NUMERO 75 . gen2025 . Ti invito a sorridere. Offro io

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ДЕТИ (BAMBINI)

TI INVITO A SORRIDERE. OFFRO IO

Torniamo a parlare del nostro sorriso.

Le cicatrici sono il segno che è stata dura. Il sorriso è il segno che ce l’hai fatta. Madre Teresa di Calcutta

Un sorriso è un modo molto economico per migliorare il tuo aspetto. Un sorriso costa meno della corrente e dà più luce. Indossa un sorriso: la taglia è unica. Quando sorridi accade sempre qualcosa di buono. Da un sorriso nasce sempre un altro sorriso.

I sorrisi e gli abbracci fanno bene al sistema nervoso.

Sorridente

Anno

Nuovo

Ovunque tu sia, o Lettore di rivoluzionepositiva

Fabrizio Favini

PROGETTO

Il marchio del Magazine rivoluzionepositiva riporta 3 parole che sintetizzano i 3 stadi evolutivi del sapere.

Prima parola: INFORMAZIONE. Troppe persone ormai si ritengono soddisfatte nella loro ricerca del sapere quando la loro fonte del sapere è la Rete. Peccato che l’Informazione attendibile si sia ormai estinta

avendo lasciato il posto alle fakenews. Fermarsi a questo stadio significa essere disinformati, superficiali, manipolabili, marginali, inaffidabili.

Seconda parola: CONOSCENZA. Per sconfiggere le fakenews dobbiamo sviluppare un adeguato livello di conoscenza, che si costruisce con lettura profonda, ricerca,

confronto, verifica. Un grande salto di qualità rispetto a INFORMAZIONE, non vi è dubbio. Ma non basta. Ognuno di noi, con un passo ulteriore, può dare un personale contributo alla soluzione dei tanti problemi che stanno comprimendo la nostra esistenza.

Terza parola: SAGGEZZA. Significa saper essere consapevoli, ovvero dominare impulsi, emozioni, sentimenti negativi a favore

di una personale rivoluzionepositiva. Quindi adottare un comportamento responsabile, che discende dal latino res-pondus: farsi carico del peso delle cose!

Saper essere saggi, appunto, una saggezza che nulla ha a che fare con il logoro, millenario paradigma secondo il quale la saggezza apparteneva solo agli anziani del villaggio. Tutti noi possiamo/ dobbiamo tendere alla saggezza!

CAMPAGNA DI SOSTEGNO

Il Magazine rivoluzionepositiva da oltre 6 anni contribuisce con continuità e determinazione ad alimentare un importante stimolo: la consapevolezza che abbiamo sempre più bisogno di comportamenti positivi e responsabili da parte di tutti noi!

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IL NOSTRO PERCORSO

L’universo del comportamento umano è uno dei pochi settori in cui si continua ad operare sulla scorta di abitudini e di modelli culturali in buona parte obsoleti.

Veniamo educati a soffrire per conquistarci un posto nella vita; viceversa l’educazione al benessere interiore, all’autoconsapevolezza, alla percezione di sé e degli altri ce la dobbiamo costruire da soli.

E così noi molto spesso facciamo un uso sub-ottimale delle nostre risorse personali, influenzando in tal senso la vita di chi ci sta vicino: in famiglia, in società, sul lavoro. Spesso aderiamo alla cultura della negatività, della lamentela, della critica, del rinvio, dell’immobilismo.

Altrettanto spesso siamo vittime di comportamenti autolimitanti. Sovente l’esperienza, consolidando un pregiudizio, ci

limita nella capacità di interpretare con lucidità la realtà circostante. Siamo in balìa di alibi, conformismi, abitudini consolidate e di false convinzioni.

Per rimuovere emozioni ed atteggiamenti negativi aprendo la nostra esistenza alle opportunità della vita, dobbiamo sviluppare energie costruttive e positive e un diverso approccio con noi stessi e col mondo che ci circonda.

rivoluzionepositiva ha lo scopo di aiutare, chi è interessato, a realizzare questi obiettivi.

Il Comitato di Redazione:

Fabrizio Favini

Edoardo Boncinelli

Roberto Cingolani

Enrico Giovannini

Gianni Ferrario

BENVENUTI A BORDO!

