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LA LEADERSHIP IERI E OGGI IERI E

Gli studi sulla leadership hanno una lunga storia e fin dall’inizio è stata posta la domanda fondamentale “Chi è il leader?”, interrogandosi sulle qualità che la persona dovrebbe possedere per dimostrare di avere leadership. Tradotto in termini psicologici questo primo interrogativo si è posizionato sulla questione della personalità, cioè dei tratti della personalità emergenti in quelle figure che dimostrano o hanno dimostrato (nella storia) doti di leadership (Kets de Vries, 2010; Isaacson, 2010); persone che hanno quindi realmente messo in campo qualità personali esteriormente percepibili e valutabili come tali. Fin da questi primi studi – interessanti e fondativi, e in un certo senso sempre attuali – sono emerse delle capacità di base che contraddistinguevano quelli che oggi chiamiamo i best performers , i modelli, o i campioni, se così vogliamo definirli, di un dato campo di attività: capacità come l’intelli- genza, la fiducia in se stessi, l’energia personale, l’ambizione e la tenacia, tra le altre. Ai tratti di personalità – su cui si potrebbe disquisire a lungo e che possono certamente essere qualificati con maggiore precisione (ad esempio: di quale tipologia di intelligenza si parla?) – sono state associate le tradizionali quattro funzioni del leader-capo: pianificare, organizzare, dirigere e controllare (Fayol, 1925). Quattro funzioni che, ad essere precisi, fanno riferimento al management piuttosto che alla leadership, ed anche da tale punto di vista molto è stato detto, osservato, scritto ed elaborato al fine di distinguere il manager dal leader. Un aspetto che non è teorico, come potrebbe apparire, ma ha risvolti operativi importanti, ad esempio nel campo della promozione di una risorsa a ruoli di maggiore responsabilità – volendo evitare di perdere un buon manager per farne un cattivo leader!
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È il tema dell’ assessment delle qualità manageriali e della leadership (Castiello d’Antonio, 2013; 2020), visibile anche nel classico esempio della leadership dello spogliatoio: “il leader nello spogliatoio è il grande giocatore di football che è diventato allenatore. Il giocatore ha imparato ad avere successo correndo forte e veloce, facendo passaggi e placcaggi e realizzando delle mete. Quando diventano allenatori, cercano di correre ancora più forte e veloce, di fare ancora più placcaggi, passaggi e mete. E poi vengono licenziati perché la squadra perde” (Owen, 2018, p. 242).

Partendo dunque da impostazioni che ormai possiamo definire classiche, legate appunto al concetto dei “tratti della personalità” da un lato, e delle “funzioni-base” della leadership dall’altro, nel corso del tempo si è sviluppato un mondo, forse anzi sarebbe più esatto dire si sono sviluppati molti mondi, al cui interno si sono delineate diver- se teorie del management e della leadership. È così abbastanza presto tramontata l’attenzione ad alcuni stili di leadership, di gestione delle persone, che sembravano inizialmente racchiudere tutto ciò che vi era da sapere sul tema – questi stili sono, classicamente, lo stile democratico, autoritario, partecipativo e lassista. Non che tali modi di incarnare la figura del “capo” siano tramontati, anzi; il più delle volte ciò che si osserva nella realtà – e, quindi, ciò che ci interessa maggiormente – è un mix di due o più componenti di queste quattro inclinazioni. Ed è anche molto istruttivo collegare i quattro stili di leadership ad alcune tipologie-base dell’essere umano (ma seguire questa traccia ci condurrebbe troppo lontano). Il fatto è che questi stili non coprono tutto il campo dell’imprinting nella gestione delle risorse umane e vi è quindi stato bisogno di andare oltre, pur conservando (e utilizzando, quando opportuno) l’insegnamento del passato. Un passaggio importante circa la comprensione della dimensione della leadership è stato quello in cui dallo studio della personalità del leader ci si è indirizzati verso l’analisi dell’interscambio tra leader e follower , aprendo quindi la visuale sulla squadra, sul gruppo nel suo insieme: in una parola, sull’interazione tra chi comanda e chi esegue – tema su cui si è sviluppata la cosiddetta Leader–Member Exchange (LMX) Theory (Graen, Uhl-Bien, 1995). Cosa rende un team altamente performante? Quali sono gli stili di leadership più adatti in relazione ai tanti fattori interagenti tra cui, appunto, la “fisionomia” del team da gestire, le peculiarità dei suoi membri, la situazione in cui si è collocati, le dinamiche ambientali e il risultato da raggiungere?

