La piazza di giovinazzo febbraio 2014

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LA PIAZZA di Giovinazzo

Via Cairoli, 95 Giovinazzo 70054 (Ba) Edito da Ass. Amici della Piazza Iscr. Trib. di Bari n. 1301 del 23/12/1996 Part. IVA 05141830728 Iscr. al REA n.401122 Telefono e Fax 080/394.63.76 IND.INTERNET:www.giovinazzo.it E_MAIL:lapiazza@giovinazzo.it FONDATORE Sergio Pisani DIRETTORE RESPONSABILE Sergio Pisani

REDAZIONE Giusy Pisani - Porzia Mezzina - Agostino Picicco - Alessandra Tomarchio - Damiano de Ceglia Marianna La Forgia - Daniela Stufano - Vincenzo Depalma- Onofrio Altomare - Angelo Guastadisegni - Diego de Ceglia Mimmo Ungaro- Michele Decicco - Enrico Tedeschi - Sara Achenza CORRISPONDENTI DALL’ESTERO Vito Bavaro - Nick Palmiotto Giuseppe Illuzzi - Rocco Stellacci stampa - Dedalo litostampa progetto grafico - Ass. Amici della Piazza Grafica pubblicitaria: C. Morese responsabile marketing & pubblicità: Roberto Russo tel. 347/574.38.73

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ASS. AMICI DELLA PIAZZA II TRAV. MARCONI,42 70054 GIOVINAZZO (BA) ITALY La collaborazione é aperta a tutti. La redazione si riserva la facoltà di condensare o modificare secondo le esigenze gli scritti senza alterarne il pensiero. Gli articoli impegnano la responsabilità dei singoli autori e non vincolano in alcun modo la linea editoriale di questo periodico. FINITO DI STAMPARE IL 22.01.2014

editor C’è mancato un soffio perché la notizia strisciasse sui canali nazionali. Mingo si sarebbe già trovato sul posto, bastava chiamare il silente collega Fabio e sarebbe stato subito scandalo. Invece è la realtà che ha superato la finzione: l’11 dicembre un gruppo di ciclisti scopre e documenta rifiuti tossici nella cava di Giovinazzo. La notizia subito entra dentro le case dei giovinazzesi, si allarga a macchia d’olio complice il tam tam dei social network e delle testate locali. Le fotografie scattate non lasciano dubbi. Una discarica abusiva alle porte di Bitonto. Ecomafia. Siamo alle solite. Difficile fare i «Nomi e Cognomi». Ci vuole troppo coraggio. Qualcuno in passato lo ha fatto e ci ha rimesso la vita. Lo scoprirete quando uscirà il film Nomi e Cognomi. Intanto il sindaco di Bitonto Abbaticchio non perde tempo e si mette in contatto con il sindaco di Giovinazzo Depalma. E dopo una mattinata di panico, ecco svelato l’arcano: si tratta di materiale di scena per le riprese del film in corso proprio in quei giorni a Giovinazzo. Contenitori di plastica per nulla inquinanti che sarebbero stati rimossi appena finite le riprese. Ci dispiace per chi, pronto allo scoop, aveva fatto scocca-

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FACCIAM E COG re dall’alto la freccia avvelenata dell’impostura. Senza preoccuparsi di fare i nomi e i cognomi. Perché, diciamolo francamente, quando si parla di denunciare e fare «Nomi e Cognomi» ci sentiamo sempre un po’combattuti tra emozione e sentimento, tra la voglia di onestà e la paura di quello che di noi sarà. Questa volta però Noi de La Piaza ci sentiamo tranquilli, in questa storia non esistono i «buoni e i cattivi». I nomi, dunque, li vogliamo fare tutti e a voce alta. Il primo è quello di Sebastiano Rizzo, giovane regista alla sua opera prima, la Draka Production di Giovinazzo del giovane molfettese


riale

PER LA TUA PUBBLICITA’

lungometraggio già molto atteso, è la nostra amata citP RENOTA IL TUO tà, nonché i suoi abitanti che hanno saputo conqui- SPAZIO PUBBLICITARIO A COLORI stare con il loro affetto e la loro ospitalità il cuore di TELEFONANDO AL tutti. Una quarantina di per347.574.38.73 sone tra troupe e cast. Ma(R OBERTO R USSO ). ria Grazia Cucinotta ha riferito di essersi sentita una E LA TUA PUBBLICITÀ VOLA ANCHE di noi e che porterà sempre con sè le immagini dei noSU INTERNET stri scorci e i ricordi delle COPERTINA strette di mano, le attestazioni di affetto e gli abbracci ricevuti. Certo, un po’di disagio c’è stato: divieti di sosta in molte zone PH E. TEDESCHI del paese, circolazione vieCorrado Azzolini, Alessandro Contata sul lungomare, ma l’eventualità tessa, produttore esecutivo, anche lui di uscire a prendere un caffè e impugliese. Due grandi attori di prestigio, battersi in un set cinematografico Maria Grazia Cucinotta ed Enrico non capita tutti i giorni. E sapere di Lo Verso e un cast noto al pubblico itapoter incontrare Maria Grazia liano tra cui Mingo De Pasquale. QueCucinotta dal panettiere o passeggiasti i personaggi principali della pellicore sotto l’appartamento in cui dorla 100% made in Puglia (o forse è il caso me Lo Verso può rendere la giornadi dire made in Giovinazzo), intitolata ta terribilmente frizzantina. E’ vero, FAMOSO PER LE SUE SORTIappunto Nomi e Cognomi. Quattro TE, MINGO ALLARMA LA forse siamo arrivati a Natale con settimane di riprese per raccontare la CUCINOTTA DAVANTI ALLE qualche multa in più, ma in compenstoria di un reporter che rischia la vita so ci siamo sentiti un po’ tutti delle TELECAMERE.... MA È SOLO per la verità. Un omaggio a un tipo di UN FALSO ALLARME. IL CLICK star. giornalismo coraggioso e di denuncia, È DI ENRICO TEDESCHI. SARA oggigiorno pressoché scomparso. Ma la ACHENZA LA FOTOCOMPOSIZIONE È STATA REALIZZATA DA C. MORESE protagonista indiscussa di questo

MO NOMI NOMI GNOMI

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il

fatto

DI SERGIO PISANI

Ha iniziato il countdown 40 giorni prima aspettando la mezzanotte del 2013. Lo faceva ogni giorno appuntando i giorni finali sul principale social network. Forse voleva dare il benvenuto a qualcosa di grande che stava arrivando. Invece il 31 dicembre è arrivato il dì fatale. Ha gettato la spugna anche Firecomm di Antonio Pizzolante. Il pioniere della vendita dei prodotti informatici ha chiuso la serranda dopo 20 anni. Per sempre. Insieme a lui, hanno scritto la parola FINE 27 esercizi commerciali, 13 esercizi pubblici, 16 commercianti di aree pubbliche. Chiusi per sempre. La crisi economica vista dai piccoli negozi è un susseguirsi di sconfitte silenziose che feriscono e debilitano il tessuto urbano. Uno stillicidio di attività

chiuse che frena l’economia cittadina e genera disoccupazione e povertà. Dal 1° gennaio 2014 stop agli affitti da pagare, stop ai clienti titubanti di fronte ai prezzi sempre meno abbordabili per le tasche ormai vuote, stop alle tasse e alla stretta delle banche. La contrazione dei consumi oltre ad aver contribuito a spingere gli eroi ad abbassare le saracinesche si è portata via bagagli di esperienza e saperi nel campo commerciale. Buttati al vento senza che nessuno se ne stesse accorgendo. PARLA UN COMMERCIANTE. «In questi 20 anni di attività lavorativa – è lo sfogo amaro di Antonio Pizzolante di Firecomm - ho imparato tanto, ho fatto tesoro

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soprattutto delle tante cose che non vanno in questa nostra cittadina. Non voglio essere solo polemico, vorrei aiutare tutti a riflettere su alcune cose. Primo. Una critica verso i nostri concittadini, poco affini ad investire sul nostro territorio ma anche poco affini a credere e spendere sul nostro territorio. In tanti anni di duro lavoro ed impegno sul territorio posso concludere che la nostra non sarà mai una città che potrà crescere se i primi a non credere nelle proprie potenzialità sono i giovinazzesi stessi. Secondo. Poco coraggio nel aprire nuove attività, nello spendere i propri soldi sul territorio, nel cercare di attrarre ricchezza dai paesi limitrofi. A Giovinazzo un box non è un punto di partenza per generare business, ma il proprio garage ove depositare auto, attrezzi e curare il proprio hobby. Strade disseminate di passi carrabili, aree commerciali de localizzate. Scarsa è la cultura imprenditoriale. Le istituzioni danno anche il loro contributo. Vedasi la nuova 167, quartiere dormitorio di Giovinazzo ove non è stata prevista alcuna costruzione di locali commerciali per piccole e micro attività». E va giù pesante contro l’amministrazione. «Gli sforzi che questa amministrazione sta effettuando sono totalmente insufficienti per una ripresa dell’economia locale. Forse non ha neppure la volontà di farla crescere. Servizi acquistati fuori Giovinazzo ne sono la cruda dimostrazione di una scarsa attitudine di avvalersi del territorio stesso, generando di fatto una crescita economica di altri paesi con il conseguente impoverimento del nostro». Lo sconforto tuttavia richiama la speranza nel cambiamento. «Vorrei - termina l’ex titolare di Firecomm fare un appello a tutte le persone di Giovinazzo. Credete nel territorio. Spendete i vostri soldi qui. Non dimenticatevi che ciascun negozio da valore aggiunto al nostro paese. I negozi migliorano la


paesi non solo del sud ma anche del centro Nord un tempo opulento che stanno morendo, che mostrano le targhe dei negozi ‘chiusi per sempre’». E in questa drammatica sfida per la sopravvivenza, il sindaco Depalma esprime tutto il suo sostegno e la sua solidarietà alle 56 attività commerciali dismesse: «Come imprenditore so cosa si prova a non dormire tra due guanciali. Immagino tanti miei colleghi vedersi sbattere le porte in faccia dalla banche che oggi conoscono solo la parola «liquidità» ma che in passato hanno disinvestito in operazioni sbagliate i loro soldi togliendo credito alle imprese». «E poi - aggiunge il Primo cittadino ci sono oltre alla stretta creditizia le tasse che lo Stato non si decide di abbattere. Anzi che fa? Delega i Comuni a fare da esattori per loro conto. Se a questo si aggiungono i costi crescenti degli affitti e di acquisto di immobili, si capisce a chi si ascrive questo stato di depressione. Ripeto tutta la mia solidarietà soprattutto a quei titolari che si trovano in difficoltà con i fornitori, crisi che incide su tutta la filiera. La grande distribuzione sottrae ricchezza perché capace di praticare prezzi troppo bassi mettendo quindi in difficoltà i concorrenti? «Io credo nell’economia protezionistica. Spendere i propri soldi in abbigliamento, alimentari, prodotti casalinghi aiuterebbe a garantire una circolazione più virtuosa della moneta. Io lo farò sempre. Se perdiamo ricchezza perchè i giovinazzesi sono amanti dei forestieri, escono fuori a spendere i propri soldi dobbiamo conquistare altre fette di mercato. Lo facciamo con i grandi eventi. Eccezion fatta per il Primitivo, mi fa specie però riferire che i commercianti giovinazzesi non sono venuti da me a presentarmi un progetto valido, iniziative di rilancio nel settore comIL PIATTO PIANGE. 56 ATTIVITÀ COMMERCIALI merciale. Nella giornata dei falò di domenica 19 gennaio concentreremo i nostri sforzi facendo brillare HANNO ABBASSATO LA SERRANDA IL 31.12.2013 i fuochi nei punti nevralgici della città. Speriamo di FONTE: ARCHIVIO POLIZIA MUNICIPALE.. ELABORAZIONE GRAFICA G. PARATO illuminare i negozi di via A. Gioia e non solo». dro nazionale, ma non Contro tendenza, la crisi genera ricchezza ai città, la colorano, la ravvivano, portano benessere e è un’immagine più fo- banchi metalli. Sono in aumento. Così come lavoro. Ogni volta che trasferite i vostri soldi negli sca delle tinte che an- i giovinazzesi che si vendono gli ultimi riipermercati pensate che impoverite le famiglie, canneriscono le altre città. cordi in oro per pagare affitti, bollette e cellate il futuro dei vostri figli». «I numeri - spiega il sin- multe. Insieme alle sale scommesse, loro i daco - vanno confrontati banchi metalli non chiuderanno mai! IL SINDACO-PENSIERO. La situacon gli altri. Ci sono interi SERGIO PISANI zione di Giovinazzo è emblematica del qua.

LA CRISI DEL COMMERCIO SOTTO LA LENTE

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la

morsa

della

crisi

DAL VIDEOTEL, DAL BOOM DELL’HIGH-TECH ALLA POLVERE DI STELLE L F , A PARABOLA DI IRECOMM IL PIONIERE DEI PRODOTTI INFORMATICI DI GIOVINAZZO

«Erano i primi anni 90. A quei tempi l’informatica era ancora qualcosa di semi sconosciuto e riservata a pochi. La telematica, progenitrice dell’attuale internet, qualcosa di oscuro. Frequentavo l’I.T.I.S. G.Ferraris di Molfetta per la specializzazione informatica. Di lì l’intuizione. Il lavoro della mia vita». Comincia così l’avventura di Antonio Pizzolante, nata negli anni 80 ai tempi dei commodore 64, Amiga, sistemi Msx, ai telefilm I ragazzi del computer. Avventura sfociata in una reale attività lavorativa. L’informatizzazione di massa è alle porte. «La prima parte del mio progetto racconta l’ex titolare di Firecomm - era l’utilizzo della telematica (Videotel fornito dalla SIP) per la trasmissione di servizi pubblicitari e sociali (le prime chat)». Man mano che il tempo passava, il servizio videotel diventava più evoluto permettendo servizi in tempo reale. Fu così che complici i contatti avvenuti in Francia dove il sistema videotel (denominato Minitel) era più capillare sul territorio ed aveva un numero di abbonati nettamente superiore a quello italiano, FIRECOMM impiantò un sistema evolutissimo in quegli anni che permetteva lo scambio di informazioni tra diversi utenti in tempo reale. «Oggi sembra una cosa banale, ma in quegli anni era davvero una innovazione. Pensate, la piccola Giovinazzo in quegli anni era dotata di strumentazioni molto evolute, anche se molti giovinazzesi non ne erano a conoscenza. Ovviamente con il passare degli anni si è affacciato internet nelle aziende e nelle case degli italiani che ha segnato il declino del servizio Videotel». L’informatica e l’automazione, un ulteriore progetto importante della storia lavorativa dellla Firecomm: automatizzare le emittenti radiofoniche. «Ringrazio il dott. prof. M. Marchiselli per avermi dato l’opportunità di automatizzare RadioMia. Poi la vendita al dettaglio di apparati per l’home e professional computing.

