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II.28 La morte di Stalin

esponenti dello stato, del partito, dell'esercito e lo stesso Stalin. Sottoposti e torture, questi medici, si accusarono di aver partecipato a un complotto per uccidere, con metodi cura volutamente errati, i loro illustri pazienti. Il 15 gennaio 1953 i giornali russi pubblicarono questa notizia. In tutto il paese si organizzarono manifestazioni contro i medici presunti assassini: a queste manifestazioni parteciparono: scrittori, scienziati nonché gli accademici delle scienze di Mosca, per chiedere la condanna degli arrestati. Poiché gran parte dei medici incriminati erano ebrei, la popolazione dell'Unione Sovietica si scatenò contro gli ebrei. Già da tempo il governo tollerava l'atteggiamento gravemente antisemita dei popoli dell'U.R.S.S., che a Kiev si spingeva fino a pogrom, ma col complotto dei medici la persecuzione contro gli ebrei non ebbe limiti. Medici ebrei furono cacciati dagli ospedali, personalità ebraiche furono costrette a chiedere protezione a Stalin, che fomentava egli stesso l'antisemitismo. La protezione consisteva nella domanda di tornare alla terra. Questo ritorno alla terra, secondo il progetto del dittatore, doveva consistere nella deportazione in massa degli ebrei nelle regioni orientali. L'epilogo del “complotto dei medici” doveva, con ogni probabilità, essere l'impiccagione dei colpevoli, ma l'improvvisa morte di Stalin pose fine alla tragica farsa. Il 4 aprile 1959 i giornali pubblicarono, senza commenti, questa nota del ministro degli interni: «Il caso dei medici assassini è stata una montature dell'ex ministro per la sicurezza dello stato, gli imputati sono completamente scagionati».

II.28 La morte di Stalin

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Alla vigilia della morte, Stalin aveva senza dubbio raggiunto il massimo della popolarità in Unione Sovietica: il culto della sua personalità era al massimo livello. Il popolo lo amava sinceramente, riponeva in lui la sicurezza per il presente e la speranza per il futuro. Nel popolo russo il culto della persona di Stalin si fondeva col patriottismo e con l'orgoglio nazionale. In tutta l'Unione Sovietica il tenore di vita era in costante e visibile miglioramento. Stalin era il condottiero che aveva guidato i popoli dell'U.R.S.S. nella guerra vittoriosa contro il nazismo. Forse, quando la morte lo colse, Stalin stava preparandosi a scatenare un nuovo terrore contro la classe dirigente fino ai massimi livelli e contro la burocrazie che, dopo il drastico ridimensionamento subito durante la guerra, era tornata ad essere ipertrofica. Alla vigilia della sua morte i suoi più vecchi e stretti collaboratori vivevano nel terrore (molti di loro erano ebrei come Kaganovich). Il 5 marzo 1953, in una dacia nei pressi di Mosca, dove erano riunite le massime autorità dello

stato, Stalin fu colto da un ictus e, a quanto pare, non riprese conoscenza. Secondo alcuni autori, le autorità presenti assistettero prima con terrore e poi con manifestazioni di gioia all'agonia del dittatore. I funerali di Stalin furono celebrati con straordinaria solennità. La sua salma fu deposta, dopo essere stata imbalsamata, nel mausoleo di Lenin, nel posto molto più modesto che lo stesso Stalin aveva scelto. Il popolo, sinceramente addolorato, partecipò in una massa enorme alle esequie. Nella ressa del corteo funebre persero la vita calpestate centinaia di persone. A proposito della fine di Stalin, posso testimoniare quello che mi disse un'amica di Mosca, persone istruita, grande idealista che era stata fervente comunista tutta la sua vita. Questa signora mi disse che, dopo la morte di Stalin, continuava a domandarsi con angoscia chi avrebbe potuto proteggere e guidare il popolo russo dopo la morte del piccolo padre.

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