SIMENON SIMENON WEEKEND N.3

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SIMENONsimenon N° 3 - ANNO XI VENERDì•VENDREDI 05 /03/2021 - SETTIMANALE•HEBDOMADaiRE

Weekend

Maigret au tribunal

Simenon: comprendere e non giudicare

Deux points de vue sur la justice

Comprendresansjuger: une professiondefoi


SIMENONsimenon Weekend in questo numero legge o giustizia? Si sa. Non sempre la legge e la giustizia coincidono. E questo sarebbe quasi normale, ma non per Simenon, che critica sia i giudici che i sistemi processuali, e vorrebbe una vera e propria rivoluzione. E in questa manca poco che i magistrati spariscano, facendo posto a psicologi, psichiatri, psicanalisti... Una posizione un po’ estrema, ma per uno come lui che dava molta importanza al condizionamento psico-sociale e alla ineluttabilità del destino, è chiaro che per la consapevole responsabilità dell’individuo c’è uno spazio sempre minore. E allora cosa di meglio che “comprendere e non giudicare”?

dans ce numero LOI OU JUSTICE ? On le sait, la loi et la justice ne coïncident pas toujours. Et cela semblerait presque normal, mais pas pour Simenon, qui critique aussi bien les juges que les systèmes procéduraux et voudrait une véritable révolution. Selon lui, il faudrait presque que les magistrats disparaissent, cédant la place aux psychologues, psychiatres et psychanalystes… Un point de vue un peu extrême, mais pour quelqu’un comme lui, qui donne beaucoup d’importance au conditionnement psychosocial et à l’inéluctabilité du destin, il est clair que l’espace est toujours restreint pour la responsabilité consciente de l’individu. Et alors, quoi de mieux que « comprendre et ne pas juger » ?

colpevole, predestinato o innocente? La giustizia, i giudici istruttori, i magistrati, i processi, le sentenze, secondo Simenon tutto un sistema sbagliato

La colpevolezza è una cosa troppo seria e complicata per lasciarla in mano ai magistrati giudicanti. Questa, in maniera un po’ cruda e decisamente sintetica è l’idea che Simenon aveva sulla corrente amministrazione della giustizia. “...Credo che non esistano dei colpevoli. - spiega il romanziere - L’uomo è un essere talamente poco attrezzato per affrontare la vita che parlare di una sua colpa è quasi farne un superuomo. Come può essere colpevole?...”. Per Simenon un forte condizionamento sociale, ma anche un destino quasi predeterminato, la fanno da padrone nella percentuale di responsabilità di colui che commette un reato. E comunque gli squilibri sociali pesano non poco, tanto a spingerlo a dichiarare: “Io ce l’ho molto di più con

un capo di stato che sacrifica tutto per la sua piccola gloria, più di quanto non ce l’abbia con un clochard sotto un ponte che, alla prima occasione, ruba un portafoglio [...] gente che non può scegliere, che conduce la vita che inevitabilmente la Società ha imposto loro fin dalla nascita...” Questa la reazione a dello scrittore ad una delle tante interviste realizzate da Francis Lacassin. E poi un certo modo di amministrare la giustizia Simenon lo imputa anche ad una selezione classista dei magistrati. “... certi giudici istruttori, mondani e venerabili, che a quel tempo erano reclutati nella classe borghese, iniziavano il loro lavoro senza conoscere nulla degli uomini, facendo leva unicamente sui precetti borghesi che erano stati loro inculcati. E allora,

che tipo di giustizia volete che tutto questo producesse?...”. E’ quindi un sospettato poteva trovarsi trattato diversamente a seconda della sua appartenza sociale. “Tutti gli uomi sono uguali davanti alla giustizia” era un’affermazione che per lo scrittore non teneva conto delle storie personali, della provenienza sociale, dell’unicità di ogni essere umano. E poi Simenon se la prendeva anche con la pena carceraria che invece che tendere a rieducare, favoriva l’aumento della delinquenza. Le carceri come scuole per criminali. “Oggi si fanno delle campagne contro gli animali in gabbia. E gli uomini in gabbia, allora? - protesta Simenon - Perchè noi, ancora oggi, mettiamo degli uomini in stanze non più grandi di una gabbia di un leone, a volte anche più piccola, e anche quella con delle sbarre? L’idea che si possa riservare un tale trattamento ad un essere umano mi rivolta, mi fa ribollire il sangue...”. Insomma il presunto colpevole, consapevole o inconsapevole, oppure a volte addirittura innocente, prima di arrivare ai giudici, passa per la polizia e, quando incappa in commissario come Maigret, che si sforza di comprendere, magari può avere una fortuna. Con un inaspettato “colpetto” il suo destino può cambiare.


