MAURIZIO MARIO MORIS

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STATO MAGGIORE AERONAUTICA UFFICIO STORICO

GIUSEPPE PESCE

MAURIZIO MARIO MORIS PADRE DELL'AERONAUTICA ITALIANA

STABILIMENTO GRAFICO MILITARE

GAETA



INDICE Prefazione .................................................. ... ................................ .

Pag.

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La stirpe dei Moris ............................................... ............ ........... .

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1

La prima passione aeronautica ....................... ... ... ........... ........... .

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Moris e la fotografia aerea .......................................................... .

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La grande passione per l'aerotecnica ...................... ................... .

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Si vola a Ron1a ................................ ......... ........................ ............. .

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Nasce a Vigna di Valle il dirigibile militare ................... ........... .

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Moris e la radio in aeronautica ........................................ ........... .

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Moris e la meteorologia aeronautica ........ ........ ...................... .... .

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Prima legge di bilancio e nascita dell'aviazione ...................... ..

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Gli anni della guerra in Libia ...................................................... .

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Tra la guerra di Libia e la guerra mondiale ............................... .

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Due pionieri aeronautici ................................... ....... ............... .... .

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Incertezze e contrasti per la preparazione alla guerra ............. .

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Maurizio Mario Moris Geniere in guerra ............................. ......

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Fine della guerra ... ... ............................... ................. ...... ............ .. .

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Moris nel primo dopoguerra ................ ... ...... ............... .............. .

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11 Mahatma Gandhi ospite di Moris ............................. .. ............ .

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Il tramonto

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Cronologia

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Bibliografia .... ... ... ... ................................ ... ... ...... ... ...... ...... ... ... ..... .

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PREFAZIONE

La storiografia ufficiale quasi sempre porta alla ribalta personaggi di dominio pubblico che si sono imposti all'attenzione generale con fatti eclatanti, capaci di attrarre l'interesse delle masse, ma molto spesso ignora coloro i quali hanno compiuto le loro gesta lontano dalla vista del grosso pubblico, nel chiuso del loro mondo professionale, intellettuale.e spirituale e che non hanno avuto la fortuna di imbattersi in cultori e ricercatori storici del loro mondo specifico. Quasi sempre detti personaggi non hanno lasciato, pe~ modestia o per ritrosia, scritti autobiografici per cui, volendo rinverdire la loro memoria, è necessario fare ricerche negli archivi, interrogare discendenti della famiglia, approfittare di ogni piccolo indizio per ricostruire un passato lasciato cadere nell'oblio. Eppure Maurizio Mario Moris è stato il primo militare italiano a brevettarsi come pilota di pallone libero, il primo ad andare in volo in aeroplano, sia pure come passeggero, con Wilbur Wright, il primo ad aprire una scuola divolo a Centocelle, il primo ad avviare la costruzione di dirigibili militari italiani in Italia, il primo ad avere incarichi direttivi aeronautici a livello ministeriale ed il primo a battersi per realizzare in Italia un'aviazione civile. Molti cultori di aeronautica parlano di Moris come il "padre dell'aeronautica italiana"; in effetti non fanno altro che ripetere una frase coniata dai contemporanei all'inizio del secolo, ma nessuno mai finora ha posto mano ad una biografia adeguata del "Generale". Ho potuto trovare fonti di informazione interessanti e copiose soprattutto presso l'Ufficio Storico dell'Esercito; a livello di vita privata ho potuto avere notizie molto utili attraverso l'archivio della famiglia Nobile, ma le notizie più genuine le ho potuto avere da una discendente della famiglia Moris, la marchesa Manuelita Moris Saint-Amour di Chanaz, pronipote del generale, figlia di Maurizio Moris nipote, eroe della resistenza italiana durante il secondo conflitto mondiale. - V -


Ne è uscito così un personaggio un pò diverso da quello tramandato dalle litografie dell'epoca, impettito nella sua divisa da Ufficiale del Genio, con baffi e pizzetto all'Umberto I, sempre ritratto in compagnia di personaggi, ministri ed a volta anche di reali. Maurizio Valentino Mario Moris, nome attribuitogli dai genitori a/l'anagrafe di Parigi ove nacque nel 1860, è stato sempre e soprattutto un romantico sentimentale, un appassionato, uno studioso, un dirigente ed un organizzatore e pertanto le sue gesta si trovano scritte soltanto sulle carte polverose degli archivi del Ministero della Guerra ed in parte in quelli del Genio militare. Ufficiale di ampie aperture mentali, attratto soprattutto dalle novità tecnologiche, fu il primo militare italiano a costruire a proprie spese un aerostato ed il primo ad effettuare, come militare; un volo libero in Italia; nel 1896 costituì la prima Sezione fotografica militare e comprese immediatamente l'importanza della fotografia aerea per l'osservazione del campo di battaglia e per la fotogrammetria; nel 1904 assunse il comando della Brigata Specialisti del Genio e diede impulso ali'applicazione della radio in aviazione ed allo studio della meteorologia ai fini aeronautici. Nel 1908, accordatosi con Tissandier, fece venire a Roma Leon Delagrange che effettuò il primo volo in Italia con il più pesante dell'aria; nel 1909 e nel 1910 sollecitò la costruzione in Italia di velivoli di progettazione nazionale e su licenza francese; nel 1912, come capo ufficio di ispezione, fu il primo dirigente aeronautico a livello centrale; nel 1913 emanò le prime direttive sulla sicurezza del volo; diventato Direttore Generale di Aeronautica presso il Ministero della Guerra, impostò i programmi di potenziamento dell'aeronautica e dell'aviazione in vista della grande guerra. Per contrasti sorti con il Tenente Generale Luigi Cadorna, Comandante Supremo, lasciò l'incarico di Direttore Generale e si recò al fronte per operare come comandante del Genio; fortificò il Grappa e gettò i ponti sul Piave consentendo all'B!! Armata di giungere alla vittoria di Vittorio Veneto . Nel 1919 tornò ad essere il Direttore Generale di Aeronautica, ma poiché le autorità governative, invece di favorire lo sviluppo de/l'aviazione, specie quella civile, intendevano mettere l'aeronautica in liquidazione, dopo ventidue anni di passione aviatoria, si ritirò a vita privata. Nel 1920 egli fondò l'Associazione Italiana di Aeronautica e nel 1926 di venne presidente dell'Istituto Nazionale di Propaganda Aeronafica. Quando Nobile volò verso il Polo Nord con il dirigibile "Norge" nel 1926, giunto a Leningrado così telegrafò a Moris: "Senza di Lei ora non sarei qui!" .

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Fu fondatore dell'Associazione "Fratellanza dei Pionieri dell'Aeronautica" e mantenne fino alla morte, avvenuta nel 1944, contatti con i massimi esponenti politici e militari dell'Aeronautica . Moris non giunse in tempo a vestire l'uniforme azzurra dell'Aeronautica Militare, ma tuttavia merita di entrare con tutti gli onori nella storia ufficiale del 'Aeronautica con la qualifica, già coniata dai cronisti de/I' epoca, cli "Padre dell'Aeronautica Italiana".

Roma, 30 luglio 1992

L'AUTORE

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MAURIZIO MORIS PADRE DELL'AVIAZIONE LA STIRPE DEI MORIS

I Moris appartenevano ad una ricca famiglia piemontese di lontane origini inglesi; l'avo Carlo Moris era un facoltoso commerciante in sete che per un certo periodo dimorò a Parigi. Carlo sposò Clementina Teresa Dupuy nata a Torino nel 1833, figlia dell'architetto omonimo, chiamato alla corte da Maria Cristina di Savoia, vedova del Re Carlo Felice. Da Carlo e Clementina nacquero tre figli: Maurizio Mario, Alfonso e Rino. Alla morte prematura di Carlo, Clementina, rimasta vedova con tre figli, rientrò a Torino; ella era allora venticinquenne; era molto bella ed attraente: andava a cavallo, effettuava ascensioni con il pallone frenato, si cimentava in escursioni alpinistiche ardite, come la scalata del monte Cervino. Il suo salotto a Torino era frequentato dalla migliore società della "belle epoque" e non disdegnava di mantenere contatti con le personalità della politica. Allevare tre maschi contemporaneamente era un compito molto gravoso e così Clementina mandò il figlio Alfonso in collegio in Germania, avviò il figlio Mario Maurizio alla vita militare facendolo entrare in Accademia e tenne vicino a se solo l'ultimo, Rino, menomato dalla poliomelite. Clementina Teresa avrà una notevole influenza sulla discendenza dei Moris perché vivrà fino a 102 anni di età ed influirà sulle decisioni dei figli fino a quando questi sa ranno ottantenni. Mario Maurizio, tornato a Torino dopo la morte del padre, vi svolse gli studi secondari; all'età di diciotto anni, il 1° ottobre 1878, entrò nell'Accademia Militare di Torino, riservata alla preparazione degli ufficiali delle "armi colte", cioè dell'a rtiglieria e del genio. Il 31 lugli o 1881 Maurizio Mario Moris uscì dall'Accademia con il grado di Sottotenente del Genio.

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Dopo aver svolto il servizio di prima nomina presso il 1° Reggimento Genio, il 10 giugno 1883 Moris fu promosso Tenente e <fti assegnato all'Accademia di Torino per svolgervi l'incarico di insegnante. Il fratello di Maurizio, Rino, rimase sempre a Torino con la madre; studiò giurisprudenza e divenne avvocato. Alfonso invece, terminati gli studi in Germania, tornò a Torino e divenne finanziere e compropretario della Banca "Pellegrini e Moris", acquistata successivamente dall'Istituto di San Paolo di Torino. Alfonso ebbe due figlie ed un maschio, cui diede il nome Maurizio, come quello del "generale", zio paterno. Maurizio fu un personaggio di spicco nella storia della famiglia, ma con caratteristiche quasi opposte a quelle dello zio; mentre quest'ultimo era soprattutto un tecnico, un dirigente, un pianificatore, un organizzatore, il nipote fu soprattutto un uomo di fegato, di azione, un ardimentoso ed un amante della vita avventurosa . Durante la prima guerra mondiale Maurizio nipote combatté al fronte e si guadagnò due medaglie d 'argento al valor militare; al termine della grande guerra egli si trasferì in Brasile ove divenne proprietario di fattorie e foreste. Nel 1937, richiamato a Roma dallo zio Maurizio generale, egli to.rnò in Italia con la figlia Manuelita ed il figlio Carlo; divenne dirigente della B.P.D. (Bomprini-Parodi-Delfino) di Colleferro e, scoppiato il secondo conflitto mondiale, si arruolò nella resistenza; attraversò più volte la linea di combattimento per portare notizie agli Alleati e soprattutto per cercare di salvare la B.P.D. dai bombardamenti. Come agente segreto dell"O.S.S. (Overseas Strategie Service) organizzò una rete radiotelegrafica di informatori; gli Alleati lo decorarono con la Legion of Merit e gli italiani gli conferirono la terza medaglia d'argento al valor militare. Maurizio Valentino Mario Moris, come era registrato all'anagrafe di Parigi e come appare dai primi documenti caratteristici compilati da l Regio Esercito, si appassionò alla vita militare e soprattutto alle attività tecniche specifiche del Corpo del Genio cui apparteneva. Maurizio Mario, come desiderava essere chiamato il giovane ufficiale che si firmava M.M. Moris, era alto un metro e settantanove centimetri, era biondo di capelli e chiaro di occhi; sapeva cavalcare, tirare di pistola e compiere ardite scalate alpinistiche. Ma il suo debole erano le belle donne che Io rincorrevano e non gli davano pace; discreto,

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romantico, sensibile, non aveva difficoltà a pescare fra le migliori signore della buona società; non si vantava mai e quanto doveva citare per iscritto una sua conquista, poneva discretamente solo le iniziali. Ricco, tanto da non aver bisogno dello stipendio per vivere e per divertirsi, molto spesso chiedeva il permesso per recarsi all'estero in visita turistica ed istruttiva. Leggeva continuamente e conosceva perfettamente usi e costumi dei popoli, specie di quel li orientali, come gli indiani di cui fu spesso ospite, specie dei Marajà. Fra le donne che gli facevano la corte vi era anche Adelaide Maraini, figlia dell'On. Emilio Maraini, di famiglia molto facoltosa originaria della Svizzera. Ma Maurizio Mario, pur mantenendo ottimi rapporti amichevoli, non se la sentiva di sposarsi; bello, colto, carico di soldi, voleva divertirsi e pertanto rimandava "sine die" la promessa di matrimonio; ma Adelaide Maraini era paziente e lo aspettò fino al 1913, quando Maurizio Mario aveva ormai cinquantatre anni di età. Il 4 luglio 1886 Maurizio Mario Moris rientrò al 1° Reggimento Genio ed il 5 dicembre successivo fu assegnato alla Direzione Straordinaria del Genio di La Spezia, alle dipendenze del Ministero della Marina. Il 24 aprile 1890 Maurizio Moris, ormai promosso capitano, fu trasferito a l 2° Reggimento Genio di Rivoli (Torino); il suo primo contatto con gli aerostati, che faranno sorgere in lui la passione per l'aeronautica, avvenne il 1° ottobre 1893 allorché fu assegnato al 3° Reggimento Genio di Firenze, quale comandante della Compagnia Specialisti, facente parte della Brigata Specialisti distaccata a Roma. A quell'epoca il Capitano Moris, ricco e benestante, non aveva bisogno di vivere in caserma; per avere più libertà affittò una villetta a Trinità dei Monti, ubicata sulla parte retrostante del palazzo di Piazza di Spagna che fa angolo con la scalinata, reso famoso per aver ospitato Keats e Shelly; successivamente, per essere più vicino al posto di lavoro, cioè alla caserma "Cavour" di via Lepanto, egli si trasferì in un villino situato in via degli Sci pioni 72. Nato in Francia, Maurizio Moris parlava e scriveva correttamente in francese e per questo fu inviato in diverse occasioni in Francia in missioni di lavoro; inoltre, abituato a girare il mondo di lingua inglese, egli conosceva discretamente anche questa seconda lingua straniera. - 3 -


Preso dalla passione aeronautica, per superare le lentezze burocratiche dei comandi e del ministero, non disdegnò di acquistare con mezzi propri la seta gommata e gli accessori necessari per realizzare un pallone e di costruirlo in una officina privata a Trastevere; il 24 luglio 1894 M.M. Moris ed il Tenente Dal Fabbro effettuarono il primo volo libero con pallone, partendo dalla Piazza d'Armi di Roma ed atterrando a Montecelio. Morissi interessò successivamente di telefotografia, di fo tografia del campo di battaglia e di fotografia aerea; si interessò di meteorologia e di impiego militare della radio. Moris era in relazione di familiarità con la casa regnante; quando volle costruire il primo cantiere sperimentale per dirigibili a Vigna di Valle, di fronte al disinteresse dei più, egli riuscì ad ottenere l'appoggio morale e finanziario del Re. Durante la costruzione del dirigibile N.1 il Re e la Regina si recarono spesso a Vigna di Valle a fissare sulla pellicola della loro macchina fotografica portatile le prime impressioni di quella grande vescica volante. Ma ormai era giunta notizia che i fratelli Wrigth avevano volato con il più pesante dell'aria a Kitty Hawk che Leon Delagrange si esibiva in Francia con il suo velivolo Voisin. M.M. Moris fece venire a Roma Leon Delagrange ad esibirsi sulla piazza d'armi ed andò personalmente in Francia a trattare l'acquisto di un velivolo Wrigth; ma il Ministero della Guerra non dimostrava interesse per gli aeroplani ed allora Moris, mettendo del suo e raccogliendo fondi dai soci del Club degli Avia tori, acquistò un velivolo e prese in affitto a Centocelle un prato per farvi un aeroporto e per aprirvi una scuola di pilotaggio. Egli rimase sempre un appassionato di volo libero con lo sferico e per diversi anni effettò molte ascensioni con il pallone da lui costruito e battezzato "Durant de la Penne" in ringraziamento per l'Ispettore Generale del Genio che aveva compreso la sua passione aeronautica. La madre di Maurizio Mario continuava a vivere a Torino, in via Carlo Alberto 45, nei periodi invernali e nella sua villa ad Uggiate (Como) nei periodi estivi; ogni volta che M.M. Morissi recava in Francia o in Svizzera, non mancava di fare visita alla madre Clementina. Poi venne la guerra in Libia; il colonnello Moris, capo ufficio di ispezione dei servizi aeronautici presso il Ministero della guerra, si preoccupò dell'organizzazione e del sostegno tecnico-logistico per il contingente aereo italiano inviato oltremare per essere impiegato per la prima volta nel mondo in appoggio ad operazioni belliche. - 4 -


Roma, anno 1894 Capitano Maurizio Mario Moris, Comandante della Compagnia della Brigata Specialisti del 3° Reggimento Genio.


Il Direttore Generale di Artiglieria e Genio da cui dipendeva l'ufficio di Ispezione, il 4 febbraio 1912 così scrisse sulle note caratteristiche di Moris: "Nel posto che occupa di capo ufficio d'ispezioni dei servizi aeronautici sarebbe ben difficile trovare chi, con eguale amore, e con altrettanta competenza, potesse stargli a Ila pari". Moris già veniva considerato il fondatore dell'aeronautica, ma gli scettici erano ancora m olti e gli invidiosi della sua notorietà ancora di più. Con il grado di colonnello già rivestito e con molte campagne già effettuate, Moris, giunto all'età di cinquantatre anni, ritenne fosse giunto il momento di mettere la testa a partito e di cedere alla corte insistente e paziente di Adelaide Maraini; il 18 maggio 1913 egli sposò la sua Mimì ed andò ad abitare nella tenuta di Monte Mario, acquistata· come regalo di nozze. Si trattava di una vasta area in cima al colle di Monte Mario, con cascinale, abitazione padronale e "dependance", cosparsa di ulivi ed alberi da frutto, acquistata dalla famiglia Morelli e confinante con il vicolo Massimo, ora via dei Massimi. Mimì era una signora molto dolce, di modi signorili, cresciuta con un tenore di vita molto agiato; i coniugi Moris non ebbero figli, ma il salotto della signora Adelaide era continuamente frequentato da autorità militari e politiche, da uomini di scienza e di cultura, da amici e parenti. Una particolare amicizia era sorta fra la signora Mimì e Maria Montessori; la signora Moris visitava continuamente asili, scuole ed enti di assistenza ed in questo contesto ebbe occasione di conoscere Maria Montessori di cui divenne l'amica del cuore. La cura della fattoria era tenuta dalle mani ferree della signorina Giuseppina, cugina di Mimì, tipo nordico che sapeva tenere l'ordine e la disciplina e che amministrava saggiamente tutta la proprietà. Bartolo, ex attendente del generale Moris, era il contadino ed il contabile al tempo stesso della tenuta di Monte Mario. Uno dei più assidui frequ entatori d ella villa Moris era Umberto Nobile, ingegnere costruttore di dirigibili, che conservava un grande rispetto ed una venerazione per il "padre dell'aeronautica". La s ignora Mimì fu madrina alla prima comunione di Maria, figlia di Nobile e molti anni dopo sarà anche testimone durante il matrimonio di Maria con il Dott. Schettino. - 6 -


Monte Mario, Roma, anno 1920 Te11e11/e Cenernll' Maurizio Mario Moris fotogmfato 11e/la sua iii/la.


Un giorno Maria, figlia di Nobile, ebbe in dono una capretta, ma non sapeva dove tenerla e come accudire ad essa; il casale di Moris fu ospitale anche nei riguardi della capretta. La famiglia Maraini, con la quale è imparentata la scrittrice Dacia Maraini, possedeva una villa a Vevey (Lugano); ogni settembre i coniugi Moris erano usi recarsi a Lugano per un periodo di villeggiatura e per andare a "passare le acque" alla Kurhaus di Tarasp (Bassa Engadina); in effetti la signora Mimì soffriva di disturbi al fegato e le acque di Tarasp le erano salutari. Nella prima guerra mondiale Moris, per contrasti con il Generale Cadorna, dovette abbandonare l'aeronautica e recarsi al fronte come geniere; fortificò il Grappa e lanciò i ponti sul Piave alla vigilia di Vittorio Veneto. Nel primo dopoguerra egli si interessò nuovamente di aeronautica, ma ebbe altri dispiaceri per cui nel 1920 si ritirò a vita privata. La sua villa di Monte Mario divenne meta di ammira tori, appassionati di aeronautica, politici, ex militari e pubblicisti; fra i personaggi più famosi vi fu il Mahatma Gandhi che per tre giorni fu ospite di Moris. Il 16 novembre 1936 morì la cara Mimì; da allora il "generale" si lasciò andare sempre di più, fino alla morte. In quegli anni il pittore Giuseppe Boscarino, già in servizio militare a Vigna di Valle in qualità di fotografo degli aerostati, ritrasse il generale, nella sua villa, con baffi e pizzetto bianco alla Umberto I. Il generale Giuseppe Valle, già aerostiere ed appassionato pilota di pallone libero, rimasto parecchi anni alle dipendenze di Moris, divenuto Capo di Stato Maggiore e Sottosegretario dell'Aeronautica, per riconoscenza verso il suo ex superiore e verso il "padre dell'aeronautica", voleva proporlo per la nomina a Senatore del Regno; ma a quel!' epoca bisognava essere iscritti al partito fascista e Moris invece era simpatizzante per i socialisti. Un giorno un funzionario giunse a villa Moris recando la tessera "omaggio" del partito e la "cimice" da mettere ali' occhiello; poco dopo, il 28 marzo 1939, Moris fu nominato Senatore. Egli prese sul serio quella sua nomina e non mancò di frequentare le sedute del Senato, anche se allora detto consesso non aveva molta voce in capitolo. Sentendosi ormai prossimo alla fine, afflitto com'era da angina pectoris, Moris nel 1937 richiamò dal Brasile il nipote omonimo, figlio del

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Tenente Generale Maurizio Mario Moris, anno 1925 Ritrntto del pittore Giuseppe Boscari110 (1886-1930).


fratello Alfonso e lo nominò erede delle sue sostanze. Il nipote Maurizio fece costruire una villa all'interno della tenuta per ospitare la propria famiglia e la nominò "La Mimiana" in onore e ricordo di Mimì Maraini. Viveva nella villa la marchesa Manuelita Moris, sposata SaintAmour di Chanaz, figlia di Maurizio e nipote del generale; Manuelita vive tuttora nella villa e ricorda con molto affetto lo zio Maurizio, il suo briJlante eloquio, la sua cultura, il suo "sens of humor"; ricorda anche che andava ogni giorno a prendere il thè delle cinque con lo zio che raccontava i fatti della sua prima giovinezza ad altri invitati; le è pure capitato di arrivare nel momento in cui egli narrava fatti picca nti dei suoi anni verdi; il "generale", per non turbare la nipotina, interrompeva il discorso e passava ad altri argomenti. Il 19 settembre 1944, alle tre di notte, lo zio Maurizio si sentì male; corse subito Manuelita al suo capezzale, pronta a dare il suo aiuto come crocerossina diplomata; ma per Maurizio Mario Moris era ormai giunta l'ultima ora. Da soli tre mesi era terminata l'occupazione nazista di Roma, ma la città era ancora frastornata; il primo a correre a dare l'estremo saluto fu Umberto Nobile. Nel 1949 la tenuta di Moris a Monte Mario fu venduta dal nipote Maurizio; a Manuelita Moris resta tuttora la villa "Mimiana" sul cui muro di cinta è stata apposta nel 1981 una targa che ricorda la visita di Gandhi a Maurizio Mario Moris nel 1931; il resto della tenuta è ora frazionato e tagliato dalle vie Bitossi, Biasucci e Bernardini.

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LA PRIMA PASSIONE AERONAUTICA

Come ufficiale del Genio Moris fu sempre attratto dalle scienze esatte e dalla tecnica, ma il primo amore per l'aeronautica nacque in lui solo nel gennaio 1892 allorché fu nominato comandante della Compagnia Specialisti del Genio, in sostituzione di Pecori Giraldi, primo titolare di quel comando e primo militare italiano avviato alle ascensioni con aerostato dal francese Godard. La Compagnia Specialisti era un vero e proprio centro sperimentale in "nuce" del Genio dell'Esercito; presso di essa venivano studiati i nuovi ritrovati della scienza e della tecnica nelle loro applicazioni alle attività militari. Nell'ambito della Compagnia nel 1884 era stata costituita la prima Sezione Aerostatica dell'Eserci~o italiano. La sezione disponeva di un parco aereo trasportabile per via ordinaria, costruito dalla casa francese Gabriel Yon e composto da: ungeneratore di gas idrogeno, un verricello a vapore per la manovra del cavo di ascensione e due palloni, !'"Africa" ed il "Torricelli", acquistati in Francia presso la Corderie di Montreuil. La Sezione Aerostatica era accasermata al Forte Tiburtino di Roma; ma poiché quella zona era infettata da malaria perniciosa, per salvaguardia delle truppe, la sezione fu trasferita alla caserma del genio a Castel S. Angelo; solo il materiale fu lasciato al forte Tiburtino. Verso la fine del 1887, dopo la infausta giornata di Dogali, fu organizzata la spedizione in Eritrea per la riconquista di Saati (1887-1888) e la compagnia specialisti fece il suo primo esperimento di mobilitazione; la spedizione riuscì ad occupare il territorio perduto senza mai incontrarsi con le truppe abissine e pertanto il compito dei palloni frenati fu di sca rsa importanza. Nel 1889 un colpo di vento abbatté il ricovero dei palloni al forte Tiburtino ed il ministero della guerra fece costruire alcune tettoie sul terreno che poi fu destinato alla costruzione d ella caserma "Cavour". - 11 -


Nel 1890 la Compagnia prese parte alle grandi manovre nel Lombardo-Veneto e diede impulso anche alla fotografia ed allo studio dell'atmosfera. Nel 1892 la Compagnia Specialisti e la Compagnia Treno costituirono la Brigata Specialisti del Genio; verso la fine del 1893 a Ila Brigata Mista fu assegnata anche la Compagnia Zappatori. li Ministero della Guerra, ormai convinto dell'utilità del servizio aeronautico, ordinò alla Brigata Mista la costituzione di tre parchi aerostatici da formarsi negli anni 1894, 1895 e 1896; il compito organizzativo fu assegnato al Capitano Maurizio Mario Moris. Nello stesso anno presso l'officina della Balduina, diretta dal Tenente Petrucci, fu iniziata la costruzione di palloni di progettazione nazionale; ogni parco doveva essere dotato di due palloni: uno da 300 metri cubi ed uno da 500 metri cubi. Gli aerostieri della Brigata Specialisti non erano autorizzati a compiere voli liberi; solo i voli frenati erano effettuati nelle normali esercitazioni. La preoccupazione principale era quella di non danneggiare il prezioso materiale in carico, da usarsi solo in caso di mobilitazione; inoltre fino a quel momento non era stato costituito in Italia il brevetto militare di sferico per aerostati liberi. In Francia la prima Sezione aerostatica era stata costituita nel 1794, cioè novanta anni prima di noi e le ascensioni erano ormai all'ordine del giorno. Il Capitano Moris non era il tipo da arrendersi facilmente; inoltre egli in tendeva riguadagnare al più presto il tempo perduto. Moris disponeva di notevoli capacità finanziarie personali e quindi decise di costruirsi in proprio un pallone per ascensioni libere; chiamò a se il tenente del genio Cesare Dal Fabbro ed il tenente ingegnere Giuseppe Fucci e li associò alla propria impresa. La costruzione dell'aerostato iniziò ai primi di aprile 1894 in un locale molto ampio preso in affitto a via Santa Apollonia, nel rione di Trastevere in Roma; il pallone, della capacità di 1.200 metri cubi, fucostruito in seta gommata. Lo sferico, denominato "Durand de la Penne" in ringraziamento per l'appoggio dato dal generale ispettore del genio, si alzò in volo dalla piazza d'armi ai Prati di Castello il 14 giugno 1894 con a bordo Moris e Dal Fabbro; i primi due aerostieri militari italiani, che effettuavano un volo libero, rimasero per aria per circa trenta minuti ed andarono ad atterrare regolarmente in un prato di Montecelio, nel punto in cui ventidue anni dopo sarà aperta una scuola di pilotaggio militare - 12 -


Ch ioggia, anno 1904

Pnl/011e per rilevnme11fi topogrnfici primn de/l'ascensione frenata.


per sottufficiali e quarantadue anni dopo sorgerà il Centro Sperimentale Aeronautico di Guidonia. I due aeronauti furono contemporaneamente biasimati ed encomiati; biasimati perché avevano, contro il regolamento, effettuato un volo libero senza essere in possesso del previsto brevetto ed encomiati per essere stati i primi piloti militari italiani di sferico ad effettuare una ascensione libera. Da quel momento le ascensioni libere entrarono a far parte, sia pure non ufficialmente, del programma di addestramento della compagnia specialisti comandata da Moris; i due neo piloti autodidatti, Moris e Dal Fabbro, ebbero immediatamente numerose richieste da parte di ufficiali allievi desiderosi di sperimentare l'ebbrezza del volo. Il pallone ''Durand de la Penne" rimase in servizio per circa tre anni; moltissime furono le ascensioni effettuate da Moris e da altro personale; poi, colpito da vecchiaia, il pallone fu messo definitivamente a riposo; l'involucro fu utilizzato come materiale di consumo; la valvola di alluminio fu depositata al Museo del genio militare a Castel S. Angelo, in Roma. Il capitano Moris non ebbe peraltro chi sollecitamen te lo imitasse e per parecchi anni il pallone "Durand de la Penne" rimase l'unico aerostato di proprietà privata costruito in Italia. Solo nel 1903, avendo Moris costituito la Società Aeronautica Italiana, incominciò il movimento aeronautico civile; sorsero fabbriche di aerostati e m olti soci si dotarono di un proprio pallone. Oltre una trentina di palloni sferici privati presero parte attiva al movimento sportivo concorrendo alle gare nazionali ed internazionali ottenendo lusinghieri risultati. Nel 1895 il Capitano Moris fu chiamato ad organizzare il servizio fotografico e, pur rimanendo alle dipendenze del comando della brigata mista, lasciò la compagnia specialisti che passò agli ordini del capitano Bassano. Mentre si interessava di fotografia, Moris proseguiva le ascensioni con il pallone "Durand de la Penne"; notevole fra esse quella compiuta il 25 giugno dal tenente Dal Fabbro, con a bordo un passeggero, che si concluse ad Albano; quella eseguita il 22 luglio dal Capitano Moris con il capitano Bassano e .con il tenente Del Proposto che portò l'aerostato a Viterbo, e quella compiuta il 26 agosto da Moris e Dal Fabbro con discesa a Stimigliano. - 14 -


MORIS E LA FOTOGRAFIA AEREA

Nel 1895 il Capitano Moris fu distolto temporaneamente dalle sue cure per l'aerotecnica e fu incaricato di organizzare il servizio fotografico per il campo di battaglia; ma la sua passione per l'aeronautica lo portò a studiare anche la fotografia aerea dal pallone e la fotogrammetria. Il servizio fotografico dell'esercito nacque ufficialmente il 26 gennaio 1896, quando il Ministro Mocenni firmò il decreto ministeriale n. 24 con il quale fu approvata la costituzione di una Sezione Fotografica nell'ambito della Brigata Mista Specialisti del 3° Reggimento Genio; la cerimonia istitutiva fu tenuta a battesimo dal Capitano Maurizio Mario Moris il 1° aprile 1896. La sede della sezione venne fissata nella villa Mellini ubicata sulla cima di Monte Mario; detta villa, ora sede dell'osservatorio astronomico di Roma, nel punto in cui passa il meridiano di Roma, è posta sullo sperone che guarda a mezzogiorno e consente una veduta panoramica della città. Essa è circondata da cipressi secolari, depositari di storie illustri; Goethe era solito spingersi fino ad essi ed a fermarsi per meditare; egli scrisse: "Il cipresso, l'albero più degno di rispetto, quando sia vecchio e prosperoso, dà molto da riflettere". Anche Stendhal si spinse spesso fino allo sperone e si fermò a contemplare la città eterna. Ora villa Mellini è interdetta al pubblico; solo il "meridiano di Roma" passa li beramente davanti alla sua porta. Sarebbe stato più ragionevole fare sorgere il nuovo servizio fotografico militare a Firenze, presso l'Istitu to Geografico Militare, ove erano già state fatte esperienze fotografiche. Fu il Capitano Maurizio Mario Moris, pioniere dell'aeronautica, a propugnare ed a volere la costituzione di una struttura organica capace di accentrare, studiare e coordinare tutta l'attività fotografica militare; scegliendo Roma come sede, si sarebbe potuto sviluppare la fotografia dal pallone presso la Sezion e Aerostatica. - 15 -


Il Ministero della Guerra aveva assegnato a Moris nel 1895 l'incarico di studiare la formazione di un reparto fotografico e da detto studio derivò la costituzione della Sezione Fotografica posta alle sue dipendenze. Egli scelse, nell'ambito della Brigata Mista Specialisti, gli ufficiali che già avevano dimostrato passione per la fotografia: il tenente Cesare Tardivo ed il tenente Malingher, i sottotenenti Lettere Sullam, il tecnico più qualificato, Luigi Moretti ed alcuni genieri con precedenti professionali o amatoriali. L' orga nico della Sezione Fotografica no n ci è noto; la prima "Istruzione sul Servizio Fotografico" del 1902 indica solo l'esistenza per ogni parco aerostatico di un ufficiale e due genieri fotografi ed un carro laboratorio. La prima attività della Sezione Fotografica fu rivolta alla fotografia aerea dall'alto di un aerostato. I problemi che si presentavano non erano di facile soluzione; si trattava di fotografare prospetticamente il campo di battaglia da una distanza di circa 4 o 5 chilometri, cioè fuori del tiro dell'artiglieria nemica; l'aerostato continuava ad oscillare ed a ruotare, la navicella subiva trepidazioni, le condizioni di luce non erano sempre le più favorevoli. Moris e compagni si avvalsero delle esperienze già fatte in passato da alcuni sperimentatori militari; nel 1847 il generale Ignazio Porro aveva iniziato l'applicazione della fotografia alla geodesia, cioè allo studio del terreno; egli stesso nel 1855 aveva realizzato un apparecchio fotografico panoramico. Successivamente il capitano Perrucchetti fece ampio uso della fotografia nel corso di ricognizioni sulle Alpi effettuate fra il 1871 e il 1875. In quest'ultimo anno il tenente Michele Manzi eseguì il rilevamento del Gran Sasso corredandolo di numerose fotografie; purtroppo una commissione militare troppo esigente nell'anno successivo giudicò quelle fotografie insoddisfacenti per scopi topografici. Nel 1878 il colonneJlo Annibale Ferrero fu nominato ca po della Divisione Geodetica dell'Istituto Geografico militare; egli riprese in considerazione le esperienze del tenente Manzi e diede incarico all'ingegnere Pio Paganini di studiare un metodo per ottenere levate topografiche direttamente da fotografie panoramiche; usando un procedimento fotografico nuovo, quello al collodio secco, Paganini riuscì a costruire il primo apparato fotogrammetrico di successo. In tempi successivi la sua invenzione fu migliorata con l'adoz ione di emulsioni sensibili al bromuro di argento. - 16 -


Roma, anno 1908 Pallone per il rilevamento fotografico del Tevere.


