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21ventunoeconomia La contraffazione muove scambi miliardari. Causando danni a produzione, occupazione e salute. Italia, triste primatista...

Mercato del falso, cifre da capogiro di Alberto Rizzardi

Quando si parla di contraffazione ci si riferisce a un fenomeno transnazionale e a tutto tondo; un mercato magmatico e in continua evoluzione, che solletica gli appetiti criminali e tocca un po’ di tutto, dagli alimentari ai capi di abbigliamento, dai giocattoli alla bigiotteria, arrivando persino ai medicinali, con non poche preoccupazioni, relative ai possibili danni per la salute dei consumatori. Ci sono falsi che girano mezzo mondo prima di arrivare a destinazione, e vanno a intasare e ammorbare mercati che, negli ultimi anni, complice una crisi sempre più mordace, già non godono di una salute robusta... Le stime fornite nel 2009 dall’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) attestavano il valore del (contro)mercato internazionale della contraffazione ad oltre 250 miliardi di dollari. Un fenomeno capace di estendersi in quattro continenti, mentre le principali aree di provenienza di prodotti falsi sono situate in Asia; su tutte, Cina, Hong Kong, Tailandia e Taiwan. E in Italia? Il nostro paese, fanalino di coda in molte classifiche europee, occupa in questo caso le posizioni di vertice, prima nazione europea consumatrice di prodotti contraffatti e terza produttrice. Numeri niente male, degni di un vero e proprio settore industriale regolare, tanto che le stime del fenomeno

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contraffazione veleggiano, in Italia, attorno ai 7 miliardi di euro, senza contare le perdite derivanti dal cosiddetto italiansounding, ovvero quei prodotti il cui nome rimanda più o meno vagamente a origini italiane, che Federalimentare e Istituto nazionale del commercio estero quantificavano nel 2010 in 21 miliardi di euro per il solo comparto agroalimentare. E contraffazione fa rima anche con perdita di posti di lavoro regolari e mancati introiti per le casse statali. Stando a una recente indagine promossa da ministero dello sviluppo economico e Censis, per esempio, senza la contraffazione ci sarebbero, in Italia, 110 mila posti di lavoro in più e 1,7 miliardi di euro di maggiori entrate per il fisco.

Sequestri, anche on line Un fenomeno, dunque, davvero dai grandi numeri, sul quale i vari paesi hanno giocoforza accresciuto negli anni la loro attenzione, intraprendendo iniziative ora nazionali ora locali per

cercare, se non di debellarne la portata, almeno di comprenderne e contenerne l’espansione. In Europa la Commissione di Bruxelles, tramite la Taxation and Customs Union, raccoglie e pubblica le statistiche relative alle attività di contrasto effettuate dalle dogane dei paesi membri attraverso sequestri delle merci in ingresso. Gli ultimi dati disponibili, relativi al 2011, offrono una fotografia nitida del fenomeno della contraffazione a livello continentale: circa 91mila i sequestri effettuati (in leggero calo rispetto agli anni precedenti, ma con un deciso incremento dei sequestri nelle vendite on line); il 73% delle merci sequestrate è di provenienza cinese; abbigliamento e scarpe sono tra i prodotti più imitati e compongono, insieme a medicinali e sigarette, quasi il 42% del pacchetto dei prodotti confiscati. Iperico, la banca dati sulle attività di contrasto alla contraffazione attivata dal ministero dello sviluppo economico, ha pubblicato a luglio i dati di un’indagine relativa al periodo 2008-2011. Essa svela che in quattro anni l’Agenzia delle dogane e la Guardia di Finanza hanno effettuato oltre 71 mila sequestri, che hanno riguardato oltre 228 milioni di beni falsi. E se cala il numero di sequestri (19.683 nel 2009, contro i 15.304 del 2011) e di beni contraffatti (poco più di 68 milioni nel 2009, attorno ai 54 milioni lo scorso anno), aumenta però la di-


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