NUMERO 69 . lug2024 . Esercizio del mestiere di ciarlatano

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ДЕТИ (BAMBINI)

ESERCIZIO DEL MESTIERE DI CIARLATANO

L’articolo 121 del Testo Unico delle leggi di Pubblica Sicurezza ne fa espressamente divieto.

Eppure oggi è uno dei mestieri più diffusi – e meglio remunerati.

Qualche esempio. Un deputato del nostro Parlamento definì lo sbarco sulla Luna una farsa (2014).

Più recentemente una sua collega deputato ha affermato che i tamponi anti-Covid sono meglio dei vaccini (2021).

Un’altra collega deputato – oggi vicepresidente di un Gruppo parlamentare - ha detto: “I vaccini

anti-Covid? Valgono meno dei cosmetici!” (2022).

Mio commento a margine: dopo oltre 25 milioni di morti per Covid – che senza vaccini sarebbero stati molti molti di più - qualsiasi persona mediamente intelligente eviterebbe affermazioni da bestiario umano. Per non parlare poi degli opinionisti televisivi e dei professionisti delle fakenews. Se non altro, chi va in TV ci va col proprio volto e può essere rintracciato.

Sui social, invece, ci si può andare con un’identità falsa o rubata, a

commettere il reato di diffamazione, di istigazione, di falso ideologico. Il tutto a responsabilità e a rischio uguale a zero.

Il problema di fondo è che, di fronte ad una qualsiasi eclatante informazione/notizia, la gente non esercita alcuna intelligenza critica. Anzi, la fa sua e la diffonde, compiaciuta del sensazionalismo che riscuote.

Fabrizio Favini

N.69

LUGLIO 2024

PROGETTO

Il marchio del Magazine rivoluzionepositiva riporta 3 parole che sintetizzano i 3 stadi evolutivi del sapere.

Prima parola: INFORMAZIONE. Troppe persone ormai si ritengono soddisfatte nella loro ricerca del sapere quando la loro fonte del sapere è la Rete. Peccato che l’Informazione attendibile si sia ormai estinta

avendo lasciato il posto alle fakenews. Fermarsi a questo stadio significa essere disinformati, superficiali, manipolabili, marginali, inaffidabili.

Seconda parola: CONOSCENZA. Per sconfiggere le fakenews dobbiamo sviluppare un adeguato livello di conoscenza, che si costruisce con lettura profonda, ricerca,

confronto, verifica. Un grande salto di qualità rispetto a INFORMAZIONE, non vi è dubbio. Ma non basta. Ognuno di noi, con un passo ulteriore, può dare un personale contributo alla soluzione dei tanti problemi che stanno comprimendo la nostra esistenza.

Terza parola: SAGGEZZA. Significa saper essere consapevoli, ovvero dominare impulsi, emozioni, sentimenti negativi a favore

di una personale rivoluzionepositiva. Quindi adottare un comportamento responsabile, che discende dal latino res-pondus: farsi carico del peso delle cose!

Saper essere saggi, appunto, una saggezza che nulla ha a che fare con il logoro, millenario paradigma secondo il quale la saggezza apparteneva solo agli anziani del villaggio. Tutti noi possiamo/ dobbiamo tendere alla saggezza!

Il Saggio gioisce nel donareBuddha

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Il Magazine rivoluzionepositiva da oltre 5 anni contribuisce con continuità e determinazione ad alimentare un importante stimolo: la consapevolezza che abbiamo sempre più bisogno di comportamenti positivi e responsabili da parte di tutti noi!

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IL NOSTRO PERCORSO

L’universo del comportamento umano è uno dei pochi settori in cui si continua ad operare sulla scorta di abitudini e di modelli culturali in buona parte obsoleti.

Veniamo educati a soffrire per conquistarci un posto nella vita; viceversa l’educazione al benessere interiore, all’autoconsapevolezza, alla percezione di sé e degli altri ce la dobbiamo costruire da soli.

E così noi molto spesso facciamo un uso sub-ottimale delle nostre risorse personali, influenzando in tal senso la vita di chi ci sta vicino: in famiglia, in società, sul lavoro. Spesso aderiamo alla cultura della negatività, della lamentela, della critica, del rinvio, dell’immobilismo.

Altrettanto spesso siamo vittime di comportamenti autolimitanti. Sovente l’esperienza, consolidando un pregiudizio, ci

limita nella capacità di interpretare con lucidità la realtà circostante. Siamo in balìa di alibi, conformismi, abitudini consolidate e di false convinzioni.

Per rimuovere emozioni ed atteggiamenti negativi aprendo la nostra esistenza alle opportunità della vita, dobbiamo sviluppare energie costruttive e positive e un diverso approccio con noi stessi e col mondo che ci circonda.

rivoluzionepositiva ha lo scopo di aiutare, chi è interessato, a realizzare questi obiettivi.

Il Comitato di Redazione:

Fabrizio Favini

Edoardo Boncinelli

Roberto Cingolani

Enrico Giovannini

Gianni Ferrario

BENVENUTI A BORDO!

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FABRIZIO FAVINI

Esperto di innovazione del comportamento

La Cultura della Positività.

ROBERTO BATTAGLIA

ALESSANDRA VERONESE

MARA PANAJIA

Chief Operating Officer della Fondazione AIRC

Si può essere imprenditori fra le mura aziendali?

