terzo quaderno

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della Scuola elementare di scrittura emiliana

tcr/,o quaderno


Sono qui raccolri alcuni degli esercizi che sono usciti dalla Scuola elementare di scrittura emiliana che si è tenuta a Bologna, alla libreria MODO infoshop Interno 4, tra il mese di febbraio e il mese di aprile dell'anno 2009. Questo terzo quaderno succede a un primo quaderno uscito nel 2007 a cura dell'Arci di Reggio Emilia, associazione presso la quale si sono tenuti, nel 2006, i primi corsi della Scuola elementare di scrittura emiliana, e a un secondo quaderno uscito nel gennaio del 2009 sempre a cura della libreria MODO infoshop Interno 4 di Bologna.


Scrivete quello che vedete dalla vostra finestra sabato 7 alle ore 14.

S

abato 7febbraio 2009 ore quattordici in punto Guardo la mia finestra. C'è il velo delle tende clic mi Ila regalalo Danicla, mia sorella. Sono tendine lunghe e strette. Di lino. Appena crespate in alto, sulla staggctta che le regge. Entra un vento piccolo, sotto quella di sinistra. Si muove come se, dietro, qualcuno soffiasse. Ci sono tre piccoli medaglioni all'uncinetto, incassati in ciascuna. Sono rose a filct. li un merlettino fino, tutto intorno. E le sfilature che le circondano, non tanto lunghe. Dai piccoli pertugi si vede il ciclo. Come marzo. Azzurro, nuvolinc. A destra c'è un bianco che non si può guardare. Quello è il sole. E proprio all'altezza della rosa di mezzo, sulla tendina a destra. Due lunghe strisce d'ombra segnano le tende verso nord. E sole d'inverno. Caldo. E già sceso un poco. Le strisce delle ombre si sranno allargando con i minuti. Ci sono case, dietro. Ma guardo la finestra senza scostare le tendine. Il sole adesso è coperto da una nuvola. L'azzurro è diventato più netto, dietro le tendine e le rose. E si scopre ancora, il sole, tra le nuvoline bianche di oggi. Nel tempo che passa nei minuti, sulle chiazze bianche, le ombre, il soffio del vento che muove la tendina di sinistra, la gonfia, la sgonfia, lei rimane ferma, si muove appena, al soffio. ore quattordici e venticinque fine dello sguardo (Laura Strappa)


Scrivete di una volta che avete avuto paura.

P

aura io? Ma sei fuori? Poi paura di cosa? Dell'inferno? Ma sarai fuori? L'ha detto anche Marx. Lui ha detto qualcosa. Ma adesso non ine lo ricordo. Paura di morire? Cavolo, non mi ci far pensare. Tu dici che ho paura di morire? Ma lo sai che forse c'hai ragione. Fu non ci pensi, a morire, voglio dire. Poi c'c1 un giorno che ci pensi. E allora poi non te lo cavi più dalla testa. Stavi meglio pi ima, le lo dico io, prima di sapere che prima o poi ti tocca di morire. Speriamo che sia poi, mica prima. Mi viene da scherzare perché è vero che c'ho paura di morire. Sai cosa li dico? Non e morire elle mi scoccia. Mi scoccia morire da sola. Se potessi morire in compagnia, beli, non c'avrei più paura. Sono sempre stata una che ci piaceva fare le cose in compagnia. Oic, in compagnia, non c'ha paura. Una voltala polizia mi tirò su, davanti a una fabbrica i he facevamo il picchetto, lo non c'aveva paura perché c'erano i compagni. "Te sei come una Mazzone," m'ha detto uno della sezione, uno clir è andalo a scuola, che noi lo chiamiamo 'il professore. "Una Mazzone? Una che viene da Serra Mazzone?" chiedo io. Quello che ha studiato ghigna, "Ma no, una che la la guerra, clic non c'ha mai fifa." Beh, io lira cc l'avevo, se ero davanti a quella fabbrica da sola. Ecco, quello che mi scoccia è proprio non poter morire in compagnia. Ce l'ho detto, con Piero, 'Quando siamo vecchi, ci buttiamo giù da un burlone, tutti e due, come fanno laTelma e la Luisa?' Lui mi ha detto se ero fuori. Ma io non sono mica fuori. E che mi scoccia di morire da sola. (Maria Luisa Pozzi)

H

o abitato in un minuscolo appartamento sopra un garage costruito sul dauco di una chiesa. Accanto c'era un appartamento minuscolo uguale, perfettamente speculare, anche lui con garage sottostante. E lì abitava un signore che non mi ha mai salutato ed ha continuato a non salutarmi per tutto il tempo che son stato li. Però io, come niente fosse, l'ho sempre salutato, più in segno di pace che per una questione di educazione. Lo incontravo la sera, al rientro dal lavoro, seduto su una sedia davanti al garage. Buonasera, dicevo. Lui niente, espressione brutale. La domenica, invece, spostava la sedia sul balcone e restava tutto il giorno lì, a fissare il cortile. Buon giorno, dicevo, guardando in su. E lui niente, espressione brutale.


Prima di andare a dormire chiudevo la porta di casa con due giri di chiave. Chiudevo anche la porta della camera da letto. Nel mio minuscolo appartamento la porta della camera da letto era difettosa. Per chiuderla dovevo spingere con la mano sul lato interno della cornice e contemporaneamente agire sulla maniglia tentando di incasttare la serratura nel suo foro. Una notte, in pieno sonno, ho sentito un rumore improvviso, uno scatto metallico. Ho aperto gli occhi senza propriamente svegliarmi, per reazione meccanica e senza alcuna intenzione. Ho visto la porta della camera spalancarsi. Qualcuno era entrato in casa e adesso poteva tranquillamente saltarmi addosso e strangolarmi mentre ero disteso, impossibilitato alla difesa. Ho provato ad urlare. In condizioni normali avrei cacciato un urlo da svegliare l'intero isolato. Quella volta non è uscito neppure un filo di voce. Ho provato due o tre volte ma niente, corde vocali fuori uso. Complessivamente, dal momento in cui ho aperto gli occhi al momento in cui mi son reso conto che dietro la porta non c'era nessuno saranno trascorsi dieci, quindici secondi... Un'eternità. Il fatto strano è che, a pericolo scampato, non ho fatto altro che chiudere gli occhi e tornare a dormire. Voglio dire, una persona normale avrebbe sentito il bisogno di fare un giro per casa, perlustrare cucina e bagno, controllare che l'ingresso fosse ben chiuso, magari preparare qualcosa di caldo, invece niente... Ho abitato in quel minuscolo appartamento per altri cinque mesi. Ho continuato a salutare il vicino. Buon giorno al mattino, buona sera al rientro da lavoro. Lui ha continuato a non rispondermi. (Mauro Orletti)

