NUMERO 65 . mar2024 . Senza responsabilità non c’è libertà

Page 1

ДЕТИ (BAMBINI)

SENZA RESPONSABILITÀ NON C’È LIBERTÀ

Il 2024 è l’anno delle elezioni europee (9 giugno) e, soprattutto, del voto per la presidenza degli USA (5 novembre). Oltre al fatto che si andrà al voto in 76 Paesi, per un totale di oltre 4 miliardi di persone, più della metà della popolazione mondiale. E da quando esiste la democrazia, non è mai capitato che oltre la

metà della popolazione mondiale andasse al voto nello stesso anno. Se non altro capiremo definitivamente che tutti noi su questo pianeta siamo interconnessi in quanto la pace, la coesione, il clima, i diritti civili si possono governare solo insieme, senza più alcun capzioso, truffaldino

e divisivo distinguo, come molti opinionisti cercano ancora di farci intendere.

Il grande interrogativo di fondo è: a urne chiuse, che futuro ci aspetta?

Ricordiamoci allora che nel nostro piccolo, ognuno di noi può dare un contributo in fatto di comportamento responsabile. Ne va della nostra libertà. Anche perché soltanto crescendo insieme cresceremo di più!

Fabrizio Favini

N.65
MARZO 2024

PROGETTO

Il marchio del Magazine rivoluzionepositiva riporta 3 parole che sintetizzano i 3 stadi evolutivi del sapere.

Prima parola:

INFORMAZIONE.

Troppe persone ormai si ritengono soddisfatte nella loro ricerca del sapere quando la loro fonte del sapere è la Rete. Peccato che l’Informazione attendibile si sia ormai estinta

avendo lasciato il posto alle fakenews. Fermarsi a questo stadio significa essere disinformati, superficiali, manipolabili, marginali, inaffidabili.

Seconda parola: CONOSCENZA.

Per sconfiggere le fakenews dobbiamo sviluppare un adeguato livello di conoscenza, che si costruisce con lettura profonda, ricerca,

confronto, verifica. Un grande salto di qualità rispetto a INFORMAZIONE, non vi è dubbio. Ma non basta. Ognuno di noi, con un passo ulteriore, può dare un personale contributo alla soluzione dei tanti problemi che stanno comprimendo la nostra esistenza.

Terza parola: SAGGEZZA. Significa saper essere consapevoli, ovvero dominare impulsi, emozioni, sentimenti negativi a favore

di una personale rivoluzionepositiva. Quindi adottare un comportamento responsabile, che discende dal latino res-pondus: farsi carico del peso delle cose!

Saper essere saggi, appunto, una saggezza che nulla ha a che fare con il logoro, millenario paradigma secondo il quale la saggezza apparteneva solo agli anziani del villaggio. Tutti noi possiamo/ dobbiamo tendere alla saggezza!

2

Il Saggio gioisce nel donareBuddha

CAMPAGNA SOSTENITORI

Magazine rivoluzionepositiva

rivoluzionepositiva da 5 anni contribuisce con continuità e determinazione a tenere acceso un importante stimolo: la consapevolezza comune che abbiamo più che mai bisogno di innovare il nostro comportamento!

AIUTACI A PROSEGUIRE!

IL NOSTRO MAGAZINE VIVE DI SOLE DONAZIONI PRIVATE E VOLONTARIE: SOSTIENICI CON LA TUA DONAZIONE!

Dona versando sul nostro iban con bonifico bancario intestato a deltavalore

IT48D 03440 01603 000000 390600

CON CAUSALE: SOSTEGNO A RIVOLUZIONEPOSITIVA

Molte grazie!
3

IL NOSTRO PERCORSO

L’universo del comportamento umano è uno dei pochi settori in cui si continua ad operare sulla scorta di abitudini e di modelli culturali in buona parte obsoleti.

Veniamo educati a soffrire per conquistarci un posto nella vita; viceversa l’educazione al benessere interiore, all’autoconsapevolezza, alla percezione di sé e degli altri ce la dobbiamo costruire da soli.

E così noi molto spesso facciamo un uso sub-ottimale delle nostre risorse personali, influenzando in tal senso la vita di chi ci sta vicino: in famiglia, in società, sul lavoro. Spesso aderiamo alla cultura della negatività, della lamentela, della critica, del rinvio, dell’immobilismo.

Altrettanto spesso siamo vittime di comportamenti autolimitanti. Sovente l’esperienza, consolidando un pregiudizio, ci

limita nella capacità di interpretare con lucidità la realtà circostante. Siamo in balìa di alibi, conformismi, abitudini consolidate e di false convinzioni.

Per rimuovere emozioni ed atteggiamenti negativi aprendo la nostra esistenza alle opportunità della vita, dobbiamo sviluppare energie costruttive e positive e un diverso approccio con noi stessi e col mondo che ci circonda.

rivoluzionepositiva ha lo scopo di aiutare, chi è interessato, a realizzare questi obiettivi.

BENVENUTI A BORDO!