Coach e Trainer di comunicazione e leadership

Alle organizzazioni servono Leader Umanisti. La sfida e la chance del nuovo mondo.

Presidente e Amministratore Delegato Henkel Italia

Ambiente e progresso sociale, il cambiamento lo facciamo insieme.

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La cultura della positività

FABRIZIO FAVINI

LA POSITIVITÀ È LO STADIO PIÙ AVANZATO DELLA CONSAPEVOLEZZA UMANA.

Nel modello comportamentale convenzionale le organizzazioni – scuola, istituzioni, imprese, comunità, enti – sono tradizionalmente orientate alla stabilità, alla continuità, alla conservazione, all’abitudine, alle consolidate liturgie organizzative quotidiane.

Tutto ciò nel tempo ha sviluppato in noi la chimica della negatività, portandoci ad essere insicuri, insoddisfatti, individualisti, indifferenti.

In questo gioca un potente ruolo la forte complicità del nostro cervello che ama gli automatismi, la pigrizia, la conservazione di energia e non il suo dispendio. In sintesi, inseriamo il pilota automatico e procediamo spediti senza più usare spirito critico, intelligenza creativa, confronto oggettivo, carica emotiva. Ci costano fatica.

Ma questo modello comportamentale convenzionale non basta più, non è più funzionale ad un contesto umano in grande evoluzione o, per meglio dire – oggetto di una autentica rivoluzione. Una rivoluzione positiva, appunto.

Dobbiamo essere consapevoli che ognuno di noi è dotato di gigantesche risorse interiori, disponibili ad essere utilizzate per migrare

finalmente da un modello comportamentale negativo ad uno positivo.

Una Organizzazione Positiva è un contesto che riesce a far prosperare la Persona e che soddisfa le sue legittime esigenze di sicurezza, motivazione, connessione umana, coerenza, fiducia, prospettiva di sviluppo. In una parola: benessere.

Ricordo che ognuno di noi è poi naturalmente portato a dare un senso alla propria vita, perseguendone anche la dimensione estetica - elemento fondamentale che muove il desiderio e, quindi, l’entusiasmo, l’energia, la voglia di fare e il senso di responsabilità della Persona.

Infatti tutti noi vogliamo un mondo non solo più giusto ma anche più bello. Qualsiasi prospettiva deve quindi possedere anche estetica, ovvero essere attraente per muovere il desiderio. Senza la spinta del desiderio nulla accade.

In contrapposizione a quanto sopra, ricordiamoci che il doverismo non ha mai mosso le forze profonde che spingono l’essere umano a cambiare il mondo. È ora che cominciamo ad esserne finalmente consapevoli!

LA POTENZA DEGLI STATI

D’ANIMO.

Dobbiamo quindi sfidare il modello organizzativo convenzionale, il sistema dei valori, i principi e le credenze sulla base dei quali oggi la maggior parte dei leader – manager, insegnanti, imprenditori, amministratori pubblici, politici – decide il proprio approccio al mondo del lavoro e, quindi, al complesso sistema delle relazioni interpersonali.

Dobbiamo essere aperti e disponibili ad

accogliere nuovi stimoli per abbracciare il paradigma delle positività.

I fondamentali focus del Modello Positivo sono:

• autoconsapevolezza

• apprendimento e azione creativa

• lavoro gratificante

• ottimismo e contagio positivo

• pieno coinvolgimento, impegno, collaborazione

• comportamento responsabile

• azione veloce e risolutiva

• riconoscenza ed espressioni di apprezzamento.

Il modello mentale con cui siamo stati educati non è più sufficiente e rischia di renderci insicuri, insoddisfatti, scollegati gli uni dagli altri.

Dobbiamo quindi aiutare la mente con l’esercizio costante del pensiero positivo, proprio come quando andiamo in palestra ad allenarci.

Tutti gli ingranaggi della nostra società esercitano pressioni enormi sull’essere umano. E tutti gli atteggiamenti negativi che ne conseguono sono il prodotto di modelli mentali non più funzionali alla nostra vita.

Ecco perché dobbiamo iniziare a parlare di Organizzazioni Positive, ossia di pensieri, strutture, ambienti e contesti operativi orientati alla soluzione dei problemi, organizzazioni che fanno fiorire e prosperare le persone.

Ciò si verifica quando:

• i bisogni di sicurezza, soddisfazione, connessione sociale vengono esauditi e tutto il nostro organismo è fisiologicamente in equilibrio

• padroneggiamo le reazioni impulsive negative perché consapevoli che non ci portano da nessuna parte.

“Stai lontano dalle persone negative. Hanno un problema per ogni soluzione”.

Le 3 leve per costruire una Organizzazione

Positiva sono:

1. il senso, un perché forte che trascende gli interessi individuali, dunque riconoscibile e condiviso da tutti i membri dell’Organizzazione. Le persone riescono a dare il meglio se sentono di poter realizzare obiettivi ed utilità collettivi

2. una leadership diffusa, lungimirante, attiva

3. la coerenza di tutti gli aspetti organizzativi: obiettivi, cultura, risorse, comportamenti, processi, procedure, ambienti.