L

avoro da Flachman e figli, uno studio notarile, e ci lavoro tutt'ora, nonostante tutto, grazie alla benevolenza del signor Flachman in persona, nonostante sia rinchiuso in un appartamento dal quale non esco da ormai un anno, e in cui Flachman mi fa arrivare tramite un ragazzo i documenti e le carte da copiate e ricopiare quanto basta, e alla sera torna il ragazzo a riprendere il materiale, e un altro ragazzo mi fa la spesa e mi compra i giornali, i quali non parlano più di me per fortuna, ma sono sicuro che una passeggiata per la via principale mi procurerebbe un posto in prima pagina, cosa che evito come la peste, in quanto tremo ancora al ricordo di quei giorni, quei giorni in cui è successo, a partire da quella mattina, in cui mi svegliai alle sette come ogni giorno, e come ogni giorno prima di ogni cosa mi diressi in bagno, dopo essermi lavato la faccia mi guardai allo specchio, e quando mi guardai allo specchio notai che i miei capelli erano di gran lunga diversi dal solito, che da corti e quasi crespi erano diventati lisci e radi, di colore scuro e ben più lunghi della norma, talmente lunghi che mi dovetti fare una riga in parte, e sui lati e sulla nuca sfumavano sino a diventare corti, cosa strana, in quanto da quando ho vent'anni ho sempre avuto lo stesso taglio di capelli, lunghi circa cinque centimetri e a spazzola, e se solo li facevo crescere un po' di più diventavano ricci e mi davano l'aria di un cespuglio, cosa che detestavo, e quindi mi diedi subito un gran d'affare per spiegarmi il fenomeno, e l'unica giustificazione possibile era la mia posizione nel dormire, che essen-


do stata la stessa tutta la notte mi aveva schiacciato i capelli tanto da renderli più lisci e di conseguenza più lunghi, tant'era che sui lati comunque rimanevano corti, mi dicevo, mentre sul colore non avevo niente da dire, perché sapevo che gli individui dai capelli rossi non restano rossi tutta la vita, capita che si scurivano, è la norma anzi, mi dicevo, ma per niente rassicurato da questi teoremi mi misi un cappello e mi diressi al lavoro, dove seduto al mio tavolo e con una pila di documenti da ricopiare in bella calligrafia, cosa in cui eccellevo, non riuscivo a decidermi se togliermi il cappello o no, con i mici colleghi che passavano veloci e indaffarati davanti alla mia posta/ione, ne passavano in continuazione, e non sapevo cosa avrebbero detto al vedere la mia nuova capigliatura, se avrebbero pensato che ero stato da un parrucchiere d'alta moda o cose cosi, o clic ini ero tinto addirittura, per non parlare del signor Flachman, che della sobrietà e l'eleganza era un esempio per tutto l'ufficio, ma, non potendo restare con il cappello per odo ore, sudando me lo tolsi, aspettando da un momento all'altro interrogazioni e se mi andava male degli sfottò, ma non successe niente, niente di niente, e i miei colleglli continuavano a passarmi davanti e anche se posavano il loro sguardo su di me nei loro un.Ili non leggevo ne stupore ne niente, e smisi quindi di sudare e iniziai a lavorare, dimciuicaiulomi dei miei problemi, essendo sicuro che, con il passare delle ore, i miei capelli sarebbero tornati normali, cosa che non avvenne, come notai nella pausa pranzo, dopo uno sguardo nello specchio del bagno e con maggior angoscia alle sei di sera, quando lo suidio chiuse mi diressi verso casa, dove mi infilai a letto subito dopo cena, ritenendo i IH' se la causa della metamorfosi dei miei capelli era la mia posizione nel dormile non t'era .iln.i soluzione che cambiarla, cosa che feci dormendo senza cuscino, e che non servi a niente, perché la mattina dopo la mia chioma era rimasta scura e liscia come la avevo lasciala, ed anzi si era aggiunto un particolare, due battetti rettangolari che ricoprivano solo lo spazio sotto il naso, e che non erano proprio folti, ma un'ombra appena, ma che a una persona quasi glabra come me, cosa di cui in passato mi ero fatto addirittura una malattia, per via delle ragazze, e dei ragazzi che mi sfottevano, bastava per sorprende!mi, e per larmi prendere il rasoio, che più che un utensile era sempre stato un soprammobile, ed eliminare quella peluria fastidiosa, e, fatto questo, mi pettinai i capelli ai quali ormai ero abitualo, e mi diressi in ufficio, dove neanche quel giorno venni notato, con mia gratitudine, e la giornata passò così, come le altre giornate, tranne la sera, finito il lavoro, in cui andai diretto da un barbiere, a farmi fare due cose, un classico, barba e capelli, e Iti ciò che lece il barbiere, che mi lasciò soddisfatto, nel tornare, e a guardare le signore lungo la strada senza troppi pensieri, fino a casa, dove corsi subito allo specchio, e fui soddisfatto nel notare che era uguale allo specchio del barbiere, identico, ed ero sbarbato, e con i capelli corti, sempre scuri, ma corti, niente da dire, andai a letto, e dormii, fino alla terza mattina, quella in cui mi resi conto che c'era qualcosa di serio che mi stava accadendo, qualcosa non a caso, in quanto i capelli erano tornati più lunghi, sempre lisci, erano tornati anche i balletti, e mi si erano scavate un po' le guance, a me, che sono sempre stato un pò paffuto, con i capelli ricci ricci e paffuto, uno zimbello nato, !e glabro pure, ora mi stavo trasformando, ed iniziai a stare fermo e sudare, a guardarmi e sudare, a farmi la riga in parte e sudare, bloccato in questi gesti, e mi sbloccai con il braccio che seguì la mano che di scatto era andata al rasoio, e l'altra mano al pennello della schiuma, e in men che non si dica ero senza quei


