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ORTONA, LA STALINGRADO D’ITALIA
“Sono onorato di dare avvio con questo breve contributo alla mia collaborazione con la Rivista Militare: una rubrica che toccherà, ogni volta, un tema interesse sia per gli specialisti che per gli appassionati. Non c’è che l’imbarazzo della scelta: la storia delle guerre è un libro aperto, ricchissimo, terribile, da cui non si smette di imparare”.

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-Sono paroole e deel Gen e er e al a e Ch C ui uiko k v v, c comaandaante deelllla 62 6 a Armatta so s v vietticca a St Stal a in inggraado; ma frassi si simi m li pottre r bb bbe averle le pr p on onuunci c at a e i cinnqquuantnt’aanni doopo po un g guerrigl g ieero cececeno asserragliato in un condominio di Grozny, o nel 2014 un miliziano curdo tra le rovine di Kobane. Il combattimento nei centri abitati ha caratteristiche proprie che rimangonoporrtuunità o offerte da un t terrreenno cr c ea e to dall’uomo per sco-



Il Genneerrale C Chuuikoov sottolineava v uno n solo degli aspetti cr c uciaalli della a lototta in ci c ttà, à ovverero la l tenendeenz n a de d lle fo f r- ze attaccanti a “canalizzare” la propria spinta offensiva lungo le poche vie sgombre da ostacoli e macerie; ma è l’estensione verticale del campo di battaglia che costituisce l’elemento cruciale della guerra nelle aree urbane. I soldati sono abituati a ragionare in termini di avanzata o ritirata; da quando esiste l’aviazione il pericolo (o l’aiuto) possono venire anche dal cielo, ma si tratta comunque, per il Fante, di un fattore esterno, sul quale può eseruomini devono abituarsi invece a fare i conti con la terza

Gastone Breccia, nato a Livorno il 19 novembre 1962, laureato in lettere classiche a Pisa, dottore di ricerca in Scienze Storiche, dal 1997 è ricercatore di Civiltà bizantina – prima presso l’Università degli Studi della Basilicata, dall’anno accademico
Come professore aggregato del Dipartimento di Musicologia e Beni Culturali di Cremona tiene i corsi di Civiltà bizantina, Letteratura bizantina e (dall’a.a.
La “Stalingrado” d’Italia. All’inizio di dicembre del 1943 l’8a Armata britannica del Generale Montgomery era all’offensiva nel settore adriatico della penisola. Mentre l’8a Divisione indiana e la 2a neozelandese avanzavano nell’entroterra, incontrando una tenace resistenza nemica nella zona del villaggio di Orsogna, sulla costa andò all’attacco la 1a Divisione canadese del Generale Christopher Vokes, che in dodici giorni di duri combattimenti riuscì a superare la linea difensiva allestita dalla 90a avanguardie canadesi raggiunsero la cittadina portuale di Ortona, dove il comando germanico aveva appena fat- dedicato alla ricerca in campo storico-militare anche al di fuori dell’ambito della bizantinistica. Esperto di teoria militare, di guerriglia e controguerriglia, ha condotto ricerche sul campo in Afghanistan (2011) e Kurdistan (Iraq e Siria, 2015). È membro del direttivo della Società Italiana di Storia Militare (SISM). migliori saggi pubblicati sulla campagna d’Italia, “Circles of Hell di Eric Morris, dedica alla lotta per Ortona solo (1).
In realtà, la battaglia di Ortona merita di essere ricordata proprio per il ruolo che ebbe nel permettere alle forze alleate di acquisire conoscenze e capacità tattiche centri abitati. il centro abitato di Ortona in una vera e propria fortez- principali, piazzate trappole antiuomo e anticarro, scavate trincee di collegamento tra i caposaldi, aperti con l’esplosivo passaggi nelle mura perimetrali delle case per evitare di doversi esporre al tiro nemico, approntati nidi di mitragliatrice e postazioni di cecchini, occultati pezzi anticarro tra le macerie.
La battaglia per Ortona durò una settimana, dal 21 al 28 dicembre 1943. La 2a brigata di fanteria canadese attac-), ap-
( ), che riuscirono a raggiungere i sobborghi settentrionali della cittadina dopo combattimenti durissimi. Le perdite furono severe sia tra gli attaccanti che tra i difensori – i canadesi ebbero 104 morti e 171 feriti, e tra le rovine di Ortona raccolsero almeno un abbandonare la città e ripiegare circa tre chilometri più da un corrispondente americano la piccola “Stalingrado d’Italia”; la loro vittoria non ebbe però risultati strategici di rilievo, perché Montgomery si rese conto di non poter ostacolava le operazioni dei mezzi corazzati. Anche per
I canadesi impararono ad operare in squadre di pochi elementi, pronte a fornirsi supporto reciproco, e a utilizzare il sostegno dei carri armati in maniera appropriata, ovvero come “artiglieria d’assalto”; compresero come fosse essenziale non aggirare ma attraversare i singoli - vi (ribattezzati , “tane di topo”); si abituarono a gestire la terza dimensione iniziando ad attaccare i caseggiati dai piani alti; si specializzarono nell’impiego di bombe a mano e lanciagranate, scoprendo nel corso dei combattimenti come persino il PIAT ( lanciagranate anticarro per la fanteria) che avevano in dotazione, mediocre nel ruolo anticarro per cui era stato progettato, poteva rivelarsi di grande utilità come arma da appoggio ravvicinato nei combattimenti casa per casa. In altre parole, la piccola “Stalingrado” d’Italia fu una preziosa scuola di guerra urbana, e le lezioni apprese tra le rovine di Ortona non vennero dimenticate.
NOTE
(1)E. Morris London,Hutchinson, 1993, p. 224.Maggior rilievo in E. Gooderson
London, Conway, 2008, pp. 246-247 e pp. 311-312 Purtroppo poco conosciuto il saggio di M. Patricelli
Torino UTET Università, 2002.