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A mici di Gesù Crocifisso Rivista del Movimento Laicale Passionista “Amici di Gesù Crocifisso”

Maggio - Giugno 2004 Anno V n°3

re e Salvatore Ripartire da Cristo: Gesù Signo La Passione dello Spirito Santo Il santo fratello del Fondatore Due Cuori: un solo Amore. dre La Famiglia a immagine del Pa ai laici Lettere di S. Paolo della Croce ltri Luigi Rocchi: un uomo per gli a Notizie e Testimonianze


Amici di Gesù Crocifisso

Ripartire da Cristo: Maggio 2004

Gesù è Cristo Signore “Gesù è il Signore” è la più antica e concisa formula della fede cristiana: “Se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo” (Rm 10,9). Il nome ineffabile di Dio rivelato a Mosè, “Jaweh”, fu tradotto con “Kyrios” in greco e in ebraico con “Adonai”, cioè “Signore”, per cui nel linguaggio biblico il titolo di Signore equivale a Dio. Il Nuovo Testamento attribuisce il titolo di “Signore” anche a Gesù riconoscendolo così come Dio. Gesù stesso si dà tale titolo in modo esplicito nell’ultima cena: “Voi mi chiamate maestro e signore e dite bene, perché io lo sono” (Gv 13,13). Il titolo di “Signore”, riferito a Gesù, ricorre più di 500 volte nel Nuovo Testamento! Questo titolo esprime il rispetto e la fiducia di coloro che credono in Gesù. Nell’incontro con Gesù risorto, sulla bocca di Tommaso diventa poi atto di fede e di amore incondizionato: “Mio Signore e mio Dio!” (Gv 20,28). Da quel momento diventa anche il grido pieno di speranza e di fiduciosa attesa dei primi cristiani: “Maranatha”: Vieni, Signore! (1Cor 16,22). È anche il titolo più comune con il quale ci rivolgiamo a Gesù all’inizio e al termine di ogni preghiera. Attribuendo a Gesù il titolo divino di Signore, le prime confessioni di fede affermano che la potenza, l’onore e la gloria dovuti a Dio Padre convengono anche a Gesù, perché egli è di “natura divina” (Fil 2,6) e che il Padre ha manifestato questa signoria di Gesù risuscitandolo dai morti ed esaltandolo nella sua gloria. Paolo apostolo apre e chiude le sue lettere quasi sempre “nel nome del Signore nostro Gesù Cristo”.

La signoria di Gesù:

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Gesù è Signore per natura, perché è Dio, è il creatore e tutto è stato fatto per mezzo di Lui. È Signore per conquista, perché è il salvatore, venuto a salvare e non a dominare; ci ha riscattati a caro prezzo, con il suo sangue. È un signore che regna dalla croce: “Quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12, 32). Vi sono molti a pretendere il titolo di “signore”. Scrive San Paolo: “In realtà, anche se vi sono... molti dei e molti signori, per noi c’è... un solo Signore Gesù Cristo” (1Cor 8, 5-6). Oggi ci sono molti falsi signori: signori che cercano il predominio, il potere, la propria gloria, l’arricchimento personale. Sono i potenti di questo mondo, i falsi idoli delle masse di tutte le età, coloro che hanno in mano tutte le leve del potere e indirizzano i gusti e le mentalità secondo il loro tornaconto, cercando di diventare i padroni assoluti delle coscienze e per questo cercano di cacciare Cristo dalla società: “Non vogliamo che costui regni su di noi” (Lc 19,14). Gesù è un Signore che regna con l’amore: ha dato la prova d’amore più grande, dando la vita per noi. Gesù è un Signore che si fa servo per amore: “Non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo” (Fil 2. 6-7). “Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti” (Mt 20,28). La lavanda dei piedi degli apostoli nell’ultima cena ne è un esempio mirabile.

Conseguenze della Signoria di Gesù: Gesù è unico Signore. Signore totale, di tutto il nostro essere: o tutto o nulla, anima e corpo, pensieri, parole e azioni, perché solo così assicura il nostro vero bene. Con Lui non si può essere a mezzo servizio. Vuole essere messo la primo posto, al centro della vita. Non basta portare una croce al collo o dire un certo numero di preghiere: “Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt 7,21). E aggiunge con chiarezza: “Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire a Dio e a mammona” (Lc 16,13) Il compromesso è la tentazione più comune e pericolosa: mettere insieme il Signore e il mondo. Occorre una scelta decisiva, come chiese Giosuè al suo popolo nella pianura di Sichem: “Se vi dispiace di servire il Signore, scegliete oggi chi volete servire... Quanto a me e alla mia casa, vogliamo servire il Signore.... Il popolo disse a Giosuè: Noi serviremo il Signore” (Gs 24, 15.21). Se senti sinceramente che Gesù è il tuo unico Signore, ringrazia Dio. È l’esperienza più gioiosa e profonda della vita cristiana. Significa che nessuno per te è importante come Gesù. Significa che hai capito e stai vivendo il programma concreto che come Amici ci siamo dato per accogliere pienamente Gesù come “Signore”: “conoscere, amare, seguire Gesù”, cioè “vivere in Cristo, con Cristo, per Cristo”. P. Alberto Pierangioli


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Ripartire da Cristo: Giugno 2004

Gesù è il Salvatore

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esù è il Salvatore atteso per millenni dagli uomini. In particolare erano gli Ebrei ad attendere un salvatore promesso da Dio; ma nonostante le precisazioni dei profeti, essi aspettavano un salvatore potente, che li liberasse dal dominio dei Romani. Gesù non fu riconosciuto, fu rifiutato e condannato, perché si comportava contro le loro aspettative. Il nome che “Gesù” riceve dal Padre indica già la sua missione di “salvatore”. Appena nato, gli angeli danno il grande annunzio ai pastori: “Oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è Cristo Signore” (Lc 2,11). Il vecchio Simeone abbraccia il bambino Gesù e loda Dio perché “i suoi occhi hanno visto la salvezza” (Lc 2,30). Tutta la vita di Gesù fu un continuo impegno per compiere la missione ricevuta dal Padre di portare la salvezza sulla terra. Egli completa gli interventi liberatori di Dio dalle schiavitù d’Egitto e di Babilonia e dona una salvezza totale. Nel suo ministero rivela gradualmente questo compito, liberando la gente dalle malattie, dalla fame, dalle paure, come prova della liberazione dal peccato, dalla Legge e dalla morte.

La salvezza totale Gesù guarisce lebbrosi, ciechi, sordi, muti, storpi, risuscita i morti: dona la salvezza fisica come segno della salvezza interiore, della salvezza totale. Per questo guarisce il paralitico: “Perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati: io ti dico, esclamò rivolto al paralitico, alzati, prendi il tuo lettuccio e và a casa tua” (Lc 5,24). Dona la salvezza a Zaccheo, che era perduto dietro al denaro: “Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch’egli è figlio di Abramo; il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto” (Lc 19,9-10. Dona la salvezza al peccatore pentito che in fondo al tempio: “si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore” (Lc 18, 13). Sulla croce, dona la salvezza immediata al buon ladrone: “Oggi sarai con me nel paradiso” (Lc 23,43).

La civiltà della morte Apparentemente siamo nell’era del benessere e della vita. L’uomo cerca di trovare la salvezza con le sue forze. La scienza fa grandi progressi. Si scoprono medicine contro mali una volta incurabili. In poco tempo la vita media dell’uomo è stata raddoppia-

ta. Si sogna di sconfiggere la morte. Si potrebbe essere felici, ma non è così. Si debella una malattia e subito ne sorge un’altra peggiore a diffusione planetaria. L’uomo non riesce a trovare la vera salvezza e allora va alla ricerca di surrogati: salvezze solo umane, alienazioni, false religioni, come l’onnipotenza della scienza e del progresso, false ideologie, falsi profeti, successo, droga, alcol, sesso, satanismo, spiritismo, magia, sette di ogni genere. Ce n’è per tutti i gusti, ma manca la vera salvezza. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: paura, angoscia, disperazione, suicidi, violenze, terrorismo... La nostra sta diventando la civiltà della morte.