Il Comitato di Redazione:

Fabrizio Favini

Edoardo Boncinelli

Roberto Cingolani

Enrico Giovannini

Gianni Ferrario

4

20 06 16 12

FABRIZIO FAVINI

Esperto di innovazione del comportamento Intelligenza Emotiva per acquisire un vantaggio competitivo e il benessere dei Collaboratori –7a parte

GIORGIO NEGLIA

Consigliere Forum della Meritocrazia, Responsabile Scientifico Meritometro

L’Italia e il merito: un binomio (im)possibile?

FRANCESCA CORRADO

MARIANNA VINTIADIS

Fondatrice della Scuola di Fallimento

Negare l’errore è un errore

CEO di 36Brains

L’Unione Europea e la regolamentazione dell’Intelligenza Artificiale

pg. 24

pg. 28

Autori

Manifesto

INDICE
5

Intelligenza emotiva per acquisire •un vantaggio competitivo •il benessere dei Collaboratori

7a parte

APPROFONDISCI FABRIZIO FAVINI
6

Nelle 6 puntate precedenti abbiamo visto come ora più che mai dobbiamo dotarcisenza ulteriori esitazioni – di una nuova cultura, la cultura dello Sviluppo Umano e della gestione strategica del Capitale Relazionale

Abbiamo parlato di scienza del benessere e di biologia della gentilezza, ossia di una importante innovazione comportamentale che ci permetta di affrontare la nostra vita relazionale con soddisfazione, consapevolezza, motivazione, responsabilità, successo. E abbiamo visto come questa innovazione comportamentale possiamo acquisirla solo tramite uno specifico Piano di Apprendimento che non ha nulla a che vedere con

l’intelligenza cognitiva, bensì con lo sviluppo della nostra Intelligenza Emotiva. Sempre riferendoci allo specifico Modello Comportamentale e al set di Tecniche per il Comportamento Aumentato, di cui abbiamo sinteticamente visto:

/4 1
• • proseguiamo ora con qualche riflessione su RE 7 IL PRIMATO DEL PRIMATE
• •

COME GESTIRE LE TRAPPOLE DELLA NOSTRA MENTE

Ci servono tecniche di intervento molto efficaci per neutralizzare le trappole della nostra mente: abitudini, credenze, pensieri ansiogeni, pensieri compulsivi, pregiudizi, percezioni distorsive, convinzioni limitanti, alibi.

Quanto siamo esposti alle trappole mentali nelle nostre decisioni quotidiane?

Il cervello è un organo pigro e conformista che adora le scorciatoie e che ha un debole per i luoghi comuni. I neuroscienziati ci dicono che le abitudini si formano perché il nostro cervello – che pur rappresentando solo il 2% del nostro peso corporeo brucia il 20% dell’intero consumo energetico giornaliero – è alla costante ricerca di modi per risparmiare energia.

COME SI FORMA UN’ABITUDINE?

Un’abitudine serve a soddisfare un bisogno, a procurarci una gratificazione, uno spicchio di comfort zone

Quando un comportamento diventa abitudine, il circuito neuronale che presiede alla sua esecuzione si fortifica e si consolida. Si origina così uno schema, ossia un insieme di percorsi che la nostra mente spontaneamente organizza, memorizza e mette automaticamente in esecuzione in determinate circostanze.

Perciò, quando il comportamento diventa abitudine, la nostra mente si limita a mettere in esecuzione lo schema, senza più consumare ulteriori energie mentali. In buona sintesi, inneschiamo il pilota automatico.

Ecco perchè il nostro giudizio spesso non è razionale:

• nel valutare una situazione veniamo influenzati da idee, pregiudizi, percezioni, del tutto personali

• tendiamo a manipolare le informazioni in modo che corrispondano alle nostre convinzioni

• formuliamo giudizi e convinzioniprendendo di conseguenza decisioni - facendoci orientare dalle nostre emozioni.

«Il mondo dentro la nostra testa NON è una precisa replica della realtà».

Daniel Kahneman, Premio Nobel 2002 per l’economia comportamentale.

L’Azienda in cui la conservazione del controllo rappresenta l’obiettivo primario - a scapito dell’innovazione umana e tecnologica - è destinata alla marginalità.

Spesso le aziende selezionano nuovi Collaboratori secondo omogeneità di valori condivisi e per allineamento allo stato di conservazione. In pratica l’Azienda assume i cloni di coloro che stanno gestendo il potere.

Conservatore: chi si è autocondannato a vivere per sempre nel passato. L’attaccamento al passato è manifestazione di paura che a sua volta produce e diffonde comportamenti rigidi, contratti, difensivi, conflittuali.

8

PARLIAMO ORA DI CREDENZE

Il nostro cervello ha una forte predisposizione a produrre credenze per dare un certo senso alla nostra esistenza. Pensiamo per un attimo alle coercizioni imposte da ideologie, convenzioni sociali, dogmi, assiomi.

Le credenze possono essere così forti da arrivare ad infrangere il principio vitale dell’autoconservazione (kamikaze!).

Perché le credenze sono importanti? Dalle credenze derivano le emozioni. Dalle emozioni derivano i comportamenti. Dai comportamenti i risultati dell’azione.

Il nostro cervello valuta le credenze e tende a classificarle come buone o cattive a seconda della comodità e della convenienza che esse rappresentano per noi.