Il Ministero della Guerra non restò insensibile di fronte alle innovazioni del Paganini e nel 1863 autorizzò l'acquisto in Inghilterra di una macchina Dall Mayer a lastre ed inviò alcuni ufficiali a studiare i metodi della foto -zincografia presso il Survey Office. Nel 1872 l'ufficio tecnico del Comitato del Genio Militare d iede origine all'Istituto Geografico Militare. Anche in ambiente civile la fotografia aveva avuto una notevole diffusione; già nel 1849 Salvatore Lecchi documentò fotograficamente i luoghi in cui si erano svolti i combattimenti per la Repubblica Romana; Luigi Sacchi nel 1859 realizzò immagini fotografiche della seconda guerra di indipendenza. L'assedio di Gaeta fu documentato fotograficamente da Gustavo Reiger e da Giorgio Sommer; Antonio D' Alessandri fotografò gli aspetti più interessanti di Mentana e Monterotondo; Ludovico Tuminelli, Gioachino Altobelli ed Achille Corelli lasciarono fotografie storiche di Porta Pia e della presa di Roma. Nel 1889 il colonnello Giuseppe Pizzighelli fondò la Società Fotografica Italiana e diede inizio alla pubblicazione del "Bullettino della Società Fotografica", rivista prestigiosa, apprezzata anche all'estero. Durante la campagna d'Africa (1885-1896) i maggiori giornali italiani, non potendo inviare i propri corrispondenti per ristrettezze finanziarie, fecero dono di una macchina fotografica ad alcuni ufficiali in partenza per l'Africa con il presupposto che gli stessi avrebbero inviato le fotografie da loro scattate ai giornali; si trattò dei primi corrispondenti di guerra che si muovevano unitamente alle truppe e che fornivano immagini immediate degli eventi del campo di battaglia. I successi fotografici ottenuti in detta campagna costituirono l'in, centivo per costituire nel 1896 la Sezione Fotografica nell'ambito della Brigata Mista del Genio. Da quel momento in poi ebbero notevole impulso sia l'aerofotografia dal pallone e la fotogrammetria, sia la telefotografia da terra e da bordo delle navi, sia la fotografia da campo, la microfotografia, la fitoglittografia e la fotografia scientifica. La visione dall'alto accentuò soprattutto l'impiego della fotografia applicata alla topografia ed all'osservazione del campo di battaglia; in particolare le fotografie panoramiche erano utilizzate per la topografia e quelle prospettiche per l'osservazione; l'aerofotografia generava così la aero-fotogrammetria. - 18 -



Il servizio fotografico studiò un apparecchio fotografico specifico per le necessità della Sezione, ma esso risultò di scarsa funzionalità pratica. Un evento di rilevanza storica fu l'incontro avvenuto nell'anno 1899 fra il capitano Maurizio Mario Moris ed il S. Tenente del Genio Gaetano Arturo Croceo; da questo incontro ebbero beneficio sia la fo tografia aerea e sia l'aerotecnica. In quell'anno il capitano Moris si era recato sulla cima del monte Chaberton, sul confine italo-francese, per eseguire telefotografie di montagna; in quel periodo erano in corso lavori di fortificazione della cima dello Chaberton ed il sottotenente Croceo, del Genio Minatori, appena uscito dall'accademia militare di Torino, era stato inviato colà per eseguire lavori in galleria. Croceo era un appassionato di aeronautica; fin dal periodo del!' Accademia si era interessato delle leggi del volo ed aveva progettato una turbina. Moris, dopo i primi colloqui, apprezzò immediatamente le qualità di ingegno e la passione aeronautica di Croceo e lo fece trasferire immediatamente alla Sezione Fotografica di villa Mellini a Monte Mario. Nell'estate 1901 il tenente Croceo fu inviato in Tunisia, a Biserta, per svolgervi una missione di telefotografia da mare, con l'impiego di una macchina fotografica "a lenta oscillazione". La macchina con teleobiettivo, inventata da Tardivo, funzionava egregiamente e ci era invidiata da molti tecnici militari stranieri; non altrettanto si verificava per la macchina per fotografie aeree, inventata dai tecnici della Sezione. Fu il tenente Croceo a sbloccare la situazione; egli progettò e costruì una macchina aero-fotografica a sei lastr,e, manovrabile elettricamente da terra, capace di scattare più fotogrammi nel corso di una sola ascensione di piccoli palloni frenati manovrati da terra. L'ultimo impegno fotografico di Croceo presso la Sezione Fotografica avvenne nel 1903 nel corso di una missione a La Spezia per eseguire una serie di "telefotografie da mare". Croceo aveva una passione più grande, l'aerotecnica, e Moris, pur interessandosi di fotografia, era sempre appassionato di aeronautica. Moris era del parere che l'unione fa la forza; egli pertanto, durante la sua vita, non perse mai l'occasione per creare sodalizi aventi per scopo la diffusione della passione aeronautica.

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Roma, anno 1905 Mag. Maurizio Mario Moris comandante la Brigata Specialisti del Genio


Il primo sodalizio aeronautico sorse a Roma nel 1903; la prima adunanza dei promotori ebbe luogo il 30 settembre e produsse una circolare d'invito a fare parte dell'associazione. Il comitato promotore si componeva di: Comm. Prof. Pietro Blaserna, senatore del Regno; tenente colonnello Mario Borgatti, già comandante della Brigata Mista del Genio; maggiore Maurizio Mario Moris, già comandante della } il compagnia specialisti del genio; Prof. Luigi Palazzo, direttore del R. Istituto e del R. Ufficio Centrale di Meteorologia e Geodinamica; tenente Ottavio Ricaldoni della Brigata Specialisti; tenente Ettore Cianetti della Brigata Specialisti ed altri professori universitari. Fra tutti gli iscritti l'unico ad avere il brevetto di pilota di sferico era il maggiore Moris che con Dal Fabbro e Fucci aveva costruito un pallone e volando con lo stesso si era brevettato. L'associazione prese il nome di "Società Aeronautica Italiana"; essa ottenne l'alto patronato di S.M. il Re; la presidenza onoraria fu accetta ta da S.A.R. il Duca degli Abruzzi. Il presidente effettivo fu il dott. Filippo de Filippi a cui successe il principe Scipione Borghese nel 1908; il primo segretario fÙ il prof. Luigi Palazzo. L'Associazione iniziò subito un ciclo di conferenze di propaganda e di divulgazione; ad una di queste conferenze, tenuta dal tenente Croceo il 12 giugno 1904, partecipò S.M. il Re. Il primo aerostato di proprietà della Società, il "Fidest", volò il 14 giugno 1904 alla presenza di S.M. la Regina Margherita. La festa inaugurale della sezione torinese ebbe luogo il 5 giugno 1905 con la prima ascensione del pallone "Spes"; la bandiera per il pallone fu offerta dalla signora Dina Moris, nipote di Maurizio Mario Moris e moglie di Alfonso Moris. Nel 1904 il Capitano Moris, in promozione al grado di maggiore, assunse il comando della Brigata Specialisti del Genio ed iniziò a preoccuparsi prioritariamente dello sviluppo dell'aeronautica; egli però continuò ad interessarsi anche della fotografia aerea cui dedicò ancora parte del suo tempo. Fu merito suo e dei suoi collaboratori se al Congresso Internazionale di fotografia di Bruxelles i rappresentanti italiani poterono conseguire un vero successo esibendo i rilievi fotografici effettuati dal servizio del genio. - 22 -


Fin dai primi giorni della campagna di Libia, il Comandante della flottiglia di Tripoli ritenne interessante documentare le ricognizioni aeree servendosi della fotografia. L'l 1 novembre 1911 infatti aveva chiesto al reparto aviazione del Battaglione specialisti di Roma di inviargli urgentemente una macchina. Bébé Zeiss che si riteneva adatta all'impiego in volo. Poiché la macchina tardava ad arrivare, il Capitano Piazza chiese in prestito una macchina alla sezione fotografica del genio di Tripoli. La prima missione di guerra aerofotografica dall'aeroplano fu eseguita il 24 gennaio 1912 dal capitano Piazza che fotografò gli accampamenti nemici di Suani Beni Aden. In effetti la prima applicazione della fotografia in guerra a livello mondiale fu quella avvenuta in Crimea nel 1856 da parte del genio inglese; ma un impiego più estensivo si ebbe durante la guerra di secessione americana (1861 -1865). In Italia la prima fotografia aerea per scopi bellici fu quella di Piazza; da sedici anni era stata costituita la Sezione Fotografica del Genio da parte del Capitano M.M. Moris. Al primo Congresso Internazionale di Fotogrammetria, tenuto a Vienna nel 1913, Moris ed i suoi discepoli si affermeranno tanto clamorosamente da essere applauditi in piena assemblea e da meritare il riconoscimento di precursori di tutte le apparecchiature della fotografia panoramica da mezzi aerei.

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LA GRANDE PASSIONE PER L'AEROTECNICA

Il maggiore Moris, diventato comandante della Brigata Specialisti, acquartierata al Forte Trionfale di Roma, accrebbe la sua libertà di azione soprattutto perché ottenne l'appoggio incondizionato del Generale Durand de la Penne. L'aerodinamica non era ancora diventata una scienza; essa traeva le prime leggi dall'idrodinamica da cui mutuava anche i metodi investigativi e di sperimentazione; per questo motivo alcuni ricercatori si dedicavano alla costruzione di idroplani, imbarcazioni dotate di alette idrodinamiche, capaci di "volare" nell'acqua; si trattava degli antenati degli attuali aliscafi. A Milano, l'ing. Forlanini, ex ufficiale del genio, aveva costruito un idroplano propulso da un'elica marina ottenendo un certo successo. Moris decise di battere la stessa strada per acquisire esperienza nel campo dell'idrodinamica e conseguentemente della aerodinamica; il suo idroplano doveva rappresentare un passo avanti rispetto a quello di forlanini e doveva essere propulso da eliche aeree e non marine. Egli scelse due valenti ufficiali e li incaricò di realizzare l'idroplano lavorando segretamente in una baracca di legno innalzata a Vigna di Valle, sul lago di Bracciano. La Sezione Aerostatica, dipendente da Moris, era usa svolgere le sue attività addestrative e sperimentali nel bacino dei laghi vulcanici in quanto dette conche, circondate dall'anello vulcanico del cratere, erano protette dalle brezze e dai venti, elementi questi di notevole disturbo per le ascensioni frenate dai palloni. I laghi normalmente utilizzati per dette ascensioni erano quello di Nemi, queJJo di Castel Gandolfo e quello di Bracciano; Moris scelse il lago di Bracciano, distante una trentina di chilometri da Roma, perché facilmente raggiungibile seguendo la via Trionfale, la via Cassia e la via braccianese. Vigna di Valle poteva essere una sede ideale per portare avanti la sperimentazione con i palloni costrniti, a partire dal 1905, nella officina

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della Balduina e successivamente nello Stabilimento Costruzioni Aeronautiche della Caserma Cavour. Dal 1° al 6 agosto 1904 si svolsero le prime attività sperimentali con i palloni frenati sulle rive del lago Bracciano. Poiché il capitano Cesare Dal Fabbro, esperto di aerostati e capo ufficio materiali della Brigata Specialisti, fu richiesto a Milano per collaborare con l'ing. Forlanini alla costruzione di un dirigibile, il maggiore Moris chiamò il tenente Ottavio Ricaldoni a sostituirlo nell'incarico. Croceo e Ricaldoni furono incaricati di progettare e di costruire l'idroplano lavorando segretamente nella baracca di Vigna di Valle. Croceo ormai aveva lasciato la Sezione Fotografica e si era trasferito alla caserma "Cavour" ove costruì una rudimentale galleria aerodinamica ed una vasca idrodinamica. La Regina Margherita era appassionata di aeronautica; quando seppe dell'esistenza della galleria aerodinamica, volle andare in visita alla caserma Cavour. L'austera sovrana, non più giovane, volle affrontare il getto del ventilatore azionato da un motore elettrico da 30 cavalli, ma fu talmente scossa da cadere quasi fra le braccia del collaudatore Gaetano Arturo Croceo. ell' inverno 1906 Moris trasferì Croceo e Ricaldoni a Bracciano per lavorare nella misteriosa ed improvvisata officina in riva al lago; ad essi furono successivamente affiancati il tenente del genio .\1unari ed il meccanico Angelo Contin. A Vigna di Valle l' ufficiale più anziano era Emilio Munari, nato a Crispino nel 1865; Croceo ed Ottavio Ricaldoni erano entrambi della classe 1877. La signora Bice, moglie di Croceo ed autrice del libro; "Questa terra non ci basta", così narrò la nascita dell'idroplano: " ... li problema aereo allora appassionava i due emisferi. Si parlava di un premio di 100.000 dollari, stabilito dalla Esposit:ione di Saint Mouis, per l'apparecchio che avrebbe volato meglio. Piovevano infatti alla Brigata Specialisti progetti più o meno fantastici da esaminare; ed il tenente Croceo, che da quattro anni aveva avuto idee fondamentali sul "segreto del volo", pensava che fosse giunto il momento per realizzarlo e progettava esperienze e progetti costruttivi. Ma c'erano difficoltà, scarsezza di mezzi, incomprensioni.

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.~ Lago d i Bnicciano, anno 1907

ldroplrmo Croceo-Rica/doni in corsn n 70 km./1, ..


li maggiore Moris era sempre il suo buon genio ed interveniva a tempo giusto per procurargli i mezzi di lavoro; grazie a lui Arturo poteva concretare i primi studi sulla stabilità delle macchine volanti e progettare un aerodromo sperimentale dove si potevano compiere misure dell'azione dell'aria sui corpi in movim.ento .... Arturo aveva deciso di affrontare personalmente l'Ispettore Genera le Durand de la Penne con un fascio enorme di calcoli ed integrali, per cui S.E. si mostrava particolarmente tenero; dopo di chè questi, commosso, aveva estratto dal suo forziere segreto, di punto in bianco, mille lire, colle quali si sarebbe dato inizio subito alle esperienze aerodinamiche.... Inviato a Vigna di Valle, Croceo, sollecitato da Moris, pose mano alla costruzione dell'idroplano; Io scafo fu ordinato alla ditta Baglietto; sotto di esso fu installata a prua, una aletta a forma di "V", ma mancante del vertice inferiore. La spinta fu fornita da due eliche a passo variabile a7ionate da un motore Clement Bayard di 120 HP ...". Intanto la lil Compagnia, in base agli ordini di Moris, proseguiva le sue esercitazioni con un parco aerostati agli ordini del tenente Ettore Cianetti; dal 27 giugno al 3 luglio la zona di esercitazione fu il lago di Ncmi; dal 5 luglio al 25 luglio il poligono di tiro di Artiglieria di S. Maurizio; dall'l l al 30 luglio il Forte Trionfale per esercitazioni aerofotografiche e fotoelettriche e dal 1° al 6 agosto il lago di Bracciano. Il maggiore Moris era infaticabile nel seguire di persona le esercita7ioni, specie quelle aerostatiche e quelle aerofotografiche. L'avvenimento più importante del 1904 fu l'inizio degli studi per la costruzione di un dirigibile militare; il maggiore Moris infatti aveva incaricato Croceo e Ricaldoni di progettare un dirigibile che risolvesse in modo completo ed esauriente il problema della navigazione aerea. L'11 gennaio 1905 la Brigata Mista Specialisti del Genio ebbe l'onore di essere visitata da S.M. la Regina e dalle LL.AA.RR. il Duca di Genova ed il Principe di Udine; il maggiore Moris fece gli onori di casa e mostrò con orgoglio tutte le innovazioni introdotte nel campo dell'aerostatica, della fotografia e della radiotelegrafia. Fu nel 1905 che Croceo completò la realizzazione presso la caserma Cavour del "Gabinetto di Aerodinamica" consistente in una vecchia tettoia, un ventilatore, una rudimentale galleria del vento ed una vasca idrodinamica del tipo "Froude" lunga 40 metri.

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Nello stesso anno Croceo e Ricaldoni costruirono alcune eliche aeree, di due metri di diametro che, mosse da un motore FIAT di 24 cavalli, fornivano 160 chilogrammi di spinta girando alla velocità di 1200 giri al minuto. Intanto il Conte Almerigo da Schio aveva ultimato la costruzione del suo dirigibile civile "Italia", prima aeronave italiana; egli chiese al Ministro della Guerra l'aiuto di qualche esperto ufficiale del genio e Moris distaccò presso il cantiere di Schio i tenenti Ettore Cianetti ed Emilio Munari. La costruzione del primo dirigibile militare italiano ebbe inizio verso la fine del 1907, mentre a Bracciano si stava montando un hangar per dirigibili, cioè un vecchio capannone di legno acquistato di seconda mano all'Esposizione di Torino. Il Re, Vittorio Emanuele II, messo a l corre_n te del progetto, si recò a _Vigna di Valle e, munito di macchina fotografica, scattò varie istanta nee sia agli uomini e sia al loro strano battello idrovolante e sia alla baracchetta fatta costruire da Moris, quale embrione del primo cantiere sperimentale aeronautico italiano; con l'occasione la Regina Madre invitò Croceo a tenere una conferenza di soggetto aeronautico a Roma.

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SI VOLA A ROMA

Il 17 dicembre 1903 i fratelli Wright riuscirono a fare volare per la prima volta nella storia il più pesante del!' aria, ma non diedero pubblicità ai dettagli degli esperimenti svolti a Kitty Hawk nel Nord Carolina. Anche se poco si sapeva sulla verità e sulla portata dei loro successi, la notizia aveva scosso il mondo ed era g iunta in Francia dove Santos Dumont il 13 settembre 1906 era riuscito a fare un salto di 10 metri con il suo apparecchio XIV bis. In Europa i più importanti costruttori di prototipi aerei erano i fratelli Carlo e Gabriele Voisin i cui prodotti fornivano la maggior affidabilità; i Voisin avevano seguito gli studi del Capitano Ferber e del Colonnello Rénard. Archdéacon, gran mecenate e sperimentatore, incaricò Gabriele Voisin di provare in volo un suo grande apparecchio senza motore; nel 1905 a Berck l'apparecchio fece il suo primo balzo da terra. Nel 1906 Voisin costruì per proprio conto un velivolo senza motore che provò con successo sulla Senna facendosi trainare da un veloce motoscafo. Successivamente Voisin si unì a Bleriot per costruire un velivolo, ma l'alleanza finì senza conseguire alcun risultato. Fu allora che lo scultore Leon Delagrange ordinò un aeroplano a Voisin; detto velivolo nel 1907 fece un volo di 80 metri di percorso alla guida di Carlo Voisin; il 5 novembre dello s tesso anno Leon Delagrange volò in semicerchio per 300 metri. Allora Archdéacon e Deutsch de la Meurthe misero in palio 50.000 lire per chi fosse riuscito a volare per un chilometro, in circuito chiuso. Intanto un altro appassionato sportivo ordinava un aeroplano ai fratelli Voisin; si trattava di Enrico Farman, già campione ciclista e d'automobil e, primo della maggior categoria nella Parigi-Vienna del 1902, agente della Panhard Levassor, della Renault e della Delaunay Belleville. - 31 -


In settembre 1907 due sportivi francesi, Leon Delagrange e Henry Farman, entrambi possessori di un velivolo Voisin, entrarono in competizione per la conquista del premio di 50.000 lire. Ma Hcnry Farman era apertamente favorito dal costru ttore Voisin e così, il 13 gennaio 1908, opportunamente assistito ed aiutato dal progettista, vinse il premio percorrendo il chilometro in 1' 28". Dalla Francia giungevano notizie sulle prodezze di Delagrange e Farman, ma nessuno aveva ancora visto un aeroplano alzarsi da terra. I fermenti aeronautici aumentavano, specie a Torino ove più facilmente giungevano le notizie dalla vicina Francia. Un gruppo di appassionati aeronautici di Torino, entusiasmati dai records registrati dai piloti francesi, decise di invitare in Italia Leon Delagrange, non solo per motivi spettacolari, ma anche per interessi industriali, tecnici e scientifici; a Roma ed a Milano vi erano altri appassionati pronti a sponsorizzare la venuta in Italia del pilota francese con il suo Voisin. II gruppo torinese, per risolvere il problema, si rivolse al Club degli Aviatori, da poco costituitosi a Roma su sollecitazione di Moris, per ottenere appoggio morale e materiale all'iniziativa suddetta. In quel momento Delagrange era seriamente impegnato a riparare il suo aeroplano danneggiatosi in un incidente occorso ad Issy les Molineaux; ma il velivolo "Delagrange Il", con motore Antoinette da 60

I IP, fu rapidamente rimesso in condizione di volare. Moris, come membro della Società Aeronautica Italiana, tramite l'amico éleronauta Tissandier, riuscì a convincere Dclagrange a venire a Roma. Il 23 maggio 1908 Delagrange, giunto a Roma e rimontato il suo aeroplano, iniziò i suoi esperim enti in piazza d'armi ai Prati di Castello. La città di Romél era stata tappezzata di manifesti in cui si diceva "Delagrange volerà" e pertanto il 23 maggio una grande folla invase la Piazza d'Armi. Anche i Rea li erano giunti con la loro autovettura per assistere al primo volo in Italia del più pesante dell'aria; nella caserma "Cavour", che si affacciava alla piazza d'armi, erano concentrati tutti gli ufficiali del Battaglione Specialisti del Genio, fra cui Moris e Croceo. Il Capitano Croceo, che aveva avuto modo di conoscere i Reali sia per le loro visite a Vigna di Valle e sia per avere presenziato a sue conferenze - 32 -


in Roma sulla tecnologia aeronautica, corse incontro all'autovettura del Re e salì sul predellino per fare da cicerone. Ma nel corso delle prove del 23 maggio il "Delagrange Il" non volle decollare per noie al motore Antoinette; ad un certo punto, come racconta la Signora Bice Croceo nel suo libro "Questa Terra non ci basta", il Re sbottò a dire "Ma mi sembra una baracca!". Il 24 maggio Delagrange volò con successo; gli spettatori romani, ansiosi di vedere il distacco da terra del velivolo, si buttavano bocconi sull'erba per essere pronti a percepire il primo salto dell'aeroplano; il Delagrange II compì alcuni voli, uno dei quali per 1800 metri di distanza eseguendo anche "una voltata". Nei giorni successivi il Delagrange II volò per 2 e 3 chilometri alla quota di tre metri ed infine il 30 maggio compì il famoso volo di 12 chilometri e 727 metri in 15' 26", 8 sotto il controllo di una apposita giuria della S.A.I.; il cronometrista ufficiale era il Capitano Croceo. Ecco la traduzione dal francese del verbale reàatto dai membri dell'Aero-club di America, della Società Aeronautica Italiana e dell'Associazione Promotrice Italiana di Aviazione con sede in Roma: "Richiesti dai Sigg. Leon Delagrange e Gabriel Voisin il 29 maggio 1908 di verificare ufficialmente i tempi e le distanze in un esperimento d'Aviazione con un aeroplano Voisin con motore "An toinette" a ppartenente al Sig. Delagrange e da lui pilotato, ci siamo riuniti questa mattina 30 maggio corrente a l Campo di Marte di Roma ed alle 5 del mattino abbiamo proceduto alle misurazioni del terreno con una corda metrica di 100 metri, determinando un quadrilatero con piloni ai quattro angoli di un perimetro tota le di 1.300 metri. Quattro controllori, posti ai quattro piloni, hanno verificato il volo durante tutta la durata dell'esperimento. Il Sig. Delagrange ha messo in moto il suo motore verso le 5,40 e si è sollevato dal terreno dopo aver percorso circa 100 metri. Due cronometristi hanno controllato la durata del volo dal momento in cui il Sig. Delagrange ha lasciato il terreno a quello in cui ha ripreso contatto con il suolo ... La durata del volo è stata di 15' 26" e 4/5; la distanza misurata sui piloni è stata di metri 12.750. I sottoscritti, dopo aver misurato il percorso all'esterno dei bordi, stimano la distanza reale percorsa in volo di circa 15 km. Composizione della Giuria: Cortland T. Vishop, Presidente Aero-Club d'America, Gallese, Presidente della Commissione Sportiva $.A.I., Maggiore Mario Moris, Ing. Attilio Lanza, Ottavio Ricaldoni, Filippo de Filippi, Ippolito Biondi, Gino Solinas Sanna, Henry de Frankenstein, Caroline de Filippi. Per l'Associazione Promotrice Italiana di Aviazione -Roma- il

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Presidente Gallese, membri Maggiore Mario Moris, Filippo Doria, Filippo de Filippi, Ippolito Biondi". L'interesse di Moris nella esibizione di Delagrange si evince dalla sua partecipazione, avuta sia come membro S.A.J. e sia come caia1ponente dell'Associazione Promotrice Italiana di Aviazione. Nonostante i notevoli risultati conseguiti i romani, con la solita arguzia popolare romanesca, dopo aver a lungo aspettato e dopo essersi più volte recati alla Piazza d'Armi con il tram o con i carretti a cavallo, così si sfogarono: "Chi col tranve, chi col legno, pé vedé volà sto fregno! Con tanta boria s'arzò, comme pianta de cicoria". Delagrange si trasferì a Milano ed il 22 giugno compì un volo di 15' 30"; ed anche i milanesi, forse per invidia, ci scherzarono sopra; i continui rinvii per cattivo tempo e le solite avarie al motore Antoinette, fecero dire all'Ing. Thouvenot, amico ed assistente di Delagrange "Te ve no!". Delagrange volò successivamente a Torino. (Dalla Rivista Aeronautica n° 12 dell'anno 1968). Morissi stava cimentando con la costruzione del primo dirigibile militare italiano, ma era fortemente attratto dall'aviazione, anche se in Italia nessuno si lanciava in esperimenti aviatori. Questa ansia aviatoria aveva spinto Moris a costituire a Roma nel 1907 il Club degli Aviatori il cui comitato era così composto: Presidente -Maggiore Mario Moris, Segretario Capitano Castagneris, membri: Principe Scipione Borghese, Principe Filippo Doria, Conte Enrico di San Martino e Valpegna, Principe Ludovico Poten7iani, Principe Giovanni Torlonia, On. Sidney Sonnino, On. Emilio Maraini ed altri. l soci era no stati scelti soprattutto fra personaggi di alto loco che si potevano impegnare a sostenere di tasca propria le spese di impianto di una attività aviatoria sperimentale. Il 3 ottobre dell'anno di Delagrange a Roma, gli appassionati di aeronautica ebbero la loro prima grande soddisfazione: a Vigna di Valle aveva volato il primo dirigibile militare italiano costruito per volontà di Moris ed in base al le capacità tecniche di due ufficiali del genio, Croceo e Ricaldoni. I voli di Delagrange avevano lasciato il segno; cosicchè verso la fine del 1908 il Maggiore Maurizio Mario Moris, Comandante della Brigata Specialisti del Genio, propose al Ministero della Guerra dicostituire una scuola militare di aviazione; ma rag ioni di bilancio e soprattutto lo scarso entusiasmo sollevato fra i ministeriali dalle esibi.lioni di Delagrange, fecero accantonare la proposta.

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Il Club degli Aviatori decise quindi di agire in via privata ed a proprie spese; i quattordici soci più importanti del Club si tassarono di 4.000 lire ciascuno per sostenere le spese necessarie. Solo in un secondo tempo il Ministro della Guerra e quello della Marina fornirono un contributo di 7.000 lire ciascuno a titolo di incoraggiamento per una impresa a carattere civile. Il comitato esecutivo del Club potè così mandare il Maggiore Moris e Pau, in Francia, per con. eludere le trattative già iniziate con l'americano Wilbur Wright per l'acquisto di un velivolo e per un periodo istruzionale a vantaggio del Sottotenente di Vascello Mario Calderara, scelto quale primo allievo pilota per le sue precedenti esperienze fatte con un idrovolante di sua progettazione. Le trattative fra Moris e Wright giunsero a buon fine e fu concordato che il velivolo sarebbe stato pagato 25.000 lire e Wilbur Wright avrebbe ricevuto un altro compenso di 25.000 lire per il ciclo istruzionale da tenere a Roma. Alla chiusura del contratto il Maggiore Moris fu inv itato a compiere un volo con Wilbur Wright, il che avvenne sull'aeroporto di Avours; in quella occasione il primo italiano che volò come passeggero su di un aeroplano raggiunse la quota di 100 metri dal suolo. Contemporaneamente il Comitato esecutivo del Club degli Aviatori prese in affitto un prato alla periferia di Roma, in località Centocelle, e vi fece costruire un capannone per ricoverare il velivolo di Wright. Il 1° aprile 1909 Wilbur Wright giunse a Roma, ricevuto da Moris; l'all estimento d el pilone di lancio e della rotaia di partenza richiese alcuni giorni di tempo; il 9 aprile il primo campo di aviazione italiano era pronto per consentire l'attività di volo del velivolo di Wright ormai montato all'interno del capannone. Si trattava dell'aeroplano n° 4, costruito a Pau in Francia, e dotato di un motore Barriquande et Marre di Parigi, più potente del motore originale Wright. A parte il motore, detto velivolo era quasi uguale all'esemplare n° 1 che aveva volato per la prima volta a Kitty Hawk; differiva solo dalla posizione del pilota che inizialmente era coricato al posto di guida e che successivamente fu sistemato in posizione seduto. [) 15 apri le Wright eseguì il primo volo fra l'entusiasmo della folla; il giorno successivo portò in volo Calderara, poi Savoia ed infine Castagneris.

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I voli continuarono fino al termine d el contratto; Wright lasciò quindi Roma e Calderara proseguì i voli da solo per il proprio perfezionamento; quindi si dedicò all'istruzione al volo del Tenente Savoia. Nel 1909 fu costituita a Milano la Società Italiana di Aviazione (S.l.A.) che si interessò immediatamente di organizzare un grande circuito aviatorio in Italia, cioé il Circuito Aereo Internazionale di Brescia. L'affermazione del circuito internazionale d i Brescia (9-12 settembre 1909) fu una enorme propaganda per l'aviazione, ma dimostrò anche la nostra inferiorità, tanto negli apparecchi quanto nei motori, salvo qualche eccezione; ma l'impreparazione nostra era dovuta soprattutto alla scarsa esperienza di molti piloti. Questa constatazione fu fatta dal massimo esponente della nostra aeronautica militare, il neo-promosso Tenente Colonnello Mario Moris (al 31 marzo 1909) il quale, assistendo alle gare, volle, il 19 settembre, riunire a colazione tutti i piloti italiani per sentire le loro impressioni e le loro intenzioni. Moris era stato accompagnato a Brescia dall'Ing. Adorno Cammarota, un vero entusiasta dell'aviazione, diplomato presso la Scuola Superiore di Aeronautica di Parigi, con il quale, durante la riunione, ebbe uno scambio di idee sull'argomento. Ritornato a Roma il Tenente Colonnello Moris propose alle superiori autorità di costituire una Scuola civile di Pilotaggio per aeroplani a Centocelle, la prima in Italia, e di dare inizio a studi seri per la costruzione di aeroplani di ideazione italiana. La proposta venne rimandata a tempi migliori dalle massime autorità dell'esercito sia per ragioni di bilancio e sia perché gli esperimenti aviatori effettuati in Italia ed all'estero non davano ancora affidamento per una effettiva uti lizzazione dell'aeroplano nell'esercito. Dopo il rientro a Roma di Calderara e Savoia che avevano partecipato al circuito internazionale di Brescia, su direttiva di Moris, presso l'officina del Genio a Roma fu costruito, nell'inverno 1909-1910, un veleggiatore tipo "Wright"; detto veleggiatore fu impiegato dal gennaio 1910 al marzo dello stesso anno dai Tenenti Savoia, Saglietti e Gazzera per le loro esercitazioni con partenza dal pilone di lancio di Centocelle. L'll marzo 1910 il Ten. Col. Moris ricevette a Centocelle il Re e la Regina che si dimostrarono, come al solito, molto entusiasti sia dell'aviazione che dell'aeronautica.

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Il 22 maggio 1910 il velivolo Wright n. 4 compì l'ultimo volo a Centocelle e fu radiato dal servizio per vetustà; d'ordine del Club degli Aviatori il velivolo fu ceduto al Museo del Genio a Castel S. Angelo. 11 Club degli Aviatori di Roma patrocinò tutte le manifestazioni aviatorie a Roma fino al 1911; poi, cessata ogni sua attività, si fuse con la Sezione Romana della Società Aeronautica Italiana. I progressi e le affermazioni dell'aeronautica e dell'z viazione di quegli anni avevano convinto il Ministero della Guerra ad aderire alla proposta di Moris di concedere una certa autonomia alla Brigata Specialisti del Genio, responsabile di tutte le attività aeree; così, con R.D. 23 settembre 1909 n. 709, la Brigata Specialisti venne tolta dalle dipendenze del 3° Reggimento Genio e divenne autonoma; in quel momento la Brigata era composta da due compagnie specialisti, una compagnia treno, una sezione radiotelegrafisti ed una sezione fotografica. Nel 1909 Morissi preoccupò anche di incentivare la produzione di aeroplani da parte dell'industria civile, ma senza successo. Egli quindi accettò di fare costruire presso l'officina della Brigata Specialisti un velivolo progettato dal Marchese Filiasi; successivamente anche i genieri della Brigata si cimentarono nella progettazione e nella costruzione di un loro velivolo; purtroppo entrambi i velivoli andarono perduti per incidente di volo.

