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II.22 Invasione dell'U.R.S.S
del 1940 la Romania cedette alla Russia la Bessarabia e la Bucovina del Nord. La guerra imperversava in Europa: dopo l'invasione della Polonia, Francia ed Inghilterra avevano dichiarato guerra alla Germania. Stalin sperava di tenere l'Unione Sovietica fuori dal conflitto. Confidava nel patto di non aggressione con la Germania. Sapeva che il proprio paese rappresentava per la Germania una fonte di rifornimento di materie prime e si sentiva sicuro che, logicamente, Hitler non avrebbe mosso guerra contro la Russia prima di aver sconfitto l'Inghilterra, come già aveva sconfitto e conquistato la Francia e l'Olanda. Nell'aprile del 1941 Stalin sancì un patto di amicizia con la Yugoslavia, tentando, in questo modo, di salvare questo paese della conquista hitleriana, ma Hitler invase la Yugoslavia, senza tenere alcun conto di questo patto di amicizia. Gli sforzi di Stalin per tenere l'Unione Sovietica fuori dal conflitto erano destinati a fallire.
II.22 Invasione dell'U.R.S.S.
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Il 22 giugno 1941 l'esercito tedesco, forte di 170 divisioni (una divisione può contare dai 20.000 ai 25.000 uomini a seconda dei reparti impiegati) invase la Russia. L'invasione tedesca trovò la Russia del tutto impreparata. Molti autori127 affermano che, alla notizia dell'invasione, Stalin dapprima fu incredulo (da parte di Hitler si trattava di una vera e propria pazzia) e che poi fu preso da una crisi di panico, che lo lasciò per alcuni giorni in stato di shock. All'inizio dell'invasione la Russia subì le più gravi sconfitte. L'esercito russo era mal dislocato, per l'incompetenza di Vorošilov, a cui Stalin aveva affidato il comando supremo: le recenti purghe avevano eliminato i migliori ufficiali (30 mila ne erano stati messi a morte!), annientato i comandi e demoralizzato i militari tutti. L'avanzata tedesca fu folgorante: la Wehrmacht, gli eserciti di Hitler, si mossero con rapidità lungo 3 direttrici: verso l'Ucraina, verso Mosca, verso Leningrado. Nell'inverno 1941 erano alle porte di Mosca: il 20% della popolazione del paese era sotto il dominio nazista. In poche settimane erano sotto il controllo delle forze armate del “Reich”: i paesi baltici, l'Ucraina fino al Dnepr e la Bielorussia. Tra la fine dell'estate e l'inizio dell'autunno Solmesco, Kiev e Odessa erano state conquistate. Leningrado era completamente assediata128 e all'inizio dell'inverno le truppe tedesche avevano raggiunto il Don all'altezza di Rostov129
127 Romano 2002; Lewin 2003. Stalin era stato avvisato da più parti che l'attacco tedesco alla Russia era imminente, ma incredibile non aveva messo in allerta l'esercito, preparandolo alla difesa. 128 Romano 2002. 129 Queste conquiste furono pagate a caro prezzo dalle forze armate del Reich che nel 1941 persero un milione di uomini fra morti e feriti (Medvedev 1976).
Ma dopo i trionfi iniziali le cose cambiarono per gli invasori. La sensazione di questo cambiamento fu tanto forte da imprimersi nella mia memoria infantile, attraverso i discorsi della mia maestra, che ci parlava dello svolgimento della guerra, nell'ora che veniva dedicata alla composizione dei nostri diari di guerra. Ricordo lo stupore manifestato riguardo al grande coraggio e valore con cui i soldati russi combattevano contro gli invasori del proprio paese. «Perché combattono se non credono né in Dio né nella Patria, essendo bolscevichi?» diceva la maestra. Solmesco prima di essere conquistata oppose una dura resistenza. L'esercito russo si riorganizza e, pur ritirandosi, rallenta l'avanzata dei tedeschi, che non riescono a raggiungere Mosca prima dell'arrivo del rigidissimo inverno. Le linee di comunicazione fra il fronte e la Germani diventano sempre più lunghe e difficili da percorrere. I generali di Hitler non avevano tenuto conto del fatto che le strade russe, percorribili in estate e in inverno, durante l'autunno e in primavera si trasformavano in pantani di fango. Stalin il 3 luglio 1941 con un discorso radiofonico chiamò il paese alla guerra patriottica, senza nascondere la gravità della situazione: si trattava di combattere un nemico spietato deciso a sterminare il popolo, a rendere schiavi i sopravvissuti. Nessun cedimento era ammesso né poteva essere perdonato. Il popolo si batte a fianco dell'esercito. Nei territori conquistati dai