Gesù continua a salvare Eppure Gesù continua a essere l’unico salvatore, l’unica speranza di salvezza, continua a salvare per mezzo della sua Chiesa. Oggi più che mai valgono le parole di Pietro davanti al Sinedrio, dopo la guarigione dello storpio: “Nel nome di Gesù Cristo il Nazareno costui vi sta innanzi sano e salvo... In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati” (At 4, 10.12). La salvezza di Gesù riguarda l’uomo totale, anima e corpo: è redenzione, liberazione, perdono, santificazione, pace, libertà, riconciliazione con Dio e tra gli uomini. Gesù salva le anime dal potere di satana, liberando dal peccato originale e personale e riconciliando con Dio. Gesù, con la sua morte e risurrezione, salva dalla paura della morte, riaprendo le porte del cielo. Salva dall’angoscia della malattia, del dolore, dando loro un significato: non è venuto a spopolare gli ospedali, ma a popolarli della sua presenza e del suo amore, perché “egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori” (Is 53,4). Salva dall’odio, dalle lotte di classe, dalla miseria e dalla fame, ricordando che siamo fratelli e che i beni di questo mondo sono di tutti e vanno divisi fra tutti. Essere salvati significa ricevere il dono di entrare con Cristo in comunione con Dio che è vita e fa vivere. Nella fede superiamo ciò che si oppone alla vita: le schiavitù del peccato, della sofferenza e della stessa morte, perché seguendo Gesù risorgiamo con lui. Godendo della libertà dei figli partecipiamo alla vita del Padre, per entrare infine nella sua eredità che è la vita eterna. P. Alberto Pierangioli

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Pensiero passionista - Maggio - Giugno 2004

LA PASSIONE DELLO SPIRITO SANTO

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io è amore. È la sintesi che l’apostolo Giovanni formula al culmine della sua maturità di cristiano, 1Gv 4,8. Questa rivelazione significa che Dio Padre è amore, perché è la fonte di tutto: della Trinità, della vita, degli esseri, dei valori. Significa che anche Dio Figlio è amore, perché accoglie tutto dal Padre e gli risponde con la stessa pienezza d’amore che riceve. Significa infine che anche Dio Spirito Santo è amore, perché procede dall’amore tra il Padre e il Figlio, e la sua identità consiste nell’essere l’amore che i due si scambiano. Sant’Agostino ci ha lasciato una sintesi dottrinale abbastanza chiara di questo mistero oscuro: il Padre è colui che ama, il Figlio è colui che è amato, lo Spirito Santo è l’amore con cui si amano. L’Amante, l’Amato, l’Amore. Per questo nel linguaggio cristiano Amore è diventato una specie di nome proprio della terza persona della Trinità.

Dio Amore che si dona Ma dire che Dio è Amore non basta. Il contenuto di questa rivelazione dev’essere esplicitato nei suoi aspetti essenziali, altrimenti la definizione, isolata in se stessa, può essere una magnifica filosofia, o magari teologia, ma insufficiente a farci percepire quello che Dio ha inteso comunicarci. All’affermazione Dio è amore bisogna immediatamente aggiungere: egli ha dato se stesso per noi, cfr Gv 3,16 e Gal 2,20. La rivelazione del mistero trinitario ci dice che Dio è dono di sé ad intra, cioè circolazione eterna e infinita d’amore fra le tre persone. La rivelazione del mistero della salvezza ci dimostra che Dio è dono di sé anche ad extra. Nella creazione la Trinità effonde bagliori di sé traendo dal nulla tutto ciò che esiste. Nella redenzione il Padre non solo ama il mondo, ma dona se stesso al mondo perché gli consegna tutto ciò che possiede, il Figlio. Il Figlio ama il Padre e l’umanità fino a donare sé stesso per la nostra salvezza. Lo Spirito Santo comunica all’umanità l’amore del Padre e del Figlio che è la sua stessa persona divina. Lo Spirito è sempre il comunicatore di Dio: nella Trinità tra il Padre e il Figlio; nella redenzione e santificazione tra Dio e l’umanità.

Lo Spirito Santo trafitto dal dolore

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Nel comunicarsi alla creatura, angelica e umana, Dio incontra il rifiuto dell’amore. Ma la sua bontà infinita e la sua misericordia non gli consentono di eliminare gli ingrati, come avverrebbe nei rapporti tra noi creature. Piuttosto, egli accetta di far entrare in sé, nell’ambito trinitario, le conseguenze di questo rifiuto.

Non può condividere il peccato del rifiuto, ma condivide le conseguenze del peccato, cioè il dolore e la morte. Essendo amore che si dona per amore, per amore continua donarsi travalicando la barriera del rifiuto, e condivide la nostra sorte devastata dal peccato. Nel Figlio crocifisso si dona come perdono, che è il superdono. Dunque nella definizione Dio è amore va esplicitato questo aspetto: amore che si dona, e donandosi assume anche il dolore. Dio è anche dolore. Come non è sufficiente dire che Dio ama, ma bisogna dire che è amore, perché in lui tutto è pienezza e atto puro e non agire in divenire, così non è sufficiente dire che Dio soffre, ma che è dolore, come suprema perfezione del suo amore. Poiché il Dio-comunicatoredi Dio è lo Spirito Santo, egli è immediatamente ferito da ogni rifiuto di Dio da parte del peccato umano e da ogni grido di dolore che sale dall’umanità sofferente come conseguenza del peccato. Proviamo una descrizione più articolata di come il dolore entri in Dio nella persona dello Spirito Santo.

1. Dolore dello Spirito per la “separazione” del Figlio dal Padre Secondo Gv 19,28, lo “spirare” di Gesù sulla croce indica anche la momentanea riconsegna dello Spirito al Padre da parte del Verbo incarnato. Allo scopo di diventare peccato per salvare i peccatori, 2Cor 5,21, e di diventare maledetto per riscattare i maledetti, Gal 3,13, Gesù spinge la sua kenosi fino all’ultimo abisso, consegnando al Padre lo Spirito, vincolo eterno d’amore tra i due. Questa lacerazione ineffabile per amore del genere umano fa entrare in Dio un dolore che ferisce tutte e tre le Persone. Lo Spirito Santo ne è trafitto per primo in quanto è lui il vincolo dell’unità d’amore tra Padre e Figlio. Colui che è l’unità dei due, è strappato dall’unione fra i due perché il Figlio va a navigare nel baratro del peccato per ripescare i peccatori. Anche se osiamo parlare di questo squarcio nell’unità dell’amore trinitario, noi non potremo mai capire come il dolore entri nell’amore senza intaccarlo, ma portandolo al culmine della sua identità.

2. Dolore dello Spirito per la propria “separazione” dal Figlio Riconsegnato al Padre perché Gesù possa morire da peccatore e da maledetto, lo Spirito Santo non solo vede separati Padre e Figlio di cui egli è l’unità, ma si


Amici di Gesù Crocifisso trova a sua volta separato dal Figlio uomo, con cui è intimamente unito dal momento dell’Incarnazione. Il Catechismo della Chiesa Cattolica così descrive l’unità tra il Figlio e lo Spirito nell’opera della redenzione umana: “Quando il Padre invia il suo Verbo, invia sempre il suo Soffio: missione congiunta in cui il Figlio e lo Spirito Santo sono distinti ma inseparabili”, 689. “Missione congiunta” da cui lo Spirito di sente disgiunto e strappato nel momento supremo. Sempre insieme e inseparabili, lo Spirito è in qualche modo divelto da questa unità al culmine dell’opera. Compagni inseparabili in ogni palpito e in ogni parola, ora uno muore e l’altro non può accompagnarlo fino a quell’abisso. Con questo l’amore non resta spezzato, ma si perfeziona come solidarietà nel dolore Lo Spirito non s’è incarnato, ma ha reso possibile l’incarnazione. Non ha parlato né fatto miracoli, ma è l’ispiratore delle parole di Gesù e l’energia dei suoi miracoli. Non muore sulla croce, ma è l’amore che conduce Gesù a dare la vita per l’umanità, compiendo il piano salvifico del Padre. Non soffre nel modo umano in cui soffre Gesù, ma soffre nel modo divino della Trinità: il dolore per la creatura amata che fallisce perché non ha compreso l’amore. La Trinità è una e inseparabile nell’eternità. Resta unita nel Figlio anche mentre questi è incarnato nel tempo. Ma sente in qualche modo questa unità infrangersi nel momento in cui il Figlio sceglie di passare dalla parte dei peccatori per morire con loro e per loro. Il Figlio muore nella sua umanità. Il Padre e lo Spirito non possono morire perché non si sono incarnati, ma restano uniti e solidali nell’amore. Amore che non possiamo non chiamare anche dolore, o doloroso amore. Lo Spirito Santo è la porta per la quale questo dolore entra nella Trinità. Infatti in quanto Dio-comunicatore-di Dio egli è la potenza tanto dell’amore che unisce il Padre e il Figlio, quanto dell’amore che li spinge a separarsi per amore. Nell’amore ad intra le tre persone restano nella loro unità eterna e inscindibile. Nell’amore ad extra esse vivono questo momentaneo squarcio all’unità per riportare dentro la stessa unità i peccatori che ne erano sfuggiti. L’umanità del Verbo è integrata nell’unità trinitaria con la risurrezione.

