passò a quello di Gesù Crocifisso, pur senza lasciare, all’inizio, i gruppi di cui era l'assistente spirituale, ma dedicandosi con grandissimo impegno, come in tutto quello in cui credeva, alla diffusione della spiritualità degli AGC. Marika Astorri Lazzarini

IL SORGERE DEGLI AMICI DI GESU’ CROCIFISSO Un binomio antico e sempre nuovo, che non si esaurisce nel tempo, come accade sovente agli avvenimenti che non lasciano un segno indelebile nella propria vita. Si tratta di un legame che ha fatto parte dell’intera esistenza di p. Alberto fino dal lontano agosto 1989. Una data indimenticabile per tutti gli amici di G.C. ed in modo particolare per la nostra Fraternità. A Madonna della Stella, durante un corso di esercizi spirituali per laici sul tema: “la santità è amore” p. Alberto concretizzò l’idea di un movimento passionista che aiutasse specialmente i laici a fare un cammino di santità, ispirato all’amore per Gesù Crocifisso. In tale data si realizzava il suo pensiero da tempo sollecitato da alcuni laici della R.N.S. (rinnovamento nello spirito) da lui guidati, che desideravano vivere la spiritualità passionista. Iniziava così il cammino del movimento Amici di G.C. che entrava a far parte del movimento laicale passionista. Acquistava in p. Alberto forza e vitalità la sua vocazione passionista, contemplativa ed apostolica, caratteristica di tutta la sua attività pastorale. A quel tempo non esisteva la nostra Fraternità, ma soltanto una confraternita della “passione”, che stava perdendo consistenza. Pertanto, al secondo corso di esercizi spirituali svoltasi a Madonna della Stella nell’agosto 1990, la Sig.ra Dora Caporicci, membro della confraternita, dopo aver partecipato al corso si iscrisse agli amici di G.C. e manifestò il desiderio di creare un altro gruppo in sostituzione di quello della passione, che non esisteva più. In data 22 novembre 1991 la Sig.ra Dora così scriveva a p. Alberto: “È nato! Piccolo, siamo una decina, ma io spero di curarlo con tanto amore e di farlo crescere. Ci segue p. Gabriele Orsini e non ci poteva essere scelta migliore”. Era nato a Madonna della Stella il gruppo degli amici di G.C. che diventerà con il tempo la Fraternità tanto desiderata ed amata da p. Alberto, emblema della realizzazione del suo sogno vocazionale, benedetto dalla Vergine Maria “aiuto dei cristiani”. Tale memoria lo spingeva ad esserci particolarmente vicino e a salutarci ogni volta con le parole “mi raccomando la Stella”. Spesso anticipava la raccomandazione con qualche elogio. Infatti, apprezzava molto il nostro sforzo per la coesione del gruppo nonostante la difficoltà della frequenza per molte persone provenienti da località assai distanti dal luogo dell’incontro. Era sempre presente nelle giornate di festa per il rito della consacrazione al fine di aiutarci con adeguate catechesi a vivere sempre più consapevolmente la spiritualità passionista. Per la nostra Fraternità era un evento importante di verifica, ricco di suggerimenti utili per il nostro cammino e in particolare era un incontro di comunione e di condivisione. A tal fine, la giornata terminava sempre con una semplice agape fraterna insieme agli amici di G.C. di altre Fraternità e ai confratelli sacerdoti del santuario. In quel clima familiare si sentiva particolarmente felice; assaporava la gioia della validità del movimento laicale passionista, capace sempre in ogni tempo di dare adeguate risposte alla umanità. Ci contagiava con la sua fede incrollabile nel Crocifisso – Risorto, che gli dava tutte le certezze e gli infondeva quella profonda fiducia in Dio che brillava nel suo sguardo e permeava il suo incitamento di commiato, dicendoci: “coraggio. Confidate sempre in Dio; affidatevi a Lui. La spiritualità passionista è fatta per i tempi difficili”. Parole profetiche, avvalorate recentemente dalla seguente esortazione di Papa Francesco: “oggi ci vuole coraggio. Ci è richiesto il coraggio per lottare, non necessariamente per vincere; per annunciare non necessariamente per convertire. Ci è richiesto il coraggio per aprirci a tutti, senza mai diminuire l’assolutezza e l’unicità di Cristo, unico Salvatore”. Questo coraggio ebbe p. Alberto a Madonna della Stella nel 1989 di trasmettere il carisma della passione secondo l’esemplarità dei santi passionisti che ha cercato sempre di far conoscere a tutti gli Amici di G.C. per favorire quel cammino di santità che ora dobbiamo continuare a percorrere nell’ottica della memoria e della gratitudine. Margherita Padovani