Maigret au tribunal Les enquêtes du commissaire aboutissent à un procès, mais c’est le côté le plus pénible de sa profession, et si on lui laissait le choix, il préférerait ne pas y assister. Lorsque Maigret mène une enquête, ce qui l’intéresse, c’est de découvrir la personnalité de ceux qui sont impliqués dans un crime, de traquer la part d’humanité dans un suspect ou un coupable. C’est donc avant tout une enquête psychologique, et le côté judiciaire a moins d’importance pour lui. Ce qui fait que tout l’appareil des procès le met mal à l’aise, et s’il est obligé d’y assister, c’est souvent contre son gré. D’ailleurs, Simenon, qui prend le prétexte d’une enquête policière pour brosser des portraits de personnages, ne raconte pas toujours le procès qui suit l’enquête du commissaire. Mais quand il le fait, c’est pour mettre le doigt sur les questionnements de Maigret – qui sont aussi ceux du romancier – sur le bien-fondé de la justice. Les trois premiers chapitres de Maigret aux assises montrent le commissaire assistant au procès de Gaston Meurant, accusé d’avoir tué sa tante. Significativement, c’est en grande partie à cause de la

déposition de Maigret (dont l’enquête avait pourtant abouti à l’arrestation de Meurant) que finalement l’homme sera acquitté. Au début du roman, on voit Maigret se poser des questions sur la justice, estimant qu’il «aurait préféré ignorer»

que la plupart de ses enquêtes aboutissent à un procès, constitué de « rites auxquels il ne s’était jamais complètement habitué. » Pour lui, le tribunal est un univers abstrait, hiératique, à la fois solennel et saugrenu , « où les mots n’avaient plus le même sens », et

il se demande si l’accusé, après des mois de prison, est toujours le même homme que celui qu’il avait arrêté. Dans le roman précédent, Une confidence de Maigret, le commissaire avait déjà les mêmes interrogations, qu’il confiait à son ami le Dr Pardon : « En deux jours, en une dizaine d’heures à peine, y compris la lecture de l’acte d’accusation, le réquisitoire et les plaidoiries, on prétend résumer, pour quelques hommes qui n’étaient, la veille, au courant de rien, une existence entière ». Une certaine inanité ressentie par le commissaire, qui, déjà dans Maigret et l’homme du banc, exprimait ses doutes face aux procès et aux tribunaux : « Une fois qu’un homme quittait la P.J. pour être remis entre les mains du juge d’instruction, le rôle du commissaire était terminé. Les choses ne se passaient pas toujours, alors, comme il l’aurait voulu. Il ne savait que trop ce qui allait arriver. Et, si ça avait été de lui... »

UNE TETRALOGIE DE REFLEXIONS SUR LA JUSTICE ET LA RESPONSABILITE Avec Les Scrupules de Maigret (rédigé en 1957), Simenon inaugure un cycle de réflexions à propos de la justice et de la responsabilité des criminels, qu’il reprendra dans trois autres romans: Une confidence de Maigret, Maigret aux Assises, tous deux écrits en 1959, puis, plus tard, en 1968, dans Maigret hésite. Mais ce sont des thèmes qui reviennent régulièrement dans toute la saga de Maigret.


