Printlovers, n. 89, 2021

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La comunicazione con fili (di poliestere) di E L E N A

P A N C I E R A

Parlare di soft signage significa fare un viaggio nel mondo dei filati, dei tessuti e dei finissaggi. Ma anche in quello della plastica e della sostenibilità, dato che il poliestere, supporto per eccellenza di questo strumento di comunicazione, è un polimero. Qui seguiremo i chip o fiocchi polimerici mentre vengono estrusi, filati e tessuti. E poi scopriremo come vengono trasformati, stampati, tagliati e confezionati fino a diventare “soft signage”. 50

Indoor soft signage di Mimaki Bompan Textile

La storia del tessuto si intreccia alla storia dell’umanità. È uno dei pochi materiali che ci riveste, letteralmente, dall’inizio dei tempi. Che portiamo sulla nostra pelle, che ci diventa seconda pelle. E quella tessile è la prima industria moderna a nascere e svilupparsi. Il tessuto richiama immaginari poderosi, anche quando non viene usato per l’abbigliamento. Protegge il nostro sonno, correda i nostri pasti, decora le nostre case. Ecco perché quando lo scegliamo per comunicare disponiamo di una potenza quasi ancestrale.

La stoffa della comunicazione Una delle macro tendenze della comunicazione visiva, negli ultimi anni, è il “soft signage”, letteralmente “segnaletica morbida”, perché viene realizzata stampando tessuti di poliestere. Sono definiti soft signage striscioni e banner, bandiere, rivestimenti edili, i cosiddetti backlit o retroilluminati, ombrelloni, gonfiabili, gazebo. Anche fondali e scenari teatrali e televisivi vengono realizzati con le stesse tecnologie di stampa e confezione (ma questi, a dire il vero, non hanno sempre finalità di comunicazione).


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