3. Dolore dello Spirito per la nostra separazione da Dio

Spirito Santo, dato che il Padre si dona sempre per mezzo del Figlio nello Spirito Santo. Ancora una volta bisogna fare attenzione a non pensare che il dolore in Dio sia come nell’esperienza umana. Noi soffriamo perché delusi quando non otteniamo quel che vorremmo, o feriti quando l’amore che doniamo non è capito. Dio non s’aspetta nulla da noi e il nostro rifiuto non intacca la sua dignità. Il suo dono è ciò di cui noi abbiamo bisogno per la nostra felicità e realizzazione. Dio si offre alla nostra libertà perché accettandolo diventiamo pienamente noi stessi e conseguiamo lo scopo della nostra esistenza. Rifiutando Dio, noi danneggiamo noi stessi perché rifiutiamo di diventare ciò per cui siamo fatti e restiamo creature incompiute. Questa nostra scelta libera si riverbera in colui che ci ha creati per la felicità fino a renderci partecipi della sua stessa vita. Nel suo amore per noi Dio risente di questo nostro fallimento, in una maniera che nel nostro linguaggio umano stiamo chiamando dolore. Il quale non è solo per i nostri peccati, ma anche per le conseguenze che dobbiamo sopportarne, cioè le tribolazioni umane in tutte le forme, sino alla morte. I dolori fisici e morali dell’esistenza umana si riflettono in Dio ogni volta che sono vissuti senza senso, cioè come distruzione dell’essere anziché come sua realizzazione nell’amore. La teologia latina, che spiega le operazioni trinitarie ad extra mediante il principio delle attribuzioni, non ci aiuta molto a capire l’angolatura sotto cui ogni Persona risenta del nostro dolore. Attribuzione infatti significa che la Trinità agisce sempre insieme, ma le operazioni sono “attribuite” ad una delle tre persone: la creazione al Padre, la redenzione al Figlio, la santificazione allo Spirito Santo. La teologia orientale ignora questo principio, ma ha quello della pericoresi. Tale principio comporta non solo che tutte le operazioni sono delle tre le persone, ma anche che ciascuna delle tre persone si relaziona in modo proprio ad ognuna delle operazioni. Quindi Padre, Figlio e Spirito Santo intervengono sia nella creazione che nella redenzione e nella santificazione, ciascuno secondo la sua proprietà. Questa spiegazione può aiutarci meglio a immaginare come ciascuna delle tre persone possa accogliere in sé l’eco del nostro dolore, nell’amore con cui seguono il nostro destino.

Come detto sopra, il nostro rifiuto di Dio colpisce prima di tutto il Dio-Comunicatore-di Dio, cioè lo

Gabriele Cingolani cp

Peregrinatio Crucis, Macerata 4 marzo 2004

Amici partecipanti Corso animatori S. Gabriele, 28-29 febbraio

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Spiritualità del mese

Due cuori: un solo amore Maggio: Dal Cuore della Madre Maggio, mese di Maria, la Mamma di Gesù, la nostra Mamma. Maria è nel cuore di ogni mamma e il suo Cuore è in quello di Gesù. Non a caso le mamme si festeggiano in questo mese: devono essere come Maria e avere il suo Cuore. La Madonna ha donato tutta se stessa a Dio perché compisse in lei la sua volontà, ed ha continuato a vivere per il Signore fino alla fine, dedicando ogni istante della sua vita a Gesù, il Figlio di Dio a lei affidato. Il Cuore di Maria si è formato alla scuola di Gesù: lei è la prima discepola di Cristo, il modello del discepolo perfetto. Cerchiamo allora di entrare nel suo intimo per ascoltare le gioie, le trepidazioni, le sofferenze, l’amore con cui ha amato e servito Gesù. Osserviamo con quanto tatto e quanta sapienza ha saputo intervenire nei momenti opportuni e ritirarsi, nel silenzio e nell’ombra, quando era necessario. Il segreto che le ha permesso un così perfetto cammino di fede, un così sicuro cammino di santità è tutto nell’unione intima e continua con Dio. Maria ascolta, medita e vive alla presenza del Signore. Lei ha concepito e cresciuto questo Figlio attraverso la preghiera e invita tutti noi, soprattutto le mamme, ad accompagnare i nostri figli con la preghiera. Nella Presentazione al tempio, ci suggerisce che l’unica via di salvezza è di offrire totalmente noi stessi e i nostri figli a Dio, senza ma, senza fare progetti, ma disposti ad accogliere nella pace il disegno del Padre, qualunque esso sia. Ascoltiamo cosa San Paolo della Croce suggeriva ad Agnese Grazi, e oggi dice a noi suoi figli spirituali: “Sacrifichi se stessa a Dio, nel Cuore purissimo di Maria Ss.ma. Questo Cuore, che dopo il Cuore di Gesù, è il Re dei Cuori, ha amato, ed ama più Dio, che tutto il Paradiso assieme. Desideri d’amare Dio, con il Cuore di questa Madre, e per farlo si getti in spirito in questo bel Cuore, ed ami il Sommo Bene con questo purissimo Cuore, con intenzione d’esercitare tutte le virtù, che esercitò Lei, ma per far questo, ed avere l’ingresso nel Cuore Ss.mo della nostra gran Regina e Madre, bisogna farsi bambina, con la semplicità fanciullesca, con la vera umiltà, ed annichilamento di cuore”.

Giugno: Al Cuore del Figlio

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Maria ha amato e conosce il Cuore di Gesù come nessuna creatura potrà mai fare, nessuno meglio di lei ci può condurre nell’intimità del suo Figlio. Il Cuore di Gesù è per noi il porto, il rifugio, il luogo dove possiamo abbandonarci ed amare Dio. Scrive ancora San Paolo della Croce “Quando si trova agitata, entri nel Cuore di Gesù in spirito, in quella fornace di carità, e lasci che quel fuoco la penetri tutta, la bruci di Santo Amore. Stia riposata sulla Croce, e goda che questa sia il suo letto, ma lo consideri un letto tutto di fuoco e lasci andare ogni cosa in cenere”. Il Cuore di Gesù è infinito come infinito è l’amore che contiene. È un Cuore ferito, non tanto dai nostri peccati, ma dalla necessità di lasciare aperta per sempre la porta della salvezza. “Venite a me voi tutti che siete affaticati ed oppressi, ed io vi ristorerò” (Mt 11,28). Egli ci invita ad entrare nel suo Cuore per trovare pace, per guarire le nostre ferite e ci chiede una cosa sola: amarlo senza riserve, senza guardare alle nostre debolezze, alle nostre miserie. Egli vuole che ci perdiamo nel suo Cuore per scoprire quanto è dolce, appagante, entusiasmante il suo amore. Ascoltiamo cosa il nostro Padre fondatore ci consiglia per vivere da passionisti la festa di questi due Cuori nei mesi a loro dedicati, ma anche in ogni istante della nostra vita: “Non lasci di starsene nel Sancta Sanctorum del Cuore purissimo di Gesù: l’ami con lo stesso suo Cuore; si lasci penetrare da un vivo dolore degli oltraggi, che gli sono fatti in quell’adorabilissimo Sacramento, e li ripari con umiliazioni, adorazioni, affetti, lodi, ringraziamenti. Nel Cuore di Gesù si compatiscono le Sue pene, e l’Anima si bagna tutta in quel Divin Bagno del Suo Sangue, che ha forza di far bruciare d’amore. Lasci che la povera farfalletta giri con gran libertà di spirito attorno a quella Luce Divina, anzi la lasci tutta sommergere in quell’abisso di luce, di fuoco di carità, e che s’incenerisca tutta. Sopra tutto non lasci di compatire il dolce Gesù col Cuore addolorato di Maria Ss.ma, e di compatir Maria Ss.ma col Cuore addolorato di Gesù, e così fare un misto d’amore e dolore. Questi due Cuori Ss.mi sono due fornaci d’amore, anzi una fornace sola, e lei si butti in questo amoroso forno, affinché consumato tutto l’umido delle imperfezioni, diventi un pane mondo per la Mensa del Re della Gloria. Gesù la ricolmi della pienezza delle sue benedizioni. Amen”. Maria Grazia


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Fratello ed emulo del Fondatore: Venerabile P. Giovanni Battista Danei l DNA, l’ambiente familiare e lo Spirito Santo sono stati una buona combinazione per i I due fratelli Paolo e Giovanni Battista Danei. Sono stati complementari nella costruzione dell’edificio della congregazione passionista. Voler stabilire poi chi dei due sia stato più importante in quest’opera è come cercare di stabilire se siano più importanti le fondamenta o le mura di un palazzo. Di certo Giovanni Battista visse all’ombra del fratello. Pare che nella sua umiltà abbia pregato il Signore di rimanere nel nascondimento sia in vita che dopo la sua morte e fu esaudito. La sua salma fu nascosta durante l’occupazione francese dello stato pontificio; il suo luogo rimase segreto e ancora oggi non si sa dove sia sepolto. Nasce ad Ovada il 4 aprile 1695, un anno dopo Paolo, respira lo stesso clima familiare ed è con il fratello “un sol cuore e un’anima sola”; da giovane rischia di affogare insieme al fratello nel fiume Tanaro, ma viene salvato miracolosamente dalla Madonna. Sicuramente pregano insieme, fanno penitenza insieme, si consigliano e uniformano il loro stile di vita; sono inseparabili. Quando Paolo parte per Roma da solo per andare dal Papa a chiedere l’approvazione dell’istituto, Giovanni Battista gli dice: “Va pure ma non potrai stare né avere pace senza di me” e sarà vero. Il 28 novembre 1721 veste l’abito da eremita come Paolo. I due fratelli si ritirano nel Romitorio di Santo Stefano a Castellazzo Bormida. Poi vanno nel romitorio dell’Annunziata sull’Argentario, dove rimangono per pochi mesi. Si spostano a Gaeta, Itri, Napoli, Foggia. Nel 1726 iniziano l’assistenza all’ospedale di S. Gallicano a Roma. Il 7 giugno 1727 sono ordinati sacerdoti nella basilica Vaticana dal Papa Benedetto XIII. Nel febbraio 1728 lasciano l’ospedale e tornano sul Monte Argentario nel romitorio di Sant’Antonio. Sono privi di tutto, completamente affidati alla provvidenza di Dio, guidati dallo Spirito Santo. Sono due in uno. Giovanni Battista dirige i lavori per la costruzione della prima casa religiosa della congregazione vicino al loro Romitorio. Cerca e scopre miracolosamente una sorgente d’acqua necessaria per il nuovo edificio; San Michele Arcangelo appare per proteggere la nuova costruzione da alcuni individui venuti di notte per distruggerla. È un pilastro della congregazione ma riesce a rimanere sempre nell’ombra. È un uomo di preghiera, pieno di virtù, colto, soprattutto è profondo conoscitore e vero esperto della parola di Dio. La Bibbia è stata sempre suo nutrimento fin da giovane, l’oggetto quotidiano delle sue medita-

