La piazza di giovinazzo marzo 2010

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Via Cairoli, 95 Giovinazzo 70054 (Ba) Edito da Ass. Amici della Piazza Iscr. Trib. di Bari n. 1301 del 23/12/1996 Part. IVA 05141830728 Iscr. al REA n.401122 Telefono e Fax 080/394.79.20 IND.INTERNET:www.giovinazzo.it E_MAIL:lapiazza@giovinazzo.it Fondatore Sergio Pisani direttore responsabile Sergio Pisani redazione Porzia Mezzina - Agostino Picicco - Alessandra Tomarchio - Damiano de Ceglia - Marianna La Forgia - Daniela Stufano - Nico Bavaro - Angelo Guastadisegni Rossella Tiribocchi - Mimmo Ungaro Matilde Restaino - Diego de Ceglia Onofrio Altomare - Michele Carlucci corrispondenti dall’estero Vito Bavaro - Nick Palmiotto Giuseppe Illuzzi - Rocco Stellacci stampa - L’Immagine (Molfetta) progetto grafico - Ass. Amici della Piazza Grafica pubblicitaria: C. Morese responsabile marketing & pubblicità: Roberto Russo tel. 347/574.38.73

ABBONAMENTI Giovinazzo: 10 Euro Italia: 20 Euro Estero: 60 Euro Gli abbonamenti vengono sottoscritti con c.c postale n.80180698 o con vaglia postale o assegno bancario intestato ad:

ASS. AMICI DELLA PIAZZA II TRAV. MARCONI,42 70054 GIOVINAZZO (BA) ITALY La collaborazione é aperta a tutti. La redazione si riserva la facoltà di condensare o modificare secondo le esigenze gli scritti senza alterarne il pensiero. Gli articoli impegnano la responsabilità dei singoli autori e non vincolano in alcun modo la linea editoriale di questo periodico.

editor «Mi ha rovinato Obama!!!». Così oggi parlerebbe per bocca di Totò Antonio La Trippa, candidato del PNR tutto d’un pezzo di Roccasecca. Per carità nulla contro il Presidente degli Stati Uniti, «l’uomo della pace». «Mi ha rovinato Obama!!!» perché anche il candidato La Trippa per l’elezione a sindaco si sarebbe adeguato ai tempi, si sarebbe messo su feisbukk, avrebbe aperto una bacheca, un gruppo (Do ut des, ossia tu dai tre voti a me che io do un appalto a te), un blog di discussione (visto che parliamo di politica, ci sarebbe qualcosa da mangiare?). Sì forse la trippa. La trippa intesa come ventre molle. La trippa oggi si fa virtuale. Per acchiappare voti! Qualcuno avrebbe convinto La Trippa ad abbandonare grancassa e trombone perché adesso si fa rumore su internet, tempestando con «proposte di amicizie su Facebook» tutti gli elettori della zona. Dopo che la persona contattata da La Trippa accetta di diventare «suo amico» scatta la fase 2: arriva una newsletter con la quale s’informa che La Trippa si candiderà alle prossime elezioni per il bene del paese e che ha bisogno di appoggio. Naturalmente la newsletter di La Trippa sarebbe così stipata di punti, due punti e punti e virgola che emozionerebbe, coinvolgerebbe subito l’elettore. E terminerebbe così: «Due secoli fa Massaniello si è venduto al padrone. Io vi dico che questa andazzo deve finire. Chi parla di voti inutili è totalitario e in malafede, i voti inutili possono essere utili se servono ad eleggere qualcuno e questo qualcuno di cui

Finito di stampare il19/02/2010

sopra sono io. Io, concittadini di Roccasecca, io umile servo di questa nobile Rocca, Secca per modo di dire, Antonio La Trippa. Vota Antonio La Trippa, Vota Antonio, Vota Antonio, Vota Antonio....». Non siamo ancora ufficialmente in campagna elettorale ma la battaglia delle newsletter su internet si è già fatta dura quando a scendere in campo sono i tanti aspiranti ad una poltrona da consigliere regionale. Non solo nomi eccellenti, ma anche outisder e neofiti alla ricerca di un posto al sole. Come quel misconosciuto di Michele Rizzi candi-

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cendere il pc e collegarsi alla rete per POLITICI rendersi conto di come il conto alla rovescia verso le elezioni regionali sia ELETTORALI già iniziato. Una radicale rivoluzione nel modo di comunicare, i cui effetti Prenota il tuo spazio si avvertono tutti i giorni anche nel per le elezioni regiomondo dell’informazione. Che dire nali del 28-29 marzo. infatti del gruppo di Facebook che conteneva minacce al presidente del info 347.574.38.73Consiglio Silvio Berlusconi: la pagina 347.3127385 intitolata «Uccidiamo Silvio» ha sollevato una bufera mediatica ed è sta- lapiazza@giovinazzo.it. nessun caso saranno praticate condiziota oscurata, con l’apertura di un’in- In ni di favore. Inoltre La Piazza di chiesta da parte della Procura di Giovinazzo s’impegna a non pubblicare vietate ai sensi delle disposizioRoma. Andate su facebook e scopri- inserzioni ni di legge e del regolamento dell’Autorità rete in Puglia chi rianima la pagine per le Garanzie nelle Comunicazioni. web dopo mesi di assenza, chi parte a caccia di ‘amici’ e fans e chi invece è costretto a difendere il partito dall’entusiasmo dei propri supporters. Andate su facebook e scoprirete in Puglia il re (o la regina) del social network. Uno dei tre è già il vincitore in rete. E La Trippa, dove l’abbiamo lasciato? Alla composizione della sua newsletter da inviare a tutti i suoi friends rispettando la volontà del Garante che ha stabilito che la propaganda elettorale può essere inserita nelle newsletter ed inviate via e-mail solo ed esclusivamente con lo specifico consenso del destinatario. Mica scemo il nostro La Trippa, si è già erudito in giurisprudenza online. Impossible is nothing ... Purtroppo anche a queste elezioni quando parti da zero e ci vincerà ancora una volta la trippa, arrivi davvero (MARINELLA ma purtroppo non Antonio, persoFALCA, VICE CAMPIONESSA OLIMnaggio del grande Totò fantasioso e PICA DI ATENE NELLA GINNASTIin fondo sgrassato del popolo italiaCA RITMICA, N°1 GIOVINAZZESE no. SERGIO PISANI SU FACEBOOK)

COPERTINA

dato alla Regione Puglia per Alternativa Comunista, lavoratore precario presso il call-center che da solo sta cercando di cambiare la Puglia tentando di lasciare una traccia web, un link, un gruppo su Facebook perché in televisione non se lo prende nessuno. Alla faccia della par condicio. Da sinistra a destra il catalogo online per poter già esprimere la propria indicazione di voto offre un panorama vastissima. Vendola, Poli Bortone, Palese stanno scatenando una vera e propria corsa al fan club virtuale. Basta ac-

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di Sergio Pisani

C’è Daniela che lo usa per le adozioni dei cani, per mostrare le foto dei nostri amici a quattro zampe in mancanza di quelle dei bastardi che li abbandonano. C’è Miky che ricorda gli eventi musicali della sua associazione, Vincenzo quelli dell’AFP e Gioventù Dagostino, l’assessore, che riceve al pubblico virtuale h 24. C’è Gaetano che elenca nella sua newsletter agli iscritti del suo gruppo le ultime novità del suo negozio mentre Marinella aggiorna il suo album caricando le immagini delle sue performance sportive e delle sue vacanze. C’è anche Giuseppe che ha appena risposto al quiz «sesso zodiacale 2010?» e gongola perché il risultato è «sesso da

vera, la centralissima Piazza Emanuele. E’ Facebook-mania, perché solo su Fb si possono coltivare amicizie, è possibile parlare con qualcuno senza avere i tempi contati e senza l’ansia di digitare brevi sms su tasti invisibili e alquanto snervanti dei nostri cellulari sempre più minuscoli per problemi di spazio nel corredo personale errante. Anche a Giovinazzo i blog, i forum di discussione vanno in cantina. Avere un diario, un post aperto può essere frustrante, soprattutto quando nessuno li commenta. Su Facebook, invece, ti senti comunque parte di comunità a prescindere da come e quanto aggiorni la tua pagina. C’è sempre qualcuno che ti risponde, ti senti immediatamente gratificato nel momento in cui al tuo post si legge il fatidico commento «mi piace», una sorta di approvazione che magari è difficile riscontrare nel proprio circuito di amicizie reali. Anche a Giovinazzo oggi il fattore tempo è diventato qualcosa di estremamente discutibile. In treno, sul lavoro, in bus, per strada è un refrain ridondante: «Ci sentiamo su Facebook». Nessuno ha più tempo di parlare. Si corre. Questo tempo affamato consuma la nostra quotidianità, il piacere condiviso dello stare insieme. Dopo qualche minuto di veloce conversazione con l’amico incrociato casualmente, si sente pronunciare la fatidica frase: «Scusami, ma ho un appuntamento tra cinque minuti». O peggio: «Ora non ho tempo, magari ci sentiamo un’altra volta. Magari ci sentiamo su Facebook».

favola; passerai dei momenti da far venire la pelle d’oca con un toro, una bilancia o un gemelli». C’è Gianni che trascorre il suo tempo a mandare più baci per ricevere più baci dagli ex compagni di scuola ed Isa che lo usa per confrontarsi con i test di intelligenza. E poi c’è Enzo che sogna una bionda per la vita e ci sguazza per trovare un’anima gemella, come se non ne avesse mai avute! Proprio il contrario di Tonio che trascorre ore ed ore in chat dopo essere passato da parecchie agenzie matrimoniali. E’ ufficiale: è Facebook-mania. E’ esplosa anche a Giovinazzo. Un boom che riempie la nostra piazza STRANO MA VERO. Mio Dio come virtuale e spopola, svuota quella sei cambiata! Al liceo ti guardavi e ti

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vedevi brutta per colpa magari di qualche brufolo o chilo di troppo. Facebook, straordinario strumento di rivincita, soprattutto per chi, per esempio, veniva considerata uno sfigata allo Spinelli. Ecco quindi ostentato un corpo mozzafiato nelle immagini di profilo. Un profilo da calendario Pirelli. Quant’è strana la vita. C’è chi invece da sfigato scapolone oggi mostra le foto del matrimonio o del viaggio di nozze. Come dire ai bamboccioni che non hanno ancor preso la decisione: «Avete visto, io ce l’ho fatta!». LA TOP TEN. Ci addentriamo nella giungla “chatteresca” del nostro giovin popolo. Indiscutibilmente è la numero uno in fatto di amicizie nell’hit parade: Marinella Falca conta ben 3.674 amicizie. Il palasport di via A. Moro non riuscirebbe a contenerle tutte. Impossible is nothing ... quando parti da zero e ci arrivi davvero: è il Marinella pensiero. E’ lei, l’icona dello spor t giovinazzese, la medaglia d’argento di Atene nella ginnastica ritmica e quella di bronzo scippata a Pechino da una giuria troppo casalinga. E’lei la special one, la numero uno su Fb. E vale la pena richiedere la sua amicizia. Perché Marinella è bella e famosa. Te ne accorgi dalle 927 foto e 17 video. Te ne accorgi dalla copertina che ha regalato ai lettori. Marinella è bella e famosa. Da fb capisci che la favola di Marinella continua. Oggi è assistente azzurra del ct Emanuela Maccarani. Ad maiora, Marinella, princi-

per scomodare De Gregori... Invece Daniela è sempre in chat per lanciare Seconda classificata una che la fac- di sos per la vita dei nostri amici a 4 cia non ce la mette. Non perché non zampe. sia bellissima, anzi. Preferisce metterci quella dei cani la cui faccia è Terzo classifisempre più importante di qualche ba- cato a sorpresa stardo che li ha abbandonati. Danie- non un ragazzo la Volpicella conta 2380 friends qua- in cerca di consi tutti cinofili e 268 foto del suo quiste, ma un 45enne sposato, un tempo la voce dell’ingerenza nei consigli comunali quando erano sindaci Iannone ed Illuzzi. Blogger di partito ma anche satiro dell’eros, è iscritto al gruppo «Salviamo la medusa rosa» ma anche «Grazie a Dio sono di origini pugliesi; Quelli che sono certi che Franco Metta risolleverà megacanile virtuale. 268 cani per stra- Cerignola; Quelli del PDL che voglioda in cerca di adozione. Se fossero no Adriana Poli Bortone candidata del solo quattro i cani per strada e ci fos- centrodestra; Giudici di Strasburgo… se la luna, si potrebbe cantare, tanto invece di togliere il crocefisso, fate ripessa di fb. Ricordati di noi.

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spettare i diritti dell’umanità». Animalhousediscount alias Marco Bonserio rischia di essere sommerso nel giro di qualche mese da una sorta di social spam con annessa discarica virtuale di servizio/soccorso in località S. Pietro Pago. Quarto classificato l’informatore giovinazzese del cartaceo e della rete, il principe della cronaca nera, rosa e biancoverde, il gazzettino di Giovinazzo: il 22enne Nicola Miccione. Chiedetegli cosa hanno fatto le squadre della Polisportiva dello Zeccone e lui ti risponderà in tempo reale. Il suo è un telefono aperto. Inviategli domande via sms e lui vi risponderà alla velocità di Usain Bolt. Il suo numero di cellulare è pubblico, è su fb. Come dire: è uno di noi, non un politico dei piani alti. Conta 1198 amicizie e solo 61 fotografie, ma sono le più importanti. Quelle che lo immortalano di tempera verde-bianco-rosso la notte mundial con quell’urlo lanciato davanti alle telecamere della web tv di giovinazzo.it che hanno fatto il giro delle Little Italy nel mondo. Un urlo che ricorda quello di Tardelli la notte del Bernabeu. I GRUPPI. A sottolineare la componente di socializzazione di Fb sono anche i gruppi a cui si può partecipare. Ce ne sono di tutti i tipi. Dai più leggeri come quelli che riuniscono i tifosi (AFP Giovinazzo 596 fan, Atletico Giovinazzo 56 membri), i fan delle star dello spettacolo, cinema o di serie televisive come Sergio iscritto al gruppo «Quelli che guardano Sky calcio show SOLO per le tette di ILARIA D’AMICO» o quelli che sposano le cause più improbabili come «Salviamo la Medusa Rosa». Ci sono pure quelli più impegnati che seguono campagne umanitarie o battaglie civili (no alla piattaforma petrolifera a largo di Monopoli), ma anche gruppi a metà stra-

da fra la goliardia (Quelli che vogliono Mario Sicolo su Facebook), la nostalgia (Quelli che rimpiangono le radio libere di Giovinazzo) e il campanilismo (I love Giovinazzo 1198 iscritti), il gruppo più nutrito su Fb). FACEBOOK E I POLITICI. Facebook è anche un potente strumento in grado di misurare il gradimento dei politici. Il candidato democratico alla Casa Bianca, Barack Obama, sarebbe il politico più popolare su Facebook, vanta più di 865mila friends circa. Mi sono chiesto quale sarà l’indice di gradimento dei nostri politici giovinazzesi su Facebook. Ho fatto un’interessante scoperta. Antonello Natalicchio sindaco di Giovinazzo, Pasquale Tempesta vice sindaco, Angelo de Palma presidente del consiglio e assessori non pervenuti. Strana la vita. Anche Tommaso De Palma, il Confalonieri di Giovinazzo è assente. Fa eccezione Gaetano Dagostino (376 amici). Sarà «la sua giovane età», Gioventù Dagostino piace alla gente che piace. E’uno stacanovista di fb, interagisce come se fosse un URP virtuale per il suo assessorato al turismo e alle attività produttive. E se il Papa ricorda che i sacerdoti non devono entrare nelle stanze della politica, i nostri politiconi non sono ancora entrati nel tempio di facebook.