L’evoluzione dei nostri istinti primordiali ci porta a fare gruppo con chi la pensa come noi e a emarginare quelli che non la pensano come noi.

Ne consegue che quando entriamo in contat to con credenze diverse dalle nostre siamo predisposti alla diffidenza, a criticarle e a demolirle.

Una tendenza, questa, che ci rende ancora più difficile cambiare idea a dispet to di ogni evidenza.

9
IL PRIMATO DEL PRIMATE

COME RIMEDIARE? – LA RIVOLUZIONE POSITIVA!

Dobbiamo disporre di atteggiamenti e comportamenti positivi, ossia finalizzati alla soluzione dei problemi:

• Progettualità. È il contrario di passività, di negatività, di critica sterile. Risponde alla domanda: “Come faccio a migliorare le cose?”

• Costruttività. Significa far accadere le cose, agire. La nostra educazione è carente nell’insegnare comportamenti efficaci e concreti. L’execution è il segreto. La costruttività esprime il nostro livello di responsabilità rispetto ad un obiettivo.

• Efficacia operativa. Dobbiamo abituarci a finalizzare il nostro comportamento sugli obiettivi, indispensabile per la leadership, la gestione del consenso, la concretezza, l’intelligenza sociale. È indispensabile per realizzare le cose: stabilire obiettivi e priorità, definire

alternative, sviluppare coerenti piani d’azione, agire, consuntivare le conseguenze dell’azione.

• Ricerca di alternative. È indispensabile per trovare alternative ai comportamenti automatici. Quindi:

• abbandonare la gabbia mentale dell’aver ragione, della questione di principio e la cieca fiducia nelle proprie capacità

• accorgersi che tendiamo a reagire più al significato che attribuiamo ai fatti che non alla sostanza dei fatti.

• Ricerca della realtà. Rifuggire dal porre domande retoriche che non hanno l’obiettivo di capire bensì di complicare il rapporto:

• le domande devono essere poste con sincera curiosità, ossia con vero interesse ad ascoltarne la risposta. Se manca questo interesse riconfermiamo il nostro

10

orientamento al comportamento asettico, non responsabile e privo di empatia

• ricordiamo che spesso i conflitti nascono perché le persone non dicono quello che pensano e non fanno quello che dicono.

• Ricerca della collaborazione. Gran parte dei conflitti non riguarda il modo di raggiungere gli obiettivi di collaborazione bensì i meccanismi di contrapposizione e di offesa. Quanto tempo si spende nella difesa della propria immagine/ruolo/status symbol/ privilegi invece che nel raggiungere gli obiettivi per i quali si è pagati?

Ma, soprattutto, ci serve disporre di una adeguata dotazione di autoconsapevolezza, pietra angolare del comportamento consapevole e quindi responsabile!

...continua

/4 1
11 IL PRIMATO DEL PRIMATE

L’Italia e il merito: un binomio (im)possibile?

2

GIORGIO NEGLIA

APPROFONDISCI
/4
12

Con questo titolo nove anni fa veniva presentata al Senato della Repubblica la prima edizione del Meritometro, l’indicatore ideato dal Forum della Meritocrazia in collaborazione con l’Università Cattolica per misurare e comparare il livello di Meritocrazia nei Paesi europei. In quella occasione si illustrarono gli esiti - per nulla rassicuranti - della rilevazione che posizionava il nostro Paese all’ultimo posto in Europa, invitando le classi dirigenti pubbliche e private ad una call to action per recuperare quello che, già allora, appariva uno spread preoccupante come quello sugli interessi del debito pubblico: il nostro spread meritocratico. Dal 2015, con cadenza annuale, il ranking del Forum ha continuato a fotografare l’andamento della meritocrazia nel vecchio continente, attraverso la misurazione delle performance dei 7 pilastri del meritolibertà, pari opportunità, qualità del sistema educativo, attrattività per i talenti, regole,

trasparenza, mobilità sociale - descritti mediante indicatori statistici oggettivi provenienti da fonti internazionali.

I risultati 2023, presentati in occasione della Giornata Nazionale del Merito, evidenziano un rallentamento delle performance meritocratiche in Europa: lo scorso anno due Paesi su tre hanno registrato un peggioramento dei risultati, compresi alcuni Paesi tradizionalmente più meritocratici come la Germania, la Gran Bretagna e i Paesi Bassi. Le ragioni sembrano attribuirsi alle comuni difficoltà degli Stati nel fronteggiare il complesso contesto di permacrisi che ha generato un deterioramento dei risultati nei pilastri “regole”, “libertà” e “qualità del sistema educativo”. In questo quadro non proprio rassicurante, i Paesi scandinavi confermano la loro supremazia e, nella parte bassa del ranking, la Polonia registra risultati in netto miglioramento.

