OLTRE IL LIMITE

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“OLTRE IL LIMITE”

Di Caterina Cerioli 3B Scuola Sacra Famiglia

anno scolastico 2019 / 2020


INTRODUZIONE All’inizio avevo scelto come titolo per l’approfondimento “verso l'infinito e oltre”, lo stesso motto della scuola per quest’anno. Poi ho riflettuto ed ho cambiato idea perché mi interessa maggiormente approfondire l'aspetto “dell’andare oltre il limite”. Cosa vuol dire per me andare oltre il limite? Per me vuol dire essere diversi rispetto alla normalità, scoprire, ad esempio nell'arte, che non ci sono regole fisse per esprimersi, ma riuscire a fare cose incredibili, cose che nessuno si aspetterebbe di vedere, e che invece qualcuno, andando oltre il limite appunto, riesce a creare. Secondo me la materia che rappresenta meglio “l'andare oltre” è l'arte. In essa è più evidente la differenza tra reale e finzione ( finzione intesa come immaginazione). Infatti i dipinti, le architetture, la scultura, un disegno di solito prendono spunto da cose della realtà ( es. personaggi, fatti storici o quotidiani, paesaggi, santi...) ma ogni artista può realizzarli in modo diverso, e chi li guarda può leggere significati differenti. La prima opera che ho scelto per il mio approfondimento è la casa Batllò, a Barcellona, di Antonì Gaudi (1875) di cui ne ho sentito parlare da mia sorella Ilaria dopo una gita scolastica. Ho visto le foto che ha scattato e ho capito che Gaudì, con la sua fantasia, si è spinto oltre il limite di quello che normalmente si fa nel costruire una casa. La cosa interessante di quest’opera è che l’edificio esisteva già al momento in cui Gaudì fu chiamato dai proprietari ad intervenire, quindi lui non ha ideato il progetto dall’inizio ma ne ha curato solo la ristrutturazione. Nonostante questo “limite” Gaudì è andato oltre, ha saputo realizzare una delle sue opere più belle secondo il suo stile e la sua fantasia originalissima. La seconda opera che ho individuato è di Escher e si intitola “mani che disegnano” (1848). La prima volta che l’ho vista era esposta alla mostra a Milano a Palazzo Reale su Escher alcuni anni fa, e mi è rimasta impressa nella mente perché quel disegno è “reciproco”, cioè le mani si disegnano una con l'altra, e l'artista va oltre l'idea del gesto del disegnare e lo fa diventare infinito. Mentre approfondivo Casa Batllò mi è venuta l’idea di realizzare un piccolo mosaico, seguendo la tecnica trecandis inventata da Gaudì per impreziosire le sue opere. Ho fatto una ricerca su libri e internet e ho capito che non è una tecnica così complicata da imitare, ho chiesto aiuto ad una amica di famiglia che ne realizza per abbellire il suo giardino e a mia sorella che ne aveva fatti in passato.