11

LA FONDAZIONE DEGLI AMICI DI GESù CROCIFISSO Mi è stato dato il compito di parlare di P. Alberto in particolare del periodo in cui si realizzava la fondazione di un movimento laicale passionista a cui ha dato il nome di “Amici di Gesù Crocifisso”. So che prima degli Amici si erano formati diversi gruppi in Italia, ispirati al carisma passionista, generalmente presso conventi passionisti, ma nessuno ha raggiunto la consistenza e l'organizzazione che P. Alberto ha saputo dare al suo movimento nel corso degli anni. Per P. Alberto era una un'esigenza talmente pressante che i laici, nel loro stato sociale, potessero non solo conoscere, ma vivere e mettere in pratica il carisma passionista, che non badava a nessuna fatica o rinuncia dovesse fare. P. Alberto era un seguace, un convinto figlio spirituale di S. Paolo della Croce e, conoscendo la vita e le opere del nostro fondatore, ho capito quanto P. Alberto volesse assomigliargli. In lui c’era lo stesso desiderio di S. Paolo della Croce che, non solo i religiosi, ma anche i laici che, ancora di più vivono nel mondo, potessero apprendere quanto l'amore di Dio, manifestato soprattutto e concretamente nella Passione di Gesù, fosse l'unico aiuto efficace per superare gli ostacoli che si presentano costantemente nella vita. Questo è avvenuto in me e in tanti altri e posso testimoniarlo! P. Alberto moltiplicava per noi tutte le occasioni possibili affinché il carisma passionista entrasse e lavorasse nel nostro essere, sempre più in profondità. A questo si aggiungeva per grazia di Dio, il nostro scoprire, lentamente o improvvisamente, che Dio ci amava di un amore infinito per cui l'unica cosa che si poteva fare era quella di cercare di riamarlo e di espandere ad altri ciò noi avevamo compreso. S. Paolo della Croce, nella sua grande opera di fondatore, non formò gruppi di movimenti laicali, ma seguì migliaia di fedeli e di peccatori, che come sappiamo tutti, curava personalmente soprattutto attraverso una direzione spirituale anche con migliaia di lettere. Quando cominciai a frequentare P. Alberto più assiduamente, vedevo sulla sua scrivania pacchi di lettere a cui lui doveva rispondere (naturalmente a mano) a costo di farlo di notte rubando il tempo al riposo. Poi iniziò l'era dei computer. In un primo tempo fu agevolato, ma poi il lavoro si moltiplicò e lui, ogni volta che poteva, dopo aver assolto ad altri compiti che gli competevano, viveva davanti al computer. Vado al periodo in cui avvenne il passaggio da assistente spirituale del Rinnovamento dello Spirito a quello di fondatore degli Amici di Gesù Crocifisso. Fu anche un periodo di sofferenza per lui, perché molti l'accusarono di tradire un compito che aveva assunto ma lui riteneva che come passionista, fosse giusto far conoscere il carisma passionista anche a tanti laici. Ha iniziato a preparare uno statuto adatto a quello che nella sua mente avrebbe dovuto essere il movimento. Era intorno al 1989. Chiedeva aiuto e consiglio a molti suoi confratelli e qualcuno gli dava una mano. Primo fra tutti P. Fabiano Giorgini che era per lui un AMICI grande amico e fratello. di GESÙ CROCIFISSO A lui confidava i suoi dubbi e le sue insicurezze e ne riceveva in cambio un grande supporto ed incoraggiamento. Alcune loro lettere testimoniano il tipo di rapporto STATUTO che c'era tra di loro, due santi ed umili Passionisti. Di incoraggiamenti ne ha avuti da molti altri che servirono ad alleggerirlo delle sue ansie. C'è da dire che, molto sollievo lo riceveva dall'invocare continuo il suo Gesù Crocifisso che in cambio lo forniva di un coraggio da leone! Nel 1990, era Superiore Provinciale della Provincia della Pietà, P. Floriano Giorgini, il quale approvava la prima stesura dello statuto. Nella lettera di accompagno si diceva tra l’altro: Caro P. Alberto, con esultanza intima nello spirito ti scrivo queste parole per sostenere ed incoraggiare il lavoro che svolgi da 10 anni tra i cristiani che desiderano vivere la propria fede con autenticità e coerenza e che trovano nella spiritualità della croce la via maestra dell'itinerario spirituale… Negli anni seguenti lo statuto è stato rimaneggiato più volte! Ritengo però di dover dire che il nostro statuto non è solo una serie di regole e norme, ma è la storia del nostro movimento perché i cambiamenti erano collegati a ciò che di nuovo si riusciva a realizzare. Non ricordo di preciso quando, ma un giorno P. Alberto mi dette da studiare gli statuti di altri ordini e congregazioni, (già lui aveva preso ispirazione dal 3° Ordine Francescano), perché io potessi trovare qualche cosa per poter migliorare il nostro. Nella mia inesperienza di allora, con tutta la buona volontà, ho cominciato a leggere e studiare, ma presto mi sono accorta che il nostro movimento si prefiggeva cose diverse e particolari, non dico migliori, ma diverse rispetto ad altri che avevano maturato altri carismi. Movimento Laicale Passionista