tedeschi compaiono le bande di partigiani. A Leningrado tutta la popolazione della città è decisa a resistere all'assedio e resiste vittoriosamente ai bombardamenti da terra e dal cielo, alla fame, al freddo per 900 giorni, fino alla cacciata degli assedianti. Al comando dell'esercito russo vengono posti uomini competente. Fra costoro il generale Žukov. Georgij Konstantinovič Žukov (1896-1974) fu uno dei più grandi generali che combatterono nella II Guerra mondiale sull'uno e sull'altro fronte. Molto probabilmente fu il migliore in assoluto. Non perse mai una battaglia! Figlio di un ciabattino, studiò nella scuola serale. Nella I Guerra mondiale divenne sergente nel reggimento polacco da Novograd dei dragoni dello zar. Durante la rivoluzione di ottobre si rifiutò di combattere contro i contadini e gli operai che si erano ribellati e, sventolando una bandiera rossa, passò coi suoi uomini dalla parte dei rivoltosi. Venne eletto dai suoi commilitoni delegato del soviet del reggimento. Durante la guerra civile la sua carriera è rapidissima: entra nella I divisione di cavalleria dell'armata rossa, diventa prima comandante di reggimento, poi comandante di brigata e ha l'occasione di conoscere Trotskij. Finita la guerra civile, Žukov, conscio di essere carente di cultura politica, lascia l'esercito per
dedicarsi agli studi (perde le notti sul Capitale). Nel 1933 riprende la carriera militare. Nel 1938 è comandante di tutte le forze armate della Bielorussia. Contrario al patto MolotovRibentrop, ha la prudenza di tacere. Nell'ottobre 1941, mentre la guerra segnava una serie di disastri per la Russia, Stalin manda a chiamare Žukov. Durante il colloquio, Žukov contraddisse Stalin in tutto, ma questa volta Stalin, anziché reagire con l'abituale sistema spietato, gli affidò il comando supremo. In Manciuria, dove aveva riportato piena vittoria nella guerra contro i giapponesi, Žukov aveva elaborato la strategia delle operazioni a tenaglia. Questa strategia consiste nello sfondare le linee di difesa nemiche in alcuni punti, avanzare rapidamente, chiudere le truppe avversarie nelle sacche e infine farne strage annientandole. Questa strategia, costantemente usata dai russi, ebbe esito mortale per i soldati tedeschi e anche per gli italiani. In queste operazioni micidiali, Žukov fu aiutato dallo stesso Hitler, che con cieca ostinazione, non ammetteva che l'esercito del grande Reich si ritirasse e impediva ai suoi generali di far arretrare le truppe prima che restassero chiuse nelle sacche mortali. Žukov, investito del comando, alla testa delle truppe provenienti dalla Siberia, respinse i tedeschi davanti a Mosca130, aprì la strada per rifornire Leningrado assediata. Žukov fu affiancato da altri generali di ottimo livello: Semën Konstjantynovyč Tymošenko, Aleksej Innokent'evič Antonov, Aleksandr Michajlovič Vasilevskij, ecc. Alla testa dello stato sovietico in guerra c'era il comitato generale di difesa; ne facevano parte: Stalin, Molotov, Beria, Malenkov e Vornoscenski che fu architetto dell'economia di guerra. Stalin ricopriva le cariche di segretario del partito, di capo dello stato e di comandante in capo dello stato maggiore e nello stesso tempo si ingegnava di imparare qualche nozione di strategia militare dai suoi collaboratori. Nel dicembre 1941 le truppe tedesche erano bloccate davanti a Mosca: un freddo eccezionale di -40 gradi aveva congelato la benzina negli automezzi; e da Mosca nel dicembre 1941 partì la controffensiva sovietica, che continuò nel gennaio 1942. I tedeschi attaccano a sud verso il Caucaso e l'Ucraina, assediano e conquistano Stalingrado. Questa città, per il significato simbolico del suo nome, voleva essere conquistata dai tedeschi e difesa dai russi a qualunque costo: nel gennaio 1943 Stalingrado fu assediata dai russi e definitivamente riconquistata, nonostante la resistenza dei tedeschi assediati, cui Hitler aveva proibito di ritirarsi o di arrendersi. Alla fine del 1942 i tedeschi avevano sul fronte orientale 266 divisioni131 per un totale di 6,2 milioni di soldati, compresi gli italiani, gli ungheresi e i finlandesi. Si trattava di 2/3 dell'intero contingente tedesco, a cui i russi fecero fronte con 400 divisioni.
130 I tedeschi si trovavano in difficoltà per il freddo eccezionale (-40°). Gelò la benzina per i mezzi motorizzati. 131 Una divisione comprende dai 20.000 ai 25.000 uomini a seconda dei reparti impiegati.