baffetti, e sospirai a guardare il mio volto pulito, quando, osservando bene, vidi comparire, dove prima c'erano i baffi, prima un'ombra, poi una peluria rada, e in pochi istanti i baffi, cosi come erano pochi istanti prima, e mi parve, ma non ne sono sicuro, di sentire addirittura un rumore, come un sibilio, durante la crescita istantanea dei baffi, e mi ribloccai, guardandomi fisso negli occhi, ed iniziai nd aprirli e chiuderli, e non so se n qualcuno sia mai successo, di cambiare fisionomia in cosi poco tempo, e guardarsi e vedersi, e provare quello che provavo io allora, e senza il m i n i m o interesse, abbandonarsi alla contemplazione, sempre più rassegnata, di un'altra persona, come facevo, fino a quando mi sedetti sul bordo della vasca da bagno, con le gambe per aria e il sedere a fare da contrappeso, fino che questo perse il sopravvento, e scivolato nella vasca mi addormentai, per poi svegliarmi, ore dopo, e senza guardarmi allo specchio, vestirmi in Fretta e correre in strada, perché, nonostante tutto, intendo le trasformazioni, non potevo non andare al lavoro, cosa che avevo evitare di fare per tutto l'arco della mia carriera, e quando corsi, giù per le scale, fino alla via affollata, dove presi a camminare con passo spedito, e dopo minuti che non guardavo altro che i miei piedi raddrizzai la testa e, nonostante la fretta e il sovrapensiero, notai degli sguardi strani, provenienti dalla folla, che con me stava nella via, qualcuno addirittura mi puntava addirittura il dito, qualcuno esprimeva rabbia, certi avrei detto anche disgusto, come quello che evidentemente aveva mosso chi, a mia opinione non per caso, mi tirò una spallata, talmente forte da buttarmi a terra, da dove vidi il ciclo coprirsi di teste, che mormorando mi osservavano, parlando di un l u i . di cui non sapevo nulla, fino ad aprirsi, alla venuta di un poliziotto, che, messomi un braccio sotto un'ascella mi alzò in piedi, e prese a farmi delle domande, sul mio nome, sulla mia provenienza, e, sotto consiglio sulla folla, sulla mia età. lo rispondevo come potevo, fino a quando mi prese un non so che cosa, e il mio braccio destro, senza che io glielo avessi ordinato, si raddrizzò di scatto, verso l'alto, con la mano aperta, e dalla bocca mi uscì un grido, come quelli che si fanno, quando qualcuno ti pesta un piede, e fu lì, a quel grido, che negli occhi delle persone, che come me stavano nella vìa, e che ora mi circondavano, vidi ciò che neanche saprei esprimere, se non con la parola odio, ma che sembra troppo poco, in vista di ciò che mi circondava, e che spingeva, e premeva, e li faceva urlare, e non so ancora come feci, forse grazie al poliziorto, ma non credo, che sgusciai fuori, e corsi, e neanche sapevo se ero inseguito o meno, quando entrai nel mio portone, e salendo le scale, pensavo solo al lavoro, al signor Flachman, a cui avrei telefonato, per spiegargli l'accaduto. (Pietro Faoro)


Presentatevi in 5 righe.

L

a mia amica Francesca mi ha detto che quando dico qualcosa e nessuno mi risponde allora io taccio come se non avessi detto niente. Solo che lei si è accorta e quando me l'ha fatto notare ci siamo messe a ridere. Anch'io mi ero accorta che facevo una faccia strana quando nessuno mi rispondeva e io avevo detto qualcosa, ma pensavo che fosse perché avevo parlato troppo piano. Solo che lei questa voha mi aveva sentilo. (Carlotta Zarattini)

I

o sono una che in tanti mi hanno detto, Scrivi, oppure, Tu dovresti scrivere, che poi insemina sono due modi simili di dire la stessa cosa. La prima che ricordo era mia cugina Nadia che secondo lei avrei dovuto fare la gtOflluintlli (in dai tempi della terza elementare. D'altra parte lei di stampa un po' ne capiva: aveva la stanza da letto piena di pile di fotoromanzi con le foro di Franco Gasparii, Max Delys e Claudia Rjvelli, detta anche "la sorella di Omelia Muti" perché era proprio sua sorella e non tanto per dire. Poi me lo disse la mia mamma che ero già adolescente e ne comimi.ivo di tutti i colori e quando me lo diceva, secondo me, era anche un po' per dispera/ione: come a dire, Tu devi scrivere, così magari ti fermi e ti calmi un po' e la smetii di combinare unte le cazzate che combini e darmi tutti quei pensieri. Poi me lo hanno delio nrll'ordine il mio ex e uno che non è ex ma ci scommetto, fra un po' farà carriera e diventerà ex pure lui. (Elisabetta Cani)


Scrivete quello che volete.

B

ologna le gelaterie chiudono tutte d'Inverno e riaprono a Marzo. A me questa cosa se me la raccontavano prima io non lo so se ci credevo. Che se uno si vuole mangiare un gelato a gennaio qui no, non lo può fare. Bologna la panna sul gelato è un gusto. Bologna c'è un posto che si chiama Medicina e io prima pensavo sempre che era la facoltà di medicina dove succedevano cose terribili: vecchiette rapinate, ragazze sgozzate, gente ammazzata, cose così. Io mi dicevo sempre, ma guarda te che strana la gente che viene a studiare medicina a Bologna. Bologna quando sono arrivata c'ho messo un po' a capire quando al negozio mi dicevano "altro" o mi parlavano del rusco che a me mi sembrava una specie di modo di dire come "tra il lusco e il brusco" e invece no. Bologna fare la colazione al bar costa quasi il doppio che a Roma. Bologna ci sono i portici dappettutto e non serve praticamente a niente avere un ombrello. Bologna dopo un po' che ci vivi diventi pigro e se ti dicono di andare a bere una birra a venti minuti a piedi da casa te ci pensi bene prima di andare. A Roma se dopo un'ora di traffico, 40 minuti per cercare posteggio, cammini per venti minuti, poi dici pure tutto contento "No, non ho parcheggiato lontano". Bologna al supermercato ti vogliono dare sempre la sportina e mai la busta. Bologna se ti suonano alla porta e ti chiedono il tiro non ti stanno prendendo in giro. Bologna ha le strade tutte curve, poi mi hanno spiegato sono a raggiera partendo dalle torri che se tu prendi due strade che sembrano vicine poi può essere che alla fine sono diventate lontanissime. Bologna puoi comprare il biglietto dell'autobus a bordo, come in tutti i paesi civili. Bologna il mercato delle erbe fa la pausa per il pranzo, è quantomcno bizzarro per un mercato. Bologna se tu hai degli amici a cena e ti sei scordato di comprare il vino e poi scendi a prenderlo, che ne so io, verso le dieci e un quarto che ci sono certi negozi aperti fino a tardi, te il vino non lo puoi più comprare. Neanche la birra. C'è il caso che ti fanno pure una multa. Sembra una cosa contraria alla Convenzione di Ginevra ma invece ho saputo che è legale. È stata un'idea del sindaco. Bologna non si può più manifestare in certi giorni, in certi posti e a certi orari che dopo si da fastidio e non sta bene. Bologna per la festa del papa hanno fatto la festa dei papa coraggiosi. L'avevano organizzata certe femministe. A me le femministe di Bologna mi fanno paura. Pure le organizzazioni delle pari opportunità mi fanno paura ora che ci penso. (Luana Vergar!)