Il viaggio è iniziato, si scopre un nuovo mondo, fatto di passione, voglia di scoprire, divertimento : il computer. La gente ha fame di conoscenza e voglia di aprirsi alle nuove prospettive tecnologiche. E’ iniziata la vendita di massa dei computer. Notte intere passate a cercare di accontentare tutti, il brivido di aver trovato il lavoro della vita, la soddisfazione di far bene il proprio lavoro, la voglia di crescere ed affermarsi, la passione soprattutto facevano sparire la stanchezza. Il negozio affollato, gente che veniva da paesi limitrofi (Molfetta, Bari, Terlizzi, Ruvo). Pensate serviva prenotarsi come quando si prende il numero all’ufficio postale. Tutto bellissimo. Il sogno che si avverava. Infine la creazione e gestione di servizi internet avanzati come la comparazione di prezzi e prodotti (vedasi il portale internet www.ilpiubasso.it)». In 20 anni di attività Firecomm ha sempre vissuto anche il susseguirsi di diverse crisi economiche (molti ricordano quest’ultima, ma in passato ce ne sono state altre meno pesanti), ma il trend fortunatamente era sempre in crescita. «La gente era soddisfatta,. Lo sapevo, lo sentivo, me lo raccontavano. Firecomm era un punto di riferimento per l’informatica a Giovinazzo. In questo settore lavorativo Giovinazzo è abbastanza vivace, diverse persone operavano in questo campo, tutt’oggi è così». Ma negli anni 2000 comincia a cambiare qualcosa. La globalizzazione si avvicina e grandi gruppi della G.D.O. abbracciano il mercato dell’informatica e cominciano a minare il settore. Non hanno creato concorrenza sia chiaro, questa c’è sempre stata nel settore dell’elettronica di consumo. Tutti i negozi di informatica hanno sempre avuto prezzi in linea e spesso anche molto più convenienti rispetto alla grande distribuzione. Ma i loro potenti mezzi pubblicitari hanno distolto lo sguardo dei clienti distruggendo il mer-

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cato locale. «I negozi di prodotti informatici fortunatamente hanno ben resistito perché i clienti hanno sempre avuto bisogno di un punto di riferimento post vendita. La crisi economica degli ultimi anni poi ha fatto il resto, abbattendo con la sua mannaia tantissime attività commerciali. Ma nonostante questo il mio negozio andava e restava un punto di riferimento. Scelte personali poi, non legate alla produttività dell’attività lavorativa ma al semplice migliorare della qualità della vita (tenuto anche conto anche del fatto che opero già presso una società informatica da oltre 10 anni), mi hanno portato a decidere che a fine 2013 Firecomm doveva cessare la propria attività». E così è stato. «Ho provato anche a cedere e dare una opportunità di lavoro ad altre persone, ma l’Italia è lo specchio di tante cose che non funzionano perché manca la volontà di migliorare. La chiusura dell’attività è risultata essere la scelta economica più conveniente, perché dovete sapere che per il fisco, in alcuni casi, è meglio chiudere che cedere a terzi. Cedendo, ad una cifra simbolica il negozio ad un terzo, il fisco sulla base di parametri ben precisi, quali ad esempio il valore di avviamento, richiede il pagamento delle tasse su un valore ‘su carta’ e non sul valore reale di cessione. Per cui se ad esempio avessi ‘regalato’ il negozio chiavi in mano ad un ragazzo di buona volontà, nonostante non avessi percepito nulla o una cifra nettamente inferiore al valore calcolato dal fisco, avrei dovuto pagare le tasse sul valore dettato dal fisco, pagando molto più di quello che avrei ricavato dalla vendita». Questo è il sistema-Italia. Lo Stato è il sicario del commercio! SERGIO PISANI


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l intervista

DI ALESSANDRA TOMARCHIO

dei servizi d’assalto, e questo è forse anche più irritante per molti, che infatti reagiscono.

MINGO, UN NOME CHE NON HA BISOGNO DI COGNOMI Giusto per rimanere in tema con la sua ultima fatica cinematografica …. Nome e Cognome?Il mio vero nome è Domenico, il cognome De Pasquale, ma fin da bambino mi hanno sempre chiamato Mingo. Oltre 600 servizi in 16 anni come inviato del tg satirico più famoso d’Italia, come si è trovato Mingo in un film serio sul giornalismo di denuncia? Avevo già girato, un anno fa, con il produttore Alessandro Contessa un cortometraggio insieme ad Alessandro Haber ,«Il Signor H». E proprio allora il produttore individuò nella mia faccia il volto giusto del commissario che combatte la malavita; un personaggio serio e drammatico, ma molto positivo e coraggioso. Com’ è stata questa esperienza? Molto bella, anche perché il personaggio che ho interpretato mi ha permesso di entrare in quello che è il ruolo di un poliziotto, cioè azione, arresti

e incursioni… Certamente ben diverse da quelle di Striscia in quanto sono armate, mentre lì sono armato solo di microfono! Tantissimi pugliesi nel film, possiamo ritenerlo un prodotto pugliese? Assolutamente sì e devo fare i complimenti al produttore Corrado Azzollini. Sei stato l’interprete principale di uno splendido film che più pugliese non si può Il Signor Gi. Bi. di Nico Cirasola. Un giudizio su di lui? E’ un personaggio particolare. Bello proprio per il suo essere naif. Quest’anno festeggi 16 anni in una delle trasmissioni più di successo della nostra televisione… Cosa ti rende speciale? A Striscia siamo tutti speciali ed ognuno ha una caratteristica diversa; personalmente uso il sorriso e l’arma dell’ironia anche quando faccio

Grazie alle segnalazioni degli italiani corri dalla nostra amata Puglia per tutto il Bel Paese in cerca di truffatori, maghi e ciarlatani di ogni tipo. Cercare di rendere l’Italia un posto migliore è un mestiere difficile, in qualche caso rischioso. Quante volte tu e la tua troupe siete stati aggrediti? Insomma… Anche se fortunatamente non c’è mai stata più di tanto una vera aggressione; spesso ci siamo andati molto vicini, soprattutto quando si è trattato di truffatori che sono poi quelli che reagiscono subito poiché l’obiettivo puntato ed il microfono, nonostante irrompano sempre in maniera simpatica e leggera, innescano una reazione istintiva… E lì già c’è il segnale che siamo di fronte a qualcosa che non va. La situazione più brutta? Ma sono tante … forse durante un servizio realizzato un po’di anni fa a Manfredonia quando due benzinai, padre e figlio, che facevano «i furbetti» reagirono davvero in maniera molto violenta e fu una situazione davvero pericolosa, specie per l’operatore che fu aggredito fisicamente; infatti intervenne subito la polizia. Cos’ha Telenorba che Mediaset non ha? La vicinanza, dato che è a Conversano mentre Mediaset è a Milano! A volte il silenzio è più potente di mille parole… Sì certo, a volte è meglio tacere…Ma io purtroppo sono un inguaribile amante della commedia dell’arte Preferiresti fare uno «Striscia la Domenica» in più o uno «struscio» della domenica nella nostra bella piazza di Giovinazzo? Beh, a me Giovinazzo piace molto, infatti in estate ci vengo spesso … e quindi… quasi

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quasi direi una bella passeggiata a Giovinazzo!

tra è il mio nome” è il suo titolo. Si tratta di un thriller.

Sei nato come animatore, imitatore, attore. Come ti è venuto in mente di fare giurisprudenza? Avevi un altro sogno nel cassetto?

Città o campagna? Città! Centro! Voglio la confusione, se no vado in depressione.

No, la scelta di giurisprudenza è avvenuta appena ho finito il liceo, in quell’età in cui non si hanno ancora le idee chiare sul futuro. Però nel momento in cui mi sono iscritto alla facoltà ero già a Roma dove avevo iniziato a studiare teatro e presto ho compreso che giurisprudenza non era la mia strada; così dopo due anni, pur avendo già sostenuto dodici esami, ho lasciato ed ho seguito le mie passioni.

Il primo bacio?A Rosamarina (Ostuni) il posto dove ho passato tutta la mia infanzia e dove mi piace andare immancabilmente ogni estate. Questa città, al di là del suo valore turistico oggi, è per me uno scrigno di ricordi …ed è avvenuto lì, sulla spiaggia, ma non fu un bacio alla francese ….

Oltre a combattere per un mondo migliore, cos’altro ti fa sentire vivo? Domanda filosofica?! La prima cosa per me è il lavoro, che faccio con grande passione, e poi sicuramente c’è l’impegno nel sociale, una cosa che mi fa star bene e quindi anche sentire vivo. La tv è un potente mezzo di comunicazione. Anche se in questi ultimi tempi i messaggi non sempre sono stimolanti… La guardi spesso? O preferisci il silenzio e la sana immaginazione di un bel libro? La guardo molto spesso, sono un teledipendente da quando ero bambino. Mi piace guardare di tutto, anche le piccole televisioni locali con tutti i loro personaggi bizzarri! Anche i libri mi piacciono molto ma li destino a momenti diversi, ad esempio mai la sera: sono troppo stanco. Il libro va letto quando hai energia, durante il giorno o nel pomeriggio. Il primo libro che hai letto? Pinocchio. E l’ultimo?Sto leggendo il libro di un autore di Striscia, Lorenzo Beccati, autore storico e voce del Gabibbo. Molto bello e lo consiglio davvero, “Pie-

Lettere, email o SMS ? SMS

Più emisfero destro o sinistro? Mi riferisco al cervello. Niente politica per oggi! (sinistro logica, destro istinto e creatività) Destro. Prevale assolutamente la parte creativa.

Visto dunque che hai prestato il tuo aiuto a molte associazioni non sarà che hai accettato questa intervista con noi dell’Associazione Amici de La Piazza pensando di fare beneficenza? Beh, devo dire la verità …. Sì! La nostra città è stata la location di “Nomi e Cognomi” … Che ne pensi, o avresti preferito che si girasse altrove? No, una location molto bella. Anzi forse Giovinazzo è sfruttata poco per tutto quello che ha e faccio un appello al sindaco ad organizzare quest’estate degli eventi così che possa essere rilanciata. Ricordo come la troupe di Roma, dal porto, l’ammirava con stupore. Chiudi con un saluto tipico. Amici de La Piazza per ora è tutto. Buona lettura, ed evviva Giovinazzo! HA COLLABORATO

SARA ACHENZA

Credi in Dio? Con moderazione. Mai senza…? …Cellulare! Una parola o espressione che odi e che cancelleresti. Una che ami e che non puoi smettere di usare. La peggiore espressione è quando ti senti dire: “Lei non sa chi sono io!”. La parola che invece amo è: onestà. Qualcosa che oggi non è facile trovare. L’ultima cosa che fai prima di addormentarti. Film e un bacetto a mia moglie. E’ noto il tuo impegno nel sociale cosa stai seguendo ora? In questi ultimi anni ho volto legare la mia immagine alla campagna per la sicurezza stradale. Ho girato infatti un cortometraggio che si chiama “L’anniversario” (visibile su youtube) e tre campagne pubblicitarie nel Salento e devo dire che tengo molto a questo impegno.

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BACKSTAGE DI UN SUCCESSO Si è fatta praticamente l’alba e sono le 5 del mattino quando una ancora incredibilmente fresca Maria Grazia Cucinotta, a dispetto della fatica e dell’ora, lascia il suo ultimo set. Un frettoloso saluto a tutti e, giusto il tempo di una foto di cortesia con ospiti ed amici di quest’ultima location, si avvia di corsa verso l’albergo lì a due passi da piazza Duomo per prendere le valigie e partire subito per Roma. Ed è allora a Simone Zampagni (il direttore della fotografia che vanta anche una nomination per il pluripremiato cult movie Cesare deve morire) che chiediamo di posare un attimo per lo scatto simbolo della fine delle riprese in esterno, un momento clou nella preparazione di un film. Restano solo pochi altri ciak secondari nei due giorni seguenti e Nomi e Cognomi chiuderà la sua prima fase operativa per andare al montaggio. Calendario perfettamente rispettato – né poteva essere diversamente con un produttore esecutivo come Alessandro Contessa – sono da poco passate le 4 del pomeriggio del giorno 21 dicembre che un insolito tramestio rivela subito che anche l’ultima scena è stata girata; cosa divenuta ancor più evidente per il fatto che è un quasi irriconoscibile Enrico Loverso, barba completamente rasata e fresco di lozione, quello che raggiunge l’intero staff appena in tempo per partecipare all’applauso finale ed al rituale brindisi di augurio. O forse sarebbe quasi meglio chiamarlo una doccia comune visto che il produttore Corrado Azzollini e il regista (Sebastiano Rizzo, già premiato per il suo La ricotta e il caffè pure girato qui) evidentemente molto soddisfatti del lavoro svolto, hanno deciso di bagnare di fortuna tutti, obiettivo compreso, con dell’ottimo prosecco; quasi a rimarcare, così, il carattere esclusivamente italiano della storia e delle risorse che hanno permesso la realizzazione di questa pellicola che già sulla carta si presenta come uno degli eventi più interessanti della prossima stagione cinematografica. Una storia sul giornalismo di denuncia per un Sud che vuole e deve cambiare, questo film non solo è una “cartolina” che porterà in giro per il mondo la bellezza dei nostri posti, ma si è rivelato già subito un ottimo investimento sul territorio: dei 780 mila euro complessivi in Puglia, infatti, ben 400mila sono quelli spesi qui. E comunque anche Giovinazzo ha fatto la sua parte con la partecipazione gratuita di molti concittadini come comparse o ospiti per le scenografie, peraltro curate da un professionista come Alfonso Rastelli. Uno sforzo collettivo sostenuto dalla sempre sagace Apulia Film Commission, val la pena evidenziare che il resto del cast, se si escludono il romano Marco Rossetti e la piemontese Giorgia Masseroni , è praticamente quasi tutto meridionale: dalla salernitana Titti Cerrone ai siciliani Barbara Tabita e Ninni Bruschetta per poi arrivare al nutrito stuolo degli attori di casa nostra, Dino Abbrescia, Mingo De Pasquale, Totò Omnis ed Antonio Stornaiolo, compresi i giovanissimi Marco Pezzella e Paolo Strippoli. Un film dunque al 70 per cento tutto pugliese e che è merito soprattutto delle indiscutibili capacità del patron della giovinazzese Draka production, che ha saputo mettere in campo le sinergie giuste per questa impresa cittadina senza precedenti. Ed ha voluto stupire fino in fondo Corrado Azzollini organizzando a Corte Meraviglia persino un party di chiusura davvero degno di Hollywood, grazie alla partecipazione di una star che più internazionale non si può: Jean-Michel Byron, indimenticabile voce di successi come Rosanna e Hold the Line con i Toto, per comprenderci quelli che Eddie Van Halen definì come «collettivamente i migliori musicisti sul pianeta». Finale glamour con l’esibizione dal vivo di Byron con i suoi brani più famosi ed anche in coppia con la bravissima Laura Fanizza, voce della serata, non ci rimane dunque che attendere l’uscita in sala di Nomi e Cognomi prevista per la seconda metà dell’anno. Un film di cui già si parla tanto nell’ambiente e quindi molto atteso, nel frattempo ed in esclusiva per i lettori de La Piazza una piccolissima storyboard fotografica degli ultimi tre giorni di questa avventura cinematografica che comunque lascerà un segno in tutti quelli che l’hanno vissuta. FOTO E SERVIZIO ENRICO TEDESCHI

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spettacoli

NON C’È DUE SENZA QUATTRO

le film sarà ambientato in una delle tante masserie per cui è famosa la Puglia, ma visto che si è parlato di teatro (nella fattispecie del Piccinni) ha comunque messo del sale su una nostra ferita aperta: l’assenza di un teatro in una città che ha tutte le carte in regola, tranne questa e la mancanza di una biblioteca, per poter aspirare a divenire un polo culturale e turistico di eccellenza. Per ora comunque un grazie di cuore a Rubini e a tutti quelli che credono in Giovinazzo e ne stanno facendo conoscere la sua ancora per poco misconosciuta bellezza.

GIOVINAZZO,

IL

CINEMA

No, nessun errore di matematica, se vogliamo escludere per un attimo i tanti spot e corti (compreso i premiati Zinanà del nostro Pippo Mezzapesa e La ricotta e il Caffè di Sebastiano Rizzo) con Controra (della giovinazzese Rossella De Venuto, a presto nelle sale e forse al prossimo BiFest) e Nomi e Cognomi (dello stesso Rizzo e di cui sono appena terminate le riprese) sono ben quattro adesso i film girati a Giovinazzo, a riprova della bellezza delle sue tante e diversificate location. Gli altri due, lo splendido Tutto l’amore che c’è (2000) e l’autobiografico L’uomo nero (2009, v. La Piazza n.9 dello stesso anno) sono a firma di Sergio Rubini, un nome che non ha certo bisogno di alcuna presentazione. Un antico legame professionale con lui, impossibile perciò per noi non esserci al Premio alla Carriera che lo scorso 16 dicembre la Banca Apulia gli ha voluto conferire alla presenza di tanti esponenti delle istituzioni e del mondo della cultura. Un modo per incontrarlo, salutarlo, magari anche sapere qualcosa dei suoi progetti futuri. Eccoci così a seguirlo insieme al suo cordialissimo papà Alberto (un pittore indubbiamente interessante e pro-

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SERGIO RUBINI

FOTO E SERVIZIO ENRICO TEDESCHI

babilmente più schiacciato che favorito dalla notorietà del figlio) alla inaugurazione di una importante mostra dei suoi quadri e poi, sempre la stessa sera, al teatro Petruzzelli per la prima di uno Zio Vanja che era uno degli eventi teatrali nazionali più importanti dell’anno. E a giusta ragione. Prendi, infatti, un regista ribelle e geniale come Marco Bellocchio, mettilo alla guida di due attori del calibro di Sergio Rubini e Michele Placido – e “nessun attore è più obbediente di un regista che è anche attore”, parola di Rubini – e si può già avere un’idea di cosa sia andato in scena nel massimo tempio dello spettacolo barese: una pièce del capolavoro di Checov assolutamente ineguagliabile per invenzioni e fedeltà allo stesso tempo al testo originale. Una emozione nuova per uno dei testi classici più visti e rappresentati della storia del teatro, non ci ha lasciato meravigliati più di tanto la notizia - alla interessantissima conferenza, il giorno dopo, alla Libreria Laterza - del progetto di una trasposizione cinematografica dello zio Vanja in chiave pugliese e sempre ad opera di Placido e Rubini. Forse un progetto che non potrà riguardare più di tanto Giovinazzo, dal momento che l’eventua-