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l’intervista

«Orgogliosa di essere TERRONA»

ADRIANA POLI BORTONE, RIBELLE DI PUGLIA E CANDIDATOPRESIDENTE: «RISPETTO IL PENSIERO DEL PRESIDENTE BERLUSCONI E GLI RINNOVO LA MIA STIMA; MA SONO AL SERVIZIO DEI PUGLIESI PER INTERPRETARE UN BISOGNO DI CAMBIAMENTO». Nome: Adriana Cognome: Poli Bortone Attuale partito di appartenenza: IO SUD Diceva Einstein: «Solo i cretini non cambiano mai idea». A guardare il gioco delle alleanze per) la poltrona alla regione Puglia sembra di essere davanti ad autentici scienziati? I cambiamenti del panorama politico sono dovuti essenzialmente a due cose: la scelta del bipolarismo e l’altra sul federalismo. Il bipolarismo, in Italia, si è concretizzato in un mero bipartitismo, sul quale evidentemente io non sono d’accordo e del quale altrettanto evidentemente una buona parte degli italiani non sono soddisfatti: altrimenti non si spiegherebbero i numeri in crescita degli indecisi da una parte, e dei partiti minori dall’altra, con conseguente passaggio di chi non si ritiene soddisfatto dagli attuali schieramenti, da una parte all’altra. Il federalismo ha fatto il resto: si è preteso di attuare solo il federalismo fiscale, lasciando fuori da ogni discorso legislativo la possibilità di una vera attuazione del federalismo su più piani; questa scelta ha comportato la nascita di partiti a base territoriale, politica ma non partitica, come per l’appunto è Io Sud. Adriana candidato-Presidente: «Rispetto il pensiero del Presidente Berlusconi e gli rinnovo la mia stima; ma sono al servizio dei pugliesi per interpretare un bisogno di cambiamento». Ma quale cambiamento? Lasciando la Puglia ancora in mano al centrosinistra? Io corro per vincere, come ho detto più volte. Il chè non la ritengo una cosa impossibile,

considerato che il voto disgiunto potrà fare davvero la differenza in queste elezioni. La possibilità infatti di scegliere un candidato alle regionali, per esempio, del Pdl, e allo stesso tempo di indicare me come Presidente, consentirà a tutti gli elettori di sentirsi liberi di scegliere ciò che ritengono essere la cosa migliore per la Puglia. La battaglia è focalizzata sui programmi e sulla persona dei candidati presidente, più che sulle liste, e credo di avere le carte in regola per poter concorrere almeno alla pari con gli altri candidati, non crede? Se Palese è candidato per strappare la Regione alla cattiva amministrazione di Vendola, non creda che io sono candidata per altri motivi.

né la sinistra. E ritengo che oggi l’unico voto utile sia appunto quello dato per la Puglia. Manca meno di un mese. Alla fine, alla chiusura del mercato, lei e Palese lo farete questo «passo indietro», lo troverete questo terzo candidato comune che permetta di unire tutte le forze alternative alla sinistra estrema di Vendola? Credo che i tempi limite siano stati superati, sinceramente. Elezioni del Presidente della Regione Puglia. Si voterà il 28 e il 29 marzo. I bookmakers danno favorito Vendola. Lo sanno anche i bambini. Ma le previsioni sono anche fatte per essere ribaltate. Come? Facendo comprendere alla gente che è in gioco il futuro della Puglia, considerato anche che nel 2013 termineranno gli aiuti della UE ed occorre sfruttare al massimo tutto quello che è rimasto: ben poco, a dire il vero, se si considera il disastro fatto da Vendola. Poi, per quanto riguarda la sanità, mi conceda la battuta… è un po’ come sparare sulla Croce Rossa; pensi che io sono membro della Commissione d’ Inchiesta sul Servizio Sanitario nazionale, ho chiesto di avviare con urgenza un’inchiesta sulla Sanità in Puglia; da tempo, poi, abbiamo interrogato le Aziende sanitarie per conoscere lo stato delle consulenze esterne, e ancora a tutt’oggi non ci sono state date risposte: pensi un po’quanto hanno chiare le idee in materia, alla Regione!

Dopo il suo passo in avanti insieme all’UDC, Berlusconi ha replicato: «Vinceremo con Palese». Ci spiega come? Dovreste chiederlo, più che al Cavaliere stesso, a chi tanto si è battuto per la candidatura di Palese, e mi riferisco naturalmente al Ministro Fitto, che non ha inteso fare lui di persona quel passo in avanti che pure avrebbe tolto dall’imbarazzo tanti, Cavaliere in testa. «L’Udc non va con chi vince. Vince chi va con l’Udc. E il 28 marzo lo vedrete» - ha detto Casini. Non le sembra che state facendo solo il gioco di Vendola? Le ho già risposto, io corro per vincere. Il mio ritengo che sia un programma vincente, perché va dritto a scelte necessarie per il territorio, non è pensato per soddisfare le velleità della destra o della sinistra, ma solo per dare voce alle necessità della gente di Puglia, com- Parliamo della sua lista. Perché «Io sud. E presi tutti gli insoddisfatti della destra e della tu?» e non «Noi Sud, e voi?». sinistra. Con me vince la Puglia, né la destra E’ stata una scelta chiara, determinata da mo-

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tivi di marketing, che le spiego brevemente. Ricorda il celeberrimo «I Love New York» di Milton Glaser? Si trattava di un progetto di marketing territoriale commissionato dallo Stato di New York, lui ne ha fatto un logo, ed ha permesso così a quel progetto di andare in giro per il mondo per quarant’anni sulle t-shirt dei ragazzi e sugli adesivi dietro le auto. Siamo partiti da quel concept, con il gruppo di giovani creativi che mi accompagna sin dalla nascita del movimento. Mi hanno presentato l’idea, dicendomi che si trattava di «un nuovo modo di coniugare il Sud: Io sud, tu sud, egli sud…»… Ancora ricordo le loro parole. Mi hanno convinta subito, e mi hanno convinta anche ad osare, accettando un ‘concept’ di logo e di movimento che non teme di perdere le propria identità nel confronto internazionale. Oggi ci dobbiamo confrontare con tutto il mondo, difendendo le nostre caratteristiche territoriale, ma sapendo cogliere quello che avviene ovunque. Occorre da una parte sprovincializzarsi per apprendere il meglio; dall’altra, rimanere radicati al territorio per poter trasferire ciò che è replicabile su base territoriale. Pensava che le dicessi semplicemente che «Io Sud» perché il movimento è ancorato alla mia persona, vero? Vede, a volte le spiegazioni sono molto più profonde di quello che vorrebbero i detrattori, per fortuna…. Dica la verità: Io Sud nasce anche perché nel valzer delle candidature alla Regione Puglia del 2010 il suo nome era inviso all’interno e all’esterno del suo ex partito? Io Sud nasce solo perché nel moderno panorama politico non esiste un partito in grado di tutelare gli interessi del Sud. Il Nord ce l’ha, è giusto che lo abbia anche il Sud. Il resto, sono malignità e bugie, oppure… solamente «Noia», come diceva Califano in una celebra canzone. Lei, si è candidata alla poltrona di presidente della Provincia di Lecce. Cui prodest la sua candidatura se alla fine ha vinto Lorenzo Ria del PDL? Lei sa perché ci si candida in genere? Per catalizzare consenso. E se permette, in 4 mesi abbiamo raggiunto quasi il 22%, presentandoci «da soli contro tutti»; se pensa che dall’altra parte avevamo le intellighenzie riunite e le macchine di partito messe tutte all’opera, con le buone e con le cattive…. Sono più che soddisfatta di quel risultato. Non so cosa ci si

poteva aspettare di più. Comunque la informo che non ha vinto Ria. Ha vinto Gabellone; che probabilmente non era molto noto, nemmeno per le sue doti amministrative, come denota il fatto che lei non ricorda nemmeno il nome. Ma aveva per l’appunto una buona macchina alle spalle.

sti, che tanto possono nell’opinione pubblica. Ritengo invece che molto è stato fatto, e che innumerevoli sono i personaggi meridionali senza i quali in Italia si sarebbe scritta un’altra storia, più povera di cultura, ideali, arte, economia. Solo occorre fare molto meglio.

Quali sono le condizioni che Pierferdinando Casini ha dettato agli emissari di Io sud per allearsi con voi? Immagino che le risulti difficile da credere, ma la libertà è l’elemento che accomuna Casini e me, l’UDC e Io Sud: i diktat li lasciamo agli altri.

Con Io Sud «non saremo più spettatori inerti in uno scenario in cui eravamo inconsapevoli protagonisti» - così è scritto nello statuto. Cosa diventerà allora Io Sud? Quello che è già diventato: un partito in movimento. Partito perché sin posiziona sulla scena politica assieme agli altri competitors; movimento perché rifiuta le logiche rigide di partiti e di programmi. «Il Salento e la Puglia non gireranno le spalle ad una figlia di questa terra che ha servito per molti anni...». In breve, dove sono le sue tracce nella Terra del Sole? Lo sa cosa ha detto Gino Paoli di me? “E’ una fascista, ma ha fatto di Lecce un fiore”. Ecco, forse una piccola traccia l’ho lasciata proprio nella mia città, dove è naturale, d’altronde.

E quelle dettate da Io Sud al PDL? Le ho già risposto. «SUD» chiama il sud. Chi dovrebbe rispondere? Chiunque ha a cuore gli interessi della Regione, e non quelli personali o di partito, a prescindere dal background politico personale, di destra o di sinistra. Io Sud segue a grandi linee il modello Bossi e della sua Lega Nord per la costituzione di un movimento per il Sud. Da contrapporre a chi? Allo strapotere della Lega all’interno del Governo, per esempio. Ma prioritariamente non è un movimento che nasce «contro»; è un movimento che nasce a favore, del Sud per l’appunto.

Quante sono le donne con le gonne e senza attributi in Parlamento? Non mi è mai piaciuto sentire parlare di donne con gli attributi. Preferisco parlare di donne con qualità, e in parlamento ce ne sono molte, soprattutto se guardiamo alle figure L’indifferenza dei politici riguardo la questio- presenti da più tempo. Poi magari ci sono ne meridionale è storica. Non le sembra pa- donne anche con altre qualità, ma quelle saradossale accorgersi dopo tanti anni di atti- ranno note ai pochi, e non ai più. vità politica solo adesso dell’esistenza di questa emergenza? Quante sono invece in Parlamento le lady Se parla di me, spero che stia scherzando. Per di ferro? maggiore informazione le dò copia comunque Oggi meno di ieri della mia biografia: la mia prima legge sul ba- In quanti congressi le hanno detto: «Brava rocco, rimasta alla storia perché ha consentito Poli, sei una DONNA con le P....! E ciò non di fatto la quasi totalità dei restauri delle chie- va bene a Berlusconi e i sui vassalli?». se di Lecce, risale al 1985. Se parla dei politici Le assicuro che il Premier ha molti meno in genere, è normale che in politica ci si ag- vassalli di quanti non ne abbiano alcuni grappi a ciò che va i moda: è accaduto (e an- feudatari di provincia, soprattutto da noi. cora accade) con l’ecologia, con l’immigrazio- In quanti dopo un incontro finito a pugni hanno urlato in sua presenza come nel film ne, con l’occupazione etc etc etc di Rocky «Aadriaannaaaa. Ho vintooooo?» Cosa è cambiato al Sud da vent’anni a que- Mia figlia me lo fa spesso questo verso. Mensta parte se i leader sono sempre gli stessi, tre i ragazzi de «La base per Adriana» quei problemi sempre i medesimi, le strategie di sti creativi che mi seguono, hanno fatto di “non soluzione”sono state sempre confer- recente una vignetta sull’argomento… Gli e la faccio mandare. mate? Questo «qualunquismo» politico non fa bene a nessuno, ma è terribile se fatto dai giornali- Per generare un vero e proprio

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‘Rinascimentò meridionale c’è bisogno di numeri, di uomini. Adriana Poli Bortone apre la porta non solo a chi non si sente vassallo di Berlusconi ma anche a chi non debba rinnegare nulla della propria vita politica di qualsiasi partito esso sia. Ma dov’è allora la novità del movimento: un ritorno al passato? Lei crede che il superamento della destra e della sinistra in nome del territorio sia un ritorno al passato? Le spiace indicarmi quale partito o movimento in passato ha fatto una scelta del genere? Mi pare solo la Lega, che fa parte di un recente passato ma anche di un futuro prossimo, purtroppo. Passare con quelli dell’UDC non è cosa dura da digerire? Come le ho detto Casini ha a cuore la libertà dagli schieramenti attuali, da quel bipolarismo che sta strettissimo a me e a lui. Non è cosa buona e giusta? Quando Barba ha ceduto il Gallipoli ad imprenditori friulani non l’ha mandata giù: «Sud defraudato anche nel calcio» - hai sbottato. Ma perché non ha messo lei su una cordata di imprenditori locali? Guardi che l’idea l’ho sondata, se non proprio lanciata, ma gli interessi evidentemente erano altrove. Noi viviamo in dittatura come si affanna a ripetere Di Pietro? Credo che Di Pietro abbia fatto parte di un tentativo di dittatura, non andato a buon fine perché fortunatamente le regole poste dalla Costituzione a difesa della democrazia sono ancora ben salde, nonostante i reiterati attentati subiti da più parti. «Inquinamento, tumori, tutto ha avuto un prezzo: qualche migliaio di posti di lavoro!». A Giovinazzo da 25 anni non ci sono più neanche quelli. Eppure la Ferriera resta sepolta tra gli ulivi con i suoi capannoni in amianto. Ma nessuno muove un dito. Provvediamo? La riconversione dei siti industriali era una cosa che si poteva fare, per esempio, con i FAS. Ma qualcuno ha preferito adoperarli per raddoppi delle linee ferroviarie al Nord o per migliorare i servizi sempre al Nord. Oggi è necessario fare una ricognizione di quanto è

rimasto da impegnare come risorse europee e mettersi subito all’opera; e la riconversione dei siti industriali abbandonati è sicuramente una priorità. Il voto di scambio è un istituto a Giovinazzo molto diffuso. Tutti lo sanno e tutti chiudono gli occhi. Conosce già il listino-prezzi per le elezioni regionali del 28-29 marzo? Non mi interesso di queste compravendite, ma per un motivo preciso: come sanno tutti i miei sostenitori ed elettori, noi di Io Sud non abbiamo nulla da offrire o da minacciare – né mazzette, né posti di lavoro, né cariche istituzionali. Ma abbiamo un’idea di una Puglia migliore nei fatti, e non solo nelle parole. Faccia una previsione. Da Giovinazzo, feudo elettorale della sinistra, cosa si aspetta? Mi aspetto di avere il consenso di chi in questa sinistra, estremista e demagogicamente sociale ed ecologica, non si vuole riconoscere; e di chi alla guida della Regione vuole vedere una donna pragmatica che ha già dimostrato di sapere amministrare, piuttosto che riconfermare chi ha dimostrato di non saper governare o chi dice che lo ha fatto benissimo e poi si ritrova a dover fare i conti con il caso Bond…. Comunque sia, loro hanno già governato tutti e due, Palese con il Governatore Fitto dal 2000 al 20005, e Vendola subito dopo: mi pare che abbiano governato sufficientemente male per poter essere mandati a casa tutti e due. Giovinazzo è ‘na carta sporca e nisciuno se ne importa o una lampara sul mare? Credo che sia una spina nel cuore di qualcuno e una stella nel cielo di qualcun altro. Cosa succederà il 29 marzo 2010? La sera del 29, comunque vada, io sarò una sedia e guardando lo spoglio alla TV saprò di aver fatto il massimo e di dover dar conto di questo solo a me stessa ed ai miei elettori. Qualcun’altro non so se siederà su una sedia o su una graticola già arroventata da altri.