q

uesta settimana sono successe due cose che mi hanno colpito; ho letto un libro in prestito, che è una cosa che non facevo da tre anni, perché a me non piace leggere i libri in prestito; per fortuna il libro si leggeva in un paio di sere, per fortuna perché non ho mai il tempo di leggere come vorrei e stavolta invece ero obbligato a finirlo in fretta perché lo volevo riportare al più presto a chi me l'ha prestato, che è una persona che ho conosciuto a un corso di scrittura, e quindi non è che siamo amici da chissà quanti anni, e insomma non volevo fare una figura di merda con una persona che conosco poco, che mi pare pure in gamba e per di più mi ricorda tanto patti smith che glicl'ho anche detto un sacco di volte. Ah, il libro mi ha messo un po' di tristezza, chi l'ha scritto non doveva passare un gran periodo quando l'ha scritto, e il mio problema è che ho pensato che non ci vuole niente a capitare in una situazione simile a quella di chi ha scritto quel libro. Soprattutto adesso che sono papa, da quando sono papa, io ho più paura di un sacco di cose, che poi non vorrei avere ste paure, che prima non avevo, perché non vorrei affatto trasmettere a mio figlio l'idea di avere un papa con delle paure assurde. Tipo che adesso ho paura dei viaggi, ho paura di morire, ho paura che muoia la mamma di mio figlio che poi è mia moglie, ho paura di tutte le cose che per mio figlio sarebbero proprio una brutta cosa. Prima che nascesse mio figlio, non potevo averle ste paure, e infatti non le avevo. L'altra cosa che mi è successa sta settimana è che mio padre mi ha detto: "il mio problema è che non riesco a soprassedere, prima o poi prenderò delle botte". Mio padre è partito da un discorso su dei cinesi che gli stan sotto casa, che cucinano a tutte le ore con delle bombole fuorilegge, con una puzza allucinante che non si possono aprire le finestre, gli son già andati a vedere i vigili urbani, la usi, i pompieri e la madonna, e tutti hanno scritto a sti cinesi "invitandoli" a non fare certe cose, e il risultato è che ai cinesi non gliene può fregare di meno, e quando gli arriva la commessa, di notte attaccano e lavorano 24 ore di seguito. Questo per dire che sta battaglia coi cinesi mio padre non la molla, lui e tutto il condominio di esasperati ma per lui è peggio perché sta al primo piano e l'assurdo è che hanno ragione, ma per farsi valere devono avere delle beghe infinite con avvocati, riunioni condominiali, questure, insomma uno sfinimento per una cosa che sai già che avresti ragione se le cose funzionassero. Ed è lì che mio padre, mentre mi raccontava al telefono di sti cinesi, mi ha detto "il mio problema è che non riesco a soprassedere", e poi mi ha raccontato un episodio... l'altro giorno era sul ponte di stalingrado, che a bologna abbiamo ancora via stalingrado, viale lenin, via marx finché non ci tolgono anche i nomi, e mentre andava sul lato "pedoni", gli veniva incontro un nero di due metri in bicicletta grossissirno, che invece di stare sul lato ciclabile stava sul lato pedoni; ora, per farla breve, mio padre s'è spostato all'ultimo momento, non voleva spostarsi perché aveva ragione lui, allora il tipo in bici ha sbandato un po', e gli ha bofonchiato qualcosa dietro, a mio padre, come se fosse colpa sua, e allora mio padre, invece di soprassedere, si è girato con gli occhi fuori dalle orbite,


che mi par di vederlo,e gli ha detto "cazzo vuoi vaffanculo!", che se il tipo di due metri si fermava mio padre per quanto incazzato, essendo un metro e 66, ne prendeva un sacco. Ecco mio padre non riesce a soprassedere quando ha ragione, e anche quando non ce l'ha, dico io, perché poi lui crede di avere ragione sempre immagino, e prima o poi becca uno che si fa male. Sta cosa mi ha fatto pensare, che anch'io sono un istintivo, ma mica così tanto, cioè io una valutazione dell'indice di massa corporea di chi mi sta davanti, la faccio sempre, a parte quando sono in macchina che do il meglio di me, che poi è il peggio, e in quel caso là del ciclista in via stalingrado mi sa che io lo sfanculavo tra me e me. (Stefano Nassetti)

T

roverò la tua lettera sul comodino, custodita dagli oggetti ordinar! e quotidiani di ogni risveglio, adagiata su un libro robusto, un romanzo mai concluso che conduce rapidamente al sonno, vicina al vecchio orologio a sveglia, dalle lancette pesanti e quasi immote sullo sfondo di una carta rattrappita, stampata con grandi numeri, dal due lievemente scolorito nella parte inferiore da sembrare un interrogativo sul tempo. La leggerò prima di addormentarmi, il capo debolmente affossato sul cuscino, i capelli slegati che si allungano oltre le spalle scoperte, la luce raccolra e soffice della lampada gialla, guarderò i fogli tra le dita aspettando ancora un momento, respirerò l'odore dell'inchiostro sulla carta, che sa di cantina fresca e bottega d'artigiano, intanto il pianoforte s'insinuerà nella camera da letto come un nastro di raso, ondulato dalle braccia morbide di una danzatrice, socchiuderò gli occhi alle prime note di Debussy, andranno in profondità, ad accarezzare corde che inumidiscono le ciglia e disegnano nel viso linee semplici di stupore, allora comincerò sulla stessa andatura intima ed emolliente in cui si spande un chiaro di luna. (Francesca Mazzaglia)

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oi è arrivata la polvere. Avrei dovuto prevederlo, ma a cosa sarebbe servito? Non si possono ostacolare gli eventi. Così è arrivata la polvere, generata da ogni avvenimento spiacevole. Uno o più granelli per ogni dolore, paura, tristezza, solitudine, male. Uno o più granelli a seconda della loro intensità. La polvere ha offuscato la mia identità, gli spigoli del mio carattere sono stati ammorbiditi, i miei colori si sono attenuati. 3 agosto 1998: il giorno in cui è caduta più polvere. 3 agosto 1998: il giorno in cui è morto mio padre. Quella mattina piombò a casa uno dei titolari dell'azienda di trasporti dove lavorava. Non avevo mai visto in faccia nessuno di loro. Il suo arrivo preannunciava un evento sgradito: un incidente sull'autostrada. Non ebbe neanche la forza di dirmi il vero. L'avrei saputo qualche ora dopo, io per primo. Una telefonata della polizia. "Pronto!" "Polizia di Asti... famiglia Borri?" "Si" "Posso sapere con chi parlo?"


"Luca" "E un parente di Renzo?" "Sono il figlio" "Lei è maggiorenne?" "Si" "Devo comunicarle che suo padre ha avuto un incidente. E morto!" Tutto qui. Volgare come le divise che indossano. Brutale come i loro atteggiamenti da caserma. Nella mia mente una luce bianca accecante a spazzare via ogni pensiero. Nell'altra stanza sentivo le grida di mia madre, si sfogava con le sue amiche che erano accorse dagli appartamenti vicini. Mia madre fiuta le tragedie come un animale fiuta il pericolo, è l'esperienza. Già una volta la strada gli aveva negato un marito. Ora dovevo essere io a rivelarle quanto Dio fosse stato crudele di nuovo. Dovevo essere io a portare al culmine il suo dolore. Un silenzio assordante ci ha accompagnato per tutto il viaggio. Poi l'arrivo. Il suo corpo era in un cimitero di campagna. Era il posto più vicino a dove si erano svolti i fatti. Mio padre sorpassava un altro tir, forse per la pioggia si sono toccati, il camion di mio padre ha invaso l'altra corsia, è uscito di strada e la cabina di guida si è sbriciolata. Fine! Tre giorni siamo stati prigionieri di quel posto e della nostra incredulità. Di quei tre giorni ricordo solamente il suo corpo accartocciato come una scarpa usata abbandonata su una strada, la mia impossibilità di parlare e di pronunciare solo bestemmie di fronte ad una croce immensa al centro del cimitero, il mio abbracciarmi da solo e mia madre che cercava rassicurazioni affinchè non la lasciassi da sola. Il ritorno è stata la nostra salvezza. Eravamo come due sub in debito d'ossigeno che ritornano in superficie. Come l'esplosione di calore di un amante che non si vede da troppo tempo. Mio padre era un uomo silenziosissimo, in strada neanche mi salutava, per lui era sufficiente farmi un cenno con la testa. Così venni a conoscere i fatti della sua vita attraverso i racconti di parenti, amici, colleghi. Lo stavano facendo nascere di nuovo. Come un bimbo avido di fiabe li ascoltavo, mi riappropriavo di lui e mi nutrivo di calore. La notte del funerale feci anche l'amore con la mia ragazza sul divano di casa. Di li a qualche giorno tutto sarebbe cambiato. La realtà si sarebbe vestita di solitudine e acccttazione. Nulla sarebbe stato più come prima. Le mie opinioni su mio padre non erano delle migliori, eppure inaspettatamente ha voluto introdursi nelle mie viscere. Cosi sono divenuto parte di lui. Così i suoi modi e i suoi atteggiamenti sono diventati i miei. Così sono diventato più figlio di puttana di lui. Così la parola "futuro" ha iniziato a puzzare di inganno. Così ho iniziato ad avere un'unica legge: poco rispetto per tutti e divertimento effimero ad ogni costo. Così ho iniziato a disprezzare me stesso. 3 agosto 1998: il giorno in cui è caduta più polvere 3 agosto 1998: il giorno in cui si è chiusa la mia vita precedente. (Luca Borri)