zioni. La conosceva così bene e ne citava i passi così adatti e con tale esattezza da far capire molto bene che ne aveva un possesso pieno e la sapeva in gran parte a memoria. Era per tutti un consigliere prudente e sicuro. Lo stesso Paolo lo elegge a sua guida spirituale e lo ha come valido aiuto nei momenti più burrascosi della vita della congregazione e della fondazione delle monache Passioniste. Guidando Paolo si può dire che P. Giovanni Battista sia stato una vera guida anche per tutta la congregazione nascente, un vero confondatore. Alla sua morte Paolo dirà: “Sono restato orfano e solo, senza padre. Chi mi correggerà ora? Chi mi avviserà dei miei difetti?”. La sua penitenza è ammirabile; ma quanto è austero e intransigente con se stesso, altrettanto è affabile e premuroso con gli altri, come una madre affettuosissima. È un apostolo zelante, degno emulo del suo santo fratello, che accompagna nelle peregrinazioni apostoliche. Coraggioso e schietto, non conosce rispetto umano. A un cardinale, vestito in modo poco ecclesiastico, arriva a dire: “Mi sembra un maresciallo di campo!. Ha il dono delle estasi e quello delle lacrime, che scendono abbondanti dai suoi occhi per la tenerezza davanti al Crocifisso e per la durezza dei cuori che non si aprono al suo amore. Nel 1744 viene nominato superiore della nuova casa di Vetralla (VT); vi rimarrà per tutta la vita occupandosi dell’educazione dei giovani. Dal 1747 riveste ininterrottamente la carica di consultore generale. Come missionario apostolico percorre il Lazio, la Toscana, l’Umbria, parlando agli uomini del suo tempo con la parola ma soprattutto con l’esempio. Nel luglio del 1765 si ammala di una malattia all’apparenza non grave, ma lui ha la sensazione che questa lo porterà a morte; anche Paolo durante la celebrazione della messa ha la rivelazione della morte imminente del fratello. Lo assiste con cura e amorevolezza. Il 27 agosto riceve il viatico; benedice il fondatore e la congregazione ed entra in agonia. Il venerdì 30 alle ore 22 Giovanni Battista muore circondato dalla comunità religiosa che canta la Salve Regina intonata dal fratello Paolo. È in concetto di santità e tutti vogliono una reliquia. Dopo la morte si parla di grazie e di miracoli ottenuti per intercessione di Giovanni Battista al solo contatto con oggetti a lui appartenuti. È dichiarato venerabile da Pio XII il 7 agosto 1940. Francesco Valori

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III- Famiglia a immagine del Padre sto vale per ogni componente della famiglia: genitori, figli e nonni. Nata per una chiamata divina, una vocazione gran- Amore totale. Quando si ama una persona la si ama de, la famiglia, modellata sulla Parola di Dio e nutrita in tutto. Tanto più l’amore coniugale e familiare deve dei suoi doni, è specchio sulla terra del mistero essere un amore totale. Tutto tra gli sposi è comune, profondo dell’essenza del suo creatore: l’amore. La tutto in una famiglia è di tutti, perché unica è la vita di comunità familiare, come la Chiesa di cui è cellula, riquesta in Cristo. Diceva Paolo VI: “Chi ama il proprio specchia in sé il mistero della Trinità, dove la perfetta coniuge non ama solo per quello che riceve da lui, ma comunione d’amore fa del Padre, del Figlio e dello lo ama per se stesso”, lieto solo di poter dare anche la Spirito Santo un unico ed indivisibile Dio. vita alla persona amata, senza niente chiedere in camCosì l’amore che scaturisce da Dio ed investe gli bio. L’amore non si può reggere sul calcolo. L’amore sposi nella grazia del sacramento nuziale, fonde le due non chiede mai; se autentico, cerca solo di donare. persone in un’unica carne, per cui Gesù ha potuto dire: - Amore fedele ed esclusivo. Finché morte non ci se“Non osi separare l’uopari…Così intendomo ciò che Dio ha unino il proprio matrito”. L’amore donato dalmonio gli sposi crila Trinità cementa ogni stiani. Un amore dagiorno di più la vita deto a tempo sa di calgli sposi e, se accolto colo e di egoismo; nella fede e nella dispoun amore dato in nibilità, purifica il loro prova è quanto di più amore umano aiutandoli falso esista. Se amoa sconfiggere i loro egoire è morire per l’alsmi e ad aprirsi al dono tro, allora comporta della vita, dell’amicizia di per sé un abbane della solidarietà. Nata dono senza ritorno. da Dio, la famiglia porta La fedeltà è la prova impressa in sé l’improndell’amore. A volte ta del Padre, i suoi caratpuò essere difficile, a teri genetici: è un mistevolte eroica, ma è Famiglie degli amici di Civitanova ro d’amore e senz’amore sempre possibile e, non vive! soprattutto, sempre nobile e fonte di felicità per tutta la famiglia. Le caratteristiche del vero amore - Amore fecondo. Se viene da Dio, che è fonte di vita, Sul fatto che l’amore è fondamento necessario del l’amore non può esaurirsi tra due persone e nemmeno matrimonio siamo tutti d’accordo; ma quando si cerca all’interno della famiglia. Se l’amore è quello cristiano di chiarire cosa sia questo amore, l’unanimità si innon può non essere aperto alla vita, intesa sotto ogni frange. Papa Paolo VI, nella lettera enciclica “Humaaspetto. E’ aperto alla vita perché l’amore coniugale è nae vitae” del 1968, scriveva che l’amore coniugale per se stesso ordinato alla procreazione e all’educaziodeve avere alcune caratteristiche essenziali: deve essene dei figli, che sono il preziosissimo dono del matrire pienamente umano, totale, fedele, esclusivo e femonio. E’ proprio in questa accoglienza, piena di gracondo. Tali caratteristiche si estendono poi alla vita di titudine al Signore, che anche la vita sessuale dei cotutta la famiglia. niugi diventa alimento della loro unione profonda, - Amore pienamente umano. L’amore, realtà divina, senza cedimenti all’egoismo e al piacere spicciolo. è innestato nella dimensione umana da cui non può né L’amore coniugale è aperto alla vita perché si allarga deve prescindere. L’amore quindi è, innanzitutto, un verso tutti: i familiari per primi, gli anziani, i poveri, le atto pienamente umano, da vivere con tutta la pienezza altre famiglie, la propria Parrocchia, la propria comudella propria umanità. L’amore nell’uomo non è semnità sociale. Nell’amore autentico vissuto all’interno plice istinto, trasporto, sentimento; è invece libero atto della famiglia ci sono spazio e calore sufficienti ad acdella volontà con cui una persona lega consapevolcogliere tutti i fratelli. mente la propria vita a quella di un’altra. Tale atto di Proprio alla scuola dell’amore attinto direttamente libera volontà sarà il primo baluardo a difesa della fada Dio, pienamente umano, totale, fedele e fecondo, miglia. Così essa sarà fondata sull’impegno, sulla docrescono i nuovi cristiani, i figli, che imparano così ad nazione di sé che è sacrificio, sull’accoglienza dell’alamare la vita senza egoismi, a donarsi senza cercare tro nei momenti belli e anche in quelli più difficili, nei nulla per sé e a fondare la vita su valori eterni. momenti di carica come in quelli di stanchezza. E queMaria Grazia

La famiglia è amore, come Dio

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Nota della Redazione: È questa la terza puntata sulla “Famiglia”, dopo “La Famiglia: la Chiesa abita qui” e “La Famiglia: Una Bibbia aperta”. Che ne pensate? Attendiamo le vostre reazioni, suggerimenti, esperienze, testimonianze, da parte delle coppie più giovani e delle coppie mature. P. A. P.