GAUDI’ VITA Antoni Gaudì Antoni Gaudí nacque il 25 giugno 1852 in Spagna. Proveniva da una famiglia di calderai, circostanza che permise al giovane Gaudí di acquisire, nell’epoca in cui aiutava il padre e il nonno nel laboratorio famigliare, una particolare abilità nella gestione dello spazio e del volume. Gaudí fu un bambino dalla salute delicata e per questa ragione era obbligato a trascorrere lunghi periodi di riposo nelle montagne dove passava ore ed ore a contemplare e memorizzare i segreti della natura, che considerava la sua grande maestra, in quanto opera del Creatore, cercò di scoprirne i modelli da essa creati, rispettandone sempre le leggi. Nel 1870 si traferì a Barcellona per frequentare i corsi di architettura, quando, nel 1878, concluse gli studi presso la scuola di Architettura, il direttore dichiarò: “Non so se abbiamo conferito il titolo a un pazzo o a un genio, con il tempo si vedrà.” Gaudí ricevette un’elevata quantità di commissioni e iniziò molti progetti. Molti di essi, fortunatamente, si convertirono in realtà, altri restarono solo sulla carta. Nel 1878 incontrò l’importante industriale appassionato d’arte Eusebi Güell. Quello che nacque in quel momento non fu solo un rapporto cliente-architetto, ma un vincolo di ammirazione e passioni condivise su cui si basò un’amicizia che diede all’artista l’opportunità di cominciare una traiettoria professionale piena, in cui poter sviluppare tutte le sue qualità artistiche. Durante la fase della maturità, i capolavori si succedettero uno dopo l’altro: la Torre Bellesguard, il Park Güell, il restauro della cattedrale di Maiorca, la chiesa di Colonia Güell, la Casa Batlló, La Pedrera e, infine, la Sagrada Familia. Morì il 10 giugno 1926, investito da un tram mentre si stava recando, come ogni sera, alla Sagrada Família, partendo dalla chiesa di San Filippo Neri. Dopo l’urto perse i sensi e nessuno immaginò che quell’anziano trasandato e senza documenti fosse il celebre architetto; venne trasportato all’Ospedale della Santa Croce dove, successivamente, venne riconosciuto dal prete della Sagrada Família. Il funerale venne celebrato due giorni dopo nella Sagrada Família e fu una cerimonia a cui i barcellonesi parteciparono in massa per poter dare l’ultimo addio a Gaudí, l’architetto più universale che la città avesse mai avuto.

Firma Antoni Gaudì


CASA BATLLÓ FACCIATA Facciata Casa Batllò La Casa Batlló è un’apologia della felicità, una tela con ispirazione marittima, un mondo onirico che evoca la natura e la fantasia. La sua facciata è la porta di ingresso a questo universo simbolico e la sua contemplazione ispira sentimenti che si basano su un continuo dialogo tra luce e colore. La sua spettacolarità non lascia indifferente nessuno e spinge i passanti a fermarsi ad ammirarla a qualsiasi ora del giorno. Gaudí ideò per la Casa Batlló una facciata originale e piena di immaginazione, agendo come un pittore libero e felice. Creò quindi una facciata esuberante e marittima, aggiungendo sculture, materiali riciclati e oggetti decontestualizzati che trasformò in arte. Risalta l’effetto di una superficie ondulata dove pietra, vetro e ceramica sono protagonisti. Quando la facciata riceve la prima luce della mattina, la brillantezza e il luccichio la riempiono di vita e di un movimento armonico ed equilibrato, come se fosse un elemento vivo del paesaggio urbano. Luce e colore si uniscono per invitarti a un viaggio nel mare, la bellezza e l’allegria. L’edificio è sormontato da un tetto spettacolare formato da grandi squame che simulano il dorso di un animale. La parte superiore è formata da sfere di grandi dimensioni con colori cangianti da un’estremità all’altra. L’altro elemento principale è una torre dalla quale spicca una croce a quattro braccia orientate verso i punti cardinali. La parte superiore della facciata, simile al dorso di un drago, insieme alla croce a quattro braccia (che rappresenterebbe l’impugnatura di una spada), hanno dato vita a interpretazioni popolari relative alla leggenda di San Giorgio, patrono della Catalogna. Secondo la leggenda, san Giorgio ammazzò il drago con la sua spada per salvare la principessa e il popolo dalla furia dell’animale. In base a questa interpretazione, il disegno del tetto simbolizzerebbe la spada infilzata nel drago e le colonne a forma di ossa ricorderebbero le sue vittime. Infatti, durante gli anni, Casa Batlló è stata nota anche come casa delle ossa o casa del drago. Gaudì non spiegò mai la sua opera e diresse i lavori della facciata dall’esterno, senza progetti precisi, come era solito fare. In questo modo ci lasciò una casa piena di simboli, una tela che spiega una storia praticamente indecifrabile che ciascuno può completare con la propria immaginazione.


