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III.30 La breve parabola di Andropov
A sostegno dell'esercito governativo interviene l'aviazione russa. Fra le truppe governative si susseguono episodi di diserzione. Brèžnev è sempre più preoccupato per la situazione a Kabul e nel paese, ma non riesce a far cessare fra le fazioni del governo filocomunista le lotte feroci, condotte con tradimenti e assassinii, secondo le inveterate tradizioni del paese. Cominciano a correre voci sempre più insistenti dell'intervento dell'esercito sovietico in Afghanistan, dove si trovavano già più di tremila russi fra consiglieri civili e militari. Il 26 dicembre 1979 le truppe sovietiche attraversano l'Amu Darya, il fiume di confine fra l'U.R.S.S. e l'Afghanistan. Il 27 dicembre i russi entrano a Kabul, assaltano il palazzo presidenziale e Amin, il feroce presidente afghano, viene ucciso. I russi insediano un nuovo presidente. La popolazione afghana insorge con manifestazioni di protesta e ribellioni contro i russi e il governo da essi imposto. I russi non riescono a controllare il paese, dove i signori della guerra a capo dei Mujaheddin spadroneggiano, combattendo anche gli uni contro gli altri. La popolazione subisce persecuzioni sia da parte dei Mujaheddin che da parte del governo imposto dai russi. I soldati russi sono fortemente demotivati e subiscono forti perdite. Gli ospedali di Kabul sono pieni di russi feriti. Questo è quanto aveva ottenuto Brèžnev con l'intervento in Afghanistan. Questa l'eredità che lasciò al suo successore.
III.30 La breve parabola di Andropov
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Il 10 dicembre 1982 muore Brèžnev. Jurij Andropov, di 68 anni e di salute cagionevole (era malato di reni), diventa presidente del Presidium del Soviet supremo, carica equivalente a quella di capo dello stato. La scelta di Andropov come nuovo capo di stato forse fu dovuta alla sua fragile condizione di salute, che faceva prevedere che non avrebbe potuto conservare a lungo il potere. La carriera politica di Andropov lo aveva portato a collaborare con Chruščëv alla repressione dell'insurrezione ungherese nel 1956, quando era ambasciatore in Ungheria. Dal 1967 Presidente del K.G.B. e in questa posizione rilancia la repressione contro i dissidenti: preferiva che costoro venissero esiliati in modo da evitare di processarli. Nel 1973 Andropov entra nel Politburo e si adopera per combattere la corruzione a tutti i livelli, senza risparmiare neppure i personaggi più vicini a Brèžnev. Mette fine allo scandalo del caviale (i responsabili dell'industria della pesca esportavano clandestinamente il caviale intascando i profitti. Ciò poteva avvenire perché le organizzazioni mafiose erano ormai penetrate fino alle più alte cariche del partito e dello stato).
Alla fine degli anni '70 Andropov aveva promosso un'inchiesta segreta per valutare il PIL dell'U.R.S.S. secondo criteri occidentali, al di fuori dei metodi del Gosplan. Questa inchiesta aveva mostrato il declino della potenza economica sovietica, superata ormai da quella del Giappone e della Germania Federale. Mostrava inoltre il ritardo dell'U.R.S.S. nei settori strategici più importanti: spaziale, informatico, biochimico ecc. Proprio questa inchiesta procurò ad Andropov l'appoggio delle lobby dell'industria e dell'esercito per accedere al potere. Durante la presidenza di Andropov al K.G.B. avvenne l'attentato al papa polacco Wojtyla il 13/5/1981. Il K.G.B. fu ritenuto il mandante di questo attentato. Giunto alla guida dell'U.R.S.S., Andropov, che credeva nel marxismo-leninismo e si rendeva conto della gravità della situazione, si mise energicamente all'opera per porvi rimedio. Il lassismo del suo predecessore l'aveva profondamente offeso. Fin dall'inizio della sua attività governativa, Andropov lanciò una campagna anticorruzione per imporre la disciplina politica e sociale. La polizia ripuliva le strade dagli ubriachi e non erano più ammesse mancanze di puntualità ed assenteismo nei posti di lavoro. Per porre fine all'assenteismo venivano fatti controlli a sorpresa. Questo tipo di provvedimenti, che non permettevano di assentarsi dal luogo di lavoro, rese più dura la vita delle donne. Esse, oltre a lavorare come gli uomini, dovevano sbrigare tutte le faccende domestiche e