Le neuroscienze hanno dimostrato che:

• siamo naturalmente predisposti per la socialità, caratteristica che influisce sul nostro benessere, non solo mentale ma anche fisico

• quando le persone sono orientate ad un bene superiore tendono ad unirsi, a superare gli interessi personali e ad impegnarsi per il benessere del gruppo/ della comunità di appartenenza.

La fisica quantistica ci conferma che noi siamo tutti interconnessi in un unico campo di energia. “L’interconnessione non è un fatto sentimentale o filosofico ma una realtà fisica” (A.E.).

Dunque, abbandoniamo il riduzionismo e abbracciamo l’olismo perché ogni cosa interagisce con ogni altra cosa.

La forza di una Organizzazione Positiva risiede nel saper parlare al cuore delle persone, non solo alla testa: coinvolgere i sentimenti e i valori innesca un flusso di energia positiva, cosa questa per cui le persone sono disposte a dare di più, ad agire in autonomia, a contribuire con la loro creatività, a partecipare perché si sentono parte di qualcosa che va ben oltre il compito per cui sono pagate.

IL FUTURO NON È PIU’ QUELLO DI UNA VOLTA.

Per commentare l’attuale situazione umana e comportamentale, riporto il sintetico contributo di 3 autorevoli Pensatori.

Edgar Morin, filosofo e sociologo francese.

Stiamo vivendo una crisi molto insidiosa, invisibile e profonda, la crisi del pensiero. Risvegliamoci! Ridestiamo le nostre coscienze!

Si tratta di un degrado che investe molti ambiti e che il flusso di una vita frenetica – in cui la riflessione è ormai un lusso – ci impedisce di percepire.

Oggi dilaga l’accettazione passiva dello stato delle cose; il futuro si rivela sempre più incerto ed inquietante; servirebbe un movimento sovranazionale in grado di promuovere coraggio, speranza e solidarietà.

Il vero problema oggi non è aumentare la potenza dell’Uomo – che sta già provocando il degrado ecologico e la rovina del Pianeta - bensì rafforzare le relazioni umane.

Alessandro Baricco, scrittore e sceneggiatore.

Bisogna riuscire a creare un movimento contrario alla paura, che sta ghermendo le nostre coscienze e le nostre menti. In questo momento la paura sta prevalendo sui nostri sogni, sui nostri desideri, sul nostro futuro.

Il Pianeta è ormai un posto quasi sempre in emergenza, dominato dalla paura. Arriverà il giorno in cui il mondo reale sarà talmente inospitale ed il metaverso così confortevole e rassicurante che ci scivoleremo tutti dentro con facilità?

Come reagire? Bisogna impedire al mondo reale di perdere speranza, forza e bellezza. Da qui la necessità di un Umanesimo contemporaneo.

Aaron Benanav, professore di sociologia, esperto di automazione.

Il malessere dei lavoratori non è colpa dell’avvento dei robot o degli algoritmi, bensì è un problema sociale, una questione politica ed economica.

Quando le persone si sentono sicure, quando hanno tempo libero e accesso al benessere, fanno cose meravigliose e a beneficio dell’Umanità.

Quello che manca oggi è la fiducia in un mondo migliore e l’idea di come arrivarci.

Abbiamo smesso di cercare di comprendere la straordinaria complessità di questo mondo. Oggi il modo tradizionale di percepire l’essere umano subisce un drammatico cambiamento non solo per la crisi climatica, le epidemie e la scoperta dei limiti del nostro modello economico non più sostenibile, bensì per come ci vediamo allo specchio.

La globalizzazione ci ha portato complessità, molteplicità, eterogeneità, influsso reciproco, interdipendenza: sono queste le nuove chiavi di lettura tramite le quali traguardare il mondo e decidere il nostro futuro. Questo è il complicato intreccio di

cui dobbiamo senza più indugio assumerne consapevolezza!

E il nostro approccio alla complessità dei problemi non può che essere interfunzionale, multidisciplinare, globale!

CONSAPEVOLEZZA AUMENTATA E SENSO DI RESPONSABILITA’.

Che effetto hanno le nostre azioni sul futuro della Società?

La pandemia, la guerra, la sostenibilità ci offrono 2 alternative: la consapevolezza aumentata oppure la pericolosa rimozione del problema dalle nostre menti.

Tutti dobbiamo iniziare a chiederci che impatto hanno le nostre decisioni e i nostri comportamenti. È infatti fondamentale capire che nessun nostro gesto è neutro; oggi la responsabilità è collettiva, interconnessa, globale, olistica.

La pandemia, ad esempio, ci ha insegnato la circolarità della nostra salute. Dobbiamo consapevolmente cambiare il comportamento del singolo, delle aziende, della politica; questo è l’unico modo per evitare l’effetto domino e il conseguente disastro.

Fabrizio Favini

PS.

Il pessimismo genera debolezza, l’ottimismo produce forza. William James (psicologo e filosofo statunitense)

I problemi non finiscono mai. Ma neanche le soluzioni.

Paulo Coelho

ESERCIZIO

Si può essere imprenditori fra le mura aziendali?

ROBERTO BATTAGLIA

Il mondo evolve rapidamente e le organizzazioni sono alla costante ricerca di soluzioni per rimanere competitive. Molte di queste hanno ormai compreso come una strategia improntata all’innovazione e la volontà di investire coraggiosamente siano condizioni necessarie ma non più sufficienti per continuare a crescere.