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II - Lettere ai laici di S. Paolo della Croce Sono lettere indirizzate anche a me ubblichiamo la seconda parte delle sintesi P della presentazione dell’opera in due volumi del P. Max Anselmi: “San Paolo della Croce:

ai laici circa 15.000 lettere, come “padre spirituale”. Non si può non restare davvero ammirati dall’ampiezza di questa sua paternità e dalla Lettere ai laici”, fatta da G. Bicocchi, sulla rivista generosità di questo impegno di sé fino all’eccesso passionista “La Sapienza della Croce” (Roma, n. 2. Nelle lettere ai laici scopriamo il carisma della pa2003), rinnovando l’augurio che tanti Amici possano ternità spirituale di Paolo. È una scoperta davvero afinvogliarsi a leggere le lettere di San Paolo della fascinante per chi legge le sue lettere e riempie di noCroce per conoscere meglio la sua spiritualità. stalgia chi ha sperimentato, per sé e per gli altri, i benefici effetti di una sapiente direzione spirituale da parte di un vero “padre spirituale”. L’aridità spirituale e la santa povertà di spirito Oggi, la “direzione spirituale” è purtroppo quasi Mi sembra anche molto importante la risposta di scomparsa dall’orizzonte, teorico e pratico, di gran Paolo a chi lamenta aridità spirituale, freddezza, tentaparte degli ecclesiastici e dei cristiani in genere. Lo zioni sulla preghiera, proprio nel momento del dolore stesso termine è oggi bandito, e si parla semmai molto e della prova. Non è facile per noi accettare che “le cautamente di “accompagnamento” spirituale, da “fracose del suo spirito non sono mai andate cosi bene” telli” e non da “padri”: con una rinuncia al proprio (p. 315) detto a chi è nell’aridità, e che il “nudo patiruolo di guida, che è parte di quella più generale “rire” sia la scala più diretta per arrivare a Dio. Ma è nuncia educativa” da parte della famiglia, della scuola anche impossibile non dar ragione a Paolo quando e della Chiesa, che ca“monotonamente” evidenzia ratterizza il nostro tema tutti che, se il Padre ha po e penalizza i giovani trattato così Cristo ed i suoi nel loro diritto all’eduamici più cari, dovremmo cazione. considerare un privilegio la Ed anche questo è un sofferenza e la prova, perché aspetto particolare di così veniamo davvero uniti a quella più generale crisi Cristo e alla sua Passione, e del “ruolo del padre” che addirittura alla “sofferenza caratterizza e penalizza di Dio”. Paolo ci insegna ad la nostra società, dopo la accogliere la sofferenza, la pur doverosa emancipaprova, la stessa “povertà di zione femminile. spirito” e l’aridità spirituale, Tuttavia, occorre come partecipazione alla onestamente anche rilePassione di Cristo. vare la grande prudenza È evidente la concentraSolennità della Passione, Parrocchia di S. Gabriele a Civitanova: di Paolo della Croce nelzione cristologica e passiolo- Il parroco Don Giancarlo Tomassini preside la Concelebrazione l’accettare le richieste di gica in S. Paolo della Croce, direzione spirituale, mocome in S. Paolo apostolo; tivata con la convinzioma essa non può essere considerata come limitativa. ne di una sua radicale indegnità. Cosi quando afferma Nelle Lettere di S. Paolo della Croce troviamo spesso che “basta la direzione dello Spirito Santo”, o quando anche l’amore paterno e materno del Padre, e sopratdichiara: “Non ho mai pensato di essere Direttore spitutto una forte esperienza e dottrina dell’azione dello rituale né suo né di verun altro, e se credessi di saper Spirito Santo. dirigere, crederci di essere un vero Lucifero in carne”. “Aspetti l’aurea amorosa dello Spirito Santo”, Ma sono chiaramente espressioni dettate da umiltà scrive spesso. Paolo era convinto che ogni giornata e disprezzo di sé: come precisa in una lettera ad Agnedella persona spirituale doveva essere come la giornase Grazi: “Io ho dato tante repulse per la sua Direziota della Pentecoste e che di conseguenza l’effusione ne, perché non mi fido di me”. dello Spirito Santo doveva essere anche l’avvenimento Il punto essenziale dell’insegnamento di S. Paolo centrale di ogni giornata di chi voleva fare un reale in proposito è che la Direzione non deve essere detercammino spirituale. minata da motivi umani, ma deve essere conforme alla volontà di Dio.

La paternità spirituale

L’attualità maggiore delle Lettere ai laici è rappresentata dalla loro stessa consistenza numerica e dal loro essere “lettere di formazione e di direzione spirituale dei laici”. È davvero sorprendente scoprire che Paolo della Croce, secondo il compito degli esperti, avrebbe scritto più di “32.000 lettere”, anche se ne sono rimaste “solo” 2000, quasi una metà delle quali indirizzate ai laici. Si può quindi ipotizzare che Paolo abbia inviate

Il ruolo centrale di Maria Si prova poi grande gioia trovare nelle Lettere una forte spiritualità mariana, vista sia come Addolorata che come Assunta, con un valore non solo devozionale, ma soprattutto teologale e mistico. Secondo il Curatore delle Lettere, la stessa “Congregazione Passionista ha avuto origine, teologicamente e storicamente, dal Cuore addolorato di Maria SS.ma”.

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Amici di Gesù Crocifisso Continuo nelle Lettere è poi il riferimento al Sacro Cuore di Gesù e al cuore di Maria SS.ma, cosi come il riferimento alla Passione è quasi sempre accompagnato da quello ai “dolori di Maria”. Dolcissimo ed originale è il riferimento alla “Madre Bambina”, ed al “Cuore di questa gran Bambina” con l’invito rivolto a noi tutti: “Per aver l’ingresso nel cuore SS.mo della nostra Gran Regina, e Madre Bambina, bisogna farsi pure bambini, con la semplicità fanciullesca, la vera umiltà ed annichilimento di cuore”. Molto bello è, infine, il riferimento alla “morte d’amore” di Maria e alla sua “morte mistica”.

“Il carisma della paternità è appunto uno dei doni più belli che queste Lettere offrono a chi le leggerà con l’intelletto d’amore”. Queste parole di P. Anselmi mi hanno accompagnato e fatto da guida nella lettura, e spero che possa accompagnare e guidare tanti altri, laici od ecclesiastici, ad una lettura viva, partecipata e fruttuosa. Credo davvero che quella di aiutare molti di noi a riscoprire l’autentica “paternità spirituale” e a viverla come gratuito carisma proveniente dal “cuore ferito”, possa costituire davvero la migliore “missione” che questi due preziosi libri di “Lettere di formazione e di direzione spirituale ai laici” potranno svolgere verso tutti noi, laici, sacerdoti e religiosi. Giuseppe Bicocchi

La grazia del cuore ferito Le lettere mi hanno aiutato a capire anche un altro aspetto essenziale: e cioè che la paternità spirituale non è un’attività liberamente scelta, ma è anzitutto un carisma, un dono gratuito del Signore; e soprattutto che essa presuppone “la grazia del cuore ferito”. Solo tale esperienza di grazia può dare quell’autentica “paternità spirituale”, che implica anzitutto farsi carico e assumere su di sé il peso e la responsabilità della persona, delle sue sofferenze, dei suoi problemi, dei suoi peccati, al solo scopo di servirla. Il punto essenziale è l’atteggiamento spirituale di fondo, non il contenuto più o meno precettivo della Direzione Spirituale. S. Paolo della Croce, nelle Lettere, è spesso molto direttivo e precettivo, sia sui comportamenti quotidiani, sia sulle grandi scelte, anche vocazionali, e non arretra certo di fronte all’assunzione di responsabilità: sia in positivo, come quando incoraggia e sostiene, con tenacia pluriennale, la validità di una vocazione al sacerdozio, come nel caso delle lettere a Francesco Antonio Appiani, o chiede “obbedienza cieca”; sia in negativo, come quando nega validità ad alcune “rivelazioni private”. Né Paolo, pur nella sua generosità quasi illimitata, si fa scrupolo di negare la propria direzione spirituale quando non ne avverte la rispondenza alla volontà divina. Il rispetto della libertà dell’altra persona è quindi sostanziale, anzi caritativo e teologale, e non passa certo dal defilarsi, rispetto all’aiuto da dare nelle concrete difficili scelte della vita. Esso consiste al contrario proprio nel farsi carico dei problemi e delle sofferenze altrui e nell’avere il dono del “cuore ferito”, come assimilazione al Cuore trafitto di Cristo. E la devozione profonda al S. Cuore di Gesù è un’altra lezione importante delle Lettere.

Solennità della Passione 20-4-2004 Parrocchia di S. Gabriele a Civitanova

L’ardito linguaggio dell’amore

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S. Paolo della Croce, nelle Lettere più belle, non ha paura neppure dell’ardito linguaggio dell’amore, che anzi usa liberamente, direi a piene mani. “In alcune lettere, tra le più belle, osa servirsi consapevolmente dell’intenso linguaggio dell’amore, come nelle lettere alla ven. Lucia Burlini e ad Agnese Grazi. Il carisma della paternità è inscindibile, secondo Paolo, dal cuore ferito, dalla “passione d’amore” verso Dio e verso i fratelli. Paolo lo ha esercitato e continua ad esercitalo nelle sue Lettere per chi le leggerà.

