ДЕТИ (BAMBINI)

Stiamo costruendo ambienti ostili allo sviluppo delle relazioni umane.
Il 2012 è l’anno in cui hanno iniziato a diffondersi i social, “la grande epidemia del XXI secolo” (Economist).
Con i social si dà eccessiva importanza a cose superficiali, alle apparenze. Si patiscono i commenti espressi da persone che non conosciamo - e che non ci conoscono. Ciò produce,
soprattutto nei nostri giovani, mancanza di sicurezza e di autostima; ciò li porta alla ricerca di approvazione e di conferme, necessarie al loro benessere. Come se ciò non bastasse, i social stanno anche diventando il canale prevalente delle relazioni umane, ambiente sostitutivo dello scambio interpersonale, delle esperienze prodotte dall’incontro fisico, della condivisione dei momenti vissuti insieme.
Tutte le ore passate a chattare vanno a scapito del piacere del contatto umano, del rapporto interpersonale, delle esperienze sentimentali e sessuali la cui frequenza, da quanto ci dicono gli osservatori, sembra in caduta libera.
Stiamo parlando di una comunità che genererà, a sua volta, altri figli infelici?
Fabrizio Favini
OTTOBRE 2024
Con la pubblicazione del Numero
72 il Magazine
rivoluzionepositiva compie 6 anni. Questo importante e significativo compleanno lo dedico a tutti i 149
Personaggi che mi hanno lusingato con il loro contributo di saggezza, conoscenza, autorevolezza, tra i quali:
EDOARDO BONCINELLI
ALESSANDRO CHIESI
NANDO PAGNONCELLI
ALBERTO DE TONI
SILVIO GARATTINI
ROBERTO CINGOLANI
ELSA FORNERO
PIETRO ICHINO
MAURIZIO FERRERA
GUIDO VISCONTI
EUGENIO VIGNALI
MASSIMILIANO FINAZZER FLORY
ALBERTO ROCCA
DANIELA BERNACCHI
LELLA GOLFO
GIOVANNI SOLDINI
L.CODOGNO&G.GALLI
DONATELLA SCIUTO
FEDERICA PELLEGRINI
GIUSEPPE PASINI
CRISTINA SCOCCHIA
DIANA BRACCO
NICCOLÒ BRANCA
ILARIA BORLETTI BUITONI
N.RODARY&A.VERONESE
PAOLO CREPET
GIOVANNI CAPRARA
REMO LUCCHI
LETIZIA MORATTI
MARIA MARTELLO
ENRICO GIOVANNINI
ALBERTO BOMBASSEI
CRISTINA BOMBASSEI
FEDERICO FAGGIN
ENZO RISSO
GIUSEPPE IANNOCCARI
ROBERTO BATTISTON
GIANGIACOMO SCHIAVI
MASSIMILIANO GIANSANTI
FILOMENA MAGGINO
GIAN CARLO COCCO
NATHALIE TOCCI
MARCO CAPPATO
MARCO BUCCI
MARA PANAJIA
D.D’INGEO&N.GILA
FRANCO BERNABÉ
FEDERICO FUBINI
ROGER ABRAVANEL
ROBERTO BATTAGLIA
LUCA DI MONTEZEMOLO
GIULIO GIORELLO
SALVATORE VECA
MARCO FREY
ENRICO MARIA FLICK
A.MINGARDI&M.SACCONI
VALERIA NEGRINI
CRISTINA ORIGLIA
PAOLO SCARONI
Il marchio del Magazine rivoluzionepositiva riporta 3 parole che sintetizzano i 3 stadi evolutivi del sapere.
Prima parola: INFORMAZIONE. Troppe persone ormai si ritengono soddisfatte nella loro ricerca del sapere quando la loro fonte del sapere è la Rete. Peccato che l’Informazione attendibile si sia ormai estinta
avendo lasciato il posto alle fakenews. Fermarsi a questo stadio significa essere disinformati, superficiali, manipolabili, marginali, inaffidabili.
Seconda parola: CONOSCENZA. Per sconfiggere le fakenews dobbiamo sviluppare un adeguato livello di conoscenza, che si costruisce con lettura profonda, ricerca,
confronto, verifica. Un grande salto di qualità rispetto a INFORMAZIONE, non vi è dubbio. Ma non basta. Ognuno di noi, con un passo ulteriore, può dare un personale contributo alla soluzione dei tanti problemi che stanno comprimendo la nostra esistenza.
Terza parola: SAGGEZZA. Significa saper essere consapevoli, ovvero dominare impulsi, emozioni, sentimenti negativi a favore
di una personale rivoluzionepositiva. Quindi adottare un comportamento responsabile, che discende dal latino res-pondus: farsi carico del peso delle cose!
Saper essere saggi, appunto, una saggezza che nulla ha a che fare con il logoro, millenario paradigma secondo il quale la saggezza apparteneva solo agli anziani del villaggio. Tutti noi possiamo/ dobbiamo tendere alla saggezza!
Il Saggio gioisce nel donareBuddha
Il Magazine rivoluzionepositiva da oltre 5 anni contribuisce con continuità e determinazione ad alimentare un importante stimolo: la consapevolezza che abbiamo sempre più bisogno di comportamenti positivi e responsabili da parte di tutti noi!
