NUMERO 70 . ago2024 . Apri l’armadio e indossa un sorriso. Sta bene con tutto

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ДЕТИ (BAMBINI)

APRI L’ARMADIO E INDOSSA UN SORRISO. STA BENE CON TUTTO

La più coraggiosa decisione che prendi ogni giorno è quella di essere di buon umore, cercando di trasmetterlo agli altri. Si diventa ciò che si pensa. Proviamo quindi a influenzare positivamente cosa avviene intorno a noi, cosa che oggi comincia ad essere sempre più

urgente e necessaria. E’ infatti importante riscoprire l’arte del vivere il quotidiano con un po’ di positività. Anche perché la nostra motivazione influenza il modo in cui vediamo il mondo.

Nutrirsi di negatività è una malattia, sbarazziamoci dei

pensieri tossici.

A questo riguardo un grande saggio ci ha detto: l’unica cosa che ti rende infelice sono i tuoi pensieri. Cambiali. (Budda).

Fabrizio Favini

PROGETTO

Il marchio del Magazine rivoluzionepositiva riporta 3 parole che sintetizzano i 3 stadi evolutivi del sapere.

Prima parola: INFORMAZIONE. Troppe persone ormai si ritengono soddisfatte nella loro ricerca del sapere quando la loro fonte del sapere è la Rete. Peccato che l’Informazione attendibile si sia ormai estinta

avendo lasciato il posto alle fakenews. Fermarsi a questo stadio significa essere disinformati, superficiali, manipolabili, marginali, inaffidabili.

Seconda parola: CONOSCENZA. Per sconfiggere le fakenews dobbiamo sviluppare un adeguato livello di conoscenza, che si costruisce con lettura profonda, ricerca,

confronto, verifica. Un grande salto di qualità rispetto a INFORMAZIONE, non vi è dubbio. Ma non basta. Ognuno di noi, con un passo ulteriore, può dare un personale contributo alla soluzione dei tanti problemi che stanno comprimendo la nostra esistenza.

Terza parola: SAGGEZZA. Significa saper essere consapevoli, ovvero dominare impulsi, emozioni, sentimenti negativi a favore

di una personale rivoluzionepositiva. Quindi adottare un comportamento responsabile, che discende dal latino res-pondus: farsi carico del peso delle cose!

Saper essere saggi, appunto, una saggezza che nulla ha a che fare con il logoro, millenario paradigma secondo il quale la saggezza apparteneva solo agli anziani del villaggio. Tutti noi possiamo/ dobbiamo tendere alla saggezza!

Il Saggio gioisce nel donareBuddha

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IL NOSTRO PERCORSO

L’universo del comportamento umano è uno dei pochi settori in cui si continua ad operare sulla scorta di abitudini e di modelli culturali in buona parte obsoleti.

Veniamo educati a soffrire per conquistarci un posto nella vita; viceversa l’educazione al benessere interiore, all’autoconsapevolezza, alla percezione di sé e degli altri ce la dobbiamo costruire da soli.

E così noi molto spesso facciamo un uso sub-ottimale delle nostre risorse personali, influenzando in tal senso la vita di chi ci sta vicino: in famiglia, in società, sul lavoro. Spesso aderiamo alla cultura della negatività, della lamentela, della critica, del rinvio, dell’immobilismo.

Altrettanto spesso siamo vittime di comportamenti autolimitanti. Sovente l’esperienza, consolidando un pregiudizio, ci

limita nella capacità di interpretare con lucidità la realtà circostante. Siamo in balìa di alibi, conformismi, abitudini consolidate e di false convinzioni.

Per rimuovere emozioni ed atteggiamenti negativi aprendo la nostra esistenza alle opportunità della vita, dobbiamo sviluppare energie costruttive e positive e un diverso approccio con noi stessi e col mondo che ci circonda.

rivoluzionepositiva ha lo scopo di aiutare, chi è interessato, a realizzare questi obiettivi.

Il Comitato di Redazione:

Fabrizio Favini

Edoardo Boncinelli

Roberto Cingolani

Enrico Giovannini

Gianni Ferrario

BENVENUTI A BORDO!

INDICE

20 06 16 10

FABRIZIO FAVINI

Esperto di innovazione del comportamento

Se la produttività

ristagna i salari non crescono

DALILA D’INGEO

Research Advisor di ValoreD

NICOLE GILA

Research Project Manager di ValoreD

Oltre le Generazioni

pg. 24 Autori

pg. 28 Manifesto

EDOARDO BONCINELLI

PAOLO CREPET

Grande scienziato italiano di genetica

Uomo, animale inquieto

Psichiatra, sociologo, saggista

Mordere il cieloIntervista

Se la produttività ristagna i salari non crescono

Da 21 anni la produttività delle aziende italiane cresce annualmente dello 0,30%, superata quasi 7 volte dalla Germania, che cresce del 2%.

Una inadeguata produttività riduce il potenziale di crescita e frena lo sviluppo.

Questa è una situazione economica di enorme importanza le cui cause sono pressochè misconosciute dal grande pubblico. Eppure da essa deriva il benessere economico e la crescita del nostro Paese.