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NASCE A VIGNA DI VALLE IL DIRIGIBILE MILITARE

Sul lago di Bracciano l'idroplano volava sull'acqua a 70 chilometri all'ora e dimostrava una perfetta stabilità laterale; non vi erano più segreti da svelare ed era quindi giunto il momento di proseguire oltre nelle sperimentazioni aeronautiche; già dal 1905 un dirigibile floscio aveva volato a Schio ad opera del Conte Almerigo e con l'assistenza del Tenente Cianetti. Si trattava quindi di concretizzare lo studio già fatto da Croceo e Ricaldoni per la costruzione di un dirigibile militare di tipo semi-rigido, con caratteristiche completamente nuove; il pallone dirigibile sarebbe s tato mantenuto in forma da una trave reticolare metallica di irrigidimento posta all'interno del dirigibile, in corrispondenza della chiglia. Moris da tempo voleva dare inizio alla costruzione del dirigibile, ma le pratiche, inoltrate tramite i canali gerarchici al Ministero della Guerra, continuavano a rimanere senza risposta. Moris non si perse d'animo ed approfittando della conoscenza che aveva fatto del Sovrano e del suo entusiasmo per l'aeronautica, si rivolse direttamente a lui per ottenere i finanziamenti necessari. Vittorio Emanuele interpose i suoi buoni uffici e fece assegnare 400.000 lire per l'acquisto del terreno a Vigna di Valle e per la costruzione dell'hangar; restavano ancora fondi sufficienti per dare inizio alla realizzazione del dirigibile. Le parti in stoffa del dirigibile furono costruite nello Stabilimento Costruzioni Aeronautiche della caserma Cavour; la trave metallica fu costruita dalla ditta Savigliano. Il 26 luglio 1908 il dirigibile, finito di montare, fu gonfiato ad aria nel cortile interno della caserma per controllare la tenuta dei compartimenti a gas; l' involucro fu quindi smontato e portato a Vigna di Valle. L'N .l, (così fu denominato il primo dirigibile militare italiano) fu rimontato e gonfiato ad idrogeno; il 29 settembre 1908 esso fu sottoposto alla prova di rimorchio sotto il controllo vigile di Moris.

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Il primo volo dell'N.1 a Vigna di Valle avvenne il 3 ottobre 1908; nella navicella, che era molto simile allo scafo dell'idroplano, presero posto Croceo, Ricaldoni ed il meccanico Laghi; Moris, rimasto a terra, seguì il dirigibile nel suo volo da Vigna di Valle a Bracciano e viceversa, correndo con la sua automobile lungo la strada circumlacuale. A Vigna di Valle Moris fu il primo ad accorrere per congratularsi con i suoi ufficiali; egli pretese immediatamente di avere un posto a bordo del dirigibile per l'uscita successiva. Il 5 ottobre l'N.1 effettuò due uscite; alla prima uscita Moris effettuò un volo di circa un'ora con Croceo e Ricaldoni e si diresse su Anguillara; la seconda uscita della giornata si svolse in presenza del Ministro della Guerra, accorso ad ammirare l'opera straordinaria della Brigata Specialisti. Moris partecipò anche alla quinta sortita, 1'11 ottobre, con Croceo, Ricaldoni e Munari ed alla sesta, il 18 ottobre, con Croceo, Ricaldoni ed il meccanico Contin. Alla settima sortita, il 19 ottobre, partecipò anche il Ministro della Guerra ed all'undicesima volarono il Duca di Genova ed il Maggiore Moris. 1131 ottobre, alla sua quattordicesima uscita, l'N.l effettuò un volo ricordato dalla cronaca del tempo come il primo sorvolo della Capitale. Il giorno dopo, domenica 1 ° novembre, festa di tutti i Santi, il quotidiano "11 Messaggero", uscì con un titolo a tutta pagina: "Un'altra vittoria del genio italiano"; nell'articolo che seguiva era scritto: " ...Il dirigibile militare è venuto da Bracciano a Roma ed è tornato a Bracciano dopo un giro sulla città ..." Una colonna della prima pagina era dedicata al maggiore Maurizio Mario Moris, l'artefice principale e silenzioso di quella vittoria, ed era intitolata "Un colloquio con il maggiore Moris". Eccone il testo: "Uno dei principali cooperatori a questa gloria italiana che è il nostro dirigibile è stato il maggiore Maurizio Mario Moris, comandante il distaccamento del 3° Reggimento Genio - Briga ta Specia listi. È il tipo dell'ufficiale moderno, non solamente valoroso e leale, ma stud iosissimo. Alto, magro, dalla fronte spaziosa, gli occhi rilevanti una intelligenza sveglissima e grande energia, la barbetta fra il biondo ed il grigio precoce, appare uomo abituato a comandare agli altri ed a se stesso; è nativo del Piemonte, la forte terra a cui l'Italia deve molte fra le più belle pagine del suo Risorgimento. Abita in un villino di via degli Scipioni n . 72.

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Ieri sera, quando sapemmo che era tornato nella sua automobile da Bracciano, ci recammo a visitarlo, desiderosi di conoscere l'impressione sua sull'avvenimento del giorno che viene ad aggiungere una nuova gloria al nome italiano. "Nessuna intervista" egli disse subito, "non mi piace che il mio nome vada sui giornali; c'è già andato troppo contro il mio volere". "No Maggiore, nessuna intervista: desidererei solamente sapere le sue impressioni sulla superba vittoria di oggi poiché ella ha seguito in automobile il volo trionfale del dirigibile". "Eccole qualche notizia riassuntiva: il dirigibile partì a mezzogiorno preciso da Vigna di Valle, fece un giro attorno al lago di Bracciano e per Anguillara, tenendosi a sinistra della via Cassia, si diresse su Roma procedendo ad una velocità di 45 chilometri all'ora, senza adoperare tutta l'energia del gruppo propulsore, all'altezza di circa 400 metri dal suolo, con vento in poppa. Giunse a Roma in trentacinque minuti. Al ritorno ebbe vento contrario e quindi rallentò alquanto la sua corsa ed impiegò un tempo molto maggiore. TI dirigibile, nel lottare contro la tramontana, si portò benissimo; non ebbe mai a subire scosse, mai beccheggiò; proseguì tranquillo e maestoso la sua marcia ed andò a scendere tranquillamente presso l'hangar di Vigna di Valle. Domani si procederà al suo sgonfiamento per metterlo in condizioni di riprendere piu tardi le esperienze". Moris era soddisfatto; sapeva di avere dato al pallone la possibilità di dirigersi e di navigare secondo la volontà del pilota, in altri termini di averlo trasformato in una aeronave e, come più semplicemente si chiamò, in un dirigibile. Secondo la programmazione fatta da Moris ed approvata dal Ministero della Guerra, all'N.1 seguì l'N.1 bis, l'N.2, l'N.3 e tutta una serie di dirigibili semi rigidi che saranno impiegati con successo nella guerra in Libia (1911-1912) e nella prima guerra mondiale. Fino al 1919 la filosofia costruttiva dei semirigidi italiani sarà quella voluta da Croceo; successivamente l'ing. Umberto Nobile, diventato direttore dello Stabilimento Costruzioni Aeronautiche, apporterà modifiche sostanziali ai criteri costruttivi del semirigido italiano, tanto da farlo apprezzare in tutto il mondo. Moris, che fu superiore di Croceo e che poi sarà amico di Nobile, conserverà sempre una predilizione per il dirigibile rispetto all'aeroplano, a ragione del fatto che nella costruzione dei dirigibili avevamo raggiunto un livello internazionale usando ingegneri e manodopera militare, mentre per quanto riguarda gli aeroplani, abbiamo raggiunto una

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Vigna di Va lle, anno 1909

Il dirigibile N.1 bis poco prima de/In partenza.


certa originalità costruttiva solo alla fine della prima guerra mondiale, restando quasi sempre dipendenti dall'industria aeronautica francese. Questa predilezione fu causa di dispiaceri per Moris, ingiustamente accusato da alcuni detrattori di avere trascurato l'aviazione, cioè l'insieme degli aeroplani, a vantaggio dell'aeronutica, cioè dei dirigibili. In effetti Moris diede il suo massimo appoggio a Croceo e Ricaldoni che progettarono e costruirono nello Stabilimento Costruzioni Aeronautiche tutta la serie dei dirigibili P (Piccolo) ed M (Medio) che presero parte, i primi alla guerra di Libia, ed i secondi, alla prima guerra mondiale. Moris prevedeva un grande avvenire per i dirigibili nell'aviazione civile; quando, nel primo dopoguerra, egli divenne nuovamente Direttore Generale per l'Aeronautica, la sua grande aspirazione fu quella di fare costruire grandi dirigibili per collegare l'Italia con l'America del sud attraverso regolari vie aeree. Nel 1919 Celestino Usuelli aveva lanciato l'idea per la costruzione di un grande dirigibile semirigido da trasporto da 34.000 metri cubi di volume ed aveva riunito nel suo studio privato altri tre famosi ingegneri progettisti: Croceo, Nobile e Prassone. Ma il progetto sarebbe rimasto lettera morta senza l'intervento del Direttore Generale per l'Aeronautica, Generale Moris. li T.34, come fu chiamato il più grande dirigibile semirigido costruito fino allora, fu venduto all'Esercito degli Stati Unili con il nome di "Roma". Alla fine del 1919, mentre iniziavano i primi lavori del T.34, Usuelli iniziò lo studio del T.120; ma non vi fu molto accordo sulla filosofia del progetto fra Croceo e Nobile ed il T.120 rimase solo sulla carta. Nobile non credeva nel semirigido da 120.000 metri cubi, perché loriteneva di dimensioni eccessive per quel tipo di costruzione, e pertanto lanciò un suo progetto per un semirigido da 55.000 metri cubi, ritenendolo più adatto ai mezzi ed alle conoscenze che allora si avevano in Italia. Moris, dopo avere aiutato Nobile a diventare direttore dello Stabilimento di Costruzioni Aeronautiche e dopo avere salvato quest'ultimo dalla liquida z ione, s i era dimesso dall'incarico di Direttore Genera le e si era ritirato a vita privata. Ma continuava ad entusiasmarsi per i problemi aeronautici; il 15 luglio 1921 Moris da Lugano scriveva a Nobile: " ... .Intanto però perdiamo tempo prezioso. Come Ella saprà meglio di me la Zeppelin ha trovato la via giusta. Si sta installando grandiosamente in Spagna ed ormai tutto è - 44 -



pronto per organizzare a l più presto la linea da noi vagheggiata, la linea Cadice, isola Capo Verde, Pernambuco, Rio de Janeiro, Montevideo, Buenos Aires, ecc.... Un avvenire immenso, un traffico inaudito ... l'avvenire il più grandioso che si possa immaginare per la Spagna. Io vedo qui a Lugano parecchi argentini che mi dicono cose m olto interessanti circa la ricchezza inesplorata dell'immensa regione che si estende verso Sud e che considerano l'evento di linee aeree con potenti dirigibi li come il principio di una nuova era di prosperità per il loro paese e per l'Europa. Beata Spagna!". Quando poi ·obile con il dirigibile .1 di sua costruzione, denominato "Norge" dopo l'acquisto da parte d ell' Aeroclub di Norvegia, sorvolò il Polo Nord, l'entusiasmo di Moris giunse alle stelle. In data 14 giugno 1926 Moris così scriveva dalla sua villa di Monte Mario: "Mio carissimo e bravo Nobile, oggi ho saputo dallo Stabilimento che le inviano il materiale a New York ed io prendo questa occasione per inviarle il più affettuoso, il più intenso, il più paterno saluto. Dico proprio paterno, giacché se avessi avuto un figlio non avrei certo trovato in lui l'affezione, l'unione di anima e di cuore che ho trovato in Nobile .... La notizia della sua nomina a generale mi ha fatto piacere, non per la cosa in se, giacché ben altra cosa io avrei fatto per Nobile se fossi stato in condizioni di imporre la mia volontà, ma perché essa mette nelle sue mani per ora tutto quanto riguarda i dirigibili ed in seguito, io spero, tutta quanta la nostra aviazione .... Ciampino d eve essere il più grande cantiere di dirigibili N (cioé tipo Nobile - n.d.A.) sempre più perfetti. Dobbiamo avere al più presto N. 54 e poi N. 150 e per ottenere risu ltati grandiosi è indispensabile che Nobile sia padrone assoluto epossa spezzare i vecchi antagonismi e le nuove invidie .... Io sento che Ella non ha perduto un momento e che la grandiosa esperienza compiuta ha certamente fatto germogliare nel suo cervello tutto un programma d~ studio, di creazione e di azione. Quel programma sarà il grande trionfo della nostra aeronautica se la Superiore Autorità saprà comprendere, saprà dare a Lei il più g rande appoggio e saprà mettere lo Stabilimento in condizioni di produrre. Per questo io conto specialmente sulla sua influenza personale su Mussolini .... ". In effetti Nobile, con l'approvazione di Mussolini, tornerà al Polo Nord con il dirigibile "Italia", ma la sua avventura si chiuderà tragicamente sul pack; ne approfitteranno i detrattori del dirigibile per abolire definitivamente la specialità dirigibilisti dalla Regia Aeronautica; eravamo nel 1928 ed il general e a Monte Mario deve avere subito un contraccolpo terribile. - 46 -



Nove anni dopo, Moris, ormai invecchiato e distrutto moralmente dalla recente perdita della sua cara moglie "Mimì", vide tramontare definitivamente il suo grande sogno, quello di vedere l'Atlantico attraversato da grandi aeronavi passeggeri; infatti anche il sogno di Zeppelin andò in fumo; l'ultima grande aeronave ad attraversare l'Atlantico fu l"'Hindenburg" che nel 1937 fu distrutto da un incendio all'arrivo n egli Stati Uniti. Moris morirà a Roma nel 1944, sette anni dopo aver visto crollare ogni sua illusione su i dirigibili, ma comu nque dopo avere anche visto nascere compagnie di navigazione aerea, come egli sognava, dotate di potenti aeroplani anziché di grossi dirigibili.

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MORIS E LA RADIO IN AERONAUTICA

Moris si era interessato specificatamente di fotografia dal 1896 al 1904 in quanto, pur rimanendo in forza al comando della Brigata Specialisti, aveva svolto le funzioni di capo sezione fotografica. Ma nella brigata vi era un altro settore molto interessante per gli sviluppi futuri, quello della radio, e Moris, aperto a tutte le innovazioni, seguiva attentamente ogni sperimentazione. Per questo suo interessamento, il 1° dicembre 1902 Moris fu nominato membro effettivo della Commissione Permanente per il servizio radio-telegrafico dello Stato, quale rappresentante dell'amministrazione della guerra. Nel 1904 Moris, promosso maggiore, fu nominato comandante la Brigata Specialisti; egli, conscio dell'importanza della radiotelegrafia per le operazioni campali, istituì immediatamente una Sezione Radiotelegrafisti nell'ambito della Brigata; nello stesso anno egli fece costruire presso le officine della caserma "Cavour" di Roma la prima radio campale per il R. Esercito. La sezione radiotelegrafisti ricevette il crisma dell'ufficialità solo nel 1906; il su o primo capo fu il Capitano Faillo. In Ita lia il primo esperimento radio per scopi milita ri era stato effettuato nel 1903 presso il 3° Reggimento Genio di Firenze da cui dipendeva la Briga ta Specialisti d i Roma, ma i risultati ottenuti erano stati considerati insoddisfacenti e le prove successive furono sospese. Successivamente il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, generale Saletta, assistette in Germania al le grandi manovre e notò come le stazioni radio campali fossero utilizzate con successo. Egli chiese al capo di stato maggiore germanico notizie sull'impiego della radio in campo militare ed ottenne la seguente risposta scritta interlocutoria: "L'esercito tedesco sarebbe disposto ad invitare la Società Telefunken a fornire all'esercito italiano d egli apparecchi radio dietro pagamento del loro prezzo commerciale a condizione che l'esercito italiano ceda all'esercito tedesco il teleobiettivo speciale per telefotografie, - 49 -


studiato particolarmente dalla Se7ione Fotografica della Brigata Specialisti del Genio, che ha assunto al riguardo un indubbio primato". Il generale Saletta si consultò con il maggiore Moris, già capo della Sezione Fotografica della Brigata Specialisti; ma l' interpellato ritenne non conveniente il cambio perché la Telefunken, società privata, sarebbe stata ben lieta di vendere le sue apparecchiature dietro pagamento adeguato, mentre l'Esercito Italiano avrebbe ceduto un brevetto militare coperto da segreto senza compenso. Il generale Saletta condivise il parere di Moris e si rivolse al marchese Solari, assistente di Guglielmo Marconi, perché si stabilisse una proficua collabornzione fra la Compagnia Marconi e la Brigata Specialisti. Nello stesso anno 1904 nelle officine della caserma "Cavour" furono realizzate due stazioni campali del sistema Marconi, del tipo a scinti lla a spinterometro fisso, della potenza di 0,5 kw, funzionanti sulla lunghezza d'onda di 300 metri. Il collaudo di dette stazioni fu effettuato s ulla distanza Roma-Tivoli; alle prove assistettero il capo di stato maggiore dell'esercito, generale Saletta, il maggiore Moris da cui dipendeva la Sezione Radiotelegrafica, ed il marchese Solari, assistente di Marconi. A questi primi successi seguirono numerosi altri dovuti alla collaborazione del marchese Solari con il personale tecnico della sezione radiotelegrafica. Durante la guerra italo-turca in Libia furono usate con successo alcune stazioni campali tipo Marconi, a scintilla musicale, della potenza di 1,5 kw, costruite presso le officine Marconi di Genova. l'applicazione della radio agli aeroplani ebbe il suo primo impulso dall'incontro del colonnello Moris, capo ufficio di Ispez ione dei Servizi Aeronautici del Ministero della Guerra, con il marchese Luigi Solari, assistente di Marconi, e con il maggiore Bardeloni d ella sezione radiotelegrafisti, esperto radiotecnico ed egli stesso inventore e progettista di apparati radio. In campo terrestre Moris divenne un sostenitore accanito dell'impiego della radio nelle operazioni militari; egli organizzò le campagne radiotelegrafiche del 1908, 1909, 1910 e 1911 e propugnò la partecipazione delle radio campali alle grandi manovre degli stessi anni. Dal 1909 al 1910 egli seguì personalmente l'impianto della rete radio di frontiera con frequ enti ispezioni e continui s uggerimenti; anche la rete

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telegrafica nazionale, che per la parte terrestre fu realizzata dagli specialisti del genio, trovò in Moris un appassionato sosteni tore. (*) Per quanto riguarda l'installazione a bordo di aeromobili di stazioni trasmittenti, le prime prove furono fatte a bordo dei dirigibili P. l e P.2 dislocati presso il Cantiere Sperimentale d i Vigna di Valle, a cavallo dell'anno 1914; quando poi i suddetti dirigibili furono dichiarati non più operativi, essi furono riservati unicamente alle prove sperimentali di radiotelegrafia di bordo. I primi tentativi di installazione della radio trasmittente a bordo degli aeroplani furono fatti nel settembre 1915, quando già i dirigibili erano regolarmente dotati di apparati radio trasmittenti, utilizzati per trasmettere a terra messaggi di scoperta. Le scariche elettriche dovute all'accensione delle candele dei motori non hanno consentito per tutto il periodo della prima guerra mondiale di installare a bordo degli aeromobili apparati radio riceventi; il problema sarà risolto solo quando sarà inventata la scherm atura delle candele e dei magneti e quando saranno introdotte le valvole termoioniche capaci di amplificare il segnale in arrivo. (•) Le notizie sopra riportate sono state estratte dal Bollettino dell'Istituto Storico e di Cultura dcli' J\rma del Genio (Fascicolo 22 d icembre 1945 - Articolo del Gen. C.A. Stefano Degiani).

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MORIS E LA METEOROLOGIA AERONAUTICA

Il servizio aerologico per scopi militari ebbe le sue origini in Italia nell'ambi to della Sezione Aerostatica della Brigata Specialisti del Genio; infatti, fra i compiti di istituto assegnati a detta Sezione, costituita per la prima volta nel 1884 e passata alle dipendenze del capitano Moris nel 1894, vi fu quello di effettare studi sulla libera atmosfera. Le crescenti esigenze di assisten za meteorologica per le necessità del volo degli aerosta ti furono esaminate nel corso della riunione della Commissione Internazionale per l'aerostazione scientifica che si svolse a Berlino nel 1902. L'Italia fu presente a questo congresso con una rappresentanza formata dal Prof. Luigi Palazzo, direttore dell'Ufficio Centrale d i Meteorologia e Geodinamica di Roma, dal tenente colonnello Marino Borgatti, comandante la Brigata Specialisti e dal capitano Maurizio Mario Moris, capo della Sezione Fotografica della Brigata stessa. Fra le varie decisioni prese in quel congresso vi fu quella di effettua re sondaggi contemporanei il primo giovedì di ogni m ese; detto giorno fu chiamato "internaziona le" ai fini della meteorologia. Al tenente Cianetti della Brigata Specialisti fu dato l'inca rico d i eseguire prove per l'innalzamento di strumenti registratori con cervi volanti di vari tipi, con u n piccolo "draken" di 65 o 100 metri cubi gonfiato ad idrogeno e con palloni sferici di seta gommata di 60 metri cubi d i volume. Il 6 novembre 1902 d u e aerostati si innalzarono dal cortile interno della caserma "Cavour" di Roma con a bordo il tenente Cianetti, il tenente Polenghi ed il Prof. Palazzo su I primo ed il tenente Ottavio Ricaldoni, il tenen te Giuseppe Arciprete ed il Conte Almerico da Schio sul secondo; entrambi gli sferici effettuarono un volo libero nell'atmosfera per consentire rilevazioni aerologiche. Quando nel 1904 il maggiore Moris assunse il comando della Brigata Specialisti, intuì immediatamente l' importanza della aerologia ai fini della navigazione aerea e pertanto si preoccupò di istituire al più presto un Centro Aerologico Aeronautico.

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A questo scopo egli chiese la collaborazione di un ufficiale che frequentava il corso d i aerostatica, inizia tosi a Vigna d i Valle il 1° marzo 1906, cioè del tenente Cristoforo Ferrari, particolarmente preparato in aerologia. Dal 30 settembre al 7 ottobre 1906 si tenne a Milano la s~ Conferenza Internazionale di aerostazione scientifica, cioè di aerologia; la prima conferenza della serie era stata tenuta a Strasburgo nel 1898; le successive erano state tenute regolarmente ogni due anni in città diverse. Fra i rappresentanti militari partecipanti alla conferenza il più elevato in grado fu il Maggiore Moris, comandante la Brigata Specialisti del genio; gli altri ufficiali furono: i capitani Castagneris, Petrucci e Frassinetti ed i tenenti Cianetti, Munari e Ranza. Nel 1907, su interessamento di Moris, il tenente Ferrari fu assunto in forza dalla Brigata Specialisti con il mandato di redigere un progetto per la costituzione in Italia del primo osservatorio aeronautico per le ricerche e per le applicazioni di aerologia. A quell'epoca in Italia l'unica fo nte di informazione era l'osservatorio di Pavia, il solo ad interessarsi di studi aerologici. Sulla base del progetto del tenente Cristoforo Ferrari, nel giugno 1909 a Vigna di Valle, nei pressi del Cantiere Sperimentale per Dirigibili, fu ini ziata la costruzione dell'Osservatorio Aerologico. Il 1° marzo 1911 il Consiglio di Presidenza del Comitato Talassografico Italiano, su proposta del Gruppo Aerologico presieduto dal tenente colonnello Maurizio Mario Moris, inviò il dottor Cesare Fabris, assistente di aerologia del Regio Comitato, a visitare i principali istituti aerologici stranieri. La direzione centrale del servizio aerologico cominciò a funzionare verso la fine del 1911 presso il Battaglione Specialisti del genio ancora dipendente dall'appena promosso colonnello Moris. I primi lanci di pallone sonda furono iniziati sperimentalmente in aprile 1912 ed il 1° maggio iniziarono i lanci simultanei dalle seguenti stazioni aerologiche: Vigna di Valle, Milano, Verona, Pavia, Moncalieri, Ferrara, Modena, Firenze, Livorno, Montecassino, Mi leto, Catania e Tripoli. Il Regio Servizio Aerologico italiano fu istituito con R.D. n. 455 del 27 febbraio 1913, auspice il colonnello Moris che nel frattempo aveva assunto un incarico a livello centrale, cioè era diventato il capo Ufficio Ispezione dei Servizi Aeronautici nell'ambito della Direzione Generale di Artiglieria e Genio del Ministero della Guerra . - 54 -


PRIMA LEGGE DI BILANCIO E NASCITA DELL'AVIAZIONE

ln gennaio 1910, su sollecitazione del tenente colonnello Moris, comandante la Brigata Specialisti, il Ministro della Guerra autorizzò la costituzione a Vigna di Valle di una Scuola per Piloti di Dirigibile; i primi piloti ammessi a frequentare la scuola furono otto ufficiali delle "armi dotte" dell'esercito, cioè di artiglieria e genio, e quattro ufficiali di vascello della Marina. All'inizio del 1910 dipendevano dalla Brigata Specialisti del Genio tre aeroscali per dirigibili, ognuno dotato di hangar: Vigna di Valle (Bracciano), Campalto (Venezia-Mestre) e Boscomantico (Verona). Il dirigibile N.1 era stato modificato ed aveva ripreso a volare in gennaio con il nominativo N.1 bis; sgonfiato nuovamente, fu ricostruito con maggiori dimensioni e fu denominato N.1 ter (poi P.1). [ntanto il Ministero della Guerra aveva dato il suo assenso ad una prima attuazione del vasto programma di potenziamento d ella flotta aerea ed il tenente colonnello Moris fu incaricato di studiare i dettagli di detto piano. Confortati da lle felici esperienze d el N.1, gli specialisti della Brigata furono autorizzati a costruire un nuovo dirigibile, il N.2. Poiché la fabbricazione di involucri di seta verniciata richiedevano troppo tempo, si decise di adoperare tessuti gommati di fabbricazione tedesca, più pesanti della seta . Ciò comportò la necessità di au mentare la cubatura, portandola a 4.400 metri cubi; furono inoltre migliorati i tubi di gonfiamento e le va lvole; detto dirigibile effettuerà il suo primo volo a Vigna di Valle il 14 settembre dello stesso anno. Per quanto riguarda l'aviazione nel genna io 1910 il Ministero della Guerra autorizzò l'esercizio d i una scuola di aviazione a Centocelle per militari e civi li, sotto la direzione del tenente di vascello Calderara. Tn febbraio 1910 a Centocelle volavano il velivolo N° 4 di Wright ed il veleggiatore tipo Wright costruito dal tenente Savoia nell'officina della Brigata Specialisti. - 55 -


Nel maggio 1910 il tenente Savoia, d'ordine del tenente colonnello Moris, si recò in Francia, a Mourmelon le Grand, per un corso di pilotaggio e per l'acquisto di un velivolo tipo Henry Farman. Il 22 maggio 1910 il velivolo di Wright, che volava a Centocelle dal 15 aprile dell'anno precedente, fu messo in disarmo per eccesso di usura; il 25 giugno giunse dalla Francia a Centocelle il tenente Savoia con il suo H. Farman, dotato di motore Gnome da 50 HP. I velivoli di Centocelle erano abituati a girare attorno al campo; essi non potevano allontanarsi e non potevano sorvolare la città di Roma; ma il tenente Savoia si sentiva ormai un veterano e quindi, messo alla guida del nuovo H. Farman, era pronto ad affrontare il primo grande raid aereo. Egli chiese l'autorizzazione tecnico-operativa al tenente colon nello Moris e quella disciplinare al comandante della Divisione di stanza a Roma; l'autorizzazione fu concessa con la sola raccomandazione di non sorvolare i tetti di Roma per non fare correre rischi ai cittadini della Capitale. Partito da Centocelle al mattino del 30 giugno, Savoia sorvolò S. Lorenzo, Castro Pretorio, il Policlinico, i Parioli, il Trionfale e diresse verso la costa occidentale del lago di Bracciano passando su Anguillara. Durante il volo Savoia intravvide dall'alto la macchina di Moris che lo seguiva lungo il percorso portando a bordo i capitani Zicavo e Petrucci. All'arrivo a Vigna di Valle Moris abbracciò cordialmente Savoia e si congratulò con lui perché ""il primato ottenuto costituiva una delle più belle conquiste dell'aviazione turistica italiana."" Nello stesso anno 1910 la Brigata Specialisti, su direttive di Moris, costruì su licenza tre Henry Farman biplani. Il progresso aeronautico era ormai giunto al punto da interessare direttamente e seriamente i governi e gli stati maggiori per i possibili impieghi in guerra. Anche il governo italiano ritenne giunto il momento di dare concretezza al programma predisposto dal Ministero della Guerra in base agli studi della Brigata Specialisti agli ordini del tenente colonnello Moris. Il programma studiato nel 1909 prevedeva una spesa di 25 milioni di lire, ma il Ministro del Tesoro, On . Tedesco, lo ritenne troppo oneroso ed impose la riduzione a 10 milioni. Il Ministro della Guerra, On. Spingardi, incaricò quindi il tenente colonnello Moris di studiare un programma ridotto, entro i limiti stabiliti - 56 -


dal Ministro del Tesoro; fu così proposta la costruzione di 9 dirigibili con 7 cantieri e due aeroscali smontabili, un campo di aviazione ed una officina di produzione di idrogeno; 10 aeroplani con due aerodromi provvisti di hangars; un campo di aviazione ed appositi stabilimenti militari per dirigibili ed aeroplani. Il programma suddetto fu approvato con legge n° 422 del 10 luglio 1910 che previde "maggiore assegnazione di lire 10 milioni e nuova ripartizione di stanziamento nella parte straordinaria di previsione della spesa del Ministero della Guerra." L'aeronautica otteneva così il primo riconoscimento come componente a se dell'Esercito e le spese di bilancio per la prima volta venivano assegnate separatamente alla componente aviatoria. Quasi contemporaneamente alla legge 10 luglio 1910 fu discusso ed approvato dai due rami del Parlamento un provvedimento che prevedeva il riordinamento dell'Esercito; in base alla legge 17 luglio 1910 n° 515, la Brigata Specialisti Autonoma fu trasformata in Battaglione Specialisti Autonomo del Genio; il R.D. di attuazione del 9 agosto 1910 (con effetto dal 1° ottobre successivo) e successivame_nte la circolare 28 ottobre 1910 stabili rono in particola re la costituzione della Sezione Aviazione presso il Battaglione Specialisti; gli avia tori entrarono ufficialmente a fare parte dell'ordinamento militare italiano a partire dal 1° novembre successivo. La Sezione Aviazione ebbe come sua prima sede il Forte Casilino; il comando della sezione fu assunto dal tenente colonnello di artiglieria Vittorio Cordero di Montezemolo che divenne così un dipendente di Moris. Il 2 agosto 191 O il Ministro della Guerra, Generale Spingardi, giunse improvvisamente sul campo di Centocelle, presso la neocostituita Scuola di Pilotaggio, accompagnato dal Colonnello Moris; il Ministro chiese di essere portato in volo; Moris lo consegnò al tenente Savoia, il più provetto pilota della scuola, che lo fece accomodare sul · suo Henry Forman. Spingardi fu il primo ministro in Italia ad andare in volo con un aeroplano militare. Il 12 settembre il tenente Umberto Savoia, in regola con tutte le autorizzazioni, compì un volo memorabile sulla Città Eterna, già sorvolata una sola volta dal dirigibile N . 1 il 31 ottobre 1908; partito di buon mattino da Centocelle con il suo H. Farman, Savoia sorvolò il guartiere di San Lorenzo, poi si diresse verso Porta Pia; sorvolò quindi il - 57 -


Quirinale e fece un ampio giro su piazza Colonna, ove la folla lo applaudiva; attraversò il Tevere, volò su Monte Mario e sulla piazza d'armi ove si stava apprestando l'esposizione per il cinquantenario del Regno d'Italia; quindi passò sulla caserma Cavour, sede del comando di Battaglione e rientrò a Centocelle. Questo volo fu imitato, senza precedente autorizzazione, pochi giorni dopo dal sottotenente di complemento del Genio Giulio Gavotti il quale, nel pomeriggio del 26 settembre sorvolò San Pietro, il Quirinale e la stazione Termini applaudito dalla folla. Ma la disciplina militare non ammetteva, allora come ora, infrazioni o deroghe ai regolamenti. Dal Battaglione Specialisti partì quindi per Gavotti la seguente lettera di arresti: "Pregiomi informare la S.V. che il signor comandante il battaglione (ovviamente M.M. Moris -n .d.A.) in data di ieri 26 Le ha inflitto la punizione di 5 giorni di arresti semplici nella propria abitazione, pel motivo: Senza avere chiesto la prescritta autorizzazione, compiva sulla città di Roma, al suo diciottesimo giorno di scuola, un meraviglioso volo in aeroplano all'altezza di 1000 metri. Fi rmato capitano E. Zicavo." fl volo di Gavotti ricordava in un certo senso il volo di Moris effettuato con un pallone libero di propria costruzione 1'11 giugno 1894; in entrambi i casi la disobbedienza al regolamento fu punita con una lettera che sapeva più di encomio che di reprimenda; però Moris non se la sentì di firmare la lettera di arresti per Gavotti e lasciò l'incarico al suo aiutante, capitano Zicavo.