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L’universo del comportamento umano è uno dei pochi settori in cui si continua ad operare sulla scorta di abitudini e di modelli culturali in buona parte obsoleti.
Veniamo educati a soffrire per conquistarci un posto nella vita; viceversa l’educazione al benessere interiore, all’autoconsapevolezza, alla percezione di sé e degli altri ce la dobbiamo costruire da soli.
E così noi molto spesso facciamo un uso sub-ottimale delle nostre risorse personali, influenzando in tal senso la vita di chi ci sta vicino: in famiglia, in società, sul lavoro. Spesso aderiamo alla cultura della negatività, della lamentela, della critica, del rinvio, dell’immobilismo.
Altrettanto spesso siamo vittime di comportamenti autolimitanti. Sovente l’esperienza, consolidando un pregiudizio, ci
limita nella capacità di interpretare con lucidità la realtà circostante. Siamo in balìa di alibi, conformismi, abitudini consolidate e di false convinzioni.
Per rimuovere emozioni ed atteggiamenti negativi aprendo la nostra esistenza alle opportunità della vita, dobbiamo sviluppare energie costruttive e positive e un diverso approccio con noi stessi e col mondo che ci circonda.
rivoluzionepositiva ha lo scopo di aiutare, chi è interessato, a realizzare questi obiettivi.
Il Comitato di Redazione:
Fabrizio Favini
Edoardo Boncinelli
Roberto Cingolani
Enrico Giovannini
Gianni Ferrario
22 08 18 14
Esperto di innovazione del comportamento
Portiamo benessere
nelle nostre aziende
Chief Sustainability Officer di Brembo
La Social Responsability in Brembo
Presidente e CEO del Gruppo Branca
Intervista
CEO di IllyCaffè
Intervista
pg. 26
Tutta la nostra civiltà è espressione della componente razionale dell’Uomo.
Oggi la componente razionale, onnipresente nelle nostre vite, non è più sufficiente in quanto la tecnologia non è in grado di garantire alcun progresso nella crescita della coscienza e della consapevolezza.
Quindi la vera innovazione su cui ora
dobbiamo puntare è quella umana, l’unica via possibile per un’evoluzione positiva in termini di comportamenti consapevoli, condivisi, affidabili e responsabili.
Pertanto, all’alba del terzo millennio, ci troviamo di fronte alla necessità vitale di un’Umanità che deve crescere, se non vuole tramontare.
E, per uscire da questa possibile crisi, ognuno di noi deve innovarsi.
Il nostro mondo ha sempre affrontato la differenza in modo conflittuale, un modo di pensare da clan che cerca sempre un nemico da combattere.
Prevale dunque il dualismo, ossia esclusione,
divisione, contrapposizione. Nessun punto d’incontro, nessuno scambio. Viviamo nel sospetto, nella critica, nell’indifferenza, nella rivalità, nella negatività.
Non viviamo insieme, non creiamo unione.
In tal caso le nostre relazioni interpersonali sono malate.
NB. La 4a Rivoluzione Industriale ha la sua centralità nella potenza e nella forza del rapporto interpersonale.
Le relazioni interpersonali influenzano a fondo la formazione e la continua trasformazione della nostra identità e individualità; determinano il grado di soddisfazione o insoddisfazione nella nostra vita privata; si riflettono sulla gratificazione o frustrazione che riceviamo sul lavoro; influenzano il nostro benessere psicofisico e, se disarmoniche, possono favorire l’insorgere di vere e proprie patologie psicosociali, psicoemotive, e perfino psicosomaticheinsomma sono alla base di tutte le principali sfere del nostro vivere sociale.
Ciònonostante sia i singoli che le Aziende che le Istituzioni hanno finora dedicato a questi aspetti ben scarse attenzioni e risorse e i risultati negativi di questa disattenzione non mancano purtroppo di manifestarsi. Ne sono chiari esempi la freddezza e l’impersonalità - quando non la sospettosità e l’acidità - delle relazioni sul posto di lavoro, spesso caratterizzate da conflitti latenti coi colleghi, da invidie e gelosie, da rapporti di pura facciata o addirittura da dinamiche di mobbing.
La situazione non è migliore a Scuola, dove Insegnanti e Studenti continuano a non comprendersi, ad avere interessi conflittuali, a non collaborare e dove ancora esistono
troppe situazioni di disagio psicosociale, dall’isolamento al bullismo. La sfida principale degli Insegnanti è riuscire a trasmettere agli Studenti non solo informazioni bensì anche l’emozione – emozione che li aiuta a trattenere e consolidare l’informazione.
Neppure in Famiglia le cose vanno bene se consideriamo i difficili rapporti tra genitori e figli e la percentuale sempre più alta di separazioni e divorzi, spesso caratterizzati da un’accesa conflittualità.
Il cuore del problema è che nessuno ci ha mai insegnato ad impostare in modi sani e costruttivi i nostri rapporti con gli altri, a gestire efficacemente le nostre emozioni, ad esprimere appropriatamente i sentimenti, ad ascoltare gli altri, ad esprimere con chiarezza - ma senza asprezza - richieste, opinioni, lamentele.
Fin da piccoli impariamo a parlare, a scrivere, a leggere ma nessuno ci insegna ad ascoltare e comprendere realmente l’altro in quanto diverso da noi. Studiamo galassie lontane milioni di anni luce da noi ma non veniamo educati ad esplorare i nostri mondi interiori.