Cerchiamo di fare chiarezza sul fenomeno, molto complesso.

Quando in azienda si parla di produttività si pensa subito a numeri, ottimizzazioni, fattori

di efficienza. Viceversa, la produttività, prima che economico e tecnologico, è il risultato di un processo mentale!

Numerose ricerche nel campo delle neuroscienze hanno da tempo assodato che esiste una diretta correlazione tra Collaboratori soddisfatti ed elevate performance professionali.

La  disconnessione  delle persone dal lavoro sta influenzando negativamente i livelli di  benessere e di produttività nelle aziende. Per riconnettere le persone al lavoro, è necessario un approccio che  valorizzi tutte le dimensioni della loro vita, quelle professionali ma anche quelle personali.

Pertanto il successo di un’azienda passa attraverso la felicità, la soddisfazione, il coinvolgimento, il benessere dei propri Collaboratori.

Fidelizzare i propri Collaboratori non è meno importante che fidelizzare i propri Clienti, anzi.

Problema di fondo: nel Management, quanto è concretamente diffusa la consapevolezza di questa situazione?

L’AZIENDA PAGA UN CONTO SALATO

Secondo un’indagine commissionata da Bruxelles alla società di ricerca Matrix, le forme di depressione correlate all’attività lavorativa pesano sulle imprese europee per più di 500 miliardi all’anno. Così come per gli impatti negativi anche i benefici sono diretti: per ogni euro speso in programmi di miglioramento della salute mentale sul luogo di lavoro, i benefici economici variano da 0,80 euro ad addirittura 13,6 euro. In pratica, in un anno si può arrivare a 135 miliardi di euro di riduzione dei costi e di recupero di produttività.

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“Dare scarsa importanza al tema della salute dei Collaboratori in generale, oltre ad aumentare il rischio di infortuni, comporta anche una serie di conseguenze negative per la loro salute mentale. Situazione che si traduce direttamente in perdite economiche, in deterioramento della produttività, in livelli più elevati di assenteismo e turnover. Soluzione a cui tendere: il benessere organizzativo deve essere integrato nella strategia aziendale.” – Michele Maisetti, psicologo della salute organizzativa.

LA VERA SFIDA

Si consuma sul fronte del Capitale Umano in quanto tanti, troppi indicatori ci dicono che abbiamo urgentemente bisogno di rendere la vita lavorativa e sociale un’esperienza emotivamente più serena e socialmente più gratificante per estese popolazioni di Persone.

Per non parlare dei nostri giovani che escono

dal mondo degli studi e approdano a quello del lavoro. Il primo approccio sovente è deludente, frustrante, demotivante. Non sono infatti psicologicamente preparati ad affrontare il rapporto interpersonale con i baby boomers e/o con la Generazione X, il conflitto interculturale, la visione di un mondo aziendale basato in prevalenza su abitudini, consuetudini, liturgie organizzative e comportamentali che sono l’antitesi dell’innovazione e dello sviluppo umano.

E ciò che ci permette di intrattenere un buon rapporto sociale è la competenza nei rapporti interpersonali. Pertanto, quanto più è diffusa la responsabilità della qualità delle relazioni, tanto più cresce la qualità della vita lavorativa e del risultato del lavoro.

Ne deriva che le competenze sociali sono competenze professionali a pieno titolo!

D’altro canto sappiamo che l’innovazione nel mondo dei rapporti interpersonali è configurabile come la nuova, profonda Rivoluzione Culturale ricca di enormi opportunità per enti, aziende, organizzazioni, istituzioni che ne comprendono e ne assecondano la storica portata.

Per esperienza sappiamo infatti che la difficoltà nei rapporti umani riduce gli stimoli e la collaborazione, solidifica le convinzioni, facilita le ossessioni e la difesa ad oltranza delle proprie convinzioni. In tal caso il mondo dei nostri rapporti tende a diventare autistico

La qualità delle nostre relazioni sociali è elemento essenziale del nostro benessere, mentale ma anche fisico.

È da tempo ormai che mente&corpo hanno smesso di essere studiati come entità separate ed indipendenti e sono diventate

oggetto di un’unica scienza, la scienza del benessere.

I nostri pensieri, emozioni, relazioni, azioni quotidiane condizionano la nostra salute ed il nostro sistema immunitario determinando un miglioramento o un peggioramento della qualità della nostra vita.

Pertanto il vivere in buona salute è fortemente influenzato dal nostro stile di vita e, in particolare, dai rapporti interpersonali da noi intrattenuti.

Ecco perché abbiamo iniziato a parlare di biologia della gentilezza, un obiettivo individuale e collettivo indispensabile anche e soprattutto per il mondo del lavoro visto che il lavoro è, in primis, un processo sociale, ossia un sistema che dipende dai rapporti interpersonali e dalle interrelazioni esistenti tra le persone che ne fanno parte.

Il livello di consapevolezza, empatia, responsabilità con cui oggi scegliamo di vivere si riflette sia sul contesto che ci circonda che sulla nostra genetica diventando parte integrante dei tratti impressi nel nostro DNA.