VESTIBOLO Dal vestibolo comune del piano terra, attraverso un’imponente cancellata modernista, si accede al vestibolo privato della famiglia Batlló. Questo spazio evoca un ambiente sottomarino, con lucernari che sembrano gusci di tartaruga, pareti con volte con forme sinuose e una spettacolare scala di legno. Il corrimano, intagliato in legno nobile, rappresenta la spina dorsale di un grande animale che si eleva introducendosi in spazi impossibili. Scala del vestibolo

PIANO NOBILE Il piano nobile è il cuore della casa, un salone unico che rappresenta la massima espressione del modernismo e che ci spiega come viveva la borghesia dell’epoca. In questo piano troviamo, innanzitutto, l’ufficio del signor Batlló e uno strano camino a forma di fungo. Successivamente si entra al salone principale della casa, dove il protagonista è una finestra di grandi dimensioni che forma una tribuna affacciata sul viale Paseo de Gràcia, perfetta per vedere ed essere visti. Tra gli altri elementi, spiccano le grandi porte di rovere con forme organiche nelle quali Gaudì incorporò vetri colorati e un tetto completamente ondulato che allude alla forza del mare. 1 2

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1 Camino a forma di fungo 2 Vetrata esterna 3 Vetrata vista dall’interno


IL CORTILE INTERNO Il cortile interno è una parte fondamentale della casa, che consente la distribuzione dell’aria e della luce che entrano dal lucernario principale. Gaudì ingrandì il cortile con l’obiettivo che la luce naturale arrivasse a tutte le stanze della Casa. Inoltre, lo rivestì con piastrelle in vari toni di azzurro (più intensi nella parte superiore e più chiari in quella inferiori) per ottenere una distribuzione uniforme della luce. Seguendo la stessa logica, le finestre superiori sono più piccole e, scendendo, diventano più grandi (per permettere l’ingresso di più luce). La parte inferiore delle finestre è dotata di fessure di legno che si possono aprire o chiudere per Cortile interno regolare la ventilazione. Nella parte centrale del cortile interno Gaudì installò un ascensore, con una splendida cabina originale in legno che ancor oggi è in funzionamento.

SOLAIO Il solaio è uno degli spazi più singolari, una combinazione squisita di estetica e funzionalità. Si tratta di una zona di servizio per gli inquilini dell’edificio che include bagni e ripostigli. Si caratterizza per la semplicità delle forme, l’ispirazione mediterranea attraverso il colore bianco e l’onnipresenza della luce. Spicca una successione di archi catenari che conformano uno spazio che evoca le costole di un animale.

Solaio

Corridoio del solaio


TERRAZZA Nella terrazza risalta quello che popolarmente si conosce come il dorso del drago, che caratterizza la facciata e che Gaudí rappresenta con tegole di diversi colori. Tuttavia, gli autentici protagonisti della terrazza sono quattro insiemi di camini con forme sinuose e policromate, disegnate per impedire che l’aria ritorni verso l’interno. Di nuovo, bellezza e funzionalità si uniscono nella Casa più bella e rappresentativa del modernismo catalano.

Camini Piantina di Casa Batllò Tetto Casa Batllò

ESCHER VITA Martin Cornelis Escher nasce in Olanda il 17 giugno del 1898 figlio di un ingegnere idraulico. Frequenta con fatica il liceo e dopo aver seguito corsi di disegno e grafica alla fine degli studi, come era quasi d'obbligo per tutti gli aspiranti artista, Escher fa un lungo viaggio in Italia e in Spagna. Nel 1923 il pittore arriva a Roma durante questi anni italiani, Escher prende moltissimi disegni e schizzi che si trasformeranno in litografie e comincia ad eseguire le incisioni su legno, servendosi di blocchi di faggio, della consistenza più dura, che gli permettono di tracciare delle linee sempre più sottili e di scolpire le sue sfere. Per trovare idee e spunti nuovi, viaggia molto, visitando ad esempio gli Abruzzi a piedi e


molte località Italiane: è del 1929 la prima litografia "Veduta di Goriano Sicoli, Abruzzi". In questo periodo la sua produzione è ispirata alla natura ed ottiene un notevole successo con la sua prima mostra allestita Siena, primo passo in un susseguirsi di successi e affermazioni con esposizioni personali via via più corpose, nelle città europee fino in Olanda. La sua arte riflette la sua visione del mondo che lo circonda e le elabora attraverso la fantasia, le realizza in architetture, prospettiva e spazi impossibili; le sue opere grafiche sono celebri per l'uso fantasmagorico degli effetti ottici.Il campionario sviluppato da Escher, contempla le sorprese più spettacolari che vanno da paesaggi illusori, prospettive invertite, costruzioni geometriche minuziosamente disegnate e altro ancora, frutto della sua inesauribile vena fantastica, che incanta e sconcerta.