Ci viene insegnata una storia umana fatta di conflitti e guerre ma non ci viene detto niente su come avremmo potuto evitarli. Riceviamo una formazione professionale priva di qualsiasi educazione emotivorelazionale che ci prepari ai rapporti che avremo con i Colleghi e con i Capi, che pure incideranno in modo notevole sul nostro lavoro e quindi anche sul nostro benessere.
La nostra civiltà viene definita tecnologicamente avanzata ma è poco più che primitiva sul piano comunicativo-emotivo-relazionale.
È sempre stata primitiva, anzi in passato lo era anche di più, ma il problema non era così evidente e soprattutto così urgente, perché
nella società patriarcale e autoritaria cha ha dominato la scena fino a qualche decennio fa, i rapporti sociali non venivano liberamente costituiti dalle parti, ma erano predefiniti da norme e gerarchie rigide imposte dall’alto e da una consolidata tradizione.
La vita di relazione si svolgeva secondo regole e schemi semplici e rigidi, cui dovevano conformarsi tutti gli appartenenti ad una data Comunità; non era pensabile percorrere altre strade, proporre altre regole, vivere il ruolo di genitore, figlio o coniuge in modi troppo diversi dal resto della Comunità, se non subendo la riprovazione sociale o perfino gravi sanzioni.
Si tenevano le distanze e ci si dava del Lei o del Voi perfino tra marito e moglie, tra madre e figlio, tra amici: il ruolo e la posizione sociale erano preponderanti sulla personalità e sull’identità personale; importava molto più che cosa eri che non chi eri - un nobile, un borghese o un contadino; un padre o un figlio; un dipendente o un padrone; un docente o un discente.
I sentimenti e le emozioni andavano controllati, manipolati, spesso repressi.
Insomma, l’autorità prevaleva sulla libertà, il controllo sulla spontaneità, la formalità sulla creatività.
Poi, a partire dagli anni ‘60 la civiltà occidentale ha attraversato tali e tanti mutamenti sociali e culturali che la sfera delle relazioni interpersonali, delle emozioni, dei sentimenti ne è risultata completamente rivoluzionata.
Nel giro di pochi anni si è passati da rapporti impostati su copioni
socialmente prestabiliti e rigidi a relazioni autodeterminate e flessibili, dalla comunicazione formale alla spontaneità, dai tabù sessuali alla libertà, dal controllo e repressione delle emozioni all’espressività senza freni.
Sitrattadiunmutamentosostanzialmente positivo, presupposto evolutivo per una società più libera e creativa, per rapporti umani più gratificanti, costruttivi e consapevoli, per una vita sociale che incarni i principi democratici della libertà, della autodeterminazione, della comunicazione.
Tuttavia, la medaglia ha anche il suo rovescio.
Ci troviamo nel bel mezzo di una fase di transizione in cui i vecchi valori e i vecchi modelli di comportamento sono crollati o stanno crollando, ma non sono ancora emersi nuovi schemi e nuove regole in
grado di far fronte alle mutate situazioni e ai bisogni emergenti che caratterizzano oggi le relazioni interpersonali. Si crea pertanto un paradosso: si continuano ad applicare i vecchi modelli comunicativi alle nuove situazioni, si cerca di soddisfare i nuovi bisogni all’interno di vecchie e inadatte forme di relazione, si va incontro a complesse dinamiche comunicative ed emozionali con le poche e rozze conoscenze e abilità dei nostri avi. E tutto ciò non produce ovviamente alcun esito positivo.
Le persone credono sempre meno ai vecchi valori, alle vecchie forme di relazione, hanno nuovi bisogni da soddisfare, nuove aspettative, nuove speranze, ma ancora non hanno imparato nuovi e più adeguati modi di comunicare e relazionarsi e soprattutto di orientarsi da soli, usando la propria consapevolezza per compiere le scelte, invece di seguire ciecamente binari prestabiliti da altri.
Ecco che si espande il conflitto.
CONCLUSIONE. L’educazione comunicativoemotivo-relazionale è il grande compito e la grande sfida dei prossimi anni, se non vogliamo tornare indietro alle vecchie forme patriarcali autoritarie oppure naufragare nel mare agitato della libertà senza soluzioni.
Comunicare con efficacia e vivere le relazioni con gli altri in modo costruttivo è un’arte complessa, che si impara a poco a poco e che richiede conoscenze scientifiche, innovazione comportamentale, consapevolezza e sensibilità e soprattutto metodi educativi che non si traducano solo in formazione professionale ma soprattutto in maturazione e crescita personale, poiché questi due aspetti non sono separabili, specie nella sfera interpersonale.
Questo compito e questa sfida di imparare nuovi modi di stare in relazione richiede un
grande impegno sia agli Individui sia alle Aziende che alle Istituzioni.
Ai primi è richiesta la disponibilità a mettersi in discussione, ad abbandonare vecchie abitudini, ad apprendere nuovi modi di comunicare con gli altri, di ascoltarli e comprenderli e anche di ascoltare e comprendere se stessi.
Alle seconde si domanda un grande sostegno alla ricerca e alle iniziative educative e formative orientate in tal senso, considerando l’una e le altre non come lussi o spese superflue ma come investimenti indispensabili perchè produttivi e competitivi.