Infatti, l’ambiente che noi frequentiamo - e di cui siamo sia influenzatori che influenzati - e lo stile di vita che consapevolmente o inconsapevolmente adottiamo modificano il nostro codice genetico, quello stesso che noi trasmettiamo ai nostri discendenti.

Di fronte a questa straordinaria affermazione di una branca della scienza - detta epigenetica - ci rendiamo conto dell’importanza che assume il nostro comportamento e di come esso non può più essere il risultato occasionale della nostra mancanza di consapevolezza.

Ecco che viene nuovamente ribadita l’importanza che l’Intelligenza Emotiva

gioca nella costruzione del benessere della Persona.

Nei rapporti interpersonali l’empatia - dal greco empatheia, sentire dentro - ha un peso straordinario.

Il grande scienziato italiano Giacomo Rizzolatti – scopritore dei neuroni specchio –ha affermato che l’empatia è la condizione emotiva indispensabile per capire le persone.

L’empatia è quindi la condizione indispensabile per qualsiasi comportamento socialmente evoluto, consapevole, efficace e responsabile. Le persone dotate di empatia sono dei veri champion nel riconoscere e soddisfare le esigenze di clienti, interlocutori, colleghi, capi, collaboratori.

L’empatia ci fa comprendere i differenti punti di vista del nostro interlocutore facendoci così diventare sensibili alle differenze comportamentali all’interno del nostro gruppo di riferimento.

Aiutiamo a traghettare il sentimento delle persone dal semplice faccio il mio lavoro ad amo il mio lavoro.

FF

Fabrizio Favini

Ricerca Oltre le Generazioni: esperienze, relazioni, lavoro

DALILA D’INGEO & NICOLE GILA

Parlare di diverse generazioni nel mondo del lavoro stimola spesso dibattiti sulle differenze, quasi inconciliabili, tra le persone. Si pensa a mondi e vissuti così differenti che creano una lontananza a tratti incolmabile. La letteratura è ricca di esempi di ricerche, articoli e libri che parlano di Senior vs Junior, Nativi Digitali vs Baby Boomers come se in campo ci fossero degli eserciti schierati che difficilmente possono condividere qualcosa.

La Ricerca Oltre le Generazioni di Valore D nasce con l’obiettivo di andare “oltre” gli schieramenti e le distanze incolmabili tra le persone di diversa età partendo dal presupposto che, seppure siano proprio le differenze a renderci unici e a plasmare le esperienze e i bisogni delle persone, esistono tuttavia dei tratti comuni, dei punti di contatto. E, soprattutto, esistono le relazioni.

Oltre le Generazioni risponde a 5 fondamentali domande di ricerca:

1) comprendere le caratteristiche demografiche/identitarie delle 4 generazioni presenti nelle aziende italiane

2) identificare i valori che queste attribuiscono a diverse sfere della vita (es. lavoro, famiglia, hobby, salute e benessere, ecc.)

3) delineare i drivers e i bisogni lavorativi delle persone di diverse età

4) definire gli ostacoli lavorativi di cui le diverse generazioni fanno esperienza a causa di bias e stereotipi (interpersonali e sistemici) legati a ciascuna età (ageismo)

5) studiare come le diverse generazioni entrano in relazione in azienda e i tipi di scambi al di là di quelli che sono i ruoli informali indagando gli attori, i gruppi “centrali” e quelli meno inclusi.

La ricerca ha coinvolto più di 18.000 lavoratori e lavoratrici di 4 diverse generazioniBaby Boomer, Generazione X, Millennial, Generazione Z - in un’indagine su specialisti DEI ed HR in focus group di approfondimento dove si sono discussi ostacoli e opportunità rispetto al management intergenerazionale.

Gli anni di nascita si riferiscono ai lavoratori e alle lavoratrici che hanno preso parte alla ricerca.

In totale sono state coinvolte 61 aziende del Network Valore D e raccolte dinamiche intergenerazionali di 14 settori economici e produttivi del Paese

L’esposizione che segue approfondirà il punto 5 della ricerca (vedi sopra) raccontando il perché si è scelto di esplorare il tema delle relazioni, le metodologie di ricerca utilizzate e i principali risultati ottenuti.

IL CAPITALE SOCIALE LAVORATIVO

OVVERO LE RELAZIONI TRA PERSONE DI DIVERSA ETÀ

Diversi articoli scientifici e multidisciplinari dimostrano che uno dei modi più efficaci per indagare le relazioni tra le persone è studiarne il capitale sociale, ovvero quelle risorse - materiali e non - che individui e gruppi accumulano quando entrano in relazione in diverse sfere della vita pubblica e privata - luogo di lavoro, famiglia, scuola, ecc. - e che si traducono nel riconoscimento reciproco e in forme di supporto materiale ed emotivo.

Il metodo più efficace per misurare le relazioni è noto come Social Network Analysis (SNA), ovvero l’analisi delle reti sociali.