Stampato nel 2009 e modificato il 25-6-2011

Approvazione per la Stampa P. Piergiorgio Bartoli Provinciale Recanati: 12 marzo 2009

!


12

Con la coda tra le gambe dissi le mie conclusioni a P. Alberto. Vi dico in confidenza, e posso anche sbagliarmi, che P. Alberto aveva un'espressione quasi “soddisfatta” nel rimarcare che volevamo realizzare cose “diverse”. Nel nostro statuto sicuramente si ripetono a tratti alcuni concetti e va rivisto, ma parla dei nostri tentativi di realizzare quanto il Signore ci sembrava volesse da noi e la sostanza va conservata. Nel 1999, proprio perché le esperienze che erano state fatte avevano allargato la nostra visuale, richiedemmo al nuovo Provinciale P. Luciano Temperilli, l'approvazione di uno statuto rivisto e corretto. Con lettera del 18 novembre a P. Alberto, P. Luciano diceva:” Ringrazio il Signore perché, allargare la spiritualità passionista tra i laici, significa far comprendere loro come l'Amore di un Dio Crocifisso conquista, conforta e da senso alla vita”. Lo scopo primario che il movimento si prefiggeva: ...”vivere spiritualmente uniti presso la Croce tenendo fisso lo sguardo su Gesù Crocifisso e Risorto...” era stato raggiunto. Tante sono state le testimonianze in questi anni che parlano di ciò. In parte, in piccola parte rispetto alla mole di lettere arrivate a P. Alberto, sono state pubblicate in un libro: “Sarete miei testimoni” (nessun altro titolo poteva essere più profetico) presentato quando nel 2014 festeggiammo i 25 anni dalla nascita del movimento. È stato un lavoro enorme selezionare le tante testimonianze arrivate. Non si voleva lasciare indietro nessuno, ma era necessario ordinarle per argomenti e consistenza e tutto ciò ha richiesto giorni anzi, mesi di lavoro. In seguito lo statuto ha avuto altri rimaneggiamenti sia per le nuove iniziative attuate, sia perché il numero degli iscritti era molto cresciuto e si richiedevano cambiamenti ed una organizzazione più attuale. Nel 2004, nel 2008 e nel 201quegli anni gran parte della mia vita riempiendomela e, ringrazio il Signore per il grande dono che mi ha fatto. Piera Iucci


