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CULTURA E MERITOCRAZIA COME OSTACOLI

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MODELLISMO

MODELLISMO

In meno di un anno e mezzo, l’Esercito sabaudo disperdeva la sua fama e una tradizione che aveva maturato attenuanti, quando non lo scambio di reciproche accuse. Perché si raffreddasse la materia e si lanti di Custoza e di Novara, chiudeva per l’indipendenza italiana. Il tricolore con al centro lo stemma di casa Sa- passare alcuni anni. Il 1855 fu l’anno che vide manifestarsi i primi tentativi di interpretazione, insieme con i rimbalzi di opinioni che erano maturate a caldo. Un osservatore lontano, non ancora celebre per il suo sodalizio con delle incapacità ovvie di un “esercitocamera” (2). Sembrava un’eco della affermazione del Generale Eusebio Bava, il quale aveva scritto che per- battività, la disciplina, l’armamento, il comando, tutto ciò che aveva reso diversa la reputazione di “sodezza” dei Piemontesi rispetto ad altri Italiani, al europei se ne andava sbiadendo fra molte recriminazioni. no relazioni pubbliche e riservate emersero disparità di vedute fra i vertici dell’Armata, la ricerca di personali annotava che le “batterie pesanti daria da campo sarda la più pesante del continente” (1): mezzo secolo dopo le imprese di Napoleone, quello era un commento non privo di indicazioni. Certamente più incisivo dei precedenti, intesi a sollevare questioni di carat- austriacante” annidato alla corte di Torino. Con accenti forti, ma in fondo consonanti, Carlo Cattaneo aveva parlato inutili affatto alle circostanze” (3). Certo, qualcosa doveva essere avvenuto piemontese se Carlo Alberto aveva af- nando Pinelli, metteva insieme i pezzi del mosaico militare piemontese andato in frantumi (4). Intanto – diceva – Carlo Alberto non era stato all’altezza della situazione: presuntuoso, pallido e smunto, messa . Non era stato un re capace elettrizza le masse”, era “inetto pertanto sul campo […] titubante e incerto nel potenza come l’Austria con un simile condottiero non era di buon auspicio.

Pinelli scriveva a chiare lettere che,prova del campo vecchi, impreparati ma supponenti. Come spesso suc- tato di una marzialità che era stata usurpata. Gli uomini che avevano fatnon erano più in condizione di mon- ed è qui che si comincia a vedere il vero problema – privi di nozioni stra: non si erano studiati il terreno, non conoscevano i loro uomini e addirittura ne dalla fatica, detestavano le privazioni e pensavano soltanto alla cura della propria persona. Non avevano noziocreduto in una carriera tutta fatta lon-no recalcitranti di fronte al precipitare pochi, spiritose e incapaci di quel senso di molto diversa dalla fanteria: istruzio- scriveva: “Buoni erano i zappatori del […] Non abbastanza numerosa l’arti-tutto l’Esercito… . Insomma, si misuravano allora i risultati di un’ostilità profonda che la più retriva aristocrazia piemontese aveva nutrito nel secondo Settecento verso le armi “colte”: ovvero nei confronti di studi, quelli che non erano nobili per nascita, quelli che dovevano adope- solo che si sapesse tirare di scherma e montare a cavallo come si convenivaro passati secoli dalla mitica arte dellaneo, come se i cavalieri di un tempo continuassero a trasmettere nei dalla fondazione delle Scuole Teoriche ni che i cannoni restassero inchiodati sulle fortezze: come avrebbero potuto scendere sul campo a contendere ilno stati molto più avanzati nelle loroquecento e poi Carlo Emanuele I e più oltre Vittorio Amedeo II. Per non dire, in Europa, Carlo Gustavo di Svezia, oro Gabaleone di Salmour presentava - service que peut rendre à une armée une nombreuse artillerie, lestement équipée, et servie avec vivacité, est en parlerco né ardito dunque e, tuttavia, respinil Salmour continuava, evidentemente inascoltato, quanto meno nella sostan- disprezzo nei confronti di quei tecnici specializzati nell’ distante dalle attitudini e dalle prospet-prima si erano opposti – letteralmente architetti, chimici, matematici, idrauuna posizione ausiliaria, sottoposta,riamente, avevano preteso per decen- senza tuttavia avere peso nella strutcampo esisteva sulla carta, ma era benressero ormai nozioni di balistica, di di tecnica militare, non riusciva a penetrare ai vertici dell’Armata. Qualche virtuoso aristocratico di formazione più cosmopolita cercava di illuminare- ne della formazione del corpo di trupfrontiere alpine, si resero necessari mendatore di Châtillon aveva proposto una biblioteca militare e brevi corsi - patta era stata l’opposizione “di tutti i nobili, che temevano che quando - tilità dello studio, si volesse anche esima inseriva elementi di meritocrazia- uno “semplicemente” di nobili natali. continentale nelle loro Scuole Teoriche fondante dell’Accademia delle Scienze - mini e le loro colte ricerche rimasero spesso ebbero successo trasferendo le loro macchine nel campo dell’industria tessile e meccanica. Alcuni di loro nome –, ma i nobili che occupavano le piazze di comando dell’Esercito pie-

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Quando – e non a caso – le Armate napoleoniche occuparono il Piemonte, l’Esercito fu sciolto, a eccezione - qualità tecniche e militari – nell’Armée-co oppure in posizioni di carriera e di versità di Torino. Ha pubblicato numerosi studi il Piemonte sabaudo, ricco di storia e di tradizione, all’appuntamento con la Prima Guerra per l’Indipendenza d’INOTE ,

(2) C. Cattaneo, , in “Il 1848 in Italia. Scritti 1848-1851”, a cura di

(3) , Torino 1848, p. 54.

(4) F. A. Pinelli, ,

(5) ,

(AST), sez. I, Materie Militari, Intendenza le della Storia d’Italia 18. Guerra e pace” (Ei-

(6) , n. 18.

Bersezio:

(8) Cfr. Pinelli,

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