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cronaca amministrativa

Il consiglio comunale di domenica 31 gennaio ha approvato tutti i punti all’ordine del giorno tranne per l’installazione degli impianti fotovoltaici e rimandato la discussione sul regolamento delle libere forme associative. Riepiloghiamo i punti approvati. All’unanimità dei presenti il consiglio comunale ha approvato: - la proposta di variante al piano di lottizzazione per la zona omogenea P.R.G.C. C1.4, già approvata con deliberazione del commissario straordinario n. 79 del 13 aprile 2002. Il progetto di lottizzazione, come da prassi, entro 15 giorni dalla sua adozione sarà depositato presso la Segreteria Generale del Comune di Giovinazzo per 10 giorni consecutivi, durante i quali chiunque potrà prendere visione; - il rilascio dei relativi permessi di costruire, prendendo atto dell’istanza di condono, in atti, relativa all’immobile ricadente in zona omogenea di P.R.G. “Verde Pubblico”e, limitatamente al profilo meramente urbanistico di propria competenza; - il progetto per i lavori di ampliamento dell’immobile comunale in località Casino della Principessa per la realizzazione di un centro diurno socio-educativo e riabilitativo per persone affette da Alzheimer, proposto dalla cooperativa Anthropos; - il progetto definitivo, ai soli fini urbanistici, della realizzazione del centro di selezione e linea di biostabilizzazione con annessa discarica di servizio e soccorso. Una deliberazione, quest’ultima, che costituisce variante allo strumento urbanistico per le aree destinate all’infrastruttura e deter-

mina altresì la costituzione di una fascia di rispetto larga 50 ml, circostante l’impianto complesso, vincolata fino alla definitiva bonifica dell’area dell’impianto di smaltimento a seguito della cessazione dell’esercizio; - Il nuovo Regolamento Comunale sull’Occupazione di Suolo Pubblico mediante dehors per la somministrazione di alimenti e bevande che si compone di diciannove articoli e di un allegato tecnico, composto a sua volta da tre titoli. Il dibattito sui punti centrali del consiglio in realtà si è svolto solo alla presenza dei consiglieri di maggioranza: in blocco l’opposizione si è allontanata dall’aula subito dopo l’appello del presidente Angelo Depalma. Una nota di attenzione maggiore va data all’atto di indirizzo (il consiglio, cioè, ‘suggerisce’ alla giunta la possibilità di considerare il fotovoltaico come nuovo business del territorio) sull’installazione di impianti fotovoltaici. Si tratta di strutture da circa 10MW per avviare il famoso ‘conto energia’, quindi un vero e proprio nuovo campo speculativo per l’economia giovinazzese, anche perché l’idea sareb-

be quella di colonizzare la zona Asi della città dove tra l’altro non valgono i vincoli della legge regionale che vieta il divellere degli ulivi secolari proprio per la specificità di zona adibita ad altro uso ‘industriale’. E quindi l’amministrazione ha voluto lasciare una porta aperta su questa nuova frontiera dell’energia pulita e a tutte le società straniere (ma anche no) che hanno già messo gli occhi sul business facile. Già tempo addietro erano saltate fuori promesse di vendita (in scrittura privata) dei proprietari terrieri ad una società di Corato, la Photonica srl, degli appezzamenti in agro di Terlizzi (al confine ovviamente con Giovinazzo) per avviare un parco eolico. Adesso è proprio l’amminsitrazione a lasciare una possibilità maggiore perché la città diventi ‘verde’ ma non di rabbia. L’altro accordo di cui si è discusso è quello che prelude alla possibilità di aprire una strada alternativa che eviti ai mezzi pesanti della Giovinazzo Terminal srl di attraversare il centro cittadino: le Ferrovie dello Stato spa dovrebbero agevolare la confluenza dei mezzi su ‘Cola Olidda’ attraverso una variante urbanistica proposta alla giunta e approvata

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il

corsivetto

Sei consiglieri presenti, due assenti (Lasorsa, Turturro). Il sindaco apre democraticamente le porte dell’aula consiliare ai suoi accusatori. I suoi accusatori aprono le porte ai nostri taccuini. L’opposizione porta in scena il day after del Consiglio Comunale del 31 gennaio non certo tra i più morbidi dell’ultimo periodo. È scontro aperto. La querelle è l’elezione di un membro del Collegio dei Revisori dei Conti da parte della minoranza, una garanzia prevista dall’art. 44 dello Statuto del Comune di Giovinazzo. L’opposizione denuncia una violazione di tale norma, il Presidente smentisce invocando onestà intellettuale. E si rivolge ad un portale locale: «Al momento dell’elezione del Collegio dei Revisori dei Conti, i consiglieri della minoranza non erano in grado di indicare il nome del proprio candidato… se la minoranza ritiene che siano stati violati i suoi diritti, è giusto che ricorra nelle sedi opportune. È augurabile che lo faccia con onestà intellettuale». Il consigliere Palmiotto (PDL) è tranchant: «In realtà io il nome di un mio collega con il numero di iscrizione all’albo ce l’avevo con me. Alla luce di tutto questo cosa dobbiamo dire che il Presidente del Consiglio non conosce lo Statuto e se non conosce lo Statuto non facesse più il Presidente del Consiglio o non conosce le norme che tutelano l’opposizione e a maggior ragione non facesse più il Presidente del Consiglio o invoca onestà intellettuale sapendo lui di essere nella falsità. A maggior ragione non facesse più il Presidente del Consiglio. Da persona per bene dovrebbe dare le dimissioni ma probabilmente non stiamo parlando di persone perbene. Ricordo che l’art. 32 dello Statuto Comunale prevede tutte queste garanzie. A meno che non c’è qualco-

dell opposizione

sa che si vuole nascondere nel senso che non si vuole un tecnico dell’opposizione nel Collegio dei Revisori che sono coloro che dovrebbero guardare i conti, dovrebbero guardare come sono spesi i soldi, dovrebbero fare attenzione alle movimentazioni finanziarie. Probabilmente non è un problema del Presidente Del Consiglio ma è un problema della maggioranza o dell’intera giunta o del Sindaco o chiunque altro che non vuole che un professionista indicato dall’opposizione possa guardare determinate cose. A una conclusione dobbiamo arrivare. Noi di questo volevamo parlare nell’ultimo Consiglio Comunale, a questo mirava la nostra mozione di sfiducia». Palmiotto non riesce a mandar giù questo boccone amaro. E’ un fiume in piena: «Ci preme far notare alla cittadinanza che non riusciamo ad avere gli atti per tempo. Nell’ultimo consiglio per esempio dovevamo discutere di un punto importante qual era il regolamento per l’occupazione del suolo pubblico per le attività di somministrazione. Ebbene non ci è stata consegnata nessuna bozza nella mattina che precedeva il consiglio nonostante le nostre pressanti richieste. Qui non si può parlare di onestà intellettuale ma verificare dove dimora la correttezza».

CIMITERO E APPALTO E la fiumana delle parole sembra rompere gli argini quando si sviscera la questione del cimitero e dell’appalto dei servizi integrati «Prendiamo la questione del cimitero e la questione dell’appalto dei servizi integrati. Non si capisce niente. Avete voi notizie dell’impresa? Qualcuno ha completato i lavori? I lavori dovevano essere completati all’inizio

del 2009 e invece siamo all’inizio del 2010 e assistiamo alle proroghe di tre mesi in tre mesi…Nessuno sa niente e nessuno ne parla più. E il mercato giornaliero? Era pronto, spesi i soldi, prima della fine dell’anno doveva essere approvata la Convenzione. L’abbiamo approvata, noi abbiamo dato dei consigli che sono stati pure recepiti ma tuttora il mercato è chiuso. Motivo? Non si sa. Altro problema. I soldi spesi e buttati per due pontili. Ma per chi? Per due abusivi che sono venuti ad attraccare? Dovevamo fare la passerella per qualcuno? Qua nessuno ne parla e se proviamo a parlare con l’Amministrazione, non se ne può parlare. Andiamo a guardare il problema di Tributi Italia. Avevamo chiesto personalmente al Sindaco di fare grande attenzione quando si passava dalla Gestor a Tributi Italia perché ero a conoscenza delle problematiche che Tributi Italia ha dato in altre regioni d’Italia. Oggi il quesito che ci poniamo è questo: i soldi dove stanno? Come li recuperiamo? Non i soldi nuovi ma i soldi vecchi. Noi abbiamo cercato di non sollevare un polverone al riguardo perché stiamo parlando di soldi dei cittadini e abbiamo collaborato in qualche modo con l’Amministrazione per risolvere quei problemi. Senza risultato. E poi ancora la questione delle strade cittadine. Entro fine anno spenderemo 300mila euro per risarcimenti per incidenti alle persone provocati dalla mancata manutenzione delle strade. Ne abbiamo parlato in Consiglio, questa è stata una delle prime questioni che noi abbiamo affrontato, non per tappare i buchi ma per trovare soluzioni definitive al problema. Non se ne vogliono prendere volutamente, forse per favorire i pagamenti di sostanziose parcelle agli avvocati amici che si fiondano a far fioccare le richieste di risarcimento danni. Senza dimenticare per ultimo la questione del lungomare perennemente transennato e il mancato avvio dei lavori di adeguamento dell’Istituto S. Giuseppe nonostante i progetti approvati».

IL CONFRONTO CHE NON C’E’. Parole dure quelle dell’avv. De Candia (Gruppo misto) che chiede il confronto in quella che è la casa di tutti i giovinazzesi: «In tempi passati si parlava di decisionismo, io comando, decido e me ne frego. Probabilmente si veniva da un’epoca nella quale bisognava discutere di tutto, bisognava condividere tut-

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to e naturalmente si voleva invertire in qualche modo quella rotta che si era venuta a determinare. E io non nego che c’è stata una fase storica nella quale evidentemente questa esigenza si è venuta a determinare. Ma non vorrei che si fosse passati da un eccesso ad un altro. E se la maggioranza è maggioranza, l’opposizione esprime comunque una fetta della comunità giovinazzese. Nel caso specifico mi sono permesso di ricordare che quando questo Consiglio Comunale si è insediato, le opposizioni rappresentavano in realtà la maggioranza, perché se sommiamo i risultati del centro-destra, più i risultati della mia coalizione, più gli astenuti, andiamo ben oltre il 60%, quindi una maggioranza/minoranza all’interno della comunità giovinazzese. I segnali che arrivano sono oggettivamente preoccupanti, sono segnali che denotano nella migliore delle ipotesi una certa superficialità gestionale, “na vedeim nou” per dirla alla giovinazzese, nella peggiore delle ipotesi una volontà deliberata di procedere in piena autonomia e nel pieno convincimento di non dover rendere conto a nessuno di quello che si fa. Se poi evidentemente si vuole dare a tutto questo una piega anche di tipo giudiziario come tra l’altro ci è stato suggerito dal Presidente per cui chi vuole faccia causa come crede, allora probabilmente dovremmo fare una causa per ogni azione che viene intrapresa». I toni non accennano a smorzarsi, preoccupano i rapporti tra maggioranza e minoranza. Prosegue l’avv. De Candia: «È tuttavia evidente che questo atteggiamento è atteggiamento non più sostenibile. Se poi a tutto questo andiamo ad aggiungere che altri organismi di garanzia in questo ente mancano (mi riferisco al difensore civico che tra l’altro la legge finanziaria ha provveduto ormai a far defungere), oggettivamente è complicato assai svolgere quel ruolo di vigilanza e di controllo che dovremmo evidentemente svolgere perché se il Presidente del Consiglio non ci mette nelle condizioni di farlo e non si hanno rappresentanti come è previsto dallo Statuto nel Collegio dei Revisori dei Conti, non c’è un difensore civico, al quale eventualmente rivolgersi, le informazioni che vengono date sono indubbiamente centellinate». L’opposizione rompe gli argini preannunciando azioni e denunce in tempi brevi.

Irregolare la nomina dei Revisori dei Conti? In questo comunicato il Presidente del consiglio comunale replica ai suoi accusatori In riferimento alle dichiarazioni dei Consiglieri comunali Cortese, Palmiotto, Piscitelli, Iannone, Bavaro e Decandia (questi due ultimi, peraltro, assenti nel Consiglio comunale in questione) che accusano il Presidente del Consiglio di “comportamento irregolare” tenuto nell’assise del 18.11.2009, disattendendo lo Statuto, sono opportune alcune precisazioni (cfr. anche delibera consiliare n.54/2009). 1 Al momento dell’elezione del Collegio dei Revisori, i Consiglieri della minoranza (di cui quasi il 40% era assente) non erano in grado di indicare il nome del proprio candidato. Veniva sospesa la seduta per dar loro modo di attingere alle domande dei candidati pervenute all’Ente e presenti in carpetta. 2. Durante la sospensione dei lavori, l’opposizione chiedeva di incontrare la maggioranza, ma questa si rifiutava di partecipare alla riunione. 3. Alla ripresa dei lavori la minoranza non indicava alcun nominativo e chiedeva il rinvio del punto all’o.d.g.. Tale rinvio veniva respinto dall’assemblea. Il Presidente si asteneva. 4. L’opposizione chiedeva ai consiglieri di maggioranza di rendere noti i nomi dei candidati che avrebbero votato. Questi dichiaravano di avere tutte le indicazioni utili al voto, ma si rifiutavano di renderle pubbliche, invocando la segretezza del voto. La minoranza abbandonava l’aula, senza aver proferito alcun nome ai fini della candidatura. 5. I consiglieri rimasti (la maggioranza) ritenevano di doversi procedere alle operazioni di voto, visto che il Collegio dei Revisori era decaduto e non aveva nemmeno più la possibilità di operare in regime di prorogatio. In assenza di regolamentazione della procedura, erano adottate le modalità di voto previste dall’art. 234 del D. Lgs 267/ 2000. I Revisori dei Conti venivano così eletti. Il Presidente votava scheda bianca. Alla luce dei fatti, non può ritenersi scorretta la condotta del Presidente, che, anche per le scelte di voto operate in tale circostanza, ha dato dimostrazione di imparzialità. Comunque, se la minoranza ritiene che siano stati violati i suoi diritti, è giusto che ricorra nelle sedi opportune. È augurabile che lo faccia con onestà intellettuale. Non è la prima volta che alcuni membri dell’opposizione mettono in atto tentativi di delegittimazione delle Istituzioni e attacchi proditori personali. Già un anno fa circa, sempre contro il Presidente, furono presentate al Prefetto accuse di irregolarità di atti e procedure con richiesta di provvedimenti, che avrebbero potuto avere rilevanza penale. Anche in tale circostanza fu ampiamente dimostrata la infondatezza delle argomentazioni e la distorsione dei fatti.