13
PRIMATO DEL PRIMATE
IL

Con un punteggio di 26,39/100, l’Italia resta impantanata in ultima posizione e si conferma fanalino di coda anche nelle performance dei singoli pilastri, ad eccezione della trasparenza, che ci vede penultimi, prima della Polonia. I numeri del nostro spread meritocratico - cristallizzati da quasi un decennio - sono impietosi: più di 9 punti di distacco dalla penultima in classifica (la Spagna), 23 punti dalla Germania (a metà classifica) e 41 punti dalla prima (la Finlandia). I nostri maggiori gap rispetto alle medie UE riguardano regole, libertà e trasparenza; segno che il nostro Paese non è in grado di garantire condizioni di contesto sufficientemente amiche del merito. E il lieve incremento delle nostre performance (+0,91punti) registrato nell’ultimo anno di certo non riesce a ridurre in modo significativo il debito meritocratico accumulato negli anni dal nostro Paese.

Nel dettaglio, i risultati 2023 mostrano, per l’Italia, un miglioramento nelle “pari opportunità” e nella “qualità del sistema educativo”, un arretramento nella “libertà” e nelle “regole” ed una sostanziale stabilità degli altri indicatori. Cresce, di misura,

la capacità del Paese di garantire pari opportunità grazie al decremento dei giovani inattivi, sebbene restiamo all’ultimo posto tra i Paesi europei in termini di NEET.

Per quanto riguarda la parità di genere, i risultati sono in linea con l’anno precedente: superiamo la media OCSE nel Glass Ceiling Index, ma siamo al di sotto in termini di partecipazione alla forza lavoro, divario retributivo e presenza delle donne in posizioni manageriali. Anche la qualità del nostro sistema educativo mostra lievi miglioramenti nei tassi di istruzione terziaria e di abbandono scolastico (restando comunque al di sotto delle medie UE); i test PISA, rispetto al 2018, registrano andamenti positivi in “lettura” e “scienze”, negativi in “matematica”.

La nostra proverbiale capacità di imbrigliare con “lacci e lacciuoli” le energie e le capacità è confermata dall’andamento negativo delle performance dei pilastri “regole” e “libertà”. L’Italia si posiziona, infatti, al 32° posto su 142 paesi nel Rule of Law index, a causa delle prestazioni non entusiasmanti in termini di Open Government, Regulatory enforcement ed efficienza del sistema giudiziario. Quanto a “libertà”, l’Index of Economic Freedom ci colloca al 69° posto su 176 Paesi, sottolineando che “nonostante i tentativi di riforma, i passi verso una maggiore libertà economica sono stati disomogenei”. Anche la “trasparenza del sistema” non migliora, e ci vede 41esimi su 180 Paesi (in compagnia di Georgia e Slovenia).

Il combinato disposto di queste condizioni non può che minare alla base la capacità del nostro Paese, sia di essere attrattivo per i talenti - tanto che il Global Talent Competitiveness Index ci posiziona al 97° posto (su 134 Paesi) con riferimento a brain gain e brain retention, sia di garantire una adeguata mobilità sociale: secondo il Global

2/4
14

Social Mobility Index, siamo al 34° posto su 82 Paesi a causa del basso livello di “diversità sociale” nelle scuole e del peso della famiglia di origine nel determinare l’accesso a livelli di studio superiori.

Insomma, un 2023 in linea con le performance registrate negli ultimi anni con una crescita lenta e insufficiente del nostro Paese, che ha guadagnato 3 punti in nove anni, a fronte dei 5 guadagnati dalla Polonia nel solo 2023.

E nel frattempo? Continuiamo a perdere talenti, energie e speranze, soprattutto tra i giovani, che migrano verso lidi più meritocratici, minando le nostre capacità di restare competitivi e di generare benessere e prosperità.

Per superare questo stallo è necessario agire - presto! - su due fronti:

• semplificare il contesto, garantendo regole chiare e trasparenza per favorire un ecosistema amico del merito,

• promuovere il cambiamento con politiche di sostegno all’istruzione, alle pari opportunità, all’attrattività per i talenti e alla mobilità sociale.

Si tratta di sfide di sistema che richiedono l’impegno di tutti gli attori dell’economia, della società civile e della pubblica amministrazione per rendere finalmente possibile un’Italia più meritocratica.

Giorgio Neglia

15
PRIMATO DEL PRIMATE
IL

Negare l’errore è un errore

APPROFONDISCI
CORRADO
FRANCESCA
16

3/4

Negli ultimi anni è aumentata la pletora di citazioni e di arguti aforismi che celebrano l’inevitabilità degli errori e l’importanza di trarne degli insegnamenti. Ma sono due verità che, come individui e organizzazioni, facciamo fatica ad accettare. Spesso sbagliamo senza neppure saperlo, e se etichettiamo come sbagliata una nostra azione allora tendiamo a nasconderla. Negando perfino l’errore! E ciò accade perché viviamo errori e fallimenti come due tabù. E questo è paradossale, se pensiamo che il nostro cervello apprende per prove ed errori. Anzi, il nostro cervello si è evoluto per sbagliare. Come ci ricorda Umberto Galimberti, il modo umano di essere al mondo è un errare tra azioni riuscite e malriuscite, tra prove ed errori.