Questa disciplina attinge da vari ambiti di ricerca come la matematica - teoria dei grafi - e le scienze sociali - gli individui sono attori in una rete di relazioni e le relazioni hanno un impatto su comportamenti, ruoli e addirittura benessere psicofisico degli attori della rete.

Per questa parte di analisi, Valore D ha collaborato con un centro di ricerca di eccellenza ed innovativo dell’Università Statale di Milano, il Behave Lab, per indagare le reti sociali in azienda ovvero i flussi di scambio tra persone di diversa età a prescindere da quelli che sono i loro ruoli in organigramma.

Attraverso la Social Network Analysis è infatti possibile rendere visibile l’invisibile (Cross & all, Making Invisible Work Visible, 2002) ovvero identificare quelle persone che in base alle loro caratteristiche identitarie (es. genere ed età) sono centrali e quindi importanti nella rete di relazioni.

Allo stesso modo l’analisi fa emergere i gruppi che sono alla “periferia” delle relazioni e che quindi fanno esperienza di limitata inclusione in azienda e di un mancato riconoscimento da parte di colleghi e colleghe.

Per questa ricerca l’analisi del capitale sociale si è soffermata su 4 tipi di supporto che possono avvenire tra colleghi e colleghe sul luogo di lavoro:

1) consigli sul lavoro

2) supporto per competenze tecniche

3) supporto per competenze soft

4) supporto emotivo.

Per ogni tipo di supporto la Social Network

Analysis ha evidenziato le persone e i gruppi che, in base alle caratteristiche identitarie di genere ed età, sono i punti di riferimento in azienda e coloro che vivono ai margini del capitale sociale lavorativo. Riassumiamo i punti principali per ogni tipo di supporto indagato in base al dato aggregato:

1. in generale lo studio del capitale sociale lavorativo fa emergere un contesto aziendale molto gerarchico e tradizionale dove permangono disconnessioni importanti tra senior e junior. Ruoli e riconoscimenti richiamano noti stereotipi di età e di genere nei luoghi di lavoro del nostro Paese

2. gli uomini di Generazione X rappresentano il gruppo più centrale

in azienda specialmente per quanto riguarda i consigli sul lavoro e il supporto per competenze soft. Come dimostrato da altri dati e ricerche, questo è il gruppo sociale che tendenzialmente riveste ruoli di prestigio e con più potere decisionale in azienda

3. gli uomini Millennial emergono come il cuore operativo e tecnico delle aziende italiane, anche se fanno parte di un gruppo generazionale che ancora fa fatica a ricevere un pieno riconoscimento professionale ed economico

4. donne Millenial e Generazione X sono molto cercate da colleghi e colleghe per ricevere supporto per le competenze soft. Le donne di Generazione X, in particolare, sono un vero e proprio punto di riferimento per il supporto emotivo. Questo risultato fa riflettere sulla persistenza di noti stereotipi di genere legati al ruolo delle donne nel mondo del lavoro, ma potrebbe anche suggerire un cambiamento di stile di leadership –più empatico ed inclusivo - che le donne stanno portando avanti in azienda

5. in generale i più senior - Baby Boomer - e i più junior - Generazione Z - sono i gruppi ai margini del capitale sociale lavorativo, conferma questa di quelli stereotipi legati all’età noti con il termine di a geismo e youngismo

Le analisi effettuate sulle singole aziende suggeriscono che le dinamiche inerenti al capitale sociale lavorativo risentono ovviamente del settore economico in cui l’azienda opera, delle po litiche di diversità ed inclusione promosse in azienda e dalla cultura aziendale.

Un messaggio importante di questi dati è che bisogna imparare sempre di più a pensare ed agire in ottica di connessioni : connessioni tra persone, tra individui e contesti sociali, tra individui e oggetti (es. dispositivi digitali ecc.). Non solo. È importante anche vedere le caratteristiche identitarie delle persone - età e genere - come elementi interconnessi che rendono gli individui unici ma allo stesso tempo li espongono o li proteggono da dinamiche di discriminazione ed esclusione.

CONCLUSIONI

La ricerca Oltre le Generazioni ha avuto come obiettivo principale il comprendere le relazioni tra gli individui con il presupposto che le diverse caratteristiche identitarie e i relativi bisogni sono dei punti di partenza da cui derivano domande come:

• che relazioni si formano tra le persone in base alla diversità di cui ognuno di loro è portatrice?

• come viene “utilizzata” e “valorizzata” la diversità tra colleghi e colleghe?

• ci sono diversità che vengono accolte, messe al centro ed altre che rimangono più marginali negli scambi?

I dati emersi dallo studio delle reti sociali rispondono chiaramente a queste domande. In base all’età e al genere si creano in azienda relazioni di reciprocità, riconoscimento, ma anche disconnessioni e fenomeni di isolamento.

È importante concludere ricordando che

le relazioni non avvengono in un vacuum ma in un contesto, come quello aziendale, che ha una propria cultura, che rispecchia la cultura del luogo geografico in cui è inserita e che è caratterizzata da politiche che contrastano o favoriscono determinati fenomeni di maggiore o minore inclusione.