Scrivete una cosa che vi ha fatto ridere.

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cose sono quelle che mi sono rimaste dentro in modo cosi forte che anche dopo a n n i quando ci penso mi fanno venire in mente l'India: i suoi odori e la gallina investita. I primi giorni troppo caldo, gente, fango, puzza, traffico, mucche, cammelli: a Jaipur non riuscivo ad attraversare strada. Poi andavamo in giro in una macchina noleggiata: una vecchia Ambassador degli anni 60, zero ammortizzatori: io dietro che guardavo il paesaggio come in un acquario. Mentre stavamo attraversando un villaggio sentiamo un colpo sordo e vediamo cascare sul parabrezza un mucchio di piume bianche, ne volano un paio anche dentro al finestrino. Oddio che cosa abbiamo investito?!? Dice mia mamma. Tonight chicken, chicken for dinner! Dice l'autista e ride. Guardo l'autista, guardo mia mamma. Nell'istante in cui ho realizzato che si trattava davvero di una gallina, di quelle galline magre che vedevo passare per la strada, ho visualizzato in testa il replay della scena mi son sentita dentro un cartone animato. La roccia che casca dal canyon in testa a will coyote. Ed ho attaccato a ridere. La cosa strana è che non ho fatto una risata e stop, ma che questa risata ha generato una reazione a catena: cosa mi ha fatto iniziare a ridere ma a ridere che quando viene così uno si sente i crampi nella pancia. Ho continuato così per un po'. Neanche quando abbiamo fatto il b u d i n o al fumo ridevo così tanto per niente. Mentre ridevo e ridevo hanno iniziato a lacrimarmi gli occhi. Poi mi son venuti i singhiozzi. Facevo fatica a respirare. Mentre ero lì che ridevo l'autista ha ripreso a guidare e mi guardava dallo specchietto, mia mamma mi guardava e mi diceva Ancora? Ma sei scema? Ma cosa ti è preso? Basta sembri diventata cretina..! Io, che cosa strana, non riuscivo a smettere. Mi sono imposta di fare come a scuola, quando il tuo compagno di banco dice una cagata e tu non puoi ridere perché c'è la prof che spiega: ho soffocato la risata. Piano piano ho fermato la mia pancia che saltava. Speriamo che quella gallina stasera se la mangi davvero qualcuno, che qua sennò fra tutto sto fango non si tira su molto. La piuma che è volata in macchina l'ho recuperata e ce l'ho ancora nell'agenda. (Ircne Sabelli)

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o riso molto quella volta che i miei amici fecero uno scherzo al barista del bar del circolo dei repubblicani.


1 miei amici segnavano spesso le consumazioni al bar. "Oddo" il barista, arrotondava i conti e c'erano spesso delle contestazioni. Una notte per punizione i miei amici pensarono di murare la porta del bar. Provvisti di mattoni e cemento, nel cuore della notte, murano l'ingresso del bar che dava sulla viale principale del paese. La mattina dopo, in città non si parlava d'altro. 1 carabinieri e anche un nucleo della digos si erano recati sul posto e frotte di cittadini non facevano che commentare l'accaduto. I segretari cittadini dei partiti politici espressero la loro solidarietà volendo trovare a tutti i costi le tracce dell'attentato politico, dell'avvertimento mafioso e del grave atto antidemocratico che minava le basi civili della città. II bar dei repubblicani era anche la sede del partito. C'era l'usanza che una stanza del bar fosse attrezzata come camera ardente per i vecchi iscritti, atei e mangiapreti, che, quando morivano venivano parcheggiati lì per l'ultimo saluto. Il destino beffardo volle che quella notte, un vecchio repubblicano aspettava di percorrere la sua ultima tappa mentre i miei amici consumavano la loro vendetta contro l'avido barista. Alla mattina prestissimo, all'arrivo dei familiari, davanti all'ingresso murato, le urla e le imprecazioni fecero subito il giro della città. Quando ci penso rido ancora. (Gianluca Bagnara)

H

o riso molto quella volta durante un concerto di Giorgio Gaber. 11 mio amico Fausto che era seduto con me, nell'ultima fila del primo settore della galleria del teatro, non volendo disturbare le persone sedute, durante lo spettacolo, per andare al bar, ha cercato di scavalcare la poltroncina di legno. Per un attimo è riuscito a resistere in equilibrio delicatissimo, nella salvaguardia dei suoi attributi, ma non trovando l'appoggio con il piede, è rotolato come un sacco nel corridoio. "Putana troia" si senti e a carponi sparì velocissimo. La mezza galleria più in alto stracolma si incendiò in una fragorosa risata. Giorgio Gaber alzò gli occhi verso la galleria preoccupato dal fatto che non aveva detto nessuna battuta. Io mi pisciavo addosso dal ridere. (Gianluca Bagnara)


Registrate un discorso, o una conversazione, e sbobinatelo.