Nel novembre 1910 Moris, usufruendo dello stanziamento assegnato con la legge 10 luglio all'aviazione, si recò in Francia, accompagnato dal tenente di vascello Manlio Ginocchio, per trattare l'acquisto di due monoplani Bleriot XI, del tipo "attraversata della Manica", per dotarne la Scuola di Pi lotaggio di Centocelle. Nel 1910 Morissi meritò una lusinghiera citazione in pieno Senato ad opera del senatore Pedotti e del Sottosegretario di Stato alla guerra; la citazione così suonava: "Innamorato del servizio aeronautico che ha creato, si può ben dire in Italia, vi dedica competenza e passione impareggiabili ed attraverso difficoltà di ogni sorta, che scoraggerebbero chiunque, riesce a mantenerlo ad un grado di sviluppo che non si può n on ammirare". (•) (*)

Estratto dal Bollettino dcll' btituto Storico dell' Arnl<l del Genio - F,1scicolo 22 - dicembre 1945 - Articolo del Gcn. C.A. Stefano Dcgiani dal titolo: "Un grande soldato li generale Maurizio Mario :vtorb" .

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GLI ANNI DELLA GUERRA IN LIBIA

Al 1° gennaio 1911 il Ten Col. Moris era ancora al comando del Battaglione Specialisti autonomo del genio la cui dislocazione era la seguente: Comando di Battaglione alla Caserma Cavour; Comando 1u, 2~ e 3~ Compagnia Specialisti e 5,1 Compagnia Operai alla Caserma Cavour; Sezione Fotografica al Forte Monte Mario; Sezione Aviazione al Forte Casilino; 2u Compagnia specialisti all'aeroscalo di Campalto Mestre. Poiché il baricentro delle attività si trovava fra i Prati di Castello e Monte Mario, Moris spostò la sua abitazione da scapolo da Trinità dei Monti a via degli Scipioni 72, nei pressi della Caserma Cavour. La componente aeronautica dell'Esercito si stava ingrandendo sempre di più e pertanto l'ordinamento del Battaglione Specialisti, che raggruppava tutte le specialità dell'aeronautica e dell'aviazione, si stava dimostrando sempre pili inadeguato; si rendeva necessario emanare una nuova legge ordinativa, ma il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito riteneva prematuro provvedervi; di diverso parere era il Ministro della Guerra che con R.D. 10 marzo 1911 dispose la nuova struttura del Battaglione Specialisti del Genio che veniva così organi zzato in un Comando e 4 Reparti. I reparti erano i seguenti: 1 ° Reparto: Truppe e servizi vari; 2° Reparto: Aviazione Militare; 3° Reparto: Dirigibili Militari; 4° Reparto: Stabilimento sperimentale di costruzioni aeronautiche. Inoltre, con R.D. 10 luglio 1911 n° 691, fu istituito presso il Battaglione, un Consiglio di Amministrazione speciale per il servizio d ella flotta aerea. Ma anche a livello centrale si rendeva necessa rio individuare ordìnativamente un organismo che si preoccupasse esclusivamente dell'aeronautica; così con R.D. 6 aprile 1911 fu istituito, presso il Ministero della Guerra, l'Ufficio di Ispezione dei Servizi Aeronautici. Detto Ufficio fu inquadrato nella Direzione Generale di artiglieria e genio; ad esso fu affidata la parte tecnica, compreso il concorso

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dell'industria privata, e quella amministrativa relativa all'impiego dei fondi per l'approvvigionamento dei materiali ed alle ordinazioni all'industria. Il 1° aprile 1911 Moris fu promosso a scelta Colonnello e fu spostato dal suo comando periferico a quello centrale dell'ufficio di ispezione, con funzione e rango di capo divisione, alle dipendenze della Direzione Generale di Artiglieria e Genio. Il comando del Battaglione Specialisti fu assegnato in pari data al Ten. Col. Giuseppe Motta. Prima ancora di essere nominato capo ufficio di ispezione, Moris aveva preso in seria considerazione l'opportunità di spostare al nord il campo scuola di volo in quanto Centocelle era troppo vicino alla città, era delimitato dalle linee di alta tensione ed ormai era considerato idoneo solo per voli civili e turistici; non estranee erano le pressioni di alcuni industriali che avevano impiantato le loro officine di costruzioni aeronautiche nella valle del Po. Alla fine del 1910 Moris, con il Tenente Savoia, si era recato a fare un sopralluogo nella valle padana ed aveva suggerito quindi di impiantare i campi-scuola a Malpensa (Varese) e ad Aviano (Udine). Il 12 marzo 1911 la scuola militare di pilotaggio di Centocelle chiuse i battenti e spedì gli 8 aeroplani esistenti (5 Blériot e 3 H. Farman) ad Aviano ad a Cascina Malpensa. La scuola militare di aviazione di Aviano fu inaugurata 1'8 maggio 1911; il comando fu assunto dal Ten. Col. Cordero di Montezemolo e la direzione dei corsi dal Ten. Vasc. Ginocchio, coadiuvato dal Ten. Gavotti; Moris, capo ufficio di ispezione dal 1° aprile, partecipò alla cerimonia come massima autorità aeronautica. Intanto la "questione di Tripoli" stava creando sempre più tensione fra il Governo italiano e quello turco; l'Italia non voleva intromissione di ostacoli al proprio commercio con la Tripolitania e la Cirenaica, ma la Sublime Porta con tinua va a sollevare le popolazioni contro l'Italia. Tn previsi')ne di dovere fare uso di aeronavi per il servizio di esplorazione a mare in operazioni contro la Libia, l'ufficio di Ispezione dei Servizi Aeronautici, diretto dal Colonnello Moris, ordinò al Battaglione Specialisti di distaccare a Brindisi le aeronavi P.2 e P.3. Nel 1911 l'Italia si apprestava a celebrare il 50° anniversario dell'indipendenza nazionale; il comitato per i festeggiamenti e la

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commissione esecutiva dell'esposizione internazionale di Torino stabilirono di lanciare un volo Parigi-Roma. Il colonnello Moris non ritenne di poter fare partecipare piloti militari al volo suddetto, ma in compenso dedicò ogni sua energia all'organizzazione dell'assistenza a terra dei velivoli partecipanti. La mattina del 28 maggio 1911 dall'aerodromo di Bue (Parigi) partirono dodici aviatori; nessun italiano era iscritto ufficialmente. Il 31 maggio l'alfiere ufficiale Beaumont atterrò per primo ai Parioli; egli venne accolto a Roma come un antico trionfatore. Accompagnato alla sede romana del "Corriere della Sera", egli disse: ·"Ho trovato l'organizzazione italiana perfetta ... Io pure sono cu ltore del più leggero eritengo che i dirigibili italiani siano i mig liori esistenti. Gli studi di Croceo e Ricaldoni e l'opera del Colonnello Moris hanno fatto fare progressi grandiosi all'aeronauti ca". Dal 18 agosto al 20 settembre 1911 il Battaglione Specialisti del Genio partecipò alle grandi manovre nel Monferrato, le ultime prima dell'inizio delle operazioni belliche in Libia; il 30 agosto S.M. il Re effettuò il suo primo viaggio aereo a bordo del dirigibile P.2. Si erano · concluse da poco le grandi manovre cui aveva partecipato per la prima volta nella storia la nostra aviazione nel ruolo di ricognizione aerea, quando il popolare giornale bolognese "Il Resto del Carlino", coadiuvato da "Petit Journal" di Parigi, indisse il primo giro aereo in circuito chiuso sul territorio italiano, sulle tratte Bologna-Venezia-RiminiBologna. Il comitato del Resto del Carlino fece chiedere dal Ten. Col. Cordero di Montezemqlo, comandante del Battaglione Specialisti del Genio - Sezione Aviazione ed al Colonnello Moris, capo ufficio di ispezione dei servizi aeronautici presso il Ministero della Guerra, l'autorizzazione a far partecipare al concorso alcuni ufficiali aviatori. La richiesta fu accolta favorevolmente, ma i piloti militari dovevano partecipare solo "fuori gara". Il giro aereo si svolse dal 17 al 20 settembre 1911; i primi tre arrivati furono militari: Capitano Piazza, Tenente Ga votti e Capitano Moizo. Dal 26 al 31 ottobre 1911 si svolse a Torino il Congresso Internazionale di Aeronautica per trattare i seguenti argomenti: meccanica e fisiologia del volo. Il presidente fu Paolo Renard (Francia), il VicePresidente il Prof. Assman (Germania); membri del comitato furono: il Ten. Col. Espitallier (Francia), il Colonnello Moris (Italia), Lawrence Botsch (U.S.A.) ed il Colonnello Vines y Vich (Spagna). Nel 1911 il Capitano Dott. Luigi Mina, matematico di grande valore e pilota di sferico e di dirigibile, in qualità di segretario della S.A.I., ebbe

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l'idea di costituire in Italia un ente come l' Aeroclub di Francia, che avesse il duplice carattere di associazione e di ente a base federativa in modo da creare una supremazia aeronautica civile in campo nazionale. Il Capitano Mina, sentito prima di tutti Moris, e poi il Principe Potenziani e l'Onorevole Montù, suggerì di unire nell' Aeroclub d ' Italia i delegati di tutte le associazioni aeronautiche sportive esistenti e di conferire tutte le responsabilità ed autorità aeronautiche ali' AeroClub stesso. Il 22 novembre 1911 fu costituito ufficialmente il nuovo ente aeronautico; il Capitano Mina fu nominato Segretario Generale ed il Principe Ludovico Potenziani fu nominato Presidente. 11 primo atto dell'Aero Club d'Italia fu quello di costituire un corpo di volontari aviatori da inviare in Libia in ausilio all'aviazione militare nel corso della guerra italo-turca. Il 29 settembre 1911 l'ltalia dichiarò guerra alla Turchia; l'ordine di mobilitazione del Corpo d'Armata speciale per la spedizione in Tripolitania ed in Cirenaica fu diramato il 25 settembre 1911 con l'inizio delle operazioni il 28 successivo. Il Comando Battaglione Specialisti, con ordine n. 1 in data 28 settembre 1911, stabilì che il 2° Reparto Aviazione fornisse al corpo di sped izione una "flottiglia di aeroplani" con un distaccamento di 30 uomini ed un graduato. Il 2° Reparto Aviazione si trovava allora in piena crisi; dopo aver partecipato alle grandi manovre nel Monferrato, i migliori piloti avevano ottenuto il permesso di partecipare al raid in circuito chiuso Bologna-Venezia-Rimini-Bologna. Gli italiani erano riusciti vittoriosi sui francesi, ma il materiale divolo finì per deteriorarsi e per essere bisognoso di revisione. Pochi piloti erano d isponibili e per di più brevetta ti da pochi mesi; sei in tutto avevano partecipato alle grandi manovre e cinque al raid in circuito chiuso. In esito all'ordine del Comando Supremo, il Ten. Col. V. Cordero di Montezemolo fissò la formazione della flottiglia: cinque piloti effettivi con brevetto superiore (Piazza, Moizo, De Rada, Rossi e Gavotti); cinque piloti di riserva; trenta uomini di truppa ed un sergente; nove aeroplani (2 Bleriot, 2 Farman, 2 Etrich e 3 Nieuport). Il 13 ottobre il "plotone autonomo destinato in Tripolitania" partì in nave da Napoli e giunse a Tripoli il 15 ottobre.

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Appena scoppiate le ostilità contro la Turchia, molti pilo ti civili fe cero domanda per essere assunti in servizio per la durata della guerra; su suggerimento di Moris alcune domande furo no accolte ed il 10 novembre 1911, presso il 2° Reparto Avia zione del Battaglione Specialisti furono costituite due flottiglie di aviatori volontari civili; la costituzione avvenne a cura del capita no artiglieria ing. Carlo Montù, deputato al Parlamento. In base ai pia ni dell' ufficio di ispezione partiro no per la Libia, oltre alla flottiglia di aeroplani, sei sezioni radiotelegrafiche e due parchi fotoelettrici; il 24 novembre successivo partirono per la Libia due dirigibili (P.2 e P.3) con tre Hangars smontabili, 10 ufficiali e 254 uomini di truppa. L'esperienza che si stava acquisendo in Libia circa l'impiego degli aeroplani e dei dirigibili rendeva man mano evidenti m olte deficienze organiche, ordinative e logistiche. Il colonnello Moris lasciava agli operativi il compito di studiare le varie forme di impiego, mentre egli si interessava a fondo dei problemi logistici ed organizzativi. In base alle proposte fatte da Moris, il Ministero d ella Guerra emanò la legge n. 689 d el 27 giugno 1912 in base alla quale venne istituito presso il Ministero della Guerra un organo centrale incaricato dell'alta direzione, del coordinamento e del controllo dell'aeronautica militare, cioè l'Ispettorato dei Servizi Aeronautici; Moris divenne il nuovo Ispettore. Colla s tessa legge il 2° Reparto Aviazione s i staccò dal Battaglione Specialisti e costituì il Battaglione Aviatori con sede nella caserma "Alessandro Larnarmora" di Torino. li comandante del Battaglione Aviatori fu il tenente colonnello Vittorio Cordero di Montezemolo cd il vice-comandante il maggiore Giulio Douhet. Il 4° Reparto lavoratori costituì lo Stabilimento Costruzioni Aeronautiche presso la caserma Cavour di Roma e fu posto alle dipendenze del maggiore Ennio Pctrucci; il Reparto Dirig ibili continu ò a rimanere a lle dipendenze del Battaglione Specialisti.

Con la legge 27 giugno 1912 gli aviatori furono per la prima volta riuniti in una unità organica a se stante; fu quello il primo passo per diventare successivamente un'Arma e quindi una Forza Armata autonoma. Morissi dedicò anche all'incremento della produzione dei piloti; nel 191 Osi erano brevettati solo 33 piloti; nel 1911 se ne erano brevettati 95 e nel 1912 se ne brevetteranno 198. Ma anche l'industria aeronautica nazionale d oveva essere stimolata a produrre aeroplani di ideazione nazionale, come g ià avveniva per i

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dirigibili; pochi giorni dopo la sua nomina ad Ispettore, il Colonnello Moris presenziò ad Aviano al primo volo del monoplano "Friuli", costruito da Verza, Pensuti e Calligaro di Pordenone nelle officine Helios di S. Quirino; qualche giorno dopo, il 14 luglio 1912, Pensuti volò da Aviano ad Udine alla velocità di 55 chilometri a li' ora ed alla quota di 300 metri. Vi era tutto un fervore di opere per conquistare un posto di prestigio nell'industria aeronautica nazionale rimasta indietro di decine di anni rispetto a quella francese. La Società Italiana di Aviazione di Milano decise di donare al nostro Esercito un aeroplano di concezione italiana che doveva essere battezzato "Milano 1". L'aeroplano, costruito dalle officine Caproni, fu ritirato dal Generale di Corpo d'Armata Maio di Milano e fu passato al Colonnello Moris, Ispettore dei Servizi Aeronautici; il pilota collaudatore Cobioni effettuò alcuni giri sul campo di Taliedo a 100 metri di quota e quindi lo consegnò all'esercito. Durante la cerimonia di consegn a il Colonnello Moris tenne un discorso alato con il quale profetizzò per il bombardiere Ca.16 un avvenire fulgido di gloria. Al fine di accertarsi di persona circa l'andamento delle operazioni aeree in Libia, Moris si imbarcò 1'11 giugno 1912 sul piroscafo a Siracusa e si recò in Tripolitania ed in Cirenaica; Moris e due ufficiali accompagnatori dell'Ispettorato giunsero in visita ispettiva al cantiere di Tripol i il 17 giugno 1912. Dall'aeroscalo di Tripoli partivano i due dirigibili dislocati in Libia per i loro voli sul nemico; Morissi interessò soprattutto dell'efficienza delle aeronavi e dei problemi logistici connessi; in particolare risultava insufficiente la produzione di idrogeno. Inizialmente a Tripoli era stato installato un solo generatore da 100 metri cubi all'ora; successivamente furono inviati altri due generatori che, posti in derivazione su di una unica conduttura, riuscirono a produrre 300 metri cubi all'ora. Durante tutta la campagna di Libia furono lanciate 200 bombe ad alto esplosivo, allestite dal Battaglione Specialisti; il loro funzionamento fu sempre ottimo anche se la loro efficacia fu molto modesta contro bersagli mobili. Morissi interessò appassionatamente alla fotografia aerea, passion e che gli era rimasta da quando era a capo della Sezione Fotografia a - 64 -


Monte Mario. Notevole successo ebbe la fotografia aerea durante la campagna di Libia; gli apparecchi impiegati furono macchine 13x18 a lastre con obiettivo Goerz, che dettero buoni risultati fino ad altezze non eccessive, cioè sui 100 metri di quota. La limpidità dell'atmosfera favoriva l'impressione fotografica fino ad altezze di 800 metri, ma i risultati non furono sempre ottimi anche se sufficienti per ritrarre quei dettagli della configurazione del terreno che potevano servire alle informazioni. Per ottenere una buona definizione di detti bersagli si adoperava una macchina con teleobiettivo 9x13 oppure 13xl8. Resosi conto della situazione tecnico-logistica ed operativa del distaccamento aeronautico, il giorno 18 giugno successivo Moris rientrò a Roma. La flottiglia Aviatori Volontari, agli ordini del Capitano Montù, era schierata a Tobruk ed a Derna; il 24 marzo 1912 Montù aveva scritto al Capo del Reparto Aviazione del Battaglione Specialisti (Reparto che si costituirà in Battaglione Aviatori a partire dal 27 giugno 1912): "Tanto a Derna che a Tobruk fu sperimentato il lancio delle bombe e però io rimango al riguardo molto scettico e ritengo per ora che fin dopo che si siano tranquillamente studiati ordigni di lancio e proiettili convenienti, l'aviazione debba essenzialmente impegnarsi in questa guerra come mezzo di ricognizione e intendo con ciò dire ricognizione dell'atmosfera e ricognizione tattica e strategica ... ". Questo in sintesi è l'insegnamento appreso dall'aviazione durante la guerra di Libia. Conclusosi con il trattato di pace di Losanna (18 ottobre 1912) il conflitto italo-turco, che assicurò all'Italia il possesso della Libia e delle isole dell'Egeo, il Ministero della Guerra diramò la seguente circolare, datata Roma 26 ottobre 1912, e firmata dall'Ispettore dei Servizi Aeronautici, Colonnello Maurizio Mario Moris: "La guerra, ora finita, mentre è stata per l'Italia nostra come un battesimo fecondo e gagliardo che ha risvegliato le nostre forze sopite e rinnovata la coscienza della Nazione, che ha ritrovato tutto il suo vigore e riacquistata la fiducia nei propri destini, è stata per tutto l'Esercito una splendida affermazione di sè, dei suoi mezzi, della sua organizzazione, del suo valore. Ma, particolarmente ai reparti aeronautici, essa fu occasione di dimostrarsi e di far vedere con la pratica, direttamente quanto da lungo tempo in teoria si asseriva di essere capaci di fare, luminosamente attestando, per quanto angustiati dalle resistenze

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che sempre incontrano le prime prove, l'efficacia grande dei mezzi aerei nelle operazioni militari. Mentre da una parte sento il dovere di ringraziare tutti gli Ufficiali che hanno così validamente operato, concorrendo tutti, indistintamente, col loro coraggio e col loro sapere a questa splendida affermazione che tutti gli stranieri possono vivamente invidiare, debbo esprimere in pari tempo il desiderio fortissimo di questo Centrale Ufficio che l'opera fatta, indubbiamente grandiosa, resti duratura. L'oblio che tutto assorbe e tutto eguaglia è il nuovo nemico che ora, a guerra finita, dobbiamo combattere; importa che quanto si è fatto si raccolga, si riordini, si renda noto. Ciò servirà alla causa dell' Aeronautica assai di più di qualsiasi discussione teorica e servirà ancora alle Superiori Autorità per apprendere e correggere tutte le manchevolezze constatate e viste e per ritrarne norma alle applicazioni future". La circolare di Moris lascia trasparire molta speranza nell'avvenire dell'Aeronautica, anche se personalmente egli era dubbioso sulla capacità dei politici e deJle superiori autorità di comprendere quanto era avvenuto: una piccola guerra aveva collaudato una nuova grande arma. Quando Moris scrive: "ciò servirà alla causa aeronautica assai più di qualsiasi discussione teorica" vuole alludere sicuramente alle discussioni teoriche innescate da Giulio Douhet a partire dal 1910; per questi meriti teorici il magg. Giulio Douhet il 1° luglio 1912 fu nominato comandante in 2u del Battaglione Aviatori, essendo comandante in 1'1 il tenente colonnello Vittorio Cordero di Montezemolo. Moris era soprattutto un tecnico; non aveva frequentato i corsi di stato maggiore e le sue soluzioni erano suggerite dalla pratica di ogni giorno; non aveva molta dimistichezza con scritti divulgativi ed anche per questo molto di quanto ha fatto è andato perduto per la storiografia. Resta agli atti l'encomio solenne tributato a Moris dal Ministro della Guerra con dispaccio n. 1 del 5 aprile 1913 per il seguente motivo: "Durante la recente campagna di guerra ho apprezzato l'opera intelligente, solerte e proficua data dal Colonnello del Genio Maurizio Moris il quale, predisponendo con sapiente e vigile cura anche nei minori particolari i servizi di esplorazione aerea, contribuì efficacemente a che, per la prima volta in una guerra moderna, essi funzionassero con grandissima utilità dei Comandi mobilitati" . È interessante notare che l'aeronautica riesce a far breccia per la prima volta nella mente dei comandanti terrestri non come una nuova arma, ma bensì come un mezzo di esplorazione lontana: dall' alto si vede meglio e più lontano.

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TRA LA GUERRA DI LIBIA E LA GUERRA MONDIA LE

Terminata la guerra in Libia l'aeronautica tornò alla sua attività preferita: raid e circuiti sportivi. Nel febbraio 1913 il Cavaliere Arturo Mercanti, per incentivare lo spirito aviatorio italiano, lanciò l'idea di un volo Milano-Roma ed assegnò alla Società Italiana di Aviazione ed alla Gazzetta dello Sport il compito di organizzare la gara. L'ing. Gianni Caproni per questo volo suggeriva l'impiego del Ca.16, acquistato dalla $.I.A. (Società Italiana di Aviazione costituita a Milano nel 1909) e donato all'Esercito. Fu chiesto al Colonnello Moris di dare l'autorizzazione e di sponsorizzare il volo; ci furono lunghe trattative finché la risposta di Moris fu affermativa. Il 27 febbraio 1913 il pilota collaudatore della ditta Caproni, Slavorosoff, partì da Taliedo alle ore 7 e 10 minuti e, dopo un atterraggio a Pisa ed altri fortunosi atterraggi a Poggio all'Agnello (Livorno), a Sant' Agostino Vecchio (presso Montaldo) ed a Santa Marinella, finalmente giunse a Roma alle 7 e 57 del 3 marzo 1913, salutato dal Ministro della Guerra, Generale Spingardi e dal Colonnello Maurizio Mario Moris. L'aviazione aveva già scritto una piccola storia di guerra in Libia; il capitano Piazza con il suo Bleriot era celebrato come il primo pilota ad aver compiuto una missione bellica (in effetti i Francesi contestano questo primato in quanto essi in precedenza avevano eseguito ricognizioni aeree nelle operazioni di guerra coloniale in Africa setten trionale; la nostra prima vera missione di guerra fu il bombardamento eseguito dal tenente Gavotti con il suo Etrich Taube il 1° novembre 1911); il 23 ottobre 1911 il Bleriot di Piazza era stato donato al Museo del Genio a Castel S. Angelo. Un comitato Milanese, presieduto dal Prefetto Panizzardi e dal Sindaco, Conte Emanuele Greppi, decisero di donare una targa artistica

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da applicare al Bleriot di Piazza; la cerimonia di consegna al colonnello Borgatti, direttore del museo di Castel S. Angelo, della targa, avvenne al mattino del 6 luglio 1913; seguirono due discorsi di ringraziamento, quello di Borgatti a nome del museo e quello di Moris a nome del Ministro della Guerra. Nell'aprile del 1913, sul campo di Mirafiori, ebbero inizio le prove eliminatorie dei "concorsi militari di aviazione", banditi dal Ministero della Guerra su sollecitazione dell'Ispettore Generale Maurizio Mario Moris. Purtroppo nessun aeroplano e nessun motore di quelli partecipanti al concorso superarono le prove; si continuò quindi a fare assegnamento sulla produzione straniera, in particolare su quella francese. La riorganizzazione dell'aeronautica militare, la determinazione del fabbisogno per l'attuazione di un programma minimo entro il quadriennio 1914-1918 e l'adozione di provvedimenti per l'incremento dell'industria aeronautica nazionale erano i problemi più importanti da risolvere all'inizio del 1914. Nel febbraio 1914 la Commissione Consultiva per la Navigazione, convocata sotto la presidenza del Tenente Generale Roberto Brusati, propose la costituzione di un Corpo autonomo e lo stanziamento straordinario di 30 milioni di lire, di cui 20,5 per i dirigibili, 8 per l'aviazione e 1,5 per sovvenzioni all'industria. Ovviamente la richiesta originaria era partita dall'ufficio dell'Ispettorato dell'aeronautica, colonnello Moris; gli aviatori ritennero immediatamente di essere stati trascurati in quanto la percentuale più elevata era stata destinata ai dirigibili. Il problema era più tecnico-industriale che operativo; in Italia non vi erano ditte capaci di costruire aeroplani all'altezza delle necessità militari, mentre vi era uno stabilimento militare di costruzioni di dirigibili con eccellenti capacità produttive. le proposte dell'Ispettore, modificate dal Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, dettero origine ad un nuovo disegno di legge "ispirato alla necessità di commisurare la portata finanziaria di tale legge alle attuali massime ristrettezze di bilancio e ai bisogni degli altri rami di servizio dell'Esercito''; tale disegno di legge fu presentato in Parlamento il 3 giugno 1914 dal Ministro della Guerra, Generale Grandi, di concerto con il Ministro del Tesoro. In conseguenza la nuova arma aerea non ebbe i fondi necessari per svilupparsi sulla base delle indicazioni ricavate durante la guerra di

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Libia, a similitudine con le nascenti aeronautiche francese e tedesca in rapida espansione; l'aeronautica italiana si preparava ad entrare nella grande guerra in condizioni di generale debolezza. I successi libici erano serviti solo a dare cimeli ai musei, ma, ad un anno di distanza, non si era ancora capita la lezione. Negli ambienti militari di livello più elevato si ammirava il coraggio degli aviatori, che osavano sfidare le vie del cielo rnn macchine di tela e legno, ma li consideravano solo degli spericolati sportivi. Lo scetticismo, l'incredulità ed il dubbio albergavano nei comandi; gli ufficiali di sta to maggiore erano stati preparati in una scuola tradizionale, che non conosceva ancora gli aeroplani; gli esperimenti libici aprivano vasti orizzonti, ma non avevano dato la prova pratica di poter forni re alcun effetto risolutivo nella battaglia terrestre. In febbraio 1914 la Commissione Consultiva per la Navigazione Aerea, di cui faceva parte il colonnello Moris, convocata sotto la presidenza del tenente generale Roberto Brusati, propose la costituzione del Corpo Aereo Autonomo che avrebbe in parte svincolato i problemi aeronautici da quelli dell'Esercito. li nuovo disegno fu presentato in Parlamento dal Ministro della Guerra, Generale Grandi, il 3 luglio 1914; il Corpo Aeronautico Militare sarà costituito il 7 gennaio 1915 con R.D. n . 11 che sarà convertito in legge solo il 2 febbraio 1917.

Nella relazione applicativa della legge si leggeva fra l'a ltro: "Nel movimen to aeronautico mondiale, che si intensifica e si sviluppa rapidamente, l'Italia non ha potuto ancora tenersi alla posizione dovuta, perché il bilancio della guerra ordinario non può destinare, con sufficienza, fondi all'arma aerea ... Per difetto di volgarizzazione, molti considerano l'aeronautica più come uno sport tragico, che come un'arma la quale, nelle guerre future, dovrà avere larga e pratica applicazione... Mentre all' estero si è riconosciuta la necessità imprescindibile di organizzare, a fianco dell'Esercito e della Marina, l'arma dell'aria, in Italia, invece, lo sviluppo della flotta aerea non è abbast?nza celermente avviato. Anche a volere limitare il confronto con due nazioni limitrofe - la Francia e l'Austria - si giunge a conclusioni non liete. La Francia nell'esercizio 1914-1915 ha stanziato 64.000.000 di lire per la sua Armata dell'Aria.L'Austria, che sta rapidamente rinnovando la sua flotta aerea, destina nel prossimo esercizio 15.000.000. L'Italia vi destina

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come assegnazione ordinaria solo lire 4.145.000, cioè meno di un terzo dell'Austria ed un sedicesimo della Francia. La Germania nell' esercizio in corso 1913-1914 ha destinato all'Aeronautica 180 milioni di assegni straordinari e la Russia 90 milioni! .... " Ma sopravvenne la proroga dei lavori parlamentari; la discussione non ebbe luogo e la costituzione del Corpo Aeronautico Militare divenne realtà sulla carta solo sette mesi dopo, precisamente il 7 gennaio 1915. Il Corpo Aeronautico veniva costituito con elementi del Battaglione Specialisti ed elementi del Battaglione Aviatori; il suo ordinamento era il seguente: due Comandi di Aeronautica (aerostieri e dirigibilisti; aviatori); un Battaglione Aerostieri; un Battaglione Dirigibilisti; un Battaglione Squadriglie Aviatori; uno Stabilimento di Costruzioni Aeronautiche; una Direzione Tecnica dell'Aviazione Militare ed un Istituto Centrale Aeronautico. Il Corpo Aeronautico fu messo alle dipendenze del Ministero della Guerra - Direzione Generale di Aeronautica; il colonnello Moris, capo dell'Ispettorato dei Servizi Aeronautici, fu nominato facente funzione di Direttore Generale di Aeronautica cui competeva il grado di Maggior Generale. L'Istituto Centrale Aeronautico, il massimo ente tecnico di studio e di sperimentazione, fu ubicato in un palazzo ad hoc costruito nel comprensorio della caserma Cavour di Roma, sul lungotevere Michelangelo; il primo preside fu Gaetano Arturo Croceo, il padre dei dirigibili semirigidi italiani. A quell'epoca Morissi interessò anche della sicurezza del volo; gli incidenti con gli aeroplani erano troppo numerosi e Moris cercò di ridurli emanando una direttiva che vietava i voli con vento al suolo superiore ai tre metri al secondo; raccomandava inoltre che l'attività di volo fosse svolta preferibilmente alle prime luci dell'alba oppure poco prima del tramonto, in atmosfera calma, senza turbolenza. Moris fu anche il propugnatore dell'adozione per la prima volta della combinazione di volo di pelle nera per proteggere i piloti dagli spru zzi frequenti di olio bollente provenienti dal motore. Allo scoppio della guerra, nell'agosto 1914, l'aeronautica italiana era ancora in piena crisi; i tre milioni e mezzo, frutto della sottoscrizione pubblica "Date ali alla Patria", erano ancora immobilizzati ed inutilizzati. Degli otto dirigibili esistenti, quattro solo eran o pronti all'impiego; l'aviazione era costituita da tre Gruppi con un totale di 11 squadriglie;

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nessuno degli apparecchi in dotazione era di ideazione italiana; gli aeroplani in costru zione su licenza erano 7 Farman con motore Gnome da 80 HP e 7 N ieuport Macchi. el dicembre 1914 il colonnello Mo ris, Direttore Generale per l' Aeronautica, dovette g iungere fino alla minaccia di dimissioni perché fossero promessi, fra il 25 ed il 31 dicembre, i mezzi finanziari necessari sia pure per una grossolana preparazione bellica. Il gene rale A.A. Felice Porro, nel suo libro "La Guerra nell'Aria" (Ed izione Corbaccio- anno 1940), dice testua lmente: "Alla previdente iniziativa, alla chiara visione, alla fermezza energica, alla generosa attività del colonnello Morìs si deve se contro tutto e tutti s i riuscì a dar vita ad una organizzazione che la tragica realtà d ella g uerra avrebbe poi provveduto fatalmente a sviluppare" . Morìs si trovava in una difficile situazione sia per quanto riguarda il reperimento dei fondi e sia per gli ordinativi all'industria nazionale aeronautica; nessun aeropla no dì progettazione italiana era ancora diventato operativo e l'approvigionamento in Francia era difficoltoso perché quella nazione era g ià entrata in guerra ed aveva problemi urgenti da risolvere. Moris era continuamente dibattuto fra le richieste delle unità di impiego, la limitatezza delle risorse disponibili e la aggressività deg li industriali. Al termine della grande guerra una Commissione Parlamentare di Inchiesta, che investigò sulle spese di guerra (Camera d ei Deputati Atti Parlamentari n. 21 Vol. 1 pag. 250- febbraio 1923), così si espresse: "È poi da aggiungere, a riprova delle difficoltà incontrate per ottenere stanz iamenti, che la resistenza corrispondeva al poco e nessun conto che lo stesso Comando di Stato Maggiore faceva dcll' Aeronautica. In una relazione del tempo il Capo di Stato Maggiore espresse chiaramente l'opinione che l'aviazione non poteva rendere utili servizi e quindi era inutile dedicarvi energie di persone e di d ena ri". All'atto della dichiarazione di guerra dell' Italia, 24 maggio 1915, il servizio aeronautico mobilitato fu messo alle dipendenze del Comando Supremo - Ufficio Servizi Aeronautici, retto dal colon!'lello d el genio Giuseppe Motta. Dai colpi di pistola di Sarajevo alle prime cannonate sull'Isonzo erano trascorsi ben dieci mesi; nel frattempo le vicende della g rande lotta sul fronte franco-tedesco avevano rivelato, pur attraverso incertezze e deficcnze inizia li, il grande valore della nu ova arma aerea. - 71 -


La Francia era stata la prima nazione, all'inizio della guerra, a considerare l'aviazione come una delle armi dell'esercito, come la fanteria, l'artiglieria e la cavalleria ed a prevederne l'impiego non solo in campo strategico, come avveniva per i dirigibili, ma anche in campo tattico. li periodo agosto 1914 - inverno 1915 segnò l'affermazione dell'aeronautica il cui impiego ebbe influenza determinante sulle decisioni operative dei comandi e su alcune operazioni belliche.