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CONTRAPPUNTO d e l l ’a l f i e r e

QUALE DEMOCRAZIA PARTECIPATA? Perfettamente incastrato fra la messa di Natale del Santo Padre e il discorso laico di fine anno del Presidente della Repubblica domenica 29 dicembre si è svolto l’ormai consueto incontro del sindaco con la cittadinanza. La città era stata tappezzata da grandi manifesti con in primo piano la foto del primo cittadino con fascia tricolore e cravatta. Fra i tasselli della tanto strombazzata «democrazia partecipata» vi è l’appuntamento delle comunicazioni del sindaco che forse un po’ stancamente, poiché troppo frequente, si svolge periodicamente. Mi sono sempre chiesto, nel mio semplice modo di ragionare da soldato, il perché della foto. Al di là del costo, certamente superiore ad un manifesto senza immagini, non riesco a comprendere. È vero che al nostro primo cittadino piace, senza ombra di dubbio, l’esposizione mediatica. Microfoni, telecamere, social network, giornali e radio sono il suo habitat preferito. Ovvio, alle parole bisogna far seguire fatti e comportamenti concreti. La democrazia partecipata deve essere riempita di contenuti concreti. Il sindaco ha rivendicato i successi suoi e della sua amministrazione. I parcheggi del centro storico, il Giro d’Italia con la nuova stagione degli eventi culturali, o spacciati per tali, del nuovo ‘clima’ che si respirerebbe in città. I progetti della pista ciclabile fino a Santo Spirito, la terrazza da realizzare sulla parte di lungomare fino alla cattedrale e le produzioni cinematografiche, il progetto della raccolta differenziata. Sarà stato per il clima natalizio, sarà per l’assuefazione agli appuntamenti, sarà non so per cosa ma tutto mi è sembrato luccicante e affascinante. Poi ho ripercorso quest’anno e mezzo di amministrazione, l’ho fatto senza pregiudizi ma, anzi, con tutte le attenuanti che potevo riconoscere. Potevo e dovevo riconoscere a chi si trovava e si trova e troverà ad amministrare una città che ha i medesimi problemi di realtà più grandi e solo all’apparenza più gravi. Ho valutato inesperienza ed entusiasmo frammisti a chi per antica militanza e impegno consiliare può dirsi, invece, espertissimo e, forse, poco entusiasta. Poi, mio malgrado, ho dovuto prendere in considerazione anche atteggiamenti, proclami e accuse contro i vecchi amministratori, i vecchi politici e mi sono chiesto ove fossero le differenze. Mi sono imbattuto, sulle pagine dei frequentatissimi social network in affermazioni, in particolare di un rappresentante del popolo, che stridono con il ruolo ricoperto. Quante volte, in campa-

gna elettorale, abbiamo ascoltato la parola sobrietà, rispetto del ruolo e della democrazia. Tante, troppe. Ecco, deluso, purtroppo assisto ad una deriva peggiore della precedente. La democrazia partecipata si materializza solo in occasione dell’incontro periodico in sala San Felice, poi più nulla. Esempio recente ed evidente la decisione sulla riorganizzazione scolastica. L’amministrazione ha convocato dirigenti scolastici, docenti e rappresentanze varie. Le proposte emerse non sono state prese in considerazione e, invece, ne è stata assunta una tutta nuova. Originale, come molte scelte raffazzonate e illogiche, ma deliberata d’imperio come si conviene ad un’amministrazione decisionista e, ovviamente, nuovissima. Sarà pure decisionista e nuovissima ma, sicuramente, la vera democrazia partecipata risulta annichilita, derisa e umiliata. Attribuire ad un dirigente scolastico la responsabilità di una struttura utilizzata da alunni e personale di un’altra scuola significa produrre caos ed approssimazione e problemi gestionali oltre che, forse, condannare alla marginalità il comprensivo scolastico titolare del plesso. Ma , tant’è «finalmente abbiamo deciso in un paese in cui nessuno decide» è stato detto e scritto dal sindaco. Come non dargli torto. Solo che la logica è deragliata e decidere così è peggio che non decidere. Senza tenere conto che gli esperti ed i soggetti coinvolti avevano formulato altre proposte. Un po’ come avvenne con il primo atto amministrativo subito dopo l’insediamento. Ricorderete il caso scala di cemento sul lungomare! L’amministrazione voleva dare il primo squillo alla città. Cosa c’era di meglio che offrire una comodità alla popolazione balneare. Il decisionismo produsse la scala in cemento in violazione delle norme. Sulle barricate a difesa della scelta trovammo i supporters incattiviti dell’ambientalismo senza se è senza ma. Pronti a distribuire Costituzioni in piazza e lezioni di morale un tanto al chilo. Sempre agli altri, però. Ed ancora, le polemiche seguite alla decisione di far decadere dal consiglio comunale il candidato sconfitto del centro destra Antonio Galizia. Decisione sulla quale anche qualche consigliere della amministrazione decisionista e nuovissima non era d’accordo. E poi, tutta la nuova mappa dei parcheggi a pagamento che, certo, non ha reso più flui-

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do il traffico ne, tantomeno, ridotto. La crisi economica ha, invece, realmente inciso sul flusso veicolare. Come non sottacere del recente consiglio comunale concluso prima del tempo per la mancanza del numero legale. Oltre al numero legale e, forse, ancor di più, a mancare era stata l’educazione ed il rispetto per l’assemblea cittadina da parte del sindaco e della maggioranza incapaci di assicurare il normale funzionamento dell’assise che è nella loro totale, esclusiva responsabilità. Se ci si allontana lo si può fare chiedendo collaborazione e disponibilità in virtù di necessità istituzionali sopravvenute e non derogabili nell’interesse della comunità. Anche qui, la democrazia partecipata avrebbe dovuto consigliare, a chi ne fa parolaia stella polare dell’agire politico-amministrativo, maggiore cautela ed un atteggiamento meno presuntuoso. La Prima Repubblica ed i suoi giochetti sono consegnati alla storia disastrata di questo meraviglioso e tribolato Paese ma resistono saldi nelle menti di chi vuole che tutto sia sporcato, contaminato ed attribuisce ad altri i propri comportamenti, le proprie lacune, i propri limiti. Mi sia permesso, infine, con il senso di rispetto che nutro, incondizionato per le persone di sollevare una questione da tutti sottaciuta. Mi sono chiesto e mi chiedo come sia stato possibile che a Giovinazzo non si trovino le energie intellettuali e le competenze per ricoprire gli incarichi assessorili. Eppure per una amministrazione che era stata eletta sulla spinta demagogica, ma carica di ragioni inoppugnabili dell’antipolitica, sarebbe stato più semplice attrarre figure competenti, capaci e nuove per tutte le deleghe previste. I nuovissimi amministratori non avrebbero dovuto, almeno secondo gli auspici, ubbidire alle logiche della distribuzioni delle cariche secondo il bilancino della spartitocrazia. Invece! Non voglio perdere la speranza. Ci aspetta, in primavera inoltrata, il Giro d’Italia. Potrebbe essere una vetrina importante. I soldi sono stati già spesi e l’auspicio, mio e di tutti, è che possa rappresentare un volano per il turismo. Certo con il lungomare chiuso e poco fruibile non sarà il massimo. Intanto prepariamoci. E che sia festa per tutti. Festa, farina e forca.

alfiere@giovinazzo.it


il

sindaco

ai

giovinazzesi

REPORT DI FINE ANNO COL BOTTO Pansini, ha cercato di chiarire le motivazioni del passaggio dalla TARSU alla TARES. E per far questo ha spiegato in primo luogo che, mentre fino all’anno scorso il comune era tenuto a coprire il 70% del costo della gestione rifiuti, da quest’anno deve coprirlo al 100%. Tradotto in numeri 1.500.000 euro circa a cui il comune deve far fronte. Si comprende quindi la necessità di un conseguente aumento della tassazione che, se fosse rimasta TARSU sarebbe stato davvero Sala S. Felice piena come non mai per l’ormai esponenziale ed indiscriminato, mentre con consueto appuntamento mensile del sindaco l’introduzione della TARES, almeno fin ad con la cittadinanza, vista anche la coincidenza ora, gli aumenti sono stati ponderati. con la fine dell’anno. Anche se non è comunque mancato qualche maligno che ha pure Quanto ai comuni vicini che pagano di meno, avanzato l’ipotesi che tanta affluenza potesse è solo merito della loro possibilità di effetspiegarsi piuttosto con il fatto che era circolata tuare una vera raccolta differenziata, senza voce di un possibile rinfresco dopo il conve- la quale è pressoché impossibile far calare gno. E comunque stiano le cose, di certo tutto l’importo delle future bollette. Nel nostro si può dire tranne che la partecipazione popo- caso la possibilità di avviare una rigida raclare sia stata scarsa. D’altronde dei tanti nodi colta differenziata è ancora paralizzata da al pettine, giusto per usare un’espressione sin- annose faccende burocratiche; tuttavia il codacale ( nel senso di cara al nostro sindaco) ce mune, da parte sua, sta cercando con ogni n’era più di uno che riscuoteva l’interesse della mezzo di accelerarne i tempi. collettività. Pertanto affronteremo punto per Le attività commerciali sono state le più pepunto gli argomenti, ma sintetizzandone al nalizzate perché hanno patito un aumento massimo alcuni per poter entrare nei dettagli davvero vertiginoso, ma la decisione di tartassare pescherie, officine, pasticcerie, ridi quelli di maggior interesse. storanti, ecc. viene ancora una volta dallo I PARCHEGGI. E’ stato analizzato Stato, perciò il comune non ha potuto fare dettagliatamente dal sindaco un sondaggio sot- altro se non applicare la tassazione minima toposto dall’amministrazione ai cittadini resi- consentita; volendo avrebbe potuto rincaradenti nelle zone C – D – E per chiarire la si- re l’imposta di molto, ma in queste condiziotuazione e comprendere le loro esigenze. Vista ni ha giustamente compreso che non sarebla partecipazione massiccia dei diretti interes- be stato assolutamente etico. sati, l’ 8 % (avete letto bene, l’otto per cento) Il sindaco ha comunque precisato che la queci dobbiamo fidare per forza dell’analisi in po- stione IMU E TARES è molto complessa e sitivo fatta dall’Amministrazione, visto che con sarà pertanto oggetto esclusivo di un prossidati così persino Renato Mannheimer alzereb- mo incontro con la cittadinanza. be le braccia! Più che giustificato, dunque, il rimprovero del Sindaco ai cittadini «noi gli stru- RICHIESTE ALLA PROVINCIA menti ve li diamo, se poi non li volete usare la prossi- Il sindaco ha fatto presente che sono state inviate ben quattro lettere alla Provincia per ma volta lamentatevi solo con voi stessi». richiedere quanto riportato nell’ultima letteIMU E TARES. La questione è stata esposta ra riassuntiva di cui di seguito pubblichiamo dall’assessore Pansini, tuttavia preceduta dal sin- il testo: daco che ha ritenuto opportuno fare delle do- 1. Apertura nuovo accesso per l’ IPSIA, colverose precisazioni. Anzitutto si è scagliato sen- locato al piano terra dell’edificio in via De za mezzi termini contro il governo centrale, Gasperi che ospita anche il Liceo classicocolpevole di aver preparato l’ennesima stanga- scientifico. Insieme all’apertura del nuovo acta per i cittadini. Ma l’indignazione non deri- cesso, che permetterebbe all’IPSIA di usuverebbe solo da questo, quanto invece dalla fruire di un ingresso indipendente ed autobeffa ricevuta: lo scorso anno, infatti, il nostro nomo rispetto a quello del liceo, si dovrà recomune per andare incontro alle esigenze dei digere una convenzione che regolarizzi l’uso cittadini ha abbassato l’aliquota IMU sulla pri- degli spazi dell’immobile tra le due scuole ma casa dal 4% al 3,5%. E lo Stato che fa? (Liceo e IPSIA) in quanto ad oggi non vi è Anziché premiarlo, ha pensato bene di punire nulla di documentato che attesti la destinaun comune virtuoso sottraendogli parte del zione degli spazi destinati a ciascun istituto dovuto rimborso, e pertanto questo gesto di scolastico. Le vorrei ricordare che il Liceo onestà verso i cittadini è costato alla fine una necessità di un’aula al pian terreno, oggi in perdita di 140000 euro. Presa la parola l’ass. uso all’IPSIA, in quanto quest’aula dovreb-

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be ospitare uno studente diversamente abile. Ad oggi numerose sono le difficoltà che questo studente deve superare per giungere al primo piano del Liceo in quanto il montascale spesso è fuori uso e la manutenzione porta via del tempo. L’occasione è utile per richiamare la necessità di un definitivo convenzionamento con l’Ente Provincia per gli immobili utilizzati nel territorio di Giovinazzo per gli Istituti scolastici superiori. 2. Finanziamento provinciale piano ambientale lotto B e C – opere di risanamento costiero. 3. Utilizzo in comodato d’uso degli spazi dell’Istituto Vittorio Emanuele II per attività estive culturali e sociali. In passato ho già inoltrato lo schema progettuale delle attività di SpazioAperto, rimaniamo in attesa di una risposta. 4. Intervento urgente di derattizzazione degli atri interni dell’Istituto Vittorio Emanuele II. In passato ho già inoltrato apposita richiesta, spero si possa giungere presto a dirimere una questione importante per ovvie ragioni d’igiene pubblica. 5. Ultimazione dei lavori di attrezzamento per la spiaggia in località Cala Rena. La spiaggia non è stata ancora consegnata né resa fruibile per i diversamente abili. Nel frattempo la stessa, senza l’adeguata gestione, è diventata appannaggio di molteplici e indisciplinati avventori. 6. Contributo per la manifestazione ciclistica Giro Rosa. DOMANDE DEI CITTADINI La parte finale è come sempre dedicata alle richieste e alle domande dei cittadini, tra le quali è spiccata con particolare forza quella di chiarimento sulla vicenda del ritardo dei lavori sul lungomare, oggetto di non poche critiche anche all’attuale amministrazione. E stavolta il sindaco ha abbandonato la solita diplomazia usata finora sull’argomento. Ed anzi ha invece spiegato in maniera chiara come il nostro povero lungomare sia stato oggetto, durante la precedente amministrazione, di appalti e progetti irregolari. Tanto da indurlo, alla fine,a dover portare il tutto all’attenzione della Procura, paralizzando ogni possibile attività di recupero. Comunque è stato finalmente avviato l’iter per l’assegnazione del nuovo incarico e se questo avverrà nei giusti tempi renderà altamente probabile la possibilità di iniziare i lavori a fine anno. Ed intanto continuiamo ad aspettare, perché per adesso una sola cosa è certa, ed è che il verde ai lavori non è ancora scattato. E che il giallo che circondava la vicenda dei lavori rischia piuttosto di tingersi di rosso.

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consiglio comunale

«E CHE CA..!!!»