ANGELO DEPALMA

GABRIELLA MARCANDREA

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CONTRAPPUNTO dell’alfiere

Vi parlerò di Casarini e Bertolaso Capita spesso che la realtà superi la fantasia, l’immaginazione più fervida e ci faccia scoprire gli uomini per quello che realmente sono. Alcuni di voi ricorderanno Luca Casarini? Uno dei più conosciuti leader del movimento no global e dei centri sociali del Nord Est. Famoso per le proteste contro i CPT, contro la base americana nel Veneto, contro lo Stato e contro gli egoismi della nostra società, egoismi che erano tutti rappresentati dal centro destra. Uno dei suoi bersagli preferiti era ovviamente Berlusconi, manco a dirlo, e, in subordine, la Lega. Ebbene tempo fa il buon Luca ci ha fatto sapere a mezzo stampa, dopo aver pubblicato un romanzo con l’odiata berlusconiana Mondatori, che oggi si è iscritto alla Confartigianato e ha aperto una ditta che si occupa di consulenza di marketing. Ma, soprattutto, che è al fianco delle partite Iva che lottano contro il fisco. «Dove finiscono i miei soldi? Se avessi l’asilo gratis per mio figlio pagherei volentieri. Ma siccome finiscono in spese inutili non ci sto. I soldi non devono finire a Roma e poi sparire nel nulla». Queste alcune affermazioni dell’ex guerriero delle cause dei poveri contro i cattivoni egoisti, fetenti ed evasori del centro destra. Sono sobbalzato sulla sedia alla lettura delle dichiarazioni del nostro pro-leghista di fresca adesione al movimento se non per iscrizione, quantomeno per adesione ideale. Passata la sorpresa ho sorriso. Ecco come finisce la rivoluzione. Ho solo un filo di amarezza nel pensare a quanti giovani hanno seguito anche in buona fede, animati da sentimenti di giustizia sociale, questo piccolo Masaniello e, magari, hanno avuto problemi con la giustizia. Ed oggi osservano la trasformazione della loro «guida» di un tempo dal paladino degli oppressi a sostenitore del particolarismo e dell’egoismo locale. Dalla vicenda umana di un uomo che a parole combatteva per i deboli ed i diseredati a quella di un uomo che senza proclami, senza parole rivoluzionarie prive di concretezza e di vera coerenza ha lavorato giorno e notte, 24 ore su 24, 7 sette giorni su 7 festività comprese, per la salvezza, per un bene forse meno aulico ma più concreto cioè la vita di tutti noi. Sto parlando del dottor Guido Bertolaso sottosegretario

a cui sono seguite silenziose e non riparatrici assoluzioni, l’elenco sarebbe lungo e triste per una democrazia veramente liberale. Mi preme, però, qui ribadire che se alla Protezione Civile si affidano oltre alle calamità eventi di tutti i generi è perché abbiamo un corpo legislativo vecchio, farraginoso non adatto ai tempi che però favorisce di fatto per i tanti poteri coinvolti, i tanti uffici, i tanti dirigenti, funzionari impiegati e impiegatucci titolari di grandi e piccoli, microscopici poteri di veto che impediscono di realizzare qualsiasi opera. Per non parlare degli enti locali, Comuni, Province, Comunità montane, Autorità di bacino, Autorità territoriali ottimali, Enti di controllo e sotto controllo, Regioni e chi più ne ha ne metta. Ma vi rendete conto che fare qualcosa diventa un’impresa titanica? Bertolaso, sempre confermato da tutti i governi, ha reso solo grandi servizi alla Nazione. Il terremoto de L’Aquila ha visto il superamento della fase emergenziale nel giro di pochi mesi. Qualcuno avrebbe gradito che non ce la facesse, anzi molti. Purtroppo per loro e per fortuna per gli abruzzesi tanto è stato fatto. Ora vedremo come ad esempio il comune de L’Aquila saprà gestire la fase del dopo terremoto senza, è bene ricordalo, avere i cittadini nei container ed in situazioni di emergenza acuta. Potrà farlo con una certa tranquillità, mi auguro sappia farlo. Ed aggiungo che il nostro modello di Protezione Civile è considerato a livello internazionale un esempio di efficienza vera, uno dei pochi di cui il nostro Paese possa vantarsi. Persino in Giappone, espertissimi nella gestione dei terremoti, hanno richiesto la consulenza di Guido Bertolaso. Perciò permettetemi di sospendere il giudizio, di non partecipare allo sport dei giustizialisti della condanna preventiva, della demonizzazione di un uomo capace. Se risulterà colpevole, solo allora dovrà dimettersi. In un mondo politico di parolai inutili ed inconcludenti, magari immaginifici ma inefficienti, a destra come a sinistra, aspettiamo a condannare uno dei pochi che «ha fatto e fa».

con delega alla Protezione Civile. In queste ore travolto dallo scandalo dei lavori per la preparazione del G8 de La Maddalena e, in parte, per l’organizzazione dei mondiali di nuoto di Roma. I giornali scrivono di intercettazioni, di favori sessuali e altro ancora. Si punta il dito accusatorio, censorio contro le procedure troppo rapide e poco trasparenti nell’affidamento e nella gestione dei lavori per questi due eventi. Nello scandalo sono in prima persona coinvolti altissimi dirigenti dello Stato, nominati nei posti di potere anche dal precedente governo di centro sinistra. La magistratura, in tempi rapidi, faccia piena luce e condanni con esemplarità i colpevoli se ve ne sono. Detto questo, tutto ovvio, il problema centrale è che questa indagine arriva durante la discussione della legge che assegna alla Protezione Civile poteri concreti e molto ampi al servizio delle calamità, delle emergenze e degli eventi, e questa circostanza non piace a molti. Il centro sinistra chiede di rivedere la legge e sospenderne l’approvazione e allo stesso tempo pretende, IDV in testa, le dimissioni di Bertolaso. Insomma la condanna è già arrivata, il dottor Di Pietro strepita: «Se ne deve andare». Un po’ di prudenza non guasterebbe visto gli esiti di tante indagine sostenute con la grancassa mediatica di cui l’IDV, a scanso dei piagnistei, dispone tanto da mandare al Parlamento europeo un magistrato le cui indagini hanno determinato le dimissioni di un ministro, la caduta del governo Prodi, per poi per molti dei politici coinvolti giunge- I paragoni con i teatrini regionali e locali sono re, allo stato, al proscioglimento. Non voglio d’obbligo. Uomini a caccia di poltrone, di canintrattenevi sui casi di condanne medianiche didature, donne come la Poli Bortone una vita

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a destra, dal MSI ad AN, poi nel PDL sempre con incarichi importanti e buone prove da amministratrice. Sempre a parole coerente con i valori di destra. Oggi corre con la sua lista di scontenti ex del PDL, IO SUD, con l’UDC ed è al governo in alcune realtà locali pugliesi con il centro sinistra anche se viene ancora bollata a sinistra come fascista. Ma siccome sono donne ed uomini di mondo se serve per vincere va bene. Ed andrà bene per portare alla vittoria Nichi Vendola che avrà la fortuna di avere due candidati della stessa area. Rocco Palese, candidato del centro destra, ha di fronte un compito improbo ed una gestione politica della sua candidatura assai criticabile, oltre a doversi barcamenare fra lotte di potere per le candidature che creeranno molti dissapori e molte vendette. Inoltre la sua candidatura appare non in grado di suscitare gli entusiasmi e guadagnare consensi fra gli indecisi. Non in grado di contrastare mediaticamente un candidato assai capace nella gestione della «propaganda». Nella nostra Giovinazzo assisteremo al solito fiorire di comitati elettorali. Nichi Vendola non lo vedevamo da tempo a Giovinazzo. L’abbiamo rivisto il 2 febbraio nel palasport di Via Aldo Moro gremito di gente in occasione del derby di hockey su pista GiovinazzoMolfetta. C’erano 2000 spettatori e le telecamere di RaiSport+. Nichi Vendola ha ricevuto la maglia onoraria dell’AFP e l’intervista non certo di mamma Rai (se ne guarda bene a concerdergli la parola in campagna elettorale) ma della web tv2 di Giovinazo, quella sorta con i 18mila euro dei fondi di Principi attivi. La web tv2 che si limita a fare servizi di hockey (sono sette i componenti accreditati gratuitamente a partita!) per giustificare un progetto che doveva abbracciare l’informazione a 360 gradi in paese. Ecco la meglio gioventù di Vendola, i cervelli che non fuggono. Ecco come vengono spesi i soldi nelle politiche giovanili dell’ass. Guglielmo Minervini, anch’egli presente non per caso al palasport, anch’egli intervistato solo dalla web tv2, quella che ha sponsorizzato come progetto anche se non si è mai chiesto perchè e per come. Era la prima volta che Nichi Vendola assisteva ad una partita di hockey. Strano che dopo 40 anni di attività

Via Bari, 6 - Giovinazzo tel. 080.3942137 hockeistica giovinazzese costellata da successi se ne sia accorto solo ora. Strano davvero per un governatore di Terlizzi, a 15km dal nostro mare. E allora, evviva i comitati elettorali che spuntano in paese con vecchie e nuove facce, che mai vedremo dopo la fine della campagna elettorale, con sponsor locali improbabili ma in sintonia «ideale» con il candidato. Già è aperta «la fabbrica di Nichi» e questo mi riempie il cuore di gioia. Fra le tante fabbriche chiuse o che sono in difficoltà vedere aprirsi una «fabbrica» non può che far piacere. Peccato sia una «fabbrica» di chiacchiere. Insomma tre candidati ciascuno con evidenti punti deboli. Sarà una scelta difficile.

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Decorstyle significa stile nelle decorazioni. Ossia un marchio che consente di personalizzare qualsiasi ambiente. Di «Decorstyle» a Giovinazzo ce n’è uno solo. L’azienda artigiana che nasce nel lontano 1986 per opera dell’attuale proprietario Nicola Andriani, ha parecchio da raccontare. «Sono nato già artigiano si può dire. Ho sempre desiderato fare il decoratore ed occuparmi di pitturazioni e controsoffittature. A dispetto dei ‘bamboccioni’ dei nostri giorni, io all’età di ventuno anni ero già un lavoratore autonomo e affrontavo tutti i rischi del mestiere iscrivendomi anche alla Camera di Commercio». Alle spalle un granitico signor Giuseppe, pater familias a tutti gli effetti, di quelli che forse oggi non esistono più. Un vero e proprio maestro che, dopo tantissimi anni di attività di decoratore in qualità di dipendente, ha saputo trasmettere competenze e passione al figliolo, iniziandolo all’impresa dei Mastrototaro. Ancora oggi è possibile scorgerlo nel bel mezzo di qualche cantiere importante, dove ha bisogno di dire sempre la sua e mostrare una sana voglia di dedicare ancora tempo all’azienda. «È un vizio di famiglia. Mio padre - prosegue Nicola - aveva il pallino di insegnarmi il mestiere come Dio comanda ed io ho ereditato da lui la capacità di trasferire con professionalità tutte le mie competenze a molti dei miei dipendenti che oggi sono lavoratori autonomi a tutti gli effetti». L’esperienza acquisita hanno spinto Decorstyle negli anni a creare un’azienda poliedrica dove i lavori non sono mai scontati! Decorstyle non applica solo delle tecniche predefinite, ma di volta in volta propone la tinta, la decorazione e le forme dei controsoffitti più adatte al tipo di ambiente. Inoltre, per garantire la durata e la resistenza dei lavori, utilizza solo prodotti di qualità. Decorstyle è la solita favola del piccolo artigiano di bottega che cresce piano piano fino a collocarsi sul mercato come un vero competitor capace di lanciare qualsiasi sfida ai concorrenti più temibili. Ma non solo. L’azienda si occupa anche di isolamento termoacustico e dell’eliminazione di ponti termici allo scopo di evitare la presenza di muffe e rumori molesti. Insomma, una serie di attività che, nel 2003, hanno spinto Nicola a trasferire la sede sociale dal Palazzo Fra Marino dei Malatesta in via IV Novembre. Per avere uno spazio e una vetrina importanti dove occuparsi più alacre-

mente di rifiniture di interni con l’ausilio di apprendisti e dipendenti. Ufficio, deposito e laboratorio servono per far volare il marchio Decorstyle. Anche perché le commesse diventano sempre più numerose ed importanti. Un Decorstyle errante che passa dalle rifiniture domestiche di Giovinazzo, dalla verniciatura della recinzione della villa comunale di Giovinazzo e le rifiniture di nuove attività commerciali in città a quelle dei punti ristoro delle aree di servizio più gettonate sulle strade italiche. La tinteggiatura del Palazzo di Città del Comune di Taranto quando Giancarlo Cito era il sindaco porta la firma di Nicola Andriani. Recentemente anche il NicoHotel di Manfredonia è stato sedotto dalle sue mani vellutate e dai pennelli dei suoi collaboratori. E ancora: le verniciature industriali per le multinazionali più importanti, le grandi società quali Terna e l’Outlet di Molfetta dove attualmente è in fase di realizzazione la ludoteca. LE TECNICHE UTILIZZATE DALLA DITTA DECORSTYLE? «Oltre all’utilizzo dei mezzi tradizionali - precisa Nicola Andriani - utilizziamo pompe ad aspirazione diretta del tipo ‘airless’ e ci avvaliamo dell’ausilio di macchine elevatrici come le piattaforme per i lavori che si sviluppano in altezza. A supportarte la tecnica ci sono i continui corsi di aggiornamento e una grande capacità di creare e realizzare ciò che il cliente desidera». La progettazione degli ambienti è concordata con le esigenze dei clienti senza imporre stili stravaganti. Attualmente il mercato segnala un ritorno all’utilizzo della carta da parati e dei tessuti in fibra di vetro, agli effetti policromatici e ai rivestimenti tattili di nuova generazione. Al di là delle ultime tendenze è necessaria la bravura dell’artigiano che deve riuscire a proporre la soluzione giusta per ogni ambiente con l’intento di soddisfare i clienti. IL SEGRETO DEL SUCCESSO? «Competenza e professionalità in comune accordo con gli architetti d’interni ed il cliente con cui si discutono le tecniche di lavorazione. Ma anche prezzi contenuti». Sicurezza sul lavoro e antinfortunistica affinché il cliente diffidi sul mercato dei lavoratori in nero. «Il lavoro nero – punta l’indice Nicola non è materia degli artigiani. Ci sono le autorità preposte che non possono chiudere gli occhi di fronte ad una passata di vernice che lascia il segno. Il compito degli artigiani è quello di procacciarsi il lavoro e non quello di contrastare chi non segue la strada dell’onestà». Insomma, Decorstyle una fabbrica di idee multicolor dove i lavori non sono mai scontati! Parola di Nicola Andriani.

