rivista settembre ottobre 2016

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In caso di mancato recapito inviare al CPO di Macerata per la restituzione al mittente previo pagamento resi

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Amici di Gesù Crocifisso Rivista del Movimento Laicale Passionista “Amici di Gesù Crocifisso”

Settembre - Ottobre 2016 - Anno XVII n. 5


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GIORNATA DI SpIRITuALITA’ AMICI DI GESù CROCIfISSO 03 LuGLIO 2016 MISERICORDIOSI COME IL pADRE Leone Masnata

SALUTO AGLI AMICI Conosco la vostra fede nel Signore, la vostra forte devozione al Crocifisso, ho seguito con ammirazione il dolce e continuato coraggio di P. Alberto Pierangioli nel fondare, accompagnare e sviluppare questo ramo del laicato passionista che, senza equivoci, anche nella propria definizione, ha messo al centro del proprio cammino cristiano nel mondo, la “Grata Memoria della Passione del Signore” in una dimensione non solo intellettuale, ma di partecipazione completa a livello spirituale, etico ed emozionale. Amate il Signore con tutto voi stessi, mente-forze-cuore. Ci sono due eresie nel cristianesimo di oggi che voi, consapevolmente o inconsapevolmente, state combattendo: la fede “fai da te”, ossia al di fuori e magari contro la mediazione dell’istituzione “Chiesa”, e la fede ridotta a pratica di “qualcosa” (comandamenti, leggi, riti, tradizioni…) e non come rapporto personale e fiducioso con “Qualcuno”, con la persona di Gesù Cristo. Vi definite “amici” di Gesù Crocifisso perché volete sviluppare ogni giorno un rapporto “amicale” con Lui. San Paolo della Croce voleva, infatti, una memoria della Passione del Signore che portasse ogni persona alla convinzione dell’amore fedele di Gesù, fino alla commozione, non superficiale o sentimentale, capace di scuotere l’albero della vita di una persona fino alle radici, di smuoverla, turbarla dentro, convertirla e cambiarla. Ci si converte per commozione davanti all’amore infinito e ostinato di Dio, non per autoconvinzione personale o per paura. Il Laico Passionista deve saper entrare anche nei problemi sociali. Ho sempre sognato che i gruppi dei Laici legati alla spiritualità della nostra Congregazione formassero un laboratorio per la visione del mondo e delle sue vicende attuali alla luce dell’amore del Crocifisso, per diffondere l’orizzonte antropologico, spirituale e sociale che discende dalla Croce del Signore, entrando concretamente in iniziative di vera misericordia e di solidarietà verso tutti. La solidarietà non è solo misericordia, ma anche giustizia sociale, ricercando il riconoscimento della dignità di tutti gli esseri umani, senza eccezioni, lavorando per cambiare le organizzazioni sociali ingiuste. La memoria e la comunione con la morte di Cristo deve generare la nostra conversione, la metanoia, le nostre risposte anche etiche, altrimenti rimane memoria inefficace. E’ inutile fare memoria del passato se essa non incide sul presente, è ipocrisia fare memoria della Shoah se poi ripetiamo nel mondo le stesse nefandezze, gli stessi orrori di allora. I Laici passionisti possono, forse, fare poco per cambiare il corso attuale della storia, ma possono però lievitarla con l’essere cristiani autentici negli episodi della propria vita familiare, sociale ed ecclesiale.

2. DIO E’ MISERICORDIA, NON SOLO MISERICORDIOSO Misericordia ha conseguenze molteplici: sociali, etiche psicologiche, pastorali. Noi qui trattiamo soprattutto della misericordia di Dio, come messaggio su/di Dio. Lo studioso ebraico Claude Montefiore (morto nel 1938) identificava la peculiarità del cristianesimo nei confronti del giudaismo proprio da questo aspetto: “Mentre le altre religioni descrivono l’uomo alla ricerca di Dio, il cristianesimo annuncia un Dio che cerca l’uomo. Gli ebrei credono che Dio è un Dio di amore e di perdono, e che accoglie liberamente un peccatore pentito, ma Gesù ha insegnato che Dio non aspetta il pentimento del peccatore, va a cercarlo per chiamarlo a sé”. Lo possiamo verificare da Gesù che cammina e si ferma sotto l’albero di Zaccheo, dal pastore che va in cerca della pecora smarrita, alla donna che cerca la moneta perduta, ma soprattutto dalla Passione e morte del Signore, lui che al nostro posto e a favore nostro, redime il peccato del mondo, vince la morte, apre alla festa della vita eterna, ossia alla vita dell’Eterno. Dio ha rotto il suo silenzio eterno, rivelandosi personalmente e gratuitamente all’umanità, chiamando gli uomini a essere suoi figli e collaboratori. L’uomo ora non è più solamente davanti al silenzio di Dio, ma anche alla sua Parola. Il momento decisivo e più completo di questa rivelazione è la morte e risurrezione di Cristo. Dio-Misericordia non è soprattutto frutto dell’investigazione teologica dell’uomo, ma dell’autorivelazione progressiva di Dio stesso. E qui abbiamo una vera sorpresa: Dio è misericordia, non solo misericordioso, ha un cuore vicino alle nostre sofferenze. Mentre la misericordia di Dio (amore) è già presente nell’AT, anche se spesso rimane come una promessa, nel NT diventa la sua massima rivelazione, manifestata attraverso la Parola di Dio fattasi carne. Dio è venuto verso noi nella storia, esprimendosi nel nostro linguaggio.


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Nel NT Dio s’identifica in Cristo morto, facendolo risorgere: la sua vittoria della morte diventa Kerigma. La risurrezione, infatti, è l’origine della predicazione della Chiesa. Dio non viene più considerato solo nei suoi aspetti metafisici, come la trascendenza, il dominio, la santità, la giustizia, la gloria, l’universalismo, il rispetto, l’adorazione, ma nel suo amore misericordioso per noi. Il Crocifisso sarà decisivo e indispensabile per definire Dio misericordia, accoglienza, comunione, condivisione. Già il nome di Gesù, Emmanuele, significa “Dio aiuta”, “Dio con noi” (Mt 1,23) e nel proclama del proprio programma di base nella Sinagoga di Nazareth (“il Signore mi ha mandato per…”) (Mc.1,14: Lc 4,1821), Gesù si presenta come Colui che prolunga la storia della misericordia di Dio (Mt 1,22; Lc 1,72; 1,78), assicura che il Regno di Dio è vicino, incominciando proprio con i miracoli a favore dei deboli e nel cacciare i demoni. Gesù ha iniziato la sua missione legandola a Is 61: “Lo spirito del Signore è su di me, … per liberare gli oppressi, per proclamare l’anno di grazia del Signore” (Lc 4, 18-19). Oppure, in Mt 12, 17-21, a Is 42: “Ecco il mio servo… manderò su di lui il mio spirito e proclamerà la giustizia alle nazioni…egli non spezzerà una canna incrinata né spegnerà una lampada debole finché non porterà la giustizia alla vittoria”. Gesù ha ricevuto il comando di salvare tutti: le parabole della misericordia, la morte del Signore per la salvezza di tutti, il ministero universale della Chiesa (“andate in tutto il mondo…”) ci dicono l’infinita paziente attesa e continua azione di Dio perché nessuno si perda. La novità è la misericordia per tutti e non per qualche categoria di persone, perché Dio è Padre di tutti (Mt 6,9; Lc 11,2). Gesù è il Samaritano (Lc 10,25-37), mentre il Padre abbraccia il figlio prodigo (Lc 15, 11-32) dove la giustizia più grande sta nella festa per il ritorno di chi si era perduto, che non viene rimproverato, ma solo rivestito della proprio dignità. La Rivelazione è stata così uno “svelamento progressivo” del volto di Dio, e la Croce e Risurrezione di Gesù hanno tolto l’ultimo velo, manifestando l’Essere divino come Colui che viene e che soffre per noi: svela un Dio che ama, con amore ostinato, rimane amore anche se rifiutato, dona lo Spirito Santo, ci lascia Maria sua madre come nostra Madre, perdona tutti i peccatori, aprendo a tutti le porte della salvezza eterna. Solo la Croce ci ha permesso di formulare completamente Dio nei termini dell’amore. La Croce ci permette, infatti. di dire chi è Dio: è Amore (1Gv 4,16), è misericordia e perdono (Mc 5,19; 11,25), è riconciliazione con il peccatore (le parabole del buon pastore (Mt 18,12-14); figliol prodigo (Lc 15, 11-31). La Passione e Morte del Signore in Croce esorcizzano (cfr. il “tu ragioni come Satana” detto a Pietro che voleva impedire il messianismo sofferente di Cristo) tutte le immaginazioni e definizioni precedenti di Dio, le cancella tutte e definitivamente. In conclusione il Crocifisso non è più una semplice notizia su Dio tra le altre, ma è la notizia di Dio. Dio lo si capisce come Amore (S. Agostino) e Dio amore lo si capisce nel Crocifisso (S. Bonaventura). Ora diventa necessario perciò interrogarci non solo su Dio, ma sul Dio misericordioso, perché il nostro Dio è “ricco di misericordia” (Ef 2,4). Dio consola perché possiamo consolarci a vicenda (cfr. 2Cor 1,31). Solo questo può dare speranza all’uomo, speranza di nuovi inizi, speranza di vie di uscita anche nelle esperienze più negative e devastanti.

