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III.29 Il conflitto russo-afgano. Brèžnev fa invadere l'Afghanistan

Il degrado sociale si accompagna all'apatia intellettuale. Le letture più ricercate sono quelle di evasione: melodrammi, notizie sportive e soprattutto libri polizieschi e di fantascienza. Le voci dei dissidenti non fanno presa sulla grande maggioranza della popolazione, che tuttavia si interessa moltissimo alle notizie che vengono dal mondo libero, attraverso “Radio Liberty” e “Voce dell'America”. Queste trasmissioni erano disturbate dalle emittenti sovietiche, ma venivano egualmente ascoltate e facevano sognare il paradiso in terra. Quello che la gente invidiava al mondo libero non era la democrazia, la libertà di stampa, la libertà di professare e diffondere le proprie idee, era la possibilità di possedere automobili, jeans, calze di nylon, scarpe con i tacchi a spillo, di mangiare datteri e banane, di viaggiare per il mondo senza restrizioni e infine di arricchirsi con qualsiasi mezzo, anche a danno della comunità. La classe dirigente che già si arricchiva, senza scrupoli ma non senza paura di pagare il fio delle malversazioni, sognava di poter fare ciò alla grande e senza pericolo. Nella situazione di degrado descritta, bisogna notare che non tutti i cittadini dell'U.R.S.S. erano disposti a convivere allegramente con la corruzione e la mafia. Vi erano, nelle varie repubbliche, persone oneste che promuovevano, a proprio rischio, campagne di stampa contro le mafie locali, senza riuscire a cambiare la situazione. Non mancavano da parte del governo gli sforzi per ristabilire la legalità. Ben 600.000 furono i decreti governativi che avevano questo scopo ma il loro effetto fu molto scarso.

III.29 Il conflitto russo-afgano. Brèžnev fa invadere l'Afghanistan

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L'Afghanistan è un paese grande 2 volte l'Italia, all'epoca di Brèžnev, contava 16 milioni di abitanti, confina a nord col Turkmenistan e l'Uzbekistan, che facevano parte dell'Unione Sovietica, ed est per un breve tratto con la Cina, a Sud col Pakistan e ad ovest con la Persia. È un paese di altissime montagne, attraversato da importanti ma impervie vie di comunicazione. Questo paese è abitato da varie tribù di lingua e di etnia diversa. Tutta la popolazione è di religione musulmana ma divisa tra sciiti e sunniti. Il regime politico era allora semifeudale, dominato da capi locali, i signori della guerra, spesso in lotta fra loro. Su costoro il governo monarchico residente a Kabul esercitava pochissimo potere. Il popolo era molto legato alla religione e alle proprie tradizioni. La classe dominante era costituita da guerrieri: i mujaheddin, coraggiosi, feroci e traditori. La lealtà e la fede alla parola data sono sempre state lontane dalla tradizione di queste gente: infatti tutti i loro re morirono assassinati. Fa eccezione l'ultimo, che è fuggito in Italia dove vive in un esilio dorato. La cultura medioevale della quasi totalità del popolo contrastava con l'ottima istruzione occidentale a livello universitario che ricevevano i rampolli della classe dirigente e delle

famiglie più ricche. Questa cultura occidentale era però solo un velo sull'animo feroce dei mujaheddin. Negli anni '70 l'Afghanistan stava diventando un paese instabile politicamente, per il contrasto fra la campagna dove la società era medioevale e la città dove la vita si stava evolvendo verso costumi occidentali. Inoltre la capita Kabul era stata invasa da schiere di giovani occidentali in cerca di paradisi artificiali: infatti in tutto il paese la produzione e la vendita dell'oppio e dei suoi derivati, era libera e la droga era a buon mercato. A Kabul si aprì una lotta feroce fra le varie fazioni che volevano modernizzare il paese. Prevalse il partito filosovietico che il 27 aprile 1979 prese il potere con un colpo di stato a Kabul. Il nuovo governo comunista praticò nella città e nelle campagne un indottrinamento forzato: volle attuare una riforma agraria di tipo sovietico, volle abolire la religione e i costumi tradizionali. Chiuse la moschea dell'università di Kabul e sostituì lo studio della letteratura russa a quello della letteratura araba. Mosca, che sosteneva il governo comunista afghano, soprattutto con l'invio di consiglieri, era assolutamente contraria all'uso di metodi staliniani in Afghanistan ma il governo rivoluzionario insediato a Kabul non volle recedere dai suoi propositi e perse completamente l'appoggio della popolazione. Anche coloro che avevano applaudito la rivoluzione deplorarono la fretta con cui il governo voleva sradicare le tradizioni del paese e imporre la riforma agraria. In tutte le regioni del paese si levarono contro il governo i Mujahiddin in armi; male armati, ma ben insediati nel territorio montagnoso. Il partito al governo si divide in fazioni che si combattevano con ferocia. A Kabul regna il terrore e c'è il coprifuoco. Gli oppositori politici vengono imprigionati e fatti sparire. Comincia l'esodo dei profughi verso la Persia e verso il Pakistan. I guerriglieri Mujaheddin sono sostenuti dalla Persia e della Libia e si finanziano soprattutto col commercio dell'oppio, che alla fine della guerra russo-afghana riforniva l'80% del commercio illegale europeo. Il comportamento dei soldati governativi è di estrema ferocia. In un villaggio dove erano andati per stanare i guerriglieri, non avendoli trovati, uccidono tutti gli uomini e poi seppelliscono in una fossa comune morti e feriti. Altrettanto feroci coloro che combattono contro il regime filosovietico. La popolazione della città Herat si ribella al regime, trucida i consiglieri russi e i loro famigliari (30 persone) e ne infila le teste sulle picche. La spedizione punitiva delle truppe governative ad Herat fa una strage di oltre 10.000 persone fra morti e feriti.195

195 Questi che ho citato non sono che due fra i continui episodi di inumana violenza con cui si svolgeva la lotta fra le fazioni.

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