INDICE

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FABRIZIO FAVINI

Esperto di innovazione del comportamento

Ancora niente da fare per la plastica: il trattato globale è rimandato. E intanto il pianeta soffoca

ENRICO GIOVANNINI

PAOLO GALLO

Direttore scientifico dell’Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS)

Cultura e Sviluppo Sostenibile: l’Italia davanti a una sfida storica

pg. 22 Autori

pg. 26 Manifesto

Executive coach e saggista L’arte di crescere: 7 passi per diventare Leader

GIAMPIERO MASSOLO

Ambasciatore. Presidente di Mundys Il isordine globale e la realpolitik come necessità strategica

Ancora niente da fare per la plastica: il trattato globale è rimandato. E intanto il pianeta soffoca

Nonostante l’urgenza di un’azione globale contro l’inquinamento da plastica, a Busan - Corea del Sud - i negoziati ONU per un trattato internazionale si sono conclusi lo scorso 1° Dicembre con un nulla di fatto.

Nonostante l’urgenza di un’azione coordinata per affrontare l’inquinamento da plastica, le profonde divisioni tra i Paesi partecipanti hanno impedito di raggiungere un accordo.

L’obiettivo era ambizioso: creare il primo trattato giuridicamente vincolante per gestire, in modo finalmente sostenibile, l’intero ciclo di vita della plastica, dalla produzione allo smaltimento al riciclo.

Ma le divergenze tra i Paesi che chiedono una riduzione della produzione di plastica e l’eliminazione graduale delle sostanze chimiche nocive, e i Paesi che preferiscono concentrarsi sulla gestione dei rifiuti, queste divergenze si sono rivelate insormontabili.

“Dovremmo essere indignati”, ha dichiarato Sian Sutherland, co-fondatrice di A Plastic Planet, commentando il fallimento dei colloqui. “La plastica ha un impatto incommensurabile sulla crisi della biodiversità; è il motore del consumo eccessivo e rappresenta un grave problema per la salute umana.”

Ricordo che, essendo la microplastica ormai entrata nella catena alimentare umana, è sempre più frequentemente presente nel nostro sangue.

La produzione globale di plastica ha raggiunto nel 2022 il livello record di oltre 460 milioni di tonnellate all’anno.

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Secondo l’OCSE, senza interventi immediati e risoluti, la produzione potrebbe aumentare del 70% entro il 2040, con conseguenze devastanti per l’ambiente e la salute umana. Ogni anno, di queste centinaia di milioni di tonnellate di plastica, la maggior parte finisce in discarica, viene incenerita o, peggio ancora, dispersa nell’ambiente.

Attualmente meno del 10% della plastica prodotta viene riciclato. Questo perché il processo di riciclaggio è a tutt’oggi considerato ancora troppo complesso e costoso, e spesso la qualità della plastica riciclata è inferiore a quella vergine. Quindi, molti tipi di plastica, non essendo riciclabili, finiscono per ristagnare nell’ambiente, inquinandolo.

Come sappiamo, i rifiuti plastici hanno un impatto devastante sugli ecosistemi. Si stima che ogni anno oltre 100.000 animali marini muoiano a causa dell’ingestione di plastica o del rimanere intrappolati in essa.

La plastica impiega centinaia di anni per decomporsi, e durante questo processo si frammenta in microplastiche, che contaminano il suolo, l’acqua e l’aria.

Mentre i delegati si rimpallavano le responsabilità, il mondo ha assistito impotente al fallimento di un’occasione storica. Alcuni Paesi, tra cui India, Arabia Saudita e Iran, si sono opposti alla possibilità di votare le singole proposte, insistendo sul principio del consenso globale. Questa rigidità ha impedito di superare le divergenze e ha portato ad una bozza di trattato annacquata ed inefficace.

Un recente studio ha portato alla luce dati preoccupanti riguardo l’inquinamento da plastica nel Mar Tirreno, concentrandosi in particolare sulle gazze marine trovate morte durante l’inverno 2022-2023 lungo le coste italiane.

Questi uccelli, tipici del Nord Atlantico e solitamente poco presenti nel Mediterraneo, hanno svernato in numero eccezionale, con un contingente di circa 1.750 individui. I ricercatori della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli, insieme all’Università Federico II e all’Istituto portoghese MARE, hanno esaminato le carcasse di queste gazze, rivelando che il 66% di esse conteneva plastica

Le analisi hanno mostrato che i frammenti di plastica erano presenti principalmente nello stomaco, ma anche in altri organi come il fegato e il muscolo pettorale. La plastica ingerita variava di dimensioni: il 38% dei frammenti superava i 5 millimetri, mentre il restante 62% rientrava nella categoria delle microplastiche.

In particolare erano presenti 2 polimeri: polietilene e polipropilene. Il primo viene utilizzato per produrre sacchetti e bottiglie, mentre il secondo viene impiegato nella

fabbricazione di contenitori per prodotti come detersivi e yogurt.

Secondo i ricercatori, la presenza così elevata di plastica in questi uccelli - che si nutrono principalmente di pesce pelagico - rappresenta la fondamentale causa della loro morte.