Se ripensiamo alla nostra infanzia, questa affermazione ci sembra assolutamente sensata. Impariamo a camminare, ad

andare in bicicletta, a nuotare cadendo e commettendo errori. L’errore è un aspetto altrettanto importante nella costruzione del nostro linguaggio e nell’apprendimento di una nuova lingua. Usiamo in modo non convenzionale le parole apprese, facciamo errori nella scelta dei verbi o di pronuncia perché l’errore è il primo stadio della nostra conoscenza. L’errore plasma il nostro cervello, modifica la struttura dei neuroni creando nuove e inedite connessioni.

Il nostro cervello è infatti strutturato per fare errori e per apprendere da cadute e sbandamenti. Quando commettiamo uno sbaglio, nella corteccia prefrontale mediana e in particolare nella corteccia cingolata anteriore, si attiva un primo sistema di rilevazione dell’errore nell’arco di 80 millesimi di secondi. L’onda negativa non permette di porre effettivo rimedio al passo falso. Ma è un segnale di avvertimento, sotto forma di sensazione di fastidio o di stretta allo stomaco, che qualcosa non quadra e provoca un rallentamento di una nostra risposta, di movimento o di ragionamento.

Ma noi esseri umani non siamo bravi ad ascoltare il nostro corpo, le nostre emozioni. Tendiamo piuttosto a ingabbiarle. Per cui è facile cadere nell’errore nonostante il segnale. Eppure le emozioni e i sentimenti non sono una lussuria, sono anche una guida per poter prendere decisioni, ci ricorda il neurofilosofo Antonio Damasio.

Nella maggior parte dei casi, quindi, l’errore non viene identificato mentre lo si commette: scopriamo i nostri sbagli ad azione conclusa. È solo dopo aver ricevuto un voto che lo studente si accorgerà delle inesattezze. È solo dopo aver pubblicato il post sui social media che notiamo un lapsus

17 IL PRIMATO DEL PRIMATE

digiti. È infatti in un secondo momento, quando riceviamo un segnale o un feedback dall’esterno (un voto, un rifiuto) che il cervello ci informa che la nostra decisione era sbagliata. Come? Un’altra regione del cervello reagisce nei 250 millesimi di secondo successivi al segnale e mette in azione meccanismi di apprendimento per aiutarci a non sbagliare in futuro. Questa nuova e diversa onda potrebbe rappresentare il meccanismo chiave che permette di rivalutare quanto successo e adattare strategie e comportamenti. È la fase cosciente di rilevamento degli errori. La fase nella quale prestiamo attenzione alle conseguenze delle nostre decisioni.

Una ricerca scientifica, pubblicata sul Journal of Cognitive Neuroscience, dimostra che impariamo più dagli errori che dai successi, poiché l’effetto sorpresa provocato dall’errore facilita e rinforza l’apprendimento. Così, quando ci troviamo di fronte a una situazione analoga ad una precedente in cui abbiamo sbagliato, dal lobo temporale del cervello parte un allarme per avvertirci che stiamo per sbagliare di nuovo, permettendoci di correggere il tiro. E allora perché a volte perseveriamo negli stessi errori?

Nel corso dell’evoluzione il nostro cervello ha sviluppato alcuni centri cerebrali di fondamentale importanza e dispone di un sistema capace di identificare una discordanza tra risultato e previsione, una deviazione dalle nostre aspettative (non è certo un caso che la parola errore derivi dal latino error che significa deviare).

La corteccia prefrontale mediale è dedicata al controllo delle nostre azioni, alla individuazione degli errori e alla

conseguente attivazione di processi di apprendimento. Non sorprende quindi che le lesioni di queste regioni portino anche a un deficit nell’auto-monitoraggio del comportamento e alla perdita dell’abilità di correggere gli errori.

Ma, in assenza di lesioni, la motivazione è da ricercare nel fatto che non ci soffermiamo ad analizzare i nostri errori, a capirne le cause e i perché. Prevale in noi la componente emotiva, il disagio e il senso di colpa, la paura del giudizio altrui

L’incongruenza tra aspettative, risultati ed emozioni è definita “dissonanza cognitiva” e provoca sensazioni spiacevoli che cerchiamo di placare raccontandoci una nuova versione dei fatti logica e congruente, ma falsa. Questa nuova versione dei fatti è quella che proponiamo a noi stessi e agli altri come giustificazione dei nostri sbagli. Inoltre abbiamo sviluppato strategie di autoinganno e di rassicurazione emotiva sotto forma di bias cognitivi ed euristiche (altri errori sistematici) che rafforzano le nostre convinzioni sbagliate. Il bias della falsa unicità (consideriamo le nostre qualità e le nostre caratteristiche personali uniche), il bias del pavone (tendiamo a condividere maggiormente gli avvenimenti positivi rispetto a quelli negativi), il self-service bias (il successo è merito nostro, l’insuccesso è colpa di fattori esterni non riconducibili a noi stessi) sono alcuni degli errori sistematici che rafforzano l’autostima attraverso una percezione distorta di noi stessi e della realtà. E ci impediscono di accettare l’errore e di analizzarlo.