Nel maggio 1915 la consistenza numerica degli aeroplani era la seguente: Francia 1150; Gran Bretagna 166; Germania 764; A ustriaUngheria 96; Italia 58. Moris era perfettamente al corrente della situazione ed aveva protestato violentemente per la scarsa considerazione in cui era tenuta l'aeronautica presso il Ministero della Guerra. Le fabbriche nazionali riuscivano a mala pena a costruire velivoli francesi su licenza; solo lo Stabilimento Costruzioni Aeronautiche era in grado di costru ire dirigibili all'altezza della situazione. Per incrementare l'industria aeronautica si cercò di acquisire allo Stato alcune industrie civili; l'officina dell'ingegnere Gianni Caproni infatti passò allo Stato, ma mantenne Caproni nella posizione di dirigente al suo interno; da detta officina usciranno i più famosi bombardieri della 1a guerra mondiale. L'anno 1915 si chiuse con la prevalenza militare d egli Imperi Centrali; l'aeronautica italiana, per numero di apparecchi impiegati e per rendimento generale si era dimostrata inferiore ali' aviazione nemica. Il Comando Supremo, accortosi in ritardo dell'importanza assunta dall'aviazione, cominciò a fare pressioni presso il Ministero della Guerra per avere più aeroplani, ma a quell'epoca solo pochi erano in grado di capire che una industria aeronautica non si può creare in tempi brevi e che gli aeroplani non possono essere prodotti con la celerità con cui si costruivano fucili e cannoni. Queste incomprensioni crearono molti dispiaceri a Moris che lascerà l'aeronautica ed andrà al fronte a combattere come geniere.

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DUE PIONIERI AERONAUTICI

Dalla storia aeronautica del primo ventennio del secolo emergono le figure di due personaggi, entra1nbi appassionati di aeronautica, entrambi molto attivi nei rispettivi campi di azione, ma con qualità caratteriali completamente differenti, quasi in antitesi: Maurizio Mario Moris e Giulio Douhet. Entrambi di origine piemontese, entrambi ufficiali delle così dette "armi dotte", cioè artiglieria e genio, entrambi sposati a figlie di onorevoli deputati del Parlamento, entrambi senza discendenza, essi seguivano due indirizzi differenti : Moris, uomo di azione, comandante di reparto, dirigente ministeriale, di poche parole e di pochi scritti; Douhet, ufficiale di stato maggiore, dottrinario, teorico, rifuggente dall'azione, quasi grafomane. Il padre di Douhet, piemontese, era ufficiale fa rmacista del Regio Esercito; per un certo periodo prestò servizio a Caserta, presso l'ospedale militare con la qualifica di farmacista capo di II classe, assimilato a capitano. A Caserta il 30 maggio 1869 nacque il figlio Giulio dalla madre Giacinta Battaglia, vercellese, proveniente da famiglia che aveva legato il proprio nome al giornalismo ed al patriottismo lombardo. Giulio Douhet aveva effettuato gli studi secondari al Collegio Militare di Firenze, mentre Moris aveva frequentato le scuole secondarie a Torino. Entrambi entrarono nell'Accademia Militare di Torino che preparava gli ufficiali delle "armi dotte" del tempo; Douhet però vi entrò otto anni dopo, cioè il 1° ottobre 1886, essendo di nove anni più giovane, ed uscì il 7 marzo 1889 con il grado di sottotenente di artiglieria e con l'obbligo di frequentare la Scuola di Applicazione di Artiglieria e Genio di Torino che preparava gli ufficiali di Stato Maggiore. Douhet era quindi destinato a fare parte del Corpo di Stato Maggiore, cioè di quella casta di ufficiali che portavano gli alamari sul colletto e le bande rosse lungo la cucitura dei calzoni e che incutevano rispetto ed a volte timore riverenziale per il loro autoritarismo. - 73 -


Douhet frequentò anche un corso tecnico, quello superiore di elettrotecnica presso l'Istituto "Galileo Ferraris" di Torino e, per un certo periodo di tem po, si interessò e scrisse di elettrotecnica. Gli ufficiali di Stato Maggiore dovevano prestare servizio in armi diverse da quella di provenienza e così Douhet p assò in fanteria e vi rimase fino al 1° luglio 1912, allorché assunse il comando d el battaglione Aviatori di Torino per i meriti da lui acquisiti nel campo dottrinario aeronautico. Alla guida del Battaglione Aviatori Douhet rimase du e anni e n on furono anni tranquilli; sia per il carattere non facile e soprattutto p er la ge1ùalità scatenata, egli si teneva sempre sulla breccia per suggerire innovazioni tecniche ed organiche, quasi sempre in contras to con il Ministero della Guerra e quindi anche con il Colonnello Moris, Ispettore dei Servizi Aeronautici. Ben due inchieste furono ordinate dal Ministero a carico di Douhet, ma entrambe si conclusero con esito favorevole per il comandante del Battaglione A via tori. Tn quell'epoca Douhet ebbe modo di conoscere l'ingegnere trentino Gianni Caproni, allora il più geniale industriale aeronautico italiano, il quale però versava in una situazione finanziaria poco florida; a metà del 1912 la sca rsità di ordinativi da parte dell'amministrazione militare compromise la situazione finanz iaria d ella ditta che, dopo una partecipazione momentanea da parte dell'impresario viennese Luigi Faccanoni, dovette essere ceduta allo Stato. Gianni Caproni rimase nello s tabilimento con incarichi direttivi. Fu in questo momento che si s tabilì fra Douhet e Caproni una sorta di collaborazione tecnica: Douhet forniva le idee sotto forma di requisiti operativi e Caproni li trasformava in requisiti tecnico-progetta tivi. Parte di questo connubio fu il trimotore Ca. 300, il più famoso bombardiere della prima guerra mondiale. Douhet pro pose al Ministero che il prototipo d el Ca. 300 fosse costruito nelle officine del Battaglione Specialisti del Genio ad un costo presunto di 10 mila lire, usufruendo di motori che si trovavan o giacenti nei magazzini del battaglione. Douhet propose altresì che fosse avviata immediatam ente la produzione di serie e che i velivoli fòssero venduti alle nazioni belligeranti; la prima guerra mondiale era g ià iniziata e l' Italia era ancora neutrale. 11 Ministero della Guerra, e per esso l'Ispettore Maurizio Mario Moris, espresse parere contrario definendo il progetto del velivolo militarmente inutile e tecnicamente sbagliato. - 74 -


A questo punto Douhet convinse Gianni Caproni a costruire egualmente il prototipo; l'ingegnere trentino se ne assunse ogni responsabilità e proseguì egualmente nella costruzione del bombardiere. Ma la valutazione tecnico-militare di Morissi rivelò inesatta; il trimotore volò, si dimostrò una buona macchina e nel corso della prima guerra mondiale fu commissionato in centinaia di esemplari d al governo italiano, dalle forze aeree francesi, britanniche e statunitensi. Ma alla fine del 1914 i pregi del Ca. 300 non erano ancora evidenti; Douhet si era macchiato di insubordinazione verso il Ministero della Guerra e così nel dicembre di quell'anno fu destituito dal comando del Battaglione Aviatori. Per il teorico dell'impiego delle forze aeree, che in seguito riceverà molti riconoscimenti in tutto il mondo, quella destituzione fu causa di un trauma che lo condizionò negativamente per tutta la vita. Nell'agosto 1915 Douhet fu trasferito in Carnia per svolgervi l' incarico di Capo di Stato Maggiore di una Divisione. Giulio Douhet il 23 dicembre 1905 aveva sposato Teresa Casalis, da lui chiamata affettuosamente ''Gina", figl ia bellissima del Senatore Bartolomeo Casalis, già segretario di Agostino Depretis, prodittatore di Sicilia. Moris invece si sposerà a cinquantatre anni di età, nel 1913, con Adelina Maraini, per lui "Mimì", figlia dell'On. Emilio Maraini, di origine svizzera, possessore di una grande villa a Lugano, socio fondatore del Club degli Aviatori. Entrambi i personaggi non avranno prole, ma, date le relazioni con politici e parlamentari, saranno molto prolifici di relazioni sociali di alto livello. Moris era molto introdotto presso la casa regnante ed il Re e la Regina non mancavano mai alle manifestazioni aeree. Douhet approfittava delle sue relazioni politiche per inviare memorie operative riguardanti la condotta della guerra a ministri e parlamentari. Una di que~e memorie, con la quale Douhet criticava le decisioni del Comando Supremo, inviata ai ministri Sonnino e-Bissolati, finì nelle mani del Generale Cadorna che reagì violentemente. Douhet fu giudicato dal tribunale militare di Godroipo e condannato ad un anno di reclusione; il 16 settembre 1916 un colonnello dei carabinieri tradusse Douhet al carcere militare nella Fortezza di Fenestrelle da cui uscì il 15 ottobre 1917 per essere collocato in congedo con il grado di colonnello. - 75 -


Nel novembre 1915, proprio mentre il Ministero passava a Caproni il primo ordinativo di Ca. 300, Douhet veniva promosso colonnello ed assegnato al comando di un reggimento di fanteria. Nel 1916, prima di essere incarcerato, Douhet, tramite uomini politici e con l'aiuto del frate barnabita Semeria, intraprese una serie di incaute pressioni tendenti a fargli ottenere la nomina a Direttore Generale per l'Aeronautica, carica allora ricoperta dal Colonnello Moris; la risposta negativa del Generale Cadorna creò un forte risentimento in Douhet che scrisse allora il famoso memoriale. Douhet aveva iniziato ad interessarsi di aviazione nel 1910, allorché aveva pubblicato sulla Rivista Militare il suo primo articolo intitolato: "Le possibilità dell'aeronavigazione", scritto a La Spezia il 10 marzo di quell'anno; nel 1911 gli scritti di Douhet erano stati meno interessanti e quasi deludenti; la sua avversione per i dirigibili, preferiti da Moris, sembrava accecarlo e la polemica da lui condotta era diventata poco lucida e sterile, mentre la difesa dell'aeroplano era basata soprattutto su opinabili ipotesi tecniche. Con gli articoli del 191 Oe del 1911 il Maggiore Douhet si era fatto conoscere negli ambienti aviatori che gli avevano spianato la via per diventare comandante del Battaglione Aviatori; a quel tempo il Tenente Colonnello Moris era ancora in carica di comandante del Battaglione Specialisti del Genio. La legge n. 422 del 10 luglio 1910 aveva assegnato la notevole cifra di 10 milioni di lire all'aeronautica per sviluppare il seguente programma: 9 dirigibili e 2 aeroscali smontabili; 10 aeroplani con due aerodromi provvisti di capannoni, un campo di aviazione ed una officina di gas idrogeno. Il giornale "La Preparazione", diretto da Enrico Barone, g ià insegnante di Douhet alla Scuola di Applicazione di Torino, si faceva portavoce delle critiche mosse all'operato del Ministero della Guerra ed in particolare alla programmazione voluta da Moris. Ma vi era anche un secondo pomo della discordia fra Moris e Douhet, quello riguardante l'industria aeronautica nazionale. Il Tenente Colonnello Moris, rappresentante più elevato in grado e più esperto dell'aeronautica dell'epoca, sapeva che i su oi dubbi sulla capacità dell'industria aeronautica nazionale di costruire aeroplani di propria concezione era condivisa da molti esperti anche se vi erano ben 25 ditte, così dette costruttrici, che si erano sviluppate in maniera caotica per trarre vantaggio dalla nascente richiesta aeronautica. - 76 -


Vi era invece una officina militare di costruzioni aeronautiche che aveva realizzato in proprio ottimi dirigibili semirigidi e che si preparava a migliorare la propria produzione.

In un primo momento Douhet si era mantenuto equidistante dalle due teorie in favore dei dirigibili e degli aeroplani. In effetti in Francia si era data la precedenza agli aeroplani, mentre in Germania, nella prospettiva di bombardare la potenza britannica dal cielo, si erano sviluppati soprattutto grandi dirigibili rigidi progettati dal Conte Ferdinando von Zeppelin, ex ufficiale di cavalleria tedesco. Douhet era favorevole ai Caproni, ma la costruzione in serie del Ca. 300 andò per le lunghe a causa dell'incapacità cronica dell'industria di mettere a punto celermente le strutture dei velivoli e dei motori. Nel gennaio 1918 il Generale napoletano Armando Diaz sostituì Cadorna come Capo di Stato Maggiore dell'Esercito e Giulio Douhet riuscì a farsi richiamare dal congedo e tornare in servizio; grazie ai buoni uffici di amici e parenti, Douhet fu assegnato al Commissariato Generale di Aeronautica con funzione di Direttore di Aviazione presso la Direzione Generale delle Armi e delle Munizioni; ciò che non gli era riuscito con Cadorna, potè avvenire dopo un anno di carcere e con l'attività di corridoio. Maurizio Mario Moris in quel periodo si trovava al fronte e comandava il Genio dell'Armata. Ma anche in questo incarico Douhet non riacquistò il perduto equilibrio; si dimostrò insofferente alla subordin azion e e cercò di imporre ad ogni costo le sue idee. Egli ebbe l'impudenza di inserirsi nella polemica sorta fra le due maggiori industrie aeronautiche italiane dell'epoca, l'Ansaldo di Pio e Mario Perrone, orientata prevalentemente nella fabbricazione di monomotori, e la Caproni specializzata nei plurimotori: sembra escluso che interessi materiali abb'iano legato Douhet all'attività industriale dei Caproni. Deluso, il 4 giugno 1918 si dimise dal servizio e concluse la sua carriera con il grado di colonnello; solo alcuni anni dopo ebbe una promozione onorifica retroattiva al grado di generale di Brigata. Moris sarà chiamato alla Direzione Gen erale per l'Aeronautica, alle dipendenze del Sottosegretariato per le liquidazioni di guerra del Ministero del Tesoro,il 24 dicembre 1918 e si dimetterà il 20 luglio 1920. Moris e Douhet furono entrambi illustri vittime dei tempi e della rigidità del Generale Cadorna; allorché fu costituita la Regia Aeronautica entrambi erano già fuori dal servizio e non vestirono mai la divisa dell'arma azzurra.

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INCERTEZZE E CONTRASTI PER LA PREPARAZIONE A LLA GUERRA

La guerra di Libia aveva entusiasmato gli animi ed aveva attratto l'attenzione nazionale ed internazionale sull'aeronautica. In effetti solo i dirigibili impiegati in Libia erano italiani; tutti i velivoli erano di produzione francese o tedesca. L' industria aeronautica italiana si trovava in uno stato embrionale ed era incapace di realizzare velivoli di propria ideazione, idonei all'impiego militare; l' industria motoristica si trovava in condizioni ancora peggiori. Mo ris ne era consapevole e sapeva anche che un'industria aeronautica non si realizza in poco tempo; per preparare i progettisti, le maestranze e le attrezzature industriali occorrono tempi lunghi e quindi bisogna partire al più presto possibile. Già nel 1913, su sollecitazione del Colonnello Moris, il Ministero d ella Guerra aveva bandito un concorso nazionale per la realizzazione di un velivolo di progettazione e costruz ione italiana. Al concorso si erano iscritti: Caproni (con 4 monoplani); Bobba (con 3 monoplani); Asteria (con 1 monoplano e 3 biplani); Gabardini (con 2 monoplani); S.A.M.L. (1 monoplano e 2 biplani); Tonini-Bergonzi-Negri (con 1 monoplano); Macchi (con 2 monoplani); Wolsit (con 3 monoplani); Castellani (con 1 monoplano); Chiribiri (con 2 monoplani); in tota le 30 aeroplani partecipanti al concorso. Faceva no parte della commissione militare di valutazione presieduta dal Maggiore Douhet, i seguenti ufficiali: Piazza, Moizo, Fabbri, Marenco, Kerbaker, piloti, gli ingegneri Gavotti e Pomilio ed il pilota collaudatore Cattaneo. Solo 16 velivoli erano stati ammessi in gara sollevando le rimostranze dei costruttori che si erano buttati nell'avventura aeronautica nella speranza di fare fortuna, ma senza possedere i mezzi e le qualità indispensabili. - 79 -


Secondo il regolamento del concorso, alla Ditta vincitrice veniva assegnato un premio di 100.000 lire ed un ordinativo di 10 velivoli; alla seconda classificata spettava un ordinativo di 5 velivoli. Le prove eliminatorie avvennero il 30 aprile 1913; furono ammessi alla finale quattro velivoli: due Bobba, un biplano S.A.M.L. ed un monoplano SIA (Società Italiana Aeroplani). Vinsero Bobba e S.A.M.L., ma nessuno ebbe ordinativi perché la Commissione giudicò che nessun velivolo aveva i requisiti per diventare un velivolo militare. Le nostre squadriglie erano ancora dotate di velivoli francesi in parte comprati in Francia ed in parte costruiti su licenza, come i Bleriot, i Nieuport ed i M. Farman, costruiti in massima parte dalla ditta S.I.T. (Società Italiana Transaerea, costituitasi con capitale francese di Bleriot). Il 20 novembre 1914 il Capo Ufficio di Ispezione dei Servizi Aeronautici, dipendente dal Ministero della Guerra con qualifica di Direttore Capo Divisione, Colonnello Moris, aveva presentato al Ministro, Generale Zupelli, un promemoria avente per oggetto la "richiesta suppletiva di fondi straordinari occorrenti per il miglioramento ed il completamento delle squadriglie e per le nuove urgenti necessità del servizio di Aviazione". In esso Moris scriveva: "In Europa si stava studiando degli apparecchi che corrispondessero alle esigenze militari, quando la guerra scoppiò; si giunse ad individuare tre specie di aeroplani: da osservazione del tiro di artiglieria, da esplorazione strategica e da offesa ... (omissis) ..... . Si chiede di poter acquistare: 6 Aeroplani Bleriot, 4 Nieuport e 11 Maurice Farman 1914, più i motori di scorta. Si prospetta inoltre la necessità di costituire nuove squadriglie con velivoli tipo Caproni-Parasol, monoplani di maggiore velocità e potenza, squadriglie da combattimento con 40 velivoli Loisin Canton Unnè, la sostituzione del velivolo Farman 1912, la costituzione di parchi camion, magazzini, il reclutamento e l'addestramento di nuovi piloti.per un total e di lire 3.970.000". In una relazione successiva per il Ministro della Guerra, Generale Zupelli, in data 25 novembre 1914 (risposta n. 434), il Colonnello Moris insisteva nel d ire che la sua richiesta si era limitata a 3.970.000 solo perché Sua Eccellenza aveva detto che non vi era disponibilità di bilancio, ma che le necessità effettive erano di otto milioni e, tenuto conto che erano ancora disponibili tre milioni della Sottoscrizione Nazionale Pro Flotta Aerea, occorrevano altri cinque milioni.

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Moris aggiungeva che i dirigibili e le squadriglie esistenti erano in "buona efficienza e nella quantità fissata da S.E. il Capo di Stato Maggiore del 'Esercito per una eventualità di una guerra imminente". Tuttavia Morissi permetteva di fare presente che: i mezzi aerei si usurano facilmen.te; la tecnica avanza rapidamente e rende superati velivoli costruiti qualche anno prima; la scarsità di fondi non permette un adeguato addestramento dei piloti; l'industria aeronautica nazionale richiede fondi per s tudi e per lo sviluppo di nuovi velivoli. Tutto il materiale di volo è vecchio sia come usura e sia come tipo; manca una riserva ed in guerra i velivoli si usurano facilmente e finiscono presto; è necessario provvedere alla blindatura, al munizionamento ed all'armamento degli aeroplani. Per quanto riguarda il personale tutta l'aeronautica è in sofferen za; i corsi di pilotaggio su dirigibili sono stati sospesi e sono stati restituiti ai corpi di provenienza tutti coloro che non erano strettamente indispensabili per compiti speciali in aeronautica. Scrive ancora Moris: "si rende necessario addivenire al più presto alla costituzione del Corpo Aeronautico per fare chiarezza nell'impiego e nella assegnazione del personale aeronautico; la preparazione del personale richiede tempo e denaro, sia che si tratti di piloti che di tecnici; debbono essere addestrati in numero sufficiente e debbono rimanere al Corpo senza essere dispersi continuamente". Continua ancora Moris: "Queste cose io le ho rappresentate continuamente alle Superiori Autorità e sia alla Commissione Consultiva per la Navigazione Aerea, ma i mezzi finanziari sono rimasti insufficienti ed inadeguati. Il disegno di Legge sul Corpo Aeronautico, presentato in Parlamento la pa ssata legislatura, non è stato discusso". Moris scrive infine: "Fra gli elementi morali è necessario porre in rilievo un sentimento che, dapprima latente, ha ora pervaso l'ambiente: il sentimento cioè di non possedere la fiducia piena ed intera delle autorità superiori". La relazione di Moris per Ministro è una vera e propria denuncia dell'incomprensione per l'aeronautica del Capo di Stato Maggiore dell'Esercito e di tutti i Comandanti di Grande Unità. Inizia qui quel disaccordo fra il Generale Luigi Cadorna, Capo di Stato Maggiore dell'Esercito e successivamente Comandante Supremo, ed il Colonnello Moris che porterà alla destituzione di quest'ultimo il 23 dicembre 1915 dalla carica di Direttore Generale per l'Aeronautica.

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Nella relazione di Moris non mancavano anche le accuse rivolte all'ambiente politico-industriale-finanziario; egli infatti scriveva: "Il fenomeno è complesso; per lo meno la sua origine va ricercata nella campagna di calunnia e basse insinuazioni, cominciate alcuni anni or sono per opera di alcuni avventurieri che speravano di potersi servire dell'aeronautica militare per soddisfare alle loro ingorde speculazioni. La ripercussione di tale volgare campagna e delle inchieste che ne derivarono è stata sentita dolorosamente e fatalmente, sia dalle superiori autorità, sia dall'organismo aeronautico militare, sia infine dalla pubblica opinione, tanto più che il Ministero non volle mai rendere di pubblica ragione i risultati delle diverse inchieste, tutti favorevoli ali' erga nismo militare".

In base alla filippica di Moris, il 28 novembre 1914 il Ministro della Guerra, Generale Zupelli, scrisse una lettera al Tenente Generale Luigi Cadorna, Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, chiedendo quali provvedimenti intendeva adottare per l'aeronautica; non avendo ottenuto risposta, il 7 dicembre 1914 il Ministro della Guerra sollecitò Cadorna a riferire circa i provvedimenti urgenti adottati. Il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito ovviamente si sentì toccato dal tichiamo e 1'11 febbraio 1915, cioè due mesi dopo, rispose con il foglio n. 71 R.G. a S.E. il Ministro lamentandosi che il 6 dicembre precedente, con foglio 1918 R. Personale, aveva chiesto all'Ispettorato dell'Aeronautica di illustrare la situazione aeronautica e di rappresentare le necessità future, ma solo ora, dopo ripetuti solleciti, aveva ricevuto il dispaccio n. 28 R.G. del 5 febbraio 1915 dall'Ispettorato Aeronautico, che trasmetteva in copia. Nella lettera Cadorna così si esprimeva: "Dal complesso delle considerazioni svolte debbo venire ad una dolorosa conclusione e cioè che una gran parte degli apparecchi sono inutili e che ad ogni modo mancherebbe per essi il numero corrispondente dei piloti. Non nascondo per conseguenza il mio malcontento per l'opera svolta fin qui dall'Ispettorato Aeronautico, ben inteso per quanto mi riguarda: qualità e preparazione dei mezzi, che sa ranno posti a mia disposizione all'atto della mobilitazione. Ed a ragion veduta esprimo questo malcontento, inquantochè il serio stato di crisi, in cui si trova l'aviazione, non è imputabile ad altra causa che alla mancanza di una visione chiara e netta dell'Ispettorato su ciò che costitutisce l'aviazione militare. Mi consta che i Caproni 100 HP (dei quali ne avremo solo 10 in aprile) potevano essere ordinati molto tempo prima, ed i Caproni 300 HP, sui quali è unanime il giudizio favorevole, potevano essere ordinati fin - 82 -


dai primi di dicembre, ed in maggior numero con sensibile vantaggio economico e maggior rapidità di lavorazione ... In sostanza, neppure nei sei mesi dacché la guerra è scoppiata, fu esercitata opera efficace per ovviare alle deficenze del passato. Da quanto ho premesso, e per quanto costituisce la mia responsabilità per la preparazione alla guerra, sento il dovere di chiedere all'E.V. energici provvedimenti per riorganizzare alla meglio quei pochi mezzi che abbiamo, scegliere i migliori apparecchi e proporzionarli al numero di piloti, affrettare colla promessa di premi la consegna degli apparecchi in costruzione... (omissis) ... Ma sento il dovere di francamente dichiarare che, se d ebbo basarmi sulle esperienze di quanto fin quì cons tatato, pur riconoscendo le benemerenze del Colonnello Moris, non so se nell'ora presente egli sia l'uomo capace di procedere a quest'opera energica di riorganizzazione, in modo da darmi sicuro affidamento, che io possa contare nella misura voluta su un pratico rendimento di questo importante servizio .. .". Alla data dell'l 1 febbraio 1915 vi era quindi un aperto stato di guerra fra Moris e Cadorna; le cause sono da ricercare nella incapacità di Cadorna di comprendere i problemi aeronautici, nella cronica scarsezza di disponibilità di bilancio, nella incapacità dell'industria aeronautica nazionale di produrre presto e bene i mezzi aerei necessari, nelle interferenze politiche ed industriali e nella pressione esercitata dagli aviatori in linea che pretendevano giustamente mezzi più idonei. Il "padre dell'aeronautica", colui che per venti anni ha creduto prima di tutti nel futuro dei mezzi aerei, inizialmente non è stato compreso ed ora è ritenuto responsabile di colpe altrui. Morissi lamentava dicendo che gli incompetenti pretendevano che si costruissero gli aeroplani con la stessa facilità con cui si costruivano i cannoni; emblematica è la proposta di Cadorna di dare un premio a quell'industriale che costruisce più celermente gli aerei. Nel 1915 la Sezione Tecnica del Battaglione Aviatori di Torino fu ampliata e trasformata in Direzione Tecnica dell'Aviazione Militare sempre con sede a Torino; la FIAT iniziò la produzione su licenza del Maurice Farman; l' AER di Orbassano si organizzò per la produzione dei Caudron G.3 e G.4; la SIT continuò a produrre i Bleriot; l'Ufficiale tecnico ingegnere Ottorino Pomilio della Direzione Tecnica di Torino aprì in quella città un proprio stabilimento. Non era facile, se non impossibile, recuperare il tempo perduto e di questo si faceva colpa al Direttore Generale per l'Aeronautica. Il Ministro - 83 -


della Guerra Zupelli trasmise la lettera di Cadorna al Presidente del Consiglio dei Ministri, Salandra, per scaricarsi dalla responsabilità; in data 24 marzo 1915, con foglio n. 71 R.G., il Presidente Saland ra restituì il carteggio a Zupelli esprimendosi in questi termini: "Le restituisco i documenti, che Ella ebbe la cortesia di inviarmi, relativi all'aeronautica. Confido che dopo la conversazione di ieri (in presenza del Ministro degli Esteri-n.d .A.) Ella ed il Generale Cadorna si siano persuasi che il miglior partito, nelle circostanze presenti, sia di invitare il Colonnello Moris a dare un maggior rendimento di efficace energia; e non dubito che lo farebbe. Ad ogni modo unn eventuale proposta di sostituzione dovrebbe essere portata in Consiglio dei Ministri e certo vi inco ntrerebbe gravi difficoltà. È preferibile evitare dissidi ora che abbiamo tutti tanto da fare. Con cordiali saluti. Affez.mo Salandra". L'On. Salandra comprese subito che si trattava di un "dissidio" a livello persona le e che non vi erano elementi per destituire un ufficiale che aveva molti estimatori nel Consiglio dei Ministri. Ma Cadorna non voleva retrocedere e pertanto scrisse immediatamente la lettera n. 1040 Riservatissima Personale al Ministro Zupelli avente per oggetto: "Colonnello Moris". La prima frase che salta agli occhi è la seguente: "Non ho alcuna fiducia che il Colonnello Moris possa corrispondere alle necessità del mom.ento e, come ho anche esplicita mente affermato, messo nel bivio tra il conservare il Moris, perché al corrente dell'aeronautica, oppure sostituirlo con altro ufficiale, purché capace ed energico, io non esiterei a scegliere quest'ultima soluzione ... (omissis). Dichiaro perciò che, se lo si vuol mantenere alla testa dell'aeronautica, lo si faccia pure, ma per parte mia e per quanto mi riguarda, declino ogni responsabilità delle conseguenze ... ". Ma il Ministro Zupelli sapeva benissimo che l' aeronautica non aveva avuto adeguato sviluppo perché i massimi gradi dell'esercito non credevano in essa e che ad essa erano sempre stati negati i fondi necessari. Nella stessa lettera Cadorna vuole difendersi dall'accusa di aver posto in passato poca fiducia nell'aeronautica e così scrive ancora: "Siccome poi S.E. il Ministro degli Esteri, nel convegno osservò che anch'io avevo dichiarato di non aver fiducia nel rendimento dell'aeronautica, noto che, come risulta da tutti i documenti inviati a codesto Ministero, non solo non esprimevo sfiducia in questo servizio, ma sempre insistei che nell'aviazione venisse dato il più rapido sviluppo possibile, soprattutto in vista dell'esplorazione e dell'osservazione del tiro

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di artiglieria ed aggiungo che non a me toccava fare il programma tecnico e conseguentemente a formulare la richiesta dei fondi". Cioè Cadorna accusava implicitamente Moris di non aver fatto programmi e di non avere pertanto ottenuto fondi; invece i programmi erano stati formulati, ma i fondi non erano stati mai stan ziati in quantità sufficiente, perché in ultima analisi, come dice Cadorna, l'aeronautica serviva solo per l'osservazione aerea e per il controllo del tiro dell'artiglieria. In previsione dell'entrata in guerra dell'Italia, anche il Comando Squadriglie Aviatori di Torino entrò in agitazione; il 26 marzo 1915, con il foglio n. 26 R.P., detto comando rappresentò al Comando di Aeronautica di Torino la situazione caratterizzata da dotazioni insufficienti e da crisi di trasformazione; fra l'altro anche il comando stesso era in crisi perché si doveva trasferire da Torino a Pordenone. TI firmatari o della lettera, il Maggiore Piazza, lamentava che in caso di mobilitazione il Battaglione Aviatori avrebbe potuto disporre al massimo di 11 squadriglie con cinque aeroplani mediamente per ognuna di esse; si suggeriva di sospendere la costituzione di due Battaglioni Squadriglie Aviatori e di nuove Scuole di Volo. La situazione era la seguente: Squadriglie Bleriot di Corpo d'Armata (1 •l, 2u, 3a, 4il, 13d e 14d); Squadriglie Nieuport di Corpo d'Armata (Sii, 6il, 7il e 8il); Squadriglie di Parco d'Assedio osa) con Caproni 80 e successivamente Caproni 100; Squadriglia Biplani (9il, 10~, 11 il e 12°) con velivoli M. Farman 1912 e 1914. Il Maggiore Piazza, a chiusura della lettera, chiedeva formalmente di portare all'attenzione del Ministro la si tuazione. Il Comando di Aeronautica di Torino, diretto dal Maggiore Vita Finzi, cercò di calmare i bollenti spiriti di Piazza scrivendo al Comando Battaglione Aviatori (foglio n. 15 R.P. in data 30 marzo 1915): "tutto ciò che è stato possibile fare è stato fatto o è in via di attuazione; la Direzione Generale di Aeronautica, il Comando d'Aeronautica-Aviatori e la Direzione Tecni ca del!' Aviazione pensano indefessamente a l potenziamento delle squadriglie aviatori. Per quanto riguarda poi il suggerimento di sospendere la costituzione dei Battaglioni Squadriglie e Scuole lo si ritiene inaccettabile"; a questo punto parte quindi la reprimenda per Piazza: "questo comando non ha assolutamente facoltà di contravvenire agli ordini del superiore ministero ... (omissis). Quanto all'inoltro del foglio di codesto Comando al superiore Dicastero, lo scrivente non può aderire e comunica che oggi stesso trasmetterà detto foglio, per la via gerarchica, alla Direzione Generale di Aeronautica, insi eme a copia del presente".

