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intervento di Stefano Scaglia

Sono molto lieto di esprimere le considerazioni e il punto di vista sull’argomento sia da parte dell’Imprenditore che dal punto di vista dell’Associazione che io rappresento.

Nel nostro sistema economico locale noi viviamo quotidianamente una grande contraddizione: le imprese cercano disperatamente figure professionali che non trovano e ciononostante, assistiamo al preoccupante fenomeno di una elevata disoccupazione giovanile.

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Non abbiamo solo il problema della disoccupazione giovanile ma anche quello dei neet, che a Bergamo sono stimati in circa 30mila giovani. ‘Non si trovano operai, non solo ingegneri’, come ha recentemente titolato un quotidiano locale. Alcuni dei nostri imprenditori rinunciano a commesse perché non hanno risorse umane. Ciò sta diventando un freno importante allo sviluppo delle nostre imprese.

Il tema su cui vorrei ragionare oggi è allora non tanto come gestire le attività di orientamento, nel tentativo di contenere l’aumento del numero di giovani disoccupati, ma piuttosto di come gestire i casi di coloro che oggi si trovano senza lavoro, anche a seguito di scelte di percorsi scolastici con scarsi sbocchi lavorativi, e che ammontano a circa 1 milione di giovani. Interrogarci su questo è doveroso per trovare una soluzione alla ricerca delle imprese, ma soprattutto per dare una opportunità di realizzazione a questi giovani e contenere le situazioni di disagio sociale.

Due sono a mio parere gli aspetti del retaggio culturale che ci caratterizzano: la bassa diponibilità alla mobilità geografica e la scarsa predisposizione al rischio. Sappiamo quanto nel nostro Paese rispetto ad altri sia difficile affrontare percorsi di mobilità geografica per avvicinarsi a luoghi che offrono maggiori occasioni di lavoro; e d’altra parte i sondaggi dicono che il posto fisso rappresenta l’obiettivo da parte del 72% dei giovani.

Al di là di queste considerazioni, per affrontare le quali occorre intraprendere un percorso di crescita culturale, ciò su cui possiamo agire in maniera più immediata ed efficace consiste certamente nel creare un maggiore numero di situazioni che offrano opportunità ai giovani che vogliono mettersi in gioco.

Per fare ciò, è necessario conoscere meglio i giovani disoccupati e focalizzare le azioni in funzione delle loro caratteristiche.

Una proposta di caratterizzazione consiste nell’incrociare su un digramma a due assi due caratteristiche: il luogo di residenza (che può offrire più o meno possibilità lavorative) incrociandolo con l’altro asse su cui si considerano le competenze del giovane (che possono essere più o meno richieste dal mercato). Identifichiamo così 4 quadranti:

1. Giovani con competenze richieste che risiedono in luoghi ad alta offerta di lavoro,

2. Giovani senza competenze richieste che risiedono in località ad alta offerta lavorativa,

3. Giovani che hanno competenze richieste che si trovano in località con scarse opportunità, e

4. Giovani senza competenze che risiedono in località con scarsa offerta.

In funzione delle 4 categorie menzionate, è possibile identificare azioni specifiche per aiutare i giovani disoccupati che sono disposti a mettersi in gioco per trovare un lavoro.

Per la categoria 1. la domanda è: se sei laureato o comunque hai competenze richieste dalle imprese e vivi in una località ad alta densità di imprese, per esempio a Bergamo, perché sei disoccupato? Probabilmente non si è in grado di preparare un curriculum, di sostenere un colloquio di lavoro, o anche non si conosce a sufficienza il mondo del lavoro e non si capisce dove meglio offrire le proprie competenze; magari manca la conoscenza dell’inglese. In questo caso occorre quindi una azione di affiancamento per fare meglio conoscere al giovane il mondo del lavoro e guidarlo nel processo di selezione

Occorre anche dire che in alcuni casi i giovani di questa categoria sono troppo selettivi, rifiutano opportunità. Si deve entrare nell’ordine di idee che il lavoro è un percorso che si snoda nel tempo, che non si può da subito materializzare nel lavoro ideale a cui ciascun giovane aspira.