Le gazze marine possono scambiare i frammenti di plastica per pesci morti, ingannate dalle caratteristiche olfattive dei detriti, spesso colonizzati da alghe e microrganismi. L’ingestione di plastica provoca gravi problemi alla salute degli uccelli, tra cui blocchi del tratto digestivo, malnutrizione e, in caso estremo, la morte.

Questo fenomeno è preoccupante soprattutto per l’elevata concentrazione di plastiche nel Mediterraneo, che, essendo un bacino semichiuso, raccoglie una quantità di microplastiche superiore rispetto ad altri mari, come l’Oceano Pacifico settentrionale.

Questo studio sottolinea ancora una volta come la presenza di plastica nel Mediterraneo rappresenti una seria minaccia per la biodiversità marina, e come le gazze marine, monitorate adeguatamente, possano fungere da indicatori della gravità del fenomeno che purtroppo è in costante crescita.

Urge dunque un intervento veloce, deciso, risolutivo e globale per porre un freno a tutto ciò e fermare un processo di degrado davvero preoccupante.

E concludo con un altro elemento di seria preoccupazione. Una ricerca condotta dalla Pennsylvania State University ha scoperto che l’interazione delle minuscole particelle di plastica con l’acqua atmosferica potrebbe cambiare le modalità di precipitazione e i modelli meteorologici, sollevando grandi incertezze per il futuro climatico globale.

La presenza di microplastiche, minuscoli frammenti di plastica di dimensioni inferiori a 5 millimetri, è ormai una costante anche nei più remoti e incontaminati angoli della Terra.

Le microplastiche possono alterare la formazione delle nuvole, influenzando il clima globale.

Secondo lo studio pubblicato su Environmental Science and Technology, le microplastiche agiscono come particelle nucleanti di ghiaccio, cioè microscopici nuclei che facilitano la formazione di cristalli di ghiaccio nelle nuvole. Questo processo, noto agli scienziati atmosferici, gioca un ruolo cruciale nella determinazione del comportamento delle nubi, che a loro volta influenzano fenomeni meteorologici come la pioggia e le temperature.

Questo fenomeno potrebbe alterare la distribuzione e la frequenza delle precipitazioni.

In un ambiente più inquinato, le particelle di microplastica distribuiscono l’acqua tra più nuclei, creando gocce più piccole che ritardano la pioggia. Ciò significa che le nuvole possono accumulare più acqua prima di rilasciare precipitazioni, portando a eventi meteorologici più estremi ed improvvisi.

NB. Queste sono notizie che ci pervengono dal flagello della sola plastica. Per non parlare delle altre numerose minacce al nostro ambiente di vita. Homo Responsabilis, dove sei finito?

A cura di Fabrizio Favini

Cultura e sviluppo sostenibile: l’italia davanti a una sfida storica

ENRICO GIOVANNINI

L’Italia si trova oggi a un bivio che va ben oltre le scelte economiche e politiche: è una questione culturale profonda. L’evidente insostenibilità del nostro modello di sviluppo richiede un ripensamento radicale che non si limiti alle politiche pubbliche, ma coinvolga un autentico cambiamento nella mentalità collettiva. Per questo è necessario stimolare un grande dibattito tra tutte le componenti della società, così da creare una nuova cultura capace di orientare il nostro Paese verso un futuro sostenibile.

Il concetto di sostenibilità, come delineato dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, non si riduce a un adempimento burocratico, ma rappresenta una visione integrata del benessere umano che abbraccia ambiente, società, economia e istituzioni. Tuttavia, per molte persone, questi temi restano ancora astratti, lontani dalla quotidianità. È qui che entra in gioco il ruolo della cultura: infatti, non possiamo cambiare la nostra società senza prima cambiare il nostro modo di pensare.

Educare le persone alla sostenibilità significa promuovere un nuovo modo di vedere il mondo, in cui il rispetto per il pianeta e per le altre persone, anche quelle lontane, rappresenta un valore fondamentale e irrinunciabile.

Come sottolineato dalla pubblicazione del Rapporto ASviS 2024, affinché questa trasformazione avvenga, il Governo e il Parlamento devono assumere un ruolo proattivo, in grado di stimolare la società a porre la sostenibilità al centro. Ad esempio, potrebbero pubblicare il bilancio pubblico riorganizzato rispetto al contributo che esso fornisce ai 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) dell’Agenda 2030, rendendo così trasparente l’impegno delle istituzioni per la costruzione di un mondo diverso. D’altra parte, occorre coinvolgere direttamente i cittadini attraverso strumenti innovativi,

come le assemblee deliberative nazionali e regionali, che possano promuovere un dialogo costruttivo e informato su come trasformare l’economia e la società nella direzione della sostenibilità.