Solennità della Passione: Don Giancarlo benedice i Crocifissi della Peregrinatio e l’Assemblea


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3 - LUIGI ROCCHI: UN UOMO PER GLI ALTRI “Luigino, Gesù ti ama!” La crisi profonda: Perché proprio a me? “Mia mamma mi ha insegnato che il Padre celeste mi ama. Talvolta mi è accaduto, sui vent’anni, di sentirmi provocato alla disperazione, ma subito mi riecheggiava nell’intimo la parola semplice e ferma di mia madre: - Luigino, Gesù ti ama-.” Luigi conosce bene la sua malattia e il suo decorso: morire soffocato, quando l’inerzia della cassa toracica gli impedirà di respirare. Tuttavia non vuole morire, anzi ha una gran voglia di vivere. La sua maggiore ambizione è di studiare per essere autosufficiente. Ma con il passare degli anni va sempre più perdendo la sua autonomia, tanto che entra in un tunnel di oscurità e in una lunga crisi, durata almeno otto anni, proprio nel periodo più promettente della giovinezza. Si pone il problema del perché la sorte si sia accanita proprio contro di lui. Non mancano momenti di forte scoraggiamento. A 19 anni si ferma definitivamente per tutta la vita: “crocifisso in carne ed ossa” per 28 anni. E’ il momento più duro; si sente un ragazzo come gli altri, desideroso di formarsi una famiglia, addirittura numerosa. Si ribella alla sua sorte, grida che non è giusto, che non ha fatto del male a nessuno, che non merita di soffrire in quel modo così crudele, che Dio non può essere un padre se fa tanto soffrire una sua creatura. Questo abbandono, quest’eclissi momentanea di Dio indicano un passaggio dalla fede dell’infanzia a quella adulta, che presuppone il rapporto con l’Altro. Nel 1952, dichiarato inabile al servizio militare, si radica in lui sempre più l’idea di non essere come gli altri, di essere solo di peso, di essere un condannato a morte precoce per asfissia, proprio come i crocifissi. Ad evitargli gesti insani c’è costante l’amore eroico della madre, con la sua fede semplice e convinta. Per contagio, tale fede si comunica allo stesso figlio, sostenendolo anche nei momenti più duri, così che Luigino può almeno pregare insieme con la mamma e i familiari.

la sterilità di certi dolori arrabbiati e piagnucolosi o pieni di invidia; e che la più grande disgrazia è la chiusura nella propria sofferenza, perché rende incapaci di fare qualcosa per gli altri. Così inizia il suo cammino di accettazione e di valorizzazione della propria malattia, dimenticando le sue sofferenze, per pensare a quelle degli altri. L’avvenimento che darà la svolta definitiva alla sua vita è l’esperienza del colloquio con il Crocifisso, che lo investì con la sua luce intensa e riempì il suo cuore di pace e di gioia. Inizia a pregare intensamente, mettendosi completamente e per sempre nelle mani di Dio. I pellegrinaggi a Loreto e a Lourdes saranno per lui esperienze forti e doni grandi di Dio per perseverare, con gioia, nel Suo amore. Durante un pellegrinaggio a Loreto chiede alla Madonna di guarirlo dentro, di renderlo un uomo per gli altri, di dare uno scopo al suo soffrire. La grazia di Dio, la preghiera, la devozione alla Vergine, l’aiuto della mamma si fanno strada nel suo animo e lentamente lo trasformano.

Sono uno che si è messo nelle mani di Dio In una lettera del 1974 Luigi si presenta ai molti amici che gli scrivono: “Non voglio rattristare nessuno, anzi, mi piacerebbe ridare la gioia che Dio mi ha messo dentro. Sarebbe ingiusto se la tenessi tutta per me… Ho pensato che, quando si è una candela e si è destinati a bruciare, è meglio ardere su di un altare che un una cantina. Non amo la croce per la croce. Ma, quando c’è, bisogna farne un mezzo di salvezza, una fonte di misericordia e di perdono. Non sono un eroe, né un santo. Sono soltanto uno che si è messo nelle mani di Dio, che crede nel suo amore e si lascia guidare. Anch’io con la mamma dico:” Signore, ti ringrazio per la vita che mi hai dato. Non la meritavo affatto“. Luigi comprende sempre più la necessità di porre il suo stato fisico nella luce di una fede fondata su Gesù Cristo, l’unico capace di dare un significato al dolore e alla malattia: “Quando il dolore mi ha ghermito mi sono ribellato:”perché proprio a me?”. Poi mi sono detto, rabbrividendo: “E allora a chi?”. Ho accettato, ma avevo paura, conoscevo la mia debolezza, e ho detto: Mio Dio, metterai Tu un peso di cinquanta chili sulle spalle di chi non regge neanche dieci? Penso allora che sosterrai il mio fragile passo. Se è così, Signore del mio cuore, non temerò l’impegno che mi affidi”. (continua) Coltorti M. G

L’incontro con il Crocifisso Per uscire dalla crisi si rivela decisivo l’incontro con una persona che soffre più di lui: Giulio, che per l’artrite deformante è un “gomitolo umano”, ma che è molto sereno e cerca di portare il suo piccolo contributo ai problemi degli altri. Da questa amicizia Luigi capisce che il vero male per l’uomo non è la malattia, ma

Mamma Maria tiene in mano il crocifisso di fronte a cui nel 1957 Luigino ebbe un’estasi.

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La mia consacrazione perpetua a Dio l 13 marzo è stato per me un giorno molto importante: nella nostra chieI sa di Morrovalle (MC) ho consacrato per sempre la

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Come è evidente, non è semplice dire cosa si provi nel presentare una domanda di ammissione alla professione perpetua, e meno ancora lo è descrivere i senmia vita al Signore nella Congregazione della Passiotimenti e gli stati d’animo di quel momento particolane. re. Credo che sia un po’ come descrivere l’emozione Certamente in molti si chiederanno quali possano di un giovane che domanda la mano della sua sposa o i essere state le emozioni, le sensazioni di quel giorno sentimenti che albergano nel suo cuore quand’è sulper me tanto particolare e in questo spazio cercherò di l’altare: il cuore batte, e la testa è un turbine di idee, dare loro risposta. speranze e sogni aventi tutti il medesimo protagonista: Di certo, la professione perpetua dei voti non viene la persona amata. da un giorno all’altro, ma –in un certo senso– costituiCosì ho vissuto io quel giorno: con la testa e il cuosce la meta (o “tappa”, secondo i punto di vista) di un re gonfi di gioia, emozione, amore a Gesù e ai fratelli. cammino iniziato già diversi anni prima. Io sono enPerché Cristo mi ha trato in convento chiamato, e mi ha nel settembre chiamato ad annun1997: è stato alziare e testimoniare lora che, in seil suo amore. Ecco guito ai vari quindi spiegato aneventi che hanno che il mio cognome segnato la mia religioso (che a vita, ho iniziato il molti suona strano e cammino che ogcomunque non tragi ha avuto quedizionale): dello sto particolare sisguardo del gillo. Signore. In esso è Durante quesintetizzata da una sto cammino, fatparte il mio sentirto peraltro di premi guardato ed ghiera e discerniamato da Gesù mento (specie Cristo, dall’altro il quest’ultimo con mio sentirmi chial’aiuto del padre mato a guardare i spirituale e confratelli nello stesso fessore, e dei relimodo, con lo stesgiosi che hanno so sguardo d’amocurato la mia forre. A voi che cone o la consacrazion enzo con i genitori, dop Lor mazione), ho visdividete il nostro cariC. di ta fes di nto Mome suto momenti dalsma, fratelli, domando la grazia delle vostre preghiere l’intensità unica… perché io possa sempre rispondere degnamente a queRicordo per esempio quando, durante il periodo del sta mia missione. dall’altro il mio sentirmi chiamato a postulantato, il p. Alberto (allora direttore) ci insegnaguardare i fratelli nello stesso modo, con lo stesso va i primi rudimenti della meditazione passionista sguardo d’amore. usando le meditazioni preparate per gli AGC (all’epoPrima di concludere, vorrei dire un mio personaca ancora neppure rilegate…). lissimo grazie a Dio, per la mia famiglia che, oltre ad Ricordo il periodo del noviziato quando, col p. avermi educato alla fede, mi ha sostenuto ed accomFrancesco Guerra (allora maestro), abbiamo studiato il pagnato in tutti i momenti salienti di questo cammino diario spirituale di san Paolo della Croce e ne abbiamo di sequela e di risposta alla mia particolare vocazione visitato i luoghi significativi. e che nel giorno della mia professione, seduta accanto Ricordo il tempo dello studentato teologico, quana me, ha partecipato della mia gioia, della mia emodo a Roma mi impegnavo a prepararmi in vista del mizione, della mia commozione; per la mia parrocchia, i nistero e quando –durante quel periodo- ho avuto la miei amici, i tendopolisti e tutti gli Amici di Gesù Cromia prima esperienza di missione in provincia di l’Acifisso che hanno partecipato a questa cerimonia perquila. Ricordo la trepidazione e la voglia di fare. Risonalmente o anche solo con la preghiera; per i miei cordo il desiderio di conoscere per annunciare. formatori, che mi hanno aiutato a rispondere più auRicordo oltre a tante belle esperienze, le meditaziotenticamente al disegno di Dio sulla mia vita. ni che ho fatte in questi anni su Gesù e sulla sua pasA voi che condividete il nostro carisma, fratelli, sione. Ricordo gli impegni assunti durante le mie medomando la grazia delle vostre preghiere perché io ditazioni e il profumo dei miei “mazzolini spirituali”. possa sempre rispondere degnamente alla mia missioTante esperienze, tanti ricordi, una missione… e alne e insieme continuare a prepararmi con impegno e lora la consacrazione non è più una scelta ma una rifedeltà agli ordini sacri. sposta: una risposta all’amore di Dio che chiama. C. Confratel Lorenzo cp