Finora sia le aziende sia le organizzazioni hanno privilegiato gli investimenti sugli aspetti materiali connessi alla loro esistenza e sviluppo (impianti, attrezzature, infrastrutture ecc.); adesso è giunto il momento di investire seriamente anche su risorse immateriali ma altrettanto (e forse più) essenziali, come la qualità delle relazioni, la comunicazione interpersonale, la prevenzione e gestione dei conflitti, in modo da creare quella cultura del dialogo e della cooperazione che da sola può preservarci dai rischi di un progressivo degrado nei rapporti sociali, interpersonali, interculturali, internazionali.
Alle Istituzioni viene richiesta una autentica rivoluzionepositiva: qui il discorso è molto complesso e lo affronteremo in altra sede.
Fabrizio Favini
Per il prezioso contributo fornitoci si ringrazia il Professor Enrico CHELI, docente di Sociologia delle relazioni interpersonali all’Università di Siena.
La sostenibilità viene spesso associata alla sola tutela dell’ambiente, quando in realtà abbraccia una sfera ben più ampia e articolata di tematiche, soprattutto per un’azienda. L’acronimo ESG, che sta per ambiente, sociale e governance, riflette questa prospettiva più estesa. Per un’azienda, questo significa che la sostenibilità si misura non solo nel rispetto dell’ambiente, ma anche nella sua attenzione verso le persone che ne fanno parte e le comunità in cui essa è presente, e nella capacità di gestire in modo efficace questi aspetti con una struttura dedicata e funzionale.
Essere un’azienda responsabile è fondamentale non solo per il benessere dell’impresa, ma anche per fare la differenza nel contesto attuale. E, in particolare, per conquistare la fiducia di giovani talenti che cercano realtà lavorative con valori in cui potersi riconoscere, spesso legati proprio all’attenzione verso le persone, l’ambiente e la società.
Consapevole di essere un attore importante nel tessuto economico e sociale in cui opera, Brembo vuole essere un’azienda che non solo
è riconosciuta per l’eccellenza tecnologica dei suoi sistemi frenanti, ma che è anche portatrice di valori e cambiamenti positivi. Questo approccio è nato con l’azienda nel 1961 e continua ancora oggi che è un Gruppo globale da oltre 16 mila persone, con 32 siti produttivi e sedi commerciali e 9 centri di ricerca e sviluppo in 15 Paesi nel mondo.
L’impegno di Brembo verso la sostenibilità si concretizza in un percorso strutturato e ben integrato nella strategia aziendale, che concilia le decisioni di business con la valutazione dei loro impatti sociali e ambientali. Alla guida di questo percorso c’è la Direzione Sostenibilità, con me stessa in qualità di Chief Sustainability Officer di Brembo, che si traduce in progetti e iniziative volti a favorire il benessere delle persone Brembo, oltre a programmi dedicati alla sostenibilità e al sostegno delle comunità in cui il Gruppo è presente.
Parte dell’impegno verso un sistema più sostenibile è proprio quello di condividere con quante più persone possibile le migliori pratiche che possano contribuire
positivamente. Brembo coinvolge il suo team globale e, di riflesso, anche le loro famiglie. Una leva importante è la formazione: ogni anno, Brembo dedica oltre 350 mila ore alla formazione, comprese sessioni specifiche sui temi della sostenibilità.
L’azienda ha inoltre istituito i ruoli di Sustainability Ambassador e Sustainability Champion, persone Brembo che hanno la missione di diffondere in azienda la cultura della responsabilità sociale, nonché supportare e incoraggiare iniziative locali inerenti alla sostenibilità. Ogni anno, le idee più innovative vengono riconosciute attraverso il concorso interno Brembo Sustainability Awards, che nel 2023 ha celebrato la sua quinta edizione con 57 progetti partecipanti.
Parallelamente, per stimolare il dialogo e l’innovazione tra le nuove generazioni, Brembo ha creato il Gen Z Forum, un incubatore di idee progettato per dare voce e energia ai giovani talenti dell’azienda.
Questo Forum è uno spazio aperto e inclusivo in cui i partecipanti, provenienti da diversi background e nazionalità, possono condividere pensieri e sviluppare nuove idee di business da presentare all’Amministratore Delegato di Brembo. Ad aprile 2024, è iniziata la quarta edizione del Forum, con 35 partecipanti provenienti da tutti i Paesi in cui Brembo opera.
Investire nei giovani e nei loro talenti è un valore fondamentale per Brembo che si riflette nelle iniziative interne all’azienda, ma anche nelle collaborazioni virtuose con realtà del territorio in cui Brembo affonda le sue radici. Un esempio è il sostegno al settore giovanile di Atalanta, di cui Brembo è Top Sponsor e ogni anno premia i ragazzi e le ragazze più meritevoli della squadra, dall’Under 15 alla Primavera. Il Premio Brembo riconosce non solo i meriti sportivi, ma anche e soprattutto l’impegno nel percorso di studi e il comportamento, dimostrando l’impegno dell’azienda a valorizzare i giovani in ogni aspetto della loro crescita.