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Il Maggiore Piazza non si ritenne soddisfatto della risposta di Vita Finzi ed in data 1° aprile 1915 fece pervenire direttamente al Capo di Stato Maggiore dell'Esercito alcuni° appunti in cui lamenta va la g rave situazione in cui versava l'aeronautica. Cadorna, invece di invitare il Piazza a seguire la via gerarchica, fece sue le lamentele ed in data 2 aprile 1915 scrisse il foglio n. 1084 R.P. al Ministro della Guerra, Generale Zupe lli: " ... Mi risu lterebbe che l'aviazione, anziché porsi, colla massima alacrità ed energia, in condizione di rendere i maggiori possibili servizi in caso di una prossima mobilitazione, si trova invece tuttora in uno stato di gravissima crisi. I provvedimenti che per opera della Direzione Generale di Aeronautica si vanno prendendo, anziché porre pronto ed efficace rimedio allegravissime deficienze lamentate, per la mancanza di una visione chiara dello scopo da raggiungere e di un adeguato criterio organico sui mezzi da adoperare, aggraverebbe, come risulta dagli acclusi fogli la crisi, per quanto riflette il personale, con una inopportuna distribuzione di esso, mentre quella riguardante i materiali persiste tuttora in modo tale, da non poter fare sicuro assegnamento, in tempo utile, su apparecchi realmente efficienti. Ciò vale praticamente a confermare ancora una volta e con evidenza sempre più inconfutabile, che i/ colon11cllo Moris non è in grado, anche se incitato a spiegare maggiore energia, di porre l' aeronautica in condizione di rispondere ai requisiti che le spetterebbero in una prossima campagna ... (omissis) ..... L'opera sua, nei tre mesi trascorsi da che gli sono stati accordati i fondi richiesti, è stata così tumultuaria ed inorganica da farmi ritenere assolutamente necessario che egli venga subito sostituito, nella carica che ricopre, da al tra persona in grado di saper utilizzare, con la massima prontezza ed efficacia, il brevissimo tempo su cui ancora presumibilmente si può fare assegnamento.... · Esprimo perciò la ferma convinzione che occorra un immediato provvedimento in proposito; in caso contrMio, come ho già detto anche precedentemente, declino assolutamente ogni responsabilità delle conseguenze. Quanto poi al passo fatto dal Maggiore Piazza, rivolgendosi direttamente, a mente del n. 114 del Regolamento di Disciplina, lo ritengo giustificato, viste le conseguenze pregiudizievoli alla difesa del Paese, che secondo il Piaua stesso deriverebbero qualora non fosse posto immediato riparo alle deficienze lamentate ... (omissis). Sarò grato se vorrà comunicare gli acclusi documenti a S.E. il Presidente del Consiglio per sua conoscenza. Firmato il Tenente Generale

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Capo di Stato Maggiore dell'Esercito - Luigi Cadorna". Il comportamento di Piazza e di Cadorna non fu dei più lineari; anziché arrivare personalmente alla chiarificazione del problema, Cadorna ricorse al Presidente del Consiglio per risolvere una controversia schiettamente militare, saltando il Ministro della Guerra. L'animosità di Piazza e di Cadorna non poteva essere una questione solamente personale; certamente vi erano suggeritori dall'esterno che accusavano Moris di non dare la dovuta soddisfazione agli industriali e forse di preferire i dirigibili, costruiti nello Stabilimento Militare di Costruzioni Aeronautiche, e gli aerei di provenienza straniera. Anche i tedeschi avevano dato la precedenza ai dirigibili rispetto agli aeroplani; i francesi invece avevano privilegiato i velivoli ed avevano impiantato una industria aeronautica eccellente. La guerra fra aeronauti ed aviatori era già incominciata; il Maggiore Douhet, comandante d el Battaglione Aviatori, propugnava la creazione di una flotta di 500 bombardieri Ca.100 o 300 HP per distruggere dall'alto il nemico, ma la produzione era in ritardo perché i motori disponibili non davano affidamento. Il Ministro, Generale Zupelli, non approvò affatto lo scavalcamento tentato da Cadorna ed, in modo alquanto risentito, il 3 aprile così scrisse al Capo di Stato Maggiore dell'Esercito: "In risposta all' odierna lettera dell'E.V. (R.P. n. 1084 del 3 aprile) sull'oggetto di cui sopra, pregiomi significarle che no11 ritengo opportuna La proposta di chiamata telegrafica del maggiore Piazza a Roma, riservandomi di conferire prossimamente con l'E.V. circa l'argomento Moris-Piazza" . li S aprile 1915 il ministro Zupelli scrisse una Riservatissima Personale al S.E. il Tenente Generale Conte Luigi Cadorna (prot. 196) per restituirgli gli alleati alla lettera precedente n. 1084 del 3 aprile e per criticare l'operato dal maggiore Piazza. Nella lettera si legge: " ... Poiché dai documenti stessi emergono discrepanze fra le asserzioni del comandante di aeronautica di Torino e del dipendente comandante battaglione squadriglie aviatori, ho telegraficamente disposto perché S.E. il comandante del 1° Corpo d'Armata, a meglio chiarire l'operato del predetto maggiore, effettui immediate indagini. Ed a tale uopo, poiché il maggiore Piazza, per ragioni disciplinari preesistenti all'attuale pratica, è stato destinato col bollettino del 3 corrente al 10° reggimento artiglieria da campagna, ho consentito che egli sia trattenuto quanto occorra a Torino, a disposizione della prefata Ecc·ellenza" . L'accusatore di Moris, il maggiore Piazza, non era uno stinco di Santo ed era già stato allontanato dal Battaglione Aviatori per mancanze

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disciplinari precedenti; il suo colpo di coda era stato imprudentemente recepito da Cadorna ed aveva sollevato la dura reazione del Ministro. Il fermento sorto fra gli aviatori e la presa di posizione di Cadorna in ultima analisi produssero un benefico effetto. In data 7 maggio 1915 il Ministro della Guerra, con foglio n. 144 R.G., informava il Ministro degli Esteri di avere inviato il Direttore Generale dell'Aeronautica, colonnello Moris, a Parigi per "prendere accordi circa eventuali concessioni di mezzi aerei per parte del Governo della Repubblica. Il prefato Direttore Generale ha conferito lungamente col Direttore Generale dell'Aviazione Francese, Generale Hirschauer, e con diverse altre personalità molto addentro nell'aviazione militare stessa. Dalle loro dichiarazioni appare che il Governo Francese è intenzionato di fornire a quello italiano un largo aiuto per tutto quello che riguarda l'aviazione; aiuto dal punto di vista non solo del personale, ma anche per la formazione di piloti da inviarsi alle scuole francesi. Il Generale Hirschauer ha conferito a questo proposito col Ministro della Guerra Francese ed ha avuto al riguardo completa approvazione, però il generale stesso ha fatto chiaramente comprendere che tutte le domande che il Governo Italiano rivolgerà a quello francese relativamente agli aiuti aviatori circa il materiale ed il personale, dovranno pervenire per via diplomatica ... ". Il Ministro della Guerra inoltrava nella stessa giornata al Ministro degli Esteri una lettera avente per oggetto: "Circa esportazione di materiale aviatorio dalla Francia". La lettera è interessante perché da essa si deduce quale fosse la capacità produttiva della nostra industria a quell'epoca. Eccone il testo: "Per rendere completa -la preparazione militare per quanto riguarda l'aviazione occorrono all'esercito materiali di aviazione in grande numero e non è possibile, nelle attuali contingenze, poterli trarre tutti in tempo dall'industria nazionale italiana. Il Direttore Generale della nostra aeronautica durante una recente missione in Francia ha potuto avere assicurazioni dal Direttore Generale dell'aeronautica francese, Generale Hirschauer, che il governo francese è disposto a concedere i materiali ed il personale che gli venisse richiesto per via diplomatica. Ora, i materiali che sarebbe necessario richiedere sono i seguenti: 1) n. 12 apparecchi Voisin, con motore Salmson da 140 HP, completi e con relativo armamento; 2) n. 1 squadriglia completa di sei apparecchi biplani Nieuport con. motori 80 HP Le Rhòne, con i piloti ed i meccanici, oltre ad apparecchi di riserva e parti di ricambio; 3) n. 50 motori Renault da 80 HP; - 88 -


4) n. 12 motori Salmson da 140 HP; 5) n. 40 apparecchi M. Farman, ultimo modello, con motori Renault da 80 HP; 6) n. -10 apparecchi Gaudron, possibilmente con motori Le Rhòne da 80 HP oppure con motori Gnome da 80 HP; 7) il maggior numero possibile di motori Le Rhòne 80 HP, in relazione colla grande produzione francese relativa a tali motori. Si fa presente all'E.V. ch e di tutto quanto è richiesto, ciò che urge maggiormente è la squadriglia completa di biplani r ieuport che dovrebbe essere pronta ad agire immediatamente dovendo essa venire assegnata alla difesa aerea di Venezia. Questo Ministero rivolge viva preghiera a codesto perché si compiaccia concedere tutto il suo interessamento, onde per via diplomatica siano espletate al più presto le pratiche necessarie col Governo della Repubblica Francese. F.to. Il Ministro Zupelli". elio stesso giorno il Ministro Zupelli fece partire una terza lettera con il protocollo n. 145 R.G. per il Ministro Affari Esteri invitandolo a richiedere al Governo Francese di addestrare presso le scuole francesi una ventina di allievi piloti ed altrettanti meccanici al più presto possibile, g iusti g li accordi presi da Moris con Hirschauer. ln base a detta richiesta sarà addestrato a Reims Francesco Baracca, asso dell'aviazione italiana nella prima guerra mondiale. Le lettere di cui sopra nell'imminenza dello scoppio delle osti lità dimostrano quale fosse la debolezza della nostra aviazione e quale incapacità avesse la nostra industria aeronautica di produrre velivoli e motori all'altezza dei tempi; nel contempo esse dimostrano anche la presa di coscienza che i massimi esponenti dell'Esercito hanno assunto in merito all'importanza della componente aerea nello sviluppo della battaglia terrestre.

Il 24 maggio l' Italia entra in guerra ed il 13 giugno Cadorna non perde occasione per lamentarsi dell'inconsistenza delle forze aeree italiane e della scarsa energia dimostrata dalla Direzione Generale di Aeronautica; il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito non v uole ammettere che è tutta la politica aeronautica italiana sotto accusa e che l'esercito non si è mai battuto negli anni precedenti per avere una grande aviazione. TI primo rapporto valutativo sulle capacità dell'aviazione italiana, venti giorni dopo lo scoppio delle ostilità, è stato inoltrato dal Generale Cadorna al Ministero della Guerra (Segretariato Generale Divisione Stato Maggiore) ed all'Ufficio dei Servizi Aeronautici presso

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il Comando Supremo ad Udine (all'attenzione del Sig. Colonnello Buffa di Perrero) il 13 giugno 1915 con il foglio n. 291 R.S.. Si tratta di un documento interessante in quanto evidenzia le prime ripercussioni della guerra sulla struttura aeronautica. Eccone il testo: "I risultati ottenuti in questo primo periodo della campagna dalle nostre squadriglie di aeroplani si possono così riassumere:

Esplorazione lontana = È mancata quasi completamente; i punti più lontani toccati dai nostri aviatori sono stati Vippacco (con apparecchio M. Farman 1914) e Prosecco (con apparecchio Nieuport). Esplorazione vicina = Finora non vi sono sul fronte che due squadriglie che permettano una esplorazione veramente accurata, la 9~ e la lQil Farman 1914. Gli aviatori di tutte le squadriglie hanno tuttavia mostrato molta attività supplendo spesso con ripieghi alla deficenza degli apparecchi e, se i risultati non sono s tati considerevoli, molto è da attribuirsi alla copertura del terreno, alla abilità dell'avversario nel nascondere truppe e materiali, al genere di guerra che egli conduce. È stato molto scarso l'ausilio della fotografia, mentre, se praticata con mezzi appropriati, potrebbe rendere importanti servizi specie nella ricognizione delle difese nemiche. Si sono dimostrati assolutamente ins,ufficienti i mezzi di collegamento fra le squadriglie ed i comandi ai quali esse sono ad dette .

.Ricerca dei bersagli per l'artiglieria e l'osservazione del tiro= In mancanza di squadriglie di aeroplani di artiglieria, si è cercato di adibire a tale servizio alcuni apparecchi delle ordinarie squadriglie. I tentativi fatti, mentre hanno molto turbato il regolare funzionamento delle squadriglie ed il servizio di ordinaria esplorazione, hanno ottenuto finora ben scarsi risultati, a malgrado dell'abilità e delle attività veramente encomiabili dei nostri piloti ed osservatori. E non poteva essere diversamente, visto che le squadriglie ora sul fronte erano state create per altro scopo e che i provvedimenti adottati nella urgenza del momento non potevano avere che carattere di ripiego. L'avere di fronte un nemico espertissimo nell'arte di nascondere le proprie batterie ha certamente non poco contribuito a rendere quasi completamente vani gli sforzi fa tti e la buona volontà posta nella risoluzione del problema, ma ciò maggiormente fa sentire la manca nza di quegli adeguati mezzi che da lunga mano erano stati segnalati come assolutamente necessari. Ques ta mancanza di mezzi è stata causa non ultima del g rande consumo di munizioni verificatosi in questi giorni e potrebbe avere serie ripercussioni in azioni future.

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Offesa = Unici mezzi di offesa finora adoperati sono stati la granata da 87 mm., di scarsa efficacia e malsicuro funzionamento, e le frecce. Le granate da 113 mm. non hanno potuto finora essere impiegate. Delle granate da 162 ne vennero lanciate due stamane per la prima volta. Combattimenti aerei = Fortunatamente le ricognizioni degli aviatori non sono state finora turbate da attacchi di aeroplani avversari né essi hanno avuto occasione di attaccare aerei nemici. Tale stato di cose potrebbe tuttavia cambiare ad un tratto, mettendo i nostri aviatori in condizioni di assoluta inferiorità, visto che l'apparecchio M. Farman mod. 191 4 armato di mitragliatrice manca delle necessarie doti di velocità orizzontale e ascensionale dell'aeroplano da combattimento. Quanto sopra ho ritenuto di dovere esporre alla E.V. non solo per doverosa constatazione di fatti ed in relazione a quanto da tempo e insistentemente feci presente, specialmente per quanto riguarda le squadriglie di artiglieria, ma soprattutto perché codesta Direzione Generale di Aeronautica voglia spiegare la maggiore energia ed attività per rimediare alle suddette gravi lacune. F.to Il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito Luigi Cadorna". Il Ministro Zupelli, presa visione della lettera, scrisse sul fronte spizio: "Col. Moris - parlamene al più presto". Moris, in qualità di Direttore Generale, prese visione del foglio il 19 giugno successivo. La presa di posizione di Cadorna fu scorretta e scortese nei riguardi del Ministro Zupelli in quanto la Direzione Generale di Aeronautica faceva parte del Ministero stesso e quindi eventuali critiche dovevano muovere dal Ministro stesso e non dal Capo di Stato Maggiore; quest'ultimo avrebbe potuto solo fare presente la situazione. Ma l'animosità di Cadorna contro Moris era tale da fargli trascurare anche il rispetto della gerarchia, come se il ministro fosse un suo dipendente. La Direzione Generale chiese informazioni aggiuntive (foglio n. 873 R.G. del 12 agosto) al Battaglione Aviatori di Pordenone e quest'ultimo, in data 17 agosto (foglio n. 614) riferì che: i motori dei velivoli Voisin funzionavano irregolarmente; la V Squadriglia era stata inviata a Campoformido con 4 Voisin e 4 piloti; la 21 °Squadriglia Farman FIAT 100 HP era stata dislocata a Chiasellis con S piloti e 3 apparecchi; la P Squadriglia M. Farman 80 HP era in approntamento ad Aviano per il lancio di bombe e per il tiro con le mitragliatrici; la 17il Squadriglia Voisin era in allestimento ad Aviano; sempre ad Aviano la Squadriglia biplani NI. era in via di organizzazione; tre apparecchi Ca. 300 erano - 91 -


dislocati alla Comina, ma non erano ancora impiegabili per inconvenienti vari; la III Squadriglia M. Farman FIAT 100 costituita ad A via no era ancora mancante di velivoli e di piloti. Altre lamentele continuarono a giungere dal Capo Ufficio Servizi Aeronautici del Comando Supremo, Colonnello Buffa, relativi al cattivo funzionamento dei motori Mercedes - FIAT 100 HP applicati ai Caproni 300 ed ai Farman 1914, che ne limitavano l'operatività. Da quanto sopra si evince che i ritardi ed i cattivi funzionamenti erano imputabili soprattutto all'industria aeronautica nazionale incapace di alimentare una aeronautica all'altezza dei tempi; ma intanto il nervosismo aumentava. Il 25 agosto 1915 il Segretariato Generale del Ministero della Guerra chiese urgentemente alla Direzione Generale di Aeronautica di fornire al Comando Supremo un quadro completo del futuro potenziamento dei servizi di aviazione; la risposta fu data il 7 settembre 1915 con foglio n. 1085 R.G. avente per oggetto: "Circa il programma pel miglioramento dei serviz i di aviazione del Comando Supremo"; il documento fu firmato congiuntamente dal Colonnello Moris e dal Ten. Col. Vita Finzi, Comandante Interinale di Aeronautica (Aviatori). Detto documento rappresentò il piano di miglioramento e di potenziamento per il 1916; i punti fondamentali d el piano erano i seguenti: a) le condizioni d elle nostre industrie di apparecchi, motori ed accessori sono critiche per cui il programma non potrà essere completato nella primavera del 1916, ma potrà raggiungere gran parte degli obiettivi; b) progressiva eliminazione dei tipi di aeroplani meno adatti sostituendoli con altri più moderni, riducendo il numero dei tipi (sul fronte i velivoli erano di 4 tipi: Farman, Nieuport, Caudron, Parasol Macchi; se ne attendevano di altri 5 tipi: Caproni 100, Caproni 300, Voisin, Aviatik e Nieuport - biplani nuovo tipo); c) nel 1916 gli apparecchi in servizio dovrebbero essere i seguenti: Farman 100 e Voisin 140 per l'esplorazione vicina, in servizio di artiglieria ed il piccolo bombardamento; Caproni 300 per l'esplorazione lontana ed il grande bombardamento; per la caccia agli aerei l' apparecchio è ancora da determinare; d) al 1° aprile 1916 potranno essere pronte soltanto otto squadriglie di Corpo d'Armata tipo Farman-FIAT 100 HP con 9 velivoli di linea e 6 di riserva; le quattro mancanti per raggiungere il numero di 12 - 92 -


richieste dal Comando Supremo potranno essere sostituite da altrettante squadriglie Caudron Le Rhone da 80 HP; e) la grande offesa e l'esplorazione lontana potranno essere soddisfatte completamente dal Caproni 300 HP, il quale ha già fatto le sue prove al fronte con successo; dette squadriglie d'Armata, richieste in numero di 12 dal Comando Supremo, potranno essere disponibili, su cinque apparecchi ciascuna, solo in numero di cinque; f) le squadriglie per la caccia agli aerei dovrebbero avere almeno 10 apparecchi per consentire ai piloti di partire su allarme nel maggior numero possibile; il velivolo sarà del tipo biplano Nieuport di cui i nostri piloti si mostrano molto soddisfatti; le ordinazioni in Francia non hanno avuto corso e pertanto i Nieuport saranno costruiti dalla ditta Macchi già costruttrice dei Nieuport monoplani. In sintesi quindi nella primavera del 1916 si potranno avere: 8 squad riglie Farman (FIAT) su 9 apparecchi con le riserve; 4 squadriglie Caudron (Rhòne) su 9 apparecchi con le riserve; 8 squadriglie Caproni (FIAT) su 5 apparecchi con le riserve; 4 squadriglie Voisin (Isotta Fraschini) su 9 apparecchi; 2 squadriglie da caccia Nieuport biplano (Rhòne) su 10 apparecchi. Ci saranno così 5 tipi di apparecchi con tre motori: Le Rhòne, Fiat ed Isotta Fraschini (questi ultimi analoghi e derivanti da motore Mercedes). La Direzione Generale era responsabile anche della formazione dei piloti e degli specialisti; nel documento viene anche menzionata la costituzione di una nuova scuola di pilotaggio nell'Italia meridionale che entrerà in funzione entro il 15 di novembre 1915 (Scuola di Foggia); a Torino presso la FIAT, e presso la Gnòme (per i motori Le Rhòne) e ali' Aquila (per i motori Salmson) ed a Milano (presso l'Isotta Fraschini) sono stati istituiti corsi pratici per i motoristi che potranno così essere disponibili in quantità sufficiente. Questa programmazione diede finalmente un impulso decisivo al potenziamento dell'Aeronautica italiana nella p rima guerra mondiale, tanto da cambiare decisamente la situazione delle forze aeree al fronte nel 1916; detta programmazione fu tuttavia l'ultima elaborata dal Colonnello Moris, Direttore Genera le per l'Aeronautica presso il Ministero della Guerra che, entro qualche mese sarà destituito da quell' incarico. · Eppure sembrava che tutto procedesse nel migliore dei modi; il 5 ottobre 1915 il Sottosegretario di Stato Dallolio telegrafò al Generale Porro ad Udine che a Pordenone si trovavano già sette Caproni, che

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nella giornata un altro Caproni sarebbe partito per Pordenone e che il giorno dopo a Malpensa un altro Caproni ancora sarà collaudato. "L'Aeronautica ha così raggiunto promesse fatte colle maggiori intenzioni sempre più intensificate": così concludeva il telegramma del sottosegretario. Ma il generale Cadorna non si riteneva soddisfatto; con la solita aggressività così rispose all'On. Dallolio, Sottosegretario Armi e Munizioni del Ministero della Guerra: "743 Risposta telegramma 1326 aeronautica. Pur lieto che si possa raggiungere oggi il numero di nove aeroplani Caproni rilevo però che siamo ben lungi aver raggiunto promesse fatte secondo le quali avrebbero dovuto essere approntati per fine settembre ventotto Caproni". Moris era un amministratore integerrimo; egli era sempre p reoccupato di fare si che le spese ed i fondi gestiti dalla sua direzione generale fossero amministrati con la massima correttezza; il 23 ottobre 1915, a nome del Ministro della Guerra, Moris emanò una direttiva (circolare n. 1262 R.G.) avente per oggetto "Spese di Guerra"; con detta circolare egli richiamò l'attenzione di tu tti i Capi Servizio e di tutti i Capi Amministrativi sul rispetto rigoroso delle regolamentazioni della spesa pubblica e della contabilità dello Stato. Il 2 novembre 1915 Moris relazionò per l'ultima volta il Ministro d ella Guerra sulla situazione dei mezzi aerei a disposizione del Comando Supremo; egli era in un certo senso orgoglioso di avere migliorato il potenziale aereo nazionale così articolato: 1 squadriglia Farman 1915, motori 80 HP; 6 squadriglie Farman-Fiat, motori 100 HP; 2 squadriglie Macchi-Parasol; 3 squadriglie Caudron; 1 squadriglia Nieuport; 2 squadriglie Voisin; 4 squadriglie Caproni 300 HP; 1 Sezione idrovolanti; 2 Sezioni Aviatik difesa aerea; 1 Sezione a Tripoli. In tutto 190 apparecchi nuovi e tutti armati e capaci di lancio di bombe ad eccezione dei Caudron e d ei Macchi-Parasol addetti al servizio di artiglieria; secondo Moris il progresso era notevole e degno di considerazione. Ma a Cadorna quanto sopra non va bene; egli, in data 20 novembre scrive direttamente al Presidente del Consiglio dei Ministri, scavalcando - 94 -


il Ministro della Guerra, per lamentare la scarsezza di aerei disponibili e di batterie di cannoni per la difesa aerea; egli auspica che nella successiva riunione del Comitato delle Armi e delle Mun izioni le questioni relative all'aviazion e m ilitare t rovino una soluzione adeguata. Ma aggiunge, con malanimo e disinformazione, che "alle presenti deplorate condizioni non saremmo probabilmente ridotti se - come io ne feci formale proposta, non accolta per motivi a me ignoti - fosse stato sostituito in tempo il dirigente dei servizi aeronautici. Ed è pure mio convincimento ch e se non ci si affretterà a sostituirlo, neppure a primavera saremo forniti dei mezzi necessari, e per parte mia non posso che declinare qualsiasi responsabi lità al riguardo". La consistenza dei mezzi aerei stava migliorando in qualità e quantità, ma Cadorna, probabilmente sobillato da colleghi invidiosi di Moris e da industriali tenuti a freno dal Direttore Generale, senza rendersi conto della complessità dei problemi aeronautici, continuava a chiedere la testa di Moris. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, On. Salandra, il 23 novembre 1915 scrisse una lettera persona le al Tenente Generale Conte Luigi Cadorna, Capo di Stato Maggiore dell'Esercito in questi termini: "Eccellenza, in risposta al foglio di V.E. in data 20 corrente relativo ai 'mezzi aerei', mi affretto ad assicurare V.E. che io sono quanto V.E. convinto della necessità di metterci, quanto più presto possibile, in condizione di affrontare con successo le offese nemiche e di disporre di larghi mezzi per le nostre ricognizioni. La E.V. può quindi contare su tutto il mio appoggio alle proposte che saranno fatte dagli organi competenti, reputando io pure che le questioni relative alla aviazione debbano risolversi senza indugio e che risoluzioni che saranno p rese debbano essere eseguite senza esitazione e con la massima energia. In quan-

to al dirigente dei servizi aeronautici non esito, per doveroso debito di lealtà, a dichiararle che nella primavera scorsa io stesso, insieme ad altri Ministri, opinai che non si potesse senza ingiustizia privarlo del suo ufficio; mentre delle deficienze allora deplorate egli non poteva essere tenuto responsabile; perché a me personalmente ed al Ministro del Tesoro egli aveva fatto, nell'estate del 1914, le più vive premure per ottenere fondi che non ottenne per unanime decisione negativa di tutti i capi dell'esercito. Che se poi egli non ha dimostrato sufficiente at titudine ed energia nell'impiego dei fondi dopo che gli sono stati concessi, io, che non ho mai predilezioni personali da far valere contro l'interesse pubblico, non avrò più ragione di dissentire dai provvedimenti che V.E. ed il Ministro della Guerra proporranno. - 95 -


A tale fine sarà bene convocare il Comitato Supremo per le Munizioni prima che la ripresa dei lavori parlamentari renda difficile a me ed agli altri ministri intervenirvi; ma mi pare necessario che vi intervenga S.E. il generale Porro. Ho telegrafato perciò in pari data che sia possibile che egli si trovi a Roma lunedì p rossimo". Il Generale Cadorna, p rima di recarsi alla riunione, fece effettuare indagini in merito alla richiesta di fondi fatta da Moris e negata nel 1914; risultò così che (telegramma n. 6555 in data 25 novembre 1915 diretto al Generale Porro) "i fondi all'aviazione nel maggio 1914 furono negati e furono giustificati dal capo di stato maggiore di allora sia colla impossibilità finanziaria e sia per non togliere altri ufficiali ai reparti; inoltre non risulta che dal maggio 1914 al d icembre, epoca in cui venne esaminato con nota lettera il programma del ministero, siano corse pratiche relative assegnazione fondi aviazione". Gli addebiti mossi a Moris erano tutti p re testuosi, ma ciò nonostante, per deferenza verso Cadorna, nel corso della riunione del Comitato Supremo per le Munizioni, Maurizio Mario Moris, promosso Maggior Generale il 2 dicembre 1915, fu esonerato dall'incarico di direttore generale per l'aviazione p resso il Ministero della Guerra a partire dal 23 dicembre 1915. In sua vece fu nominato il Maggior Generale Marieni, digiuno di aviazione ed inviso a Moris. Che Marieni fosse introdotto fra le alte sfere è provato dal fatto che il nuovo Ministro della Guerra, Tenente Generale Commendatore Paolo Morrone, gli concesse la facoltà di in viargli direttamen te promemoria di servizio riguardanti i bisogni dell'aeronautica, sal tando tutta la gerarchia . Usufruendo di tale concessione Marieni aveva chiesto al Ministro maggiore autonomia per la Direzione Generale di Aeronautica, svincolandola dalla dipendenza dal Sottosegretario delle Armi e Mu nizioni. Con lettera n . 1845 dell'8 aprile 1916 Morrone scrisse a Cadorna d i avere dato la particolare autorizzazione a Marieni di contattarlo d irettamente. Cadorna rispose che "quando si istituì il Sottosegretariato delle Armi e Munizioni, parve anche a me opportuno che la Direzione suddetta dipendesse dal Sottosegretariato, ma ciò per considerazioni d i carattere personale, essendo in allora Direttore Generale il colonnello Moris; mutato il Direttore Generale in seguito alle mie ripetute sollecitazioni, io vedrei volentieri che il generale Marieni potesse con maggiore autonomia e responsabilità attendere all'importante suo compito.

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Soggiungo che l'autorizzazione già data al generale Marieni in antecedenza (per ragioni che V.E. apprezzerà) di corrispondere direttamente con me - non avendo più alcuna ragione di sussistere, è stata da me, senz'altro, revocata con lettera odierna che ho scritto al generale Marieni". In altri termini il generale Cadorna non voleva lasciare autonomia a Moris e lo ha costretto a sottostare, con la sua Direzione Generale, al Sottosegretariato Armi e Munizioni, allungando terribilmente le procedure di acquisizione dei mezzi. Quando poi Marieni subentrò a Moris, essendo più malleabile del suo predecessore, Cadorna cercò con lui un rapporto privilegiato che dovette poi cedere a Morrone.

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MAURIZIO MARIO MORIS GENIERE IN GUERRA

Se il generale Moris, nella sua opera creatrice d ell'aeronautica italiana, non avesse dovuto lottare contro lo scetticismo e la incomprensione dei tanti che non credettero alle possibilità che l'aviazione poteva offrire in guerra e se non avesse dovuto lottare contro i pochi che, tutto comprendendo, anziché aiutarlo, si prodigarono nel metterlo in difficoltà al fine di sostituirlo, per livore o per trarne vantaggio, avrebbe potuto consentire all'aviazion e di entrare nella grande guerra in condizioni di maggior potenza. Quando poi la guerra dimostrò la n ecessità di avere un'aviazion e forte, fu fa tto carico a Moris di non avere provveduto tempestivamente al suo potenziamento; così, come spesso accade che i precursori non sono compresi, fu esonerato dall'incarico di Direttore Generale per l'Aeronautica. Al suo posto il 23 dicembre 1915 fu messo il generale Marieni, brillante ufficiale del genio, ma senza preparazione aeronautica in qu anto fino allora non se n e era mai interessato . Il generale Moris ne fu molto addolorato e questo dolore lo accompagnò per tutta la vita. Il 15 aprile 1916 Moris fu nominato comandante del genio del 1° Corpo d'Armata dislocato in Cadore; con il suo comandante, Gen erale Segato, egli percorse in lungo ed in largo tutta la linea d el fronte, progettò l'organizzazione difensiva e diede un forte impulso ai lavori. Il 15 gennaio 1917 Moris lasciò il fronte del Cadore per assumere un incarico più importante in qualità di comandante del Genio della 6il Armata, cioè di quella armata che, formatasi d urante l'offensiva austriaca nel maggio-giugno 1916 sull'Altip iano di Asiago, contrastò vittoriosamente lo sbocco del nemico nella pianura vicentina. Ma la 6a Armata occupava la zona dell'Altipiano dei Sette Comuni e quella antistante al Monte Grappa, monte che ebbe in seguito un ruolo capita le nella nostra difesa, ma che allora si trovava in posizione arretrata. - 99 -


Alle dipendenze dirette del Maggior Genera le Moris operava il Colonnello Azzariti Luigi che con Moris aveva prestato servizio di telefotografia p resso la sezione fotografica di villa Mellini a Monte Mario. Moris come al solito percorse il terreno in tutti i sensi ed in brevissimo tempo prese in pugno tutta l'organizzazione delle fortificazioni; alla fine dell'estate 19171' Altipiano di Asiago era diventato una barriera insuperabile tanto da rendere più economica la difesa con risparmio degli uomini che la dovevano presidiare. Il 21 settembre 1917 il Maggior Generale Moris tornò nel Cadore al comando del Genio della 4il Armata; si era alla vigilia della g rande offensiva germano-austriaca sull'Isonzo che portò al ripiegamento sul Piave. La 4,1 Armata, nel suo ripiegamento al Piave, doveva fare cerniera sul Monte Grappa le cui difese erano pressoché totalmente rivolte a valle, verso la pianura trevisana, mentre l'esercito austro-ungarico si apprestava ad attaccare da nord per impedirci di servirci del Grappa come perno di manovra. Quando però gli austriaci àttaccarono il Grappa, nel g iugno 1918, si scontrarono con le formidabili fortificazioni realizzate nel frattempo dal genio del Maggior Generale Moris. L'arresto dei nemici al Piave fu quind i dovuta in buona parte al genera le Moris che, per questo, fu decorato dell'onorificenza di Ufficiale dell'Ordine Militare di Savoia con la seguente motivazione: "Comandante del genio di una Annata, già distintosi, specialmente in momenti difficili per illuminata perizia, geniale iniziativa e feconda attività, diresse e portò a buon punto considerevoli lavori di difesa su linee molteplici ed impresse a tutti gli importanti servizi del genio poderoso e fattivo impulso, concorrendo così nel modo più efficace, con l'alta sua competenza e l'instancabile operosità, a consolidare il fronte dell'Armata, ad assicurare i successi e preparare le truppe del genio a nuovi cimenti. Fronte del Cadore e del Grappa - settembre 1917 - agosto 1918". Il 26 febbraio 1918 il Maggior Generale Moris fu assegnato alla s~ Armata, costituitasi come massa di riserva strategica; in quel tempo egli organizzò la prima difesa organica antiaerea d i Cittadella, sede del comando di Armata. Il comando generale del genio ne fece particolare menzione nel bollettino tecnico di guerra e la difesa antiaerea di Cittadella fu esempio per ulteriori organizzazioni del genere.

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Nel giugno 1918, dopo il fallimento dell'offensiva avversaria sul Piave in direzione del Montello, il comando supremo decise di abbandonare tutte le misure difensive per preparare l'attacco. Il 28 agosto 1918 il Maggior Generale Moris fu assegnato al comando del genio dell'8<1 Armata agli ordini del generale Caviglia. Ai primi di ottobre, decisasi la grande offensiva, all'8~Armata fu assegnato il compito principale della rottura del fronte austriaco; il successo dipendeva soprattutto dalla capacità del genio pontieri di rendere possibile il passaggio del Piave. Moris visse in mezzo ai suoi pontieri e sotto il fuoco di circa 2000 armi di tutti i calibri dalla notte sul 24 ottobre fino al giorno 29, per sei giorni e per sei notti consecutivamente. Nonostante le vorticose acque del Piave in piena, egli riuscì con i suoi pontieri ad assicurare il passaggio del Piave al XXII Corpo d'Armata ed in parte al VII Cd.A.. Un altro ponte, lanciato a Palazzon, assicurò il passaggio al rimanente Vlll Corpo d'Armata ed in parte al XVIII; il nemico, attaccato anche sul fianco, arretrò in disordine fino a Vittorio Veneto ove si concluse praticamente la grande guerra. Nell'ordine del giorno n. 64 del comando d el genio dell'8ll Armata il Maggior Generale Moris così si esprimeva: "Pontieri del Piave! Foste messi ai miei ordini per gettare passaggi sul Piave; voi, nelle condizioni più avverse, per furia d'acqua e fuoco avversario dominante le alture, assolveste l'arduo e glorioso compito. Il nemico, che per prova fatta riteneva difficilissima l'impresa, rimase sorpreso dai passaggi, fu sgominato, perdette provincie invase e terre irredente, implorò l'armistizio. Nel grande successo voi aveste grande parte. La vostra opera è ora richiesta altrove. Nel lasciare il Piave, a voi sacro per il sangue versato, per i compagni che vi trovarono gloriosa tomba, vi accompagna la benedizione delle donne, dei fanciulli e vecchi che al di là del Piave per i vostri ponti hanno ricevuto pane, libertà, amore; ed il ringraziamento della Patria diletta alla quale i vostri ponti aprirono le vie che portano al raggiungimento di una lT ALIA più grande! - Zona di Guerra, 4 novembre 1918 - Firmato Maggior Generale Mauri zio Mario Moris - Comandante del Genio d ell'8ll Armata;,. Nella giornata della vittoria, 4 novembre 1918, il Maggior Generale Moris fu promosso sul campo per merito di guerra al grado di Tenente Generale; detta promozione sarà confermata con decreto 1'11 aprile 1919. Il generale Caviglia così scrisse nella sua pubblicazione "Le Tre Battaglie del Piave": "1'8ìl Armata aveva un comandante del genio di - 101 -


primo ordine. Parlo del generale Maurizio Moris, il creatore dell'aeronautica italiana ... " . Conclusasi la pace, il Tenente Generale Moris fu posto a disposizione del Ministero della Guerra ed il 24 dicembre 1918 fu nominato Direttore Generale per l'Aeronautica alle d ipendenze del Sottosegretariato per le Liquidazioni di Guerra.