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fo Corso di r mazione per Animatori

S. Gabriele: 28-29 febbraio 2004

l 28 e 29 febbraio con un gruppo di circa 45 amici, ci siamo trovati al Santuario di San I Gabriele, per il primo corso di formazione per gli animatori degli Amici di Gesù Crocifisso. Il corso è stato organizzato dal nostro Assistente P. Alberto Pierangioli e dalla Presidente Piera Iucci. Abbiamo avuto una discreta rappresentanza di tutte le fraternità delle Marche e di due dell’Abruzzo. Molta gioia e incoraggiamento ci ha dato anche la partecipazione del Coordinatore nazionale del MLP, Franco Nicolò. Relatore del corso è stato il P. Fernando Taccone. Nel primo incontro l’Assistente P. Alberto ha spiegato il perché di questo corso. Dall’invito del papa alla chiesa universale “Prendi il largo” nasce l’esigenza di un’evangelizzazione non più ristretta al mondo ecclesiastico, ma estesa a noi laici. Da qui anche la necessità di ritrovarci insieme, per sostenerci con un cammino comunitario. Aderire ad un cammino di fede significa prendere coscienza che tutti siamo chiamati alla santità e all’impegno missionario; il movimento degli Amici di Gesù Crocifisso ci aiuta additandoci la spiritualità di San Paolo della Croce. Come animatori, dobbiamo crescere personalmente per aiutare i fratelli a crescere, dobbiamo imparare per insegnare, formarci per formare; dobbiamo passare da un cammino individuale a un cammino comunitario, dall’impegno per la nostra vita all’impegno per la Chiesa. È un traguardo ambizioso che richiederà tempo ed energie e la necessità di ripetere questi incontri. Per la prima volta, come Amici di Gesù Crocifisso, abbiamo davanti un cammino triennale. Dobbiamo darci alcune linee guida che ci aiutino ad attuarlo. Dobbiamo accrescere la comunione tra noi, nei gruppi e tra i gruppi e anche l’impegno e l’inserimento nella chiesa locale. Dobbiamo accentuare una radicalità di vita personale e comunitaria.

Incontri-Laboratorio Sono quindi iniziati i tre “Incontri–laboratorio” guidati dal P. Taccone, seguiti con molto interesse e

molta partecipazione da tutti. Il relatore ha avuto il merito di coinvolgerci tutti: ha sapientemente illustrato la figura dell’Animatore, la sua Formazione e il Metodo da mettere in pratica con l’elasticità che ogni situazione richiede.

1. Chi è l’Animatore degli AGC? Chi ha aderito agli AGC, ha chiaro in sé l’obbiettivo del Movimento e lo vuole condividere creativamente con altri. Perché lo fa? Come battezzato sente che non può tenersi dentro l’amore di un Dio che lo ama fino a sacrificarsi sulla croce. Il carisma di San Paolo della Croce aiuta a uscire da una fede solo per me, spinge a dare quel poco che si ha e accende il desiderio di aiutare gli altri ad approfondire e vivere la fede. Come lo deve fare, per evitare apatia e scarsa partecipazione agli incontri? Con formazione e metodo.

2. La Formazione dell’animatore Per essere “animatore” non c’è bisogno di una preparazione eccezionale, basta la formazione seria di ogni cristiano di buona volontà, come è indicata anche dal nostro Statuto. Deve saper accostare le persone con molta attenzione e delicatezza e deve sostenere il gruppo con l’esempio e con la sua preghiera personale. Deve saper ascoltare, essere attento alle situazioni concrete, amichevole, servizievole e paziente con tutti; deve ricordare gli incontri con inviti precisi e opportuni, avere sempre aggiornato l’elenco del gruppo. 3. Il Metodo riguarda le varie attività proposte dallo Statuto; ognuna di esse deve essere portata avanti con metodo semplice e adatto alla composizione del gruppo. Per ogni incontro occorre preparare un sussidio anche di un solo foglio. Cercare di coinvolgere tutti, dando a ciascuno un’incombenza particolare secondo le preferenze e le attitudini. I malati devono essere aiutati a valorizzare l’apostolato della sofferenza. L’incontro non superi l’ora e mezza di tempo. Non siamo riusciti a esaurire il programma proposto; ma ci siamo lasciati con l’impegno di ritrovarci ancora per continuare la nostra formazione. Letizia e Betta Partecipanti Corso Animatori con S. Paolo della Croce “innevato”!

Corso animatori: Il P. F. Taccone parla agli amici

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Testimonianze Meditazione da un letto di ospedale

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Adesione eroica all’amore

“Caro padre, negli ultimi mesi ho vissuto delle belSola, in una cameretta di ospedale, ho modo di rile esperienze spirituali, sono stata molto felice di avere flettere e pensare alla mia vita. Apro il libro “Voi siete così vicino Gesù. Da quando conosco i Passionisti e miei Amici” e medito “Gesù abbraccia la Croce”. mi sono iscritta agli Amici di Gesù Crocifisso sono naGesù che soffre e offre tutti i suoi dolori per la nostra ti in me altri sentimenti e faccio cose che mi gratificasalvezza mi fa capire quanto sia grande il suo amore no. Leggendo il libro “Voi siete miei Amici” ho capiper me. È giunto il mio momento; anch’io dovrò dare to alcune cose che prima mi era difficile capire, come in cambio qualcosa per colui che ha dato se stesso in l’orazione mentale. Cerco di diffondere le immaginette silenzio per me. Mi rivolgo a Lui con il cuore: “Signodi Gesù Crocifisso con la Promessa di Amore, per fare re, pietà, accetta con benevolenza le mie mancanze, la conoscere Gesù. Sono contenta di far parte degli Amimia poca fiducia e soprattutto la mia paura”. ci di Gesù Crocifisso, perché finalmente posso dire Vorrei tanto saper ascoltare i consigli di Gesù; vorapertamente “Io amo Gesù”. Per molto tempo ho visrei essere migliore, agire in modo giusto e saper ascolsuto la mia fede in segreto, perché vivo in mezzo a tare con più impegno ciò che finora non sono riuscita a persone atee. Ma sono riuscita a riportare alla fede le fare. Capisco che il mio dolore è ben poca cosa, certamie sorelle e un mio fratello che stava diventando temente non paragonabile a ciò che ha patito Gesù per stimone di Geova. Sono vissuta sempre come una crome. Cerco rifugio nella preghiera, che mi dà forza e mi cifissa in mezzo a tanti problemi, forse per questo il aiuta a comprendere che questa è una prova permessa Signore mi ha fatto conoscere gli Amici di Gesù Crodal Signore per rafforzare la mia fede. Non ho paura cifisso, anche se nella del risultato, mi sento mia regione non vi sotranquilla. Il mio penno gruppi di Amici. A siero va spesso a Giu15 anni ho perso la lio, mio marito e a tutte mamma; ho dovuto ocle sue sofferenze, prima cuparmi della numerodi salire al Padre: il suo sa famiglia, delle mie ricordo e soprattutto il sorelle e fratelli, di cui pensiero di Dio mi aiudue handicappati, sentano a superare questo za un aiuto da nostro momento. padre. Non ho fatto Il dolore, se accettanulla per me, ma ho to con amore e per fatto qualcosa per Geamore, aiuta ad avvicisù, ho molto amato Genarci con più slancio e Fraternità di Montecosaro sù. Da quando ho incointensità a Dio, che ha minciato ad amarlo, mi voluto che il proprio Fisono interessata di conoscerlo meglio, leggendo libri glio arrivasse a dare la vita per amore di tutti gli uomidi teologia, scrivendo di Lui e del mio cammino spirini. Mi vengono in mente anche le parole di S. Paolo tuale. Mi è stato difficile capire e accettare la croce, della Croce: “L’amore insegna tutto, perché la Passiospecialmente le sofferenze e la morte di mia madre. ne con i suoi amarissimi dolori è opera di un amore Alcuni anni fa sentivo che Gesù volesse qualcosa da infinito”. me e pensavo di diventare religiosa; ma non potevo La mia vita è cambiata radicalmente in poco temfarlo, per la situazione della mia famiglia. Allora ho po. Mi sono risvegliata come da un incubo. Venire a capito che dovevo aiutare il prossimo, assistendo le conoscenza come una doccia fredda di essere affetta persone bisognose, anziani, handicappati, perché ho da un tumore maligno allo stomaco mi ha sconvolta; capito che c’era Gesù in loro. Ho scritto queste cose ma con la stessa velocità mi sono ripresa e mi sono riperché nessuno meglio di te può comprendere che covolta a Gesù Crocifisso. Non ho chiesto grazie, ma la sa siano i crocifissi, la sofferenza e l’amore per Gesù”. forza e il coraggio di sopportare il dolore e di accettarlo con amore senza lamenti. M. Cristina Ora sto meglio; mi mancano soltanto gli incontri in parrocchia e soprattutto i ritiri mensili a Morrovalle e Gesù lo ha voluto le catechesi di P. Alberto. Anche se Gianni mi porta le Quando ripenso a come ho conosciuto gli Amici di registrazioni, mi manca la presenza degli Amici, il G. C. mi dico che Gesù stesso lo ha voluto. Una matticonfronto con loro e il loro calore umano. Adesso ho na, nella mia chiesa di S. Gabriele a Giulianova Lido iniziato a comprendere l’importanza dell’amore a GeTe, notai il giornalino degli Amici che mi colpì subito; sù Crocifisso, al quale rivolgo spesso questa preghiera: me lo portai a casa e lo lessi tutto d’un fiato. Mi piac“Aiutami e dammi ancora un po’ di tempo per coque tanto e lo feci vedere ad Anna e Carolina. Dopo noscerti meglio e amarti sempre più”. alcuni mesi P. Alberto venne nella nostra chiesa in ocMaria Teresa