L'Unione Sovietica aveva al fronte 6 milioni di soldati132 . Per risolvere il problema dei quadri nelle forze armate sovietiche, vennero reintegrati 40.000 ufficiali e 220.000 sottufficiali dell'ex armata zarista. Nel 1942 vennero aboliti i commissari politici nell'esercito e vennero ristabiliti i gradi militari. Nel 1941 e poi per tutto il corso della guerra vennero mobilitati, in gran numero, i prigionieri del Gulag. Il maggior numero di loro finirono nei battaglioni disciplinari, usati per le imprese più rischiose e disperate. Alcuni di questi ex prigionieri vennero più tardi destinati a reparti normali ed infine riabilitati. Ma numerosi di essi erano delinquenti incalliti e come tali si comportava verso la popolazione dei paesi liberati e peggio ancora con le popolazioni tedesche delle regioni conquistate: a causa dei loro crimini questi soldati provenienti dal Gulag furono poi condannati a morte o riportati nei campi di prigionia. Fra gli appartamenti al N.V.D. e fra i sorveglianti dei prigionieri furono numerosi quelli che partirono per il fronte: richiamati o volontari. La sorveglianza sui prigionieri venne così ridotta, mentre le loro condizioni di vita erano drasticamente peggiorate, soprattutto dal punto di vista alimentare. Nei campi e negli istituti di detenzione del Gulag le condizioni di vita erano peggiori di quelle già tragiche, durante la guerra, dell'intera Unione Sovietica. Nel solo biennio 1942-1943 perirono 600.000 detenuti. Nel 1942 ebbero luogo le prime rivolte di prigionieri. Alla fine della primavera del 1942 ripartì l'offensiva dell'esercito tedesco, che nell'autunno si attestò sul Volga, completò l'occupazione della Crimea e occupò gran parte del Caucaso del Nord. La popolazione civile fu sottoposta a condizioni di vita sempre più dure che provocarono una altissima mortalità. L'intero popolo subì: denutrizione, epidemie, fame e oltre a ciò la mobilitazione obbligatoria per il lavoro, imposto con ritmi pesantissimi. L'occupazione delle regioni industriali di Leningrado e dell'alto Don provocò un crollo di 1/3 della produzione industriale. Mentre l'esercito russo era costretto a ritirarsi, il maggior numero possibile delle industrie che si trovavano nelle regioni minacciate dall'invasione tedesca vennero smontate e ricostruite al di là degli Urali. Nel 1941 più di 1500 industrie furono trasportate ad Est133 . Per tutto il periodo del conflitto vennero costruiti in Siberia nuovi impianti industriali. Poiché le esigenze della guerra imponevano la produzione di armamenti e il potenziamento dell'industria pesante, lo squilibrio fra industria leggera e industria pesante aumentò rispetto al periodo prebellico. Se durante il corso della guerra la produzione dell'industria pesante finì per venire quadruplicata, quella dell'industria leggera diminuì del 40%, con gravi conseguenze per il tenore di vita del popolo. I consumi della popolazione crollarono. Il
132 Medvedev 1977. 133 Medvedev 1976.
sistema di razionamento, che fu completato alla fine del 1941, assicurava appena il minimo per la sopravvivenza nelle città. Le consegne obbligatorie dei prodotti agricoli dei contadini allo stato aumentarono in modo drammatico. Fu in compenso concesso alle famiglie contadine dei Kolchoz di accrescere arbitrariamente i pezzi di terra da coltivare in proprio e che si praticasse un piccolo commercio dei loro prodotti. Nonostante le terribili condizioni di vita, le morti per denutrizione, per fame, per malattie, le stragi di civili operate dagli invasori e le gravi sconfitte militari, il popolo russo continuò a battersi senza risparmio per la vittoria. Il nerbo della lotta contro i nazisti invasori era costituito dai comunisti. Con la guerra ci fu un ritorno delle iscrizioni al partito, che raggiunse i 5,5 milioni di iscritti. I comunisti che persero la vita nella difesa dell'Unione Sovietica furono 3,5 milioni. Non furono, tuttavia, solo coloro che credevano nell'Unione Sovietica e in Stalin a combattere per la salvezza della patria, anche negli anticomunisti che avevano combattuto con i bianchi e in quanti avevano tutte le ragioni per odiare il regime di Stalin, l'invasione del paese suscitò gli antichi sentimenti patriottici, che li spinsero a partecipare alla guerra contro il nazismo. Quanti erano rimasti vivi della gerarchia della chiesa ortodossa dopo le persecuzioni esortarono il popolo a combattere gli invasori fin dall'inizio della guerra. Cessarono le persecuzioni religiose sia verso gli ortodossi che verso i musulmani. Nel 1943 la chiesa ortodossa poté tenere il primo concilio dopo la rivoluzione. Anche l'intelligenzia artistica svolgeva propaganda patriottica e venne riabilitata. Un