La proposta dell’Alleanza di istituire una Giornata nazionale dello sviluppo sostenibile, da celebrare il 22 febbraio, rappresenta un altro esempio di come rafforzare la consapevolezza collettiva, celebrando la storica modifica della Costituzione italiana, voluta fortemente dall’ASviS, che nel 2022 ha integrato la tutela dell’ambiente, anche nell’interesse delle future generazioni, tra i principi fondamentali.

Il cambiamento culturale deve anche portare al riconoscimento che la sostenibilità non riguarda solo la dimensione ambientale, ma anche quella sociale, quella economica e quella istituzionale, cioè tutti i fenomeni coperti dall’Agenda 2030, compreso il miglioramento della qualità del nostro dibattito pubblico. Se vogliamo costruire una società più sostenibile, dobbiamo partire dalla partecipazione attiva dei cittadini. Le comunità locali devono essere coinvolte non solo come destinatari delle politiche, ma come protagonisti attivi del cambiamento. Rafforzare la partecipazione democratica significa anche recuperare quel senso di comunità che sembra essersi perso negli ultimi decenni.

Purtroppo, siamo immersi in un contesto nel quale disinformazione, misinformazione, greenwashing e propaganda proliferano, minacciando la coesione sociale e polarizzando le opinioni. Questo fenomeno, che purtroppo si intreccia a interessi politici ed economici, mina la fiducia nelle istituzioni e ostacola il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile. I “Principi Globali delle Nazioni Unite per l’integrità delle informazioni”, pubblicati nel 2024,

rappresentano un passo fondamentale per costruire un ecosistema informativo più sano, ancorato ai diritti umani e al rispetto dei fatti.

Bisogna tutti operare per far sì che questi principi diventino parte integrante della nostra cultura, coinvolgendo i luoghi dell’educazione ma anche i media tradizionali e digitali.

I dati del Rapporto ASviS 2024 mostrano che c’è ancora molta strada da fare. Per esempio, quasi tutti gli italiani hanno sentito parlare almeno una volta di sostenibilità, ma solo il 24% sa a cosa si riferisca il termine ESG (Environment, Social, Governance), ampiamente utilizzato in ambito aziendale e finanziario.

La conoscenza dell’Agenda 2030 è più diffusa presso le nuove generazioni: il 69% delle persone di età compresa tra i 18 e i 29 anni, rispetto a una media del 59%, ne ha sentito parlare, il che segnala la necessità di un impegno informativo, e formativo, diretto agli adulti e agli anziani.

La mancanza di un impegno culturale chiaro, legato ai temi della sostenibilità, influenza negativamente le performance del nostro Paese rispetto all’Agenda 2030. Basti pensare che dal 2010 al 2023 cinque obiettivi chiave sono peggiorati: si tratta di povertà (Goal 1), disuguaglianze (Goal 10), ecosistemi terrestri (Goal 15), governance (Goal 16) e partnership globali (Goal 17). Laddove presenti, i miglioramenti appaiono poi deboli o inconsistenti. Solo per l’economia circolare (Goal 12) possiamo dire di aver fatto progressi significativi negli ultimi anni.

Per cambiare direzione è necessario un nuovo patto sociale, che coinvolga anche il mondo delle imprese. Non è solo una questione di sopravvivenza economica, ma di dignità umana, di giustizia sociale e di responsabilità verso le generazioni future. Sta a noi scegliere se essere spettatori passivi del declino o protagonisti di un mondo più giusto, equo e sostenibile. In questo quadro, l’ASviS, nata proprio con l’obiettivo di promuovere la sostenibilità a tutti i livelli, continuerà a diffondere consapevolezza sull’importanza dell’Agenda 2030 per stimolare un cambiamento culturale diffuso, che coinvolga sia i giovani sia gli adulti. Un impegno che ci auguriamo sia sempre più sostenuto da un’azione coordinata tra istituzioni pubbliche, aziende private e organizzazioni della società civile.

Se vogliamo costruire una società più sostenibile, dobbiamo partire dalla partecipazione attiva dei cittadini. Le comunità locali devono essere coinvolte non solo come destinatari delle politiche, ma come protagonisti attivi del cambiamento. Rafforzare la partecipazione democratica significa anche recuperare quel senso di comunità che sembra essersi perso negli ultimi decenni.

Enrico Giovannini

L’arte di crescere: 7 passi per diventare leader

La domanda che mi ha fatto mia figlia risuona nella mia mente e nel cuore: “Papà, ma tu cosa hai veramente imparato in 35 anni di lavoro?”.