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storia storia nostra nostra DI

DIEGO

DE

CEGLIA

CURRICULUM VITÆ NOTARII BETTAMANSI FRANCISCI NOTE SUL NOTARIATO Considerato che buona parte delle notizie riportate negli articoli di storia locale pubblicati su queste pagine sono state tratte da rogiti notarili, pare opportuno fornire anche qualche delucidazione sul ruolo dei notai. Parecchi sono gli studi dedicati alla loro figura nel Regno di Napoli, sopratutto per il periodo alto medievale, con l’intento di stabilire come e quando essi assunsero valenza all’interno della società (vedasi F. Magistrale, Notariato e documentazione in Terra di Bari, secoli IX-XI, Bari 1984). Le norme legislative che si occuparono dei notai, e dalle quali è possibile capire come avvenisse la loro nomina, quali fossero le loro attribuzioni, i loro doveri e il loro comportamento, furono parecchie. Le più importanti sono tre dell’epoca sveva, dieci dell’epoca angioina, quattro di quella aragonese e tredici di quella vicereale. Indipendentemente da ciò, i loro scritti, come è apparso dagli ultimi articoli, sono testimonianza della vita cittadina. È un atto del 16 maggio 1647 rogato dal notaio Marino Gregoriano, infatti a darci notizia del decesso di un altro notaio operante sulla piazza di Giovinazzo: Francesco Bettamansi. Avendo avuto modo di consultare tutti i 19 volumi degli atti rogati dal Bettamansi tra il 1621 ed il 1645, conservati presso l’Archivio di Stato di Bari (piazza di Giovinazzo, sk. 11), ho potuto cavare alcune notizie che consentono di ricostruire la carriera professionale sua e di un notaio del Regno di Napoli in genere. Francesco Bettamasi era nato a Minervino

Murge, la licenza all’esercizio della professione di notaio gli era stata concessa dal Consiglio Collaterale il 20 settembre del 1621 come riportato nell’archivio di detto organo (ASNa, Notariorum Cancelleria e Consiglio Collaterale, vol. 5, f. 122). In età medievale, nell’Italia meridionale, un notaio non era in grado di garantire da solo publica fides ai documenti, tant’è che come imposto da Federico II di Svevia nelle Costitutiones Melfienses del 1231 era necessaria accanto al notaio la presenza di un giudice “a contratti” al momento in cui il primo stendeva un documento. Lo stesso Federico II aveva disposto che la professione di notaio non poteva essere esercita né da chierici, né da persone di vile condizione sociale (figli illegittimi, figli di chierici, contadini, etc.) ma solo da persone demaniales appartenenti cioè direttamente e soltanto al sovrano. Le nomine irregolari furono revocate da re Ladislao che confermò tra l’altro anche l’incompatibilità tra l’ufficio di chierico e quello di notaio. Ci furono alcuni casi di inosservanza di tali norme anche a Giovinazzo dove persone prive dei requisiti richiesti avevano esercitato la professione, ma in periodi di necessità. È il caso di tale don Marco d’Angelo che l’11 marzo 1478 «per mancamento di Notari per la peste, che all’hora vigeva in questa Città» rogò atti civili come chiaramente appare dalla pergamena n. 417 dell’Archivio capitolare. I notai se chiamati, erano tenuti a redigere l’atto con precisione e solo relativamente

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alle cose dinanzi ad essi deposte, se avessero cominciato a scriverlo avrebbero dovuto terminarne la redazione. La redazione dell’instrumentum presupponeva una rogatio (richiesta), che non era dovuta per la compilazione della scheda e l’annotazione dell’atto nel protocollo in quanto queste due operazioni erano obbligo imprescindibile del notaio della cui inosservanza rispondeva sia dinanzi alle parti che dinanzi alla legge. Nel 1647 una normativa aveva imposto agli eredi di un notaio morto o che comunque avesse cessato di rogare, di consegnare i suoi protocolli ad altri notai della stessa città o di luoghi vicini (infatti per periodi precedenti a tale anno, alcuni protocolli si trovano negli archivi ecclesiastici, in quanto lasciati come bene da parte del notaio stesso o di suoi eredi). Un’altra norma del 1651 disponeva che la raccolta cucita delle minute degli atti era vietata, e che i notai riproducessero per esteso nei protocolli tutti i contratti da loro stipulati, perché un Commissario delegato dal Presidente del Sacro Regio Consiglio potesse controllarli, collazionandoli con i libretti sui quali i giudici ai contratti segnavano gli atti ai quali avevano partecipato. Così tutti i protocolli risultano periodicamente vistati da un Regio Commissario.


INADEMPIENZE DEL NOTAR FRANCESCO BETTAMANZI Attraverso le annotazioni di questi è stato possibile ricostruire un momento della vita del nostro notaio Bettamanzi che si rese colpevole della inosservanza di tali disposizioni e che fu pertanto sospeso, multato e poi reintegrato nel suo ufficio. Nel 1626 in calce ai protocolli del notaio Francesco Pallotta che rogava a Minervino Murge, e che si era recato a Barletta per farli vistare dal Commissario delegato, quest’ultimo annotava che «Poiché il notaio Bettamansi della città di Minervino non è comparso né ha fatto presentare i protocolli per controllarne la corretta tenuta, è stato da noi condannato alla pena di 20 once di argento da versarsi al regio fisco ed è sospeso dal suo ufficio di notaio, e durante tale periodo di sospensione non potrà esercitare il suo ufficio pena la denuncia di falso <in atto pubblico> e ciò abbiamo annotato nel presente protocollo» (ASTrani, piazza di Minervino Murge, sk. 120, vol. 11/I, f. 79). Il Bettamanzi giustificò le sue inadempienze; pare infatti che fu impedito ad adempiere ai suoi obblighi per motivi di salute, infatti in una successiva nota, in calce però al suo protocollo del 1626-1627, don Martinus Ybanez de Monreal, regio visitatore dei notai, scriveva: «Visto il presente protocollo composto di 49 fogli più un altro, e visto il privilegio a noi mostrato dal notaio Francesco Bettamansi di Minervino il quale ci ha anche mostrato il certificato della sua malattia a causa della quale non gli è stato possibile presentarsi nel luogo prestabilito per la nostra visita, ed a causa di cui noi l’avevam sospeso dal suo incarico, come annotammo sul protocollo del notaio Francesco Pallotta di Minervino, e visti i suddetti certificati, e le regie prammatiche, perciò il predetto notaio Bettamansi lodiamo e reintegriamo nel suo ufficio con effetto retroattivo» (trad. dal latino - ASBa, p.za di Giovinazzo, sk. 11 vol. 96, f49 v). È bene annotare che probabilmente un precario stato di salute costrinse il notaio Bettamanzi a permanere nella sua città natale; tutti gli atti della seconda metà del suo protocollo dell’anno 1626 e tutti quelli del protocollo del 1627 infatti risultano rogati sulla piazza di Minervino Murge, non ostante siano compresi tra quelli della piazza di Giovinazzo, “sede di servizio” assegnatagli, dove probabilmente riprese ad esercitare nel 1630. Infatti allo stato attuale non esistono i suoi protocolli degli anni 1628 e 1629 su nessuna piazza. Indipendentemente dalle sue condizioni di salute però, il notaio Bettamanzi non dov’è essere professionista attento e ligio all’osservanza delle norme, nel 1641 infatti risultava recidivo. Andrea Morena, Regio Commissario per la visita dei notai di Terra di Bari, il 10 aprile 1641, vistando in Bisceglie i protocolli del notaio Marino Gregoriano di Giovinazzo, dopo aver annotato encomii per questi, registrava sullo stesso protocollo l’inadempienza dei notai Francesco Antonio Riccio e Francesco Bettamanzi per la mancata pre-

sentazione dei protocolli ed imponeva loro un termine temporale per la compilazione degli stessi, disponendo l’affissione nella pubblica piazza di Giovinazzo della comminata sanzione di sospensione dall’ufficio (ASBa, p.za di Giovinazzo, sk. 12, vol. 140 (prot. aa. 1639-1640), f. 59 v). Ma l’inadempienza del notaio Bettamanzi era ben giustificata. In calce al suo protocollo del 1640 si legge infatti: «Avanti il sig. Andrea Morena Regio Commissario sopra la visita delli notari nella Provincia di Terra di Bari, compare Francesco Bettamanso di Minervino, abitante in Giovinazzo e dice ritrovarsi sospeso dal detto sig. Commissario al protocollo di not. Marino Gregoriano di detta città sotto li <10> di aprile prossimo 1641 sotto pretesto di non haver voluto obedire e presentare ad esso sig. Visitatore il protocollo da lui fatto nell’anno prossimo passato 1640 e perché esso comparente è stato assente nel tempo che detto sig. Commissario passò da detta città, perciò eshibendosi di presentarlo ad ogni suo ordine, si fa istanza voglia per esso sig. Commissario ordinarsi che non ostante la detta sospensione possa il comparente essercitare il suo officio» ed il regio Commissario accolse l’istanza del notaio (ASBa, p.za di Giovinazzo, sk. 11, vol. 104/ II, f. ultimo s.n.). Pur mostratosi inadempiente ai suoi doveri di notaio, il Bettamanzi doveva ben conoscere le disposizioni legislative del Regno, che richiamò a mera difesa di un marinaio di Molfetta, creditore di un sacerdote di Giovinazzo e che gli costarono la vita.

CRONACA DELLE ULTIME ORE DEL NOTAIO Nel suo atto di morte registrato al f. 76 del II Libro dei morti della Cattedrale (ADG) si legge «3 maggio 1647. Il notaio Francesco Bettamansi da Minervino, marito di Isabella de lo Pirruccio di Giovinazzo, nella sua casa dotale nel territorio della parrocchia dei Santi Giovanni e Paolo, in comunione

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con la santa madre Chiesa, rese l’anima a Dio, ed il suo corpo fu seppellito nella chiesa dei frati eremitani di S. Agostino di Giovinazzo, confessato da fra Raffaele da Giovinazzo, priore di quel convento il 12 aprile del 1647 e comunicato dal rev. Giovanni Berardino Cellammare, nonché fortificato, lo stesso giorno, con l’estrema unzione dal suo parroco don Matteo Martino» (trad. dal latino). Se non è specificata la causa della morte, le date dei sacramenti che ricevette e del decesso, fanno chiaramente intendere che lunga fu la sua agonia. Che la sua morte fu conseguenza di tentato omicidio lo si evince da un fascicolo della serie acta civilia della Curia Vescovile di Giovinazzo (ADG), istruito al fine di controvertere se il diritto di carcerare un ecclesiastico spettasse al Governatore della città o al Vescovo della stessa, mentre nessun fascicolo esiste nella serie acta criminalia. (FINE PRIMA PARTE)

Culle

Dal 29 gennaio, l’amico e collaboratore prof. MICHELE CARLUCCI è nonno: stringe gioioso la piccola FLAMINIA che sorride radiosa insieme alla mamma Daniela ed al papà Lorenzo de Robertis. A loro le più vive e cordiali felicitazioni per il lieto evento da parte della Redazione

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la cronaca nera DI GABRIELLA MARCANDREA

rapine ed arresti TORNA LA MICROCRIMINALITÀ IN PAESE. PRESI DI MIRA SEMPRE GLI ESERCIZI COMMERCIALI La penuria di soldi contanti e la necessità di entrare velocemente in possesso di banconote sta facendo lievitare in città il numero delle rapine. Non si arresta infatti questo fenomeno che ormai da mesi assilla la nostra cittadina. Contemporaneamente aumentano l’impegno e i risultati del nostro Comando dei Carabinieri. Il 30 gennaio u.s. sono stati tratti in arresto due soggetti, autori della rapina in danno del supermercato Anna avvenuta nel mese di ottobre 2009. I due soggetti, della cittadina di S. Spirito, asportarono la somma di 350 euro dalle casse del magazzino, minacciando la cassiera con una pistola. Per fortuna, un agente della Polizia Stradale, riuscì a rilevare al volo la targa dell’auto dei malfattori, trasmettendola immediatamente ai CC di Giovinazzo, i quali individuarono subito il proprietario del mezzo, un’Audi A3 nera, il suo autista e la persona che, materialmente e armato di pistola aveva eseguito la rapina. Delle persone arrestate e catturate presso le rispettive abitazioni, una è stata associata alla Casa Circondariale di Bari, per l’altra sono stati disposti gli arresti domiciliari, poiché incensurata. Ancora una rapina purtroppo in data 11 gennaio u.s. ai danni della Tabaccheria di Zaza Onofrio in zona Stazione. Esiguo il ricavato, appena 50 Euro ai danni del negoziante. E il reato, come una vera e propria emorragia non si arresta ma continua a manifestarsi con dovuta costanza. L’1 febbraio alle ore 4.50 del mattino, i Carabinieri hanno tratto in arresto T.R., il quale si era reso responsabile di una rapina ai danni di un autotrasportatore mentre quest’ultimo era in sosta in un’area di servizio sulla S.S. 16 Bis nei pressi di Giovinazzo in Direzione Bari. L’autista, uditi alcuni strani rumori, scendeva dal mezzo per un controllo ma veniva immediatamente colpito da qualcu-

no intenzionato a portargli via pellame e rubinetteria. L’intervento tempestivo dei Carabinieri ha consentito l’arresto immediato del malfattore. Il 10 febbraio, invece, è stato tratto in arresto C.G., un sorvegliato speciale di Bitonto che si era allontanato portandosi in Giovinazzo a bordo dell’auto della moglie. Durante la perquisizione gli è stato rinvenuto addosso un cellulare. È stato associato alla Casa Circondariale di Bari. Utile è a tal proposito ricordare che, tra le misure cautelari personali non custodiali vi sono l’obbligo di dimora e il divieto di soggiorno. L’obbligo di dimora consiste, nella prescrizione di non allontanarsi dal territorio di un Comune di dimora abituale o dall’ambito di una frazione dello stesso Comune (art. 283, comma 2, c.p.p.). Tale misura implica una vigilanza dell’ufficio di polizia territorialmente competente. La misura cautelare in questione, pur provocando notevole restringimento alla libertà di circolazione, che rimane territorialmente delimitata, non equivale a privazione della stessa, sicché non è computabile in detrazione della pena definitiva poi da espiare. Essa, infine, rappresenta anche una misura di prevenzione, che può essere aggiunta alla misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza nei casi di particolare pericolosità e di ritenuta inidoneità delle altre misure di prevenzione. Il divieto di dimora, invece, consiste nella proibizione di dimorare in una determinata località e nella prescrizione di non accedervi, senza preventiva autorizzazione del giudice (art. 283, comma 1, c.p.p.). Al di fuori di tale ambito territoriale il soggetto gode di piena libertà di circolazione, in quanto tale misura intende solo allontanare l’interessato per evitare inquinamento delle prove o reiterazione del reato.