La presenza di Brembo nel territorio bergamasco è forte e ben consolidata. Circa 4.000 persone lavorano nei suoi siti e l’inconfondibile headquarter al
Kilometro Rosso riflette lo spirito di innovazione e bellezza che da sempre guida Brembo. Il sostegno a Bergamo e Brescia Capitale italiana della Cultura 2023 ha rappresentato per Brembo una nuova occasione per restituire valore ai luoghi di origine, creando un dialogo con voci del territorio che operano anche al di fuori del contesto d’impresa. Tra queste, la Galleria GAMeC e l’Accademia Carrara di Bergamo, con cui Brembo ha scelto di dare continuità alla collaborazione, sostenendo i loro progetti e iniziative per il triennio 2024-2026.
In Brembo la sostenibilità si esprime anche in diversi programmi di carattere sociale in Italia e nel mondo, in particolare incentrati nelle aree in cui il Gruppo opera. Uno dei più longevi è House of Smile in India, che include un hub e 3 centri multiservizio con spazi dedicati all’istruzione, all’accompagnamento psicologico, all’assistenza medico-sanitaria e alla formazione professionale. Dal suo avvio nel 2017, il progetto ha accolto oltre 5.000 beneficiari tra donne e bambini che vivono in condizioni di forte vulnerabilità nella periferia della città di Pune.
Questo voler essere responsabilmente attivi è parte integrante del modo di fare impresa di Brembo da oltre 60 anni che, negli ultimi 6 anni, segue l’impulso dell’Agenda 2030 dell’ONU, che fornisce stimoli per contribuire al raggiungimento dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.
Il percorso di Brembo è ben tracciato.
Una sfida ambiziosa è quella di essere sempre più un modello per altre imprese che intendono intraprendere o rafforzare la loro strategia di sostenibilità. È infatti necessario un agire comune per realizzare un cambiamento positivo e concreto.
Cristina Bombassei
Lei è un imprenditore notoriamente umanista e rivoluzionario. La sua è una rivoluzione interiore, profonda, la rivoluzione della consapevolezza di ciascuna persona responsabile. L’Italia è un Paese a responsabilità limitata: quando cresceremo?
La ringrazio per avermi riconosciuto come Imprenditore umanista ma non di certo mi definisco Imprenditore rivoluzionario, ma semmai ri-evoluzionario; che vuol dire essere coscienti di ciò che ci ha portato a questi livelli di crisi ecologica, di valori, economica e psicologica. Il comprendere e fare nostro tutto questo ci farà agire a un altro livello di coscienza e quindi attraverso una presenza consapevole. In Italia come nel mondo stiamo vivendo un periodo molto interessante poiché ci sono in atto dei forti cambiamenti con tante possibilità di espansione e crescita: è fondamentale vivere questi momenti di grandi cambiamenti senza
attaccamento, non lamentandoci - poiché il pessimismo non porta da nessuna parte – ma è importante mantenere la mente aperta e flessibile, cercando di cogliere le opportunità che ci vengono offerte, apprezzando così l’incertezza senza averne paura poiché le incertezze che il mondo sta vivendo sono sfide per migliorarsi e innovarsi.
La Fratelli Branca è da lei considerata non solo un’azienda bensì un’anima collettiva basata su collaborazione e meritocrazia. Quest’ultima parola in Italia è considerata scomoda, a volte pericolosa. Perché secondo lei? E cosa possiamo fare tutti per iniziare ad inserirla credibilmente nei nostri valori superiori?
Sì, è vero, io considero l’azienda come un organismo vivente interdipendente e la meritocrazia non tout court ma collaborativa, quindi basata sul premiare
non solo il singolo, ma tutto il team che ha cooperato per lo sviluppo e la realizzazione pratica del progetto. Magari l’intuizione l’ha avuta il singolo, ma per fare in modo che venga realizzata ha bisogno di più gruppi interfunzionali; ecco perché è importante una meritocrazia collaborativa e mai come in questi periodi è importante entrare in un ordine di idee di sempre maggiore collaborazione e sinergia.
È importante promuovere una cultura che valorizzi diritti e doveri, competenza e assertivismo dentro e fuori l’azienda. In Branca parliamo e mettiamo in atto il perseguimento di un utile generativo, il che vuol dire perseguire un utile nel rispetto delle persone e dell’ambiente che genera benessere per gli azionisti, per le persone che ci lavorano, per i fornitori, per l’azienda. Solo così le aziende possono continuare a investire in ricerca e sviluppo, innovazione, tecnologie, persone, formazione e benessere.
Ecco perché è fondamentale perseguire un ritorno avendo rispetto delle persone e dell’ambiente, creando così beneficio per tutti.
Secondo lei come riusciamo a fertilizzare le nostre imprese con il formidabile lascito umanistico lasciatoci dal Rinascimento Italiano?
Il Rinascimento ci ha insegnato l’importanza dell’armonia tra creatività, sapere e innovazione. Applicare questi principi nelle imprese significa coniugare il progresso tecnologico con una visione umanistica, dove le persone e l’ambiente sono al centro, vissute non come mezzi per raggiungere uno scopo, ma come dei fini: in questo modo la crescita non è solamente economica, ma anche umanista e culturale. Questi concetti sono alla base di ciò che ho definito Economia della Consapevolezza, un approccio che ho approfondito nel mio libro pubblicato da
Marcos y Marcos nel 2019. Questo modello guida il nostro modo di fare impresa, creando un ambiente in cui lo sviluppo umano e professionale va di pari passo con l’innovazione e il rispetto delle risorse ambientali e delle persone. È un tentativo di integrare i valori rinascimentali nella gestione aziendale moderna, per un’imprenditoria più consapevole e sostenibile.