Sbagliando non s’impara. Si impara solo analizzando l’errore perché è proprio questo processo a permetterci di non identificarci

18

con esso (noi non siamo i nostri errori) e di vederlo per quello che è: un feedback, una informazione preziosa che può aiutarci a capire chi siamo, quali sono i nostri limiti da superare e cosa vogliamo davvero; e ci permetterebbe di capire che la maggior parte degli errori li commettiamo in modo inintenzionale nel tentativo di dare il nostro meglio. Non sono sempre e solo il frutto di incompetenza o incapacità.

Conoscere questi meccanismi cognitivi ci permette di guardare diversamente i nostri errori e tollerare quelli degli altri e di mettere in discussione la nostra presunta razionalità che è infarcita di incoerenze e decisioni irrazionali.

Negare l’errore è quindi un grave errore perché la negazione rafforza la nostra incapacità di ascoltare i segnali che il cervello ci invia e rafforza la possibilità di

creare forme di autoinganno, rallentando anche la nostra capacità di apprendimento. Il rischio è quindi quello di fare gli stessi errori, reiterando gli stessi schemi di comportamento.

È allora possibile evitarli? Sì, a patto di abbracciare l’idea dell’errore come un elemento naturale e intrinsecamente ineliminabile perché è una preziosa informazione per fare meglio la prossima volta. È un paradosso intrigante: solo accettando l’inevitabilità delle nostre cantonate acquisiamo la capacità di prevenire ed evitare errori futuri.

Solo ammettendo apertamente, innanzitutto a noi stessi, di aver sbagliato possiamo apprendere tutto ciò che l’errore può insegnarci. Nasconderlo, considerarlo segno di fallimento o incompetenza, punirlo severamente, favorisce solo il ripetersi degli stessi sbagli ancora e ancora. L’errore è un ottimo maestro.

Buoni errori!

Francesca Corrado

/4
3
19 IL PRIMATO DEL PRIMATE

L’Unione Europea e la regolamentazione della IA

4 /4
APPROFONDISCI
VINTIADIS 20
MARIANNA

Nel mese di febbraio l’Unione Europea ha raggiunto uno storico accordo creando il primo regolamento sull’Intelligenza Artificiale (IA). La rapida evoluzione ed espansione della IA ha già portato grandi cambiamenti alle nostre vite e ne porterà di ulteriori anche in futuro. Secondo un recente rapporto del Fondo Monetario Internazionale, discusso durante il World Economic Forum a Davos lo scorso gennaio, la IA avrà conseguenze sul 40% dei posti di lavoro a livello globale, arrivando al 60% nelle economie avanzate con il potenziale di aumentare ulteriormente il divario tra Paesi ricchi e Paesi poveri.

Anche il ritmo del cambiamento ha subito un’accelerazione negli ultimi anni con ingenti investimenti nel settore, specialmente negli Stati Uniti. Sempre nel mese di Febbraio, Nvidia, il produttore dei principali chip sottostanti lo sviluppo dell’IA, è diventata la terza azienda per capitalizzazione negli Stati Uniti: un dato che sottolinea l’impatto incrementale delle tecnologie di IA nel nostro quotidiano portando al centro del dibattito sulla questione non solo notizie entusiasmanti, ma anche preoccupazioni sull’uso e sull’applicazione di queste nuove tecnologie. Diversi ambiti della nostra vita ne sono già affetti tra cui la già citata occupazione, il controllo sociale, le violazioni del copyright, la diffusione di fake news, il comportamento discriminatorio e la manipolazione a fini di propaganda elettorale.

Pertanto l’Europa sta cercando di diventare un punto di riferimento tramite la definizione di una legislazione dedicata elaborando un primo quadro normativo sull’applicazione e lo sviluppo dell’intelligenza artificiale.

Riflettere a lungo sulle implicazioni sociali delle nuove applicazioni e dei nuovi strumenti che arrivano quotidianamente sul mercato può anche essere importante,

ma non possiamo limitarci alla loro mera regolamentazione.

Molti si ricorderanno la prima ricerca fatta su Google e la sconcertante differenza in termini di velocità e risultati che ha prodotto rispetto ai motori di ricerca tradizionali che si usavano all’epoca. Sebbene il dominio mondiale del motore di Google sia inconfutabile, esistono mercati in cui la sua leadership è stata messa in discussione. Prendiamo come esempio il motore di ricerca Baidu (Pechino, 2000) che nel 2023 deteneva il 67% della quota di mercato in Cina (dati Statcounter.com). Nello stesso periodo, il motore più popolare nella Federazione Russa è stato Yandex, con quasi il 70%.

Da parte sua, la UE non è riuscita a sviluppare un equivalente motore di ricerca che goda di una popolarità significativa: secondo la fonte appena citata, nel 2023 il 91,5% delle ricerche online in Europa è passata attraverso Google. Ciò che ha fatto invece la UE è stato cercare (disperatamente) di regolamentare il motore americano con motivazioni tese a tutelare la riservatezza dei suoi cittadini, il loro diritto all’oblio e la concorrenza stessa attraverso una serie di azioni antitrust. Eppure, mentre la UE conduceva le sue battaglie, i suoi cittadini hanno allegramente ignorato i motori costruiti per proteggere la privacy voltando di fatto le spalle alle preoccupazioni dei suoi legislatori.