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Dai miei tempi ad oggi la scienza e la medicina hanno fatto passi da gigante, questo però non impedisce che oggi, come purtroppo succedeva anche ai miei tempi, la gente continua a morire. Con questo articoletto non voglio annoiarvi sugli strazianti momenti dei trapassi, voglio bensì illustrarvi le diversità tra il passato ed il presente, voglio in poche parole farvi conoscere le maniere comportamentali di prima, durante e dopo il verificarsi del triste evento. Oggi, per esempio, è a tutti noto che quando qualcosa incomincia a non andar bene per la salute dei nostri cari tutti si affannano alla disperata ricerca di un posto in ospedale facendo esattamente l’opposto di quello che si faceva ai miei tempi allorquando, appena si subodorava che la situazione cominciava a precipitare, il malato sope a na seggie, sopa a nu trajene, sopa a nu trajnette veniva portato in tutta fretta a casa pe’ faue mire’ jnze o litte seue. Gli ospedali, ai miei tempi, non solo erano pochi, ma erano considerati dei lazzaretti, territorio di poveri diseredati e abbandonati da cui stare lontani il più possibile.

A trapasso avvenuto, il primo ad essere informato era il sagrestano che provvedeva a sene’ la disprete. Il paese si fermava tutto per un attimo per contare i rintocchi finali e stabilire se si trattava di nu mascque o di na femmine, oppure se era un prete, una suora o addirittura nu minzignaure. Subito dopo i rintocchi la gente si interrogava con gli occhi e qualcuno azzardava: ava jesse u frete di ciccille, cudde so sindeute ca stave ndrete. Nel frattempo dalla casa dell’estinto erano partite numerose staffette per informare i parenti più stretti visto che i telefoni, sempre ai miei tempi, erano inesistenti. Le donne, di porta in porta, di balcone in balcone, davano in nome al caro estinto. I parenti stretti allassavene tutte e correvano a consolare i sopravvissuti scusandosi: ne’ so allassete tutte e so veneute accome stajve. Nel frattempo era stato chiamato u faligneme pe pigghie’ le miseure poiché ai miei tempi le bare non erano di serie, ma si confezionavano su misura. I parenti subito accorsi si affannavano a preparare intanto la camera mortuaria. Si serravano i balconi e le finestre, si scevene ad accatte’ le canue, le scarpe pu murte, le betteune nere da mette mbitte e du fiure. Da quel momento cominciava una veglia estenuante che per lo più durava dal mattino e proseguiva nella nottata terminando il pomeriggio del giorno successivo. Iniziava così il pellegrinaggio dei parenti, amici e conoscenti che venivano a porgere u saleute. Un detto popolare recita ca u murte cambe o veive. A trarre infatti profitto dalla situazione erano infatti u falegneme, cudde de la carrozze, i fiorai, le confraternite e tanti altri personaggi che scoprirete leggendo l’articolo: ma in modo particolare li caffittire. I parenti più stretti si sentivano in dovere di passare da Bonserie, da Pugliese, do Cafe’ de drete a purte, per mandare a casa dell’estinto thermos di caffè, di latte, di latte e cioccolata, savoiardi pe fe’ attacche’ l’anime a chidde providde durante la lunga veglia. Pagavi e ti davano pure u bigliettine che serviva soprattutto ad indicare il mittente. Per noi bambini c’era u latte cu cafe’, quello vero, non era insomma la solita acqua d’urscie che ci propinavano ogni mattina, ma un caffè da un profumo inebriante che ci faceva sognare ad occhi aperti. I parenti facevano a gara per portarci in disparte, pe’ rispette o murte e portarci in cucina o a casa di qualche vicino pe fange mette na cause jinze o stomache! La processione di amici e parenti continuava sino al primo pomeriggio quando sotto casa arrivava la carrozze e li fratille. Chiusa tra lacrime strazianti la bara, cioè il feretro veniva portato in chie-

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sa con un breve corteo senza parenti al seguito. Finita la cerimonia si componeva il corteo funebre vero e proprio che, partendo dalla chiesa, facendo il giro della piazza, da sotte o municipie, doveva arrivare sino al palazzo, a tutti noto, delle condoglianze. Aprivano il corteo le orfanelle, seguivano le uagneune du spizzie, li fratille, li privite, la carrozze con dietro i parenti più stretti seguiti da parenti conoscenti e amici. Quando il morto era una persona importante c’era anche la banda. Se il morto era un bambino piccolo, ai miei tempi succedeva molto spesso, con il passaparola noi piccoli eravamo puntuali ad aspettare l’uscita della piccola bara dalla chiesa. L’usanza de le timbe mejie voleva pu murticidde, il lancio di confetti (quelli cannellini viselunghe), all’uscita del feretro. La gioia di noi piccoli intenti a catturare il maggior numero possibile di confetti forse serviva a lenire e congelare per qualche attimo il dolore dei poveri genitori. Al corteo non partecipavano le donne che sopraffatte dal dolore venivano fatte rientrare subito dopo la cerimonia funebre, oppure venivano accompagnate direttamente al cimitero nel caso di tumulazione subito dopo u saleute. I parenti che seguivano la bara avevano tutti i baveri delle giacche rigorosamente alzati, anche durante il mese di agosto e facevano sfoggio du bittaune mbitte nero all’occhiello della giacca. Al palazzo delle condoglianze si dava u saleute. La parola condoglianze non era molto in uso ai miei tempi. Abbracciando il famigliare si sussurrava: «saleute a signirì e a jidde mbaraveise». Come potete notare oltre al sopravvissuto, un caro pensiero era rivolto allo scomparso che, per delicatezza, noi non facevamo passare neppure per un momento dal purgatorio perché era rivolto direttamente a jidde mbaraveise, sistemandolo senza preamboli alla destra di Dio Padre e per quel giorno il titolo di Vostra Signoria non si rifiutava nemmeno o chiù vastasidde. Durante il corteo non si parlava di altro che del bene fatto dalla buonanima. Anche quando il soggetto era stato molesto o le cui condizioni invogliavano ad augurarne il trapasso, l’evento veniva mascherato con un «Menu mele, ha ferneute de seffreje». Dopo u saleute o la sepoltura, i parenti, a piedi (non c’erano macchine ai miei tempi), sempre in gruppo e con i baveri delle giacche rigidamente alzati, rientravano a casa.

Dopo il rientro a casa e u saleute di qualche ritardatario che non aveva potuto partecipare alla funzione, i parenti più stretti, in casa o presso qualche compiacente vicino, avevano provveduto alla sopravvivenza dei superstiti. I congiunti venivano avvicinati ed incoraggiati da un perentorio «Mo’ a da penze’ a signiri’! Tine le figghie e mo’ a da penze’ pure a lore». E così, lasciando una sedia vuota, simbolicamente il posto del caro estinto, i famigliari incoraggiando i superstiti li facevano sedere a tavola pu cunze. So che la parola vi suona strana ma significava il consolo ed era il modo di rinfrancare i colpiti dal lutto. Di solito si serviva brodo bollente con i tagliolini fatti a mano in casa, pesce, sopatavue innaffiati da generoso vino casalingo. Considerando che quella gente non toccava cibo dalla mattinata del giorno prima si può tranquillamente affermare che l’appetito non mancava, anche se si fingeva di mangiare a malincuore comunque sempre incoraggiati da nu sfurzete a mangé! Pinze ca tine le figghie da cambé! Mio nonno, a questo proposito, mi raccontava che un parente, intento a servire i commensali, considerata la velocità con cui sparivano le pietanze, giunto alla frittura di pesce, indicando la sedia vuota, commentò: «Dde s’assidajve la bonanime!». L’ondata di commozione che sopraffece i commensali gli consentì di salvare la sua porzione. Ora tutta questa coreografia è scomparsa, tutta la solidarietà messa in mostra dai parenti sembra essersi raffreddata direi quasi sembra scomparsa. Al rientro a casa ritrovi solitudine e gelo. Quella solitudine ti invita a dire con Fabrizio De Andrè: «Quando si muore, si muore soli, questo ricordo non vi consoli, quando si muore, si muore soli». Spero non avervi rattristato troppo con questo articoletto. Il mio scopo era illustrarvi alcune differenze tra il passato ed il presente, che, come potete ben notare, non sono poche, né di poco conto.

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Lo scorso 11 febbraio la chiesa ha celebrato la XVIII giornata mondiale del malato. La data scelta non è casuale, infatti in quel giorno del 1858 avvennero le apparizioni della Vergine a Lourdes che da allora è divenuta tappa di tutti i malati cristiani pieni di fede. Da quel momento cominciò a svilupparsi in tutto il mondo il culto della Vergine appunto sotto il titolo di Madonna di Lourdes. In particolare nella nostra Giovinazzo questa devozione si divulgò presso la chiesa di S. Agostino, per devozione del sac. Francesco Piscitelli e con il passare degli anni si è sempre più incrementata cosa che fa indubbiamente piacere. Si tratta di una festa, con una processione, che non ha nulla di pagano come già evidenziato altri anni su queste stesse pagine. Per quale motivo così come si vede tanta gente partecipare a questa processione non la si vede a quella del Corpus Domini? Non cambia assolutamente nulla. Quel Gesù che gira per le strade del rione di S. Agostino l’11 febbraio è lo stesso che viene portato per tutta la città il giorno del Corpus Domini. E perché l’11 febbraio si addobbano le strade, i balconi, con fiaccole e il giorno del Corpus Domini invece le strade sono spoglie e per giunta deserte? È vero che la processione della Madonna di Lourdes era lunghissima e che quindi era difficile che tutti ascoltassero chi guidava la preghiera, ma non penso che per questo motivo si potesse blaterare durante la stessa o non voler procedere quando qualcuno invitava a procedere. Se n’è vista tanta di gente incurante della fede! Se n’è vista tanta di gente che dice di seguire solo questa processione perché è la sola in cui si prega soltanto (le cerimonie estive sono accompagnate dalle note della banda) dimenticando invero il dovere al raccoglimento quando si accompagna Gesù Sacramentato, Gesù Vero e non un mero si-

mulacro se non ai capezzali almeno all’uscio di chi non può avvicinarsi a Lui perché ammalato! E ricordi questa gente che la stessa cosa si fa il giorno del Corpus Domini. Non a caso forse il compianto mons. Bello dispose che la banda non seguisse più la processione del Corpus Domini, processione che ormai sta rientrando nella categoria di quelle «estive». Tornando a queste ultime, è ormai voce diffusa che a Giovinazzo sono troppe. Ma per chi ha buona memoria così come venti anni fa quelle erano e quelle sono. Penso sia lecito supporre che anch’esse al loro fiorire avevano un seguito numeroso, e forse erano anche di più, basti tener conto che oggi non tutte le confraternite di Giovinazzo sorte tra ‘600 e ‘700 festeggiano con festa esterna il proprio titolare, e che eccezion fatta per la festa patronale, tutte le altre processioni sono state istituite tra la fine del XIX (Mad. Grazie, Mad. Rosario, S. Medici) e la metà del XX secolo (S. Antonio, S. Cuore, Mad. Carmine). Penso sia lecito ipotizzare che chi cominciò a seguire queste, e soprattutto altre feste scomparse, lo fece con lo stesso spirito con cui oggi si dice di seguire la processione della Madonna di Lourdes. Quindi, tornando alle c.d. «feste estive» delle quali si vocifera che son troppe e che andrebbero soppresse, se qualcuno ha fede vera, con quello stesso spirito con cui è seguita la processione della Madonna di Lourdes, si prodighi affinché si adattino ai tempi. Nessun Santo si offenderebbe se il proprio simulacro non fosse accompagnato dalla banda ed anziché passare per la Piazza principale della città sotto una fastosa illuminazione si fermasse per un attimo insieme agli Anziani della Casa di Riposo, e tanto meno quel santo si risparmierebbe di intercedere presso Dio se in occasione della sua festa NON fosse incendiato alcun fuoco d’artificio. E forse avrebbe molto

più piacere di andare pellegrino a sfamare chi ha bisogno anziché veder fare nei paraggi della ‘propria chiesa’ sagre gastronomiche o altre manifestazioni totalmente pagane (balli, concerti, etc.). Siamo in un periodo di crisi economica e chiediamo aiuto dal Cielo. Diciamo che siamo stanchi di contribuire alle feste ‘estive’ di paese, ma a vedere i fuochi sul lungomare ci siamo tutti, così come non manchiamo neppure alle sagre ed altri eventi uniti alla festa religiosa per fare audience. Viene spontaneo pensare che i campioni della fede sono soprattuttocampioni di ipocrisia Ha forse ragione il Tizio del comitato X che dice «è la gente che vuole i fuochi!». Ma non era la stessa gente stanca di contribuirvi!? In un paese vicino ho avuto modo di notare come in occasione della festa di S. Antonio i soldi raccolti per i fuochi d’artificio sono stati devoluti ad opere di misericordia corporale, rendendo edotti di ciò tutti coloro che avevano contribuito, attraverso l’affissione di pubblici manifesti. Ogni altro commento diviene superfluo

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DEL

PROF. MICHELE CARLUCCI

Carnevale e Quaresima Lontanamente il Carnevale ha le radici in sacri riti legati ai ritmi stagionali della natura, mentre relativamente nell’immediato è legato alle feste licenziose dei romani chiamate Saturnali, che si svolgevano in dicembre. In molte zone d’Italia fino a qualche secolo fa appariva ancora forte questo legame tra i Saturnali ed il Carnevale e da noi è rimasta traccia a Putignano, tanto è vero che in quella città il Carnevale, che per continuità è il più antico d’Italia, ha inizio sin dal giorno di Santo Stefano con le cosiddette propaggini, manifestazioni di gruppi che in versi e musica dileggiano l’eventuale cattivo operato dell’Amministrazione Comunale o dei singoli Amministratori. Anche le sfrenate baldorie della notte di S. Silvestro possono essere viste, secondo alcuni studiosi, come un momento residuo delle antiche feste che hanno generato il carnevale. La Chiesa Cattolica ci ha tenuto a salvaguardare il periodo natalizio da influenze pagane e così ha spostato l’inizio del Carnevale al 17 gennaio festa di S. Antonio Abate. Nella Grecia antica tra febbraio e marzo si svolgevano delle feste contrassegnate dal passaggio del carro navale che portava colori che dovevano rigenerare il cosmo. In virtù di questo precedente non è balzana l’idea di far derivare la parola Carnevale piuttosto da carro-navale che da carne-levare cioè togliere di mezzo le carni per l’arrivo della Quaresima (quaranta giorni alla Pasqua) periodo di rinuncia e sacrifici in penitente preparazione alla Pasqua. Bisogna dire che oggi rinunce e sacrifici non si fanno più e che giusto il Venerdì Santo per rispetto alla morte di Cristo si rinuncia ad un pasto abbondante facendo spazio al pregiatissimo calzone di pasta frolla ripieno di cipolle che forse è da collegare a quel calzone dei Romani, chiamato moretum, citato dal famosissimo poeta Orazio. A Molfetta, alla mezzanotte del martedì grasso la campana grande della Cattedrale spande trentatré rintocchi sulla città e sul mare, al termine dei quali dalla vicina chiesa del Purgatorio parte la processione così detta della Croce. Questa, che verrà portata in giro con le processioni dell’Addolorata e della Pietà, nell’ultima notte di carnevale è seguita da un migliaio di fedeli che recitano il rosario coprendo il tracciato delle due processioni citate organizzate dall’Arciconfraternita della Morte. Al centro città di Ruvo invece si espongono (ormai ridotte a quattro) le quarantane, vecchine fantoccio sostenute a centro strada, all’altezza del primo piano dei palazzi, dal ferro filato agganciato a due balconi. Esse hanno appesa al collo un’arancia in cui sono conficcate sette penne di gallina che vengono tolte una alla volta ogni venerdì di quaresima. Dopo il Venerdì Santo le quarantane restano sprovviste di penne: ormai la Pasqua è arrivata. La domenica di Pasqua al passaggio processionale del Cristo Risorto le quarantane vengono fatte esplodere e bruciare imbottite di mortaretti ai quali si giunge per mezzo di una lunga miccia accesa. Dalla modalità dell’incendio si traggono auspici per il raccolto e per la vita in genere. Nei luoghi dove il Carnevale ha un legame