3. RAppORTO TRA MISERICORDIA E GIuSTIZIA DI DIO Esistono varie forme di giustizia: legale, retributiva (la legge del taglione-fa quello agli altri che ti fanno) e vendicativa. In queste forme di giustizia, in genere, i buoni vengono premiati e i cattivi castigati. Ma un Dio che abbia solo queste possibilità di giustizia è un Dio angosciante. L’idea veterotestamentaria di Dio come Dio della giustizia non è legata, infatti, alla vendetta e alla punizione, perché è un Dio che agisce a favore del suo popolo, lo libera dalla schiavitù d’Egitto, è un Dio che, entrando in una relazione di alleanza, lega a sé il popolo di Israele . Allora in Dio la giustizia è la sua fedeltà all’alleanza, per cui quando Egli è pregato affinché faccia giustizia (Sal 82,3-4) significa che salvi l’alleanza. Nel tradimento dell’alleanza, paragonato al tradimento matrimoniale, Dio nel suo interno rimane sconvolto, ma la sua compassione vince sull’ira e sulla giustizia: “Io sono Dio non uomo, sono il Santo, non verrò da te con la mia ira” (Os 11,9). Dio manifesta la sua sovranità con il perdono. Preferisce perdonare e il perdono è la sua giustizia. Isaia lo rivela con questa stupenda affermazione: “Per un breve istante ti ho abbandonata, ma ti raccoglierò con immenso amore. In un impeto di collera ti ho nascosto per un poco il mio volto, ma con affetto perenne ho avuto pietà di te. Anche se i monti si spostassero e i colli vacillassero, non si allontanerebbe da te il mio affetto, la mia alleanza di pace” (Is 54,7-10).


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La giustizia di Dio è “giustizia giustificante”, è misericordia. Se Dio è misericordia tutto in Lui defluisce come misericordia. Lo stesso mistero pasquale è suprema giustizia di Dio: in esso comprendiamo che il male e il maligno, che hanno messo in Croce il Salvatore, sono condannati e sconfitti, il peccatore che confida nella misericordia di Dio è perdonato. Il mistero pasquale chiarisce anche che la morte di Gesù in croce non fu una semplice morte tragica, ma il momento in cui Dio stesso identificandosi nel Crocefisso si è identificato con il povero, con tutti i poveri e i sofferenti, e ora li difende, li fa risorgere e vivere. La giustizia di Dio assicura a tutti il paradiso, senza distinzioni (questa idea commuoveva anche Marx, che tra l’altro diceva che al cristianesimo bisognava perdonare tutto perché ci aveva insegnato ad amare i bambini). Con la Passione di Cristo si supera ogni giustizia umana, non solo quella del taglione, ma anche legale e commutativa, e l’amore al prossimo viene elevato a categoria universale, senza fare nessun genere di distinzione. Non fare così si rimane a livello umano, per cui si amano solo i prossimi, i parenti, quelli della propria nazione o religione, non si amano i nemici, gli estranei, i seguaci altre religioni, i diversi… Anche questa è una nuova interpretazione di Dio, mentre l’ebreo era convinto di avere delle preferenze esclusive davanti a Lui. Il Dio della giustizia e il Dio della salvezza e della grazia coincidono. Su questo concetto di giustificazione si sono finalmente accordati, dopo secoli, i cattolici e i protestanti luterani. La misericordia di Dio è la sua giustizia e la giustizia la sua misericordia. La misericordia è l’identità di Dio. Dio non diventa misericordioso in relazione ai nostri bisogni, ma è misericordioso in sé. Dio dà a ognuno ciò che è necessario al suo bisogno, e spesso è più di quello che merita (Lc 15,11-3). La parabola degli operai pagati con lo stesso stipendio, pur non avendo tutti lavorato lo stesso numero di ore, significa appunto che il Signore non segue la nostra retribuzione salariale, non paga quantificando la retribuzione sul lavoro compiuto, ma sul bisogno di ciascuno. Anche l’operaio che ha potuto lavorare solo un’ora, aveva una famiglia da mantenere, come gli altri che avevano lavorato tutto il giorno… Il padrone allora si è giustificato così: “Non posso fare del mio, cosa ne voglio? Sei geloso della mia bonta?”. paul Ricoeur riassume il tutto accettando che l’idea di giustizia in Dio, non è la giustizia distributiva o commutativa, ma l’amore, la solidarietà incondizionata con l’altro, l’affermazione incondizionata dell’altro, fino all’amore per il nemico. Nemmeno l’inimicizia per Dio è una condizione per non usare misericordia. Dio si nutre d’amore, anche per i nemici. In questo senso Dio non ha nemici. Egli segue la logica del dono e non dello scambio, la logica della sovrabbondanza più che quella dell’equilibrio e del calcolo. Rimane però ancora il mistero inspiegabile del rapporto tra bontà di Dio onnipotente e la sofferenza umana, specie innocente. Ci si espone al “facilismo” spiegando questo problema perché tutte le risposte date falliscono e non convincono … Negli incontri con il Risorto gli Apostoli si convinsero allora che “tutto concorre al bene per quelli che amano Dio” (Rom 8,28). Solo l’intervento dello Spirito Santo misteriosamente fa intuire il senso profondo e la fecondità di queste sofferenze. Io sono stato illuminato su ciò non dai ragionamenti, ma quando un’ammalata, in carrozzella dall’infanzia, mi ha detto: “Sono contenta di essere così, perché sono Gesù che soffre oggi per la Chiesa”. Come andrà a finire? Il Crocifisso è la dimostrazione contemporanea della misericordia e della giustizia di Dio, ma anche che il peccato è la più grande disgrazia per l’uomo. Non è il Padre che ha messo in croce Gesù, siamo stati noi con il peccato. Nel Crocifisso abbiamo così, contemporaneamente, la dolcezza della misericordia che apre il paradiso a tutti e l’inferno devastante in cui si trova chi rimane nel peccato. Il corpo dilaniato del Signore in Croce è la più chiara dimostrazione della devastazione che il peccato causa al peccatore. Il peccato è una cosa grave, e il Signore che ha voluto portarlo su di sé, ne ha mostrato la pericolosità nell’orrore della croce. La salvezza non ci è stata data a buon mercato, non è stato uno scherzo. Gesù è morto per noi (1Cor 15,3; Rm 8,3; 2Cor 5,25), ma non ha sostituito la nostra responsabilità personale di evitare o di uscire dal peccato. La salvezza non è, quindi, grazia a buon mercato, perché a noi è chiesto di scegliere il bene ed evitare il male. In Cristo la morte spirituale e la morte fisica sono state vinte, per cui la nostra vita non si spegnerà. Tra la morte e la vita vi è stato un grande duello e ha vinto la vita. Però Dio prende sul serio la nostra libertà: Dio è Amore, propone, consiglia, ma non costringe mai! . “Pongo davanti a te la benedizione e la maledizione: scegli!”