Al di là della retorica, il più importante fattore abilitante restano le Persone, con le proprie conoscenze e le proprie capacità, ma anche con le loro caratteristiche uniche, che possono, a seconda dei casi, farle diventare dei propulsori dello sviluppo dell’azienda o viceversa dei meri esecutori di compiti prescritti da Manager “comando e controllo”.

Dal mio punto di osservazione vedo una grande opportunità spesso non visibile e non del tutto valorizzata: lo spirito imprenditoriale dei Collaboratori.

Alcune Persone dispongono spesso di capacità inespresse che non sempre riescono a trovare le condizioni e gli spazi adatti per manifestarsi e fiorire in tutta la loro potenzialità.

Questa situazione è legata sostanzialmente a due fattori: la scarsa conoscenza da parte delle organizzazioni di ciò che potremmo definire un “tesoro sommerso” e uno “stile della casa”, che spesso non consente di far realmente emergere ed esprimere queste qualità.

Le conseguenze di questo stato di cose sono di frequente davanti ai nostri occhi: da un lato, le Persone si adattano e tendono progressivamente a fare l’indispensabile eseguendo diligentemente quanto viene loro richiesto (non a caso negli ultimi temi si parla di quiet quitting), dall’altro, si corre il rischio di perdere gli spiriti più vivaci e intraprendenti, quelli che prima

o poi decidono di andarsene perché reputano la “stanza dei giochi aziendale” troppo limitante per le proprie ambizioni e la propria scala di valori - e il fenomeno delle grandi dimissioni non che è una delle conseguenze di questo stato di cose.

In entrambe queste situazioni, che il postCOVID ha contribuito ad accelerare, siamo di fronte a una perdita secca di capitale intangibile costituito da quella che chiamo intelligenza che ha smesso di divertirsi e che è fatta di idee, spirito d’iniziativa e voglia di osare che non trova l’ambiente giusto per svilupparsi.

Anche se le Aziende consolidate non rappresentano generalmente il posto ideale per fare gli Startupper, personalmente sostengo che, nonostante queste difficoltà, sia comunque possibile pensare ed agire da Imprenditrici e Imprenditori all’interno di un’organizzazione pur continuando a lavorare da “Dipendenti” per usare un termine ormai non più rappresentativo dei cambiamenti in atto.

Ma come si può realmente realizzare tutto questo? Servono anzitutto alcuni presupposti.

Da un lato, Imprese realmente disposte a creare e rendere disponibili quelli che definisco degli “spazi di espressione”: una sorta di cornici e contesti all’interno dei quali consentire liberamente alle Persone di “innamorarsi di problemi promettenti” e di sperimentare possibili soluzioni, permettendo loro di far germogliare queste intuizioni fino a farle diventare solidi progetti da sostenere e finanziare concretamente.

Dall’altro lato, sono necessarie Persone motivate e volenterose di occupare attivamente questi spazi di espressione con impegno, dedizione e coraggio, senza

il timore di essere giudicate o ostacolate nei loro propositi e disposte ad assumersi il rischio di battere strade nuove che potrebbero non avere successo.

Infine, ma non meno importante, servono pochi ma chiari meccanismi e regole per gestire al meglio questi spazi di innovazione, oltre a una vera e propria “cassetta degli attrezzi” di metodologie, pratiche e strumenti a disposizione per permettere a tutti di trasformare problemi, sfide e idee in soluzioni concrete, fattibili e realizzabili nella realtà aziendale.

L’esperienza che ho avuto e che mi ha dato la possibilità di sviluppare durante il mio percorso professionale - e che ho condensato nel libro Startupper in Azienda - mi ha insegnato come questo approccio, sfidante ma attuabile, consenta di accelerare la realizzazione di progetti innovativi che spesso travalicano i confini e il business tipico dell’azienda. Qualche esempio: il lancio di nuovi servizi relativi a INDUSTRIA 4.0, nuovi utilizzi degli spazi aziendali a favore della collettività, servizi di riqualificazione professionale per Persone che hanno perso il lavoro, ecc.

Ma un effetto altrettanto importante che deriva dall’applicazione di questo approccio è l’acquisizione di tutte quelle competenze e abilità tipiche del pensare e dell’agire imprenditorialmente. Queste qualità, adeguatamente sviluppate e coltivate, rappresentano la condizione ideale per far crescere Professionisti e Manager meglio equipaggiati per affrontare adeguatamente le sfide sempre più complesse del tempo che viviamo, aumentando la capacità di adattamento dell’intera macchina aziendale.

La buona notizia è che un numero crescente di Imprese sta iniziando a sperimentare concretamente la possibilità di gestire al meglio questi giacimenti di energia e vitalità esistenti al proprio interno senza comprimerli, ma ricavando per loro il giusto spazio fra la necessità di salvaguardare la continuità aziendale e la facoltà di “sbagliare velocemente” per diffondere una nuova cultura dell’innovazione.

Sono profondamente convinto che questo modo di affrontare lo sviluppo delle Imprese, accompagnato dall’adozione

di nuovi modelli di crescita personale e professionale, possa davvero rappresentare un contributo significativo, specialmente in questi tempi di forte incertezza e instabilità.