RICORDO DEL P. ALBERTO GLI ULTIMI GIORNI

In una email del 30/05/15 P. Alberto mi scriveva, dopo il capitolo provinciale e la mia elezione a consultore, mostrando le sue preoccupazioni e le sue speranze per il futuro del Movimento Laicale Passionista, in genere, e degli Amici di Gesù Crocifisso, in particolare: “Caro Daniele, scusami se non mi sono fatto vivo finora. Mandai gli auguri per mezzo di Facebook, ma non so se li hai visti. Non sono pratico di Facebook e non so che fine hanno fatto. Al P. Provinciale mandai gli auguri alla sua Email e mi ha risposto. In questi inizi (della nuova Provincia) abbiate tanta pazienza. Non sarà un lavoro facile. Occorrerà tanta fede e preghiera. Da quello che ho sentito sto più tranquillo per gli AGC. Ma bisognerà lavorare sul serio per unire in qualche modo i laici di 8 province, senza livellare tutto. Sarebbe un disastro… Dicono che presto si farà una riunione dei responsabili dei gruppi per decidere un cammino. È necessario. Appena si è avviato il carrozzone, io spero che ci sia il mio successore. È urgente, perché la mia memoria è quasi a livello zero. Io rimarrò come collaboratore, in quelle cose che mi verranno assegnate, fino a quando il Signore mi tiene in piedi. Sai che io penso a P. Luciano, che però deve venire qui a Morrovalle. Non è possibile guidare dalla Stella i gruppi principali che sono nelle Marche e in Abruzzo. Scusami tanto per questa lunga chiacchierata, ma se non mi sfogo con te, con chi mi sfogo? Coraggio e sii forte. Quando fui eletto consultore generale, dopo avermi costretto ad accettare, mi dissero che dovevo partire per fare la visita canonica non in qualche regione d'Italia, ma in Messico, io che non ero mai uscito dall'Italia! Prego tanto per te. Prega per me. Un forte abbraccio e tanti benedizioni, con tanti auguri di buon lavoro a te e curia tutta”. Sapete molto bene quanto era forte il desiderio di annunciare l’amore del Dio Crocifisso ed ha proposto questo mezzo: insegnare la meditazione ai laici, in sintonia con il Carisma di Paolo della Croce. Infatti dalla “memoria” dell’Amore di Dio manifestato in Gesù Crocifissone proviene ogni bene. Ricordo molto bene che il P. Alberto viveva per gli AGC e voleva spendere ogni energia per vederli crescere. Non c’era occasione che non mi parlava di voi, dei gruppi delle difficoltà ma anche della gioia di nuovi adesioni e nuove consacrazioni. Mi è stato chiesto però di dire due parole degli ultimi mesi di P. Alberto. Ricordo quando lo vidi a San Gabriele, in luglio dopo la caduta mi disse che aveva scelto l’infermeria perché così poteva riprendersi in fretta e traghettare gli Amici ad un nuovo responsabile. Personalmente ritengo che dalla caduta alla sua dipartita sia avvenuta la “notte oscura di P. Alberto”. Si è trattato di una progressiva trasformazione, che è stata una vera purificazione, in cui ha perso i suoi attaccamenti ai sensi e alle facoltà psichiche (intelletto, immaginazione e desiderio). In effetti P. Alberto si è dovuto spogliare di tutto, incominciando da Morrovalle luogo che lui ha sempre amato, dove è stato tanti anni come maestro e superiore e dove ha fondato gli Amici. È stato privato della salute. Il suo problema non era solamente la vertebra fratturata ma il Parkinson che gli è stato diagnosticato in ottobre e successivamente le metastasi al polmone e alle ossa. Si sentiva emarginato ed inutile e umanamente ha reagito chiedendo di poter fare qualche cosa per sentirsi utile. Scriveva di essere un prigioniero, di voler fare il bibliotecario. In ultimo anche gli affetti famigliari gli sono stati toccati. Era molto legato alla famiglia e a noi nipoti. Quando gli dissi della gravità del fratello Attilio, che è il mio papà, mi guardò e mi disse: “Io mi sto tanto lamentando di questa malattia e mio fratello sta morendo!”. Partecipò anche al funerale. Da quel giorno, per 15 giorni, chiamava due volte al giorno e pregava per lui. Scrisse nel suo diario le ultime righe leggibili il giorno della morte del fratello, “Oggi sono stato al funerale di mio fratello, ho pianto molto ed ho pregato per lui, il Signore lo accolga nella sua pace e gli perdoni tutti gli sbagli”. Il Signore prima di chiamarlo a sé lo ha purificato da tutto distaccandolo dagli affetti, dal gruppo e dal luogo che amava Morrovalle. Nella malattia mescolava i luoghi, per lui Morrovalle e Montepagano o Giulianova e Civitanova erano lo stesso luogo. Disse un giorno a P. Salvatore: “Devi sapere che Morrovalle è dentro Montepagano”. Questo ci dice, pur nella confusione, quali erano i suoi legami affettivi. Il P. Alberto nelle ultime settimane ha vissuto prove molto forti e tentazioni nella fede, racconti che alcuni di voi custodiscono gelosamente. Posso testimoniare che ha pregato sino alla fine, ha salutato e benedetto tanti di voi. Così la notte tra il 21-22 dicembre 2015 P. Alberto è volato in cielo. P. Daniele Pierangioli