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Il ponte verso la vita eterna è la misericordia, l’amore compassionevole. Il brano di Lc 16,19-31 (Ricco epulone e il povero Lazzaro) dice appunto che la vita terrena è collegata a quella eterna: il ponte gettato sull’abisso per cadere tra le braccia di Abramo e non nell’inferno dipende dalla misericordia usata durante la vita verso i poveri e i bisognosi, o verso coloro che hanno sbagliato. Bisogna oggi fare il bene, dare il bicchiere d’acqua al povero, il vestito all’ignudo, la consolazione al disperato, il consiglio al dubbioso, il perdono al nemico... Come avete misurato sarete misurati, come avete perdonato sarete perdonati“Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia” (cfr Mt 5, 1-6).

4. MISERICORDIOSI COME IL pADRE “Se ti accusassero di essere cristiano, troverebbero delle prove contro di te?” . Sì: essere misericordioso come Dio, come Gesù, usare misericordia verso tutti, ma proprio tutti. Se mi fanno quest’accusa, sono certo di essere un vero cristiano. Cos’è la misericordia? si domanda il Papa nell’indire il Giubileo. E’ solo di Dio o è anche il vero volto del Cristiano? Del cristiano soltanto oppure è ideale anche dell’umanità? Il Papa dice che l’anno del Giubileo si deve vivere “alla luce della parola del Signore: “Siate misericordiosi come il Padre” (cfr Lc 6,36”). Quindi la misericordia non è sola di Dio, ma una caratteristica della nostra somiglianza con lui. “Sono convinto - ha concluso il Papa nel discorso del 13 marzo 2015 in cui ha indetto il Giubileo - che tutta la Chiesa, che ha tanto bisogno di ricevere misericordia perché siamo tutti peccatori, potrà trovare in questo Giubileo la gioia per riscoprire e rendere feconda la misericordia di Dio, con la quale tutti siamo chiamati a dare consolazione a ogni uomo e ogni donna del nostro tempo”. In questo modo il Papa unisce la misericordia di Dio per noi e la misericordia tra di noi. Ma è lo stesso vangelo che compie questa saldatura indistruttibile al termine del Padre Nostro, chiedendo al Dio di perdonarci come noi ci perdoniamo a vicenda, e di misurarci nel giudizio finale come ci siamo misurati tra noi su questa terra. Misericordia significa esercitare insieme a Dio il suo stesso amore, avere la forza di amare con Lui tutto e tutti. Questo è il senso del “comandamento nuovo, amatevi a vicenda come io vi ho amato, così voi dovete amarvi l’un l’altro” (Gv 13,34). Il “come” è anche traducibile con “perché”: ossia possiamo amare “perché” Lui ci ha amato per primo (1Gv 4.10.19), quindi amiamo con lo stesso amore di Dio in no …. Dio è addirittura con-sofferente con noi per cui anche noi esercitiamo l’amore insieme a Dio (agape), partecipiamo all’amore stesso di Dio, nella “comunione di sofferenza con Cristo” (Fil 3,10), “nella pazienza di Cristo” (2Tes 3,5). Non si tratta però di cercare la sofferenza per la sofferenza, come vuole una mistica esasperata e anti evangelica, che potrebbe essere una vera contraddizione dello spirito pasquale. Il vangelo ha affermato che più abbandoniamo il nostro io in questo “morire di Cristo” per amore, più ritroviamo noi stessi come “nuovo uomo” in Lui. Ci si dona all’altro, ma non ci si perde, anzi ci si realizza … “Chi dona la propria vita, la ritrova …” dice il Vangelo …. L’amore per essere amore non ha bisogno di troppi motivi. Il vero motivo dell’amore è l’amore stesso. più motivi sono necessari per amare una persona, meno amore è. Se crollano i motivi, infatti, si spegne lentamente anche l’amore! La persona è più dei suoi meriti o demeriti, salute o malattia, intelligenza o ignoranza, ecc. E’ la persona che deve essere amata. Non ho nessun diritto e nessuna giustificazione, per es., di mancare di attenzione e di rispetto a mio padre o mia madre perché non hanno le mie stesse idee: la persona di mio padre e di mia madre è più grande e importante delle idee che hanno. E’ la persona che è immagine di Dio! Dobbiamo ripresentare l’amore di Cristo oggi come imitazione di Cristo, dei suoi sentimenti, prendendo la croce ogni giorno e diventando servitori di tutti. Non è solo commozione o pietismo, moralismo, ma essere inseriti in Cristo, non solo per sforzo personale e morale, ma accogliendo lo Spirito Santo attraverso la comunità ecclesiale, i sacramenti, lasciando aperto allo Spirito Santo lo spiraglio di poterci chiedere sempre il nuovo, impedendo di attestarci sulla linea del bene compiuto. Allo Spirito Santo vogliamo chiedere in particolare: A) L’amore come unità della persona Per l’Agape noi partecipiamo alla vita stessa di Dio e, come tale, è necessariamente unitaria. Essendo essenzialmente donazione e contemporaneamente realizzazione di sé, in essa si armonizzano tre amori: a Dio, al prossimo e a se stessi. … Perciò è responsabilità della persona umana tenere insieme queste tre direzioni dell’amore. L’uomo è cosa buona e degna di essere amata per cui il suo amore forse incomincia proprio dall’amare se stesso “secondo il progetto di Dio su se stesso”.


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Ossia non si può contrapporre Dio all’io e l’io a Dio, il prossimo all’io e l’io al prossimo, ma nell’amore unitario e unificante l’amore a se stessi sta proprio nell’amore e nel servire Dio e il prossimo. Il disordine è amare se stessi in modo disordinato, per es. non portando ogni giorno la propria croce, non osservando i comandamenti del Signore, ecc. Il comando “ama il prossimo tuo come te stesso” significa amare veramente l’altro con affetto e non solo per dovere o per convenienza. E’ vero che l’amore è anche un comandamento, ma è soprattutto “grazia che si fa precetto senza cessare di essere grazia, in quanto è la stessa carità di Dio riversata in noi che ci rende “naturalmente”, cioè per forza propria e quindi avvertita come spontanea, capace di corrispondere al suo amore amando anche il prossimo” . B) L’amore ostinato per tutti L’amore di Gesù per noi è ostinato, incondizionato, e quindi anche ai nemici. I discepoli di Cristo devono addirittura accettare l’umiliazione, le ingiustizie, anche se possono certamente difendersi, se vogliono imitare la condotta di Dio. Dio non fa distinzione di persone, fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi. Il Crocifisso innocente in croce ci grida: “Siate ostinatamente misericordiosi”. Amate ostinatamente, anche quando costa, quando sembra non si ottenga tanto o non si risolvano i problemi, ecc. … L’amore ostinato si manifesta in quattro circostanze: 1) amare sempre, anche se non sei capito e forse emarginato, 2) amare anche se l’amore sembra uno strumento debolissimo per risolvere i problemi, 3) amare sempre e fino alla morte, perché questo è il disegno del Padre, 4) amare prendendo su di te le colpe che non sono tue, portare il peccato che è commesso dagli altri. C) portare per amore colpe che non sono nostre Quando parlo di questa estrema partecipazione all’esperienza dell’amore di Cristo, ho sempre paura di non essere compreso e accettato. E’ un aspetto del cammino d’imitazione di Cristo che contraddice le più elementari leggi del buon senso. Chi può accettare di essere ritenuto colpevole, di portare la condanna pur essendo giusto, se non Dio? Solo l’Altissimo può abbassarsi così tanto e rimanere Dio. Solo il Santissimo può farsi peccato e rimanere integro. L’avvocato Carnelutti leggendo Matteo 25, rimase colpito dalla frase di Cristo “ero in carcere”, identificandosi così, senza condizioni, a tutti i carcerati, anche quelli colpevoli dei più orrendi delitti… Solo un innocente o un Dio, abbassandosi così, non perde la propria dignità e purezza. E Carnelutti tornò alla fede…. Papa Francesco nell’Assemblea CEI del 2013 disse: “Ne siamo convinti: la mancanza o comunque la povertà di comunione costituisce lo scandalo più grande, l’eresia che deturpa il volto del Signore e dilania la sua Chiesa. Nulla giustifica la divisione: meglio cedere, meglio rinunciare – disposti a volte anche a portare su di sé la prova di un’ingiustizia – piuttosto che lacerare la tunica e scandalizzare il popolo santo di Dio”. Ho presentato allora con coraggio ai Laici passionisti questo pensiero e qualcuno mi ha confermato: “E’ proprio così Padre che possiamo salvare il matrimonio in certi momenti di difficoltà. Molte volte accettiamo in una discussione colpe non nostre, ma poi, con il tempo, l’altra parte ringrazia e riconosce che la ragione era nostra”. D) L’Amore è la più sicura vittoria sul male e sul maligno L’Amore ha preso corpo nella storia e chiedere alla Chiesa di essere e agire altrimenti, non ha senso, sarebbe per lei un tradimento, ossia fare gli interessi del nemico di Dio, il maligno. “Dio è amore” (1 Gv 4,7): Luce, Vita e Verità Luce, Vita, Verità e Amore si oppongono frontalmente alle qualifiche di Satana che invece è definito, principe delle tenebre, autore della morte, padre della menzogna e dell’odio. L’uomo è da allora libero di scegliere tra luce e tenebre, verità e menzogna, vita e morte, amore e odio . Si comprende ora bene la frase di Giovanni: “Dio è amore”, “Chi non ama non conosce Dio perché Dio è amore”, chi non ama fa parte del nemico di Dio. Possiamo dire allora che chi non ha misericordia non conosce Dio perchè Dio è solo misericordia. L’amore donato diventa comandamento, per cui l’amore dei fratelli è la verifica dell’autenticità del nostro amore a Dio.