SIMENONsimenon Weekend

PER SIMENON: L’UOMO FONDAMEN

COMPRENDeRE E

L’opinione di Simenon diventa il motto del commmissario che, grazie alla sua naturale empatia, guarda agli accusati con un occhio comprensivo “... Non credo ai criminali, alla responsabilità di alcun criminale. Li trattiamo come non umani. Li mettiamo in celle di contenimento. Li rinchiudiamo in vere gabbie, come delle belve. Sono i medici e gli psicologi che dovrebbero giudicare gli uomini e non dei magistrati. O invece, - siccome si fanno degli stages in tutti i mestieri - bisognerebbe che prima di poter giudicare gli altri, i magistrati passassero sei mesi in una prigione, come detenuti...” Questa in sintesi come la pensava il romanziere in fatto di giustizia, tribunali e processi secondo quanto dichiarava durante un’intervista del 1981 (al gior-

nalista Paul Giannoli). Ma erano anni che, prima con il motto del suo commissario Maigret “comprendere e non giudicare” e poi con dichiarazioni dirette, Simenon esplicitava la sua critica al sistema giudiziario e alla capacità dei magistrati di capire gli uomini che si trovavano davanti e di non attenersi in modo pedissequo a quello che recitavano gli articoli del codice penale. In poche parole psicologi, psichiatri e psicoanalisti, al posto dei magistrati di ogni ordini e grado che non riescono a capire le motivazioni profonde che muovono le azioni degli uomini e quindi anche dei

criminali. E poi non scordiamo il ruolo che il destino, o meglio la predestinazione, simboleggiata dal passaggio di quella famosa “linea”, rappresenta nei suoi romans durs. E colui che la oltrepassa, precipita in un vortice inarrestibile che lo trascina dal suo ruolo sociale rispettabile e onorato, al mondo dei reietti, ai margini della società, nell’oscurità delle tenebre fino al compimento ineluttabile del suo destino. Ma di tutto questo quanto l’individuo è davvero colpevole? Secondo Simenon molto poco. E il processo in tribunale, per lui, non è davvero la soluzione ideale, soprattutto fin quando i giudici non capiranno l’importanza della psicologia. “...se lo capissero, i tribunali non esisterebbero più. Credo che da qui a una trentina d’anni i tribunali spariranno - spiega Simenon ai cinque medici della rivista “Médecine et Hygiène” che lo intervistarono nel 1968 nella sua villa di Epalinges - C’è già un’inizio. Oggi un giudice istruttore può predisporre il dossier personale di

un imputato che comprende: 1) i rapporti di un esperto di medicina generale [...] 2) il rapporto di uno psichiatra - 3) il rapporto di assistente sociale - 4) il rapporto di uno psicologo... “. Sono teorie e previsione che qualcuno potrà giudicare un po’ azzardate, ma che per Simenon erano convinzioni molto chiare e radicate. E non risparmia critiche a come la giustizia veniva gestita nei tempi passati.


NTALMENTE NON E’ COLPEVOLE

E non giudicare

“...Prima si giudicava il crimine. Ogni delitto aveva il suo prezzo: la morte, l’ergastolo, vent’anni... Da qui una sorte di gioco tra il procuratore, l’avvocato e la giuria [...]. Oggi questo dossier personale realizzato da non-giuristi, ma da persone specializzate nello studio della personalità, dimostra che si è personalizzato il crimine, si giudica la personalità del criminale... - continuava a spiegare

convinto Simenon - ...ormai decidere cosa fare di un imputato, non è più in gioco solo la giuria, vale a dire un garzone di un fornaio, il cartolaio all’angolo, la pensionata. Certi paesi evoluti come il Canada studiano la trasformazione completa del sistema giudiziario. Nel giro di qualche anno non ci saranno più soltanto dei magistrati, e dei giurati, ma delle commissioni che comprenderanno dei medici,

degli psichiatri, e dei psicologi che decideranno cosa fare del criminale...”. E’ così che costruendo il personaggio del commissario Maigret, il romanziere mette come uno dei suoi tratti distintivi il motto “comprendere e non giudicare”. Maigret Commissario Capo della Brigata Omicidi di Parigi deve acciuffare il sospettato, scovare testimoni e produrre prove a suo carico. Poi lo consegna alla giustizia, cioè a quei magi-