FA RIMA CON GIOVINAZZO MA NON È IL MOTORE DEL MONDO. SONO LE NUOVE FRONTIERE LINGUISTICHE CUI I NOSTRI CONSIGLIERI CI STANNO ABITUANDO!!! CONSIGLIO COMUNALE seconda convocazione o no? Il precedente consiglio comunale del 23 dicembre fu sospeso poiché nel corso della seduta era venuto meno il numero legale (qualcuno era andato a comprare le sigarette???). Stando alla norma questo sarebbe dovuto riprendere il giorno successivo dopo 24h, ma stranamente per «errore» la convocazione era stata programmata per le 8 del mattino, così da risultare nulla. Sarà un errore o Babbo Natale aveva chiesto l’aiuto a nuovi elfi (evitiamo le renne che a causa della loro conformazione potrebbero generare fraintendimenti …)? La questione inizia ad accendere il consiglio. Riportiamo l’ultimo intervento in merito del cons. Camporeale arrivato con leggero ritardo (seguite attentamente la sintassi ….) Cons. Camporeale: «Voglio fare un appunto diverso perché ormai quello che è stato detto sono pienamente d’accordo ….. Il problema è che questo è stato erroneamente convocato in seconda convocazione, che cosa succede questo? (sic!!) Che non permette di discutere sulla questione dell’interrogazione, delle interpellanze, presentata nello scorso consiglio. E’ qui il nodo cruciale. Chiedo spiegazioni al segretario». Interviene bruscamente infastidito il presidente del consiglio: «Questo argomento è stato discusso per mezz’ora (in realtà neanche 10 min. forse la teoria della relatività del tempo di Einstein ha lasciato il segno) e le risposte la segretaria le ha date. Si legga il verbale». Si procede. NOMINA DI IANNONE PRO GALIZIA DECADUTO

Votazione: Tre astenuti e tutti gli altri favorevoli, approvato. Il segretario: «Anche Iannone è favorevole?» (Vuoi vedere che forse si sarebbe dovuto opporre?!!) Il presidente: Sì. Il segretario perseverando: «No…. Perché non l’ho visto ….». Il presidente: «Non l’hai visto tu, ma l’ho visto io». TOPONOMASTICA E NUMERAZIONE CIVICA INTERNA ED ESTERNA 1 Richiesta di emendamento del regolamento concernente l’onomastica, ove si richiede l’inclusione delle date di nascita e morte e della professione esercitata. L’assessore Posca interviene per leggere una proposta di emendamento ma il cons. Stufano formula elegantemente una richiesta: non è meglio che lo fa un consigliere (….) Posca: Va bene lo fa Bologna. Iannone: Ma se prima lo vuoi spiegare …. Presidente: Lo facciamo leggere prima e poi spiegare. Leggi poi aggiustiamo. Iannone: Un emendamento da aggiustare???? Usciti dal labirinto che essi stessi si sono creati riescono alla fine a votare l’emendamento. 2 CHI ROMPE PAGA? La Cons. Dagostino chiede chiarimenti in merito all’art. 22 del regolamento «Da quanto leggo, i cittadini sono onerati dall’obbligo di apporre i numeri civici, a loro spese, e poi di averne massima cura e non solo di essi, ma anche delle targhe dell’onomastica». Si legge successivamente: «Chiunque distrugga o danneggi o renda non vi-

ANIMALISTI ITALIANI SEZ. GIOVINAZZO

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sibile dalla strada le targhe è punibile con un’ammenda. Ritengo che qui si faccia l’ipotesi del dolo o anche della colpa? E nel caso di deterioramento dovuto all’usura o al caso fortuito, mi riferisco sempre alle targhe, chi risponde? Tutta la via? Come funziona? Anche per l’usura ne risponde sempre il cittadino e quindi abbiamo tutti anche questa ipotetica spesa sul capo?» Ass. Posca: «Il senso dell’art. è questo. Mettendo una targa sulla proprietà privata, potendo il proprietario danneggiarla per vari motivi, ad esempio la presenza di un balcone riteniamo chiaramente il proprietario responsabile, mentre l’usura per fattori atmosferici invece, appartiene comune». Consigliere Dagostino: «Non sarebbe il caso di precisarlo con un emendamento tipo: ‘Escluso deterioramento per uso o caso fortuito’? E poi, ripeto, quale cittadino? Perché nel caso del dolo c’è il responsabile mentre nel caso di danno non imputabile ad una causa specifica chi risponde? L’intero palazzo, anche il vicino, l’intera strada?». Segretario (acutamente): «Se si parla di autore del danno si suppone che sia stato accertato l’autore del danno». Intanto qualcuno, forse disorientato, in sottofondo esclama: «Ma che c….» Consigliere Dagostino (in termini più spiccioli): «Sig. Segretario il danno può esserci anche quando si verifica semplicemente una pioggia torrenziale o una grandinata». Presidente: «Allora vogliamo formulare l’emendamento?». Ma la discussione prosegue. 3 STRADE FANTASMA Iannone: Sollecito l’amministrazione perché ….. Presidente: Sollecito????


Intanto alcuni commenti ironici imperversano dal versante opposto innescando la reazione del consigliere Camporeale: «Io sto facendo un’osservazione e qua, fuori microfono “Ma guarda questo …”, “ Dobbiamo sentire quello che fa lui”. Ma che cos’è questo atteggiamento? E con tono crescente: «Ve lo dissi l’altra volta chi c….. vi credete di essere?». Dall’altra parte: «Non alzare la voce» Cons. Camporeale: «Una spacconeria». Interviene immediatamente il presidente per sedare gli animi e si prosegue con un intervento del consigliere Bonvino. Cons. Bonvino: «Sai cos’è successo? Che negli anni, c’è chi si è divertito a disegnare sensi unici, la sai la storia …. E quindi i numeri si sono invertiti. (caso è risolto ). Quindi ci sono queste situazioni che sono state contingenti perché le amministrazioni, i comandi di polizia hanno deciso di cambiare una serie di sensi a questa città ed io infatti, ancora non riesco a capire come devo arrivare da una parte all’altra. Vedremo col navigatore forse ….» Cons. Fusaro «Il problema è che ogni volta che dobbiamo discutere di qualcosa per qualcuno non va bene e dobbiamo fare il contrario. Ritengo che tutta questa discussione che abbiamo intavolato sia fine a se stessa» (e sono soddisfazioni). Si prosegue con alcune precisazioni di Iannone in merito ad una sua richiesta di emendamento che prevede l’apposizione del logo comunale su tutte le nuove targhe. L’assessore Posca fa presente che l’architetto competente ha sollevato perplessità riguardo l’impatto antiestetico derivante dall’apposizione di nuove e differenti targhe vicino a quelle vecchie. Ma Charles Darwin Iannone: «Siccome la vita è sempre un’evoluzione e non è un fatto statico, ma dinamico, di conseguenza chi vedrà capirà che le nuove targhe sono il segno del cambiamento». E con questo pensiero Darwiniano sull’evoluzionismo chiudiamo la nostra incursione in consiglio. LA REDAZIONE

Iannone: «Non Sollecito nel senso dell’assessore altrimenti avrei detto ‘invito l’assessore Sollecito a sollecitare’» (un sinonimo no?) – prosegue -«perché mi sono fatto avere il tabulato della toponomastica dove ci sono (Ride) delle delibere passate, dell’89 e del ’94, lasciamo stare il ’94 che è una cosa mia personale, sono le titolazioni di alcune strade che stanno sulla carta e fatta eccezione per via Carlo Rosa (IV trav. Frascolla) non esistono materialmente?» Ecco perché rideva …… Iannone: «Noi insomma andiamo ora a proporre altri nomi ma se dagli anni ’80 le strade non vengono modificate a che serve ‘sta fatica? Dall’ 89 quanti anni sono passati? (basta contare) A che serve?» Ass. Posca: «Mi prendo personalmente l’impegno» 4 NUMERI CIVICI (collocazione) MA COS’É LA DESTRA… COS’É LA SINISTRA Il cons. Camporeale inizia la lettura dell’art. 12, secondo il quale la numerazione deve iniziare dall’estremità che fa capo all’area di circolazione ritenuta più importante, assegnando i numeri dispari a sinistra e quelli pari a destra. Osserva però: «Da che mondo e mondo è il contrario, cioè che a sinistra i numeri pari e a destra i dispari nel senso di marcia della strada». Ass. Posca: «Non c’è una regola definita». Il Segretario prende il regolamento: «Ci sono delle istruzioni ISTAT da seguire secondo le quali ‘In ogni area di circolazione a sviluppo lineare la numerazione deve cominciare dall’estremità che fa capo all’area di circolazione ritenuta più importante, avendo cura di assegnare i numeri dispari da un lato e quelli pari dall’altro, preferibilmente: i dispari a sinistra ed i pari a destra’. Pertanto siamo in conformità». Cons. Camporeale: «La mia osservazione partiva dalle strade dove avviene il contrario….» Cons Arbore: «Non ci farà caso nessuno». Ass. Posca: «Se vuole può proporre un emendamento». Cons. Camporeale precisa la sua esegesi: «A me voleva essere semplicemente un’osservazione la mia. Il segretario ha detto che non è una regola e questo l’ho capito poiché dice’preferibilmente’ e non ‘deve essere’».

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dipingi la pace DI DON PAOLO TURTURRO*

QUELLA STANZA... Questa è la stanza, dove il cuore di Cristo Gesù è scoppiato dal suo petto per me. Vivo in un tempo relativo. Vivo in un corpo effimero. La persona è oltre la specie. La specie finirà, la persona resta. Sono in realtà una minuta migro – porzione della verità. Non è più il tempo dei nidi. E’ il tempo relativo, capace persino di amare l’infinito. Caro cardo salutis. E’ vero, Dio è la carne della salvezza. Questa è la stanza, dove ho tanto sofferto. Dove il martirio dello spirito mi ha ucciso mille e mille volte e sono risorto altrettante volte. Questa è la stanza, dove ho tanto pianto, tanto da essere trasportato fuori da oceani di grazie. Questa è la stanza, dove il piombo dell’avvilimento e del fallimento mi ha annientato tutto, eccetto il coraggio di rialzarsi e rivolere. Questa è la stanza dalle pareti zeppe di quadri ricordo. Questa è la stanza, dove, rannicchiato dal timore, ho avvertito i brividi di Dio che ama. Questa è la stanza, dove mi sono sentito infuocato dagli abbracci e dal calore divino. Questa è la stanza dell’intimità di Dio, oltre la sua tenerezza, oltre la sua timidezza. Questa è la stanza delle sue carezze. Questa è la stanza, dove ho valicato l’impossibile. Dove ho tribolato pene d’inferno, dove il peccato non è mai abitato. Questa è la stanza, dove avvolto da lenzuola zuppate di lacrime, mi sono tuffato nella comunione dei santi. Questa è la stanza, dove la notte non è mai finita. Questa è la stanza, dove sepolto da secoli di pensieri, mi sono domandato tante volte:«Perché?». Là, nelle tenebre di ogni notte, mi sono chiesto: «Chi sono? Perché sono? Dove sono? Dove vado? Perché esisto?». Non mi basta più: «Cogito, ergo sum». Questa è la stanza, dove l’amore ha vinto le tene-

bre. Questa è la stanza, non custodita da nessuna sentinella dell’aurora. Sono andate via da tempo le sentinelle di ogni aurora, di ogni speranza. Questa è la notte, dove, nel letto dell’incertezza, ho fatto l’amore con Dio. E’ vero, nella notte oscura di ogni uomo, Cristo Gesù ti annuncia il dolore e si incarna quieto quieto dentro ognuno di noi. Questa è la stanza, dove sono in comunione con papa Francesco, con tutti i vescovi, con i sacerdoti, non solo a me cari. Sono in comunione, proprio nel silenzio totale, con i profeti di ogni tempo. E con loro e in loro sono la nuova profezia che dissolve ogni tenebra. Questa è la stanza, dove ho l’appuntamento con i miei amici che osano desideri e rinunce grandi. Questa è la stanza di Nelson Mandela: «Nessuno è nato schiavo, né signore, nessuno è nato per vivere in miseria. Tutti siamo nati per essere fratelli». Questa è la stanza, dove il silenzio ha vinto la solitudine ed è divenuto armonia, concerti, incontri, dibattiti…Questa è la stanza, dove Alda Merini è divenuta il Corpo d’amore. Questa è la stanza, dove il beato Pino Puglisi, con i suoi occhi ora aperti mi ha rispiegato che significa:”Ora, tocca a te!”. Si, ora tocca a me accettare la grazia della santità che Cristo Gesù da tanto tempo mi ha offerto e che solo ora ho compreso. Cioè, essere tritato fino alla morte per divenire farina finissima e bianca per ogni eucaristia. Questa è la stanza, dove la luce ha schiarito ogni dubbio. Questa è la stanza, dove Enzo Bianchi mi ha aperto ‘I sentieri di senso’. Questa è la stanza, dove la morte non si è ancora coricata. Quella morte, voluta da tanti. Questa è la stanza, dove Ignazio

Silone ha seminato dentro il mio gelo il Seme sotto la neve. Questa è la stanza, dove ho imparato a viaggiare lontano, con San Luigi Orione, in Goias, in Brasile, in Argentina, in Costa d’Avorio, da dove tanti giovani verranno a impugnare con ardore il testimone di Dipingi la pace. Questa è la stanza della mia colonna vertebrale e spirituale. Questa è la stanza, dove don Tonino Bello mi ha trapiantato la sua Ala di riserva. Questa è la stanza di Madre Teresa, dove, come a un bambino, mi ha cantato tante e tante volte la sua sonnolenta nenia: «Conosco il tuo dolore, le tue angosce, i tuoi patimenti e perché no, anche i tuoi peccati, ma una cosa in me è immutabile: Ho sete di te». E ancora ho osato chiedermi: «Come amare Dio? E Lui che se ne fa del mio basso amore? E come può Dio amare un simile peccatore, il più superbo dei peccatori?». Questa è la stanza, dove senza un altare ho celebrato tutti i sacramenti. Il sacramento dell’Eucaristia assieme a papa Francesco, ai vescovi, ai preti: «Prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo, offerto in sacrifico per voi». «Prendete e bevete, questo è il calice del mio sangue, per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti, in remissione dei peccati». Questa è la stanza dello Spirito, dove ho adorato Dio in Spirito e Verità. Questa è la stanza, dove ogni mattina i santi fanno un turno per svegliarmi. Mi zompano in piedi e mi assicurano: «Va, scendi, non temere di fare del bene. Va, non temere di emozionarti. Va, non temere di celebrare l’eucaristia. Va, non temere di morire d’amore». Questa è la stanza del nuovo e irraggiungibile sogno, abbattere «l’apartheid delle religioni». «L’anti apartheid delle appartenenze religiose». *PRETE ANTIMAFIA

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la cronaca nera

SCIPPI, RAPINE ED ARRESTI ARRESTATO GIOVINAZZESE A DUE PASSI DA PIAZZA S. ORONZO A LECCE. ERA DOMICILIATO A NARDÒ 12 dicembre L ECCE2013: I Carabinieri della Stazione di l’atmosfera frizzante, fra le vetrine addobbate, è aeree disposte dal Reparto Operativo Aeronavale Giovinazzo hanno arrestato il 45enne B.S. del stata interrotta dalle grida della malcapitata. Al- Guardia di Finanza di Bari per il controllo del luogo e già noto alle Forze dell’Ordine, con l’accusa di resistenza e minaccia a pubblico ufficiale, nonché porto abusivo di arma da taglio. L’uomo, al termine di una manifestazione pacifica svoltasi nella Piazza principale di Giovinazzo, in evidente stato di ebbrezza alcolica, ha iniziato ad infastidire alcuni gruppetti di persone che si stavano intrattenendo nella piazza. Il suo comportamento ha costretto alcuni passanti a richiedere, tramite il numero di emergenza “112”, l’intervento dei Carabinieri. Opponendosi al controllo il 45enne ha aggredito i militari insultandoli e minacciandoli. Bloccato e sottoposto a controllo è stato trovato in possesso di un coltello tipo svizzero sottoposto a sequestro. Tratto in arresto, su disposizione della Procura della Repubblica di Bari, l’uomo è stato collocato ai domiciliari. 22 DICEMBRE 2013: Nella notte è stato messo a segno un furto di gasolio agricolo ai danni di un capannone agricolo sito in località Sant’Antonio. Qui i malviventi, con ogni probabilità una banda organizzata, dopo aver forzato un ingresso secondario, hanno asportato 20.0000 litri di gasolio agricolo attraverso dei tubi di gomma collegati a delle cisterne collocate su un autocarro. Sull’accaduto stanno indagando i Carabinieri della locale Stazione. 30 DICEMBRE 2013: Le urla, gli strattoni, la presa finale. Il terrore fra le luci sfavillanti che salutano le feste nel centro storico. Lui non voleva mollare, la donna ha resistito quanto ha potuto. Un gesto folle e disperato, molto pericoloso, quello del 42enne Massimo Albano, per le conseguenze che avrebbe potuto provocare una brutta caduta della vittima. L’uomo, nativo di Giovinazzo, in provincia di Bari, ma domiciliato nella zona di Nardò, è ora in arresto. Troppo temeraria la sua azione, nel cuore della Lecce antica e all’antivigilia di Capodanno, con le strade gremite di cittadini ancora in ferie e di turisti. Era difficile che la passasse liscia, e così è stato. Molti sono insorti, forse ha rischiato anche il linciaggio. Di sicuro il centralino della questura è stato assediato dalle chiamate e nel giro di pochi minuti le volanti di polizia già in zona l’hanno sorpreso in fuga con il portafogli che era riuscito a saccheggiare dalla borsetta di una donna di 55 anni. La malcapitata, salentina, ma residente in provincia di Varese, è tornata nella terra natia proprio per Natale e Capodanno. E saranno feste che, purtroppo, non dimenticherà facilmente. Per lo choc e le lesioni riportate, per fortuna comunque non gravi, è stata soccorsa da un’ambulanza del 118 e condotta presso il pronto soccorso del Vito Fazzi per un controllo più approfondito. Erano circa le 20,30, quando

l’altezza della Società operaia, proprio all’imbocco di corso Vittorio Emanuele II, a una manciata di metri da piazza Sant’Oronzo, la donna s’è accorta che il 42enne aveva infilato la mano nella borsa per afferrare il portafogli ed ha istintivamente resistito. La lotta è stata frenetica ed impari. Pochi istanti, e Massimo Albano, con la forza, è riuscito a strapparle di mano il borsello, dandosela subito a gambe. Ma è stato visto da mille occhi, che hanno descritto agli agenti abbigliamento e via di fuga. Le sirene hanno squarciato l’aria, in breve è stato braccato ed ha dovuto arrendersi. Finito fra le mani degli agenti, è stato condotto negli uffici di polizia, da cui poi è partita la chiamata al pubblico ministero di turno, Francesca Miglietta, che ha ordinato l’arresto. E’ stato destinato ai domiciliari. La refurtiva è tornata alla 58enne. 5 GENNAIO 2014: L’averlo collocato ai domiciliari a Nardò non è servito a molto. Massimo Albano, 42enne originario di Giovinazzo, dopo lo scippo del 30 dicembre scorso, è subito scappato per tornare in azione. E nonostante la pessima esperienza di rischiare il linciaggio della folla e di essere poi ammanettato dagli agenti di polizia delle volanti, dopo uno scippo ai danni di una malcapitata salentina tornata a casa per le festività (abita nel varesotto), ha scelto nuovamente corso Vittorio Emanuele II, nel pieno centro di Lecce, per delinquere. E per farsi nuovamente arrestare. Albano è stato “pizzicato” nel vivo intorno alle 15 dalle commesse di una libreria sul corso, a due passi da piazza Sant’Oronzo. E’ entrato fingendosi avido consumatore di letteratura, ma ha subito manifestato cupidigia di denaro. Entrato in una stanza secondaria, solitamente non aperta al pubblico, dov’erano stipate le borse delle commesse, ha iniziato a mettere mani ovunque. Antico pallino, quello del 42enne, per le borse delle signore. Le dipendenti, però, si sono accorte dell’uomo, che ha subito tentato la fuga. Una commessa in particolare pare l’abbia riconosciuto perché nel novembre scorso avrebbe tentato un “colpo” sempre in zona. Insomma, un habitué del corso, come dimostrato anche dal già citato episodio di fine anno, quando ha spedito la vittima prescelta in ospedale per strapparle il portafogli di mano. A bloccarlo e ammanettarlo, ancora una volta, gli agenti di polizia delle volanti, subito contattati sul 113 dalle donne. I poliziotti, in pochi minuti, l’hanno cinturato, impedendogli la fuga. E ora, oltre che del tentato furto, dovrà rispondere anche di evasione dagli arresti domiciliari. 8 gennaio 2014: Durante una delle missioni