MANI CHE DISEGNANO

Mani che disegnano Escher

E’ una litografia, cioè una stampa ricavata da un disegno fatto a inchiostro o matita grassa su una pietra opportunamente levigata o su una lastra di zinco e stampata su carta. Raffigura due mani, ognuna impegnata a disegnare l’altra, entrambe rappresentate su un foglio di carta, a sua volta fissato con puntine su una tavola da disegno. Il soggetto ha un tratto molto lineare, a prima vista appare molto verosimile perché le mani sono disegnate in modo Relatività di Escher realistico, con vene, tendini, nocche sporgenti, grinze della pelle e le ombre proiettate sul piano di lavoro e sul foglio. Ma, se si esamina con più attenzione si nota che questo disegno non può essere reale, ma astratto perché è impossibile che da un disegno si possa passare alla realtà anche se disegnata… Molte delle sue opere sembrano basate su premesse vere (cioè le immagini sono realistiche come le mani e le scale che salgono e che scendono) per mezzo di ragionamenti corretti (la composizione, la prospettiva, l’anatomia), tuttavia si arriva alla fine a conclusioni contraddittorie (mondi impossibili, gesti innaturali, luoghi e case inabitabili).Escher usa la prospettiva e l’assonometria, le regole base per


rappresentare la profondità e lo spazio su una superficie piana, in modo inverosimile, è come se le sue opere non dicessero la verità di quello che l’occhio vede, ma va oltre e rende tutto immaginario, fantasioso e surreale.

IL MOSAICO STORIA Il mosaico è una decorazione artistica costituita da piccole tessere colorate attaccate su un fondo. Le tessere possono essere di pietra, di minerale, di vetro, di mattonella, di ceramica o di conchiglia. I primi mosaici risalgono al III millennio a.C. nell’isola di Creta ed erano prevalentemente in bianco e nero. Via via si passa da disegni geometrici a soggetti figurativi e naturalistici sempre più complessi e decorativi. La tecnica del mosaico si evolve e diventa classica nel IV secolo, sotto l’Impero Romano la tecnica e i soggetti diventano più raffinati e i mosaici abbelliscono le ville patrizie sia in oriente che in occidente.

Mosaico con motivi geometrici e figurativi (probabilmente mitologico) Egitto, mosaico a Thmuis, dell'artista ellenistico Sophilos, 200 a.C. circa ora nel museo greco-romano di Alessandria d’Egitto.

La storia del mosaico prosegue in epoca bizantina, i soggetti cambiano raccontano la vita di Gesù e i temi della dottrina cristiana. Tra le più alte espressioni, si ricordano le chiese di Ravenna, in particolare la basilica di San Vitale e quella di Santa Sofia a Costantinopoli.

Basilica di San Vitale, Ravenna. I Mosaici bizantini, 546-547. Il periodo di Giustiniano. Cristo in globo fiancheggiato da angeli, dal vescovo Ecclesio e da San Vitale.


Nell’ arte romanica il mosaico non ha ruolo dominante per motivi economici (è molto costoso e laborioso come tecnica) e gli si preferisce l’affresco come decorazione parietale e viene invece utilizzato per le superfici pavimentali. Il mosaico viene preferito solo per la sua maggiore durata nel tempo e resistenza alle intemperie come a Venezia nella chiesa di San Marco.

Pavimento in mosaico della Cattedrale di Otranto raffigurante l’Albero della Vita 1163-1165.