Come Direttore Risorse Umane, Executive Coach, Professore, Scrittore ho avuto la fortuna di incontrare, ascoltare e lavorare con migliaia di persone in 80 diversi Paesi. Ho capito che non ho avuto migliaia di conversazioni diverse ma la stesse conversazioni migliaia di volte. Ho riscontato che le persone affrontano le stesse sfide, difficoltà, crisi, momenti di crescita, speranze e discontinuità’ con il passato. Ho visto e toccato con mano che tutti noi – compreso chi scrive – attraversa diverse fasi di crescita personale e professionale: 7 passi appunto, il cammino della nostra vita, il nostro unico percorso di crescita. La considero un’arte individuale, non una formula matematica valida per tutti. Ecco

allora l’essenza del mio libro: chiamo giochi i 7 passi per supportate il Lettore a capirne le regole ed il funzionamento.

Il Gioco #1 . Gioco interiore.

Iniziamo ponendoci le seguenti domande: in cosa crediamo, quali sono i nostri valori? Quali sono i nostri punti di forza? Cosa ci motiva? Come possiamo trovare la nostra voce interiore? Cosa ci trasmette gioia ed energia positiva? Questo gioco è essenziale, come le fondamenta di una casa. Tuttavia, rimanere troppo a lungo in questa fase potrebbe provocare una paralisi per (auto) analisi. Lo scopo: la scoperta di sé.

Il Gioco #2 . il Gioco del miglioramento.

Come possiamo migliorare in quello cha facciamo per acquisire competenze e padroneggiarle? Come possiamo imparare dai nostri errori? In questo gioco noi plasmiamo la nostra identità. Il Gioco del miglioramento costruisce la fiducia in se stessi, una fase della nostra vita piena di adrenalina alternata a momenti di stanchezza. Si corre sempre. Il lato negativo può essere la spossatezza, l’eccessiva focalizzazione e una visione ristretta. Il rischio: perdere di vista il quadro più ampio, il mondo che ci circonda e soprattutto trascurare le persone che ci amano. A volte, eseguire il Gioco del miglioramento ci spinge verso un marcato narcisismo, egoismo o sindrome da primadonna. Questa parte del nostro sviluppo professionale riguarda conferme esterne, competizione, adattamento sociale, visibilità, ricerca di sicurezza, un posto nella società. E’ una fase lunga, stancante ma elettrizzante di costruzione della propria carriera. La parola chiave del Gioco del

miglioramento è affermazione. E come per il primo gioco, è un gioco egocentrico.

Gioco #3: Giochi del prendersi cura e della visione esterna.

Questi giochi iniziano quando passiamo dalla competizione alla collaborazione, quando ci prendiamo cura di noi stessi e degli altri e impariamo a unire i puntini, a sviluppare intelligenza contestuale. Diventiamo leader quando aiutiamo il nostro team ad avere successo: la leadership non riguarda noi, significa aiutare e sostenere le persone che serviamo. Mentre il Gioco del miglioramento richiedeva muscoli e resilienza, il Gioco #3 esige empatia, consapevolezza sociale, flessibilità mentale, curiosità, creatività e nervi saldi. Il pericolo di questo gioco é duplice. In primo luogo, dal punto di vista emotivo, interessarsi di troppi problemi o persone rischia di svuotarci. Non possiamo – e non dobbiamo – manipolare le persone: possiamo però stabilire dei confini e insegnare agli altri a rispettarli. Le parole chiave del Gioco del prendersi cura e sviluppare una proprio visione del mondo sono empatia e comprensione. Il gioco è socio-centrico

Il Gioco #4. La crisi.

E’ per tutti un momento difficile da capire e da gestire ma necessario e significativodella nostra vita personale e professionale - che avviene di solito tra i quarantacinque e i cinquant’anni. La tentazione è quella di far finta che la crisi non esista, negarla o cedere alla regressione giovanile. Ma, al contrario, dobbiamo avere l’onestà intellettuale e il coraggio di affrontare la crisi e diventare viaggiatori coraggiosi, entrando con sicurezza nella prossima fase della nostra

vita. La parola chiave è interrogarsi. Il gioco è principalmente introspettivo –con feedback esterni – perché richiede riflessione e autoconsapevolezza.

Il Gioco #5. Reinventarsi.

E’ paragonabile alla ristrutturazione di una casa mentre la si abita, un’esperienza - se l’avete vissuta - che non si dimentica. E’ tutto caotico, polveroso, stancante, costoso e frustrante. Eppure è un processo che vale la pena intraprendere con la fine bene in mente. Finirete per passare a un’altra fase, con un nuovo scopo, con rinnovata energia ed entusiasmo. Non si tratta di rinnovare l’immagine, cambiando logo, pagina web o biglietto da visita. Sarete trasformati, da bruco a farfalla: la parola chiave è trasformazione e rinnovamento. Il gioco è trasformativo per voi.