13


14

RICORDO DEL P. ALBERTO BREvE BIOGRAFIA

Le scansioni di una vita La vita di P. Alberto si può dividere, grosso modo, in quattro periodi. Il primo è quello della nascita, della fanciullezza e prima adolescenza trascorsa in famiglia e la chiamata vocazionale. Il secondo è rappresentato dal periodo della formazione iniziale nella congregazione passionista. Il terzo, si può individuare nei vari incarichi espletati in provincia e in congregazione. Il quarto è rintracciabile nella fondazione del movimento laicale “Amici di Gesù Crocifisso”. Infine si può aggiungere il suo epilogo ossia l’aggravarsi delle indisposizioni dovute all’età e la morte. La formazione iniziale P. Alberto è nato il 26 Agosto 1929 a Montepagano (TE) e fu battezzato l’8 dicembre con il nome di Giuseppe. I familiari lo chiamavano abitualmente Peppino. I suoi genitori si chiamavano Domenico e Maria. A 12 anni, il 16 settembre del 1942, quindi nel pieno del conflitto mondiale, entrò nell’alunnato-seminario passionista di S. Marcello in provincia di Ancona. Dopo la Pasqua del 1943 scrisse ai genitori in cui si diceva “molto contento (ripetuto e poi cancellato un’altra volta), più contento degli altri anni”. Mandava i saluti alle sue numerose zie e chiedeva ai genitori di mandargli “una di quelle blusette che portavo io, quando stavo a casa, che mi servirà per l’estate, un paio di mutande, lunghe fino al ginocchio e un asciugamano”. Proseguì gli studi a S. Angelo in Pontano in provincia di Macerata. La retta, per nulla esosa, in quel periodo era di 60 lire mensili, comprensiva di tutto. Il superiore, P. Anselmo, scrivendo ai genitori di Peppino li rassicurava: “Vostro figlio sta bene e contento. Raccomandatelo sempre alla Madonna”. In un quaderno scolastico della quinta elementare ho trovato il primo incontro diretto avuto da Peppino con i Passionisti. Era un venerdì del periodo pasquale verso le 10,30 (Pasqua nel 1941 cadeva il 13 aprile). Si recò a Roseto con un suo compagno, tale Liberatore Lulli, perché “vi erano due passionisti che noi li volevamo conoscere, perché noi abbiamo la vocazione di andare nell’alunnato dai Passionisti”. Andarono nella casa della signorina Teresina Forti, dove già era presente don Giulio della parrocchia di S. Maria Assunta, che poi li accompagnò a casa sua e li presentò ai due padri (dei quali purtroppo non viene detto il nome). “Ci fecero sedere – prosegue il temino intitolato “Una gita a Roseto” – “e ci fecero una bella predica dice e ci disse” “dicendoci” (corretto dalla maestra) “che se noi andremo dai Passionisti per studiare è meglio che non ci andiamo, perché Gesù non vuole, ci dissero poi (poi cancellato) che dobbiamo pregare molto la Madonna affinché ci aiuti a fare i buoni e a conservare la vocazione. Ci regalarono una bella medaglia di S. Gemma e un’immaginetta di S. Gabriele. Io rimasi molto contento di conoscerli e delle belle parole udite” (corretto dalla maestra a posto