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5. CONCLuSIONE Gesù storicamente fu uomo di comunione. Nell’incarnazione il Figlio di Dio si è spogliato della gloria della condizione divina, e si è messo dietro a tutti. Si è spogliato della ricchezza: essendo ricco si è fatto povero per noi (cfr 2 Cor 8,9). Ha cambiato il possesso in donazione. Ha assunto la nostra debolezza, la nostra vicenda, con le sue paure, le sue debolezze, le sue situazioni di peccato, senza alcun privilegio. “Mosso a compassione”, si è identificato con i poveri, gli oppressi e i maledetti. Ha predicato la venuta del Regno, definendolo come un banchetto, dove ricchi e poveri si siedono a mangiare insieme (Mt 22, 1-14), una società dove regna una completa solidarietà. Questa comunione in Gesù non è rimasta semplicemente una sterile vicinanza, una semplice pietà, ma si è trasformata in preoccupazione e aiuto all’altro. Ha guardato l’altro come parte della propria esistenza, ha percorso insieme il cammino, è stato solidale perché non ha pensato solo “a che sarà di me”, ma anche “a che sarà dell’altro” . papa francesco ci ripete spesso di aprirci con fiducia alla tenerezza di Dio: Dio è una mamma che ci ama gratuitamente, è un Dio vicino all'uomo come una madre col suo bambino. Un Dio che “è papà, più ancora è madre”, come disse Giovanni Paolo I nell’Angelus del 10 settembre 1978. “E’ tanta la vicinanza” di Dio all’uomo, che Egli “si presenta come una mamma che dialoga con il suo bambino”, una mamma che “si fa piccola come il bambino e parla con il tono del bambino al punto di fare il ridicolo: ‘Non temere, vermiciattolo di Giacobbe’”. “Una mamma dice queste cose al bambino mentre lo carezza”; “Dio fa così. È la tenerezza di Dio. È tanto vicino a noi che si esprime con questa tenerezza: la tenerezza di una mamma”. “Se noi avessimo il coraggio di aprire il nostro cuore a questa tenerezza di Dio, quanta libertà spirituale avremmo! Quanta!”.

La preghiera in cripta del santo

Giubileo della Misericordia

La conferenza del Padre Leone Masnata

Attraversamento “Porta Santa”


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teStImOnIAnze

Molto bello il Giubileo degli Amici di Gesù Crocifisso di domenica 3 luglio 2016 a San Gabriele. Erano presenti quasi tutte le Fraternità compresa quella di Fossacesia con una trentina di persone. Il Signore benedice il nostro cammino e ci rafforza con la sua Misericordia che dona a ciascuno di noi. Essere uniti e far parte di un unico movimento che condivide la spiritualità passionista cioè la spiritualità dell’amore ci responsabilizza maggiormente di fronte agli altri. Dare la nostra testimonianza con il vivere il vangelo e essere contenti di questo è una grande grazia per noi. Avere sempre un cuore nuovo da affidare a Dio senza paura! Gesù continua con noi. Ringraziamo tutti i partecipanti soprattutto i nuovi che hanno voluto esprimere con la loro presenza un segno vivo di affetto per gli amici di Gesù Crocifisso, al nostro assistente spirituale Padre Tito Paolo e a tutti coloro che hanno collaborato per la buona riuscita della giornata. Paola Anche quest'anno, il 3 luglio, abbiamo avuto la grazia di ritrovarci tutti insieme alla giornata di spiritualitá a San Gabriele. Vi sono stati momenti molto intensi per noi laici passionisti che, grazie ai padri che ci accompagnano a crescere nell Amore a Gesù Crocifisso e Risorto hanno reso questo giorno davvero molto bello. La catechesi tenuta da padre Leone Masnata ci ha dato molti spunti di riflessione personali e comunitari. Il passaggio alla Porta Santa, attraversata con profonda devozione, ci ha condotti, come pellegrini amati, a vivere la Santa Messa come un popolo desideroso di vivere come un dono la vita terrena rivolta a raggiungere il suo Creatore, nonostante i venti contrari e le tempeste che incombono fuori e dentro di noi. Padre Alberto e padre Adalberto che quest 'anno non erano con noi fisicamente perché Dio li ha chiamati a sé, sicuramente ci hanno assistiti con la loro preghiera e la loro intercessione. M.Letizia Civitanova Marche

Carissimo p. Luciano, lei mi chiede una testimonianza sul Giubileo del 3 luglio a S.Gabriele. Con me è venuta mia nipote, 18 anni, animatrice ACR in parrocchia, ma alla prima esperienza con me nelle nostre giornate di spiritualità. Quello che mi ha colpito è stata la sua ricerca di intimità con Gesù'. Ha passato ogni momento libero, ogni istante che la giornata permetteva o davanti al Crocifisso o in Cripta in silenzio e meditazione. Ecco, padre, l'ho invidiata facendo anche peccato perché avrei voluto poterlo fare io. Intendiamoci la giornata è stata splendida, stare insieme agli altri fratelli e sorelle è stata una gioia, ma il fatto di avere vari impegni, l'organizzare i canti del mattino, per la messa e le altre cose, non mi ha dato il tempo di fermarmi e pensare. Capisco che anche il servizio è preghiera ma mi è mancata quell'intimità' che invece ha avuto lei. Mentre scrivo ascolto Papa Francesco che dal Santuario di S. Giovanni Paolo II a Cracovia fa' l'omelia per i sacerdoti e consacrati. Lui dice che la casa dove abitiamo non è la nostra casa. La nostra casa è in ogni parte del mondo dove siamo chiamati a servire e non ad essere serviti, dove noi cristiani dobbiamo essere al servizio dei fratelli che soffrono e che hanno bisogno. A volte mi sento come Marta e vorrei essere Maria. Pensandoci bene però sono le due fecce della stessa medaglia: PREGHIERA E SERVIZIO. In questo anno della Misericordia prego il Signore di darmi la forza di non perdere mai di vista le due cose e che l’una senza l'altra non vale un granché. Grazie della sua pazienza, preghi per me. Laura, Morrovalle Il tre luglio 2016 abbiamo celebrato il Giubileo degli Amici di Gesù Crocifisso al santuario di San Gabriele. Ripercorrendo le orme già tracciate del nostro amato Santo Padre abbiamo avuto la grazia di vivere questa giornata tutta dedicata alla Divina Misericordia con San Gabriele. La giornata si è aperta con le lodi presiedute da P. Luciano ed è poi proseguita con la catechesi di P.