antico con la tradizione, si può assistere al rito del processo e della condanna a morte e dell’esecuzione della pena di re Carnevale composto da un fantoccio di paglia e stracci che viene bruciato. Questo rito è ciò che rimane di un antichissimo rituale in cui il re di una tribù si sacrificava veramente affinché con la sua morte potesse ottenere benessere per la sua comunità dagli dei o dalla dea Natura. Per questo aspetto del sacrificio fatto in cambio del benessere spirituale quella volta, di una comunità, fu molto significativa la morte del filosofo eretico Giordano Bruno condannato ad essere bruciato vivo sul rogo in piazza Campo dei Fiori a Roma la notte del martedì grasso del 1600. Alcuni studiosi nel fantoccio quaresima o quarantana vedono la vedova di Carnevale che in effetti era vista e si vede al seguito dei cortei che accompagnano il funerale di Carnevale. Ella piange ma, per suscitare ilarità, impreca contro i difetti del marito mentre i suoi parenti fingono di intingere nei pitali o cessi mobili (che si usavano ancora negli anni ’50 per deporvi le deiezioni umane) gli scopini di fibre vegetali legate attorno ad un tronchetto di legno e di benedire la gente. Davanti a queste simulazioni c’era e c’è un fuggi fuggi generale. Alla metà degli anni ’50 tra la domenica e il martedì grasso, si vedeva per Giovinazzo un certo movimento di maschere fatte in casa e ricavate da modifiche di vestiti troppo consunti. Le maschere più diffuse erano quelle dello Zingaro e della Zingara. Ricordo molto vagamente che con un gruppo di bambini guidato da una mia cugina più grandetta passavo per le case a piano terra di via S. Maria degli Angeli e di altre della città antica allora molto popolosa, e il gruppo si faceva dare dolcetti e caramelle in cambio del canto di una canzoncina che diceva «Buona sera padrona di casa, buona sera madonna mia! Buona sera padrona di casa!» L’uso della parola madonna (mia signora) fa pensare che il canto fosse molto antico e stranamente non l’ho ritrovato tra quelli recuperati dal prof. Beniamino Andriani e conservati dal prof. Tridente e poi portati alla luce nel 2008 da Fedele Depalma. Ricordo che un anno, stanco di fare lo zingaro mi vestii a pistolero americano copiando i personaggi che vedevo nei film western e un altro anno mi vestii da indiano d’America facendo cucire da mia madre delle carte tagliuzzate a pettine lateralmente ai pantaloni e costruendomi un accetta con lama di latta. No credo che Giovinazzo abbia avuto mai una maschera

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caratteristica come non l’ha mai avuta Molfetta, dove il nome Toëme non apparteine ad una maschera ma al Carnevale vero e proprio, visto come un tronco tagliato (Toëme deriva dal greco antico tomeo che vuol dire io taglio) e messo a bruciare sul fuoco. Questa traccia riporta all’antico rito del sacrificio del re di cui si è detto sopra. Ripeto, Giovinazzo non avrà avuto una maschera caratteristica e nemmeno il nome per Carnevale. Questa affermazione mi serve per correggere quanto affermato da Nunzia Stufano nell’ottimo articolo professionale sul Carnevale apparso in prima pagina sull’ultimo numero di Okkio, infatti il nome di Battaglione che la brava giornalista riferisce al Carnevale Giovinazzese, in realtà era il soprannome di un signore che gestiva una cantinarivendita di vini in piazza Costantinopoli, il quale, per movimentare la città, l’ultima sera di carnevale nelle vesti del defunto Carnevale deposto su una lettiga, si faceva accompagnare da una brigata di allegri giovani. La modalità del trasporto era particolare: quattro ‘confratelli’ con camice bianco portavano (anziché a mano) a spalla una barella; mediante un foro nel ripiano di questa fuoriusciva la testa di Battaglione che in realtà camminava con gli altri per non pesare sulle loro spalle, sulla barella veniva creato un certo spessore che simulava la presenza di un corpo sotto la coperta e per non far scoprire che Battaglione camminava i quattro lati della barella erano attentamente coperti da teli che giungevano fino a terra. Il trucco ci fu svelato da un amico che si avventurò a sollevare un lembo di quei teli per curiosare. Il corteo che accompagnava Battaglione era molto nutrito e alquanto comico e i componenti facevano partire di tanto in tanto lanci di confetti che immancabilmente rompevano i vetri delle porte dei piani-terra o quelle delle vetrine dei negozi. Per evitare una brusca ‘immersione’ nelle rinunce quaresimali, il martedì grasso aveva una continuazione, per così dire, una coda nella prima domenica di quaresima quando si rompeva la pignata vaso di creta pieno di ogni ben di Dio (ceci, fave, semi di zucca abbrustoliti, caramelle, cioccolatini) mediante il gioco ‘moscaceca’: si bendava un volontario o chi vinceva un

gioco di gruppo, gli si affidava un bastone e si faceva dondolare la pignata appesa con una corda a un solido anello conficcato nella volta di una stanza o con altre modalità. Quando la pignata era colpita in pieno e si rompeva succedeva il finimondo perché tutti cercavano di appropriarsi di parte del contenuto. La confusione creava un tale divertimento che alcuni si buttavano per terra e si dimenavano ‘starnazzando’. La Quaresima di un tempo era un vero periodo di sacrifici e rinunce alimentari: niente caramelle, niente carne, niente panini fuori pasto, niente insaccati. Le rinunce erano rigorose e le mamme dovevano barcamenarsi tra verdure e zuppe di pesce per i menù familiari ridotti all’essenziale. Per questo il ritorno della carne a Pasqua era così atteso che le macelleria esponevano gli agnelli, il sabato santo sul tardi, tra addobbi cartacei e floreali anche all’esterno della macelleria. A Terlizzi questa tradizione era ancora viva alla metà degli anni ’60.

compleanno

Tanti auguri dalla mamma, dal papà, nonni e zii al piccolo GABRILE CIRILLI che il 26 febbraio spegnerà la sua prima candelina

Nocera Nicola

compleanno

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Il 6 gennaio Vincenzo Giordano ha raggiunto il traguardo degli 80 anni. «Lunga vita a nonno Vincenzo».

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candidamente DI BRUNO

LANDO

Ecco il listino-prezzi per la compravendita dei voti! FATTI E PERSONAGGI SONO INVENTATI DI SANA PIANTA O SONO PURAMENTE CASUALI «Cetto La Qualunque» è il politico che vorrei votare. Solo in cambio di una pizza e una birra, cambio idea. Questo mese vi aspettate il solito pezzo qualunquista e disfattista di scherno ai nostri politiconi candidati per una poltrona alla Regione. Voto di scambio, voto pagato, voto disatteso, voto contestato? Niente di tutto ciò. Per tutti gli anta che porto sulle spalle dire le solite cose, con la solita indignazione facilmente condivisibile da tutti, un po’ mi fa sembrare un personaggio che nel mondo di internet viene definito «spam». Spammare oggi è anche inviare lo stesso messaggio in continuazione su forum o su chat o una newsletter via email per ottenere una sorta di pubblicità forzata. Gli spam solitamente fanno una brutta fine. E allora, considerazioni diversi, non certo per compiacere al Direttore o a qualche ammiratore (spero più ammiratrici) ma per riflessioni da condividere con chi ha letto tutta La Piazza e prima di buttarla via viene a leggere l’articolo di Bruno Lando o il turno dei benzinai aperti la domenica. «L’acqua è di tutti» - è lo slogan di un candidato lanciato su un grosso manifesto affisso in paese. Giusto spot in un periodo in cui si parla di privatizzazione. Ma se «L’acqua è di tutti» il «Pilu» poi di chi diventa? Perchè lì, nella stanza dei bottoni, si entra parlando di acqua e si esce con lo champagne insaporito di biondastro e patinato «Pilu». A noi rimane l’acqua che sa di cloro complici le tubature arrugginite. Agli eletti spetta per merito quella bottiglia effervescente che gli inservienti portano durante i simposi perché restituisce i sali quando grondano di sudore. Allora se il candidato avesse scritto «L’acqua, il pilu, lo champagne, l’auto blu sono di tutti» un pensierino sincero lo facevo per questa tornata elettorale. Anche perchè si sa che bere l’acqua del rubinetto ti fa sembrare down. E poi arrugginisce lo stomaco. Lo champagne invece fa classe. Boccio e guardo un altro manifesto di un candi-

dato con le maniche di camicia stropicciate e sollevate fino al gomito e la scritta «Rimettiamoci a lavorare». Ma a chi? Non voglio più pensare che solo chi fa politica lavora e dona lavoro. Con 10mila campagne elettorali sostenute e altrettanti pacchetti di voti di scambio elargiti, mi ritrovo nella triste posizione di disoccupato. Alla mia età neanche al call-center mi vogliono. Anche questo candidato, kaput! Se vuole il voto per rimettersi a lavorare allora è un masochista o un disoccupato che ha da mantenere famiglia. Escludendo la seconda ipotesi per ovvi motivi di carattere finanziario, penso alla prima: è un santo masochista che vorrebbe lavorare per gli altri. Santo subito o cassato subito? Santi in politica che io sappia non ce ne sono mai stati. Beati invece tanti! Ma qualcuno da votare qui lo devo trovare, la scheda in bianco non rientra nella visione di attivismo sociale - politico - culturale che mi porto dentro. Cerco un candidato da votare. Giro il paese e passo dalla centralissima piazza. Le solite 4-5 carogne che in questi giorni, con denti ingialliti dai tanti caffè ingurgitati e sigarette divorate per l’eccessivo lavoro di raccatta voti, ti fermano e sorridono: «Caro… caro.. caro.. come stai? prendiamo un caffè?». La mano gli trema, dovrebbe essere il suo 36esimo caffè da stamattina. Accetto. Non ho nulla da fare se non la solita partita a flipper. Mi serve il caffè perché dovrei scrivere il pezzo per La Piazza ed ho bisogno

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di spunti. «Nonno Ercolino come sta?» - mi chiede con finta apprensione. - «L’età sai, vive alla giornata». - «Ascolta, facendo gli scongiuri, appena ti sembra che stia per lasciarci, telefonami che posso farti avere il loculo in posizione buona. Terza fila, assolata e con vicinato buono». Nonno Ercolino ormai sembra ‘non volere stendere i piedi’, almeno per questa campagna elettorale, dovrebbe farcela. E se stende i piedi subito dopo la tornata elttorale questo raccatta-voti, ricorderà la promessa o mi dirà che d’improvviso è morto il nonno di un Assessore (è un esempio… ma facciamo i dovuti scongiuri)? E se stende proprio lui i piedi, il raccatta-voti, come mi ha detto furente nonnetto mio? Declino l’offerta di amicizia post-mortem e guardo avanti. Ma quanto spendono questi che fanno campagna elettorale per conto del suo political-man? Se pagano una cinquantina di caffè al giorno, per un mesetto siamo a circa 1500 caffè (molti furbamente prendono aperitivo, cornetto e cappuccino, brioche da portare...). Insomma partiamo da un minimo di 1.000 euro. Qualche decina di rappresentante di lista a 50euro l’uno, siamo ad altri 1500 euro. Metti benzina per giro-paese, telefonate, messaggi con cellulare, qualche multa pagata, qualche buono benzina, qualche pacco-spesa, superiamo abbondantemente i 5000 euro. La domanda nasce spontanea. E quanto rimborsa il politicalman, il candidato consigliere al raccatta - voti? Senza ricevuta di spese o rimborsi vari, siamo di fronte ad un finanziamento occulto? O voto di scambio? Ma senza fare piccoli scandali cui ci stanno abituando, mi chiedo piuttosto: «Quanto ammonta la percentuale di ricarico?». Cioè scartando a priori l’opzione «lo faccio per amicizia» sui 5.000 euro che ha speso quanto ci mette di suo il ‘sensale di consensi elettorali’? Credo che il ricarico si stabilisca a voti ottenuti... Se ho speso 5.000 euro e ho portato 200 voti ti rispondono «Signor ti ringrazio se me li rimborsa», ma se invece ho ottenuto 7-800 voti il ricarico presumo diventi doppio. Un 10.000 euro ci stanno tutti, insomma. Ma questo a Giovinazzo non succede. L’etica politica, l’attaccamento ai principi della rappresentatività, l’esercizio di una siffatta e «onorata attività costituzionale» non può essere mercificata. Proprio a Giovinazzo, alle elezioni passate, abbiamo visto che solo persone perbene, gente stimata, carismatica e motivata ha sfondato con i consensi elettorali. I giovinazzesi che sembrano apatici e disillusi dalla politica alla fin fine... ma proprio alla fin fine… Passo avanti, un tabellone con un viso conosciuto troneggia con un grande sorriso fraterno. Coerenza. Passato dal Pdl al Pd e all’Udc.Forse lo voto. Ho trovato un candidato sincero. Coerente con il salto della quaglia. Coerente nello stile spregiudicato, coerente a prenderti sempre per i fondelli nello stesso modo. Mi piace. Provo per lui sincera fiducia. Coerenti come sempre noi giovinazzesi lo rivolteremo: è questa la politica. Almeno uno coerente nell’incoerenza che te lo dice pure con i 6x3!