Lei è uno dei pochissimi Imprenditori che offre ai propri Collaboratori la pratica dello yoga. Quali benefici ne trae la Persona e quindi l’Azienda?
Credo sia importante prendersi cura di se stessi, degli altri e dell’ambiente e quindi mi fa piacere dare la possibilità alle persone di prendersi cura di sé non solo in ambito professionale ma in ogni sfera personale, sia fisica che psicologica. È per questo che in azienda diamo la possibilità di fare corsi per uno sviluppo professionale e psicofisico con discipline variegate che vanno dallo yoga, alla meditazione fino all’educazione alimentare. Tutto questo aiuta a sviluppare una sempre maggiore consapevolezza di sé e degli altri, e permette di gestire meglio lo stress, aumentare l’energia e migliorare il benessere generale. I benefici si riflettono sulle persone e, automaticamente, sull’ azienda, poiché l’azienda è un organismo vivente che dà alle persone che la vivono quotidianamente la possibilità di trovare un maggiore equilibrio e serenità, portando un impatto positivo sull’ambiente di lavoro, favorendo una maggiore armonia, creatività e produttività.
La Fratelli Branca ha un primato, tra gli altri: in 179 anni è stata gestita da 5 generazioni della Famiglia Branca. Elisir di lunga vita, dunque?
La nostra storia affonda le radici nel 1845 quando Bernardino Branca creò il FernetBranca. Quel momento segnò l’inizio di un’eredità che io, oggi, ho l’onore di custodire. Ricordo con emozione il 1999, l’anno in cui mi è stata consegnata la formula originale del Fondatore, scritta a mano e accuratamente conservata dalla mia Famiglia per generazioni. Ricevere quei fogli, pieni di dettagli meticolosi sugli ingredienti e i processi, è stato un momento di profonda connessione con la nostra storia. L’essere custodi di questo segreto ci ha permesso di mantenere viva la tradizione, tramandando con amore e dedizione un patrimonio culturale e produttivo unico. Questo equilibrio tra rispetto per la tradizione e apertura verso l’innovazione è ciò che ci ha permesso di attraversare i secoli, garantendo la continuità e la longevità della nostra azienda.
La sostenibilità sociale dell’impresa italiana è tuttora una prospettiva a lunga scadenza: perché incontra ancora resistenza da parte dei suoi colleghi imprenditori?
La sostenibilità sociale d’impresa richiede un cambio di mentalità e un impegno a lungo termine che va perseguito con criterio e riflessione, non implementando fattori in maniera superficiale senza aver verificato tutte le implicazioni, proprio perché è un aspetto fondamentale per garantire un futuro prospero. Per noi è un processo molto naturale, perché fin dalla nascita abbiamo a che fare con erbe e radici e quindi la sostenibilità è parte del nostro DNA e vediamo anche la sostenibilità sociale come parte integrante del nostro modello di business. Non come un costo aggiuntivo, ma come un investimento nel nostro futuro comune.
27 tra erbe, spezie, radici provenienti da 4 continenti vanno a comporre il celebre Fernet. Beviamo sorsi di Natura globalizzata. Ne siamo consapevoli?
Ogni sorso di Fernet-Branca racconta una storia globale, è un viaggio attraverso la natura e le culture del mondo con ingredienti che attraversano 4 continenti per unirsi in una sintesi più alta ed evolutiva in un processo produttivo dove l’uomo incontra la natura e crea il bello e il buono, punto di forza del saper fare italiano. Apprezzare ciò che la natura ci offre è il primo passo per rispettarla e proteggerla, un impegno che, come azienda, sentiamo profondamente e che cerchiamo di trasmettere da sempre anche ai nostri fedeli Consumatori.
Abbiamo preso in prestito il Pianeta dai nostri figli. Cosa lasciamo loro?
La responsabilità verso le future generazioni è un principio guida, altrimenti non saremmo giunti alla quinta generazione. Ogni iniziativa aziendale deve considerare l’impatto sul pianeta, perseguendo azioni che non si limitino a generare profitto, ma contribuiscano a un futuro equilibrato e sostenibile. Dobbiamo essere certi che ciò che lasciamo ai nostri figli sia un mondo in cui possano prosperare, nel rispetto delle risorse naturali e delle comunità. In Branca questo si traduce in un impegno costante per l’innovazione, che non deve essere improvvisata, e per la responsabilità ambientale, in ogni aspetto del nostro operato, dalla produzione alla distribuzione.
A cura di Fabrizio Favini.
Ringraziamo Federica Serpellini per la preziosa collaborazione.
/4 APPROFONDISCI
Qual è lo stereotipo maschilista più fastidioso che lei in azienda è riuscita a ridimensionare?
Credo che lo stereotipo maschilista più fastidioso sia quello secondo cui le donne sono in grado di portare empatia e collaborazione ma non sono in grado di resistere alla pressione e di prendere decisioni in contesti difficili in cui la pressione è alta.
Invece io penso che le donne e gli uomini abbiano in ugual misura la capacità di pensare in maniera strategica e di prendere decisioni difficili, anche impopolari se necessario, con razionalità e senza scaricare a valle la pressione. Entrambi per fortuna, sia gli uomini che noi donne, siamo in grado di portare empatia, capacità di ascolto e collaborazione.