di “della bella predica che ci fecero”). In un altro tema, sempre con lo stesso titolo la cui ultima parte è andata perduta, sempre Peppino aggiunge altri particolari. Una tale “signorina Adelaide Di Furia che pochi giorni prima era stata a Roseto parlò coi Padri Passionisti che aveva chiamato don Giulio per fare più meglio la Santa Pasqua per noi che abbiamo la vocazione di andare dai Passionisti e gli disse che ci dovevano domandare circa la nostra volontà”. Terminato il ginnasio, nell’immediato dopoguerra, cioè nel 1946, entrò, con altri 7 giovani nel noviziato di Morrovalle, dove era maestro in quegli anni P. Fausto Vergari. Terminò l’anno di probazione emettendo la sua prima professione il 15 settembre del 1947. Continuò gli studi, insieme con i suoi compagni di professione, con il corso triennale del liceo filosofico alla Madonna della Stella (1947-1950) . Venne quindi trasferito, con i suoi compagni di noviziato e di studio, nello studentato teologico di S. Gabriele (1950-1954) per il quadriennio teologico. Venne ordinato sacerdote il 24 aprile 1954, sempre al santuario di S. Gabriele, dal servo di Dio Mons. Stanislao Battistelli CP. Celebrò la prima messa in paese l’11 maggio. Il 1954 era anche Anno Mariano, in ricordo del centenario della definizione del dogma dell’Immacolata Concezione. Anche P. Fabiano Giorgini, già a Roma, mandò una immaginetta con Gesù bambino che dorme in braccio alla Madonna “ad Alberto car.mo”, con la scritta: “Dormio sed cor meum vigilat”. Terminato il corso teologico, con i suoi confratelli di ordinazione venne trasferito a Tavarnuzze presso Firenze, per l’anno di sacra eloquenza, durante il quale ci si abilitava all’esercizio della predicazione. Il 3 novembre 1954 scrisse ai genitori una simpatica letterina nella quale raccontava le sue prime esperienze pastorali in una parrocchia vicino Palazzo Pitti (Parrocchia di San Felice in Piazza?). Temeva che la sua prima predica fosse stata “un fiasco”, invece non era stato così, “al più sarà stata una bottiglia!!!”, scriveva. Nel giorno di Ognissanti pronunciò la sua seconda predica che andò bene. Celebrava, confessava e insegnava il catechismo ai ragazzi e alle Associazioni di Azione Cattolica. Insegnante di sacra eloquenza era il p. Atanasio Cipriani; direttore p. Giovanni Pesenti. Il soggiorno a Tavarnuzze durò dal mese di ottobre 1954 a gennaio del 1955; poi il gruppo venne trasferito a Rocca di Papa, dove rimase fino al mese di luglio dello stesso anno. Con questo anno di sacra eloquenza si concludeva ordinariamente il cursus studiorum di base dei Passionisti. Poi si veniva immessi nelle varie comunità per assolvere i primi incarichi in case di formazione o per svolgere i ministeri tipici della congregazione dei Passionisti, prevalentemente impegnati, come si sa, nell’annuncio della Parola, soprattutto con la predicazione delle missioni popolari e degli esercizi spirituali insieme al servizio pas