P

ronto? Ciao papi. Niente, io bene. Ciao ma', si niente, bene. Tutto a posto tu, ma'? Mysky avete messo? Voi già siete dei malati di televisione che vi guardate sky dalla mattina alla sera, ci voleva pure mysky, ci voleva. Ah, solo 49 euro, ho capito, allora sì. Quello è un ciuccia soldi, un ciuccia soldi, lui, mysky, e anche tutto l'ambardan di sky. Ecco cos'è. E guarda che io lo so, c'ho lavorato. Sì, proprio, lo so io, gli ho fatto una pubblicità. No non a mysky, a sky e basta, ma tanto fa sempre parte di quell'ambardan lì. Ma sì ma tanto voi siete la famiglia tipo, per cui ci sta. E poi papa è cambiato da. così a così. Ma poi, dopo, per staccarti da mysky, voi passate i guai, ma'. Perché?, perché sì. Perché questi fanno così, ti mettono nella rete, dopo di che una volta che vuoi staccarli è un casino, come con telecom, quelle storie lì. Ma consultatemi, cazzo, prima di far ste cose. No vabbè, figurati, nessun problema, però dopo è un casino per uscirne, poi voglio ridere, quando non lo volete più. Ma comunque, se poi vi piace, e tanto vi piacerà, non volete più staccarlo. E allora, a voi va bene così. Che poi voglio vedere come lo usi, tu, mysky, che una volta hai cercato di accendere la televisione con il tuo telefonino. (Conversazione telefonica tra V. ed i genitori. Loro, i genitori, vivono a Lanciano; la figlia, invece, si è trasferita a Milano, dove lavora) (Francesca Secchi)


Scrivete un riassunto. A ttratta dal baccano fatto dai suoi cani in un angolo del giardino, una sera la Regina -ixElisabetta II d'Inghilterra scopre, parcheggiato vicino alle cucine sul retro del palazzo, il furgone di una biblioteca ambulante. Dentro vi incontra il bibliotecario Hutchings e il giovane Norman Seakins, lavapiatti delle cucine reali, intento a ptendere a prestito dei libri. La Regina, che un po' per via dei suoi molteplici impegni e un po' per scarso interesse, non si era mai dedicata più di tanto ai libri e alle letture, quella sera decide di cogliere l'occasione per prendere un libro a prestito non sapendo bene cosa scegliere, alla fine opta per un libro scritto da una tale Ivy Compton Burnett, il cui nome le dice qualcosa per il solo fatto che lei stessa alcuni anni addietro l'aveva nominata Dama. Il mercoledì successivo, nel giorno di sosta della biblioteca ambulante vicino alle cucine, la Regina restituisce il libro e rinnova il prestito scegliendo altri libri. Questa inattesa passione per la lettura da parte della Regina crea preoccupazione e sospetto in alcuni membri della Corte, a partire dal suo Segretario Personale, Sir Kevin Scatchard, che teme che da quella passione per la lettura possano scaturire conseguenze inattese e finanche pericolose. Il perché di tanta preoccupazione da pane del Segretario Personale e dei Ministri è fornito dall'autore in un passaggio nel quale la protagonista esprime il seguente pensiero: "II fàscino della lettura, riflette, consisteva nella sua indifferenza, nella sua totale mancanza di deferenza. I libri se ne infischiavano di chi li leggeva; se nessuno li apriva, loro stavano bene lo stesso. Un lettore valeva l'altro e lei non faceva eccezione". L'autore suggerisce che il pericolo risiede nel fatto che la Regina, attraverso la lettura ritrova il gusto di essere una come "gli altri", di agire come una comune mortale, come quella volta che dopo la liberazione, adolescente, insieme alla sorella era riuscita a mischiarsi alla folla dei festeggiamenti, senza che nessuno la riconoscesse. Nonostante la preoccupazione della Corte, per l'inclinazione socialista che questa passione sembra infondere nella Regina, la Regina continua a leggere e prende sempre più confidenza con la lettura e passa, senza che nell'elenco vi sia una particolare gerarchia, dall'oscura Ivy Compton-Burnett ad Anira Brookner, lan McEwan, A. S. Byatt, Dylan Thomas, Virginia Woolf, Charles Dickcns, Salman Rushdic, Sylvia Plarh, Henry James, W.M. Thackeray, T.S. Eliot, le sorelle Brontè, Tliomas Hardy, Marcel Proust, Samuel Pcpys e Alice Munro. Poi un giorno la Regina si mette a trascrivere le frasi che più la colpiscono e successivamente, dopo circa un anno, si mette anche a scrivere alcune sue riflessioni personali circa ciò che ha letto o che sta leggendo. Insomma a poco a poco, da lettrice, la Regina si trasforma in scrittrice. E come conseguenza, fra Io sconcerto del proprio Segretario Personale e dei Ministri, sceglie di abdicare al trono, per trovare il tempo — a ottanta anni compiuti - di riscattate la propria vita, ricca e fuori dal comune - con un po' di analisi e di riflessione. (Elisabetta Cani)


Scrivete una serie di ricordi che comincino con le parole Mi ricordo.

M

i ricordo che il sole d'estate, di pomeriggio, dopo il sonnellino, era accecante. All'epoca ero innamorata di Miguel Bosé, per quello che può voler dire essere innamorati a 4 anni. La sera non volevamo più rientrare e si giocava a giochi come "strega comanda-color" e "mamma polenta". Nessuno di noi si ricorda più come si giocasse a "mamma polenta". L'ho chiesto a tutti gli ex-bambini della Piccola Russia. E stata mia mamma a dirmi che quella borgata dove abitavamo, di là dalla statale, era chiamata la Piccola Russia per l'orientamento politico dei suoi abitanti. Di Piccola Russia non aveva solo il nome, ma anche la solidità delle case, la polvere dei cortili, delle strade e la solidarietà fra i vicini. Mi ricordo quella volta che il nonno dell'Enrica si fece male tagliando l'erba in giardino. I grandi ci dissero di stare buone, di non avvicinarci, di non chiedere. Mormoravano "gli han tagliato la gamba", poi, dopo qualche giorno, "Ettore è morto". Del resto, la storia non passa per quei posti lì, al limite un po' di cronaca, come gli incidenti sulla statale, che qualche volta, di sera, sostituivano la televisione. Mi ricordo che i nipoti di Dado, che abitavano a Milano, d'estate giocavano con noi e avevano una parlata diversa e il più piccolo, quello che aveva la mia età, Riccardo, mi chiamava "moscerino", con la e aperta. Mi ricordo l'eccitazione, la domenica mattina, quando mi dicevano "andiamo al mare". Ci trovavamo in un accampamento pieno di bambini e bivaccavamo tutta la giornata in spiaggia. Non ho mai capito perché la merenda in spiaggia era il panino con la mortadella e non la merenda normale degli altri giorni. Non dimenticherò mai il gusto di sale e il naso che cola dopo il bagno in mare mescolarsi col gusto della mortadella e le briciole del pane che si attaccano dappertutto. Le cugine più grandi volevano sempre andare a fare le passeggiate per farsi guardare dai ragazzi. E la bici blu con cui ho imparato ad andare in bicicletta me la ricordo anche benissimo, che le rotelline me le feci togliere che avevo 4 anni dall'operaio di mio papa, che doveva avere 25 anni e a me sembrava bellissimo, e la bici blu, che dovevo essere la terza o quarta cugina che la usava, non aveva i freni e per frenare mettevo il piede nudo sulla ruota davanti. Era bellissimo. Mi ricordo che io e mio fratello andavamo a vangare la terra per raccogliere i vermi per andare a pescare. E poi facevamo un buco nella sabbia e ci fondevamo il piombo per fare