Nel nostro Paese sono ancora tante le donne
che, dopo la prima gravidanza, lasciano il lavoro. Che suggerimenti può dare loro?
Il mio suggerimento è quello di provare a capire cosa desiderano davvero. È bellissimo fare la mamma a tempo pieno, se è ciò che si desidera, ma è altrettanto bello conciliare la vita professionale e quella personale, se il nostro obiettivo è quello di giocare su più tavoli. Il suggerimento per chi decide di avere più ruoli contemporaneamente è quello di non chiedersi di essere perfette in nessuno dei ruoli perché la perfezione non esiste per nessuno, né per gli uomini né per le donne. Cercare poi di priorizzare perché, sia in ambito lavorativo sia in ambito personale, ci sono momenti in cui bisogna fare la differenza e quindi bisogna esserci al cento per cento con cuore, testa e concentrazione. Ci sono, anche, altri momenti che non fanno la differenza e che si possono delegare senza sensi di colpa.
Quanto conta la determinazione nel successo individuale?
Credo che conti moltissimo. Certamente ci vogliono delle capacità, alcune si possono allenare altre sono innate; sono diverse in ogni lavoro ma sono necessarie. Ci vuole un pizzico di fortuna che purtroppo non è controllabile. A volte capita, a volte no. C’è però una grande qualità che non può mancare ed è proprio la determinazione, la forza di perseguire la propria meta con impegno, passione e qualche sacrificio, perché anche qualche sacrificio è necessario per raggiungere i propri traguardi.
Il suo recente libro Il Coraggio di provarci quanto e come può essere utile ad un giovane che sta per avere il suo primo approccio col mondo del lavoro?
Spero che il libro, nel suo piccolo, possa essere utile alle persone giovani e a quelle meno giovani per trarre qualche spunto di riflessione e, perché no, anche di ispirazione. Certamente Il Coraggio di provarci non vuole essere un trattato sulla leadership, non sono un’accademica e non ho velleità a riguardo. Credo, però, di aver condiviso con sincerità e trasparenza la maratona che mi ha portato - da giovane stagista che lavorava e contemporaneamente studiava - fino alla posizione di amministratore delegato,
4 /4
condividendo gli insegnamenti che ho tratto lungo il percorso.
Spero con tutto il cuore che quanto ho imparato possa essere utile anche ad altre persone. Il messaggio chiave che vorrei far passare è che il punto di partenza non deve determinare chi sei o chi vuoi diventare. Anche se i tuoi sogni o le tue ambizioni sono molto lontani dal punto in cui ti trovi, vale sempre la pena di trovare il coraggio di provare a realizzare quello che vorresti essere.
Secondo lei perché da noi la meritocrazia non ha mai goduto di alcuna ospitalità?
Purtroppo in Italia, e non solo in Italia, la meritocrazia non ha una piena cittadinanza. Ci sono dei dati allarmanti che ci dicono che chi nasce in una famiglia di non laureati ha il 90% di possibilità di non laurearsi.
Sappiamo tutti che l’ascensore sociale non ha mai funzionato molto bene nel nostro Paese, e negli ultimi 10-20 anni forse ha rallentato ancora di più. Detto questo, in salita bisogna accelerare. Non possiamo limitarci a biasimare che la meritocrazia purtroppo non è diffusa. Ognuno di noi, nel proprio piccolo, deve fare la differenza e provare a dare pari opportunità a tutti perché poi il concetto è proprio questo: il talento è ugualmente distribuito tra ricchi e poveri, uomini e donne, mentre l’opportunità di dimostrarlo non è altrettanto equamente distribuita.
Quindi, ognuno di noi deve mettere al centro delle proprie decisioni il merito e chi non lo fa deve ricordarsi che mettere in campo la squadra migliore gli permette di vincere più facilmente. E sappiamo quanto il contesto macroeconomico e geopolitico renda necessario per tutti, aziende e sistemapaese, avere la squadra migliore schierata sul campo.
La quasi totalità delle nostre aziende è tuttora alla ricerca di vantaggi competitivi basati su intelligenza cognitiva e razionale trascurando completamente il quoziente emotivo della Persona. Come può esserci utile la sua esperienza in tal senso? Che consigli può dare?
Credo che all’inizio della propria carriera sia molto importante sviluppare intelligenza cognitiva e razionale. Bisogna dimostrare di saper analizzare situazioni complesse e mole di dati molto importanti, connettendo i cosiddetti puntini in maniera insolita per cercare di avere insights che sono sfuggiti ai nostri predecessori o possono sfuggire ad altre persone.
Nel momento in cui si inizia a gestire un team, però, l’intelligenza cognitiva e razionale non sono più sufficienti perché per creare un team compatto, motivato e responsabile in cui le persone sono motivate a dare il meglio di sé non basta parlare alle loro teste.
È necessario parlare anche al loro cuore, perché tutti noi vogliamo essere trattati come persone. Tutti noi vogliamo avere dei collaboratori, dei responsabili e dei colleghi che costruiscono con noi un rapporto emotivo basato sull’empatia, sull’ascolto e sulla capacità di capire la persona che ognuno di noi porta in ufficio, al di là del ruolo o della maschera che tante volte ci troviamo a dover indossare.
Sicuramente saper coniugare l’intelligenza razionale con quella emotiva fa la differenza nella capacità di passare da essere un buon manager a essere un buon leader.