15

torale nelle chiese e nei santuari gestiti dei Passionisti o nella cooperazione con i parroci secondo le richieste e le necessità. Molto spesso i primissimi anni di sacerdozio si trascorrevano in case di formazione. Nella Provincia PIET in quell’epoca di erano due alunnati detti anche collegi missionari passionisti o seminari minori (San Marcello e Sant’Angelo in Pontano), a cui presto si aggiunse anche un terzo alunnato, a Cesta di Copparo, in provincia di Ferrara, dove P. Alberto ha trascorso 16 anni, dal 1956 al 1972, tolta una brevissima parentesi. Negli alunnati si compivano gli studi interni della scuola media e del ginnasio. Studi interni alla conclusione dei quali non si conseguiva nessun diploma ma che erano ricalcati sui programmi ministeriali delle scuole statali o paritarie. Studi Dopo il primissimo periodo trascorso a Cesta come assistente degli alunni , Alberto poté proseguire gli studi per conseguire la licenza in teologia presso l’università Angelicum di Roma, nell’anno accademico 195758 durante il quale difese la tesi dal titolo “Il Sacerdozio nelle lettere di S. Girolamo”. Tornato a Cesta proseguì gli studi conseguendo a Ferrara nel 1961 il diploma di interprete dalla lingua francese e nel 1965, all’università di Pesaro-Urbino, conseguì l’abilitazione per l’insegnamento di materie letterarie. Come abbiamo detto la scuola media interna non conferiva il diploma al termine del triennio. Per questo p. Alberto si attivò per ottenere la parificazione della scuola media del collegio missionario di Cesta, in modo da consentire sia ai ragazzi che proseguivano gli studi in congregazione, come per quelli che decidevano di rientrare in famiglia, di avere il diploma della scuola dell’obbligo. A servizio della formazione Appena ordinato sacerdote, dopo l’anno di sacra eloquenza, Alberto fu nominato assistente del seminario di Cesta di Copparo. Direttore era il P. Valeriano Liberti che era anche superiore della comunità. A Cesta tornò subito dopo aver conseguito la licenza in teologia a Roma, riconosciuta anche dallo Stato italiano, ossia nel 1958, con l’incarico di direttore. Nel 1969-72 fu superiore a Cesta. Qui rimase fino al 1972, quando venne trasferito a Recanati come consultore provinciale (1972-1974) affiancando il lavoro con i giovani in formazione con altri incarichi a servizio del governo della Provincia; fu infatti eletto più volte Consultore Provinciale, cioè consigliere del superiore provinciale (1963, 1966, 1972, 1987). Venne pure nominato preside della scuola media parificata a Cesta (1965, 1969) che lui stesso contribuì a costituire. Consultore Generale Dal 1974 al 1976 fu chiamato a Roma per ricoprire il ruolo di consultore generale, ossia di consigliere per il superiore generale, con il compito di assistente per le provincie passioniste italiane che in quel periodo erano sei. Le province passioniste italiane avevano già iniziato il lungo processo di unificazione tramite la costituzione, nel 1969, della Conferenza Italiana Passionisti Italiani (CIPI) che sfocerà, nel 2015, nella nascita della Provincia MAPRAES, con cui si unificavano anche giuridicamente tutte le province italiane insieme con la provincia francese e quella portoghese. Tale servizio portò P. Alberto a fare la conoscenza diretta delle altre province e comunità della congregazione sparse in tutto il mondo e in quel periodo già in vigorosa espansione, specialmente in Asia. Questa esperienza allargò i suoi orizzonti, dandogli modo di conoscere in concreto i diversi modi in cui il carisma passionista si radicava nelle culture locali, mantenendo sempre la sua fedeltà di base al carisma e alla missione di fondazione. Rientrato in Provincia e fu eletto superiore e segretario delle Missioni a Recanati. Superiore e consultore In seguito fu eletto superiore di Morrovalle per più di venti anni, in tre periodi (19771987; 1991-1997; 2003-2007). Cesta di Copparo, prima e Morrovalle, poi, sono state le residenze dove ha trascorso la maggior parte della sua vita in congregazione. Per tre mandati fu anche consultore provinciale (196366; 1966-1969; 1972-1974).Dal 1977 al 1985 sempre a Morrovalle fu nominato maestro dei novizi. Dopo che nel 1987 il noviziato venne trasferito a Moricone, Morrovalle divenne sede per gli aspiranti alla vita passionista (postulandato), dopo che era stata decisa la chiusura degli alunnati superstiti: Casale di Rimini e San Gabriele. Alberto ricoprì il ruolo di direttore dei postulanti dal 1992 al 1998. Ma non mancava di dedicarsi al servizio della Parola, secondo il carisma passionista. Assistente Spirituale dei Movimenti Laicali e la fondazione di AGC Fin dal 1977, P. Alberto iniziò a predicare ritiri, esercizi spirituali e a guidare incontri di preghiera per gruppi di laici, in particolare per i gruppi del RnS di Civitanova Marche e Morrovalle, venne pure nominato per vari anni responsabile del Rinnovamento per la diocesi di Fermo nonché membro del Consiglio Regionale. Ma è nel 1989, durante un corso di una settimana di esercizi destinato ai membri del RnS, tenuto alla Madonna della Stella, egli ricevette l’ispirazione di intraprendere la fondazione di un movimento ecclesiale legato al carisma e alla missione della congregazione della Passione. Questa fondazione che avrebbe preso il nome Amici di Gesù Crocifisso assorbì totalmente le energie e gli impegni di P. Alberto negli ultimi 26 anni della sua vita che si concluse il 22 di dicembre del 2015 nell’infermeria provinciale passionista di San Gabriele. Tito Zecca


ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI P.ALBERTO: Come programmato il 18 dicembre a Morrovalle presso il Convento dei Passionisti abbiamo ricordato P. Alberto. In questo numero quanto si è detto e commemorato. Vuole essere un ricordo grato che sostenga il nostro cammino perché P. Alberto è stato, direttamente o indirettamente attraverso gli AGC, colui che ci ha ricordato la compassione e l’amore di Dio per ciascuno di noi. Grazie ai numerosissimi partecipanti a quanti si sono impegnati per rendere bella la giornata con gratitudine e lode a Dio per il dono del P. Alberto. Un grazie al particolare al p. Provinciale che ha voluto essere presente. Il Signore benedica il nostro cammino e ci doni strade di comunione e di pace. P. Luciano

RItIRI 2017 “ EvANGELII GAUDIUM “ RITIRI MENSILI 2017 8 GENNAIO • 5 FEBBRAIO • 5 MARZO • 2 APRILE • 7 MAGGIO • 11 GIUGNO

.

• •

2 LUGLIO 9/13 AGOSTO

15/19 AGOSTO ESERCIZI SPIRITUALI PER FAMIGLIE Madonna della Stella 10 SETTEMBRE 8 OTTOBRE 5 NOvEMBRE 10 DICEMBRE

• • • •

GIORNATA DI SPIRITUALITà ESERCIZI SPIRITUALI PER TUTTI S. Gabriele

MEDITAZIONI MENSILI 2017 • gennaio N. 2 La Passione Trinitaria • febbraio N. 7 Il Servo del Signore: l’Uomo dei dolori • marzo N.12 Il chicco di frumento • aprile N.17 L’unzione di Betania • maggio N.47 Le pie donne • giugno N.28 L’Angelo dell’agonia ed il sudore di sangue • luglio N.32 Gesù davanti ad Anna: lo schiaffo • agosto N.43 Ecco il vostro RE • settembre N.68 La Passione di Gesù continua • ottobre N.48 Si prepara la vittima • novembre N.67 Partecipare alla Passione di Gesù • dicembre N.62 Le Piaghe Gloriose

SOMMARIO 2. P. Luigi vanninetti 3. P. Roberto Cecconi 4. P. Ciro Benedettini 5. P. Ciro Benedettini 6. Don Ennio... 7. P. Roberto Facchinei 8. Pio Calvarese 8. P. Dario di Giosia 9. Marika Astorri 10. Margherita 11. Piera 13. P. Daniele 14. P. Tito Zecca

Gennaio - Febbraio 2017 – Anno XVIII n. 1 Autor. trib. di MC n. 438\99 del 17-12-1999 Sped. Ab. Post. D.353/2003 (L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1, Comma 2, DCB Macerata. Editoriale ECO srl - C. c. p. 11558624 Dir. tonino taccone – Red. P. L. temperilli Mad. d. Stella 06036 Pg – 3336998356 lucianocpagc@gmail.com http://www.amicidigesucrocifisso.org

Misericordiosi come il Padre Meditiamo sul Mistero Pasquale La gioia di incontrare Gesù La certezza di essere amati P. Alberto in famiglia Gli anni di Cesta di Copparo Un ex alunno ricorda Un ex novizio ricorda Dal RnS agli AGC Il sorgere degli AGC La fondazione degli AGC Gli ultimi giorni Breve biografia


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.