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Fronte del Piave, anno 1918 Maggior Generale Maurizio Mario Moris .



FINE DELLA GUERRA

Caporetto aveva segnato una svolta nella condotta della guerra e l'inizio della riscossa. La prima grande vittima della disfatta di Caporetto era stato il Generale Cadorna, Capo di Stato Maggiore dell'Esercito e Comandante Supremo, che era stato sostituito dal generale Armando Diaz. Cadorna, ufficiale piemontese intransigentemente tradizionalista, tollerava l'aviazione, ma d etestava lo spirito individualistico d ei piloti dell'epoca; egli considerava l'aeronautica come un "male necessario". Diaz, napoletano, fu meno intransigente del suo predecessore e dimostrò una maggiore attenzione per l'aeronautica; per esercitare un migliore coordinamento, istituì presso il suo quartier generale un Comando Superiore di Aeronautica e lo pose alle dipendenze del generale Luigi Bongiovanni, romagnolo, benemerito dell'aviazione. Gli storici hanno spesso dimenticato questo personaggio che fece fare un salto di qualità all'organizzazione ed all'impiego dei mezzi aerei; egli infatti riorganizzò le fo rze aeree del Regio Esercito e costi tuì la "massa d a caccia" e la "massa da bombardamento" alle dipendenze d irette del Comando Supremo. Il 3 marzo 1918, quando Bongiovanni si insediò al Comando Supremo, la situazione aerea era mutata a seguito del trasferimento dal fro nte russo di alcuni reparti aerei dell'aviazione tedesca; i tedeschi erano p iù combattivi degli austriaci. Poi venne Vittorio Veneto e la fine d ella guerra; da quel momento il problema principale fu quello di smobilitare le forze e di alienare il surplus d ei materiali. L'ente tecnico deputato alla riorganizzazione ed alla riduzione delle forze aeree era la Direzione Generale di Aeronautica; si trattava di trovare l' uomo adatto alla risolu zione dei gravi problemi di riduzione e ristrutturazione. - 105 -


Il Presidente del Consiglio dei Ministri, On. Orlando, si ricordò che Maurizio Mario Moris aveva passato venti anni della sua vita in aeronautica e che aveva già ricoperto l'incarico di Direttore Generale. Il 24 dicembre 1918 il Tenente Generale del genio, Mario Moris, fu nominato direttore generale e fu posto alle dipendenze del Sottosegretario per le liquidazioni di guerra, a sua vol ta dipendente del Ministro del Tesoro; contemporaneamente Moris fu assegnato, quale membro, alla Commissione Aeronautica per il Trattato di Pace a Parigi. Il Governo, preoccupato di liquidare l'eccesso di mezzi e di strutture aeronautiche più che di preparare un futuro luminoso all'aeronautica, aveva passato la Direzione Generale per l'Aeronautica dal Ministero della Guerra al Ministero del Tesoro. Alla fine della guerra l'Aviazione del Regio Esercito era composta da 1055 aeroplani e da 25 dirigibili; l'Aviazione della Marina contava 522 aeroplani e 19 dirigibili; il servizio aereo dell'esercito nell'ultimo periodo della guerra aveva dato vita al Corpo Aeronautico ed a livello centrale si era strutturato in Commissariato Aeronautico. Ad onor del vero il Governo non si dedicò solo all'alienazione dei residuati bellici; cercò anche di propagandare i prodotti dell'industria aeronautica naz ionale per favorirne la penetrazione verso quei paesi che non erano stati coinvolti nella guerra. Nel 1919 il capo del governo, On. Nitti, dispose l'imbarco a Genova, su un piroscafo diretto in Argentina, di diciotto aeroplani $.V.A. e "Balilla" dell'Ansaldo e di un dirigibile costruito dallo Stabilimento militare di Costruzioni Aeronautiche, con d estinazione Buenos Aires. Una volta sbarcati, i velivoli ed il dirigibile furono portati sull'aeroporto di Palomar e messi in condizione di volare. Con due "Balilla" Locatelli e Scaroni compirono per la prima volta la traversata della Cordigliera delle Ande da Buenos Aires a Santiago del Cile e ritorno. Il velivolo Ansaldo A.1 "Balilla" fu l'unico caccia terrestre, di produzione interamente nazionale, realizzato in serie in Italia; ne furono costruiti 108 esemplari di cui solo alcuni giunsero in tempo in linea di combattimento. Detto velivolo era praticamente una riproduzione in scala ridotta del riuscito $.V.A. (Savoia - Verduzio - Ansaldo) da ricognizione di cui manteneva la maneggevolezza, la velocità e la robustezza. Dopo la guerra il "Balilla" fu esportato in alcuni paesi stranieri, fra cui la - 106 -


Lettonia; detto caccia si distinse nel dopoguerra con la partecipazione a manifestazioni aeree ed acrobatiche. All'inizio del 1919 una squadra di piloti e di specialisti italiani fu inviata a Dayton nell'Ohio per partecipare a sperimentazioni aeronautiche. Il 4 febbraio 1919 il Tenente del Genio Ingegnere pilota Giovanni Pirelli, trentacinquenne, appartenente alla ben nota famiglia milanese, già combattente nella prima guerra mondiale con quattro vittorie aeree, precipitò al suolo a Wright Field con il suo "Balilla" e perse la vita. Secondo Moris il problema fondamentale da risolvere non era l'alienazione dei materiali, ma il riconoscimento all'aeronautica delle qualità di "Arma", cioè di un insieme di uomini e mezzi dedicati ed organizzati in modo specifico ed autonomo alla guerra aerea; inoltre si rendeva necessario individuare una struttura organizzativa per l'aviazione civile in previsione degli sviluppi che la stessa avrebbe avuto sicuramente negli anni successivi. Il Tenente Generale Morissi ispirava al concetto che, dati i progressi fatti dall'aeronautica nel periodo di guerra, nei successivi dieci anni sarebbe stato possibile far solcare il cielo naziona le ed internazionale da aeronavi e da aeroplani commerciali in tutta sicurezza; per questo motivo l' Italia si doveva preparare a gestire una propria flotta e ad organizzare il territorio per le necessità del traffico civile. C'era poi il problema dell'industria aeronautica; durante la guerra era stato fatto uno sforzo ingente per creare dal nulla una industria aeronautica nazionale, con il relativo personale e le relative infrastrutture, facendo anche ricorso ad un massiccio aiuto dall'estero, specia lmente dalla Francia. Era stato fatto uno sforzo grandissimo per colmare il dislivello abissale che ci separava dalle nazioni più progredite; se ci si lasciava sopraffare da un momento di sconforto e di crisi economica, le industrie aeronautiche avrebbero chiuso i battenti disperdendo mezzi e personale qualificatosi in lunghi anni di duro lavoro e con grandi sacrifici. Moris era contrario ad ogni forma di alienazione e finiva sempre per porre ostacoli alle operazioni di vendita non sempre cristalline. Nel 1919 si cercò anche di vendere lo Stabilimento di Costruzioni Aeronautiche che aveva prodotto i migliori dirigibili semirigidi del mondo; i materiali pregiati conservati nei magazzini facevano gola a parecchi faccendieri; Moris collaborò con l'Ingegnere Umberto Nobile, direttore dello stabilimento, nella difesa dello stesso e nel fornire i fondi per la prosecuzione d ell'attività di costruzione di aeronavi utili per l'aeronautica civile. - 107 -


Gli scandali furono all'ordine del giorno e fu così istituita una commissione parlamentare di inchiesta sulle spese di guerra e sulla attività di alienazione dei residuati bellici. La commissione ritenne censurabile il comporta mento dell'On. Chiesa, considerato responsabile di ingenti spese, ritenute ingiustificate, per commesse passate all'industria aeronautica nazionale durante la guerra; violenti critiche furono mosse agli organi preposti all'al ienazione d ei residuati bellici e d egli aeroplnni. Moris era attratto soprattutto dal futuro dell'aviazione civile; egli preparò un suo programma e bandì subito un concorso per la costruzione di un aeroplano civile che rispondesse a certe indispensabili esigenze della nuova missione assegnata all'aviazione; bandì inoltre un concorso per la realizzazione di un motore aereo più sicuro e più affidabile di quelli esistenti. Si sapeva allora che una importante industria francese stava crea ndo un grande velivo lo civile dal prezzo astronomico di 700.000 franch i, naturalmente con l'appoggio del governo. Moris voleva organizzare i servizi aerei: rotte, comunicazioni , aeroporti, officine, impia nti aerologici, radiotelegrafici e telefonici; inoltre intend eva fare sperimentare alcune linee aeree con dirigibili ed apparecchi militari di idonee caratteristiche che il governo avrebbe dovuto cedere alle compagnie civili di navigazione aerea; un apposito concorso fra le compagnie, che avessero presentato doma nda di concessione, avrebbe individuato q uelle che ne avevan o i requisiti. Un servizio di trasporto aereo fu organiuato infatti con dirigibili militari sulle rotte Roma-Milano-Venezia. Per prepa rare d etto avvenire alla navigazione aerea civile italiana Moris chiese 200 milioni di lire, alcuno da trarre dal bilancio del Ministero della Guerra, facendo presente che all'occorrenza una fo rte aviazione civile avrebbe potuto essere utilizza ta per le necessità della guerra. Gli uomini dell'aviazione, specie quelli che avevano impiegato gli aeroplani in guerra, erano più interessati allo scorporo dei reparti aerei dalle varie unità d ell'Esercito e della Marina per farne un'arma aeronautica a se stante; in più essi insistevano affinché la Direzione Generale per l'Aeronautica tornasse a fare parte integrante del Ministero della Guerra. Una deliberazione del Consiglio dei Ministri aveva già stabilito che la Direzione Generale passasse, sotto la data del 1 ° maggio 1919, alle - 108 -


dipendenze del Ministero della Guerra; ma, per intromissione presso !'On. Orlando, Presidente del Consiglio dei Ministri, da parte di personaggi che avevano a cuore la sorte dell'aviazione civile, il Presidente del Consiglio telegrafò da Parigi, ove si trovava per i lavori del trattato di pace, di soprassedere alla deliberazione fino al suo ritorno.

In alcuni ambienti, più politici che tecnici, si facevano continuamente pressioni perché tutta l'aeronautica militare, esercito e marina e quella civile, venisse riunita in un Sottosegretariato di Stato; in ambienti puramente tecnici invece si voleva che l'aeronautica civi le andasse ad integrare il Ministero dei Trasporti, dove le direzioni dei servizi ferroviari e marittimi si sarebbero unite alla direzione dei servizi aerei; detta direzione avrebbe dovuto provvedere alla designazione delle rotte aeree, degli aeroscali, al rilascio dei libretti di navigazione per il personale navigante, ai concorsi, alla scelta delle macchine civili, ecc .... Purtroppo le discussioni non portavano ad alcun risultato e la solu zione finale del problema dell'aeronautica, cioè quello di non disperdere ciò che era stato acquisito in anni di duro lavoro, continuava ad essere rimandata. Moris era deluso perché il problema dell'aria era trattato solo sulla base dei registri contabili dello Stato; un enorme cumulo di energie e di valori morali veniva sottratto alla valorizzazione ulteriore; come al solito il problema aeronautico non era compreso dai più. Un passo avanti invece fu fatto in campo militare nel riconoscere all'aeronautica il diritto di essere affiancata alle altre specialità dell' esercito, quale arma combattente, come la fa;:iteria, la cavalleria e l'artiglieria. Dopo vari provvedimenti intermedi, finalmente il 20 aprile 1920, con R.D. n° 451, il Corpo Aeronautico si trasformò in Arma Aeronautica del Regio Esercito; l'aviazione per la Marina continuò a rimanere a se stante. ln questo ambiente di incomprensione dei veri problemi e di diatribe fra operativi, ordinativi, amministrativi, militari, civili, politici ed industriali, Morissi sentiva sempre più solo e sempre più a disagio. Stanco di non essere ascoltato e di non potere indirizzare l'aeronautica, specie quella civile, nella giusta direzione, il 20 luglio 1920 si dimise da Direttore Generale di Aeronautica e passò in posizione ausiliaria. Il generale De Siebert sostituì Moris alla Direzione Generale e l'ammiraglio Orsini prese il suo posto presso la Commissione Aeronautica per il trattato di pace. - 109 -


La notizia delle dimissioni di Moris non apparve mai ufficialmente sugli organi di stampa di regime; d'altra parte egli era troppo riservato per dare pubblicità alle ragioni di profondo dissenso e di profonda amarezza che avevano motivato le sue dimissioni. Il generale Morissi ritirò così nella sua villa a Monte Mario, libero dal servizio, ma sempre coinvolto passionalmente dall'aeronautica cu i dedicò ancora il suo spi rito associazionistico. La commissione parlamentare di inchiesta sulle spese di guerra indagò anche sull'operato di Maurizio Mario Moris negli anni 1914 e 1915; il 2 giugno 1924 il Ministro Di Giorgio così scrisse al Comandante del Corpo d'Armata di Roma (prot. 151): "La Commissione parlamentare d'inchiesta sulle spese di guerra, durante le sue indagini, ha esaminato tra l'altro l'organizzazione dei servizi aeronautici. Riferendosi al primo periodo di tali servizi (esercizio finanziario 1914-31 dicembre 1915), la Commissione così si è espressa nella sua relazione: Si deve riconoscere come altamente benemerita e mirabilmente disposta e condotta sia stata l'opera della Direzione tecnica dell'Aviazione Militare (Ricaldoni), sotto la dipendenza della Direzione di Aeronautica (Moris), le quali dimostrarono di aver saggiamente corrisposto ai primi sacrifici finanziari destinati alla nuova Arma. Giudicando oggi, si può giungere alla stessa conclusione di vivissima lode, anche sapendo come brillanti fossero in seguito, specie nel 1917, i successi della nostra Aeronautica e lusinghiero l'apprezzamento su di essa da parte degli alleati, i quali tutti richiesero poi i nostri prodotti. Tale risultato in un campo nel quale all'inizio della guerra la «competenza ed iniziativa» private erano, può dirsi, inesistenti presso di noi, non poterono per forza di cose, e al di sopra di ogni necessità di altra dimostrazione, che derivare dall'opera di iniziativa e di competenza di quei pochissimi che curarono per loro ufficio questa materia. Pur non essendo questo luogo a panegirici, è ben giusto si riconosca come da tale nucleo di benemeriti servitori dello Stato fu nel 1915, per la aviazione, condotta un'opera che andava al di là dell'adempimento del proprio dovere, e che solo poteva essere compita, in quanto sostenuta dallo spirito di patriottico sacrificio e da amore appassionatamente sentito per il proprio speciale servizio.

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Prego V.E. di dare quanto precede comunicazione ufficiale al generale Moris, al quale vorrà aggiungere l'approvazione della mia soddisfazione nel vedere riconosciute anche dalla Commissione d'inchiesta le sue benemerenze". Doveva essere la commissione d'inchiesta ad apprezzare ed a mettere in risalto l'opera meritoria svolta dal Generale Moris negli anni 1914-1915; la valutazione ingenerosa e le decisioni ingiuste del generale Cadorna nei riguardi di Moris non potevano avere migliore riparazione.

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MORIS NEL PRIMO DOPOGUERRA

Mentre ancora svolgeva l'incarico di Direttore Generale per l'Aeronautica, il Tenente Generale Maurizio Mario Morissi era votato a quello spirito associazionistico che sarà la sua valvola di sfogo aeronautica per tutto il periodo della su.a vita da pensionato. ll 29 giugno 1920 Moris emanò una circolare, congiuntamente con le firme dei professori Palazzo e Vito Volterra, diretta agli aerotecnici italiani, per costituire l'Associazione Italiana di Aerotecnica. Nella circolare Moris definiva l'associazione come "una società scientifica per il progresso dell'aeronautica" in considerazione del fatto che" l'attuale problema - la costituzione di una aeronautica civile non è insomma né di natura soltanto industriale, né di pura organizzazione, ma prima di tutto, in ordine di tempo e d'importanza, di natura tecnica e scientifica". L'Associazione Italiana di Aerotecnica fucosì costituita ed ebbe come organo di stampa la rivista avente per titolo "L'Aerotecnica"; i collaboratori della rivista furono i più importanti luminari della scienza e della tecnica aeronautica. Andato in ausiliaria e ritiratosi nella sua tenuta di Monte Mario, egli mantenne contatti epistolari con molte personalità fra cui Gabriele d 'Annunzio, i Marescialli d'Italia Caviglia e Giardino e con uomini politici come Salandra e Sonnino. In quell'epoca lo scontento dei militari era profondo e generalizzato in quanto vedevano le loro gloriose squadriglie disciolte ed i loro aeroplani venduti a peso; vi era poi una profonda irritazione per i numerosi divieti di volo promulgati da governi democratici, preoccupati dell'ordine pubblico: Nìtti, Giolitti, Bonomi e Facta venivano considerati nemici dell'aviazione. La villa Moris di Monte Mario era meta di un continuo pellegrinaggio di personaggi di varia estrazione: Umberto Nobile, Filippo Turati, Anna Kuliscioff, Gandhi, ecc ... . Le battaglie per la difesa dell'aeronautica furono senza soste. Nel 1919 lo Stabilimento Costruzioni Aeronautiche, che si era reso famoso - 113 -


per la costruzione di dirigibili semirigidi di progettazione italiana, stava per essere messo in liquidazione per mancanza di commesse da parte dell'esercito e della marina. In quel tempo, oltre a qualche centinaio di soldati, lo Stabilimento contava sei o settecento operai, tra i quali molti specializzati di grande valore. Bisognava evitare che le preziose maestranze andassero disperse con danno irreparabile per l'Aeronautica e per l'industria; l'ingegnere Umberto Nobile, direttore civile dello Stabilimento, subentrato da poco al Colonnello Prassone, chiese consigli al generale Moris. Scrive Nobile nel suo libro "La Tenda Rossa" (Arnoldo Mondadori editore - giugno 1970): "Nei primi mesi del 1919 un accordo sembrò che potesse concludersi tra la FIAT e lo Stabilimento. Un giorno, accompagnato dal genera le (Moris - n.d .A.), venne nel mio ufficio il senatore Giovanni Agnelli, che mi chiese se era possibile costruire dirigibili capaci di trasportare carichi di ogni sorta e anche preziosi manufatti. Alcune camarille di industriali di pochi scrupoli brigarono per spingere il Governo a decretarne la vendita a privati. Le pressioni furono di tale natura e così forti che la Direzione Generale dell'Aeronautica Civile, creata in quel tempo, aveva finito per acconsentire e aveva provocato una deliberazione del Consiglio dei Ministri ... (omissis) ... Uno di questi tentativi fu fatto da un alto ufficiale tecnico dell'Aeronautica, allora non più in attività di servizio, che più tardi fu nominato dal Governo Fascista consigliere di Stato... (omissis) ... Acquistato lo stabilimento era loro intenzione di ingrandirlo con altre lavorazioni; avrebbero dato a me la direzione generale con un lauto stipendio ... (omissis) ... In compenso dovevo aiutarli nel far cedere anche i magazzini per un prezzo equo. Indicò la cifra: dieci milioni .... Ma forse avrei fini to per soccombere nell'impari lotta se non avessi avuto l'appoggio generoso del generale Moris. Sempre pronto a battersi per una causa giusta, egli si mise all'opera con slancio ed entusiasmo giovanili ... (omissis). Gli feci conoscere Filippo Turati, il vecchio leader dei socialisti italiani che allora presiedeva il gruppo parlamentare per l'Aeronautica e che era venuto più volte a visitare i nostri lavori allo Stabilimento ... (omissis). Turati e Morissi intesero subito, attratti l'uno verso l'altro dalla semplicità e nobiltà dei loro animi e dall'amore grande per la nostra terra. Ci incontrammo spesso nella bella villa del generale a Monte Mario, dove conversammo dell'avvenire dell'Italia e dei tremendi problemi del dopoguerra. - 114 -


È di quel tempo un celebre discorso che Turati tenne alla Camera dei Deputati e che poi pubblicò col titolo: "Rifare l'Italia".

I passi di esso che concernono l'Aeronautica italiana sono l'eco delle nostre conversazioni sotto i pini di Monte Mario ... (omissis). Una mattina volli rendere omaggio al generale Moris atterrando nella sua villa a Monte Mario con un piccolo dirigibile (l'Mr. = Minimo ridotto - n.d.A.), accolto con commozione da lui e dalla sua cara moglie, la signora Mimì (Adelaide Maraini - n.d.A.). All'amicizia di Filippo Turati si aggiunse quella di Anna Kuliscioff. Costei, piccola di statura com'era, con i capelli grigi e le mani deformate dalla podagra, aveva un fascino eccezionale. Quando parlava la si sarebbe ascoltata per ore senza stancarsi. Presto conquise l'anima dolce della signora Mimì, la cara compagna del generale. Quattro anime elette che in quelle conversazioni si effondevano l'una nell'altra. Si parlava di aeronautica, ma più ancora dell'Italia e dei tremendi problemi del dopoguerra. Il generale, sempre pronto ad accogliere le idee generose e nobili, mi parve che cedesse al fascino intellettuale di Turati e della Kuliscioff e finisse in qualche modo col dividerne le idee politiche e sociali. Ma egli si aspettava che i socialisti italiani combattessero sul serio contro le prepotenze fasciste. Deluso, il 16 aprile 1921, in un momento di grande malumore, mi scriveva: "Siamo dei meschini imperialisti, dei ridicoli materialisti. Non vi è nulla da sperare per chi abbia delle idealità. li nostro socialismo, quando si è trattato di lottare sul serio, si è nascosto e di fronte al combattimento ha dato prova di viltà" . Il Generale, nella sua drittura mora le, diceva schiettamente, senza ambagi, il suo pensiero sugli uomini e sulle cose del fascismo. In un periodo in cui nessuno osnva manifestare apertamente il proprio pensiero per timore che potesse venir riferito, era veramente un gran sollievo sentirlo parlare con tanta franchezza e coraggio. Era un conversare pieno di brio e di vivacità. Quando narrava un episodio di cui era stato testimone, era di un'efficacia inarrivabile. TI suo senso di "humor", che forse aveva ereditato da lontani ascendenti inglesi, sprizzava da ogni frase. Ogni volta che Io sentivo narrare le vicende dell'Aeronautica italiana, di cui era stato il primo animatore, mi rammaricavo di non essere capace di raccogliere stenograficamente il suo discorso per poter - 115 -


conservarne una testimonianza così viva ed autorevole dei fatti che narrava. Spesso gli dicevo che avrebbe dovuto decidersi a dettarmi le sue memorie. Egli si metteva a ridere e si'schermiva dicendo che ormai non ricordava più bene le cose ed invece ricordava benissimo. Ma gli avvenimenti della mia vita turbinosa mi portarono lontano da lui ed il buon proponimento non potette mai venire attuato". Questi lineamenti tracciati da Nobile rendono una chiara idea del carattere del generale Moris, della sua dirittura morale e del suo amor di patria. Pur essendo di tendenze socialiste, apprezzò la difesa che il fascismo fece dell'aviazione; nel 1921 Mussolini, appena eletto deputato, fondò a Montecitorio un Gruppo Parlamentare Aeronautico di cui divenne presidente ed al quale aderiron o deputati anche di altre correnti politiche. Alla vigilia dell'ingresso di Mussolini alla Camera dei Deputati, Longoni, editore della ''Gazzetta dell'Aviazione", organizzò per il 27 ed il 28 marzo 1921, nel salone del Reale Automobile Club di Milano, una riunione battezzata "Adunata Aeronautica Nazionale" la cui presidenza onoraria fu accettata dal Ministro della Guerra, Ivanoe Bonomi, e da Gabriele d'Annunzio. All'adunanza parteciparono industriali, militari ed ex combattenti; fra di essi il Generale Douhet che tenne una relazione su "Aviazione militare e ci vile". La parte del leone la fece Mussolini che parlò sul tema "La stampa e l'Aeronautica". Moris partecipò all'adunanza, di cui approvò le finalità, ma non prese la parola. Certamente l'adunata fatta da Longoni a Milano pose le basi per il matrimonio fra gli interessi aeronautici ed il partito fascista e per l'accostamento a quest'ultimo degli uomini dell'aviazione che riponevano le speranze nella dottrina di Douhet. A quell'epoca Moris era soprattutto interessato alla nascita di una aviazione civile, ma approvò la raccomandazione finale che suggeriva la istituzione di un organo di governo con competenza su tutte le attività aeronautiche e la costituzione di una aviazione militare indipendente. Il 28 marzo 1923 l'Aeronautica si costituì in forza armata indipendente; gli aviatori provenienti dall'Esercito e dalla Marina vestirono la divisa azzurra; Moris, ormai in ausiliaria, non entrò a fare parte della nuova Forza Armata, anche se per ben 22 anni si era interessato alla gestazione dell'aeronautica. - 116 -


I personaggi che avevano dato vita all'aeronautica erano stati di varie estrazioni: civili, militari, soldati e marinai. Era giunto il momento di non disperdere il ricordo del passato; lo spirito associazionistico di Moris era ben noto: il Club degli A via tori, la Società Aeronautica Italiana e l'Associazione Italiana di Aerotecnica erano stati sponsorizzati in passato dal "generale". Il 24 maggio 1923, auspice il Generale Maurizio Mario Moris, fucostituita con atto formale una nuova associazione denominata "Fratellanza Pionieri dell'Aeronautica"; la scelta della data voleva ricordare il giorno dell'entrata in guerra dell'Italia ed il nome voleva significare la fratellanza fra coloro che, per primi, avevano dato _il loro contributo per la nascita e per lo sviluppo dell'Aeronautica. Si trattava di una associazione di fatto che avrebbe potuto godere di alcuni privilegi se fosse stata riconosciuta come ente morale; per interessamento di Moris e per l'intervento del Ministro deil'Interno dell'epoca, l'Associazione Fratellanza Pionieri del!' Aeronautica fu riconosciuta come ente morale con R.D. il 22 novembre 1925. Il Tenente Generale Morissi era guadagnato sul campo i gradi in guerra fortificando il monte Grappa e gettando i ponti sul Piave poco prima di Vittorio Veneto. Il 7 gennaio 1923, con R.D. n° 12 il Ministro della Guerra promosse Mario Moris Generale di Divisione nel ruolo delle armi combattenti; questa era la premessa per la promozione successiva a Generale di Corpo d'Armata. Moris trascorreva molto del suo tempo in Svizzera, nella villa Maraini di Massagno (Lugano), proprietà della moglie Mimì, ma si manteneva in contatto epistolare con gli amici di Roma, ed in particolare con Umberto Nobile con il quale trattava quasi sempre problemi di carattere aeronautico. In una delle lettere da villa Maraini, Moris, il 29 luglio 1924 così scriveva: "Mi è pervenuta una notizia che mi ha profondamente addolorato, come mi addolorano sempre le ingiustizie. Questa volta si tratta di una ingiustizia veramente cattiva, veramente perfida. Ho saputo che Helbig è stato fatto colonnello e che contemporaneamente non si è provveduto alla promozione sua, caro Nobile, ed a quella di Pesce, a tenente colonnello. Ella avrebbe mille volte ragione di buttare in faccia a quei signori le sue dimissioni, ma io La scongiuro caldamente, La scongiuro con tutto il cuore di non fare una cosa simile. Ho anche saputo che hanno proposto e che presto sarà nominato presidente dell' A.I.O.A. - 117 -


(Associazione Italiana di Aerotecnica - n.d.A.) il generale Marieni. Considero tale scelta come un insulto al mio indirizzo, ma disprezzo la cosa. Lo dico solo a Lei, non ne tenga conto ... ". Le lettere erano scritte con una grafia piccola ed appuntita, di difficile lettura, con frasi che, giunte al fondo del foglio, erano scritte lungo i margini ed a volte anche sull'intestazione, come se lo spazio fosse sempre insufficiente per raccontare tutto. Morissi scusava dicendo che la sua sofferenza di cuore cd i suoi dolori lo costringevano a tenere una posizione non consona alla scrittura; a volte delegava la moglie a mantenere i rapporti epistolari. Mimì aveva una calligrafia molto armoniosa e di facile lettura; ma aveva sempre poco da dire e quindi era molto concisa. Mimì Maraini era amica intima di Maria Montessori con la quale aveva continui scambi epistolari, a volte molto prolissi; anche Carlotta, la prima moglie di Nobile, era in amicizia con la moglie di Moris; nelle lettere di Mimì non mancano mai i saluti e gli abbracci per la figlia Maria e le carezze per Titina, la cagnetta di Nobile che passerà alla storia. La signora Mimì soffriva di fegato ed ogni anno i coniugi Morissi recavano nel mese di settembre a passare le acque alla Kurhaus di Tarasp nella Bassa Engadina (Svizzera). Nel 1926 Nobile con il dirigibile "Norge" andò al Polo ord; durante il viaggio verso l'oceano artico egh fece tappa a Leningrado e da quella città inviò un telegramma a Moris del seguente tenore: "Senza di Lei ora non sarei qui" . In data 19 aprile 1926 Moris scrisse a obilc una lettera su carta intestata: Istituto Nazionale di Propaganda Aeronautica Roma - Via Francesco Crispi 10, e così si espresse: "Nessuno è più felice di me e nessuno più soddisfatto di poter confondere quei meschini, miserabili competitori che facevano i profeti di cattivo augurio. Ma non parliamo di quei rettili in un momento così grande. Sono stato l'uomo più contento del mondo quando lo Stabilimento mi ha telefonato che l'N.1 (cioè il dirigibile Norge, n.d.A.) era sceso ottimamente presso Leningrado. Il suo telegramma da Leningrado sarà il più bel ricordo della mia vita aeronautica". Moris era un appassionato dei dirigibili; aveva fatto volare il primo dirigibile militare italiano, aveva seguito con entusiasmo tutta la serie di costruzioni dirigibilistiche di Croceo e Ricaldoni, aveva impiantato lo Stabilimento di Costruzioni Aeronautiche che aveva prodotto decine di dirigibili sernirigidi che avevano ottenuto un grande successo - 118 -


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Caserma Cavour, Roma 28 agosto ·1924 li Dirigibile MR con 11 bordo il Cenemle Umberto Nobile in parle11za per w111 missione. Con q11esto dirigibile Nobile atterrò a Monte Mario 11el parco rlel/11 villa del generale Moris.


internazionale, aveva evitato l'alienazione dello Stabilimento ed aveva incoraggiato Nobile a costruire la nuova serie di dirigibili decisamente più perfezionati; se Nobile è andato al Polo Nord, Moris ne ha gran parte del merito. Mal' Aeronautica tace nei riguardi di Moris; il Regio Esercito, memore del passaggio del Piave assicurato dai ponti gettati dai reparti del Genio di Moris, in data 24 maggio 1926 lo promu ove al grado di Generale d i Corpo d'Armata. Il 16 agosto 1927 dall'Hotel des Alpes di Glion (Vaud - Svizzera) Moris scrive a Nobile: "Stiamo conducendo una vita infernale. Mio cognato è migliorato assai fisicamente, ma è peggiorato moralmente. Mia moglie ha migliorato assai per quanto riguarda la sua colite cronica, ma purtroppo non sono queste le circostanze nelle quali potrebbe migliorare il suo cuore. Io, conoscendo l'ambiente, non oso affatto aspettare qualche cosa di buono. Ho solo veduto con vero orrore qualche promozione a generale quasi come ricompensa di certe pessime azioni. Che schifo! Quel genere di framassoneria muove tutto quel luridume!. .. Se Maria è con voi, un abbraccio; una carezza per Titina" . el 1928 Nobile si preparava a raggiungere nuovamente il Polo Nord, ma questa volta sponsorizzato dal governo italiano ed impiegando il nuovo dirigibile I .4 "Italia" costruito presso lo Stabilimento Militare di Costruzioni Aeronautiche. Balbo non era favorevole a quel volo ed aveva fatto di tutto per osteggiarlo; solo Mussolini aveva dato il suo benestare. Scrive Nobile nel libro "li Destino di un Uomo" - (pagine autobiografiche a cura di Maria obile Schettino - Mursia Editore - anno 1988): "Partimmo da Roma il 10 di aprile, sabalo mattina. Della partenza non avevo avvertito nessuno. Sul campo c'era il Colonnello Pesce e tutti gli altri fedeli dello Stabilimento di Costruzioni Aeronautiche ... (omissis) ... In assenza del Generale Bonzani, partito per Tripoli, era presente il suo Capo di Gabinetto, dottor Carbone, uno dei sostenitori più convinti della nostra impresa. Assistevano alcuni ufficiali dell'Aeronautica e poi il dottor Thommessen ed il signor Wangesten e pochissimi amici. Sopra tutti emergeva la figura del generale Moris, spirito luminoso della vecchia aeronautica italiana, alla quale egli aveva consacrato la sua vita, la sua tranquillità e talvolta anche i suoi averi. onostante gli anni, (aveva 68 anni - n.d.A.) il suo cuore ed il suo entusiasmo erano ancora quelli di un giovane. Egli sapeva che la sua presenza in quel momento solenne sarebbe stata per me un caro e felice auspicio, e perciò era venuto." - 120 -


IL M AHATMA GAN DHI OSPITE D I MORIS

Negli anni trenta Monte Mario non aveva ancora risentito dell'espansione urbanistica di Roma; vi era ancora un certo distacco fra la città ed il colle; la piazza d'armi ai Prati di Castello non era stata ancora completamente invasa dal cemento e dalla lottizzazione; Monte Mario era ancora una zona appartata, avu lsa dal caos cittadino. In quegli anni la tenuta di Moris era un'oasi di pace; nella casa di campagna venivano ancora allevati gli animali, mentre la villa si trovava a qualche distanza ed era collegata da un viale alberato. Racconta Maria, la figlia di Nobile, che avendo avu to allora in dono una capretta e non sapendo come tenerla nella casa di città di via Sabotino 45, l'aveva ceduta alJa fattoria di Moris conservando la facoltà di poterla visi tare di quando in quando. Moris era uso vivere il periodo invernale e quello primaverile a Roma ed il periodo estivo in Svizzera, a Lugano, nelJa villa della moglie Maraini. Appunto in Svizzera Moris conobbe lo scrittore Roma in Rolland, premio Nobel per la letteratura, storico e critico d'arte; costui era ritenuto un sovversivo in quanto prima dello scoppio della prima guerra mondiale aveva scritto articoli pacifisti sul "Journal de Geneve"; d opo la gu erra Rolland si avvicinò al comu nismo e fu anche ospite di Massimo Gorky a Mosca. Il Mahatma Gandhi era amico di Rolland; quando decise di venire a Roma ascoltò il su ggerimento d ell'am ico e si rivolse a Moris. In quel periodo il Mahatma Gandhi era un capo politico e spirituale, chiamato anche la "grande anima" indù dell'India; egli era di nove an- . ni più giovane di Moris, essendo nato a Porbandar n el 1869. Dopo essersi laureato in legge in Gran Bretag na, egli trascorse una ventina di anni in Sud Africa ove divenne leader del movimento per i diritti civili e dove partecipò a tutte le lotte, essendo spesso imprigionato. - 121 -


Nel 1914 egli tornò in India, seguito dalla fama di leader della lotta non violenta per i diritti civili e per l'indipendenza. Nel 1920 Gandhi fu denominato "Mahatma", la grande anima, titolo che lo mise subito in grande imbarazzo. Nel 1925 egli fu nominato presidente del Congresso e si battè per l'indipendenza dell'India; imprigionato, fu liberato nel gennaio 1931. Nel settembre 1931 Gandhi prese parte ad una tavola rotonda a Londra, come membro d el Comitato di Lavoro del Congresso per lo studio di una riforma costitu zionale. Gandhi dimostrò interesse per il cristianesimo e, sulla base delle dottrine cristiane ed hindù, scrisse il "Bhagavad Gita", una guida "infallibile" per il non possesso, il servizio senza egoismo e l'azione st:.nza attaccamento. Al momento del rientro in India, Gandhi fu convinto a passare dall'Italia per prendere imbarco a Brindisi su di una nave italiana diretta a Bombay. Chi tirò le fila di tutto il cerimoniale fu un certo Gino Scarpa, vissuto per alcuni anni a Calcutta come console generale d'Italia. Da giovane Gino Scarpa era stato socialista, schedato dalla polizia fascista come "elemento sovversivo pericoloso". Diventato un dipendente del Ministero dell'Agricoltura, nel 1925 era stato inviato in India per incarichi commerciali; nel 1926 aveva preso la tessera del partito e nel 1928 era passato alle dipendenze del Ministero degli Esteri. Intrigante e maneggione, si attribuivano i suoi successi ad amicizie potenti, in particolare a quella con il capo dei sindacati fascisti, Rossoni. Appena si seppe che Gandhi sarebbe rientrato in India, egli cominciò ad agitarsi per farlo passare da Roma. La questione era molto delicata perché Gandhi era nemico dichiarato della dominazione coloniale inglese in India e quindi l'Italia non avrebbe potuto rivolgergli un invito ufficiale senza creare un caso diplomatico. Scarpa fece circolare in India la notizia che Gandhi aveva ricevuto l'invito per venire in Italia; si trattava di un "ballon d'essai" per saggiare l'opinione internazionale. Il Vicerè dell'India non diede importanza alla cosa; la notizia non fu smentita e quindi il problema rimase aperto. - 122 -


Scarpa quindi mosse tutte le pedine per fare passare Gandhi per l'Italia, prima di imbarcarsi a Brindisi. Gandhi prese il treno per Parigi; successivamente si fermò a Villeneuve, ospite del suo amico Romain Rolland, nella villa di quest'ultimo sul lago di Ginevra. Trattandosi di una visita semi ufficiale, fu chiesto al Generale Moris di ospitare il Mahatma durante la sua permanenza in Italia; fu Romain Rolland a mandare a Moris un telegramma di richiesta. Jl generale non conosceva i retroscena diplomatici e quindi impiegò tre giorni per accertarsi della accettazione politica della visita; quando rispose, Rolland era già seriamente preoccupato per il lungo silenzio.

