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LE DONNE NELLE FORZE ARMATE Il dibattito alla Costituente

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MODELLISMO

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Cittadino è colui che difende la patria in armi e di conseguenza ha il diritto di voto. È quello che la rivoluzione americana e con la rivoluzione francese quando i soldati mercenari sono stati sostituiti dai cittadini in uniforme. Le donne restano escluse da questo passaggio epocale e dovranno battersi a lungo per conquistare il diritto al voto e il diritto ad indossare una divisa militare. Non è affatto casuale che nel mondo anglosassone, dopo essersi impegnate in attività di volontariato nella Grande Guerra, britanniche e statunitensi abbiano ottenuto il voto. In Italia invece l’impegno femminile indusse il parlamento a legiferare legit- poter svolgere tutte le attività lavorative, abolendo nel contempo l’odiosa autorizzazione maritale. Il diritto di votare ed essere votate

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Guerra Mondiale, mentre la questione della donna in divisa fu affrontata, ma solo marginalmente, durante i lavori dell’Assemblea Costituente per essere poi ripresa, ma senza convinzione, qualche decennio dopo.

Gli Atti dell’Assemblea Costituente ci danno indicazioni preziose sulla cultura giuridica e politica dei costituenti, ma raccontano molto anche sui pregiudizi di genere e si prestano a una molteplicità di letture.

Le ventuno donne Costituenti, in un’Assemblea di 556 deputati, avevano molte questioni da discu- tere e far accettare e la “poca sensibilità maschile nel non voler far giustizia nei riguardi della donna” fu più volte rilevata da Maria Federici (deputata della Democrazia Cristiana) che chiedeva che alla parola “tradizione” si sostituissero le parole “merito” e “preparazione”. Per gli stessi motivi chiedeva anche di non usare mai la parola “capacità” per eventuali limitazioni, ma “idoneità”. I Costituenti cioè non dovevano ragionare basandosi sui preconcetti del passato, ma riconoscendo alla donna gli stessi diritti degli uomini. La questione delle “capacità” femminili era stata trattata quando si era affrontato

1946 la terza sottocommissione cominciò a discutere sulla parifi- cazione dei sessi negli impieghi pubblici. Gli articoli proposti chiarivano che non dovevano esserci restrizioni “tranne quella della capacità” per l’impiego pubblico. Immediata la reazione del deputato calabrese Enrico Molè, avvocato che intervenne per dire che si op- dei sessi per quanto riguardava “le funzioni giudiziarie e militari”, contestato da Maria Federici che trovava inammissibile l’affermazione della incapacità femminile a ricoprire funzioni giudiziarie; per l’attività di carattere militare fece invece notare “che si vanno sviluppando i così detti servizi ausiliari, compiuti da donne e che, anche nella polizia è preveduto l’impiego delle donne”. - denza di Terracini, fu affrontata la questione della difesa della patria e si aprì un ampio e lungo dibattito tra i fautori della coscrizione obbligatoria e quanti proponevano invece la sua abolizione a favore di un servizio militare su base volontaria. La discussione si protrasse per diverse sedute data l’importanza

49 diventato poi l’art. 52 della Costituzione. A noi in questa sede interessa l’intervento di Roberto Bencivenga che era stato comandante militare clandestino della città di Roma durante la Resistenza, con un passato di militare di carriera, giornalista e politico.

Prendendo spunto da un emendamento (presentato da Ezio Coppa) con il quale si chiedeva di esplicitare che il servizio militare doveva essere limitato ai cittadini di sesso maschile, Bencivenga affrontò il tema dell’impiego della donna in guerra facendo riferimento a quanto fatto dagli americani che avevano istituito speciali corpi di donne marina che nell’esercito e in aviazione. I risultati erano stati molto nal d’Italia e attualmente è presidente della condirettrice della collana “La memoria e le fonti. Identità e socialità”, segretaria nazio-sociazione nazionale reduci dalla prigionia, dai campi di concentramento e dalla guerra chiariva che secondo lui “considera-siologico” escludevano la donna dal mondo militare anche se “nell’ultima guerra la donna ha partecipato egregiamente attraverso i servizi ausiliari” e la Croce Rossa è preziosa in tempo di guerra. Anche Aldo Moro intervenne per chiarire la sua contrarietà ad ogni possibile “estensione del servizio militare”. L’unico Costituente che si espresse in modo positivo, oltre a Bencivenga, fu Giuseppe Togni che riprese l’esempio anglosassone

In alto: Partigiane a Milano. Al centro: Partigiane a Pistoia.