Gioco #6. Rivoluzione.

E’ trasformativo, ma per gli altri, perché voi avrete ormai completato la vostra trasformazione. Il vostro EGO, ridotto ai minimi termini, è stato sostituito dalla vostra parte più sacra, la vostra anima. Le domande fondamentali di questa fase sono: ha senso per me? Come posso aiutare? Cosa mi chiede il mondo?

Il Gioco #7. Lasciar andare.

Quando si lascia andare tutto, si scopre cosa resta. Questo è il nostro ultimo gioco, spirituale, in cui si cercano vero significato, riflessione, solitudine, profondità e silenzio. Le parole chiave sono donare e realizzazione. Lasciar andare significa accogliere una maturità completa. Vuol dire non solo vivere più a lungo, ma vivere

in modo più consapevole ed intelligente, vivere meglio. Ci si libera da pesi che hanno gravato su di noi. Lasciar andare serve a riacquisire la nostra centralità: avere il pieno controllo. Il tempo ci appartiene. Siamo ciò che volevamo essere e fare. E’ simile al Gioco interiore, ma con una diversa maturità, gravitas ed esperienza. Si osserva la vita con occhi diversi.

Capiamo per cosa vale la pena vivere e che il resto non conta.

E siamo liberi.

Il disordine globale e la realpolitik come necessità strategica

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APPROFONDISCI
GIAMPIERO MASSOLO

Se dovessimo provare a tracciare un bilancio degli avvenimenti internazionali che hanno segnato questo primo quarto del XXI secolo, non potremmo che sottolinearne la singolare concentrazione, in un lasso di tempo così breve, di gravi crisi alternate a fasi di straordinario progresso in svariati campi dell’attività umana.

I motivi di ottimismo non mancano grazie ai passi da gigante compiuti dalla ricerca scientifica e dalla tecnica - basti pensare alla rapidità con cui sono stati realizzati i vaccini anti Covid o alle applicazioni di intelligenza artificiale in svariati campi della ricerca - ma la profonda instabilità del quadro geopolitico globale solleva grandi inquietudini, così come l’assenza di risposte adeguate alle sfide epocali del nostro tempo, a cominciare dal cambiamento climatico. Cosa sta succedendo? Quali strumenti abbiamo per orientarci in un mare tornato in tempesta?

Per capire meglio, innanzitutto, occorre guardare al mondo così com’è e non come vorremmo che fosse. Lo scenario internazionale è oggi segnato da una diffusa instabilità, caratterizzata dalla crisi del multilateralismo, dalla competizione a tutto campo tra le potenze e dall’emergere di nuovi attori che ambiscono a ridisegnarne gli equilibri. Possiamo provare a interpretare l’attuale fase storica attraverso la lente dei valori che, come appartenenti al campo delle democrazie occidentali, sentiamo a noi particolarmente vicini. Saremmo in tal modo coerenti con la nostra storia recente e con la nostra visione di una società che vorremmo fondata a ogni latitudine sui diritti e sulle libertà, individuali e collettive. Tale approccio, tuttavia, ci restituirebbe solo una parte della realtà che si dipana oggi davanti ai nostri occhi che, è lecito temere, sia una parte minoritaria. Ben diverso, invece, il quadro che potremmo osservare laddove considerassimo ciò che effettivamente muove gli Stati che animano

oggi lo scenario globale, ovvero gli interessi nazionali e le logiche di potenza.

Vedremmo quindi gli Stati Uniti, un tempo garanti della stabilità globale, che, con un elettorato che appare trasversalmente attratto dall’America First, attraversano il delicato passaggio tra le amministrazioni Biden e Trump sempre più concentrati sulla prospettiva della competizione geopolitica, economica e tecnologica con la Cina. Capiremmo le ragioni che animano Pechino, alle prese con una crisi economica che appare sistemica, nel perseguimento di una strategia volta a consolidare le posizioni di vantaggio raggiunte grazie alla globalizzazione - e a sviluppare uno strumento militare adeguato allo status di superpotenza - evitando di lasciarsi coinvolgere nelle crisi geopolitiche.

Noteremmo come la Russia sia impegnata a cercare di sfruttare a proprio favore le faglie di un sistema internazionale acefalo e multipolare per proiettare la propria influenza e massimizzare i dividendi strategici delle crisi nelle quali è coinvolta. Osserveremmo la strategia di attori regionali come Iran, Egitto, Turchia e Arabia Saudita che si muovono con crescente spregiudicatezza cercando di acquisire posizioni di rilievo nel gruppo disomogeneo dei Paesi del Global South. Tutto ciò mentre non potremmo che constatare come l’Europa - con il motore franco-tedesco in panne - appaia quasi restia ad assumere quel ruolo di protagonista sulla scena mondiale che la Storia e la Geografia pur le assegnano, non avendo ancora risolto il rebus della definizione di un proprio interesse comune agli Stati Membri.