Per la categoria 2, giovani senza competenze ma residenti in località ad alto numero di opportunità, è necessario intraprendere un percorso di riqualificazione. A questo proposito numerosi possono essere gli strumenti. A Bergamo per esempio da circa un anno Confindustria Bergamo insieme a Kilometro Rosso ed Experis ha lanciato una esperienza di Academy. Confindustria raccoglie le esigenze delle imprese, le trasferisce alla Academy con cui mette a punto corsi formativi e Manpower, grazie al suo network raccoglie le candidature. I corsi sono gratuiti e finanziati da Formatemp. Sono stati fatti corsi di operatore informatico, programmazione PLC, gestione qualità, automazione e robotica.

Un percorso di riconversione più impegnativo è quello dei corsi ITS, organizzati in funzione delle esigenze delle imprese, con percorsi di raccordo che consentono di colmare eventuali lacune prima di affrontare i corsi. Questi corsi, molto realistici e concreti, sono orientati alla qualificazione professionale dell’individuo.

Per la riconversione di profili più operativi, a Bergamo stiamo lavorando per mettere in rete i laboratori delle scuole professionali, a volte sottoutilizzati. Confindustria Bergamo è capofila di un raggruppamento che ha vinto un bando del MIUR per € 500mila; con questi fondi costruiremo un laboratorio per l’occupabilità posizionato al Kilometro Rosso, che sarà accessibile alle scuole, all’Academy e verrà utilizzato per la formazione continua da parte delle imprese.

Relativamente a questa categoria esiste un problema di fondo, almeno in Lombardia. I finanziamenti alle scuole professionali vengono erogati sulla base del tasso di riempimento delle aule e non sulla base delle esigenze di qualificazione professionale sollevate dalle imprese o secondo il tasso di coerenza dei corsi erogati con la domanda da partner del mondo del lavoro. Questo meccanismo deve essere cambiato per evitare di alimentare le file dei giovani disoccupati.

Un accenno anche al tema degli immigrati presenti a Bergamo, e che, trovandosi in località ad alta offerta di lavoro privi di qualificazioni professionali, rientrano anch’essi nella categoria 2. Confindustria Bergamo, Comune di Bergamo e Diocesi di Bergamo hanno avviato una Accademia per l’Integrazione frequentata volontariamente da 60 ragazzi che seguono un percorso formativo di un anno che prevede corsi di lingua e cultura italiana, lavori socialmente utili, formazione professionale e tirocini in azienda, con l’obiettivo finale di fornire competenze che consentano la loro integrazione e la conseguente soluzione di un problema sociale molto sentito. Molte imprese hanno già opzionato i ragazzi che usciranno con successo dal percorso dell’Accademia.

Per quanto riguarda la categoria 3, giovani con buone competenze ma in area geografica svantaggiata, occorre lavorare sull’aspetto della mobilità, facendo conoscere ai giovani le opportunità lavorative offerte in altre aree e favorendone, anche con incentivi economici la mobilità. Per questo è possibile pensare per esempio a dei roadshow dei territori ad alta densità di impresa presso università e scuole professionali di località più svantaggiate per spiegare opportunità e posizioni offerte. Per ovviare alla difficoltà di reperire una sistemazione per coloro che poi decidono di trasferirsi, a Bergamo alcune nostre imprese stanno costruendo alloggi per attirare e ospitare lavoratori, esattamente come si è fatto negli anni 60’.

Per quanto riguarda infine la categoria 4, gli interventi possibili sono un mix di quelli sopra descritti.

In conclusione, con una corretta segmentazione e conoscenza delle situazioni è possibile immaginare attività mirate ad assorbire una parte dei giovani disoccupati; precondizione è che da parte delle imprese vi sia l’impegno per creare e offrire opportunità, e dall’altra che i giovani siano disposti a mettersi in gioco e pronti a coglierle.

Stefano Scaglia

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