Tornando quindi alla domanda posta dal titolo di questo contributo, rispondo affermativamente sottolineando che quel può deve forse trasformarsi in deve per mettere in grado le Organizzazioni di liberare e canalizzare le migliori energie in uno sforzo collettivo che, mi auguro, possa costituire la cifra distintiva della ripresa economica del nostro Paese.

Roberto Battaglia

Alle organizzazioni servono leader umanisti. La sfida e la chance del nuovo mondo

In un mondo in continua trasformazione emerge con sempre maggiore urgenza la necessità di leader umanisti alla guida delle organizzazioni. Questa tipologia di leadership, come descritto nel libro “Il Nuovo Mondo cerca nuovi leader” (Post Editori) - scritto da Nathalie Rodary, fondatrice di Leadership Humaniste®è fondamentale per guidare le imprese profit e non profit in un’epoca di grandi e veloci cambiamenti verso una direzione che punta a creare un Nuovo Mondo. Non si tratta di un concetto astratto, ma di una realtà che si basa su una trasformazione profonda e sistemica. Il Nuovo Mondo rappresenta un passaggio da una vecchia logica di competizione e materialismo a una nuova era di cooperazione, equilibrio e consapevolezza.

Sono 5 le dimensioni che caratterizzano il Nuovo Mondo: vediamole velocemente.

Il Risveglio della Coscienza planetaria. Ogni individuo, ogni Paese, ogni cultura sono coinvolti in questo risveglio, che porta a una maggiore consapevolezza di sé e del proprio ruolo nell’universo.

L’Immateriale prevale e governa il materiale. Questo significa che valori come la creatività, l’intuizione, l’emozione e la spiritualità assumono un ruolo centrale nelle nostre vite e nelle nostre organizzazioni.

La Riconnessione con la Natura e la Spiritualità: non si tratta di una spiritualità religiosa, ma di un profondo rispetto e connessione con la natura, con se stessi e con gli altri. Questo porta a una visione integrata e armoniosa della vita e del lavoro.

Equilibrio e Armonia: Il Nuovo Mondo si basa su un equilibrio tra mente e corpo, tra spirito e materia. Questo equilibrio porta a una maggiore coerenza e armonia nelle relazioni umane e nelle strutture sociali

Trasformazione delle

Organizzazioni: le organizzazioni nel Nuovo Mondo sono guidate da principi umanisti. Esse promuovono ambienti di lavoro inclusivi e collaborativi, dove ogni individuo può esprimere il proprio potenziale e contribuire al bene comune.

È dunque evidente come la Leadership tradizionale sia fortemente in crisi. Spesso incentrata esclusivamente sul profitto e sulla crescita a breve termine, essa ha mostrato i suoi limiti. In molte organizzazioni, questo approccio ha creato una cultura aziendale tossica, caratterizzata da stress, competizione sfrenata e scarsa attenzione al benessere dei Collaboratori. Le crisi globali recenti hanno ulteriormente messo in luce

queste carenze, evidenziando la necessità di un cambiamento radicale nel modo di guidare le Organizzazioni.

Serve quindi una Leadership Umanista, basata sulla valorizzazione delle Persone, sulla promozione di valori etici e sulla realizzazione di obiettivi che vanno oltre il mero profitto economico. Ecco che il Leader Umanista è una Persona consapevole che non c’è altro modo per trasformare le nostre società, aziende e il mondo senza prima trasformare noi stessi come individui nella nostra vita.

Questo tipo di leadership si basa su 5 principi fondamentali:

1. Trasformazione interiore: il cambiamento esterno comincia con un cambiamento interiore. I leader umanisti lavorano su se stessi per essere modelli di coerenza.

2. Consapevolezza: sviluppano una profonda consapevolezza di sé, comprendendo il proprio scopo e la propria vocazione. Questo livello di coscienza superiore li rende capaci di guidare gli altri verso una vera e profonda trasformazione.

3. Ascolto e rispetto: I Leader Umanisti possiedono una grande capacità di ascoltare e comprendere gli altri, promuovendo un ambiente di lavoro basato sulla fiducia e sul rispetto reciproco.

4. Etica e Integrità: Agiscono con etica e integrità, promuovendo valori che costruiscono fiducia e rafforzano la reputazione dell’Organizzazione nel Mercato e nella Comunità.

5. Spiritualità: riconoscono l’importanza della spiritualità nella vita lavorativa, non come religione, ma come una dimensione che integra intuizione, emozione e creatività nel processo decisionale.

Adottare una Leadership Umanista porta numerosi vantaggi, sia per le Organizzazioni che per i loro Collaboratori. I Leader Umanisti si preoccupano del benessere dei loro Collaboratori, creando un ambiente di lavoro che riduce lo stress e il burnout, favorendo una maggiore soddisfazione lavorativa e una minore rotazione del personale. Un clima di fiducia e rispetto stimola la creatività e l’innovazione. I Collaboratori che si sentono valorizzati sono più propensi a condividere idee e a collaborare per trovare soluzioni innovative ai problemi. Le Organizzazioni guidate da Leader Umanisti godono di una migliore reputazione. Operando con etica e integrità, attirano i talenti migliori e rafforzano le relazioni con Clienti, Partner e con la Comunità in generale. Le Organizzazioni con una Leadership Umanista sono meglio preparate a gestire crisi e cambiamenti, si sanno adattare velocemente e rispondono alle sfide in modo flessibile.