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territorio, l’equipaggio di un elicottero ha avvistato varie autovetture occultate tra gli ulivi nelle campagne tra Giovinazzo e Bitonto ed in agro di Andria. La posizione dei veicoli, che si trovavano su stradine di campagna ed in parte nascosti dalla vegetazione, attirava l’attenzione dei militari facendo da subito pensare alla provenienza furtiva. Le prime due autovetture venivano individuate in agro di Giovinazzo. L’elicottero allertava la Sala Operativa della Guardia di Finanza di Bari, che inviava sul posto una pattuglia del Gruppo Pronto Impiego Bari. Giunti in zona, i militari, istruiti dall’alto dal mezzo aereo che manteneva la zona allo scopo di individuare l’eventuale presenza di persone, rag giungevano le due autovetture, una modello Lancia Lybra e l’altra modello Lancia Delta. 10 GENNAIO 2014: Rapina a Giovinazzo. A finire nel mirino dei malviventi, stavolta, è stato il negozio Centro Bimbi D’Amato di via Molfetta. Tre malviventi a volto coperto hanno fatto irruzione all’interno del locale. Hanno scelto un momento in cui nell’esercizio commerciale c’era l’affluenza minore. Dopo aver varcato la soglia, col volto incappucciato, si sono diretti subito verso la cassa ed hanno obbligato il titolare a restare immobile. Mentre due lo tenevano sotto controllo, l’altro ha aggirato il bancone e si è impossessato di 1.000 euro. Poi si sono dileguati fuggendo a piedi. Sul posto sono intervenuti i Carabinieri della locale Stazione. Nonostante la strada fosse affollata di gente in transito non ci sono testimonianze dirette dell’accaduto in grado di agevolare le indagini. Gli inquirenti potranno dunque solo fare affidamento alle immagini del circuito di videosorveglianza degli esercizi commerciali vicini a quello assaltato. 13 gennaio 2014: Furto con scasso, nella notte, ai danni dello studio fotografico Nicola Ditillo di piazza Garibaldi. I malviventi si sono introdotti nel negozio sfondando presumibilmente a colpi di mazza un vetro antisfondamento. Una volta dentro, i ladri hanno trafugato tutti le fotocamere e le videocamere di ultima generazione. L’incredibile della vicenda è che il negozio è dotato di allarme antifurto che ha iniziato fragorosamente a suonare, senza che nessuno se ne occupasse minimamente. Così come non si sono occupati degli abbondanti frammenti di vetro rotto presenti sull’asfalto coloro che sono passati dopo il colpo. A chiamare i Carabinieri della locale Stazione e dare l’allarme è stato il titolare. FONTE UFFICIO STAMPA CARABINIERI BARI OTTOBRE 2012


l’ angolo

del

lettore

DINO GENEROSO, IL GENTLEMAN DEL CALCIO «HO ESCLUSO CASSANO PER DARE UN ESEMPIO DI CORRETTEZZA A LUI E ALLA SQUADRA» Questo mese abbiamo avuto il piacere di incontrare l’avv. Leonardo Generoso, per tutti Dino, ,il terzino che ha fatto sognare Giovinazzo con la maglia del Bari, prima di divenire per quasi vent’anni il responsabile della giovanile che ha regalato al club biancorosso le massime soddisfazioni della sua storia. Ed è sotto la sua direzione, infatti, che ha pure mosso i suoi primi passi sul campo Antonio Cassano, il calciatore barese che con la maglia azzurra continua a regalare emozioni a milioni di fan della nostra nazionale. Un’intera vita per il calcio, un’ intervista questa all’avv. Generoso che ci ha permesso non solo di scoprire una persona davvero speciale ma si è rivelata anche un’occasione per capirne di più di un mondo sin troppo mitizzato attraverso il racconto di chi l’ha vissuto dall’interno e da protagonista. Un portentoso fisico naturale, nuotatore, campione regionale di lancio del peso e della staffetta, è nel calcio che però si afferma da subito e prepotentemente Dino Generoso. Una carriera sportiva come professionista, i suoi successi sul campo non lo hanno però distolto dagli studi diventando avvocato mentre ancora giocava. Perfetto esempio di mens sana in corpore sano la sua storia ha avuto inizio - motivo ricorrente in molti degli intervistati di successo di questa rubrica - nell’atrio di una delle tante, frequentatissime parrocchie di Giovinazzo, allora luoghi di aggregazione dei ragazzi che, ai tempi del non internet e della tv in bianco e nero, erano in realtà delle vere e proprie palestre del corpo e dello spirito; ed è proprio a S. Domenico, durante le tante partite e tornei cittadini, che emerse tutto il suo

FOTOGRAFIA

talento calcistico e iniziò la brillante CARRIERA SPORTIVA che ne ha fatto un personaggio di spicco e di riferimento noto anche a livello nazionale. «Dall’atrio della parrocchia – come ama ricordare - sono passato presto alle giovanili del Giovinazzo, cosa che costituiva un vero punto d’orgoglio per chi ci arrivava e fu per me una grande soddisfazione che fortunatamente non si esaurì certo lì, poiché si rivelò soprattutto un prezioso trampolino di lancio. Infatti a soli sedici anni ho esordito già con la prima squadra che al tempo militava in promozione ed ho poi giocato due anni durante la storica promozione del Giovinazzo in serie D (1969) un sogno cittadino purtroppo durato poco. Poi c’è stato il passaggio al Bari, il primo anno in prestito, in cui sono rimasto per tre stagioni, giocando due campionati in serie B ed uno in C, fino ad un brutto infortunio verificatosi l’ultimo anno e che mi ha costretto a stare fermo per 6 mesi; di qui il trasferimento in prestito al Matera dove sono poi rimasto per 6 anni». Anche qui GRANDI SUCCESSI «Dalla serie C vincendo il campionato siamo giunti alla B, traguardo storico per il Matera che non aveva sicuramente speranze di arrivare a giocare in quel girone. E fu infatti per la città un vero riscatto sociale; ricordo che una volta, al nostro ritorno da Pisa, fummo accolti a Palese da una grande folla di tifosi che poi ci accompagnò fino a Matera con un enorme corteo di auto. Dopo sei anni lì ho però

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MICHELE DECICCO

sentito l’esigenza di avvicinarmi di più a casa ed ho chiesto di essere trasferito al Barletta dove sono rimasto tre anni ed anche qui con soddisfazione, visto che vincendo anche qui il campionato passammo dalla C2 alla C1». Ma la carriera di un calciatore si sa è fugace come la giovinezza e bisogna prepararsi in fretta al cambiamento. «Avevo raggiunto così i 34 anni un’età ormai decisamente avanzata per un giocatore e così volli provare l’esperienza di allenatore – giocatore nel Bisceglie, esperienza bella e significativa perché compresi una cosa fondamentale per le mie scelte future» Quale? «Che non mi sarei mai dedicato all’allenamento dei senior ma solo delle giovanili». Una cosa un po’ anomala dal momento che in genere si ambisce sempre alle squadre dei grandi, giacché offrono la massima visibilità e soprattutto più lauti guadagni. «Riassumiamola così: I piccoli sono virtuosi, i grandi difettosi. E poi con i ragazzi si ha la possibilità di avviare un percorso formativo che ti permette di raggiungere delle soddisfazioni morali senza eguali». Durante tutti gli anni che lo hanno visto attivo come giocatore (persino 3 gol in serie B, pur essendo un difensore) non ha però mai smesso di studiare come invece accade per la gran parte degli sportivi professionisti: maturità classica prima e poco dopo, nel 1977 (gli anni del Matera), la laurea in giurisprudenza, grazie alla quale ha poi potuto accedere al concorso per av-


vocati e dunque iniziare la professione legale esercitata per un certo periodo… «Tuttavia la passione sportiva era sempre nel cuore ed attiva, cosa che non mi permetteva di dedicarmi con la mente libera soltanto alla professione come invece si conviene. Allora ho scelto di abbandonare l’attività forense e di unire la preparazione giuridica all’esperienza sportiva maturata, avviandomi dunque verso una nuova forma di carriera sportiva: quella dirigenziale». Ed anche lì i grandi risultati non si sono fatti attendere. «Ho iniziato come direttore generale al Barletta, al Bisceglie, ma soprattutto al Bari, sempre nel settore giovanile, per 20 anni e con grandissime soddisfazioni, vincendo titoli storici che la squadra non aveva mai raggiunto prima come ad esempio nel 1997, quando vincemmo il torneo mondiale di calcio giovanile di Viareggio, o la Coppa Italia nel 1998, oltre a due titoli come campioni d’Italia categoria allievi ed un titolo italiano primavera. Il tutto ovviamente è stato il frutto di un lavoro davvero appassionato da parte mia e dei miei colleghi e, vorrei sottolinearlo, senza la possibilità di fare affidamento su grandi investimenti». Un momento certamente di grande orgoglio sia per lei che per il calcio barese e che coincide pure con gli esordi di una stella nostrana del calcio nazionale scoperta e nata proprio durante la sua direzione. Profilo di ANTONIO CASSANO da giovanissimo. «Sicuramente è sempre stato uno deciso ad arrivare ad ogni costo e comunque si deve ammettere che le qualità le ha sempre avute. Con lui c’è voluta però molta pazienza ed io ed i miei colleghi ci siamo ritrovati a fargli anche da educatori poiché spesso la madre, essendo preoccupata e sentendosi sola, era a noi che si rivolgeva ». Un compito probabilmente non facile, visto il noto temperamento del campione barese… «Dopo tante insistenze e con grandi fatiche riuscimmo a fargli concludere la terza media e per evitare che si perdesse tra i vicoli della città vecchia cercammo pure di fargli proseguire gli studi indirizzandolo verso l’istituto alberghiero; ma nonostante gli sforzi il tentativo durò solo pochi giorni. Così cercai di coinvolgerlo in piccoli lavoretti presso la nostra sede affinché trascorresse da noi la mattinata». Nonostante tutto questo non sembra che Cassano le abbia mostrato granché gratitudine… «Quando fu convocato nella nazionale under sedici ed Antonio si trovava a giocare in Francia, la nostra squadra vinse i quarti di finale e, dovendo giocare la semifinale, noi ovviamente lo convocammo. Ma lui non venne. Intanto noi vincemmo la semifinale, e si era appena realizzata questa situazione che all’indomani si presentò per rientrare nella finale. Ma a quel punto fui io a rifiutare la sua presenza in campo: sarebbe stato un brutto

esempio per la squadra e forse ne avrebbe compromesso non poco l’unità e lo spirito. Evidentemente se la prese molto, tanto che montò persino un caso con la Gazzetta dello Sport. Per meriti e per fortuna noi però vincemmo lo stesso, anche senza di lui. Forse è tutta qui la spiegazione. Tuttavia quando era già con la Roma, ci siamo incontrati e salutati». Ora che è andato in pensione e può fare un bilancio, ha rimpianti? «No. Del resto credo che sia inutile qualsiasi giudizio con il senno di poi perché le decisioni vanno calate in quel preciso momento della vita in cui sono prese. Probabilmente mi ritrovo qualche milione di euro in meno visto che, con tutte le possibilità che avevo, quando nel mondo del calcio sono sorti i procuratori sportivi che oggi dominano la scena, avrei potuto fare anche quella scelta. Ma non me la sono sentita, determinati comportamenti da squalo erano troppo lontani dalla mia indole» Progetti per il futuro? «Il calcio è molto cambiato. Quello pugliese è poi davvero allo sbando e per cercare qualcosa che mi aggradi dovrei andar fuori, ma sarebbe assurdo: ho sempre lottato per rimanere nella mia terra, vicino alla mia famiglia, facendo anche molte rinunce… Ed ora che finalmente posso dedicare agli affetti il tempo che gli ho sottratto troppe volte per lavoro, che faccio, vado un’altra volta via? Impensabile». Di sicuro il calcio è molto cambiato, basta dare un’occhiata alle cronache… «Sì non è più limpido – si affretta a ribadire l’avvocato - ed anche l’approccio dei ragazzi e delle famiglie è cambiato: poca passione sincera e troppe illusioni e false aspettative. Senza poi contare la competitività con gli stranieri che ha reso la carriera ancor più difficile». Un consiglio per i giovanissimi. «Pensare allo sport come al più sano e formativo dei divertimenti, tanto se poi vi sono delle vere qualità alla fine verranno fuori da sole. E comunque devono sempre continuare a studiare o costruirsi concrete alternative a prescindere, altrimenti le delusioni o il declino possono davvero essere duri da accettare». Un appello al senso di responsabilità e della misura, non poteva concludersi meglio di così quest’intervista con Dino Generoso, un grande campione e tecnico di casa nostra, ma soprattutto un uomo che con la sua coerenza e con il suo esempio rappresenta un modello morale vincente a cui guardare. Non ha certo futuro un mondo in cui per lo sport, per le passioni vere e per i valori non ci possa essere spazio perché l’unica legge che conti è il massimo profitto. ALESSANDRA TOMARCHIO HA COLLABORATO MICHELE DECICCO

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UN PRESEPE PER STUPIRE DI PASQUALE NACCI

Giacomina Bonvino, detta Mina, (in Mastroviti), classe 1940. Dagli inizi degli anni ‘60 si dedica alla costruzione del PRESEPE casalingo. Innamorata del Natale e della sua rappresentazione scenica, ha iniziato ad amarlo sin dall’infanzia quando i suoi genitori, nel rispetto della tradizione pugliese, costruivano il presepe in prossimità delle feste natalizie. La famiglia della Sig.ra Bovino è piena di realtà artistiche: uno zio é stato un famoso pittore locale (Nisio), tante le sue opere nelle case di giovinazzesi e non; un altro zio era rinomato restauratore di statue sacre di chiese locali e di Puglia. La costruzione del presepe inizia dai primi giorni di settembre e viene «smantellato» nel mese di febbraio dopo la Candelora. Comunque, da una decina di anni la Giacomina Bonvino lo mantiene in pianta stabile diventando «il presepe per tutto l’anno». La struttura scenica con tutti i meccanismi sono mantenuti sui mobili della sala da pranzo che ormai non viene più utilizzata come tale. Numerosi i riconoscimenti di autorità locali: Comune, Pro Loco e Associazioni. La casa è piena di coppe e targhe. Pare che questo debba essere l’ultimo anno; ma la Sig.ra Bovino lo dichiara ogni anno! Grande collaborazione viene data dal consorte che segue attentamente la parte elettrica e non solo. I personaggi e l’arredo sono frutto di una attenta ricerca in varie parte d’Italia; molti pezzi sono di provenienza spagnola e portoghese. Il presepe è la sua vita.