La realtà è ancora peggiore: a volte le norme della UE di fatto cadono nel vuoto. Ad esempio, le informazioni rimosse per tutelare il “diritto all’oblio” spesso non vengono effettivamente rimosse ma diventano semplicemente non visibili quando si effettua una ricerca da un indirizzo IP (Internet Protocol) basato nella UE. Il resto dell’umanità, compresi i cittadini della UE dotati di una semplice VPN (Rete

21 IL PRIMATO DEL PRIMATE

Privata Virtuale), può comunque accedere alle informazioni schermate.

Considerazioni simili valgono per le vendite online, dove il dibattito sulle modalità di accesso, l’impatto sulle comunità locali, la logistica e, ancora una volta, la concorrenza, ha scatenato dibattiti per anni. Eppure, a seguire i 554 miliardi di dollari di vendite di Amazon, troviamo prima altri rivenditori statunitensi per arrivare poi a due campioni cinesi, Alibaba e JD.com (Jing Dong), con vendite rispettivamente di 127 e 151 miliardi di dollari nel 2022.

E l’Europa a che punto è? Otto, un venditore online tedesco, ha registrato nello stesso periodo un fatturato di poco inferiore ai 18 miliardi di dollari. Non siamo riusciti a produrre un campione nostrano o, meglio ancora, un modello alternativo, come una piattaforma open source che possa permettere a tutti i produttori europei di vendere i loro prodotti.

La lista potrebbe continuare a lungo, includendo i social media, i siti di networking professionale, le piattaforme di intrattenimento e molte altre aree del mondo tecnologico, ormai egemonia di altri, che noi europei abbiamo scelto di

(tentato di) regolamentare piuttosto che fare da apripista.

Non sarebbe meglio subordinare la regolamentazione a un’azione volta all’ingresso deciso nel mercato della IA, incoraggiandone lo sviluppo e la concorrenza alle innovazioni altrui?

Se guardiamo al modo in cui la IA si sta evolvendo, la nostra unica speranza di darle una forma accettabile è in primis quella di svilupparla e utilizzarla noi stessi. L’Ordine Esecutivo (Excutive Order) sulla IA del Presidente Biden pubblicato lo scorso ottobre parte da un punto molto diverso: la cooperazione e la condivisione di informazioni tra le principali aziende statunitensi del settore della IA e il governo americano è posta come condizione sine qua non per poter procedere alla sua corretta regolamentazione. Ancor prima di articolare le regole da seguire e le aree in cui l’Amministrazione Biden concentrerà i propri sforzi di protezione, il primo passo è stato quello di imporre la condivisione della conoscenza.

Come pensano di accedere le autorità europee alle informazioni pertinenti e necessarie per regolamentare la IA? Come possiamo evitare il rischio di trasformare una serie di buone intenzioni in un altro insieme di documenti ridondanti analoghi a quelli spesso prodotti per effetto del regolamento europeo sulla protezione dei dati (GDPR), con un dubbio risultato sull’effettiva protezione dei dati dei propri cittadini? Sappiamo bene ormai che i cittadini della UE, desiderosi di utilizzare una nuova applicazione divertente, sottoscrivono prontamente le informative senza leggere - e ancor meno comprendere - i diritti che essi stanno cedendo.

Ma il pericolo, a mio avviso, ora è ancora più grande: il cercare di forzare

4
/4
22

la regolamentazione dell’algoritmo (o l’ambito della sua applicazione) come modo per ridurre i suoi potenziali danni rischia di non centrare il punto. Lo sviluppatore dell’algoritmo non è necessariamente la mente o l’azienda che ne comprenderà tutte le implicazioni o che avrà l’idea di applicarlo a un ambito diverso. Pensiamo a un algoritmo di IA come al telescopio originale: torneremmo a multare i suoi inventori per non aver incluso l’astronomia tra i suoi usi, quando ci volle una delle più grandi menti europee del suo tempo per pensare di applicare lo strumento allo studio dei corpi celesti?

E c’è di più: molte delle soluzioni ad alcuni dei problemi sollevati dall’uso dell’intelligenza artificiale sono risolte dalla IA stessa attraverso applicazioni di IA concorrenti. Ad esempio, per quanto riguarda il plagio, sono già disponibili diversi strumenti che possono aiutare a identificare la percentuale di un testo che potrebbe essere stata prodotta da un algoritmo. Quindi, forse la UE dovrebbe subordinare la riflessione sulla regolamentazione alla questione-chiave di come rendere la UE un leader della IA.

23 IL PRIMATO DEL PRIMATE

Nel mondo del management consulting da 50 anni, è consulente esperto di innovazione del comportamento, facilitatore e formatore per lo sviluppo del talento in Azienda. Migliora il rendimento del capitale umano

FABRIZIO FAVINI

favorendo la crescita di soddisfazione, motivazione, selfengagement, produttività.

Utilizza le neuroscienze per favorire l’acquisizione delle competenze sociali indispensabili

a modificare i comportamenti non più funzionali alla crescita sia dell’Individuo che dell’Azienda.