A cura di Fabrizio Favini.
Ringraziamo Donatella De Sabato per la preziosa collaborazione.
Nel mondo del management consulting da 50 anni, è consulente esperto di innovazione del comportamento, facilitatore e formatore per lo sviluppo del talento in Azienda. Migliora il rendimento del capitale umano
favorendo la crescita di soddisfazione, motivazione, selfengagement, produttività.
Utilizza le neuroscienze per favorire l’acquisizione delle competenze sociali indispensabili
a modificare i comportamenti non più funzionali alla crescita sia dell’Individuo che dell’Azienda.
Oltre a numerosi articoli, ha pubblicato i seguenti libri: La Vendita di Relazione
(Sole 24ORE); La vendita fa per te (Sole 24ORE); Scuotiamo l’Italia (Franco Angeli); Comportamenti aziendali ad elevata produttività –Integrazione tra stili di management e neuroscienze (gueriniNext).
Editore di rivoluzionepositiva. com, Magazine On Line orientato al nuovo Umanesimo d’Impresa per la sostenibilità sociale, economica ed ambientale dell’Impresa stessa.
Ha una lunga carriera di rilievo nella corporate governance e nella responsabilità sociale d’impresa.
Consigliere di Brembo dal 1997 e Chief Sustainability Officer dal 2013, è anche membro del Consiglio Generale di Confindustria Bergamo e Consigliere di Kilometro Rosso spa. Nel 2023 è stata eletta Presidente di
AIDAF, l’Associazione Italiana delle Aziende Familiari. Nel 2021 le è stata conferita l’onorificenza di
Commendatore dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana.
E’ Presidente e Amministratore delegato della Holding del Gruppo Branca International spa. Al timone dell’azienda dal 1999, rappresenta la 5a generazione di famiglia ed è
riconosciuto per la sua leadership imprenditoriale umanistica e sistemica e per la sua visione innovativa del business sui temi etici e della sostenibilità. Attualmente i brand dell’azienda
sono presenti in oltre 160 Paesi nel mondo, riconosciuti e apprezzati per la loro naturalità e qualità. Ha fondato un’associazione scientifica culturale di ricerche olistiche; è vicedirettore di un
magazine trimestrale dal titolo Cyber Ricerche Olistiche e ha diretto la collana Saggezza scienza e tecnica della casa editrice Nardini di Firenze. E’ un sostenitore della responsabilità
sociale d’impresa sostenendo attivamente iniziative che promuovono l’educazione e lo sviluppo delle comunità locali. Nel 2019 è stato CEO dell’Anno secondo Forbes.
Amministratore
Delegato di ILLYCaffè. E’ membro del Consiglio di Amministrazione e del Comitato Audit di EssilorLuxottica
S.A e, da maggio 2022, del CdA, del
Comitato Rischi e del Comitato Nomine di Fincantieri. Di quest’ultimo è anche Presidente. Nel corso della sua carriera è stata insignita di diversi riconoscimenti quali la Mela d’Oro
per il Management nell’ambito del 27esimo Premio Marisa Bellisario (2015) e il titolo di miglior CEO per la categoria Retail ai CEO Italian Awards (2019). Nello stesso
anno viene inoltre nominata Cavaliere dell’Ordine della Legion d’Onore. È stata inclusa da Forbes e Fortune nella prestigiosa classifica delle 100 donne leader più
influenti nel 2019 e nel 2022. Nel 2024 esce la sua prima autobiografia dal titolo “Il coraggio di provarci” edita da Sperling&Kupfer.
Perché Rivoluzione Positiva?
Un nuovo Magazine On Line: informazione, conoscenza, saggezza.
Con l’enorme disponibilità di informazioni, resa possibile dalla tecnologia, la nostra vita è diventata molto più veloce e molto più distratta. Abbiamo creato i presupposti per cui il nostro cervello è meno preciso, fatica di più a concentrarsi. Perdiamo il focus attentivo sui problemi, divaghiamo mentalmente, siamo intermittenti e discontinui nel nostro modo di pensare e,
quindi, nel nostro comportamento.
Siamo passanti frettolosi e distratti la cui soglia di attenzione dura 8 secondi; siamo meno concentrati dei pesci rossi che arrivano a 9, ci dicono gli esperti. Siamo diventati bulimici di informazioni, emozioni, immagini, collegamenti, suoni. Divoriamo il tutto in superficie senza gustare, approfondire, riflettere.
Oggi chi non si ferma a
guardare non vede; chi non si ferma a pensare non pensa.
Riscopriamo allora il piacere - o la necessitàdi riflettere, di pensare, di soffermarci per capire meglio dove stiamo andando per essere più consapevoli del nostro tempo, complesso e complicato, e del nostro ruolo, umano, sociale e professionale.
Se condividete queste nostre riflessioni, siete invitati a partecipare ad
una iniziativa virtuosa resa possibile dalla combinazione dei saperi e delle esperienze umane e professionali di un manipolo di Pensatori Positivi, profondi, competenti e sensibili interpreti del nostro tempo, che hanno deciso di contribuire a questo Progetto. Ad essi si uniscono autorevoli Testimoni Positivi. A tutti loro il nostro grazie! di cuore.
Fabrizio Favini
Edoardo Boncinelli
Roberto Cingolani
Enrico Giovannini
Gianni Ferrario
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