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storia DI

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LA NOSTRA SANITA’ NEL 18° SECOLO

CONTENZIOSI A DISCAPITO DEI POVERI AMMALATI IL NUOVO OSPEDALE: contenzioso circa il cappellano Se, come visto negli scorsi numeri, i laici, sul fronte “sanità” risolvevano i problemi della dotazione organica del personale medico dell’Universitas con atti formali, delibere decurionali o rogiti notarili, il clero forniva, «senza fondamento» il suo contributo per le strutture. Il 16 febbraio 1747 il clero, generoso e caritatevole, dovette però con atto notarile precisare le competenze territoriali per la cura del corpo, ma soprattutto dell’anima, dei degenti del nuovo “informale” Ospedale cittadino. L’Arciprete curato Francesco Paolo Ragni, d. Michele Marziani Parroco di S. Felice, e Francesco Paolo de Rossi parroco di S. Giovanni e Paolo dichiarano «come essendosi eretto in questa città di Giovenazzo un ospedale senza fondamento da alcuni devoti sacerdoti nel camerone del Monte della Pietà attaccato alla detta chiesa parrochiale di S. Felice, giusta la casa del magnifico Francesco Antonio Galdi ed altri, per comodo e sollievo de cittadini infermi e miserabili, li quali nelle loro indisposizioni si volessero ritrovare in detto ospedale per essere assistiti da divoti sacerdoti, così nelli bisogni delle loro respective infermità come per quello (che) riguarda il bisogno dell’anima, per ciò affinchè non venisse inferito ad essi sigg. arciprete e parochi asserenti alcun pregiuditio nella giurisditione che ritengono sopra i rispettivi filiani, e territorio a ciascun di loro assignato nella divisione delle parrocchie da tempo fa sortita, nella maniera che presentemente si trovino divise, che però oggi predetto giorno essi sigg. arciprete e parochi sono venuti fra di loro alla seguente convenzione e trattato cioè: che ogni infermo che si ritirasse in detto ospedale possa e debba essere riconosciuto dal proprio suo paroco, cioè da quello nella di cui parrochia tiene situata la casa di sua propria abitatione e dal parroco della di cui parochia si parte per andare all’ospedale sudetto, cosichè si habbia la dimora nel predetto ospedale come cosa accidentale e per ciò l’amministrazione de’ sacramenti assistenza a moribondi, come anche l’esequie funerali in caso di morte di debbano fare dal parroco del proprio domicilio ove abitava e sepellirsi nella propria parrocchia, senza che il paroco di S. Felice possa pretendere ius o diritto alcuno particolare sopra detti infermi o cadaveri per trovarsi detto ospedale situato nel suolo e distretto della propria sua parrochia» (ASBa, piazza di Giovinazzo, sk. 23, not. F.

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P. De Musso, vol. 421, f. 72). FARMACI PER UN POVERO: IL DINIEGO DEL VESCOVO DE MERCURIO Se oggi il povero può godere di esenzione per reddito – e non sempre per la totalità della spesa – dal pagamento delle prestazioni del Servizio Sanitario Nazionale, (il tiket sanitario), ieri si doveva limitare ad elemosinare aiuti economici presso chi avrebbe potuto (e dovuto) elargire sussidi. Vergognoso è il diniego espresso al povero Vito Fiorentino, soprattutto per la carica ricoperta dal destinatario dell’istanza. Vito Fiorentino si presentò il 25 agosto 1741 dal notaio Michele D’Adamo che scrisse quanto segue: «In puplico testimonio costituito Vito Fiorentino il quale non per forza o dolo nec malis artibus inducto sed sponte a richiesta fattali ha attestato e dechiarati come essendosi giorni a dietro portato da questo vescovo don Paolo de Mercurio per farsi passare una ricetta di medicamenti che stava ammalato e espedita dal sig. Arcangelo Liuzzi medico, e sottoscritta dal medesimo che come povero non potea la medesima pagare, dal detto vescovo se li fè

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rispondere per bocca del rev.mo d. Giuseppe Capuano attuale Cancelliere di detto ill.mo Vescovo non poter fare detto Vescovo limosina importante la summa di carlini tre, costo di detta ricetta e così fu rimandato e per mancanza di detti medicamenti si rattrova ancora convalescente» (ASBa, piazza di Giovinazzo, sk. 25, vol. 446, f. 58). MAGNANIMIITA’ NON LIQUIDATA DEL VESCOVO CHIURLIA Se, avendo mons. De Mercurio rifiutato di pagare le medicine, il povero sig. Fiorentino ne era rimasto privo, andò meglio a tutti quei poveri che avevano ricevuto i medicamenti grazie ad un lascito del suo predecessore mons. Chiurlia. Al decesso di questi però, chi restò penalizzato fu il farmacista. A lui infatti il Capitolo della Cattedrale, legittimo erede del Vescovo, si rifiutava di pagare il dovuto. Tutto è ben narrato nell’atto del notaio Cianciola dinanzi al quale le due parti riuscirono a trovare un accordo. A richiesta delle «dignità e canonici del rev. Capitolo quale herede del fu ill.mo et rev.mo fra Giacinto Caetano Chiurlia, olim vescovo d’essa città …Andrea Andreetti della terra d’Acquaviva, speziale di medicina da molti anni habitante in questa città di Giovenazzo» rende dichiarazioni circa le assistenze da lui prestate ai bisognosi sotto ordine di mons. Chiurlia. «Asserisce spontaneamente il sudetto mag.co Andrea Andreetti qualmente sin dalli 4 del mese di settembre dell’anno 1728 e per tutto il 19 gennaro passato del corrente anno 1730 d’ordine e per conto di detta buon anima di mons. Chiurlia fu soministrato più centinaia di docati ascendentino alla summa di docati 482 e grana 18 consistentino queste in tanti medicamenti per esso asserente dati a poveri di questa predetta città come da ricette e nota che per esso si conservano, e quando sperava detto

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mag.co Andrea doverne conseguire la sodisfazione, detto mosn. Chiurlia si portò nella terra di Terlizzi ove dimorò per più mesi e doppo una lunga dimora ritiratosi in questa sua residenza, dalla quale anche pochi mesi si portò per la terra di Lizzano, dove sin dalli 23 del mese di marzo passato del corrente anno se ne passò all’altra vita, per la di cui morte è succeduto herede come sopra detto rev. Capitulo ... per la qual causa detto magnifico Andrea Andreetti ha più e più volte fatto sentire anzi lui stesso discorsone a detti sigg. dignità e canonici di detta sua pretensione e che voleva esser sodisfatto. E perchè detto mag.co Andrea Andreetti asserente s’è visto procrastinato da più mesi per il pagamento» si presentò il 1 settembre dinanzi alla corte capitolare al che il Capitolo si rifiutò di pagare perchè non vi era «nessun ordine pristino in scrittis di detto fu mons. Vescovo di sommisnistrare i medicamenti sudetti in tanta quantità alli predetti poveri [...] per le quali evizioni si sarebbe dilungata la causa e fabricatosi un voluminoso processo col dispendio si dell’una che dell’altra parte. La onde per non proseguire detto litigio e per evitare maggiori danni e spese mentre il litigare non solo apporta dispendio di avvocati, procuratori ed atti, ma anco odio et rancore e dubioso l’evento della lite, che però, adhibito prima il conseglio e parere di communi amici che si sono proposti e da ambe le parti eletti, e fatto tassare li medicamenti sudetti dal fisico sig. Felice Roseti, ha quelli tassati nella somma di docati 120, e per detta summa detto mag.co Andrea s’è contentato come di attestato fatto dal detto sig. Roseti ... e sono devenuti in nostra presenza all’infrascritta concordia» ed avendo ricevuto la detta somma, l’Andreetti ritirò tutte le sue pretese restando il Capitolo resta franco e libero (ASBa, piazza di Giovinazzo, sk. 18 not. G. B. Cianciola, vol. 327, f. 202-204, atto del 27 settembre 1730)

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ricordi DI ANGELO GUASTADISEGNI

DISSEMINATA

LA NOSTRA TRINCEA

DI ORDIGNI BELLICI,

FACEVAMO BRILLARE I

«MACCHERONI»

Con i compagni di giochi sceglievamo la Trincea. Non so chi propose di spostarci dai soliti luoghi al sito abbastanza lontano. Era una piazzuola e la fortificazione bellica, non tanto alta, scoscesa, con terrazzino, facilmente accessibile, consisteva nella Trincea. Per la scarpata, salivamo sulla terrazza, per vedere se ci fossero botole o pertugi per entrare nella fortezza: non ce n’erano e per vedere il nostro azzurro mare e la nostra vista raggiungeva il punto in cui il cielo e il mare si congiungevano, nella nostra illusione ottica. Ci spingevamo verso il parapetto della terrazza per vedere se la fortezza avesse qualche possibilità di entravi. Volevamo provare almeno una volta per ciascuno l’emozione di esplorare la parte interna della costruzione. La fortezza, dunque, era provvista di fori piccoli e grandi, ma non per accedervi. Ma il tanto cercare una possibilità di accedervi all’interno ci premiò. Coperta di uno strato minimo di terreno un tombino rotondo, capiente, ci permise di scendere giù in ambiente austero, poco illuminato. Poca aria dai fori sparsi sulle pareti, ad altezza di tiro per fucile e mitraglia, niente armi però, né quanta’altro che potesse suscitare la nostra curiosità. Da qualche anno era terminato il periodo bellico del 1944 e nelle nostre campagne da poco accessibili, in particolare nei fondi che costeggiavano la strada verso San Pietro Pago, apparivano disseminati per ogni fondo depositi vuoti di munizioni delle truppe alleate che finita la guerra avevano abbandonato quel materiale. Tutto avevano preso con loro, eccetto cataste, mazzi di «maccheroni» che si accendevano a guisa di stelle filanti natalizie che producevano fiamme e calore, utilizzati in casa quale mezzo per accendere la legna, nei fracassè, per ricavare carboni accesi per i bracieri e riscaldare le case, perché allora nelle case regnava sovrano il freddo ed il gelo. Naturalmente, i così detti maccheroni incendiari dovevano essere usati con parsimonia. Ne bastavano pochi per far accendere un ceppo o delle frasche di mandorle o di olive. E ci scappò il morto a causa dell’uso smisurato dei maccheroni. Una donna per accendere il fuoco aveva messo un bel fascio di maccheroni, ci aveva dato fuoco ed aveva chiuso la portella del fracassè. Per strada si sentì un boato. Una donna completamente ustionata apparve sul balcone, lanciò un forte grido e si accasciò. Morì. Non c’era la benché minima prevenzione a far fronte a tale emergenza. Qualche tempo dopo alla trincea confluiva tutto il materiale bellico abbandonato, per farlo brillare. Mine, proiettili di ogni calibro, nel pomeriggio al calar del sole, accatastati venivano fatti brillare. Il chiarore che produceva tanto materiale era tanto da illuminare l’orizzonte circostante e sapevano l’ora in cui l’operazione doveva essere fatta e con i visi in alto, assistevamo alla illuminazione del cielo ed ai soliti rimbombi. Sin dal primo anno di scuola media, mi ritrovai con un compagno di classe con un braccio mancante e con minuscole macchioline nere sul viso. Un ordigno abbandonato in una strada e ragazzi intenti al gioco, era stata la causa dell’incidente occorso al mio compagno di scuola. Adesso, se non fosse per l’interdizione per pericolo di frana, la Trincea sarebbe il fiore all’occhiello della nostra spiaggia nella stagioni turistico balneari. Ora, col passare del tempo, non si vede più la fortezza, ormai rasa al suolo. La strada per raggiungere la trincea si interrompe nel punto di demarcazione; potrà, col tempo, proseguire, con l’intento di decongestionare il traffico della vecchia via nazionale per Molfetta, consentendo agli innamorati in bici di godersi di più il tramonto sul mare?

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ACQU D FNIZJE Per il mio stato di salute, non posso più recarmi in redazione e mi è dispiaciuto non aver potuto dare all’amico Diego de Ceglia una notizia utile da inserire nel suo ultimo articolo relativo alle acque termali di Giovinazzo. Nel 1958, si stavano realizzando lavori sulle nostre strade vicinali. Io ero assicurato come operaio nella dal Ministero del lavoro e della Previdenza Sociale ma prestavo servizio presso l’ufficio del Consorzio Guardie Campestri e strade vicinali ed ero addetto alla contabilità e pratiche amministrative insieme a Corrado Palombella. I dipendenti che lavoravano erano una trentina, il capocantiere era tale geometra Beniamino De Girolamo. Questi che serviva pure i conti Fenicia, ogni mattina, prima di montare al lavoro passava dalla villa della contessa, e si presentava sul cantiere con degli otri d’acqua riempiti lì alla villa della contessa. Offriva quell’acqua agli operai. Era la famosa Acqu d Fnizje. Così la chiamavano i vecchietti che dicevano avesse delle proprietà diuretiche. Non so se tutt’ora in quel villino vicino alla stazione esiste ancora quella fonte o se la stessa si trovasse nei terreni che circondavano quel villino, e sui quali negli anni ’60 sono stati costruiti dall’impresa Piscitelli (mest Francisc) tutti i palazzi che oggi costituiscono il rione di casa del mio amico Diego. Così non so neppure se a monte la sorgente de l’Acqu De Fnizje fosse la stessa dalla quale proveniva nel 1757 l’acqua termale alla fonte di S. Spiriticchio. Caro Diego, immagino che se te lo avessi detto prima avresti approfondito le tue ricerche in merito. Spero lo farai. TUO ANGELO GUASTADISEGNI

OTTOBRE 2012


lutti

HANNO LASCIATO LA VITA TERRENA

GINO PARATO, 68 ANNI, FUNZIONARIO DEL T.A.R. PUGLIA Un altro figlio della nostra città non c’è più. Gino Parato, conosciutissimo in città per la sua intesa partecipazione alla vita cittadina, come ex amministratore e uomo di sport, è venuto a mancare improvvisamente stroncato da un infarto mentre era alla guida della propria auto. Lascia nel dolore la moglie Rosa De Martino, i figli Mara e Matteo, i fratelli Giovanni e Franco, le sorelle Laura e Rosa. Un uomo solare, di poche parole, alla politica urlata nelle piazze e nelle aule consiliari ha sempre anteposto i fatti. Già Assessore allo Sport per due mandati con l’Amministrazione Milillo, a lui si ascrive la realizzazione del Palasport di viale Aldo Moro, fortemente voluto per trasferire l’hockey dal vecchio Palazzetto perchè le dimensioni della pista non erano più legali. Ex Dirigente attivo delle AFP Hockey, ci piace ricordarlo così, con quel sorriso appena abbozzato, insieme al 1° Pallone d’oro italiano Gianni Rivera, estro e fantasia prima e politica e DC dopo. La famiglia ringrazia quanti hanno partecipato alle esequie del 22 dicembre. In particolar modo ringrazia il Presidente del TAR e tutto lo Staff del Tribunale per la vicinanza alla famiglia. Gino mancherà a tutti noi!

AD ANGELA ANDRIANI VEDOVA COLAMARIA DA POCHI GIORNI NON CI SEI PIÙ...MA CONTINUI A VIVERE DENTRO AL MIO CUORE, LA TUA VOCE MI ACCOMPAGNA OVUNQUE VADO, IL TUO VISO MI APPARE APPENA CHIUDO GLI OCCHI E LE TUE PAROLE E IL TUO RADIOSO SORRISO CONSOLANO LA MIA IMMENSA TRISTEZZA.

SCORRONO NELLA MIA MENTE PENSIERI, CANZONI, PASSEGGIATE, TELEFONATE, SORRISI, SGUARDI, PAROLE…ATTIMI DI FELICITÀ SPEZZATI PER SEMPRE.

TI

HO PORTATO UN FIORE, HO

ACCAREZZATO LA TUA FOTO… MA È BRUTTO, ORRENDO ORRIBILE.. NON MI ABITUERÒ MAI A QUELLA LASTRA DI MARMO,

MAI. OGGI PIOVE, TIRA VENTO.. E TU LÌ.. DA SOLA.. E IO QUI.. DA SOLA...IN LACRIME… CIAO, CARA DOLCE NONNA. TI VORRÒ SEMPRE BENE.

LA

TUA NIPOTINA.