A destra: Deputati dell’Assemblea Costituente in un’immagine dell’epoca. A pag. 42: Maria Federici e le 21 donne dell’Assemblea Costituente.

“Il volontariato militare nel Risorgimento. La partecipazione alla guerra del 1859”, ausiliarie volontarie arruolate fuBencivenga che le donne avevano dimostrato particolari attitudini “al disimpegno di compiti delicatissimi” ottenendo risultati migliori rispetto agli uomini. Erano state impiegate nei trasporti per via aerea o automobilistica, nei servizi di intercettazione, nei servizi di vigilanza, nei e riparazione dei paracadute, nel montaggio di aeroplani.

L’anziano militare che aveva combattuto nella Grande Guerra e poi nella Resistenza faceva notare che le guerre future sarebbero state completamente diverse da - mento. Non era dunque esagerato affermare che la difesa del territorio nazionale avrebbe richiesto un vero esercito disseminato all’interno “per i servizi di segnalazione tempestiva, per l’uso di mezzi intesi a neutralizzare quelli di offesa - to per fronteggiare le tragiche conseguenze delle devastazioni derivanti dalle offese nemiche”.

Dimostrando una modernità e ampiezza di vedute non scontata in - ga aggiungeva che l’esercito del futuro doveva essere formato da persone, giovani, intelligenti, “capaci di usare i delicati strumenti dei quali dovrà far uso la difesa”: dunque non un esercito di massa ma un esercito di élite. Era questo il contesto nel quale vedeva bene l’inserimento della donna: “Indubbiamente la donna potrà portare in questo campo un grande contributo” con l’ulteriore vantaggio che contadini e operai avrebbero potuto continuare a lavorare nei vantaggio per l’economia. Continuando il suo articolato intervento Bencivenga ricordava che le forze femminili inquadrate dagli americani erano tutte volontarie istituite regolarmente sullanato, ma non escludeva la possibilità che in assenza di un numero adeguato di volontarie si potesse ricorrere alla coscrizione. Anzi si diceva sicuro che le donne avrebbero accolto “con disciplina” un eventuale provvedimento legislativo. Non ci sono riferimenti all’esperienza partigiana né ad altre formazioni militari in divisa, ma è evidente che il relatore parlava con cognizione di causa.

In conclusione chiedeva che non ci fossero preclusioni nei confronti delle donne per “non ipotecare l’avvenire”. In risposta a Bencivenga, Coppa

Inghilterra tutte le carriere, da quella militare a quelle professionali, erano aperte alle donne.

I Costituenti respinsero, come risulta dai resoconti dei lavori pre-nalizzati a puntualizzare nel testo della Costituzione che l’obbligo militare era riservato solo ai cittadini di sesso maschile; e questo anche se era sicuramente assai diffuso il pregiudizio culturale che voleva la donna priva del “requisito attitudinario” necessario a svolgere determinate funzioni.

Nella stesura definitiva l’art. 52 recitava saggiamente: “Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge”.

Eppure negli anni immediatamente precedenti, l’Italia aveva avuto settantamila donne appartenenti ai gruppi di difesa, trentacinquemila partigiane, di cui più di seicento fucilate e dodici decorate con Medaglia d’Oro. Ad alcune di queste donne fu riconosciuto un grado il comando di duemila uomini nei giorni dell’insurrezione armata del 1945 nel modenese e per le funzioni di comando svolte le fu riconosciuto il grado di Capitano. Maria Giulia Cardini, “partigiana combattente” piemontese con ruoli di grande rilievo e responsabilità, divenne informazioni militari nord Italia) e ricevette dagli statunitensi importanti riconoscimenti nell’immediato dopoguerra.

All’estero in tutti i paesi le donne avevano collaborato allo sforzo bellico e per molte si sarebbero aperte le porte del mondo militare, prima nei servizi ausiliari e poi integrate nelle Forze Armate. Negli anni sessanta e settanta tutti i Paesi della NATO iniziarono ad arruolare personale femminile mentre in Italia negli anni settanta se ne cominciò a parlare!

In alto: Maria Federici, foto I-Italy

A destra: Maria Giulia Cardini. In basso: Roberto Bencivenga.

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