Quando decise di venire in Italia Gandhi fece gli opportuni passi per essere eventualmente ricevuto in Vaticano ed a Palazzo Venezia; la chiesa di Roma ignorò quel personaggio che, per la mentalità del mondo occidentale, sembrava molto strano; egli era guardato con rispetto, ma anche con m olto scetticismo. Da parte fascista non si voleva perdere l'occasione, di valore propagandistico, di avere contatti con un personaggio di tanto prestigio internazionale. Gandhi giunse a Roma con un treno speciale alle ore 8,30 del 12 dicembre 1931; gran folla lo stava aspettando alla stazione, molti essendo indiani residenti a Roma e molti essendo ammiratori italiani. Il generale Moris doveva riceverlo e fare gli onori di rito, ma era in ritardo, pare perché nessuno lo avesse avvertito del cambiamento di ora rio. Gandhi rimase ad aspettarlo nello scompartimento e si affacciò spesso per salutare la fo lla radunata sul marciapiede. Gina Gabrielli, traduttrice della biografia del Mahatma scritta da Roma in Rolland, salì sul treno e propose a Gandhi di accettare l' ospitalità del barone Passini nella sua villa sulla Tiburtina. Gandhi declinò l'invito e rimase in treno attendendo Moris e rispondendo alle domande d ei g io rnal isti che volevano sapere se sarebbe andato a fare visita a Mussolini. Fina lmente arrivò Moris che prelevò Gandhi e lo accompagnò nella sua villa di Monte Mario insieme al figlio Revadas e la segretaria; non aveva con sé la capretta che di solito portava al guinzaglio, ma in compenso nei bagagli portava l'arcolaio per filare il cotone a scopo distensivo. - 123 -


elle macchine al seguito vi era anche uno che si vantava di essere amico di Moris, Demetrio H elbig, figlio di un archeologo tedesco e di una pianista russa; egli era amico di Rolland ed in passato era stato ufficiale del genio aerostieri, alle dipenden.le del generale. Helbig raccontò che quando Gandhi giunse a Monte Mario, il giardino e la casa erano stati invasi dalla polizia; Gandhi si meravigliò e chiese spiegazioni ed Helbig disse che per noi la situazione era difficile. Anche i fotografi ed i cineoperatori restarono disillusi: il Mahatma si chiuse in casa e distese i nervi filando il cotone con il suo arcolaio. A mezzogiorno il Mahatma consumò un pasto completamente vegetariano e ringraziò i padroni di casa per avergli fatto conoscere per la prima volta il finocchio, "un frutto veramente prelibato, dal gusto dolcissimo". Alle 14,30 Gandhi, accompagnato da Moris, uscì di casa per recarsi in visita alla Regia Scuola di Metodo Montessori; il Mahatma aveva conosciuto personalmente Maria Montessori a Londra ed apprezzava moltissimo il suo metodo di insegnamento. Gandhi si intrattenne con l'accademico Francesco Orestano e con altri personaggi dell'Opera Nazionale Maternità ed Tnfanzia e quindi visitò la Casa del Bambino annessa ai corsi magistrali. Alle 15,50 Gandhi si recò in Vaticano, ma il Papa si rifiutò di riceverlo; in sua vece, il commendatore Nogara, direttore dei musei vaticani, fece gli onori di casa ed accompagnò Gandhi in una visita guidata ai suddetti musei. Uscito dal Vaticano, il Mahatma fu portato al Gianicolo perché potesse ammirare di lassù la Città Eterna; alle 18,00 la macchina con Gandhi, Moris, Mira e Desai si fermò in piazza Venezia all'ingresso del Palazzo del Capo del Governo. Il cavaliere Benito Mussolini si alzò dal tavolo di lavoro ed andò incontro a Gandhi a metà della sala del mappamondo; lo accompagnò al tavolo da lavoro e si sedette accanto a lui unitamente a Mira; Desai cd il vecchio generale rimasero in piedi. Dopo dieci minuti circa Mussolini si alzò per significare che il colloquio era finito; accompagnò nuovamente Gandhi fino a metà della sala e lo congedò. All'uscita il Mahatma fu fotografato nella sala delle armi. - 124 -


Sui giornali non comparvero indiscrezioni sul colloquio; secondo il Prof. Fabio Scialpi, il Mahatma con la sua naturale franchezza e ruvidezza gli avrebbe detto: "Lei sta costruendo un castello di carte." Dopo la visita, Gandhi e Moris ritornarono a Monte Mario; per la sera era previsto un ricevimento con varie personalità. Le dieci persone al seguito di Gandhi furono ospitate in un albergo di Roma e crearono molte preoccupazioni al persona!~ di servizio sia per le loro strane abitudini e sia per le loro incomprensibili complicazioni alimentarì. La marchesa Manuelita Moris Chanaz, nipote del gen erale, allora era bambina; ella ricorda la disperazione di casa Moris quando il Mahatma pretese del latte di capra, al momento introvabile. Quel piccolo uomo, in equilibrio sulle esili gambe da fanciullo invecchiato, non era portato per la mondanità; per questo apprezzava l'isolamento del parco di Monte Mario. Al ricevimento della sera del 12 dicembre 1931 parteciparono: la principessa Maria, figlia del Re d'Italia, la con tessa Carnevali, che teneva salotto ai giornalisti fascisti, Helbig, amico comune di Moris e Rolland, Tatiana Sukhotin Tolstoj, la maggiore delle figlie dello scrittore, tanto amato dal sessantasettenne Mahatma e dal Prof. Rodolfo de Mattei. Una testimonianza del ricevimento di quella sera è riportata nel libro "Labirinto Romano" (Edizione Vallecchi - Firenze -1954) del professore universitario Rodolfo de Mattei, titolare della cattedra di dottrine politiche della Facoltà di Giurisprudenza di Roma; egli così riferisce: "Difficilmente mi uscirà dalla memoria quella cantilena che, in un serrato salotto a lumi spenti, il Mahatma, accoccolato a terra, intonò all'imbrunire, la vigilia della sua partenza da Roma. Ogni altra lingua taceva attorno, mentre il rosso del camino diffondeva toni metafisici nel chiuso dell'ambiente. Accanto a lui pochissime persone, fra le quali, silenziosa la quarta figlia del Re d'Italia, la principessa Maria, che aveva recato all'insonne pellegrino una cesta di fichi d'India. Una strana nenia dal ritmo delicato e solitario, che rammentava l'umile moto dei fili che si avvolgono al familiare arcolaio. Ma Monte Mario si era fat to unito ed assorto; e quel ritmo era gemello delle prime voci dei monti; pari ai toni rochi delle acque eterne." A proposito della principessa reale Maria i rapporti di polizia erano in forse se la principessa fosse stata mossa da cmiosità o da presunte tendenze mistiche. - 125 -


I testimoni raccontarono che la principessa portò a Gandhi un canestro di fichi d'India di cui la regina aveva personalmente curalo la confezione. Gandhi si stupì del fatto che il nome di quei frutti richiamasse l'India: "Quelli che noi chiamiamo fichi non sono come questi. Ma che siano fichi o no, saranno dolci per il viaggio qualunque sia il loro no1ne". La mattina del 13 dicembre iniziò con una breve passeggiata nel giardino della villa, deludendo ancora i giornalisti per il suo rifiuto a lasciarsi intervistare; successivamente Gandhi, accompagnato da Moris, effettuò una ulteriore passeggiata nel popolare quartiere di Porta Trionfale per circa un'ora seguito dal commendator Scarpa, ex console italiano in India; la folla si accalcò, festosa ed incuriosita, intorno al Mahatma. Il resto della mattinata fu speso a visitare quattro palestre e la Legione dei marinaretti "Caio Duilio", ad assistere esercizi ginnici, sfilate di reparti ciclisti, evoluzioni di marinaretti con l'accompagnamento di Renato Ricci, capo dell'Opera Nazionale Balilla. I cinegiornali dell'epoca mostrano la curiosa scena di ragazzini armati di moschetto che circondano un omino in "dhoti" bianco e sandali che guarda incuriosito. Gandhi venne quindi portato a visitare altre opere del regime: l'istituto dell'Opera Nazionale Maternità ed Infanzia alla Garbatella, ed altre istituzioni similari. Alla fine della mattinata il Mahatma tornò a villa Moris; ma durante il percorso fu accompagnato dal generale a visitare Villa Borghese, il Palatino ed il Campidoglio. Alle ore 13,00 Gandhi, a villa Moris, ricevette la visita di personalità indiane residenti a Roma; successivamente fu portato a visitare foro Mussolini, Farnesina ed uno stadio per assistere ad una partita di "rugby" tra due squadre di Roma e di Napoli. Quindi rientrò a villa Moris per poi andare alle 18,30 a Palazzo Vidoni, a fare visita a Starace, segretario del Partito. Dopo cena Gandhi ed il suo seguito furono accompagnati alla stazione da dove partirono per Brindisi alle ore 22,40; il giorno successivo tutti si imbarcarono sul piroscafo ''Pilsna" del Lloyd Triestino. Cinquanta anni dopo, l'Associazione Amici di Monte Mario, sotto gli auspici del Comune di Roma, all'ingresso di quello che fu il parco della villa Moris e che ora ospita un condominio, sul muro adiacente alla

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"dependance" tuttora esistente, al numero 103 di via Massimi (un tempo vicolo Massimo), pose una lapide ricordo con la seguente iscrizione: EL CASALE DELLA VILLA CHE sr ESTENDEVA IN QUESTO AGRO E AL QUALE MUTI TESTIMONI ANCORA OGGI GLI ULIVI 01 QUI CONDUCEVA LUNGO VIALE D'I GRESSO NEL DICEMBRE MCMXXXI OSPITE DEL GENERALE MAURIZIO MARIO MORIS PADRE DELL' AE~ON AUTrCA ITALIANA DIMORO' lL MAHATMA GA OHI IN VISITA A ROMA". Il

Nel cinquantenario auspice il comune di Roma, l' Associazione Amici di Monte Mario -Q.M.P. il 12 Dicembre1981. Il discorso ufficiale fu tenuto dal Prof. Scialpi, presen te l' Ambasciatore dell'India, J.C. Aimani ed il Generale Giulio Cesare Graziani, Presidente dell'Associazione Pionieri d ell'Aeronautica, fondata il 24 maggio 1923 dal Generale Maurizio Mario Moris.

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IL TRAMONTO

Moris e Giuseppe Valle, entrambi ex ufficiali del Genio del Regio Esercito, si conoscevano da lungo tempo; quando Moris era comandante del Battaglione Specialisti del Genio, il Tenente del Genio Giuseppe Valle fu assegnato alla sezione aerostieri del Forte Monte Mario. Moris fu il realizzatore della flotta di dirigibili semirigidi dell'Esercito Italiano e Giuseppe Valle fu un bravissimo pilota di dirigibili durante la prima guerra mondiale. Alla fine della guerra Morissi ritirò a vita privata e si isolò nella sua villa di Monte Mario, essendo d i idee socialiste e quindi non legato al regime fascista. Giuseppe Valle invece si alleò con i nuovi padroni e fece molta carriera, ma ovviamente non poteva dimenticare di avere avuto come superiore e maestro Maurizio Mario Moris. L'associazione "Fratellanza dei Pionieri di Aeronautica" era stata un pò dimenticata in quanto fondata da cx com ponenti dell'Esercito; Giuseppe Valle, diventato Generale di Aeronautica, il 28 giugno 1935 rifondò l'Associazione Pionieri dcli' Aeronautica di cui divenne Presidente; per l'occasione fu compilata una bella pergamena con la firma di tutti gli iscritti; la prima fu quella d i Moris. Il 16 novembre 1936 Moris perdette la consorte, Adelaide Maraini; con la morte della "cara Mimi" il generale perdette anche la voglia di vivere e si lasciò andare; i visitatori della villa di Monte Mario divennero sempre meno numerosi. Nello stesso anno Moris ricevette l'onorificenza d i Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine della Corona d'Italia; aveva allora settantasei anni. Tre anni dopo, per intercessione del Generale Valle, Capo di Stato Maggiore e Sottosegreta rio per l'Aeronautica, il Mi nistro dell' Aeronautica, Benito Mussolini, propose al Re la nomina di Maurizio Mario Moris a Senatore del Regno; la concessione del laticlavio avvenne solennemente il 28 marzo 1939. - 131 -


Poi venne la guerra e Moris rimase segregato nella sua villa a Monte Mario senza poter fare le solite visite ai parenti in Svizzera. Solo pochi intimi, come Umberto Nobile, andavano a fargli visita; la malattia di cui soffriva, l'angina pectoris, progrediva rapidamente. Si era lasciato crescere la barba e questo aveva conferito al suo volto una nuova spiritualità; le mani, ad intervalli, erano agitate da un continuo tremore con oscillazioni sempre più ampie. Ma l' intelligenza era sempre limpidissima e la memoria intatta; parlava sempre con piacere e con la stessa vivacità di un tempo e come sempre il suo discorso era pieno di quell'umorismo lieve che gli era così caratteristico. Un giorno, dopo lo sbarco di Anzio, mentre nella campagna romana si sentiva tuonare il cannone, durante un colloquio con il generale Nobile, ricordò un fatto gustoso avvenuto durante la sua prima giovinezza. Per inciso, obile, oltre che essergli amico, era anche il suo vicino di casa; infatti quest'ultimo, fino al 1928 abitò in via Ferrari 4, cioè vicir,o allo Stabilimento Costruzioni Aeronautiche di cui era direttore, e successivamente si trasferì in via Sabotino 45, ai piedi di Monte Mario. Moris raccontò che, mentre in treno si recava a Pinerolo, gli capitò di incontrare il Re Vittorio Emanuele Il; senza alcuna formalità protocollare, il Re viaggiava in treno accompagnato dalla sua bella Rosina. Moris se ne accorse quando il treno si fermò un po' a lungo in una stazioncina lungo la linea ed il Re, con la sua compagna, scese a terra per sgranchirsi le gambe sul marciapiede. Vittorio Emanuele era vestito da cacciatore, con un abito di velluto marrone e lunghi gambali; la Rosina, un pezzo di giovane contadina, fresca e rosea, era vestita a colori vistosi. Quando Moris, con aria indifferente, si accostò a quei viaggiatori d'eccezione, sentì che i due erano impegnati in una discussione animata su chi di loro pesasse di più. Il Re sosteneva che fosse la Rosina, ma questa naturalmente ribatteva che fosse il Re. Alla fine Vittorio Emanuele II, per tagliare corto, propose di andare a pesarsi alla bascula nella sala merci. Tutta una folla di curiosi seguì i due personaggi; la pesata produsse una sfilza di battute in dialetto piemontese fra il Re e la Rosina che divertirono tutti gli astanti. - 132 -


Nobile si propose di tornare spesso da Moris recando carta e matita per scrivere la storia orale del generale; ma le difficoltà di quel terribile periodo dell'occupazione nazista di Roma finirono per rallentare le visi te. Un vecchio amico ed ex dipendente di Moris intendeva compilare una enciclopedia biografica e pertanto chiese al generale di preparargli un suo cenno biografico; Moris gli inviò un appunto molto schematico scusandosi col dire che aveva dimenticato molte cose giacché "ero troppo preso dall' ingranaggio per preoccuparmi della compilazione di un diario; forse è stato un male." Moris ricevette più volte Nobile nei giorni che precedettero la sua morte, sopraggiunta quasi inaspettatamente per "angina pectoris"; il generale appariva stanco, ma la sua intelligenza era limpida come sempre e la sua memoria perfetta. In un articolo apparso sulla rivista "L'Aerotecnica" (n° 2 - Vol. XXV, settembre 1945), Nobile così scrisse: "Lo vidi due o tre giorni prima che morisse. Si era fatto crescere la barbetta, aveva un aspetto ieratico; fu una cosa molto penosa per me. Egli mi mandò a chiamare e mi disse: Sai, è giunto il momento di difenderti da tutto ciò che è stato fa tto di male durante il periodo fascista contro di te. Devi presentare, la prepariamo insieme, una domanda al Ministro Bonomi (subito dopo la guerra Bonomi era presidente del Consiglio dei Ministri - n.d.A.). Tu chiedi che sia riesaminata la tua posizione, che sia nominata una commissione che riveda il caso tuo e tutte le ingiustizie cui sei stato vittima." Mi ricordo che io lo andavo a trovare tutti i pomeriggi; lui era a letto infermo. Qualche giorno che precedette la morte aveva terminato di correggere la mia lettera per Bonomi. L'ultima volta che lo vidi disse : "Adesso è terminata. Tu avrai giustizia, io invece non sarò più qui". E mi ricordo che fu un commiato commovente. · L'indomani, 19 settembre 1944, stavo per accingermi a tornare da lui, a Monte Mario, quando mi fu telefonato che era spirato. Il caro vegliardo aveva previsto giusto. Quella giustizia, che aveva chiesto per me nelle ultime ore della sua vita, mi fu resa. La sera seppi che, nonostante gli fosse penoso prendere in mano la penna, aveva voluto firmare la lettera, da me corretta secondo le sue indicazioni". - 133 -


Nel 1952, otto anni dopo la sua morte, l'Aeronautica Mi litare si ricordò di Moris e battezzò con il suo nome l'aeroporto di Roma-Urbe, ex aeroporto del Littorio. IL Foglio d'Ordini n. 14 del 10 maggio 1952 del Ministero - Difesa Aeronautica, sotto il titolo". ome di battesimo Aeroporto dell'Urbe" così riferisce: "Sotto la data del 1° aprile 1952 l'aeroporto dell'Urbe assume il nome di battesimo "GENERA LE MAURIZIO MARIO MORIS" in memoria del Generale di Corpo d'Armata Maurizio Moris, pioniere dell'Aeronautica". E questo è tutto!

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CRONOLOGIA 18 ottobre 1860

Nasce a Parigi Maurizio Mario Moris .

1° ottobre 1878

Maurizio Mario Moris entra in Accademia.

31 luglio 1881

Maurizio Mario Moris viene promosso Sottotenente.

1° giugno 1882

Maurizio Mario Moris viene promosso Tenente.

29 ottobre 1883

Maurizio Mario Moris viene assegnato all'Accademia di Torino come insegnante.

4 luglio 1886

Maurizio Mario Moris viene assegnato al 1° Reggimento Genio.

5 dicembre 1886

Maurizio Mario Moris viene trasferito al Dipartimento Marittimo di La Spezia.

7

ottobre 1887

Maurizio Mario Moris viene promosso Capitano.

24 aprile 1890

Maurizio Mario Moris viene assegnato al 2° Reggimento Genio.

1° gennaio 1892

Maurizio Mario Moris viene assegnato al 3° Reggimento Genio - Compagnia Specialisti di Roma.

14 giugno 1894

Primo volo libero di Maurizio Mario Moris sul pallone "Durand de la Penne".

1896

Costituzione della Sezione Fotografica a villa Mellini di Monte Mario.

1899

Il Capitano Moris incontra il Sottotenente Gaetano Arturo Croceo sul Monte Chaberton.

1° ottobre 1902

Maurizio Mario Moris viene promosso Maggiore. - 135 -


30 ottobre 1903

Viene costituita a Roma la Società Aeronautica Italiana (S.A.I.).

14 giugno 1904

Vola il primo aerostato "Fides" della S.A.I..

11 gennaio 1905

La Regina, il Duca di Genova ed il Principe di Ud ine visitano la Brigata Specialis ti.

5 giugno 1905

Vola il pallone "Spes" della S.A.l. - Madrina Lina Moris.

1905

inverno 1906 1907

Croceo installa presso la Caserma Cavour il Gabinetto di Aerodinamica. Croceo e Ricaldoni trasferiti a Bracciano. Collaudo a Vigna di Va lle dell'idroplano di Croceo e Ricaldoni.

fine 1907

Si costituisce a Roma il Club degli Aviatori; presidente è il Maggiore Maurizio Mario Moris.

26 lug lio 1908

L'N.I gonfiato ad a ria nel cortile della caserma Cavour.

29 settembre 1908

L'N.l, gonfiato ad idrogeno, effettua la prova di rimorchio a Vigna di Valle.

3 ottobre 1908

L'N.1 di Croceo e Ricaldoni effettua il primo volo a Vigna di Valle.

19 ottobre 1908

Il Ministro della Gu erra vola s ull' Valle.

31 ottobre 1908

L'N.1 sorvola la città di Roma.

31 marzo 1909

Maurizio Mario Moris promosso tenente colonnello.

1° aprile 1909

Arriva a Centocelle Wilbur Wright con il velivolo n. 4.

a11110

1909

.1 a Vigna di

Costituita a Milano la Società Italiana di AviaLione (S.I.A.).

72 settembre 1909

Termina il circuito aereo internazionale di Brescia.

23 settembre 1909

Con R.D. n. 709 la Brigata Specialisti diventa autonoma.

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22 maggio 1910

Ultimo volo del velivolo n. 4 di Wright a Centocelle e suo invio al Museo.

giugno 1910

Tenente Savoia viene inviato in Francia, a Mourmelon le Grand, per acquistare un Henry Farman.

25 giugno 1910

Tenente Savoia giunge a Centocelle con un nuovo velivolo Henry Farman.

10 luglio 1910

Prima legge di bilancio aeronautico (n. 422).

17 luglio 1910

La legge n. 515 trasforma la Brigata Autonoma Specialisti del Genio in Battaglione Autonomo.

2 agosto 1910

Il Ministro Spingardi vola come passeggero sul velivolo H. Farman di Savoia.

12 settembre 1910

Tenente Savoia sorvola Roma con il suo H. Farman.

28 ottobre 1910

Istituita la Sezione Aviazione nell'ambito del Battaglione Specialisti Autonomo del Genio.

novembre 1910

Tenente Colonnello Morissi reca in Francia per l'acquisto di due Bleriot Xl.

12 marzo 1911

La Scuola Militare di volo di Centocelle è trasferita ad Aviano.

1° aprile 1911

Maurizio Mario Moris promosso a scelta colonnello.

6 aprile 1911

Moris nominato capo ufficio di Ispezione dei Servizi di Aeronautica.

17 giugno 1912

Colonnello Maurizio Mario Moris sbarca in Tripolitania.

27 giugno 1912

Regio Decreto n. 689 istituisce l'Ispettorato dei Servizi Aeronautici presso il Ministero della Guerra ed il Battaglione Aviatori alla Caserma "La Marmora" di Torino.

20 ottobre 1912

Termine delle operazioni belliche in Libia.

3 marzo 1913

Il pilota collaudatore della Caproni, Slavorosof, giunge a Roma da Milano con il Ca . 16.

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30 aprile 1913

Prove eliminatorie per il concorso nazionale per un velivolo di progettazione e costruzione italiana.

febbraio 1914

Commissione Consultiva per la Navigazione propone la costituzione di un Corpo Aeronautico.

3 luglio 1914

Il disegno di legge per la costituzione di un Corpo Aereo Autonomo viene presentato in Parlamento dal Ministro deila Guerra, Genera le Grandi.

7 gennaio 1915

Corpo Aeronautico Militare viene costituito con il R.D. n. 11 che sarà convertito in legge solo il 2 febbraio 1917.

31 gennaio 1915

Colonnello Moris lascia la carica di Capo Ufficio d'Ispezione dei Servizi Aeronautici e assume le funzioni di Direttore Generale per l'Aeronautica presso il Ministero della Guerra.

24 maggio 1915

l ' Italia entra in guerra - la consistenza dei velivoli era la seguente: Italia 58; Francia 1150; Gran Bre-tagna 166; Germania 764; Austria-Ungheria 96.

15 novembre 1915

Entra in funzione la Scuola di Pilotaggio di Foggia.

1° dicembre 1915

Maurizio Mario Moris nominato Maggior Generale.

23 dicembre 1915

Moris esonerato dall'incarico di Direttore Generale per l'Aeronautica ed inviato al fronte.

15 aprile 1916

Maggior Generale Maurizio Mario Moris nominato comandante del Genio del 1° Corpo d'Armata.

15 gennaio 1917

Maggior Generale Maurizio Mario Moris nominato comandante del genio della 6~ Armata.

21 settembre 1917

Maggior Generale Maurizio Mario Moris nominato comandante del Genio della 42 Armata.

26 febbraio 1918

Maggior Generale Maurizio Mario Moris nominato comandante del Genio della 5u Armata.

28 agosto 1918

Maggior Generale Maurizio Mario Moris nominato comandante del Genio dell'8~ Armata.

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4 novembre 1918

Maurizio Mario Moris promosso sul campo, per meriti di guerra, a Tenente Generale.

24 dicembre 1918

Tenente Generale Maurizio Mario Moris nominato Direttore GeneraÌe per l'Aeronautica alle dipendenze del Sottosegretariato per le liquidazioni di guerra.

20 aprile 1920

Regio Decreto n. 451 trasforma il Corpo Aeronautico in Arma Aeronautica del Regio Esercito.

20 giugno 1920

Su iniziativa di Moris costituita a Roma l'Associazione Italiana di Aerotecnica.

14 settembre 1920

Moris decorato della Croce di Grand Ufficiale dell'Ordine di SS. Maurizio e Lazzato.

20 marzo 1921

Adunata Aeronautica Nazionale nel salone del Reale Automobile Club di Milano.

7 gennaio 1923

Regio Decreto n. 12 promuove Maurizio Mario Moris al grado di Generale di Divisione.

24 maggio 1923

Su iniziativa di Moris viene costituita l'associazione Fratellanza Pionieri di Aeronautica.

24 maggio 1926

Moris promosso Generale di Corpo d'Armata.

12 dicembre 193'/

Mahatma Gandhi ospite di Moris nella villa di Monte Mario.

28 giugno 1935

Il Generale Giuseppe Valle rifonda l'associazione Pionieri di Aeronautica.

16 novembre 1936

Muore Adelaide Maraini, moglie di Maurizio Mario Moris.

28 marzo 1939

Generale di Corpo d'Armata Maurizio Mario Moris nominato Senatore del Regno.

19 sette111bre '/944

Muore a Roma il Senatore Maurizio Mario Moris.

10 maggio 1952

L'aeroporto dell'Urbe a Roma viene intitolato al Generale di Corpo d'Armata Maurizio Mario Moris.

12 dicembre 1981

Una lapide ricordo viene affissa al muro di cinta della ex villa Moris di Monte Mario per ricordare la visita del Mahatma Gandhi.

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BIBLIOGRAFIA "LA TENDA ROSSA", Memorie di neve e di fuoco, di Umberto Nobile, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, anno 1970. "MO TE MARIO", Rivista mensile dell'Associazione Amici di Monte Mario, Rivista n. 129, gennaio 1991, Roma. "L'AERO A UTICA", Rivista mensile n. 2, voi. XXV - settembre 1945, Estratto dal Centro Documenta ..done "Umberto Nobile". "RIVISTA DIORAMA", n. 1-2 anno 1973. "ALI

UOVE", Rivista n. 56, anno 1962.

"DLCIOTIO MESI DI GUERRA DEL GENERALE MAURIZIO MORIS", Rivista dell' Is tituto Storico e di Cultura dell'Arma del Genio, Articolo del Gcn. C. A. Tng. Luigi Azzariti, anno 1945. "UN GRA DE SOLDATO: IL GENERALE MAURIZIO MARIO MORIS", articolo del Gen. C. A. Stefano Dcgiani estratto dal fascicolo n. 22, dicembre 1945 dal Bollettino dell'Istituto Storico e di Cultura d ell'Arma del Genio. "L'AEROTECNICA", Rivista Mensile Illustrata n. 5-6 luglio e agosto 1920, Articolo intitolato "ìv1ARIO MORIS". "l DIRIGIBILI ITALIA l", di Giuseppe Pesce, Mucchi Editore, Modena, anno 1982. "STORIA DELLA RADIO IN AVIAZIO E", d i Giuseppe Pesce, Mucchi Editore, Modena, anno 1980. - 141 -


"STORIA DELLE ORIGINI DELL'AERONAUTICA MILITARE", volumi I e Il, di Angelo Lodi, Edizioni dell'Ateneo Bizzarri, Roma, anno 1977. "PIONIERI DELL'AVIAZIONE IN ITALIA", di Mario Cobianchi, Edito-riale Aeronautico, Roma, anno 1943. "IL DESTINO DI UN UOMO", pagine autobiografiche a cura di Maria obile Schettino, Edizioni Mursia, Milano, anno 1988. "LA GUERRA NELL'ARIA", Gen. A.A. Felice Porro, Edizioni Corbaccio, anno 1940. "ARCHEOLOGIA AERONAUTICA", di Giuseppe Pesce, Edizioni Stile Regina, Roma, anno 1988. "AERONAUTICA MILITARE ITALIANA", 1923-1973, di Alberto Mondini e Benedetto Papi, Etas Compass Editrice, anno 1973. "QUESTA TERRA NON CI BASTA'', di Bice Croceo. "ALI E POLTRONE", di Giuseppe d'Avanzo, Edizioni Ciarrapico, Roma, anno 1976. "LABIRINTO ROMANO", d i Rodolfo De Mattei, Edizione Vallecchi, Firenze, anno 1954. "ALI SUL POLO", di Umberto Nobile, Edizione Mursia, Milano, anno 1975. "IL PERIODO PIO !ERISTICO DELL'AERONAUTICA MILITARE lT ALTANA", di Angelo Lodi, Estratto dalla Rivista Aeronau-tica, Roma, anno 196]. "GANDHI IN ITALIA", di Gianni Sofri, Edizioni Il Mulino, anno 1988.

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Bibliografia ................................................................................... . »

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pages 151-154

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