Nei secoli successivi il mosaico in arte viene messo in secondo piano e prevalgono gli affreschi gli stucchi e la scultura in generale. Il Novecento è il secolo che segna la rinascita del mosaico, in particolare, si ricordano Antoni Gaudí e Gustav Klimt per l'uso innovativo di questa tecnica ormai millenaria. Gaudì fu il primo a sperimentare il trecandis (dal catalano trencar = rompere) una particolare decorazione tipica del periodo modernista. Si tratta di un diverso e nuovo tipo di mosaico che si adatta a spazi e a forme differenti e si modella bene soprattutto sulle superfici curve che Gaudì utilizza tantissimo nelle sue strutture. Il mosaico tradizionale consisteva in piccole e regolari tessere idonee a superfici piane (pavimenti) o su superfici leggermente curve (volte delle basiliche paleocristiane). L’unico modo per decorare con della ceramica una superficie ondulata è quella di spezzarla per ricreare un disegno diverso, l’effetto sulla maggior parte degli edifici è quella di una gigantesca squamatura che conferisce senso di vitalità alle costruzioni; quando la luce le colpisce le rendono uno spettacolo di colore e riflessi vivi.

Mosaico Antoni Gaudì Barcellona Parco Guell 1905-1909

Fregio di Palazzo Stoclet a Bruxelles Gustav Klimt


IL MIO MOSAICO PROCEDIMENTO Mi sono ispirata in particolare alla composizione della lucertola di Gaudì collocata sulla gradinata del parco Guell e ai camini di casa Batllò.

Ho iniziato con lo schizzo preparatorio: come Gaudì si ispira alla natura per realizzare le sue opere, anche io come lui ho preso spunto dal mare, e ho posizionato al centro della tavoletta, in diagonale, un’onda interrotta al centro da un segmento. Ho notato che Gaudì utilizza molto le linee curve, che a volte interrompe con linee rette per poi farle proseguire. E’ un disegno molto semplice ma, come Gaudì, la luce e il colore lo renderanno particolare.

Poi ho riportato il disegno sul legno


In seguito ho rotto le piastrelle con un martello in piccoli pezzi e le ho divise per colore e sfumatura

Le ho posizionate partendo dai bordi per rimarcare le linee del disegno. L’onda in diagonale ha gradazione dal blu scuro al bianco della schiuma, e a metà viene attraversato da una striscia bianca e oro. GaudÏ per i suoi mosaici spesso usava materiali di recupero, poveri, come vecchi mattoni e cemento ma anche materiali preziosi provenienti dalle vetrerie di Venezia (vetri colorati, frammenti di specchi, tessere dorate ecc.).


Successivamente le ho incollate con la colla vinilica anche se la tecnica originale prevede l’uso del cemento.

Dopo averle fatte asciugare si sigillano le fughe con una malta detta barbottina utilizzata dai piastrellisti.

Per ultima cosa dopo che si è asciugato ho passato la spugnetta sopra alle piastrelle per pulirle dalla malta in eccesso.

e questo è il lavoro ultimato


INTERVISTA AL PROFESSOR STEFANO MANTOVANI Ho rivolto al professore Mantovani alcune domande riguardo Gaudì per avere maggiori informazioni di cui io non ero a conoscenza, che non ho trovato nei siti e nei libri che ho consultato. Ho deciso di intervistarlo perché so che ha fatto uno studio approfondito su Gaudì per l’Università Bicocca di Milano. Nella prima domanda chiedevo di conoscere più a fondo il carattere e la sua religiosità, magari attraverso qualche fatto della sua vita. Mantovani mi ha raccontato che Gaudì era un ragazzo introverso e riservato, un contemplativo, con occhi azzurri e riccioli biondi, una fisionomia molto rara per i catalani. La sua religiosità, gli ha permesso di essere così originale, di vivere la sua vita e di percepire il suo lavoro come una preghiera. La sua religiosità era tutto, il lavoro, la vita privata, senza distinzioni che esprime attraverso le sue opere, soprattutto nella Sagrada Familia. Poi ho chiesto perché Gaudì preferisca la tecnica del mosaico e l’uso del colore nelle sue architetture. Mi ha risposto dicendo che Gaudì amava molto la sua tradizione e la sua città tanto che, per ogni via di Barcellona, è presente almeno una sua opera (statua, cancellata, decorazioni, fontane, palazzi…) e c’è un’iscrizione in catalano che dice “a Gaudì, il più catalano dei catalani”. La tradizione artistica più antica della catalogna è il mosaico che lui riprende però ed elabora a modo suo, inventando il trecandis.