STEFY 34

JOE ANDRIANO, AMERICA E PAISÀ Ci sfuggiva sempre quando era in soggiorno a Giovinazzo. Però in molti percepivano la sua presenza. Joe Andriano era fatto così. Riservato, taciturno, ma dal cuore grande. Amava stupire senza metterci la firma, senza mettere Nome e Cognome. Eppure era più giovinazzese di noi. E’ il caso di dire «America e paisà». Nel corso del XX secolo, il Sogno Americano ha avuto le sue sfide. Joe Andriano, le sue sfide le ha vinte tutte. Le ha vinte da uomo riservato, estraneo a qualsiasi forma di inutile esibizionismo, rimanendo soprattutto umile, la caratteristica che spesso si associa alla grandezza. Lui così autorevole si recava a Giovinazzo per ricucire quello strappo complice un destino avverso che ce l’aveva portato oltreoceano. Ora questo legame si è interrotto solo materialmente. No, cari Giovinazzesi del mondo, devoti della protettrice e di S. Antonio, non sentitevi più soli. Su Joe Andriano non scenderà mai il silenzio. In questo silenzio gli echi della sua grandezza umana e della sua umanità si propagheranno ancora a lungo.


la

pagina

dell emigrante

UNA DOMENICA A SPASSO PER MILANO quali danno la mano con movimenti ritmici e meccanici, come quelli di una statua che si risvegli. Non è insolito trovare altresì persone che, con un cartello su cui è scritto “abbracci”, abbracciano effettivamente coloro che capitano sulla loro strada, quasi in segno di affettuosa solidarietà verso il prossimo. AGOSTINO PICICCO

Passeggiare a Milano, soprattutto durante il fine settimana, consente di entrare in un mondo particolare, con una varia umanità del tutto estranea a Giovinazzo in quanto tipica della metropoli. Solo entrando nei sotterranei del metrò ci si imbatte in una serie di persone caratteristiche che toccano la sensibilità di ognuno o quanto meno suscitano curiosità e richiamano l’attenzione. Non si può parlare semplicemente di accattoni, anche perché, se è vero che pure chiedono qualche spicciolo, lo fanno in modo «folcloristico». Esiste infatti una grande varietà di anime dolenti che suonano, inventano o accostano i passanti per intenerire il cuore e recuperare qualche moneta. C’è il vecchio suonatore di violino che delizia i passeggeri con le sue melodie talvolta allegre, talvolta più tristi, che forse seguono i ritmi del suo cuore. All’uscita della metropolitana ti accolgono gli extracomunitari che propongono la vendita di libri sull’Africa invitando a conoscere la loro terra. Ci sono gli indiani (quelli del far west per intenderci) che suonano le loro canzoni e poi propongono la vendita dei cd. La concorrenza è il cantante napoletano, magari seguito da una comparsa di Pulcinella danzante, che attira per lo più i meridionali che passeggiano in centro. E quando la canzone è particolarmente stimolante qualche coppia, trascinata dal sacro fuoco della musica, inizia a ballare dando il via alle danze. Poi c’è il vecchietto senza pretese che, supportato da uno stereo, canta con stile da tenore, le canzoni di Heidi. Il «meditazionista» è un fachiro che meditando «levita», mentre tutti si chiedono dove e se ci sia il trucco. Un mangiafuoco si esibisce ingurgitando benzina e soffiando fiamme,

talvolta spaventando i passanti per il suo ardire. Si atteggia, anche nel vestiario, come un turco allenato alla difficoltà di quegli esercizi. Ai giovinastri che gli fanno il verso rivolge qualche improperio in napoletano stretto, tradendo così la sua vera origine. L’intagliatore di verdure lavora su patate, bietole, carote, e riesce a riprodurre insetti, tartarughe, uccelli, fiori, curati in ogni minimo particolare e di incredibile bellezza. I pachistani venditori di fiori alle prime ombre della sera ti avvicinano con aria sofferente e chiedono di acquistare una rosa per la tua accompagnatrice. Se ti rifiuti, te la regalano, e allora gli dai comunque una moneta. Allo scendere delle prime gocce di pioggia imprevista, a tutti gli angoli compaiono venditori di ombrelli, pur utili in quei momenti di emergenza, che forse durano solo fino a casa, ma che spingono a chiedere da dove nasca quella conoscenza metereologica. Un capitolo a parte è rappresentato dagli artisti di strada, ora costituiti anche in apposite associazioni e disciplinati da regolamenti comunali. Associano bravura a capacità di attrazione della gente, che applaude le loro performance. Acrobati, giocolieri, fatine, con appositi abiti luccicanti e multicolori, attirano l’attenzione, soprattutto dei bambini, con giochi e intrattenimenti, non disdegnando di coinvolgere pure gli adulti nei loro numeri. Ai bambini regalano palloncini colorati e raffiguranti fiori e animaletti. Qualche volta questi giochi hanno anche una componente di pericolosità come quando gli acrobati si lanciano da qualche torre. Di grande attrattiva sono poi gli artisti che, travestiti da statue, rimangono immobili per ore, prestandosi per foto con i turisti e i bambini, ai

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LUTTO JOE ANDRIANO N. 27/07/1930 M.08.01.2.014

CHE I NOSTRI RICORDI DEI GIORNI VISSUTI INSIEME CI PORTINO CONFORTO, FORZA, PACE E CORAGGIO...VIVRAI NEI NOSTRI CUORI. FAM DITILLO

LUTTO ANGELO BAVARO «TI RICORDEREMO SEMPRE COL SORRISO SULLE LABBRA». I RAGAZZI DELLA 5^ A DELLA SCUOLA ELEMENTARE S. GIOVANNI BOSCO

«M ANCHERAI

ANCHE A NOI ».

G LI AMICI DI COMITIVA : G IUSEPPE DEPERGOLA, FRANCESCO MASSARI, SABINO PALMIOTTO, NINUCCIO DEPALMA, FRANCESCO MASSARI E GAETANO MASTROFILIPPO

OTTOBRE 2012


VINCENZO DEPALMA

COMMERCIANT D NA VOLT

DI

Non vi nascondo che questa volta sono davanti al difficilissimo compito di dover parlare del sistema commerciale dei miei tempi. Sarà difficile illustrarlo e proporlo sia alle persone di media età che ai giovani i quali, quando leggeranno l’articolo, può darsi che lo troveranno irreale e frutto di fantasia ed immaginazione e questo a causa della enorme diversità tra i sistemi di vendita attuali e quelli della mia epoca. Anche se non ci crederete vi confermo che le descrizioni che farò nel corso dell’articolo sulle attività commerciali di quel tempo sono veritiere. Ora, a distanza di anni, mentre li racconto, rivivono nella mia memoria, e forse rivivranno anche nella memoria di qualcuno che mi leggerà e che ha la mia decrepita età. Gli attuali sistemi di vendita e distribuzione delle merci, facilitati dai mezzi di trasporto ed il tempo libero a disposizione delle donne di casa, sempre più breve, hanno radicalmente e profondamente modificato il sistema distributivo commerciale. Gli ambulanti dei miei tempi, Le pitté (negozietti di una volta), natalizie – Menze a la chiazze – Virginie – Menze a l’urte, Erneste – A la vie du crungifisse sono stati sostituiti dai supermercati o anche da piccoli negozi dotati però di una varietà di prodotti vari tali da accontentare richieste diverse e tutto ciò ha modificato anche in maniera rilevante il rapporto che si

1^ PARTE

FOTOGRAFIA GIOVANNI PARATO

creava tra venditore e cliente. Oggi al supermercato si dà un rapido sguardo alle merci in esposizione, si fa una sbrigativa sistemazione delle merci nel carrello della spesa, una sosta il più veloce possibile presso una

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asettica cassiera e un rapido e veloce rientro a casa. La spesa è fatta. Non era così allora quando il negoziante conosceva tutti i clienti e con loro scambiava durante l’acquisto saluti, informazioni e notizie.


Anche quando noi eravamo comandati dalla mamma di andare a fare qualche spesuccia, eravamo subito conosciuti dall’esercente che ci chiedeva sempre «Si annutte le terreise?». Alla domanda quasi sempre si rispondeva: «Naune ha ditte mamme ca passe jedde a paghé», poiché le nostre mamme avevano sempre il terrore ca pitive perde le solde pe’ la strete. I clienti abituati invece a pagare a fine settimana o mese dicevano all’esercente un semplice «Assigne». Questi negozietti vendevano sempre pochissimi determinati prodotti in locali che niente avevano a che vedere con quelli attuali. Ai nostri giorni il negozio più insignificante ha vetrine, luci al neon, spazi espositivi interni ed esterni, mentre quelli dell’epoca i negozietti familiari vicini alle nostre abitazioni erano chese e pitté. La Vetrine era la porta di ingresso sia della casa che del negozio. La prima stanza era il negozio vero e proprio cu vangaune al centro o a uno dei lati della stanza. In una serie di tiretti sotte e drete o vangaune erano sistemate le merci. Questi negozietti vendevano per lo più pene, paste longhe, pasta mineute granireise e qualcuna anche fermaige e cartine de paipe. La pasta lunga, una volta acquistata, la si portava a casa avvolta jenze a la carte de le maccareune mentre la pasta minuta la si sistemava jinze o faccilirone.Sope o vangaune era sistemata la caratteristica bilancia con i pesi di ferro e di ottone, allineati al lato della stessa. Per quanto riguarda l’unità di misura relativa al peso avite avé pacienze, ma bisogna che vi faccia una piccola lezioncina sul sistema decimale praticato all’epoca, per nulla simile a quello attuale. Per i solidi l’unità di misura jave u rute corrispondente al chilogrammo ed i suoi sottomultipli: u minze rute (500g) la quarte (250g) u quinde (200g) u minze quinde (100g) la vendesime (50g) u candele corrispondeva al quintale U MINZE CANDELE a 50 Kg. Ogni volta ca s’apraive la vetreine lo sciame delle mosche ti seguiva. Staive la retein inze o ne-

gozio per non contaminare i generi alimentari ivi esposti con l’insetticida. Mosche che precipitavano stecchite. Quindi il sistema per eliminare questi molesti insetti erano quelle striscioline di carta beige ricoperta di uno strato di colla appese alle volte. Le carte moschicide erano ‘abbellite’ dai piccoli insetti già stecchiti o da mosche appena finite nella trappola, che si dibattevano disperatamente nella inutile speranza di riacquistare la libertà. La seconda stanza del negozio, con un’ampia apertura sulla prima, era quasi sempre la cucina, oltre questa le altre stanze. La mattina mentre si svolgeva il compito di preparazione dei cibi, la moglie del negoziante accudiva anche al disbrigo del compito di vendita. Di solito, al mattino, il titolare dell’esercizio era fuori casa intento a provvedere alla fornitura del negozietto e, pertanto, la moglie di questi continuava l’attività di vendita. Se si entrava nel locale e la signora era impegnata nelle cause d chèse ed inevitabilmente ti accoglieva con un «Mnni’ nu memende, aspitte nu picche ca mo venghe». I poveri commercianti di una volta non conoscevano ferie. Anche la domenica, chi aveva bisogno, tuzzuave a la porte con un «Ma da scuse’ non m’avastene le maccareune» e poi si ritirava quello di cui si aveva bisogno. E’ ovvio che non tutti i negozi erano a livello così strettamente familiare, ma occorre dire che questi erano indispensabili per la quotidianità. Da loro si comprava lo stretto necessario per la giornata ed erano a poca distanza dalla porta di casa. Ai miei tempi in casa non c’erano frigoriferi né spazi sufficienti pe le prevviste ed inoltre le terreise javine picche e s’avaive sparagne’. Come vi ho anticipato, oltre a questi negozietti vi erano anche degli esercizi commerciali di una certa importanza sistemati quasi tutti all’ingresso del centro storico. Per i generi alimentari i più rinomati erano la «Cooperative» sistemata all’angolo del vecchio comune ac37

canto all’attuale Pro Loco e poi il famosissimo Generose, dope la statue de Sanda Mchele, tuttora esistente, che vendeva baccale’ stacchifisse, formaggi e prosciutti di rara bontà tanto che da Generose era obbligatorio fare la spesa il giorno della festa della Madonna e soprattutt accattè u famos panin. Ma adesso avvertirete sicuramente un piccolo languorino. Pertanto vi rimando alla prossima lettura. 1^ PARTE

PASTICCERI A CONFRONTO

Vito Bavaro e la sua gentilissima Signora ci hanno onorato, durante la loro consueta permanenza estiva a Giovinazzo, della loro presenza nel nostro locale e, soprattutto, nel nostro laboratorio. Erano anni che quel laboratorio, pur profondamente modificato e ammodernato, non vedeva la presenza di un Pasticcere Professionista di notevole esperienza. E noi siamo stati straordinariamente colpiti dalla sua semplicità, dalla sua volontà di trasferire le notevoli conoscenze tecniche ai giovani del laboratorio. L’esperienza di un uomo che, dopo tanti anni di sacrifici enormi, compiuti in una terra lontana, nella quale é riuscito a inserirsi e affermarsi anche economicamente, ci insegna che il lavoro è l’unico strumento reale per vivere dignitosamente. Non nascondo che, durante le sue visite mattutine, un po’ di commozione ha fatto capolino. Vito è quasi coetaneo di mio padre, e, per certi aspetti tecnici e di metodo, mi ha fatto rivivere alcuni flash della mia adolescenza! Per questo, e non solo, gli sono immensamente riconoscente e grato. Lo aspettiamo sempre con molta gratitudine. FRANCESCO PUGLIESE

OTTOBRE 2012


L’ANGOLO DI FIDO LA GRANDEZZA DI UNA NAZIONE E IL SUO PROGRESSO MORALE SI POSSONO GIUDICARE DAL MODO IN CUI TRATTA GLI ANIMALI

SALVIAMO IL CAVALLO BEN! L’amore per gli animali a volte ci spinge a fare scelte che all’apparenza possono essere affrettate, ma che in realtà vengono fatte solo ed esclusivamente per la voglia di voler ridare il diritto alla vita ad esseri viventi che ne sono stati privati a causa dell’ uomo. Il 27 dicembre 2013 Fattoria Sociale onlus ed Animalisti Italiani di Giovinazzo hanno deciso di provare a salvare un cavallo, ormai ridotto a pelle e ossa, con una malattia che piano piano ha reciso la pelle della gola, l’adenite e privo ormai di forze. Una volta portato in Fattoria abbiamo sottoposto Ben a delle cure veterinarie e nonostante tutti i medici interpellati ci dicevano di non aspettarci miglioramenti, noi ci abbiamo provato lo stesso, abbiamo fatto si che il suo stomaco pian piano si riabituasse al cibo, abbiamo curato ogni minimo dettaglio, dalle medicine al letto di paglia ultra soffice, dai massaggi alle sue povere zampe fino ad arrivare alle medicazioni per la gola. La notte siamo stati li con lui, non potevamo lasciare da solo quello che una volta era uno straordinario cavallo, degno di questo nome e felice di vivere. A turno tutti i volontari si sono alternati per far si che Ben potesse tornare a correre felice, tutti hanno messo da parte per giorni e giorni i loro impegni, i loro hobby anche il lavoro a volte, perché per Ben tutti volevano fare l’impossibile, per ridargli la dignità di essere vivente. Dopo 10 giorni però Ben non c’è l’ha fatta, la sua malattia ha preso il sopravvento e per quanto le nostre cure ed attenzioni fossero state meticolose e dettate da medici esperti, il cavallo è morto. La mattina del 7 gennaio ben era nella sua stalla, steso sul suo letto di paglia, respirava a fatica, con umiltà accettava le carezze di tutti i volontari, quando lo si chiamava sembrava capire che lo volevamo aiutare, ma purtroppo non è servito tutto questo. Ben è morto lasciando in tutti noi un senso di vuoto, di impotenza, di sdegno anche. Anche se è stato poco con noi Ben è stato maestro di lezioni che non scorderemo facilmente. La voglia di vivere, il suo modo di reagire alla sofferenza, la sua umiltà e dignità di essere vivente mostrata anche poco prima di morire. Per Ben abbiamo fatto l’impossibile, perché è quello che lui ci chiedeva. Ricordo tutte le mattine, quando usciva dalla POTETE contattarci al N. 080.394.16.65 animalisti.giovinazzo@hotmail.it. 38

stalla arrancando ma fiero di essere ancora in vita. Ben è una vittima della negligenza e della superficialità umana, e fino a quando ci saranno esseri viventi sparsi per il mondo bisognosi di aiuto come lui, la nostra missione non avrà mai fine. CRISTINA BALDASSARRE