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little DI

MICHELE,

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VITO BAVARO

LIBERO NELL’UNIVERSO

Uno dei simboli dei giovinazzesi d’America, Michele Depalo. Proprio lui, che ha sempre rappresentato tutti coloro i quali valigia di cartone alla mano, tanti anni fa sono stati costretti a lasciare il paesello per fame di lavoro. Ci ha lasciati il 14 gennaio u.s. e per tutti noi la sensazione è stata quella di un grande vuoto, una pietra miliare del nostro nuovo mondo che non c’è più.La storia di Michele dev’essere ricordata in funzione dei suoi antenati. Suo nonno, infatti, a Giovinazzo era soprannominato Michele u boschet. All’epoca ci si avvaleva dell’agnomen per indicare lo status di alcune famiglie. Ogni famiglia aveva un agnomen. U boschet in particolare, indicava un uomo che viveva nei boschi, qual era appunto il nonno di Michele e per tradizione tale soprannome veniva poi tramandato ai figli maschi. I Depalo comunque erano ben noti a Giovinazzo perché considerati da tutti dei grandissimi lavoratori. La famiglia comprendeva infatti cinque donne, per cui i maschietti di casa dovevano necessariamente darsi da fare in campagna. Al ritorno dal servizio di leva Michele incontra Tonia Cannato, la sua donna del cuore. Si sposano e la terra non riusciva più a soddisfare i bisogni della famiglia. Così il padre di Michele decise che era ora di levare le tende e partire per terre assai lontane. Si va in America con moglie e quattro figlie. La primogenita, infatti, nel frattempo si era trasferita a Torino per seguire il marito che, essendo un meccanico specializzato, era stato chiamato nella nostra cara Fiat. Cosa restava da fare a Michele? La sua famiglia era completamente emigrata, per cui Michele con moglie e due dei suoi figli decise di seguire le stesse orme dei parenti. L’età però per quei tempi era ormai avanzata per apprendere un nuovo mestiere. Era proprio il caso di dire «Mest Mechele iav vecchie e s’embarav ancor!». In realtà Michele non si perse d’animo e decise di intraprendere il lavoro di pasticciere. Non era tutto così semplice. Ovviamente la tenacia e la volontà, uniti alla voglia di guadagnare per mantenere la famiglia ebbero il sopravvento. Com’era nella sua natura, Michele imparò a svolgere il suo lavoro con estrema precisione. Lavoravamo insieme. Non c’era neanche bisogno che io controllassi il suo operato. Tutto ciò servì ad eliminare il suo

iniziale scetticismo in quanto una persona che ha sempre zappato la terra difficilmente riesce a prendere subito confidenza con torte e profiterol. La sua vita è così trascorsa tranquillamente in compagnia della sua famiglia, figli e cinque nipotini. Recentemente Michele, da bravo pensionato, aveva ripreso a seguire il calcio, la sua antica passione. Era un fan accanito della Nazionale Italiana e ogniqualvolta si svolgeva un evento si precipitava a telefonarmi per un severo commento post-partita. Per me era tutto un sorriso, in quanto cercava anche di descrivere dettagliatamen te i particolari del gioco. Mi piaceva prenderlo in giro in quanto gli ricordavo che non aveva mai seguito così attentamente il calcio come ora. Adesso chissà che partita starà vedendo, libero nell’universo!

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NICK PALMIOTTO

Festa della Donna: sostenitori e detrattori

Una delle feste ormai comandate che il nostro calendario ci propina. Ed una di quelle che ha sempre alimentato tante polemiche negli ultimi anni. Una ricorrenza che spesso serve ai politici per ricordare i progressi registrati dalla figura femminile negli ultimi tempi (Berlusconi permettendo!) e della sua diffusa partecipazione alle decisioni riguardanti la vita della comunità, ruoli ormai di primo ordine che si sono colorati di rosa. E ce anche chi invece condanna questo eccessivo progresso che snatura la donna, impacchettandola in stereotipi e più o meno concrete ambizioni che la sottraggono a quella che è la sua vocazione sin dalla nascita del mondo, il ruolo di madre attenta e premurosa e di guida preziosa ed indispensabile per la famiglia che oggi ha subito uno scivolone. In realtà se devo guardare alla realtà giovinazzese, collocata nel Sud Italia, da sempre penalizzante per l’approccio sociale di ogni donna, allora vorrei istigare le componenti femminili di quella fetta di società ad elevare forte e chiara la propria voce, affinché si possa definitivamente affermare che ognuno deve poter decidere e gestire la propria vita senza essere condizionato da falsi pregiudizi o mentalità arcaiche. Inutile ribadire che il maschilismo imperante del Sud Italia non si è affatto avviato verso la decozione, nonostante i processi di ammodernamento succedutisi negli ultimi decenni. Esistono ancora tanti tabù che hanno l’unico scopo di sminuire il ruolo e le capacità delle nostre conterranee al momento giusto e senza possibilità di esclusioni di colpi. La religione in tutto ciò ovviamente collabora con lunghe diatribe sulla pillola del giorno dopo e sulla limitazione degli aborti. Ancora imperante è oltretutto l’influenza della Chiesa sulle coppie separate e le coppie di fatto che in tutti i modi vengono penalizzate mentre, sull’altra sponda nulla di serio si registra a favore della famiglia tradizionale che oggi viene abbandonata a mille difficoltà quotidiane. Se poi penso che oltre alle donne italiche quelle che veramente stanno peggio dimorano in altri Stati…bè allora c’è proprio da interrogarsi seriamente sul significato di questa festa. È ormai notizia di ogni giorno, quella dei delitti d’onore che avvengono nei paesi di tradizione musulmana, laddove nell’ambito della stessa famiglia si preferisce uccidere per futili motivi collegati all’onore o a laccioli fondamentalisti di una religione che pare non avere né capo né coda. Per non disquisire dell’obbligo del burqa che in realtà avrebbe lo scopo preciso di voler isolare a tutti i costi la donna da qualsiasi contesto sociale per destinarla unicamente a matrimoni scrupolosamente programmati o a scelte di vita attuate dai componenti maschili della famiglia di origine. Tali episodi purtroppo si stanno diffondendo recentemente anche nel vecchio continente, dove l’integrazione dei capifamiglia di religione musulmana si scontra con il desiderio delle donne di decidere liberaPANE CALDO - FOCACCE - PIZZETTE - mente delle proprie amicizie maschili e di scegliere un tipo di vita consono in linea con il nuovo luogo di dimora. Ed è proprio questo il punctum CALZONI DI CIPOLLA - PIZZE RUSTICHE edolens che sta favorendo gli episodi di violenza in Europa dei parenti nei - BISCOTTI - PASTICCERIA DA FORNO confronti delle donne di famiglie di origine musulmana. bisogna festeggiare dunque l’8 marzo? Personalmente credo che PANIFICIO PRUDENTE NATALE E FIGLI S.N.C. Cosa quando tutti capiranno che la donna non è un essere inferiore e non dev’essere condizionata in nessuna maniera, allora e solo allora si VIA BITONTO, 52 - G IOVINAZZO TEL. 080/3944257 potrà cantare vittoria con migliaia di mimose.

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Cape Point , la parte più estrema dell’Africa dove confluiscono i due oceani (Atlantico e Indiano). Da sx : Savino,Uliano, Carmela, Marisa, Anna e Corsy Abito a Porto Valtravaglia (VA) da 28 da loro conosciute e frequentate fino agli anni, ma sono di Giovinazzo. Leggo la anni cinquanta. Ci hanno mostrato filmati Piazza. Leggo sempre le finestre aperte storici di Giovinazzo e il suo hinterland, dei giovinazzesi del mondo. Vi scrivo risalenti alla seconda guerra mondiale. perché anch’io ho voglia di aprire una E qui che abbiamo potuto riconoscere finestra sul mondo. Nel periodo natali- altri giovinazzesi e nostri parenti ormai zio, in compagnia di mia sorella Anna scomparsi (zio Cesare Maldari, il nonno Doris e suo marito Savino Fiorentino Nicola Maldari ). Tanta è stata l’emozioe con una mia amica e collega Carmela ne! Loro continuano a parlare non solo Scuderi, siamo stati a Città del Capo, l’italiano ma anche il dialetto che hanno in Sud Africa, ospiti di lontani parenti di tramandato ai figli e nipoti. Le tradizioni mio padre. La famiglia è quella di Ange- sono sempre presenti. Alla vigilia di Nalo Farella, pittore decoratore, (sono sue tale non sono mancati i panzerotti, il caltra l’altro le scene e decorazioni nella zone di cipolle, le cartellate e il panettoChiesa dell’ Istituto San Giuseppe, ne. Inoltre tutta la famiglia legge il vononchè apprezzato musicista della Cit- stro giornale che io spedisco loro ogni tadina Banda Musicale), emigrato a Cit- mese (con le settimane enigmistiche tà del Capo nel 1950 per stare vicino alla che serve a tenersi aggiornati con l’itafiglia maggiore Santina sposata liano). A Santina, la maggiore delle soHarrison dal 1946. Gli altri figli sono relle, piaciono in particolare gli articoli Pia, Michele, Fedele e Marisa, soprano di Vincenzo Depalma che racconta lirico di fama mondiale, che nei suoi con- sapientemente di vecchi mestieri, giochi certi è spesso accompagnata dalla chi- e avvenimenti conditi da frasi dialettali. tarra di suo marito Uliano. La completa Spero che questa lettera venga pubblidisponibilità e amicizia di questa stupen- cata per riportare l’esperienza di un viagda famiglia, ci ha consentito di conosce- gio bellissimo e il ricordo di una famiglia re Cape Town e dintorni, forse meglio di meravigliosa legatissima alle proprie oriqualsiasi guida turistica. Inoltre, abbia- gini e tradizioni. Saluto Santina, Pia, mo potuto apprezzare l’attaccamento Mike, Fedele, Marisa, Uliano,Tony, Maralle origini giovinazzesi di questa fami- co, Ugo, Mario, Gigi e in particolare glia, stare con loro è stato un vero tuffo Caterina e il piccolo Gianluca (recitava nel passato. Ci ha consentito di rivivere la preghiera prima di ogni pasto). Corsy Maldari e i compagni di con loro momenti particolari e persone viaggio Anna Savino e Carmela

FONDAZIONE ANT ITALIA ONLUS

Grazie ai fondi del 5x 1000 sottoscritti in Italia per La Fondazione ANT Italia Onlus si è deciso di estendere a Bari e Provincia il «Progetto Famiglie ANT» che prevede un sostegno di 250 euro al mese per 6 mesi alle Famiglie disagiate che stiano assistendo nella loro casa un Sofferente di tumore o fino ad esaurimento dei fondi disponibili. La procedura è semplicissima. E’ sufficiente presentare la dichiarazione ISEE (che deve essere inferiore ai 10mila euro annui di reddito familiare) accompagnata dalla richiesta di un medico curante (ANT o non ANT) attestante la necessità dell’Assistenza Domiciliare per malattia tumorale con prognosi uguale o inferiore a sei mesi, specificando il nome, cognome ed indirizzo del sofferente, alle Delegazioni di Bari (Via De Amicis 43/45, tel.080-5428730, fax 080/5521071), Trani/Bisceglie/ Barletta/Corato (Via Fusco 59 Trani, tel./fax 0883-584128), Acquaviva delle Fonti (Via N. Scalera 45, tel./fax 080/758055), Molfetta (C.so Regina Margherita 18, tel./fax 080-3354777), Casamassima (C.so Vittorio Emanuele 89, tel./fax 080/674862). Questo programma sarà attivo dal 1° marzo 2010, fino al 27 febbraio 2011 o fino ad esaurimento dei fondi disponibili. L’assegno sarà consegnato mensilmente dagli Uffici ANT di competenza.Il supporto alla Famiglia resta incondizionatamente anche “dopo” e per questo abbiamo deciso di offrire un contributo per le spese del ‘giorno dopo’ a tutte quelle famiglie che si trovino in disagio economico e ne facciano domanda. La modalità di richiesta è semplicissima: è sufficiente presentare la dichiarazione ISEE (che deve essere inferiore ai 10.000,00 euro annui del reddito famigliare) accompagnata dal certificato di decesso redatto da un medico ANT e della fattura o della ricevuta di pagamento per il solo trasporto fino ad una cifra di 300 Euro. Occorre specificare il nome, cognome ed indirizzo della Persona venuta a mancare. Durata: dal 1° marzo 2010 al 27 febbraio 2011 o fino ad esaurimento dei fondi disponibili.Com’è noto ANT ha la più grande esperienza di assistenza domiciliare al inondo, avendo già assistito oltre 75.000 Pazienti affetti da tumore in tutta Italia e 23.000 nella Regione Puglia, per circa 100 giorni in media.

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il ricordo

«Ballero» nel mio cuore Caro Franco, stavolta ci hai sorpresi tutti. Non ci hai staccati su di un lungo rettilineo lastricato di pietre come facevi nelle tue leggendarie Parigi Roubaix, ma ci hai lasciati in curva.Perchè non ci hai aspettato, come facesti con Doclous Lassale nel 1993. Forse avevi paura che ti avremmo giocato qualche brutto scherzo sul traguardo come fece il francese ? No, Franco, lo sapevi che di noi ti potevi fidare. Specialmente di noi pugliesi e baresi in particolare, che per te stravedevamo. La scuola di ciclismo del S. Paolo di Bari, l’abbiamo intitolata a te, perchè ti dissi che noi «avevamo bisogno dell’esempio di grandi uomini e non di grandi campioni» e ti ricordi quando scherzando ti dissi «la scuola te la dedichiamo in vita, così è un modo per allungartela......». Se ripenso a quella frase, rimango ancora più sconvolto. Spero mi perdonerai, ma mai avrei immaginato di anticipare una tragedia così grande. E che dire del nostro ultimo incontro ventiquattrore prima dell’incidente. Ti ho data quella letterina sigillata della bambina del S. Paolo, che pur non avendoti visto mai correre, ti adorava e ti voleva bene. E come lei tanti altri e noi tutti ti adoravamo e ti volevamo bene. Io non so cosa ci fosse scritto in quella letterina, spero che tu abbia fatto in tempo a leggerla e ad esserne felice. E’ la prova provata di quanto hai inciso sui nostri ragazzi. Stavamo già pianificando il tuo arrivo a Giovinazzo, Bari e nel circondario, il 18 maggio, il giorno del Giro a Bitonto. Tu saresti stato il «premio» a tutti quei bambini che si apprestano a partecipare al Pinocchio in bicicletta. Mi avevi detto che saresti arrivato la sera prima «così le scuole le visiteremo tutte....». Ora Franco io come faccio. Sei andato via in quella maledetta curva !!! Ma ho fede, so che mi aiuterai ancora e non mi abbandonerai. Come hai aiutato Luca e mamma Tina, te lo ricordi. Planasti qui con tua moglie Sabrina il giorno dopo il tuo 44.mo compleanno. Volesti essere prima accompagnato da Padre Pio, perchè volevi ringraziarlo per il tuo Matteo, che guariva a passi da gigante. Poi andammo insieme da Luca, mi ricordo come gli parlavi e lui che voleva stare con te e non lasciarti più. Che fatica per convincerlo a lasciarci andare. Gli dicesti che un giorno avreste fatto un …. giro in bici insieme. E poi la UISP, la premiazione, il tuo intervento sul palco. La maglia iridata di Bettini in dono e tu che spiegavi che prima di vincerla una grande corsa, bisogna imparare a perderla.... Ora tu ci hai fatto perdere tutti, perchè sei scappato in curva, ma impareremo la lezione, ci ricorderemo di tutto quanto ci hai insegnato e lo trasferiremo ai ragazzi nelle scuole. E allora vinceremo, noi con te, perchè tu sarai sempre il nostro C.T. Il migliore, il più vincente che la storia del ciclismo (e credo dello sport italiano) abbia mai avuto. Nessuno ha la tua media di successi. Per questo, ho deciso che oggi inizierò i primi incontri nelle scuole con i bambini. Non verrò a trovarti ora. Ci sarà senz’altro tanta ipocrisia intorno a te. Verrò da te quando nessuno ..... ci disturberà. Preferisco parlare di te a quei bambini, raccontandogli della festa che avremmo fatto insieme, partendo dalla fine e non dall’inizio. Dalla fine di un uomo buono, di un

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campione per bene e di un amico fraterno. Sono felice perchè tutte le cose che ci andava di raccontarci ce le siamo sempre dette. E non solo di ciclismo, quindi ora il mio impegno sarà diffondere i tanti tuoi messaggi che mi hai regalato. La farò per me, per te e sopratutto per i tanti ragazzi che meritano di conoscere il vero «Ballero» quello della Roubaix, quello della dolcezza, quello della vera amicizia. Ciao Frank, riposa in pace.

Amici per sempre, Tom.

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