gran numero di burocrati venne mobilitato e spedito al fronte. Con le partenze per il fronte,la burocrazia, che era diventata ipertrofica134, si snellì: si accrebbero le responsabilità individuali, aumentò il ruolo dei quadri tecnici che spesso decidevano autonomamente; diminuirono i controlli politici. La sopravvivenza dello stato dipendeva dalla collaborazione spontanea di tutto il popolo. Nonostante tutto, la macchina statale riuscì a reggere allo sforzo. Va però detto che non tutti i cittadini dell'Unione Sovietica parteciparono alla guerra contro il nazismo e alla lotta partigiana. In Bielorussia, in Ucraina e soprattutto nei paesi baltici e nel Caucaso furono decine di migliaia coloro che si arruolarono nelle forze ausiliarie tedesche. Parte dei prigionieri di guerra russi catturati dai nazisti accettarono di arruolarsi in una armata di liberazione e di combattere così l'esercito russo 135 . Nell'Ucraina occupata ad esempio la popolazione si divise fra quelli che parteciparono alla
134 Il numero dei burocrati nel 1928 era di 1,5 milioni, nel 1939, nonostante le epurazioni, era salito a un numero compreso fra i 7,5 e i 9 milioni. 135 Come racconta Rigoni Stern, il trattamento che i tedeschi inflissero ai prigionieri di guerra russi era il peggiore fra quelli che dovevano sopportare gli altri prigionieri dei campi di concentramento militari e si avvicinava assai a quello dei campi di sterminio. Probabilmente coloro che entrarono nell'armata di liberazione lo fecero per sfuggire alla morte. Parecchi di loro fuggirono e si unirono ai partigiani. (Rigoni Stern 1978)
guerra partigiana e quelli che si schierarono con i nazisti. I collaborazionisti erano mossi da sentimenti nazionalisti che li spingevano a voler la loro terra indipendente dal dominio russo, dal ricordo delle sofferenze patite sotto il regime di Stalin e per i contadini, dalla speranza di riavere la proprietà della terra. Nel Caucaso la collaborazione con gli invasori fu totale. Quella popolazione aveva sempre combattuto strenuamente contro i russi, fin dai tempi degli zar. Inoltre, secondo la classificazione delle razze umane in voga in quei tempi, gli abitanti del Caucaso erano considerati ariani e pertanto i tedeschi li trattarono con grande benevolenza e restituirono le terre ai contadini. In altre regioni il fenomeno della collaborazione con gli invasori fu drasticamente limitato dalla ferocia dei nazisti verso gli abitanti. Anziché restituire la terra ai contadini, i tedeschi si avvalsero del sistema dei Kolchoz per operare una requisizione spietata dei prodotti agricoli. Verso le popolazioni considerate appartenenti alla razza slava venne applicato il genocidio. Il piano di Hitler verso i paesi slavi era il seguente: il 75% degli abitanti dovevano essere uccisi, per far posto alla razza ariana, il restante 25% dovevano diventare schiavi. Questo piano fu pienamente applicato in Bielorussia: nella capitale Minsk prima della guerra gli abitanti erano 270.000, alla liberazione ne erano rimasti 45.000. La città era in macerie, sulla piazza principale ad una forca lunga decine di metri erano appesi i corpi di quanti avevano cercato di ribellarsi. Le misure prese da Stalin contro il collaborazionismo furono spietate: per prevenirlo vennero effettuate deportazioni di massa. All'inizio della guerra ci fu la deportazione preventiva dei tedeschi del Volga. Nell'inverno 1943 l'N.K.V.D. deportò dal Caucaso verso oriente: ceceni, ingusceti, tartari di Crimea e Calmucchi. Altre deportazioni interessarono l'Ucraina e la Bielorussia. Dal 1941 al 1945 furono milioni i sovietici spostati verso regioni orientali, spesso verso zone inospitali. Tutti questi trasferimenti, per la disorganizzazione con cui vennero effettuati, provocarono una gran perdita di vite umane. Il 7/12/1942 gli Stati Uniti dichiararono guerra alla Germania diventando alleati della Russia che comincia a ricevere dall'America aiuti via via più ingenti in armamenti e derrate alimentari. Nel maggio 1943 Stalin, per rassicurare i paesi capitalisti, dichiarò dissolto il Komintern. Nell'aprile le potenze occidentali avevano rotto i rapporti col governo polacco in esilio. La Russia continuava a sostenere il maggior sforzo bellico. Nella conferenza di Teheran del 28/11 – 1/12/1943 gli alleati riconobbero il grandissimo contributo delle forze armate russe alla guerra contro il nazismo, ma le pressanti richieste di Stalin di aprire un secondo fronte con uno sbarco in Europa, per alleggerire il fronte orientale, non vennero accolte. Churchill soprattutto si opponeva risolutamente a chi si facesse alcunché per allontanare distruzione e sterminio dalla grande potenza socialista.