Amici di Gesù Crocifisso

Peregrinatio Crucis, Macerata 22 marzo 2004

casione della Pasqua. Mi presentai, gliene parlai e così mi iscrissi subito. Gesù ha ascoltato le preghiere del padre, affinché nascesse anche qui un gruppo di Amici. Spero tanto che questo gruppo cresca nel numero e soprattutto nell’amore e nella fede. Per il momento le cose fra noi Amici vanno bene. Questo gruppo ci unisce. Noto che anche quando ci incontriamo in altri posti ci teniamo a scambiarci saluti, consigli e anche qualche pensiero che riguarda il cammino. Io sono molto soddisfatta. Ho iniziato da bambina, dietro l’insegnamento delle suore, a percorrere la strada della fede. Poi ad un certo momento della mia vita ho pensato che forse c’era troppa superficialità nelle mie azioni e che in fondo in fondo a Gesù non offrivo proprio niente. Ho provato a guardare nei vari gruppi e ho finito col non capire più quello che dovevo o che potevo fare. Ma Gesù ha provveduto. Ho ritrovato nel cammino degli Amici l’incoraggiamento a riprendere il cammino lasciato, con maggiore impegno, ma con la consapevolezza e la certezza che Gesù mi ama per quella che sono, che apprezza i piccoli gesti, i sorrisi, i semplici consigli che riesco ad offrire. Tutto questo mi riempie di una gioia profonda che mi aiuta a rialzarmi le troppe volte che cado. Chiedo a Gesù di aumentare la mia fede, perché ne ho veramente bisogno e ringrazio il P. Alberto per quanto fa per me e per tutti gli Amici di Gesù Crocifisso. Santina

pochezza. Un’altra cosa bella che ho capito è che Dio si può pregare non solo ripetendo un’infinità di preghiere, magari di corsa per dirle tutte, ma meditando la sua Parola e stando in silenzio davanti a Lui perché ci parli. Ho imparato anche che è giusto esprimere al Signore i nostri desideri, le necessità; ma che dobbiamo essere anche disposti ad accettare la sua volontà anche quando non concorda con la nostra. Ho imparato ad essere meno egoista con il prossimo, e tante altre piccole cose che mi aiutano a sentirmi meglio dentro. Ho ancora tantissima strada da fare nel cammino di santità che solo l’infinita misericordia di Dio potrà concedermi. Gianni

Dopo un triste periodo…ora sono felice Nel 1994 ho incontrato gli Amici di G. C. attraverso alcuni amici che mi hanno fatto conoscere P. Alberto. Ho iniziato questo cammino di fede, aderendo alla chiamata del Signore con tutta me stessa. Dopo un triste periodo della mia vita, pregando, partecipando agli incontri e vivendo intensamente gli insegnamenti ricevuti, riacquistai la gioia, la fermezza e la determinazione che mi hanno risuscitata. Ho imparato come si prega, come ci si comporta, come si ama il nostro prossimo, perdonando sempre, senza riserve, senza recriminazioni, senza risentimenti. Mi sono liberata di tutto; ora sono gioiosa, felice, vivo veramente una vita nuova. Ciò che riesco a fare per la parrocchia, per le missioni, per il Movimento, ha riempito tutti i miei vuoti; ora mi sento bene e ho capito il grande amore che Dio mi ha dato, mi dà e continuerà a darmi sempre. Ora considero il MLP “Amici di Gesù Crocifisso” come il mio vero cammino di santità. Ho compreso che non basta pregare, agire solo per noi stessi egoisticamente; quello che il Signore mi ha insegnato attraverso i Passionisti devo diffonderlo tra gli altri, seguendo le regole, i consigli, gli insegnamenti forti ricevuti. Dobbiamo crescere, responsabilizzarci al massimo, perché il nostro cammino si rafforzi, per questo ho messo al servizio del Signore tutta la mia vita. Maria Luisa

Vorrei che venissero anche dei giovani Ho incontrato il MLP leggendo nella bacheca della chiesa dei Passionisti a Recanati l’avviso di un incontro che P. Alberto avrebbe fatto per spiegare cosa fosse il MLP. Ci sono andato con mia moglie, poi ci sono ritornato ed ho scoperto una cosa bellissima, perché con questo Movimento mi sono avvicinato veramente al Signore. Il cammino del mio gruppo di cui indegnamente sono stato scelto come responsabile, non è sempre lineare: alcuni vengono senza grandi convinzioni; altri hanno preso seriamente questo cammino e cercano di fare tesoro di quanto apprendono nei nostri incontri e nei ritiri mensili a Morrovalle. Non è facile fare capire l’importanza di questo movimento della spiritualità passionista ai più giovani, ma mi auguro che prima o poi ci si riesca. La mia vita dopo l’incontro con gli Amici di G. C. sta cambiando. Ho imparato a capire il valore della sofferenza offerta a Dio ed anche nella fraternità ho qualche esempio splendido che mi fa vergognare della mia

Amici partecipanti Corso animatori San Gabriele 28-29 febbraio

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Amici di Gesù Crocifisso

AMICI NEWS Un “cerino” come un faro “Caro P. Alberto, l’Associazione “Amici di Gesù Crocifisso” è una Sfida autentica e coraggiosa in uno stile che dona alla realtà della presenza personale come membra viventi del Corpo Mistico la soave presenza e azione in una convivenza amichevole, con un unico programma che investe la vita: “Per me infatti il vivere è Cristo” (Ef 1,21). Auguro che gli “Amici” chiamati a conoscere, comprendere e vivere la “sapienza della Croce” siano la vera “lampada che splende in luogo oscuro” e siano dono di luce a chi si è smarrito per vie oscure. Sono lieto di essere come un cerino acceso che si unisce alla luce delle tue attività”. P. Paolo Maria Totaro

“Voi siete miei Amici” “Continuo a nutrirmi del suo libro “Voi siete miei Amici”, che considero con vero stupore uno “scrigno” colmo di elementi, itinerari, percorsi per meditare e partecipare col cuore e l’anima al mistero della Croce e dell’Amore di Cristo: I pensieri di san Paolo della Croce poi mi entrano nell’anima come frecce, con una forza tale e con una luce divina uguali forse alle parole del Signore! Così anche le pratiche della Via Crucis e le meditazioni che mi accompagnano quotidianamente. Grazie di cuore e che il Buon Dio la benedica e la ricompensi”. Adriana Galliano

VIII CONVEGNO NAZIONALE DEL MLP Santuario di S. Gabriele - Te: 27-30 maggio 2004. Tema: “Il mistero pasquale nella vita del MLP”. Relatore: P. Gabriele Cingolani. Per informazioni: Piera Iucci: Tel. 0733.814071. C. 339.162.6796. 9 maggio: Ritiro a Morrovalle Ci ritroviamo insieme anche per ringraziare il Signore per i 50 anni di sacerdozio del nostro Assistente, P. Alberto Pierangioli. ❈❈❈

6 giugno: Ritiro a Morrovalle e Consacrazioni a Gesù Crocifisso: anima P. Gabriele Cingolani.

Ricordiamo al Signore i nostri defunti: Zambon Morresi Antonia di Corridonia: 02-04-2004 Un grazie sincero a coloro che hanno inviato offerte per le spese di stampa. Maggio-Giugno 2004 – Anno V n. 3 Aut. del Trib. di MC n. 438\99 del 17-12-1999 Sped. Ab. Post. Art. 2 com. 20\c L.662\96 - MC Tecnostampa – Recanati - C. c. p. 11558624 Dir. R. Tonino Taccone – Red. P. Alberto G. Pierangioli P. San Gabriele 2 - 62010 Morrovalle MC T. 0733.221273 - C. 349.8057073 - Fax 0733.222394 E-mail albertopier@tiscalinet.it http://www.passionisti.org/mlp/amici


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