i piombini per la canna da pesca. Mi ricordo la libertà delle mutande e canottiera e i piedi nudi, che la sera erano neri e bisognava lavarli bene. Mi ricordo di Alfredino e io che chiedo a mio papa, e se fosse successo a me? E lui che risponde ma cosa dici, non voglio neanche pensarci. Una volta mio padre vinse non so dove una vespa arancione. La vespa era mia ma ci abbiamo giocato tutti, sotto l'albero. Ogni tanto prendevamo un riccio, con i guanti. Mi ricordo di Dolce Remi e di quella volta che i suoi cani vengono sbranati dai lupi nel bosco. Ho pianto un bel po'. In quel periodo la merenda era con i dessert Galbani agli agrumi. Mia cugina Renata aveva il comodino pieno di fotoromanzi. Il suo fidanzato l'aspettava tutti i pomeriggi fuori dal lavoro, poi, quando l'ha presentato in casa, lei si è messa i bigodini. Mia nonna lolanda passava i pomeriggi a fare filò con le altre vecchie del vicinato. Lei era quella che vestiva di nero più di tutte. Aveva al collo un medaglione con la foto del nonno Giosuè. Mi piaceva sentire i discorsi che facevano, che erano sempre tutte d'accordo sulle intetpretazioni da dare ai fatti. Mai una voce discorde. Se uno moriva, poveretto, poveretta la sua famiglia. Se uno moriva dopo lunga malattia, meno male, si è liberato e ha liberato i suoi. Se uno nasceva, che bello. Se due si sposavano, voleva dire che prendevano il volo. Una logica schiacciante, dove i rapporti causa-effetto erano sempre chiari e facilmente individuabili. Una volta, mi ricordo, era di sera, una zanzara mi entrò in bocca. Non successe nulla. Poi giravano anche quelle voci che i pipistrelli si attaccavano ai capelli. A me non è mai successo. (Daria Barbieri)

M

i ricordo le Child-Gum, puzzavano l'alito di chimico e non aderivano bene alla parte di sotto del banco. Mi ricordo che in seconda media su Video Music impazzava Party Mallory, tutte le ragazze della classe indossavano le gonne lunghe a palloncino e gli occhiali da vista finti un po' allungati. Mi ricordo che nessuna delle mie compagne mi sembrava bella come l'originale Mi ricordo i primi telefilm ambientati in ufficio che venivano dall'America, tipo Happy Secretary. Speravo sempre che la puntata virasse verso scene porno. Ma non succedeva mai. Mi ricordo che mio cugino diceva che le puntate porno venivano trasmesse solo in America. Perché in Italia c'è il papa. Mi ricordo la bambola Ramona con i fratellini piangenti, e lei che li zittiva a sgridate o coccole, ma le scenette etano possibili solo nella pubblicità, erano bambolotti inermi senza alcuna funzione particolare. Mi ricordo che mi avevano scartato al corso di nuoto già dal primo giorno, perché arrivavo appena sopra il metro di altezza e il filo dell'acqua mi attivava al naso. Iti


Mi ricordo che poi vinsi la fase regionale dei Giochi della Gioventù di corsa campestre. E quindi vaffanculo AL BAGNINO. Mi ricordo i cartoni animati giapponesi alle quattro di pomeriggio, II Fantastico Mondo di Polly, poi quello con il bambino Down che però aveva poteri magici e verso tre quarti della puntata si prendeva una bella rivincita sui bulli. Poi finiva che erano tutti tornati amici. Mi ricordo i giornalini porno, mi ricordo Raffa la Vampira, il personaggio assomigliava a Raffaella Carri, ma non era possibile dimostrarlo e la cosa non era perseguibile penalmente. Mi ricordo che non mi sono mai masturbato con Raffa la Vampira. Per rispetto. Mi ricordo lo Skizzo della Malaguti. I possessori dello Skizzo erano destinati all'insuccesso in campo sentimentale. Nessuna sarebbe mai andata su in due sopra lo Skizzo. Mi ricordo il Poletti da due litri che prima c'era il metanolo poi no. Mi ricordo che anche se gli attaccavi gli adesivi della discoteche più alla moda come lo Snoopy e il Twister, la sfiga non abbandonava mai quel motorino e il possessore non si scrollava di dosso la verginità. Mi ricordo che ci mandarono a casa da scuola. Ero in quarta elementare. Doveva essere successo qualcosa di davvero grosso perché si verificasse un simile evento. Ricordo l'edizione straordinaria del telegiornale, il portellone aperto, la gente in bianco e nero che si avvicinava poi si allontanava in lacrime o con le mani sulla testa. Mi ricordo il corpo di Giulio Andreotti rannicchiato nel cofano. Era morto Belzebù. Tutti pensavano che fosse un vampiro immortale. Avevano torto e allora erano imbarazzati di avere avuto pensieri cosi crudeli. (Saverio Fattori)


Scrivete una serie di cose che avete dimenticato che comincino con le parole Mi sono dimenticato (o con le parole Mi son scordato, o con le parole che volete)

M

i sono dimenticato di... come si chiamava? Era il fratello d i . . . Quello che era sposato con la sorella di quella ragazza che lavorava in quello studio di avvocati di Ferrara, lui era quell'avvocato grosso con i baffi, quello che ha fatto anche politica e che ha difeso quell'assassina, dai..., quella che aveva ucciso il marito, che la tradiva con la commessa, avevavo una pellicceria a Ferrara, lui comprava i visoni in Russia di contrabbando, dai hai capito... era anche il nipote del direttore della banca popolare, dai... un pezzo grosso, avevano quella casa a tre piani gialla ad angolo nella via principale, i bambini andavano a scuola con quelli di tua sorella, poi si sono trasferiti a Bologna, adesso il marito è un professorone al Sant'Orsola. Giocavamo assieme a briscola nel bar, dai, piccolino, con gli occhiali, ferrarese... (Gianluca Bagnata)

N

on ini ricotdo l'ultima volta che ho fatto firmare una giustificazione dalla mamma Non mi ricordo l'ultima volta che il papa mi ha preso in braccio per portarmi a letto perchĂŠ mi ero addormentata in macchina Non mi ricordo l'ultima volta che ho fatto il bagno nella vasca con i miei fratelli Non mi ricordo l'ultima volta che mi hanno accompagnato a scuola la mattina Non mi ricordo l'ultima volta che mi ha vestito mia mamma Non mi ricordo l'ultima volta che sono stata al delle alpi Non mi ricordo l'ultima volta che ho fatto la pipi nel letto Non mi ricordo l'ultima volta che ho pensato che volevo fare l'atttice Non mi ricordo l'ultima volta che ho dormito con la luce accesa 18


Non mi ricordo l'ultima volta che ho guardato dentro l'armadio per vedere se c'erano i ladri. (Carlotta Zarattini)