Quando ho chiesto al professore se Gaudì si fosse ispirato solo alla natura nelle sue opere, lui mi ha risposto descrivendo l’interno della Sagrada, come un bosco fitto di alberi altissimi, poi mi ha mostrato una foto dei suoi numerosi libri, dove accosta un albero che cresce all’esterno della chiesa a un pilastro interno e sono praticamente identici. Ma ha aggiunto che Gaudì è stato anche influenzato dalla Cattedrale di Barcellona che è gotica ed era anche attratto dall’oriente, e delle sculture ed architetture indiane. Rimane incantato del Marocco ed elabora un progetto per i frati francescani di una chiesa molto simile alla Sagrada Familia che però non è mai stata realizzata perché troppo imponente.

Poi gli ho chiesto cosa lo colpisce maggiormente dell’arte di Gaudì Mi ha risposto dicendo che Gaudì rispondeva a tre cose: il gusto, al significato e alla utilità o funzionalità. Tutto quello che faceva doveva rispondere a questi punti. Al professor Mantovani colpisce il modo in cui si metteva a servizio di una comunità era


molto attento a tutto. Un fatto che rappresenta questa suo tener conto di tutto è stato il momento in cui ha deciso di costruire una scuola bellissima a fianco della Sagrada per i figli degli operai del cantiere che altrimenti avrebbero dato fastidio ai padri mentre lavoravano. Un aspetto che mi ha colpito della scuola è che non sono presenti i banchi, per il semplice motivo che per dei bambini “selvaggi” Gaudì ha capito che non li avrebbero usati. Grazie a questa intervista sono venuta a conoscenza di alcune curiosità ed aneddoti. Nelle sue opere, Gaudì, ad esempio utilizza sempre le linee curve a eccezione delle piastrelle che rivestono il cortile interno di Casa Batllò. Un aneddoto su Gaudì riguarda gli ultimi anni della sua vita che ha deciso di trascorrere all’interno al cantiere della Sagrada Familia, in mezzo ai suoi modelli e disegni rinunciando a tutti i suoi beni al suo stipendio per darlo la sagrada, addirittura facendo l’elemosina per la costruzione. Un’altra curiosità che mi ha riferito Mantovani è che Gaudì era interessato all’ergonomica (una disciplina scientifica che si occupa di individuare le soluzioni più idonee alle esigenze fisiche dell’utente) ad esempio le maniglie di casa Batllò, che appena le impugni si adattano immediatamente e perfettamente alla tua mano. Questo suo interesse documenta che era un grandissimo artista, non solo architetto ma anche decoratore, scultore e mosaicista.


CONCLUSIONE Il momento che più mi ha entusiasmato durante la realizzazione dell’approfondimento è stato fare il mosaico perché l’ho eseguito secondo le regole tradizionali, ma nello stesso tempo ho realizzato una mia idea e usato la mia fantasia. Ho impiegato materiali poveri (un pezzo di legno, cemento, martello e piastrelle di scarto) ma ugualmente l’effetto di una cosa un valore perché è unica e fatta da me. Sono soddisfatta del risultato, al punto che vorrei continuare facendone altri, per appenderli e decorare così le pareti della mia casa per dimostrare che anche io, un po’ Gaudì, sono riuscita ad andare oltre il limite con le mie mani e la mia fantasia.

Grazie Caterina Cerioli


SITOGRAFIA: https://www.settemuse.it/pittori_scultori_europei/m_c_escher.htm casabatllò.es https://it.wikipedia.org/wiki/Mosaico it.mosaic.cc

BIBLIOGRAFIA: -“Gaudì tutte le opere” di Joan Bassegoda i Nonell, Perevivas,Ricard Pla casa editrice triangle postal. -“Il tempio della Sagrada Familia” Jordi, Faulì, ediciones Aldeasa 2006.


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