Oltre a numerosi articoli, ha pubblicato i seguenti libri: La Vendita di Relazione

(Sole 24ORE); La vendita fa per te (Sole 24ORE); Scuotiamo l’Italia (Franco Angeli); Comportamenti aziendali ad elevata produttività –Integrazione tra stili di management e neuroscienze (gueriniNext).

Editore di rivoluzionepositiva. com, Magazine On Line orientato al nuovo Umanesimo d’Impresa per la sostenibilità sociale, economica ed ambientale dell’Impresa stessa.

24

AUTORI

Fondirigenti e docente Master HR alla 24Ore Business School. Consigliere del Forum della

GIORGIO NEGLIA

Meritocrazia dal 2014, è ideatore e responsabile scientifico del Meritometro e del Meritorg. Ha collaborato con

Confindustria, Conferenza dei Rettori e Ministero del Lavoro in progetti di ricerca sui sistemi formativi. Laureato in Economia

all’Università Bocconi, si è specializzato in corporate learning e organizzazione presso SDA Bocconi, Scuola Superiore

S. Anna di Pisa, University of London e Stanford University.

25

FRANCESCA CORRADO

Bocconi. Dopo 10 anni trascorsi in ambito universitario, prima come assegnista di ricerca

e docente poi come Vicepresidente di uno spin-off universitario, dal 2015 è Presidente

della start-up no profit Play Res. Fondatrice della Scuola di Fallimento e Autrice del libro

Il Fallimento è rivoluzione. Perché sbagliare fa bene!

AUTORI
26

MARIANNA VINTIADIS

Laureata in Economia presso l’Università di Cambridge, Marianna viene coinvolta in progetti di business intelligence di primo livello per importanza e

sensibilità nel panorama europeo, coprendo diverse giurisdizioni nel mondo. Nel 2020 fonda 36Brains, dove applica le più recenti tecnologie e software

innovativi al settore della corporate intelligence. Oggi tiene regolarmente corsi di docenza in Italia, Inghilterra e Stati Uniti insegnando pensiero strategico

e tecniche di raccolta informativa. Marianna detiene molte cariche tra cui: membro dell’Advisory Board di Transparency International Italia, membro del

Comitato Esecutivo dell’Adam Smith Society, consigliere ACFE Italy Chapter, facendo inoltre parte di diversi organismi di vigilanza.

27

Perché Rivoluzione

Positiva?

Un nuovo

Magazine On Line: informazione, conoscenza, saggezza.

Con l’enorme disponibilità di informazioni, resa possibile dalla tecnologia, la nostra vita è diventata molto più veloce e molto più distratta. Abbiamo creato i presupposti per cui il nostro cervello è meno preciso, fatica di più a concentrarsi. Perdiamo il focus attentivo sui problemi, divaghiamo mentalmente, siamo intermittenti e discontinui nel nostro modo di pensare e,

quindi, nel nostro comportamento.

Siamo passanti frettolosi e distratti la cui soglia di attenzione dura 8 secondi; siamo meno concentrati dei pesci rossi che arrivano a 9, ci dicono gli esperti. Siamo diventati bulimici di informazioni, emozioni, immagini, collegamenti, suoni. Divoriamo il tutto in superficie senza gustare, approfondire, riflettere.

Oggi chi non si ferma a

guardare non vede; chi non si ferma a pensare non pensa.

Riscopriamo allora il piacere - o la necessitàdi riflettere, di pensare, di soffermarci per capire meglio dove stiamo andando per essere più consapevoli del nostro tempo, complesso e complicato, e del nostro ruolo, umano, sociale e professionale.

Se condividete queste nostre riflessioni, siete invitati a partecipare ad

una iniziativa virtuosa resa possibile dalla combinazione dei saperi e delle esperienze umane e professionali di un manipolo di Pensatori Positivi, profondi, competenti e sensibili interpreti del nostro tempo, che hanno deciso di contribuire a questo Progetto. Ad essi si uniscono autorevoli Testimoni Positivi. A tutti loro il nostro grazie! di cuore.

Il Comitato di Redazione:
MANIFESTO STUDIO BETTINARDI BOVINA DOTTORI COMMERCIALISTI E REVISORI CONTABILI STUDIO BETTINARDI BOVINA Dottori Commercialisti e Revisori Contabili Galleria Unione, 1 - 20122 MILANO, ITALIA Tel: +39 02 805 804 210 - Fax: +39 02 936 602 65 Via Bacchini Delle Palme, 1 - 37016 GARDA, ITALIA Tel: +39 04 562 703 11 studio@studiobettinardibovina.it
Giovannini
Ferrario 28
Fabrizio Favini Edoardo Boncinelli Roberto Cingolani Enrico
Gianni

img: cultura.biografieonline.it

DIDA

I due fratelli

Pablo Picasso

1906

29
CHI DESIDERA ISCRIVERSI AL MAGAZINE È PREGATO DI INVIARE UNA EMAIL A INFO@RIVOLUZIONEPOSITIVA.COM 30

HOMO RESPONSABILIS

INTERVISTA ALL’AUTORE FABRIZIO FAVINI:

https://www.facebook.com/AlbatrosIlFilo/ videos/950119959796814

31

FINCHÈ NON SI CAMBIA QUI

Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.