Leone. Una catechesi molto interessante completa ed incisiva, incentrata proprio sul significato della Divina Misericordia. Un passaggio fondamentale è stato proprio quello in cui P. Leone si è soffermato a sottolineare la Misericordia del nostro Dio, di questo Dio che ama infinitamente e lo fa attraverso Suo Figlio. La Croce di Cristo è il vero volto di Dio. Quindi alla luce della Misericordia fare memoria della Passione di Cristo senza che questa possa generare o medicare non serve a nulla. La Misericordia è amore sempre, amore anche se l’amore sembra inefficace per risolvere certi problemi, amore fino alla morte, amore senza condizioni. Difficile, eppure credo che questo sia il punto più importante da custodire e da vivere, proprio per noi che viviamo la spiritualità passionista. Un’altra circostanza molto emozionante è stata quella processione giubilare quando abbiamo attraversato la Porta Santa. Un momento molto toccante in cui abbiamo sperimentato davvero la grazia del perdono; un’occasione in cui è offerta a noi credenti la possibilità di rinnovarsi anche per chi è già in cammino da tempo. La giornata è proseguita con la Santa Messa e si è conclusa con alcuni appuntamenti molto piacevoli del pranzo al sacco, alla visione di un bel film, fino alla lotteria finale. Sono stati istanti molto piacevoli per stare insieme, per conoscerci meglio, per condividere in semplicità non solo il momento della preghiera, ma anche quello vero e proprio della “fraternità”! Un ringraziamento di cuore va sicuramente a tutti i padri che ci sostengono e ci accompagnano in questo cammino, a Paola sempre disponibile e presente soprattutto per noi che apparteniamo da poco a questa famiglia di laici passionisti, anche ad Anna che fu proprio la prima persona ad accogliermi nella fraternità. Un abbraccio a tutti voi amici di Gesù Crocifisso certi che ci lasceremo travolgere e trasformare dalla Divina Misericordia. Monica


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Il 3 luglio u.s. tutta la famiglia passionista degli A.G.C. ha celebrato il giubileo della misericordia nel santuario di San Gabriele. Come stabilito è stato veramente “il cammino della misericordia con San Gabriele”. Infatti, dalla sua tomba è partito il nostro itinerario penitenziale con canti e invocazioni tipiche dell’animo penitente che nell’alone della coralità mi hanno riempito di commozione, facendomi ripensare al mio lungo viaggio esistenziale a volte gioioso, a volte triste, spesso angosciato, sfiduciato e talvolta duramente provato. Ho ricordato i momenti a cui non ho saputo rispondere con quel ricorso alla fede e alla preghiera che mi consentivano di conoscere il valore immenso della Riconciliazione con me stessa e soprattutto con Dio. Terminato il percorso, attraversando la porta Santa, con commozione e trepidazione, ho capito che la misericordia non è l’azione di un momento, bensì “ una meta da raggiungere che richiede impegno” come dice Papa Francesco. È parte integrante della vita umana e per il credente un traguardo nel suo cammino di conversione. Ho vissuto una giornata irripetibile di tanta grazia, permeata dalla divina misericordia e vissuta nell’ottica della memoria, del ringraziamento e della gioia. Un Giubileo della memoria, vissuto in comunione fraterna insieme a tanti fratelli delle varie Fraternità ritrovati dopo tanto tempo. Un Giubileo di ringraziamento durante tutta la celebrazione eucaristica culminato nell’ “Amen” corale con cui ho ripetuto la mia adesione totale ad una fede, che è cresciuta nel tempo, nonostante le varie cadute, rialzate dalla divina misericordia. Un Giubileo della gioia. La parola stessa ci invita a fare festa, una grande festa, permeata di immenso giubilo. Così è stato per me; una gioia indescrivibile, quale è sempre quella di chi si riscopre amato da Dio Margherita Padovani Madonna della Stella


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le VIe dI SAn gAbrIele teStImOnIAnzA

Rev.mo P. Luciano, le comunico con gioia che in data odierna ho ricevuto il plico contenente il materiale che mi ha spedito per aderire al movimento laicale “Amici del Crocifisso”. Ho letto con emozione lo statuto e trovo bellissimo il libro “Voi siete miei amici” mi sarà utile per i momenti di preghiera sia personale che comunitaria. Intanto mi presento ancora una volta, mi chiamo Emanuele Mauceri ho 50 anni e lavoro nel calcio dilettantistico. La mia vita raccontarla in una lettera è un enigma che finirebbe di annoiarsi a leggere, quello che posso dirLe è che non mi sono mai sentito solo, aldilà della bellissima famiglia che il Signore mi ha donato, ovvero i miei genitori (oggi defunti), ma intendo la presenza dell’amore di Dio nella mia vita vissuto fin da bambino in parrocchia da una figura speciale a cui io sono legato da sempre, la Vergine Addolorata. Inutile dirle che ho provato a concretizzare questo amore nel sacerdozio, ma la vita mi ha riservato delle insicurezze che non mi hanno fatto degno di tanta grazia. Il culmine maggiore lo vissi nel 2008 quando nella mia terra di Sicilia, dopo un esperienza comunitaria nei Passionisti, nel momento in cui decisi di entrare, un lutto improvviso sconvolse la mia serenità a tal punto che non intrapresi più il cammino lasciandomi alle spalle tutto ciò che avevo costruito in quella bellissima esperienza sai Passionisti a Mascalucia e poi a Borgetto. Ho sempre creduto che forse non sono degno di tanta grazia perché il sacerdozio è qualcosa di così immenso che oserei paragonarlo ad un dono maggiore della vita stessa che possediamo, perché la vita è per tutti ma il sacerdozio per gli eletti, anche se so benissimo che attraverso il Battesimo lo siamo tutti eletti in Cristo. Adesso le racconto come è cambiata ultimamente la mia vita. Dopo che lasciai l’idea di entrare tra i passionisti la mia vita non è stata di certo monotona, ha dovuto assistere nella malattia prima mia madre poi mio padre entrambi deceduti per tumore. Ma nel contesto di questi eventi, i più importante è quello che avvenne a me stesso la sera del 30 aprile 2009, un incidente che mi fece fare un salto nel vuoto di quasi tre metri in un condominio nella mia città per dei lavori alla struttura non segnalati ed io ci son finito dentro, un alto nel buio che si concluse con diverse fratture gomito, bacino ma che poteva avere risvolti peggiori se Dio per intercessione di San Gabriele non ci avesse messo del suo, perché rischiavo la paralisi alle gambe o nel peggiore dei casi la morte se avessi avuto lesioni interni gravi visto che sono stato soccorso a distanza di ore. La mia supplica fu al nostro San Gabriele dell’Addolorata, gli dissi ti prego fa che io torni a camminare. Porto ancora i segni delle cicatrici della caduta ma per grazia ricevuta cammino e sono tornato al mio lavoro. Non andai subito a ringraziare il Santo perché gli eventi successivi familiari con due lutti non mi portarono subito lì ci ho messo 7 anni a recarmi in Abruzzo da San Gabriele, e l’ho fatto lo scorso aprile dopo che Lui stesso, San Gabriele in sogno mi disse, Emanuele vieni a trovarmi ti sto aspettando. Appena ho potuto son salito in macchina e sono andato ben 10 ore di macchina ma felice dell’esperienza, perché ho percepito una gioia indescrivibile e la sua presenza in modo così fraterno da aver pianto come un bambino. Dopo che salutai il Santo e ringraziandolo per il dono ricevuto gli dissi spero di avere di nuovo la gioia di venirti a trovare e grazie per avermi salvato anche se forse non lo meritavo gli dissi e magari non avrei sofferto il dolore della perdita dei genitori. La stessa notte mentre in macchina in sosta presso un autogrill mi ero fermato per riposarmi, venne in sogno con una frase che ha cambiato la mia vita, “Se fossi morto quella sera non ti saresti salvato”. Questa frase per me fu come un fulmine a ciel sereno… Mi Dio dissi, e come son combinato allora… da quel viaggio, inutile dirLe che ho avuto la gioia di sognare il mio Gabriele altre volte e questo mi ha aiutato a crescere nel cammino che sto facendo in parrocchia e nella mia comunità cittadina in collaborazione con i sacerdoti della comunità cittadina che sono al corrente dei fatti e che mi aiutano nel discernimento anche se a loro dire avrei bisogno di un Passionista come direttore spirituale ma li ho a 120km e vado quando posso. Con l’aiuto di Dio sto facendo un gruppo inter-parrocchiale “Amici di San Gabriele” ancora qui a molti sconosciuto, gruppo aperto a chiunque voglia meditare la bellezza di Dio sull’esempio dei Santi, ovviamente il gruppo è seguito da due sacerdoti diocesani, io mi occupo solo della parte organizzativa. Poi col permesso del Vescovo e con benedizione ufficiale lo scorso maggio è stata benedetta la mia piccola cappella privata, anche se non ce il santissimo ovviamente, una stanza in casa mia dove io mi raccolgo in preghiera anche con gli amici per sentirmi vicino al Signore secondo il tempo disponibile e gli impegni ovviamente. Non so cosa il Signore voglia da me, o meglio cosa possa io dare nel mio piccolo a Lui che mi ha dato la vita per ben due volte in questo caso, quello che so è che io sono qui a fare ciò che posso per amore di Dio, della nostra Madre Addolorata e dei fratelli. Emanuele Mauceri