Come Ambasciatrice in Italia di Leadership Humaniste ® e come Trainer suggerisco, quindi, a Imprenditori e Manager di avviare il proprio percorso di trasformazione interiore che avrà poi ricadute benefiche nelle loro Aziende. Conseguenza naturale sarà mettere in campo alcune azioni, in primis la promozione dell’intelligenza umana accanto a quella artificiale. L’Essere Umano è al centro della loro visione di impresa.

Dopo anni di esperienza come Dirigente aziendale penso che la Leadership Umanista rappresenti una risposta necessaria e urgente alle sfide del mondo contemporaneo. In un’epoca di crisi ed incertezze, i Leader Umanisti possono guidare le imprese verso un futuro più sostenibile, equo e prospero. È tempo di abbracciare una nuova era di leadership che metta al centro l’Umanità, non solo come un ideale, ma come una pratica quotidiana in grado di trasformare le Organizzazioni e la Società intera.

Ambiente e progresso sociale, il cambiamento lo facciamo insieme

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MARA PANAJIA

Pionieri nel cuore per il bene delle generazioni: il nostro purpose riassume molto bene quanto la sostenibilità sia parte del DNA di Henkel e quanta responsabilità sentiamo nel portare avanti un modello d’impresa rispettoso dell’ambiente e attento alle Persone, pensando non solo al presente, ma anche a chi verrà dopo di noi.

Innescato già dal nostro fondatore Fritz Henkel, il nostro impegno per lo sviluppo sostenibile è cresciuto nel tempo e negli ultimi anni nonostante le incertezze del contesto macroeconomico, ed è stato più intenso che mai.

Per quanto riguarda la dimensione

ambientale, l’obiettivo è contribuire a contrastare i cambiamenti climatici raggiungendo la neutralità carbonica e andando oltre, ovvero diventare climate positive entro il 2030. I nostri stabilimenti nel mondo oggi usano l’89% di elettricità da fonti rinnovabili - eravamo al 70% a fine 2022! - e hanno ridotto del 61% le emissioni di CO2 per tonnellata di prodotto. Abbiamo già 14 siti carbon neutral e investiamo per autoprodurre più energia pulita di quanta ne consumiamo, ottenendo un saldo positivo. In Italia abbiamo progetti molto interessanti a Ferentino (Frosinone) e Casarile (Milano), dove abbiamo messo in funzione dei trigeneratori per produrre internamente i tre tipi di energia – elettrica,

termica, frigorifera – che servono ad alimentare gli impianti e tutti i nostri sistemi.

Stiamo facendo tutto il possibile per ridurre le emissioni sotto il nostro controllo, ma dobbiamo riconoscere che oltre il 70% dell’impronta carbonica complessiva di Henkel è legata ai prodotti, in particolare al loro uso e allo smaltimento delle confezioni a fine vita. Serve quindi una forte alleanza con i Consumatori e i Clienti per ricavarne un impatto davvero rilevante.

Pensando ai prodotti per il bucato, la cura della casa e dei capelli, la cartoleria e il faida-te, che milioni di persone nel mondo usano ogni giorno, il nostro impegno è orientato innanzitutto allo sviluppo di referenze che abbiano un profilo di sostenibilità sempre più elevato, offrendo pari o migliori prestazioni con meno acqua ed energia, ma anche alla progettazione di confezioni sempre più mirate all’economia circolare. Oggi l’87% del packaging Henkel è riciclabile o riusabile; vogliamo arrivare al 100% entro il 2025, aumentando ovunque possibile la quota di plastica e di cartoncino riciclati.

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Questi investimenti rischiano però di essere vani se i Consumatori non dosano bene i prodotti o non fanno correttamente la raccolta differenziata: ecco perché mettiamo molte energie nella comunicazione per diffondere sensibilità e conoscenza. La sostenibilità è fatta di piccoli gesti concreti come, ad esempio, leggere bene le etichette dove sono riportate tutte le informazioni per usare i prodotti in modo responsabile e sicuro, e smaltire le confezioni a fine vita nella maniera corretta.

C’è una best practice che ci rende particolarmente orgogliosi: il rivestimento dei flaconi dei prodotti per il bucato e per le pulizie di casa. Va sempre rimosso prima di riciclare la bottiglia! Sempre attivi nel sensibilizzare i Consumatori perché non si dimentichino di separarlo, abbiamo sviluppato una tecnologia – si chiama EcoFloat – che permette di togliere il rivestimento con un solo gesto grazie alla quale quest’anno abbiamo vinto anche un premio internazionale, l’AMA Award.

L’impegno nella ricerca e sviluppo è decisivo anche per gli adesivi industriali, dove però è ancora più necessaria la collaborazione con i Clienti perché i nostri prodotti possano contribuire ad abbattere la loro impronta carbonica e rendere più efficienti i loro processi. Un esempio è la piattaforma digitale Henkel Environmental Assessment Reporting Tool (HEART), che abbiamo realizzato con Capgemini, per calcolare l’impronta carbonica di circa 58 mila prodotti Adhesive Technologies. Lo strumento, disponibile per oltre 100 mila Clienti in 800 settori, misura le emissioni del prodotto ‘cradle-to-gate’, ovvero dalle materie prime fino a produzione, confezionamento e logistica, con una metodologia certificata da TÜV Rheinland.