ANIMALISTI ITALIANI SEZ. GIOVINAZZO


little italy DI ROCCO STELLACI

A NEW YORK SI CANTA LA SANTA ALLEGREZZA Il direttivo del sodalizio

VINCENZO & LINA LOMORO

FRANK & ANTONIETTA RICAPITO

ANTONIO & CATERINA MARZELLA

I CONIUGI PISANI, PROSSIMI GRAND MARSHALL PER LE FESTIVITÀ DI FINE MAGGIO NELLA LITTLE ITALY CON IL SIG. JERRY SCIVETTI

Merry Christmas Mike, Happy new year Frank. Accomm smorfie d’insofferenza. In particolare devo ste’? Bune cumbe’ e teu? Queste erano le simpatiche menzionare, che erano spinti dalla curiosità di colfrasi di benvenuto tra un miscuglio di un inglese fatto laudare un nuovo ritmo di danza introdotto dal sig. in casa ed il nostro originale idioma che si scambiavano Marino (facsimile di una quadriglia napoletana) la i nostri concittadini partecipanti all’annuale riunione quale infondeva una briosa allegria. Probabilmente natalizia allestita dalla società S. Anthony of N.Y. il 15 galeotto fu un bicchier di vino in più. Verso la fine dicembre 2013. La felicità dei convenuti era stampata della serata un gruppo di volenterosi intonava la sul viso di ognuno, contenti d’incontrarsi ancora una «Sant’Allegrezza» giovinazzese mentre il presidente volta. Non è stato un evento con medagliette o attestati del sodalizio Jerry Scivetti informava i presenti che meritori per molti, ma una riunione fortemente voluta già erano in itinere i lavori per la prossima festa per il dalla società la quale instancabilmente cerca in tutti i santo Patrono, che si svolgerà nella Little Italy l’ultimo modi possibili di mantenere sempre viva la fiamma della weekend di maggio. Quindi, designava il David Pisani nostra giovnazzesità. Strano ma vero, la partecipazione e consorte Grand Marshall (curatori responsabili) è andata oltre le più rosee previsioni. A tavola si è servito delle festività ed esortava tutti a partecipare compatti un pranzo oserei dire luculliano servito dal rinomato a tale evento. E mentre la sala con una certa lentezza ristorante «Vetro Russo’s on the Bay». Il raduno si si svuotava, gli ultimi nostalgici si scambiavano i rituali svolgeva in un’atmosfera gioiosa e festiva e la pista da auguri natalizi con la promessa e proposito di essere ballo - pensate - era continuamente occupata anche da più buoni il prossimo anno. Sarà vero? Oppure erano gente con problemi di salute anche se mostravano promesse di marinaio? Staremo a vedere... OTTOBRE 2012 39


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OTTOBRE 2012


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i

racconti

del pescatore DI ONOFRIO ALTOMARE

«SOGNO UNA LAMPARA IN UN MARE AZZURRO» Quando l’economia non gira a Giovinazzo le strade diventano buie e deserte e se anche c’è il sole, con questa economia, tutto è bianco pallido, come se al posto del sole ci fosse il chiaro di luna. Alla bancarella del buon Gesù non si compra più e il tunnel della ripresa diventa il tunnel del trapasso dalla vita alla morte. A volte mentre vendo, a dir la verità mi addormento e mi immagino un fantasma, a volte qualcuno arriva e mi domanda pure: « Sei morto?». Solo se esce una dieci euro mi sveglio. Poi subito prendo nuovamente sonno e mi immagino vestito di bianco con la faccia pitturata pure di bianco seduto su di un secchio bianco da cui non mi muovo più. Ma mi devo risvegliare perché arriva di nuovo qualcuno che mi allunga qualche euro per le buste di pesce che tengo pronte. Pochi euro, proprio come si fa con le offerte allungate alle statue umane delle piazze, perché la gente ormai compra così, e allora io mi tolgo il cappello, mi siedo a terra e con un gesto chiedo qualche altro euro, dico pure che ho famiglia, così alla fine mi danno qualche altra cosa e presa la busta se ne vanno. Ed io riprendo a fare la statua bianca delle fiere e delle piazze nell’attesa di vendere un’altra busta. A volte non si guadagna proprio niente e sogno a lungo in attesa di una cinque euro. Poi alla fine vado a casa e prendo a scrivere i miei sogni cadendo di nuovo nel sonno. Spesso le nostre preoccupazioni sociali fanno un

VIVERE IL

PARADISO È

CIÒ CHE SOGNIAMO DI AVER VISSUTO NEL NOSTRO PASSATO CIOÈ COM ’ ERA BELLO PRIMA

IL

….

SOLE , LA TERRA E IL MARE .

I

SANTI ,

LE CROCIATE , TANTE CHIESE E SOLIDARIETÀ .

T ANTO AMORE brutto effetto nel sonno a me ad esempio capita di sognare il comune di Giovinazzo perché penso al paese che è morto, siamo arrivati ormai la sera vedere la piazza senza più gente, è la fine ….. Sogno la campagna di Giovinazzo, il mare ed il lontano fantasma della ferriera, sogno molti giovani che lavorano potendo sfruttare il mare e vaporetti per i turisti. Sogno tante località balneari che dai trulli arrivano a noi e sogno tanta gente che lavora in campagna ed in fabbrica. Sogno allevamenti, botteghe, agriturismi e giovani che lavorano la nostra pietra ed il legno. Sogno un lavoro ed una casa per tutti, la giustizia ed una politica che sia dovere sociale e passione, esercitata solo dai più meritevoli. Sogno la solidarietà fra tutti perchè è la cosa di cui l’uomo ha davvero bisogno. Spero che i sogni brutti invece spariscano ed inizi la prosperità in attesa della grande luce.

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PER IL PROSSIMO , TANTO AMORE PER LA VITA , TANTA GIOIA

NELLE NOSTRE

PER TUTTI . V IVERE LA VITA CASE SEMPLICI . S ORRIDERE FINALMENTE …

ONOFRIO ALTOMARE

OTTOBRE 2012


rubrica

satirico-sportiva

INSIEME SI PUÒ... BERE UNA BIRRA A cura di Donna Cannone e Robin Hood Nasce un nuovo spazio dedicato al miglior patrimonio della città: l’hockey. Che, ahinoi, è sulla via dell’estinzione come i panda cinesi e quindi urgerebbe una campagna sociale per evitare di studiare il caso in futuro sui libri di storia e geografia. Uno spazio ispirato alla leggerezza dei toni con pezzi di colore, ritratti di personaggi vecchi e nuovi, di racconti, di aneddoti, ma anche di notizie di mercato, di cronaca delle partite e tanto altro. Uno spazio libero da costruire di volta in volta perché qui non ci saranno padroni e signori: realizzeremo una pagina social legata a questa rubrica per dare a tutti i cittadini e tifosi l’opportunità di plasmare con noi il volto dei racconti. Tutto naturalmente sarà irriverente, sarcastico, pungente per il senso di ironia e di satira ma anche per l’autorevolezza delle fonti e degli interventi di persone competenti perché tutto sarà costruito su fatti VERI. Sarà la rubrica della satira e della goliardia ma anche della verità e della voce di chi deve raccontare i fatti come stanno, non i fatti come vogliono che siano raccontati. E allora tuffiamoci nel teatrino dell’hockey paesano, di quelli che non hanno bisogno di avere stuoli di detrattori per essere attaccati ad un croce e fare la parte dei martiri e dei perseguitati perché qui di persone in odore di santità o in fase di adorazione non ce ne sono dai tempi di padre Pio e di san Francesco d’Assisi. I veri professionisti dell’arte del buonumore rotellati ci pensano da soli a confezionare i numeri circensi tra mangiatori di fuoco (e venditori di fumo), ammaestratori di belve feroci e donne cannone scoppiate in aria e ritornate a brandelli sugli spalti del palazzetto di viale Moro dopo aver difeso a mo’ di iena la dignità e le gesta parentali: ché qui mica si fanno le cose bau bau, micio micio. Sono bravi a mettere in piedi spettacoli che fanno ridere, nonostante il desiderio di tanti di veder qualcuno cospargersi il capo di cenere e ammettere di aver scelto i protagonisti sbagliati: perché se nella vita non fai l’amministratore del circo né hai mai fatto il trapezista in vita tua, non servono le telefonatine a casa Orfei per avere i pezzi migliori da dare in pasto al pubblico. Perché sennò è il pubblico che banchetta con le tue carni e ti fa a brandelli. E non serve scomodare nemmeno i nomi altisonanti della politica o della società (in)civile per credere di averla avuta finalmente vinta dopo anni di

piagnistei e minacce: ché tanto di spazio per raccontare lo sfacelo - che sia web o carta stampata - ce n’è a bizzeffe e fare ‘ildippiù’ serve solo nel Burundi, grazieaddio. Tant’è. Signore e signori cerchiamo di ridere anche quando c’è da piangere, tanto il teatrino della commedia e del ridicolo è stato messo in piedi senza nessuno sforzo e nessun contributo e quindi, alè, sfr uttiamolo, divertiamoci, diamoci dentro. E dunque… «Insieme si può…. bere una birra» (seguiteci su fb h t t p s : / / www.facebook.com/ pages/Insieme-sipu%C3%B2-bereuna-birra-Poi-ruttol i b e r o / 452239518231175?ref=hl). *******************************************************************

«Le pagliacciate…» Dicono i bene informati che nel momento massimo della confusione societaria, un fantomatico australogiovinazzese abbia proposto di rilevare la società e di riportare il gruppo ai grandi fasti degli anni Ottanta con il ritorno di illustri allenatori, dirigenti e giocatori. Dicono i bene informati che qualcuno della società abbia proposto un incontro. Dicono che il giorno fissato per il tete-a-tete un dirigente si sia presentato al palazzetto 4 4 non capendo che si trattasse di uno scherzetto. Dicono…


rubrica

satirico-sportiva

SIAMO NOI INGRATI O LORO INCOMPETENTI? A VOI LA SENTENZA! METTIAMO

ORDINE NEL BAILAMME PERPETRATO AI DANNI DELL’HOCKEY

QUI NELLA FORESTA DI

SHERWOOD

A cura di Donna Cannone e Robin Hood All’indomani della vittoria contro il Prato, e ho detto vittoria mica sconfitta, lo sceriffo di Nottingham tuona imperativo sulla sua bacheca del social network più famoso della contea. Il bersaglio è mister Michele Poli, responsabile di non aver dato un gioco e addirittura di aver creato dei danni alla squadra finendo per essere delegittimato dallo sceriffo agli occhi della squadra e dei tifosi. Dalle segrete del castello provengono insistenti e veritiere voci di un complotto carbonaro di alcuni atleti e/o sedicenti tali nei confronti dell’allenatore. Un uccellino riporta tutto al mister il quale il giorno stesso chiede un chiarimento netto a giocatori e società agitando le dimissioni. E lo sceriffo che fa? Anziché tutelare l’allenatore, ne accetta le dimissioni e con un comunicato degno del miglior Giovanni Senza Terra, lo scarica come un sacco di letame esattamente come aveva fatto con Bubu Caricato solo 65 giorni prima con le stesse motivazioni. Bubu Caricato che richiama ignominiosamente al capezzale del suo giocattolo maltrattato a tre giorni dalla partita più importante della stagione. Se non fossi sicuro di essere a Sherwood direi di essere a Beautiful. La partita più importante è a Lodi contro l’ex Illuzzi, figlio della nostra foresta e del nostro hockey, che prima dell’incontro si merita un bell’articolo sul quotidiano più importante di Sherwood. Bubu ed i suoi cospiratori crollano rovinosamente a Lodi proprio sotto i colpi di Illuzzi che li ridicolizza e li estromette dalla competizione più importante dell’anno, quella Final Eight di Coppa Italia che vede misurarsi gli otto migliori arceri del girone d’andata e tanto voluta dallo sceriffo di Notthingam e che si disputerà proprio a Sherwood. Bubu Caricato si scaglia sul social network della contea apostrofando inelegantemente e con un bel quantitativo di bile il suo predecessore, reo di cosa? Di aver allestito la squadra? No di certo! Di aver trasformato la squadra nella compagine che storicamente ha segnato di più nelle prime 11 giornate? Speriamo di no! O di aver dato la possibilità al principe Antezza di segnare così tanto come mai aveva fatto nella sua carriera? Lo sceriffo, furioso

per l’esclusione della sua Ferrari, esercita il suo potere politico per evitare una momentanea derisione pubblica finendo col far credere che più le parole di Illuzzi che non i fatti in pista abbiano fatto crollare la sua Ferrari. Incomincia il girone di ritorno con la partita di Follonica, altra sconfitta ed altre urla isteriche dello sceriffo di Nottingham sul social network: il bersaglio ora è la squadra, la sua Ferrari, quei cospiratori ai quali tanto aveva voluto bene e creduto, al punto di allontanare mister Poli. Secondo incontro del girone di ritorno, contro il Bassano, che passeggia sui pelucchi dei tigrotti impauriti e che non graffiano più, semmai lo avessero fatto. Anche in questo caso lo sceriffo ed il suo fido Bubu se la prendono coi danni perpetrati da mister Poli. Ma il popolo di Sherwood adesso non ci sta più, il popolo ora contesta, lecitamente e legittimamente, inveisce dagli spalti, apostrofato dalla moglie dello sceriffo che si sbraccia e si infervora beceramente in difesa dell’egemone “qui-comando-io-e-basta” suo marito. Ma al tramonto di tutto questo squallido teatrino la gente di Sherwood si chiede: ma siamo noi gli ingrati che non riconosciamo gli sforzi che lo sceriffo fa per tenere vivo l’hochey nella nostra foresta, o è lo sceriffo stesso che non capendo una beata cippa di nulla in materia rotellistica, accentratore di tutti i poteri non solo della foresta o della contea, ma di tutta la galassia, sta rovinando il nostro sport? Quando Egli si cospargerà il capo di cenere e si proclamerà autore di tutte le responsabilità (non solo degli onori) delle figure di tinta marrone che versa sulla nostra società e quando Egli chiederà scusa ai tifosi e ai cittadini, allora un passo decisivo verso la verità sarà fatto. Altrimenti, che il popolo di Sherwood, insorga a difesa del proprio patrimonio sportivo, spingendo lo sceriffo a cedere il sodalizio di cui è tristemente imperatore. 45

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fotografie

da

RISPOLVERARE

L’IMPORTANTE NON E’ VINCERE

FOTOGRAFIAGIOVANNI PARATO

Questa volta non ho bisogno di rispolverare col pennello una vecchia fotografia. Perché la fotografia è a colori e quando è colori l’articolo che segue si guarda mentre la foto si legge. Poche parole quindi per ricordare la nidiata degli allievi dell’AFP del 1988. Facciamo Nomi e Cognomi. Su questo numero va di moda. Demola, Micchetti, Nocera, Sciannamea, Marella, Vero, Martino, Fiorentino, Picitelli, Lacalamita, Laforgia, Carbonara, Grandolfo, Cicciriello, Abbondanza, Volpicella. Sono ragazzi che non ce l’hanno fatta a diventare come Marzella e si sono riconsegnati alla vita di tutti i giorni. E poi chi l’ha detto che a Giovinazzo l’imperativo categorico per chi andava sui pattini era sempre e solo Vincere? In un mondo in cui tutti lottano accanitamente, se uno si accontenta di partecipare ha già vinto in partenza. Non si può vincere sempre, ma si deve avere almeno l’aspettativa di vincere ogni tanto. E’ proprio quello che hanno fatto i favolosi ragazzi del 1988 che hanno cambiato il proprio campo di gioco e nella vita sono tutti professionisti. L’hockey? Ti aiuta, sport bello e crudele, a stringere i denti quando la luce è in fondo al tunnel! GIOVANNI PARATO

VE LO RICORDATE? Il mitico «Ciccillo», custode del campo sportivo comunale. Era lui l’anima ed il motore della vecchia U.S. GIOVINAZZO calcio, anni 50/60 anni e oltre. Morì in un grave incidente stradale nel lontano 1982. La sua scomparsa fece eco in tutti gli ambienti sportivi e non della ns. città. Era un personaggio mitico, scorbutico, ostico ma fondamentalmente buono. Era sordomuto dalla nascita ma, a modo suo sillabava tanto da farsi capire. Tifosissimo da sempre della Giovinazzo – calcio (ne aveva fatto la sua ragione di vita). Guai a parlar male di qualche suo giocatore preferito (Carbonara -De Feo - Sibillano). La sua abitazione è sempre stata presso i due campi sportivi (il vecchio comunale ed il nuovo Raffaele Depergola). Insieme a lui vivevano una nidiata di cani e di gatti (come facevano a coesistere???). Tutti i giorni andava in giro per il paese a raccogliere il mangiare per loro. Una persona pulitissima ed ordinata. Il campo di calcio, gli spogliatoi e la palestra erano sempre puliti e ordinati. Tempo fa, dopo tanti anni, sono tornato a rivedere quei luoghi e mi sono rattristito nel vedere il totale stato di abbandono dell’impianto Raffaele Depergola. Mi è sembrato doveroso ricordare questo personaggio dimenticato un po’ da tutti: «CICCILLO». PEPPINO CERVONE Presidente U.S. Giovinazzo calcio anni 70 e oltre... 46


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