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mISerIcOrdIA del crOcIfISSO-rISOrtO Settembre Lo specifico della misericordia è il perdono, ma la sua radice ultima è l’amore. Dio è misericordia non solo perché il Figlio è morto in croce per i nostri peccati, ma perché è amore che si effonde al di fuori dei rapporti trinitari. È amore non solo perché il Figlio ha dato la vita per noi, ma anche perché è risorto e ha inviato lo Spirito per comunicarci la vita divina e rinnovare la faccia della terra. L’affermazione che siamo amati da un amore fino alla croce ma non è completa. Siamo redenti da un amore che morendo per noi contiene nella sua morte la potenza della risurrezione. Infatti se Cristo fosse restato nella morte, la vittoria sarebbe della morte e non della vita, del peccato e non del perdono, e vana sarebbe la nostra fede. Siccome questo aspetto sembra sottaciuto nel discorso sulla misericordia, desidero attirarvi la nostra attenzione.

Gabriele Cingolani Nell'incarnazione il Figlio era in grado di salvare solo i pochi che potevano accostarlo entro i confini geografici in cui operava. Nella risurrezione può spaziare oltre i vincoli della finitezza umana, raggiungendo ogni voce che chiama e ogni cuore che ama. Può inviare lo Spirito per illuminare le menti e accendere i cuori. Può diventare Eucaristia per comunicare a tutti la vita che riceve dal Padre e che innesta in noi nel battesimo. Nell'incarnazione ha sperimentato la nostra umanità ferita e indebolita dal peccato. Nella risurrezione vive la nostra umanità partecipe della vita divina, realizza-

La risurrezione nel Padre. Il rapporto del Padre col Figlio in seguito alla morte di croce è espresso come "glorificazione", che include risurrezione e ascensione. Dopo che il Figlio ha glorificato il Padre dinanzi all'umanità rivelandone l'amore, il Padre glorifica il Figlio ricevendolo nella Trinità anche nel suo corpo umano risorto. Nella fase storica dell'incarnazione, questo infinito abbraccio d'amore era in qualche modo intralciato dallo stato di kenosi del Figlio. Il Padre non poteva avere interamente il Figlio, per così dire, perché qualcosa in lui non era abbracciabile, data la sua identificazione coi peccatori, i ribelli al Padre. Nella risurrezione il Padre, che non ha mai perso il suo rapporto col Figlio, lo riceve in una pienezza nuova, quella dell'umanità salvata e glorificata. La risurrezione nel Figlio Nella risurrezione il Figlio investe la sua umanità di potenza divina, liberandosi dai limiti in cui era trattenuto nella kenosi. La natura umana dell'incarnazione era imprigionata dentro le conseguenze del peccato. La natura umana della risurrezione è avvolta nella libertà dello Spirito. Il suo nuovo modo d'agire nell'umanità è come "Spirito vivificante", 1Cor 15,45, insieme allo Spirito Santo suo collega di sempre nella missione salvifica affidata dal Padre.

È una nuova manifestazione della misericordia divina verso l’umanità. Non un'appendice al mistero pasquale, ma il compimento. Gesù ha voluto convincerci che ci tiene a restare uomo e legato a noi per sempre. Ha voluto dimostrarci che non ha assunto la natura umana come strumento di lavoro tollerato per operare la nostra salvezza e poi sbarazzarsene a lavoro finito. Ora sappiamo che egli resterà in eterno non solo il Verbo del Padre ma anche Verbo incarnato e Agnello immolato per nostro amore. E in lui nostro Capo anche noi siamo già nella Trinità. Per il Padre l’Ascensione significa proclamare il Figlio SIGNORE, accoglierlo alla sua destra, cioè con pari dignità. La rivelazione chiama questo ingresso generazione: la terza, dopo quella eterna nel seno del Padre e quella nel tempo nel grembo di Maria. Per il Figlio l’Ascensione significa inglobare la sua condizione di uomo nella propria identità filiale. Quand’era con noi egli bruciava dal desiderio di entrare nella Trinità anche come uomo (lo chiamava battesimo da ricevere!). Ciò si è reso possibile con la risurrezione, perché quel corpo ha assunto proprietà spirituali e divine, in una natura umana trasformata ma conservata.

ta come sognata dalla Trinità, e come primizia per tutti noi. La risurrezione nello Spirito Santo Dopo aver dato al Figlio, in Maria di Nazareth, il corpo dell'incarnazione, ora lo Spirito Santo gli offre il corpo della risurrezione. Un corpo non più fragile e corruttibile, ma spirituale e divino. Così il Figlio risorto e lo Spirito, dopo aver realizzato la salvezza umana nel mistero pasquale, la prolungano nella storia per gli esseri umani che l'accolgono nella fede. La resurrezione di Cristo è il capolavoro ad extra del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Così il Risorto ci tiene già legati a sé, mentre camminiamo verso la trasformazione totale in lui. L’Ascensione di Gesù coronamento della glorificazione del Figlio

Per lo Spirito Santo l’Ascensione è un altro passaggio essenziale del suo legame col Figlio. Essendo suo Amore dall’eternità, e dopo averlo inserito nell’umanità con una concezione che evitasse ogni contagio del peccato, e averlo accompagnato in ogni gesto e parola fino all’amore senza fine della croce, gli ridona un’umanità transustanziata nella risurrezione, integrata nella divinità come Figlio e nella creazione come Signore, dando fondamento incrollabile alla nostra fede e speranza nella vita eterna. È dunque ovvio che la risurrezione di Cristo sia il culmine della misericordia divina. Egli risorge non solo per la gioia del Padre e dello Spirito e per la propria realizzazione, ma anche per noi. Per restare con l’umanità. Non solo con alcuni ma con tutti e con ciascuno. Anche con me. Non solo in qualche luogo ma dovunque. Non solo per qualche tempo ma sino alla fine dei tempi.


mISerIcOrdIA nell’effuSIOne dellO S. SAntO per lA VItA dellA chIeSA Ottobre Misericordia infinita di Dio è l’effusione dello Spirito Santo sulla chiesa e nei cuori, sull’umanità e sulla creazione. Lo Spirito si espande sulle strutture della chiesa istituzione ma anche nella libertà creativa che fa nuove tutte le cose, come il vento che soffia, il fuoco che arde, l’acqua che allaga e la colomba che vola. Gesù l’ha promesso mentre era tra noi e l’ha inviato dal Padre dopo la sua risurrezione e ascensione. Lo ha chiamato Spirito Santo, Spirito di verità o Paraclito, che significa colui che sta accanto, avvocato, difensore, consolatore. Ci ha detto che rimane con noi per sempre, ci insegna ogni cosa e ci ricorda quello che ha detto Gesù, ci guida alla verità tutta intera, darà testimonianza al Signore e renderà noi testimoni di lui, terrà accesa nei cuori la speranza del futuro, ci farà consapevoli del peccato e del bisogno di perdono e di misericordia, glorificherà l’opera di Gesù. Con il dono dello Spirito Santo alla creatura umana, sembra che la Trinità abbia esaurito le possibilità della divinità, poiché condivide con noi il suo stesso amore, rendendoci partecipi della sua vita. L’amore che nell’eternità unisce il Padre e il Figlio si estende a unire i credenti al Padre nel Figlio e a legare noi tra di noi, come segno del destino umano a entrare nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Torna in mente l’antico detto dei Padri della chiesa, forse di S. Agostino: pur essendo sapientissimo non ha saputo inventare nulla di più. Pur essendo onnipotente non poté fare niente di più. Pur essendo ricchissimo non è stato in grado di donare di più. Dio dona tutto se stesso ad intra e ad extra, anche se la creatura non può contenerlo e nel suo amore fa naufragio. A livello istituzionale lo Spirito Santo è presente in tutte le articolazioni della chiesa visibile. Inviato dal Padre insieme al Risorto, per la missione congiunta di realizzare la salvezza umana nel corso della storia, con lui genera e nutre la chiesa radunandola dai diversi popoli e ponendola come segno e sacramento dell’unità del