APRI L’ARMADIO E INDOSSA UN SORRISO.

Uomo, animale inquieto

EDOARDO BONCINELLI

In tutte le lingue esistono dei sinonimi, parole diverse ma con significati simili. Nel campo dei sentimenti e degli stati d’animo ciò è particolarmente frequente, ma anche di particolare importanza.

Una sensazione positiva può essere chiamata felicità, contentezza o soddisfazione.

E se ne possono distinguere con una certa precisione i vari significati. Prendiamo ad esempio la diade contentezza/ scontentezza

Tutto sommato l’uomo medio è contento o scontento? La risposta è che entrambe le parole illuminano elementi della vita di tutti i giorni, ma una prevalenza di scontentezza sembra essere il vissuto più comune, per cui non è sbagliato dire che di fondo l’Uomo è per lo più

scontento. Oltre a essere una frase che suona sgradevole, questa affermazione è una grossa sorpresa, anche se, di secondo acchito e considerata con più calma, risulta intuitiva e quasi inevitabile.

Perché l’Uomo è scontento? Quale è il senso di tale osservazione? Quale funzione potrebbe avere questo stato d’animo, se mai ne avesse alcuna?

Ci sarebbe tanto da dire sull’argomento e due autori in particolare hanno dedicato a queste riflessioni un saggio: Edoardo Boncinelli e Marco Furio Ferrario hanno analizzato gli aspetti storici del fenomeno in questione, sia sul piano biologico che su quello culturale.

È noto che l’Uomo moderno è un intreccio equilibrato di biologico e di culturale, anche se a noi piacerebbe poter

dipanare la matassa e poter individuare esattamente quali fili appartengono alle radici naturali e quali fili discendono dai coloriti gomitoli culturali: vorremmo poter dire con certezza “questa cosa ha una base biologica e quest’altra ha una base culturale”, vorremmo poter distinguere con certezza l’ordito della biologia, che costituisce la struttura portante del tessuto vivente, dalla trama culturale - e storica - che disegna la spiccata e irripetibile identità di questa o quella persona.

Perché questo desiderio? Un motivo è la pura consolazione: in tempi recenti la scienza ha sostituito il divino e il trascendente nei rapporti causali immaginati dal senso comune, tanto che, se una cosa è definita “naturale” automaticamente viene considerata buona e giusta dalla maggior parte delle persone.

Se tale patente di “naturalità” viene poi certificata dalla scienza e in particolar modo da quella branca della biologia che è la genetica, allora la consolazione è massima perché ci si sente di fronte a un sapere irreversibile che affonda le radici nella notte dei tempi.

Se viceversa una cosa è “genetica” allora molto poco si può fare perché essa ha tutta la forza di una valanga di rapporti ecologici strutturati da miliardi di anni e dalle leggi della fisica e del caso.

Purtroppo, però le cose non sono così semplici e l’evoluzione biologica umana non è indipendente da aspetti culturali. Così Boncinelli e Ferrario ci portano in un mirabolante viaggio attraverso la storia e la preistoria umana, considerando tanto l’evoluzione biologica quanto quella culturale attraverso la chiave di lettura del sentimento di scontentezza.

Si può allora individuare una radice biologica della scontentezza in quella che viene chiamata dagli autori “estensione del dominio temporale”: l’evoluzione degli apparati cognitivi della nostra specie ci ha portati a poter considerare eventi su scale temporali molto più ampie della durata media della nostra vita - che sta nell’ordine di qualche decennio - per non parlare della durata media di un evento di coscienza, che sta nell’ordine di qualche secondo.

La natura, dunque, ci ha donato una memoria che affonda nel passato e una capacità previsionale che si perde nell’orizzonte futuro, ma tale estensione ci sbilancia inevitabilmente dal momento presente. E non è forse un caso che tutti

i saggi di tutte le culture, per quanto lontani nel tempo e distanti nei propri principi, abbiano individuato nella capacità di vivere il presente la chiave per la contentezza.

Farsi avvinghiare nel passato dai ricordi o farsi travolgere nel futuro dalle aspettative sono i presupposti in cui può fermentare la scontentezza, ma con ciò dobbiamo convivere perché tutto ciò altro non è che uno dei tanti lasciti collaterali di un sistema nervoso molto complesso che, bene o male, ci ha permesso non solo di sopravvivere fino ad oggi, ma anche di consolidare un certo dominio sul resto della natura.

Nel saggio vengono poi analizzati i vari ambiti culturali in cui l’Uomo ha affiancato a una tale estensione del dominio temporale una parallela “estensione del dominio spaziale”: con la scienza e con la tecnica, ma poi anche con tutte le altre attività culturali, possiamo modificare la realtà a livelli che sarebbero preclusi alle sole nostre strutture biologiche. Possiamo ad esempio accedere alla realtà microscopica per costruire manufatti alla base dei nostri computer oppure possiamo giocare con la realtà degli atomi e delle molecole per creare farmaci e droghe o ancora possiamo considerare le interazioni fra gli individui della nostra specie al livello dei gruppi e delle popolazioni per prevedere, indirizzare o correggere fenomeni sociali, politici ed economici.