occuparsi dei figli: in queste mansioni i mariti non le aiutavano affatto e le poverette non potevano più approfittare del lassismo per sbrigare le faccende domestiche assentandosi dal lavoro. Nella lotta contro la corruzione Andropov non scherzava affatto. Una mia amica moscovita, sposata ad un professore italiano, a quel tempo, mi raccontava che alcuni direttori dei grandi magazzini di Mosca, che lei conosceva e che avevano l'abitudine di imboscare la merce più pregiata a favore dei loro amici, che li ricambiavano con altri favori, erano stati fucilati. «Dov'è il direttore del tal magazzino?» domandava la mia amica, in visita a Mosca. «Non c'è più. È stato fucilato» le veniva risposto. L'obiettivo di Andropov era l'espansione economica per migliorare le condizioni di vita della popolazione. Nello stesso tempo riteneva necessario mantenere la parità degli armamenti nei confronti degli Stati Uniti, sforzo che richiedeva ingenti risorse. Andropov non credeva di possedere facili soluzioni agli ardui problemi che doveva fronteggiare: ascoltava pertanto il parere di più persone che poteva. In visita ad una fabbrica, interrogò gli operai per acquisire informazioni e per avere suggerimenti. Andropov promosse ad importanti incarichi quei funzionari dell'apparato burocratico e del partito che erano considerati brillanti innovatori, fra questi: Michail Gorbačëv venne chiamato a dirigere il dipartimento dell'agricoltura e dell'economia, Igor Ligachev fu destinato al
dipartimento dell'innovazione, Rizkev andò a dirigere il dipartimento dell'economia e dell'industria. Un decreto del gennaio 1983 garantiva alle organizzazioni degli industriali maggiore libertà rispetto alla pianificazione centrale. In politica estera Andropov cercava di promuovere la convivenza pacifica, muovendosi con cautela. Disgraziatamente il presidente degli Stati Uniti era allora Ronald Reagan, che dichiarava pubblicamente di identificare l'Unione Sovietica con l'impero del male e che aveva come suprema ambizione di distruggere la Russia comunista. Nel gennaio 1983, in occasione della riunione del patto di Varsavia a Praga, Andropov propose un patto fra le due grandi potenze U.R.S.S. e U.S.A.: un impegno reciproco a non attaccare militarmente alcun paese dell'alleanza avversa, né della propria. Reagan respinse questa proposta e ogni altro accordo (12/3/1983) e continuò a finanziare il progetto delle cosiddette guerre stellari. Questo progetto consisteva nella costruzione di uno scudo antimissili in grado di proteggere gli Stati Uniti da qualsiasi attacco missilistico. Una volta realizzato lo scudo antimissili, che avrebbe dovuto essere in grado di proteggere gli Stati Uniti da qualsiasi attacco missilistico, Reagan avrebbe potuto sferrare un attacco, anche atomico, contro l'Unione Sovietica senza correre il pericolo di una immediata ritorsione. Questo progetto di Reagan, molto probabilmente velleitario, accrebbe la competizione militare fra le due grandi potenze. Sempre nel 1983 ebbe luogo un incidente internazionale dai contorni piuttosto oscuri: un aereo civile coreano venne abbattuto dall'aviazione russa nell'isola siberiana di Sacalin, provocando una crisi internazionale. Il 2/11/1983 i servizi segreti avvertirono Andropov che poteva essere imminente un attacco nordamericano alla città di Mosca, coperto da una esercitazione della Nato. Andropov tenne nascosta l'informazione e mise le proprie difese nucleari in stato di allerta, fino a quando la crisi non rientrò. Verso la fine della sua vita, Andropov, sempre più malato, cercò di favorire Gorbačëv come suo successore. Il 9/2/1948 Andropov muore. Durante i due anni in cui Andropov fu al potere, la produzione agricola crebbe del 7% e quella industriale del 5%. Un quinto dei segretari regionali del partito venne licenziato. Andropov aveva avuto in animo di porre fine alla guerra in Afghanistan. La situazione in quel paese, dopo l'intervento sovietico, si era molto aggravata: l'aviazione russa aveva intrapreso il bombardamento sistematico dei villaggi con stragi di civili senza conseguire il controllo del territorio. Il flusso verso la Persia e il Pakistan dei profughi continuava ad aumentare. Alla fine del conflitto russo-afghano il numero dei profughi sarebbe stato pari a più di un quarto dell'intera popolazione.