Ecco emergere l’attenzione sul compito da eseguire e sull’obiettivo che deve essere raggiunto dall’insieme di persone composto dal capo e dai membri, nel contesto di una nuova visione che considera una sorta di continuum della dimensione della leadership: una leadership, per così dire, che può essere classicamente centrata sul capo, ma anche centrata – o decentrata – sul gruppo: che può essere condivisa, che può fornire alimento alla coesione di gruppo. In sostanza, vedere colui che comanda come qualcuno staccato dal gruppo può essere, e di fatto lo è, molto rischioso; il costo di situazioni di questo genere è, ad esempio, la limitata responsabilizzazione diffusa nei membri del gruppo mentre oggi sappiamo molto bene che è proprio portando la responsabilità verso i livelli più bassi, più operativi, che si ottiene il maggiore coinvolgimento dei singoli. Ciò è del resto fortemente connesso con il tema della comunicazione e della diffusione delle (opportune) informazioni nella squadra: solo chi sa, chi è informato, può agire consapevolmente. Altrimenti l’azione, pur messa in atto, rischia di essere priva di quel plus che offre il commitment. Come è stato detto da un noto consulente di management statunitense alcuni anni fa, il leader dovrebbe essere un CMO, cioè un Chief Meaning Officer : una persona che dà significato a ciò che si deve fare, che diffonde il senso dell’azione e con ciò lega a sé i follower
Andrea Castiello d’Antonio (Roma 1954) è psicologo e psicoterapeuta, già Professore Straordinario presso l’Università Europea di Roma, esercita attività libero-professionale nelle aree della psicoterapia, della psicologia clinica e della psicologia delle organizzazioni. Esperto di diagnosi psicologica e testing , si occupa di campi specifici come la psicologia militare e la psicologia dell’aviazione. Nell’area della psicologia del lavoro è consulente indipendente di management , gestione, formazione e sviluppo del capitale umano, svolge attività di executive coaching e orientamento professionale. Nell’area della psicologia clinica opera come psicoterapeuta in setting individuali e di coppia per mezzo di psicoterapie dinamiche brevi e a lungo termine, e svolge consulti e consulenze psicologiche. Cultore di storia della psicoanalisi ha scritto la prima biografia italiana su Karl Abraham (1981). Ha pubblicato un migliaio di recensioni, oltre 200 articoli scientifici e divulgativi, e 21 volumi. Tra i libri più recenti: “Il capitale umano nelle organizzazioni”, “Metodologie di valutazione e sviluppo della prestazione e del potenziale” (2020); “Conflitti. Come leggere e gestire i contrasti per vivere bene” (2019) scritto con Luciana d’Ambrosio Marri; “Interviste e colloqui nelle organizzazioni” (2015); “La selezione psicologica delle risorse umane” (2015); “Come quando e perché la formazione non funziona” (2014); “L’ assessment delle qualità manageriali e della leadership” (2013); “La paura di volare” (2012).
Come sa chiunque abbia esercitato una qualche forma di leadership sul campo, non si può prescindere dal considerare il contesto, l’ambiente, la situazione in cui l’azione si svolge. Ecco dunque nascere il concetto di Situational Leadership (Hersey, Blanchard, 1982), di leadership situazionale, che accompagnerà per lungo tempo non solo gli studi su questo tema ma anche gli interventi di formazione (Castiello d’Antonio, 2011). Il modello della leadership situazionale ha teso a soppiantare altri modelli come quello basato sulla cosiddetta assertività –Assertive Leadership (v. Phillips, 2002) – pure importante perché il concetto di comportamento assertivo non solo è utile e pragmaticamente riscontrabile, ma si presta anche a essere un buon oggetto di formazione e di “modellamento” (come si suole dire nell’ambito della teoria comportamentistica ove il modello è nato).
Se l’idea di base della leadership situazionale è molto semplice, quasi scontata (adattare il proprio stile di gestione alla situazione, in senso ampio), il quadro diviene assai più complicato quando si prendono in esame le coordinate in base alle quali si deve valutain modo tale da “ritagliare” la moguidarlo. Ecco emergere il tema globale della maturità del collaboratore, la sua motivazione, la disponibilità al compito, ma anche il livello e la qualità della competenza professionale espressa, e così via. I quattro stili che quindi compongono la matrice della leadership situazionale – prescrivere-dirigere, addestrare-vendere, coinvolgere-sostenere e delegare – non sono affatto semplici da met- tere in atto, soprattutto se si pensa che a metterli in atto dovrebbe essere una stessa persona!


Al leader, dunque, viene richiesta flessibilità, intelligenza emotiva, capacità autocritica, visione della situazione, rapidità di adattamento propositivo, e così via, nel quadro di una matrice che vede l’orientamento al compito-obiettivo e l’orientamento alle relazioni come i due assi su cui si dovrebbe muovere lo stile di gestione del capo.
Bibliografia
Castiello d’Antonio A., (2011), (a cura di), La formazione del personale pubblico. Modelli innovativi per amministrazioni di eccellenza, Franco Angeli, Milano.
Castiello d’Antonio A., (2013), L’assessment delle qualità manageriali e della leadership . La valutazione psicologica delle competenze nei ruoli di responsabilità organizzativa , Franco Angeli, Milano.
Castiello d’Antonio A., (2020), Il capitale umano nelle organizzazioni. Metodologie di valutazione e svilup- po della prestazione e del potenziale , Hogrefe, Firenze.
Fayol H., (1925), Direzione industriale e generale , Franco Angeli, Milano, 1973.
Graen G. B, Uhl-Bien M., (1995), Relationship-based approach to leadership: Development of leader-member exchange (LMX) theory of leadership over 25 years: Applying a multi-level multi-domain perspective . The Leadership Quarterly, 6, 2, 219–247.
Hersey P., Blanchard K., (1982), Leadership situazionale , Sperling & Kupfer, Varese, 1987.
Kets de Vries M.F.R., (2009). Reflections on Character and Leadership , Wiley, London.
Kets de Vries M.F.R., (2010), Figure di leader . Raffaello Cortina, Milano, 2010.
Isaacson W., (2010), Profiles in Leadership. Historians on the Elusive Quality of Greatness, Norton & Company, New York.
Owen J., (2018), Avere successo. Da buon manager a grande leader , Giunti Psychometrics, Firenze, 2018.
Phillips A., (2002), Assertiveness and the Manager’s Job , Radcliffe Publishing, Abington.
