Non c’è solo l’ambiente tra le priorità di Henkel. Anche la dimensione sociale della

sostenibilità è per noi molto importante e vogliamo agire anche in questo ambito con iniziative concrete, che lascino il segno. La parità di genere è una delle aree su cui ci siamo concentrati in questi anni: la presenza femminile è aumentata in tutte le funzioni dell’Azienda e negli stabilimenti, e oggi abbiamo circa il 39,5% di manager donne. Per migliorare ulteriormente, in Italia abbiamo deciso di esaminare, per ogni nuova posizione, metà candidate femminili e metà maschili. Alla fine è il merito a prevalere, ma in questo modo assicuriamo pari opportunità nella fase iniziale della selezione e non esitiamo a rallentare il processo se non c’è un numero adeguato di candidature femminili.

Non basta però avere più donne in azienda, sappiamo che il gender gap comincia in famiglia e non ci può essere una vera parità di genere se la genitorialità non viene condivisa. All’inizio di quest’anno abbiamo perciò introdotto nuove linee guida a livello globale per la gestione del congedo parentale offrendo a tutti i Genitori, indipendentemente dal genere e dallo stato familiare, l’opportunità di partecipare all’accudimento dei figli. In Italia, questo si traduce nell’estensione del congedo per i neopapà o i secondi caregiver, che ora possono usufruire di 8 settimane di congedo retribuito al 100%. In Henkel abbiamo tante altre misure per sostenere i Collaboratori con figli, ad esempio il lavoro ibrido e la flessibilità dell’orario lavorativo, oppure MasterGenitori, una piattaforma di formazione per affrontare con serenità le varie fasi di crescita dei bambini.

Sentiamo inoltre il dovere di contribuire al cambiamento collettivo e a una società libera dagli stereotipi che ancora ostacolano le donne. Dal 2022 promuoviamo l’Osservatorio Genere e Stereotipi in collaborazione con Eumetra: le rilevazioni condotte in questi 2 anni ci dicono che la

cura della casa e della famiglia continua a essere in larga parte sulle spalle delle donne e che le decisioni relative all’educazione dei figli, la scelta degli studi e del lavoro, ma anche le preferenze legate allo sport e al tempo libero, sono tuttora condizionate dal preconcetto di ciò che è maschile o femminile.

In Henkel vogliamo fare la nostra parte, non solo lavorando all’interno della nostra Organizzazione, ma anche stimolando una nuova narrazione attraverso i nostri prodotti. È un cammino che, anche in questo caso, dobbiamo fare insieme, partendo dalle parole e dai gesti che usiamo abitualmente per arrivare, passo dopo passo, a coinvolgere tutti.

Nel mondo del management consulting da 50 anni, è consulente esperto di innovazione del comportamento, facilitatore e formatore per lo sviluppo del talento in Azienda. Migliora il rendimento del capitale umano

FABRIZIO FAVINI

favorendo la crescita di soddisfazione, motivazione, selfengagement, produttività.

Utilizza le neuroscienze per favorire l’acquisizione delle competenze sociali indispensabili

a modificare i comportamenti non più funzionali alla crescita sia dell’Individuo che dell’Azienda.

Oltre a numerosi articoli, ha pubblicato i seguenti libri: La Vendita di Relazione

(Sole 24ORE); La vendita fa per te (Sole 24ORE); Scuotiamo l’Italia (Franco Angeli); Comportamenti aziendali ad elevata produttività –Integrazione tra stili di management e neuroscienze (gueriniNext).

Editore di rivoluzionepositiva. com, Magazine On Line orientato al nuovo Umanesimo d’Impresa per la sostenibilità sociale, economica ed ambientale dell’Impresa stessa.

AUTORI

È il Chief Operating Officer della Fondazione AIRC. Ha maturato una significativa esperienza nel campo delle Risorse Umane,

ROBERTO BATTAGLIA

dell’organizzazione e dell’innovazione in diverse aziende bancarie. Fra le ultime tappe della sua carriera professionale ha

guidato la Direzione del Personale della Divisione

IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo e, nell’ambito della

stessa azienda, la Formazione di Gruppo e lo Sviluppo dell’innovazione nell’ambito dell’innovation Center. Nel 2021

ha pubblicato il libro Startupper in azienda. Liberare il potenziale imprenditoriale nascosto nelle organizzazioni.

ALESSANDRA VERONESE

organizzazioni, oggi accompagna Imprenditori e Dirigenti nello sviluppo della

propria leadership umanista e nel promuovere lo sviluppo dell’intelligenza

umana e relazionale all’interno delle Organizzazioni. È ambasciatrice in Italia di Leadership

Humaniste®, Movimento e Accademia fondati da Nathalie Rodary.

www.leadership-humaniste.comwww.alessandraveronese.it

Germania come

MARA PANAJIA

responsabile globale del marketing Laundry & Home Care. Dal settembre 2022 è Presidente e Amministratore Delegato di Henkel

Italia, oltre che General Manager di Henkel Consumer Brands.