Gabriele Cingolani genere umano, chiamato alla partecipazione della vita divina. Dopo aver donato al Figlio un corpo umano prima peribile poi risorto, ora lo Spirito dona al Signore un corpo mistico, le cui membra sono coloro che accettano l’amore misericordioso di Dio nella fede e nei sacramenti. La presenza e operosità dello Spirito si manifesta visibilmente nella Liturgia, dove egli vivifica la Parola facendo risuonare nei cuori gli accenti del parlare di Dio, e dove santifica i credenti nell’efficacia del Sacramenti. In ogni sacramento egli agisce insieme al Risorto, investendo il credente con l’energia della grazia necessaria nelle diverse condizioni e scelte della vita. Tuttavia la Cresima è il sacramento dello Spirito Santo in modo specifico, perché ivi egli si dona – e il Padre e il Figlio lo donano – come compagnia personale a ogni credente. La cresima è la pentecoste personale del cristiano. L’imposizione delle mani con l’unzione del crisma è come il vento impetuoso o la lingua di fuoco della pentecoste apostolica, che si accende nella vita di chi entra nella nuova fase di crescita umana e cristiana, per il cammino di chi appartiene e a Cristo ed è suo testimone. La molteplice operosità dello Spirito Santo trova la sua sintesi e culmine nell’Eucaristia. Dopo aver donato al Figlio il corpo fisico, il corpo risorto, il corpo mistico, ora gli dona il corpo eucaristico, nel quale si nutre e cresce il corpo mistico della chiesa, dove la vita trinitaria palpita all’unisono con il ritmo della vita umana. L’Eucaristia è il vertice della misericordia trinitaria, oltre il quale nulla è immaginabile se non la consumazione eterna della salvezza quando i salvati saranno integrati nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Ivi la Trinità realizza il disegno eterno del Padre di farsi dono anche alla creatura umana. Ivi il Figlio uomo risorto resta unito alla natura umana – in modo mistico non ipostatico – per dire sull’esistenza di quanti ha unito a sé nel battesimo: Questo è il mio corpo, questo è

il mio sangue. Lo Spirito Santo guida la chiesa nella storia attraverso Ministri e Ministeri che rendono visibile l’azione invisibile della Trinità, il cui culmine è il ministero petrino del papa, principio e fondamento dell’unità nella carità. I ministri agiscono in modo umano attraverso il discernimento e la sinodalità, mentre lo Spirito Santo garantisce loro di camminare nella verità, perché ai credenti non sia impedito di pervenire alla salvezza. Segno tenerissimo di misericordia divina è il dono della Vergine Maria Madre di misericordia. Per disegno della Trinità, la madre del Figlio incarnato è nostra madre nell’ordine della grazia. Lo Spirito Santo opera la santificazione dei credenti per mezzo della maternità spirituale di Maria. Perciò la invochiamo: Salve Regina, madre di misericordia, rivolgi a noi gli occhi tuoi misericordiosi. Ella è il laboratorio della santificazione umana, come lo fu dell’incarnazione del Verbo. Stupende sintesi di tale cooperazione sono state elaborate da San Bernardo a San Massimiliano Kolbe. A livello di libera creatività, lo Spirito Santo si effonde sull’umanità e sulla creazione senza limiti verificabili, partecipando alla signoria del Signore risorto. Suo spazio preferito sono i credenti, ai quali elargisce i sette doni, ma su tutti espande carismi, frutti e ispirazioni con interventi imprevedibili.

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medItIAmO Sul mISterO pASquAle geSù, Il SerVO del SIgnOre che cI dOnA lA VItA nuOVA (At 3,11-16) Roberto Cecconi Carissimi “Amici”, in questo numero ci soffermiamo su una parte del discorso che Pietro tiene nel tempio, dopo che uno storpio dalla nascita è stato guarito nel nome di Gesù (At 3,11-16): 11Mentre egli tratteneva Pietro e Giovanni, tutto il popolo, fuori di sé per lo stupore, accorse verso di loro al portico detto di Salomone. 12Vedendo ciò, Pietro disse al popolo: «Uomini d’Israele, perché vi meravigliate di questo e perché continuate a fissarci come se per nostro potere o per la nostra religiosità avessimo fatto camminare quest’uomo? 13Il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo Gesù, che voi avete consegnato e rinnegato di fronte a Pilato, mentre egli aveva deciso di liberarlo; 14voi invece avete rinnegato il Santo e il Giusto, e avete chiesto che vi fosse graziato un assassino. 15Avete ucciso l’autore della vita, ma Dio l’ha risuscitato dai morti: noi ne siamo testimoni. 16E per la fede riposta in lui, il nome di Gesù ha dato vigore a quest’uomo che voi vedete e conoscete; la fede che viene da lui ha dato a quest’uomo la perfetta guarigione alla presenza di tutti voi. Il contesto in cui si colloca il brano Il testo che stiamo meditando è preceduto dal racconto di un miracolo (At 3,1-10). Mentre Pietro e Giovanni si recano al tempio per pregare alle tre del pomeriggio (At 3,1), incontrano uno storpio, che siede alla porta detta «Bella» a chiedere l’elemosina (At 3,2). Costui supplica i due apostoli al fine di avere qualcosa (At 3,3). Pietro, rivolgendosi allo storpio, gli lascia intendere di non avere con sé niente. Tuttavia, nel nome di Gesù, lo esorta ad alzarsi e a camminare (At 3,6). La guarigione che riceve quest’uomo è totale: egli infatti non solo ritrova la salute fisica, ma può finalmente entrare in relazione con Dio e con gli altri. Le persone che avevano della gravi menomazioni venivano

infatti escluse dalla relazione con il Signore; allo stesso tempo erano fortemente limitate nelle relazioni con gli altri e vivevano in una perenne situazione di dipendenza. Da segnalare che la guarigione ricevuta da quest’uomo è un segno della benevolenza di Dio. Lo storpio infatti chiedeva soltanto un poco di elemosina (in greco: eleēmosýnē), mentre riceve in maniera abbondante la misericordia di Dio (in greco: éleos). L’annuncio del mistero pasquale A questo punto tutto il popolo accorre verso il luogo in cui si trovano Pietro, Giovanni e lo storpio che ha ottenuto la guarigione (At 3,11). La gente appena convenuta, viene innanzitutto esortata da Pietro a prendere coscienza che il miracolo è avvenuto ad opera di Dio: «“perché continuate a fissarci, come se per nostro potere…”» (At 3,12). I due apostoli sono stati solo dei mediatori della salvezza divina. Successivamente inizia, strettamente parlando, l’annuncio di Gesù morto e risorto. In primo luogo si mette in evidenza come il Dio dei padri, il Dio d’Israele, lungi dal lasciare il suo Servo in balia della morte, lo abbia glorificato. Gesù, dunque, è l’inviato di Dio, chiamato a svolgere una missione significativa nei confronti del suo popolo. Egli viene anche detto il Santo ed il Giusto. Nell’Antico Testamento, la santità era vista come una caratteristica peculiare di Dio, mentre con l’aggettivo «giusto», Gesù viene visto come colui che vive per la giustizia e per essa viene perseguitato. Infine il Risorto viene definito l’autore della vita.