Tutto ciò ci ha resi i padroni del mondo, ma si è portato dietro un proporzionale carico di responsabilità e un corrispondente senso di potenziale inadeguatezza

e scontentezza. L’Uomo è dunque “animale inquieto” in quanto stretto tra “l’incudine dell’evoluzione biologica” che ci ha privato della guida sicura degli istinti (con cui il resto del mondo animale ha una risposta certa per ogni evenienza senza essere turbato da troppi dubbi) e “il martello dell’evoluzione culturale” che ci pone costantemente di fronte alla responsabilità quasi divina di dover rendere conto della nostra guadagnata e accresciuta libertà d’azione.

In tutto ciò quale salvezza? Un’interpretazione inedita del ruolo dell’ironia come evoluzione delle primordiali funzioni di  grooming e un approccio inusuale alla saggezza antica sono solo due delle tante idee originali proposte nel testo.

Edoardo Boncinelli

APPROFONDISCI

Intervista a Paolo Crepet Psichiatra, sociologo,

saggista

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Perché noi esseri umani evoluti abbiamo smesso di provare meraviglia?

Prima di rispondere alla domanda faccio una premessa.

Il mondo non è mai stato così contradditorio, eppure per molti la situazione è ideale: politicanti, ideologi, complottisti, guerrafondai, mestieranti che in ogni stagione riescono a trovare il proprio spazio per sopravvivere. Buona parte di ciò che sta accadendo sembra contribuire ad un crescente senso di precarietà, spingendo tanti verso una chiusura egoistica, emotivamente meschina.

In questi anni bui di guerre, migrazioni di massa e nuove emergenze, non c’è da stupirsi infatti se la risposta alle ansie e alle angosce per molti sia l’intorpidimento emotivo. Il rischio di chiudersi nel proprio bozzolo e tenere a distanza i sentimenti è sempre più concreto e allarmante.

L’evoluzione umana ha dei momenti di ascesa e momenti di riflessione, di stasi. Possiamo affermare che complessivamente abbiamo ottenuto troppo: non esiste quasi più la sorpresa e quindi lo stupore. Siamo

generazioni assuefatte alle cose; viviamo in condizione di assopimento, di inerzia.

Se volessimo tornare indietro, ci sarebbero esperimenti pedagogici molto interessanti da fare, in particolare per le scuole materne, per i primi anni di vita dei nostri bambini. Il nostro rapporto coi nostri figli rappresenta molto spesso il problema: noi siamo collezionisti di cose da dare ai nostri figli. È da qui che dovremmo iniziare, revisionando il nostro rapporto coi figli e coi nipoti, rivedendolo completamente dal punto di vista degli stimoli, oggi assenti, perché tutto è previsto, tutto fa parte di un preciso e ricorrente copione.

Se così non fosse, avremmo generazioni di giovani molto più motivati all’imprenditoria in quanto cresciuti sensibili e orientati agli stimoli, al nuovo, al diverso, all’innovazione.

Un arguto pensatore ebbe a dire “prendere un’abitudine è cominciare a cessare di esistere ”. E la nostra vita è ormai diventata una opprimente coltre di abitudini. Come possiamo reagire, con qualche probabilità di successo?

Posso dire, per quanto mi riguarda, che

le mie giornate non si assomigliano. Mai. Faccio cose diverse, tutti i giorni. È naturale vivere così, o almeno dovrebbe esserlo per tutti! Se questo fosse il comportamento generale, le nostre aziende disporrebbero di ben maggiore inventiva, creatività, spirito innovativo.

Mordere il Cielo, il suo ultimo libro, ci stimola a cercare di vivere una vita diversa: basta vivere sulla Terra, ambiamo all’azzurro, alle nuvole! Pertanto smettiamo di sopravvivere, bensì torniamo a vivere! Come aiutarci a volare in alto?

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L’azzurro del cielo è sempre diverso; le nuvole sono sempre diverse. La volta celeste, se la osservassimo, ci dice una cosa: al mondo non c’è niente di ripetitivo! Siamo noi che abbiamo creato un atteggiamento, una cultura assolutamente innaturale. Il libro che ho scritto è un libro che io ho personalmente vissuto, quindi niente di teorico. Cerco di non farmi sedurre dalle lusinghe del comodo, del facile. Per tornare a “mordere il cielo” occorre ritrovare il coraggio di nuove eresie, rinnovare ribellioni per inseguire le nostre unicità, diffidando di quella grigia normalità dietro la quale si nasconde il sinistro scricchiolio della neutralizzazione dell’anima.

Quanto è importante il ruolo dell’immaginazione nella nostra ricerca della felicità?

Definire cosa è la felicità è molto complicato. Posso dire che è ciò che sto cercando. E spero di non trovarla perché è una ricerca che non ha una fine.

I nostri giovani stanno smarrendo l’emozione del vivere – come tanti adulti, del resto. Professore, allora perché non inizia a costruire il prototipo della Scuola

delle Emozioni? Sono convinto che avrebbe un grandioso successo!