Calabrese di nascita, ha una famiglia internazionale per

origini e mentalità. È apprezzata per la passione e la determinazione nonché per l’impegno per la parità di genere e

per la creazione di un ambiente di lavoro inclusivo.

STUDIO BETTINARDI BOVINA

Perché Rivoluzione Positiva?

Un nuovo Magazine On Line: informazione, conoscenza, saggezza.

MANIFESTO

Con l’enorme disponibilità di informazioni, resa possibile dalla tecnologia, la nostra vita è diventata molto più veloce e molto più distratta. Abbiamo creato i presupposti per cui il nostro cervello è meno preciso, fatica di più a concentrarsi. Perdiamo il focus attentivo sui problemi, divaghiamo mentalmente, siamo intermittenti e discontinui nel nostro modo di pensare e,

quindi, nel nostro comportamento.

Siamo passanti frettolosi e distratti la cui soglia di attenzione dura 8 secondi; siamo meno concentrati dei pesci rossi che arrivano a 9, ci dicono gli esperti. Siamo diventati bulimici di informazioni, emozioni, immagini, collegamenti, suoni. Divoriamo il tutto in superficie senza gustare, approfondire, riflettere.

Oggi chi non si ferma a

guardare non vede; chi non si ferma a pensare non pensa.

Riscopriamo allora il piacere - o la necessitàdi riflettere, di pensare, di soffermarci per capire meglio dove stiamo andando per essere più consapevoli del nostro tempo, complesso e complicato, e del nostro ruolo, umano, sociale e professionale.

Se condividete queste nostre riflessioni, siete invitati a partecipare ad

una iniziativa virtuosa resa possibile dalla combinazione dei saperi e delle esperienze umane e professionali di un manipolo di Pensatori Positivi, profondi, competenti e sensibili interpreti del nostro tempo, che hanno deciso di contribuire a questo Progetto. Ad essi si uniscono autorevoli Testimoni Positivi. A tutti loro il nostro grazie! di cuore.

Il Comitato di Redazione:

Fabrizio Favini

Edoardo Boncinelli

Roberto Cingolani

Enrico Giovannini

Gianni Ferrario

STUDIO BETTINARDI BOVINA
Via Bacchini Delle Palme,

img: pinterest.com

DIDA

Ciarlatano Grundmann Johann Basil 1758 - 1760

HOMO RESPONSABILIS

INTERVISTA ALL’AUTORE FABRIZIO FAVINI:

https://www.facebook.com/AlbatrosIlFilo/ videos/950119959796814

IL RISCHIO DI

UNA RECESSIONE

SOCIALE

I sintomi della crescente fatica di vivere sono ormai numerosi e provengono da diverse fonti.

Alcune ricerche ci danno l’idea di quanto sia diffuso il senso di solitudine nei Paesi avanzati. La solitudine altro non è che il riflesso delle profonde trasformazioni strutturali del nostro modo di vivere: nella UE la percentuale di famiglie costituite da una sola persona è raddoppiata negli ultimi 50 anni.

In pratica le reti sociali si stanno indebolendo con la conseguente diffusione di una cultura individualistica E varie ricerche ci dicono che l’isolamento è un fattore determinante nel creare le condizioni idonee al comportamento violento.

L’epidemia di solitudine sociale è quindi la conseguenza dell’isolamento/ distanziamento.

Una ricerca americana ha evidenziato che il numero di amici per persona è sceso in media da 2,9 a 2,1 mentre si è triplicata la quota di coloro che dichiarano di non aver nessun amico. Tutto ciò fa parte del cambiamento del clima sociale delle nostre Società.

Una ricerca di taglio psicologico riporta che il livello di empatia

è sceso del 48% tra il 1979 e il 2020. E va qui ricercata la radice di quel cattivismo che vediamo spuntare da tutte le parti e che minaccia la nostra vita sociale.

Il calo dell’empatia viene attribuito a 3 fattori:

l’aumento esponenziale delle interfacce tecnologiche che ci abituano ad avere solo relazioni strumentali disabituandoci alla ricca, stimolante ed impegnativa complessità della relazione umana

la fragilità della Famiglia che non è più palestra primaria dove si impara a stare con gli altri ma è diventata fonte di insicurezza e di indifferenza esistenziale

la tendenza dei social a costruire comunità impersonali, omogenee e chiuse con la conseguenza di aumentare intolleranza/odio verso chi la pensa in modo diverso.

Una società di soli ed arrabbiati è un serbatoio di violenza latente pronto a scaricarsi contro qualcuno; il rischio che dobbiamo sventare è una recessione sociale, un

collasso nei nostri rapporti interpersonali, l’indifferenza che porta al prevalere di personalismi, egoismi e narcisismi.

È venuto quindi il momento di renderci consapevoli dell’inadeguatezza di questa nostra diffusa situazione di carestia sociale, e di reagire concretamente per iniziare a porvi rimedio.

Ora più che mai è il momento di fare leva sull’ingegnosità, sulla collaborazione, sul senso di responsabilità, sulla sensibilità di tutti noi per affrontare con successo la situazione.

E per farlo ecco che ora abbiamo a nostra disposizione

Serene giornate!

PS. Per chi ne fosse interessato: fabrizio.favini@fastwebnet.it

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