ne dal collo di velluto, pipa tra i denti, ed espressione assente, in realtà Maigret cerca di “impregnarsi” di quell’atmosfera, finché riesce ad entrare nei panni dei protagonisti. E nonostante Simenon ricordi che “Maigret non è intelligente, ma intuitivo”, dobbiamo riconoscere che questa empatia del commissario è la sua migliore arma per comprendere a fondo e non avere poi bisogno di giudicare... già... perché lui ha capito! E

strati che lo giudicheranno. Ma questi cercheranno di comprenderlo? Maigret lo fa. Ma è una sua connaturata predisposizione. Fin dall’inizio dell’indagine cerca di capire l’ambito in cui il delitto si è consumato, le dinamiche psicologiche che si sviluppano tra gli individui di quell’ambiente, quali sono i valori dominanti. Avvolto nel suo cappotto-

qualche rara volta ci mette lo zampino... Quando? Quando percepisce che giustizia e legge non andranno di pari passo e un poveraccio sarà condannato non per responsabilità sue, ma a causa di un destino che si è accanito su di lui e ne ha fatto la sua vittima... e qui il commissario diventa “il riparatore dei destini”...


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Deux points de vue sur la justice, mais un seul et même constat Simenon met en scène ses interrogations sur la responsabilité des criminels, par le truchement de deux romans qui racontent un procès d’assises

Dans Les Témoins, le président Lhomond, suite à un incident survenu juste avant l’ouverture du procès, va être amené à envisager différemment la potentielle culpabilité de l’accusé, au point qu’il va conduire les débats de sorte que celui-ci soit acquitté. Même si, très probablement, Lhomond continuera par la suite d’exercer sa fonction de juge, il aura touché du doigt les limites de la justice, et Simenon nous montre comment le président regarde avec un certain malaise le déroulement du procès ; il voit les magistrats «jouer la comédie», tout lui paraît «tellement futile, tellement loin de la réalité, cela ressemblait à un cirque», et ce qui hante Lhomond, c’est « la conscience qu’il prenait soudain de l’impossibilité pour un humain d’en comprendre un autre ». Et, a fortiori, de le juger. Les questionnements de Simenon sur le fonctionnement de la justice trouvent une illustration dans plusieurs romans où il décrit un procès au tribunal. Par exemple Cour d’assises (1937) et Les Témoins (1954). Dans le premier, le point de vue est placé du côté de l’accusé, tandis que dans le second, nous sommes du côté du président de la cour.

Dans Cour d’assises, le procès proprement dit ne fait l’objet que du dernier chapitre, mais le titre du roman montre bien l’importance qu’y attache le romancier, qui narre le cheminement de Petit Louis, accusé, à tort (et c’est tout le sens du roman, où Simenon a rendu sympathique le personnage, malgré ses errances), d’avoir tué sa maîtresse ; le procès

en paraîtra d’autant plus inique. La description des scènes au tribunal montrent bien ce qu’en pense le romancier: tout est faux dans les reconstitutions établies pour le dossier d’accusation, le déroulement du procès est une « comédie », une « tricherie », tout est « truqué », et la condamnation de Petit Louis tombe comme une acmé dérisoire et tragique.


photostory: Legge o giustizia

IL PROCESSO • LE PROCÈS

IL TRIBUNALE • LE TRIBUNAL

Quello che Simenon avrebbe voluto far gestire a medici Il luogo dove le sentenze si pronunciano e i destini si psicologi, psicoanalisti e psichiatri. compiono e dove Maigret non mette piede volentieri Ce que Simenon aurait voulu faire gérer par des médecins Le lieu où se prononcent les sentences et où les destins psychologues, psychiatres et psychanalystes s’accomplissent, et où Maigret ne met pas volontiers les pieds

IL GIUDICE DELLA CORTE • LE JUGE DE LA COUR LA SENTENZA • LE JUGEMENT Il momento in cui si compie il destino di un uomo che, Chi decide le sorti di un imputato, per dice lo scrittore, non sempre è reponsabile del reato Simenon, senza essere preparato a comprenderlo Qui, selon Simenon, décide du sort d’un accusé sans Le moment au cours duquel s’accomplit le destin d’un homme qui, dit le romancier, n’est pas toujours responsable du crime être préparé à le comprendre


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