Un quadro quanto mai frammentato, dunque, difficile da ricondurre all’idea di un nuovo ordine internazionale. L’atteso bipolarismo sino-americano stenta ad affermarsi, mentre una pluralità di centri di

potere si confrontano in tutti i quadranti, con la formazione di partnership e alleanze che segue ora - più che la sintonia valoriale - la logica della convenienza, ora quella della sicurezza. Così, nel vuoto lasciato dal multilateralismo, oggi in crescente difficoltà, gli interessi nazionali tornano protagonisti a detrimento dei valori condivisi basati sulla cooperazione e sulla ricerca di soluzioni di compromesso come base delle relazioni tra gli Stati.

Questi ultimi, peraltro, vengono sempre più spesso scavalcati dall’attivismo di player non statali quali grandi compagnie tecnologiche, gruppi terroristici o grandi magnati, spesso in grado di spostare risorse e influenza come e più della maggioranza dei Paesi. Per di più, lo scenario nel quale queste dinamiche si svolgono è di tutt’altro che di facile lettura. Esso è infatti costituito da una geografia non più solo fisica, ma anche “funzionale”, ovvero rappresentata da quel groviglio inestricabile di interconnessioni digitali, energetiche, economico-finanziarie, migratorie che travalicano le barriere orografiche dei continenti e che un quarto di secolo di globalizzazione mal gestita ci ha lasciato in dote.

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Navigare in queste turbolente condizioni ambientali richiede non solo nuove mappe, ma anche un nuovo approccio. Urge liberarsi dai vincoli del dogmatismo e guardare alla politica internazionale con lucido realismo. Ciò non vuol dire snaturare i propri valori, tutt’altro. Implica per contro essere consapevoli di quanto essi siano preziosi per salvaguardare la prosperità e la tenuta della propria comunità sociale e agire con l’obiettivo di tutelarli nel rispetto dell’interesse nazionale. E’ una lezione che vale a maggior ragione per un Paese come l’Italia, che – complice una politica tradizionalmente divisa sugli obiettivi strategici della nostra azione all’estero - in passato per troppo tempo ha sostituito il perseguimento degli interessi nazionali con una retorica intrisa di riferimenti al ruolo suppostamente salvifico del multilateralismo, rivelatosi spesso velleitario laddove non autoinflittivo, come dimostra la vicenda della Libia.

Il mondo di oggi ci insegna che il tempo delle ambiguità è ormai scaduto. Le grandi crisi che divampano alle porte di casa nostra, dall’Ucraina al Medio Oriente, richiedono scelte nette, coerenti e consapevoli. Per l’Italia, in particolare, evidenziano la necessità di rafforzare il proprio ancoraggio occidentale, riconfermando il proprio impegno nell’Alleanza Atlantica e nell’Unione Europea attraverso azioni concrete: un contributo sempre più incisivo alla sicurezza europea, un ruolo proattivo nel Mediterraneo e una politica industriale e tecnologica orientata a ridurre le dipendenze critiche.

Tutto ciò sarà possibile solo se il nostro Paese perverrà a una elaborazione condivisa tra le forze politiche di una visione chiara e coerente del proprio interesse nazionale. Non si tratta di definire un concetto astratto, ma di stabilire un insieme di priorità che delimitino il perimetro della sicurezza e

della prosperità del Paese e che consentano l’adozione di scelte atte a promuoverne il perseguimento.

In questo contesto, sono almeno 3 i pilastri sui quali tale esercizio si impone con maggiore urgenza: energia, tecnologia e sicurezza. Si tratta di ambiti nei quali appare evidente la necessità di abbandonare ambiguità e compromessi di breve periodo, adottando un approccio pragmatico che sappia coniugare principi e necessità operative e abbia il coraggio di guardare lontano, nel tempo e nello spazio. Senza cedere di un millimetro sui valori democratici, ma riconoscendo i limiti delle politiche tradizionali laddove manchino di un percorso realistico in grado di mettere al centro il perseguimento dell’interesse nazionale. Appare questa l’essenza della Realpolitik in questo scorcio del nuovo millennio.

AUTORI

Nel mondo del management consulting da 50 anni, è consulente esperto di innovazione del comportamento, facilitatore e formatore per lo sviluppo del talento in Azienda. Migliora il rendimento del capitale umano

FABRIZIO FAVINI

favorendo la crescita di soddisfazione, motivazione, selfengagement, produttività.