“La morte dell’empatia umana è uno dei primi segni di una cultura sul punto di sprofondare nella barbarie”- scriveva sessant’anni fa Hannah Arendt. Sono parole profetiche e terribili perché quella prospettiva tracciata da una mente così lucida dovrebbe disegnare ancor più oggi il nostro orizzonte, essere la sentinella di un maleficio che sta distruggendo le nostre relazioni. L’empatia è un confine che non dovrebbe essere attraversato perché oltre non c’è ragione ma perdita della coscienza e delle nostre relazioni affettive. E invece è evidente che qualcuno lo fa e continua a farlo. L’empatia è antidoto, significa assumere le emozioni come metronomo capace di scandire il nostro tempo invece di farlo scorrere al contrario. Allo stesso tempo mi chiedo perché ci dovremmo guardare dalla capacità e dalla disponibilità di metterci nei panni dell’altro. Se non esistesse questa meravigliosa vocazione – la capacità di sporgersi e di accogliere l’altro – non esisterebbero la simpatia e tanto meno l’affetto gratuito.

L’umanesimo quindi non è solo esercizio di razionalità, ma concede ed apprende

dal mare delle emozioni strade e guide per illuminare i nuovi viandanti, sperimentatori, cacciatori di orizzonti.

A cura di Fabrizio Favini

AUTORI

Nel mondo del management consulting da 50 anni, è consulente esperto di innovazione del comportamento, facilitatore e formatore per lo sviluppo del talento in Azienda. Migliora il rendimento del capitale umano

FABRIZIO FAVINI

favorendo la crescita di soddisfazione, motivazione, selfengagement, produttività.

Utilizza le neuroscienze per favorire l’acquisizione delle competenze sociali indispensabili

a modificare i comportamenti non più funzionali alla crescita sia dell’Individuo che dell’Azienda.

Oltre a numerosi articoli, ha pubblicato i seguenti libri: La Vendita di Relazione

(Sole 24ORE); La vendita fa per te (Sole 24ORE); Scuotiamo l’Italia (Franco Angeli); Comportamenti aziendali ad elevata produttività –Integrazione tra stili di management e neuroscienze (gueriniNext).

Editore di rivoluzionepositiva. com, Magazine On Line orientato al nuovo Umanesimo d’Impresa per la sostenibilità sociale, economica ed ambientale dell’Impresa stessa.

sociali, ricerca mixed-methods e

DALILA D’INGEO

capitale sociale tra le minoranze etniche e culturali. Ha vissuto per 8 anni negli USA dove ha ottenuto il PhD, lavorato come

Ha conseguito una laurea magistrale in Sociologia - indirizzo sociologia economica e del lavoro – presso l’Università degli Studi di Milano

docente, ricercatrice e consulente in progetti internazionali e multidisciplinari. Dopo il suo rientro

in Italia, è entrata in Valore D dove oggi lavora come Research & Knowledge Management Advisor e riveste il

ruolo di focal point per la diversità etnico-culturale.

NICOLE GILA

Bicocca nel 2018. Dopo un’esperienza lavorativa nel mondo profit, nel 2020 è entrata in Valore D, la prima associazione italiana che

promuove l’equilibrio di genere e una cultura inclusiva per la crescita delle aziende e del Paese, dove oggi ricopre la carica di Research & Knowledge Management Project Manager. Qui coniuga la sua dedizione alla ricerca con il suo interesse per la diversità,

l’equità e l’inclusione nel mondo organizzativo.

É il più importante genetista italiano del XX secolo. Ha lavorato per oltre 20 anni presso l’Istituto internazionale di genetica e biofisica del CNR di Napoli. Trasferitosi a Milano, ha diretto il laboratorio di biologia

EDOARDO BONCINELLI

molecolare presso l’Istituto scientifico universitario San Raffaele e il Centro per lo studio della farmacologia cellulare e molecolare del CNR.

A lui e al suo gruppo al CNR di Napoli, nel 1985, si deve la scoperta

dei geni omeotici nell’uomo, ‘architetti’ che progettano il corretto sviluppo dell’organismo. Una scoperta importante, tanto che nel 2011 il Corriere della Sera l’ha inclusa tra le 10 scoperte italiane più importanti del secolo da ricordare

nella storia d’Italia.

Nato a Rodi nel 1941, Boncinelli ha studiato e vissuto a Firenze, dove si è laureato in fisica. Ha dedicato la sua vita allo studio della genetica e della biologia molecolare, all’insegnamento universitario e alla divulgazione

scientifica con la pubblicazione di 100 libri e più di 200 tra studi e ricerche. Tre lauree honoris causa: Medicina (Udine), Farmacia (Firenze) e Filosofia (Palermo).

Laurea in MedicinaUniversità di Padova - ed in SociologiaUniversità di Urbino.

PAOLO CREPET

Vince varie borse di studio bandite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Aderisce a numerosi e prestigiosi incarichi in ambito nazionale ed internazionale. Ha

pubblicato più di 40 libri, oltre a numerosi articoli e rapporti tecnici.