M

i sono scordato della noia della domenica pomeriggio Mi sono scordato se è più lungo il Rio delle Amazzoni o il Nilo Mi sono scordato degli affluenti del Po Mi sono scordato l'altezza precisa dell'Everest Mi sono scordato di quasi tutti i ministri dell'Istruzione Mi sono scordato delle motivazioni di tutti gli scioperi al Pier Crescenzi Mi sono scordato di Tribuna Politica Mi sono scordato di cosa facevo nelle ore pomeridiane, prima delle 5 Mi sono scordato di certe amicizie inutili e casuali Mi sono scordato di persone fondamentali Mi sono scordato dei fotoromanzi con attori veramente belli, più belli di quelli del cinema, tipo Gasparri e una specie di Omelia Muti Mi sono scordato di cosa stava a significare ESTICAZZI, così che a Roma tutti mi guardavano imbarazzati dopo che avevano raccontato i loro fatti Mi sono scordato dei concerti di Eric Clapton e dei Saxon al teatro tenda di Bologna, causa Roipnol Mi sono scordato del teatro tenda di Bologna, causa Roipnol Mi sono scordato della mia vita precedente, prima di incontrare la scrittura Mi sono scordato di tutto il dolore e allora adesso basta. (Saverio Fattori)

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Prendete un testo e sostituite una o più parole con delle altre parole che non abbiano niente a che fare con quel testo. A wertenze speciali sulle conseguenze di una lettura piacevole e attenta JTTLNel corso della lettura dell'Olisse di Joyce si possono manifestare ansia, insonnia, tensione nervosa, astenia, cefalea e tremori. Durante la lettura del quarto volume de La rechcrche, Sodoma e Gomorra, sono state rilevate alterazioni dell'appetito e una perdita di peso significativa. Un efletto indesiderato durante la lettura, per la quinta volta, del processo di Kafka, specialmente in pazienti depressi, può essere una ancora più eccessiva perdita di peso. Durante la lertura dell'Incanto del lotto 49 di Pynchon è frequente la nausea. Il lettore deve immediatamenre riporre il libro nel punto più lontano nel caso di comparsa di eruzioni cutanee e orticaria o di difficoltà respiratoria. La lettura di Sani Bellow, in particolare Herzog, può causare attivazione maniacale o ipomaniacale: la comparsa di umore anormalmente e persistentemente elevato, cioè euforico, insolitamente buono e gioioso e espansivo, oppure irritabile, deve indurre il lertore a sostituire Bellow con Sartre per tornare a un confacente umore blasé. Iposodiemia: in lettori anziani o di Philip Delerm o che si trovano in una condizione da astenia da Faulkner, è importante il controllo dei valori di sodiemia. La sodiemia si normalizza con la sospensione di qualsiasi lettura, Assalonne! Assalonne! di Faulkner escluso. Assumere diuretici durante la lettura della Guida galattica degli autostoppisti richiede, comunque, cautela. Riguardo a Poe, Lovercrafr e Srephen King: prima di cominciare è consigliabile il controllo della funzione piastrinica per il potenziale rischio di dissanguamento conseguente alla ridotta concentrazione di seroronina nelle loro opere. Anche in libreria sono comunque da compulsare con cautela da chi abbia precedenti in disordini della coagulazione. Leon Bloy può interferire con lo stato di coscienza e l'attività motoria: i lettori dovrebbero usare cautela nell'urilizzarc macchinar! pericolosi, automobili incluse, finche siano ragionevolmenre sicuri che la lettura di Leon Bloy non interferisca sfavorevolmente su queste loro capacità. Fermarsi bruscamente nella lettura di Maestro e Margherita attiva una sindrome da so-


spensione, dando luogo alla comparsa di sintomi quali: insonnia, vertigini, palpitazioni, nausea, ansia, irritabilità, cefalee, benché normalmente tali sintomi si manifestino poco frequentemente con gli scrittori russi, probabilmente a causa della lunga emivita dell'interesse letterario specifico, la letteratura russa, e del suo metabolita attivo, i francesi del settecento e dell'ottocento. Ci son poi quei lettori e lettrici che avendo sedimentato nel tempo, spesso per caso, qualche buona lettura, ritrovandosi da Feltrinelli o da Mondadori rischiano la sindrome maligna da libreria, che comprende: fotosensibilità, mancanza d'appetito o anoressia, che, quando non vi sia nei paraggi un libro di Manganelli, possono sfociare in sbadiglio associato ad alopecia. In altri casi, apparizioni in piccole librerie di volumi quali Kammerspiel di Paolo Colagrande o Sulla felicità ad oltranza di Ugo Cornia, si possono osservare disturbi della minzione, priapismo o erezione prolungata, manifestazioni estrapiramidili, porpora o macchie cutanee. In seguito alla comparsa nelle biblioteche di quartiere di certe traduzioni degne di nota di autori stranieri, quali Gogol', Charms e non molti altri, sono state fatte segnalazioni spontanee di eventi avversi, che tuttavia potrebbero non essere in relazione alla lettura ma alla foggia della copertina, eventi che includono: accidenti vascolari cerebrali, confusione mentale, discinesie o movimenti muscolari involontari, disturbi della motilità violenti, polmonite eosinofila. C'è da dire che finché non si verifichi una remissione del bisogno di lettura, che di solito avviene al primo concatto con una fidanzata coltissima, può persistere la possibilità di un suicidio; i lettori a più alto rischio depressivo-suicida dovrebbero leggere solamente volumi consigliati da librale particolarmente busone. In ultimo si consiglia alle lettrici di Liala e Barbara Cartland di sospendere ogni lettura nel caso di sanguinamelo vaginale. (Paolo Zerbinati)

S

istema a doppio corteggiatore. Prolungando l'interesse del corteggiatore fisso si può ricavare un attacco per un flessibile con il corteggiatore mobile, sorretto da appuntamenri sistemati a circa 1 giorno di distanza. Corteggiatore 1 e corteggiatore 2 hanno sempre un attacco femmina da mezzo pollice. Se anche il corteggiatore da parete è femmina serve un raccordo maschio-maschio. Il sistema a doppio corteggiatore richiede l'installazione di un rubinetto deviatore per regolare il flusso degli appuntamenti. Opzione a corteggiatore scorrevole. L'opzione a corteggiatore scorrevole si installa con facilità e per il collegamento tra i tanti, basta spostare l'appuntamento dal corteggiatore da parete al corteggiatore fisso. Ricordiamoci di chiudere il rubinetto principale prima di intervenire. (Francesca Cerioli)

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Scrivete un elogio fimebre di qualcuno ancora vivo. /""'eri e non ci sei c'eri e non ci sei eri pelle carne brivido eri quel pensiero che mancava ma poi c'eri e con te tutto il di piĂš il forse la possibilitĂ c'eri e non ci sei c'eri e non ci sei (Francesca Cerioli)

S

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e fosse morto prima sarei stato contento in anticipo. (Paolo Zerbinati)



Carlotta Zarattini Daria Barbieri Elisabetta Cani Francesca Cerioli Francesca Mazzaglia Francesca Secchi Gianluca Bagnara Irene Sabelli Laura Strappa Luana Vergar! Luca Borri Maria Luisa Pozzi Mauro Orienti Paolo Zerbinati Pietro Faoro Saverio Fattori Stefano Nassetti

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