Utilizza le neuroscienze per favorire l’acquisizione delle competenze sociali indispensabili

a modificare i comportamenti non più funzionali alla crescita sia dell’Individuo che dell’Azienda.

Oltre a numerosi articoli, ha pubblicato i seguenti libri: La Vendita di Relazione

(Sole 24ORE); La vendita fa per te (Sole 24ORE); Scuotiamo l’Italia (Franco Angeli); Comportamenti aziendali ad elevata produttività –Integrazione tra stili di management e neuroscienze (gueriniNext).

Editore di rivoluzionepositiva. com, Magazine On Line orientato al nuovo Umanesimo d’Impresa per la sostenibilità sociale, economica ed ambientale dell’Impresa stessa.

ENRICO GIOVANNINI

Ordinario di Statistica economica all’Università di Roma “Tor Vergata” - dove insegna Statistica e Analisi e Politiche per lo Sviluppo Sostenibilee docente di Sviluppo Sostenibile presso l’Università LUISS. È co-fondatore e

direttore scientifico dell’Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS). È stato Chief Statistician dell’OCSE, presidente dell’ISTAT, Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali (governo Letta) e Ministro delle Infrastrutture e della

Mobilità Sostenibili (governo Draghi).

PAOLO GALLO

Ha ricoperto il ruolo di Chief Human Resources Officer presso il World Economic Forum di Ginevra, di Chief Learning Officer presso la Banca Mondiale a Washington DC e di Direttore delle Risorse Umane presso la Banca Europea per la ricostruzione e lo sviluppo a Londra, con precedenti esperienze presso l’International Finance Corporation a Washington DC e Citigroup a Londra e a Milano.

È Presidente di Mundys dal 29 aprile 2022. È stato Presidente di Fincantieri spa dal maggio 2016 al maggio 2022 e Presidente

GIAMPIERO MASSOLO

dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) dal gennaio 2017 al maggio 2024. Tra il maggio 2012 e il maggio 2016 è stato Direttore Generale

del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza (DIS) presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Dal settembre 2007 al 2012, ha

assunto l’incarico di Segretario Generale del Ministero degli Esteri. È stato nominato al grado di Ambasciatore nel gennaio 2006. Ha servito nelle

Ambasciate d’Italia presso la Santa Sede e Mosca, nonché nella Rappresentanza Permanente presso l’Unione Europea.

STUDIO BETTINARDI BOVINA

Perché Rivoluzione Positiva?

Un nuovo Magazine On Line: informazione, conoscenza, saggezza.

MANIFESTO

Con l’enorme disponibilità di informazioni, resa possibile dalla tecnologia, la nostra vita è diventata molto più veloce e molto più distratta. Abbiamo creato i presupposti per cui il nostro cervello è meno preciso, fatica di più a concentrarsi. Perdiamo il focus attentivo sui problemi, divaghiamo mentalmente, siamo intermittenti e discontinui nel nostro modo di pensare e,

quindi, nel nostro comportamento.

Siamo passanti frettolosi e distratti la cui soglia di attenzione dura 8 secondi; siamo meno concentrati dei pesci rossi che arrivano a 9, ci dicono gli esperti. Siamo diventati bulimici di informazioni, emozioni, immagini, collegamenti, suoni. Divoriamo il tutto in superficie senza gustare, approfondire, riflettere.

Oggi chi non si ferma a

guardare non vede; chi non si ferma a pensare non pensa.

Riscopriamo allora il piacere - o la necessitàdi riflettere, di pensare, di soffermarci per capire meglio dove stiamo andando per essere più consapevoli del nostro tempo, complesso e complicato, e del nostro ruolo, umano, sociale e professionale.

Se condividete queste nostre riflessioni, siete invitati a partecipare ad

una iniziativa virtuosa resa possibile dalla combinazione dei saperi e delle esperienze umane e professionali di un manipolo di Pensatori Positivi, profondi, competenti e sensibili interpreti del nostro tempo, che hanno deciso di contribuire a questo Progetto. Ad essi si uniscono autorevoli Testimoni Positivi. A tutti loro il nostro grazie! di cuore.

Il Comitato di Redazione:

Fabrizio Favini

Edoardo Boncinelli

Roberto Cingolani

Enrico Giovannini

Gianni Ferrario

STUDIO BETTINARDI BOVINA
Via Bacchini Delle Palme,

img: wikipedia.org

DIDA

Gioconda Leonardo da Vinci 1503-1506 circa

HOMO RESPONSABILIS

INTERVISTA ALL’AUTORE FABRIZIO FAVINI:

https://www.facebook.com/AlbatrosIlFilo/ videos/950119959796814

Mettiamo un po’ dello spirito natalizio

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