Con questa espressione, Nostro Signore viene presentato come il pastore che conduce l’intera umanità verso la vita eterna, verso quel nuovo modo di esistere che egli stesso ha ricevuto dal Padre nella risurrezione dai morti. La Buona Notizia Nella nostra vita – spesso per la mediazione di persone che hanno il coraggio di spendersi per gli altri – può capitare che avvengano liberazioni da situazioni di dipendenza o di isolamento. In quei volti umani che si sono accostati alla nostra povertà, dobbiamo saper intravedere la misericordia di Dio in tutta la sua profondità e potenza. Chi serve il Signore nei bisognosi, chi si sforza di vivere con coerenza la propria vocazione alla santità, chi lotta per la giustizia, può star certo di avere sempre Dio dalla propria parte. Egli può permettere la sofferenza, ma non la prevaricazione del male sul bene. Anzi, sappiamo con certezza che la vita prevarrà sulla morte, perché nel Risorto possediamo già la primizia di questo evento futuro. Su questo sfondo si colloca la fede, la relazione con Gesù, che già nel corso di questo pellegrinaggio terreno permette alla benevolenza di Dio di toccare e sanare tante ferite della nostra vita. robi.cp@libero.it


le VIe dI SAn mIchele teStImOnIAnzA Tutto ebbe inizio qualche anno fa, da ateo mi recai al Santuario di San Michele Arcangelo a Monte Sant’ Angelo. Non capii mai il vero motivo del mio pellegrinaggio nella grotta sotterranea di Mikael, sta di fatto che sotto terra dove il vento non può esserci mi arrivò in faccia una folata che stravolse la mia vita. Inizia subito ad avere fame di sapere e così iniziai a frequentare un gruppo del rinnovamento , ma la svolta fu quando navigando vidi per la prima volta il simbolo dei passionisti Jesu Xpi Passio così scrivendolo su un motore di ricerca mi apparve Gli amici di Gesù Crocifisso con il numero di padre Alberto. Subito lo chiamai e parlammo tanto e lui era felice solo per il fatto di averlo chiamato. Dopo due anni andai al 25 anno della fondazione del movimento ed incontrai padre Alberto, ci abbracciammo e sembrava che ci conoscessimo da una vita. Nello stesso anno inizia gli esercizi spirituali. Nel frattempo si ammalò il papà della mia fidanzata e vedendolo morire in un modo tragico la mia vita fu sconvolta. Lo stesso anno sentii mentre recitavo quotidianamente la promessa di amore una forza che mi portava ai crocifissi e così mi recai nella cappella dell’ ospedale civile dell’ Annunziata di Cosenza. Attualmente sono ministro Straordinario dell’ Eucarestia, ministro della consolazione per i malati terminali e per i familiari che hanno perso un caro. Ritorno da un colloquio con Sua Eccellenza l’ Arcivescovo di Cosenza che, sentite le mie motivazioni, ha acconsentito all’inizio del mio cammino come servo del Signore. Sarà un cammino lungo e non facile però sarà l’inizio di una nuova fase della strada che porta al Signore. Quante volte mi sono fermato e girovagavo perdendo tempo ma, il Signore è sempre venuto a cercarmi ed a camminare con me. Spero tanto di fare sempre la Sua volontà sia da diacono che da non diacono. A qualche mese dalla scomparsa del nostro Amato padre Alberto, ripercorro con nostalgia le parole che mia scrisse nella nostra ultima email, io gli dicevo della mia intenzione sotto la guida costante di Nostro Signore che , da quando mi ha toccato il cuore ,costantemente ritorna a cercarmi ed a indicarmi la Via. In quella email gli annunciavo la mia intenzione di intraprendere il lungo cammino di servo del Signore. La sua gioia era incontenibile e mi incitava di andare sempre avanti. Molte cose sono state fatte e molte ancora si dovranno fare. Si il diaconato è una fase importante della mia vita ma prego il Signore affinché io non perda mai di vista il fine di tutto, cioè andare dai miei fratelli inchiodati in un letto. Suor Maria Maddalena Marcuzzi diceva che la Santità è Amore ed io tutto quello che ho lo voglio donare. Pregate tutti per me fratelli affinché io faccia sempre e solo la volontà di Nostro Signore Gesù Cristo Pace e bene sorelle e fratelli miei. Michele Malerba

Nella casa del Padre

E’ tornata alla casa del Padre Assunta Forani il 29-07 2016 ,una semplice amica di Gesù Crocifisso, che con serenità all’età di 101 anni e 7 mesi, ha portato la sua croce fino alla fine per amore di Gesù. Inscritta agli A.G.C dal 02-01-1991, è stata una delle prime aderenti. Per il suo compleanno dei 100 anni P.Alberto e alcuni amici di G.C. di Civitanova, abbiamo festeggiato con lei e una delle figlie questo traguardo con una piccola torta. La gioia di stare con noi e soprattutto con P.Alberto era talmente grande che non faceva altro che dire:” non merito tutto questo!” e alla domanda di come avesse fatto ad arrivare a questa bella età, rispondeva: ”stare sempre in pace con Dio e con gli uomini”.

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NOTA BENE In questo numero vi invito a far memoria dell’incontro di spiritualità, il nostro Giubileo della Misericordia, celebrato a S. Gabriele il 3 luglio. Per questo motivo riporto ampi stralci della relazione del P. Leone, le testimonianze arrivate e alcune foto di questo momento di grazia condivisa. Nel prossimo numero riprenderemo il cammino ordinario e pubblicherò quanto nel frattempo è arrivato dalle fraternità e dai singoli come testimonianze, incontri e altro. Ringrazio tutti ed invito a seguitare ad inviare materiale che racconta che Gesù, Crocifisso e Risorto, accompagna la nostra vita e la rende ricca di speranza. P. Luciano

rItIrI 2016 Misericordiosi come il padre RITIRI MENSILI 2016 • 10 GENNAIO • 14 fEBBRAIO • 6 MARZO • 3 ApRILE • 8 MAGGIO • 12 GIuGNO GIORNATA DI SpIRITuALITà • 3 LuGLIO • 16/20 AGOSTO ESERCIZI SpIRITuALI pER TuTTI S.Gabriele • 16/20 AGOSTO ESERCIZI SpIRITuALI pER fAMIGLIE Madonna della Stella • 11 SETTEMBRE • 2 OTTOBRE • 13 NOVEMBRE • 11 DICEMBRE

MEDITAZIONI MENSILI 2016 • gennaio N. 1 uN DIO fATTO uOMO • febbraio N. 24 IL COMANDAMENTO NuOVO • marzo N. 13 OffRO LA MIA VITA LIBERAMENTE • aprile N. 3 LO SGuARDO fISO Su GESu' CROCIfISSO • maggio N. 52 ECCO TuA MADRE • giugno N. 21 QuESTO E' IL MIO CORpO DATO pER VOI • luglio N. 5 L’AGNELLO pASQuALE: IL SANGuE CHE SALVA • agosto N. 59 LA pIETà • settembre N. 63 RIApERTE LE pORTE DEL CIELO • ottobre N. 69 MARIA E L'OBBEDIENZA NELLA fEDE • novembre N. 57 EMISE LO SpIRITO • dicembre N.19 LI AMò SINO ALLA fINE: LA LAVANDA DEI pIEDI

SOMMARIO 2. p. Leone Masnata 8. *** 11. Emanuele Mauceri 12. p. Gabriele Cingolani 13. p. Gabriele Cingolani 14. p. Roberto Cecconi 15. Michele Malerba 15. Nella casa del padre

maggio - giugno 2016 – Anno XVII n. 3 Autor. trib. di mc n. 438\99 del 17-12-1999 Sped. Ab. post. d.353/2003 (l. 27/02/2004 n. 46) Art. 1, comma 2, dcb macerata. editoriale ecO srl - c. c. p. 11558624 dir. tonino taccone – red. p. l. temperilli mad. d. Stella 06036 pg – 3336998356 lucianocpagc@gmail.com http://www.amicidigesucrocifisso.org

Misericordiosi come il padre Testimonianze Le strade di San Gabriele Misericordia del Crocifisso-Risorto Misericordia nell’effusione dello Spirito Santo Meditiamo sul Mistero pasquale Le strade di S. Michele Assunta forani


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