STUDIO BETTINARDI BOVINA

Perché Rivoluzione Positiva?

Un nuovo Magazine On Line: informazione, conoscenza, saggezza.

MANIFESTO

Con l’enorme disponibilità di informazioni, resa possibile dalla tecnologia, la nostra vita è diventata molto più veloce e molto più distratta. Abbiamo creato i presupposti per cui il nostro cervello è meno preciso, fatica di più a concentrarsi. Perdiamo il focus attentivo sui problemi, divaghiamo mentalmente, siamo intermittenti e discontinui nel nostro modo di pensare e,

quindi, nel nostro comportamento.

Siamo passanti frettolosi e distratti la cui soglia di attenzione dura 8 secondi; siamo meno concentrati dei pesci rossi che arrivano a 9, ci dicono gli esperti. Siamo diventati bulimici di informazioni, emozioni, immagini, collegamenti, suoni. Divoriamo il tutto in superficie senza gustare, approfondire, riflettere.

Oggi chi non si ferma a

guardare non vede; chi non si ferma a pensare non pensa.

Riscopriamo allora il piacere - o la necessitàdi riflettere, di pensare, di soffermarci per capire meglio dove stiamo andando per essere più consapevoli del nostro tempo, complesso e complicato, e del nostro ruolo, umano, sociale e professionale.

Se condividete queste nostre riflessioni, siete invitati a partecipare ad

una iniziativa virtuosa resa possibile dalla combinazione dei saperi e delle esperienze umane e professionali di un manipolo di Pensatori Positivi, profondi, competenti e sensibili interpreti del nostro tempo, che hanno deciso di contribuire a questo Progetto. Ad essi si uniscono autorevoli Testimoni Positivi. A tutti loro il nostro grazie! di cuore.

Il Comitato di Redazione:

Fabrizio Favini

Edoardo Boncinelli

Roberto Cingolani

Enrico Giovannini

Gianni Ferrario

STUDIO BETTINARDI BOVINA
Via Bacchini Delle Palme,

img: wikipedia.org

DIDA

Gioconda Leonardo da Vinci 1503-1506 circa

HOMO RESPONSABILIS

INTERVISTA ALL’AUTORE FABRIZIO FAVINI:

https://www.facebook.com/AlbatrosIlFilo/ videos/950119959796814

IL RISCHIO DI

UNA RECESSIONE

SOCIALE

I sintomi della crescente fatica di vivere sono ormai numerosi e provengono da diverse fonti.

Alcune ricerche ci danno l’idea di quanto sia diffuso il senso di solitudine nei Paesi avanzati. La solitudine altro non è che il riflesso delle profonde trasformazioni strutturali del nostro modo di vivere: nella UE la percentuale di famiglie costituite da una sola persona è raddoppiata negli ultimi 50 anni.

In pratica le reti sociali si stanno indebolendo con la conseguente diffusione di una cultura individualistica E varie ricerche ci dicono che l’isolamento è un fattore determinante nel creare le condizioni idonee al comportamento violento.

L’epidemia di solitudine sociale è quindi la conseguenza dell’isolamento/ distanziamento.

Una ricerca americana ha evidenziato che il numero di amici per persona è sceso in media da 2,9 a 2,1 mentre si è triplicata la quota di coloro che dichiarano di non aver nessun amico. Tutto ciò fa parte del cambiamento del clima sociale delle nostre Società.

Una ricerca di taglio psicologico riporta che il livello di empatia

è sceso del 48% tra il 1979 e il 2020. E va qui ricercata la radice di quel cattivismo che vediamo spuntare da tutte le parti e che minaccia la nostra vita sociale.

Il calo dell’empatia viene attribuito a 3 fattori:

l’aumento esponenziale delle interfacce tecnologiche che ci abituano ad avere solo relazioni strumentali disabituandoci alla ricca, stimolante ed impegnativa complessità della relazione umana

la fragilità della Famiglia che non è più palestra primaria dove si impara a stare con gli altri ma è diventata fonte di insicurezza e di indifferenza esistenziale

la tendenza dei social a costruire comunità impersonali, omogenee e chiuse con la conseguenza di aumentare intolleranza/odio verso chi la pensa in modo diverso.

Una società di soli ed arrabbiati è un serbatoio di violenza latente pronto a

scaricarsi contro qualcuno; il rischio che dobbiamo sventare è una recessione sociale, un collasso nei nostri rapporti interpersonali, l’indifferenza che porta al prevalere di personalismi, egoismi e narcisismi.

È venuto quindi il momento di renderci consapevoli dell’inadeguatezza di questa nostra diffusa situazione di carestia sociale, e di reagire concretamente per iniziare a porvi rimedio.

Ora più che mai è il momento di fare leva sull’ingegnosità, sulla collaborazione, sul senso di responsabilità, sulla sensibilità di tutti noi per affrontare con successo la situazione.

E per farlo ecco che ora abbiamo a nostra disposizione

Serene giornate!

PS. Per chi ne fosse interessato: fabrizio.favini@fastwebnet.it

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