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Il tramonto
IL TRAMONTO
Moris e Giuseppe Valle, entrambi ex ufficiali del Genio del Regio Esercito, si conoscevano da lungo tempo; quando Moris era comandante del Battaglione Specialisti del Genio, il Tenente del Genio Giuseppe Valle fu assegnato alla sezione aerostieri del Forte Monte Mario.
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Moris fu il realizzatore della flotta di dirigibili semirigidi dell'Esercito Italiano e Giuseppe Valle fu un bravissimo pilota di dirigibili durante la prima guerra mondiale.
Alla fine della guerra Morissi ritirò a vita privata e si isolò nella sua villa di Monte Mario, essendo di idee socialiste e quindi non legato al regime fascista.
Giuseppe Valle invece si alleò con i nuovi padroni e fece molta carriera, ma ovviamente non poteva dimenticare di avere avuto come superiore e maestro Maurizio Mario Moris.
L'associazione "Fratellanza dei Pionieri di Aeronautica" era stata un pò dimenticata in quanto fondata da cx componenti dell'Esercito; Giuseppe Valle, diventato Generale di Aeronautica, il 28 giugno 1935 rifondò l'Associazione Pionieri dcli' Aeronautica di cui divenne Presidente; per l'occasione fu compilata una bella pergamena con la firma di tutti gli iscritti; la prima fu quella di Moris.
Il 16 novembre 1936 Moris perdette la consorte, Adelaide Maraini; con la morte della "cara Mimi" il generale perdette anche la voglia di vivere e si lasciò andare; i visitatori della villa di Monte Mario divennero sempre meno numerosi.
Nello stesso anno Moris ricevette l'onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine della Corona d'Italia; aveva allora settantasei anni. Tre anni dopo, per intercessione del Generale Valle, Capo di Stato Maggiore e Sottosegretario per l'Aeronautica, il Ministro dell' Aeronautica, Benito Mussolini, propose al Re la nomina di Maurizio Mario Moris a Senatore del Regno; la concessione del laticlavio avvenne solennemente il 28 marzo 1939.
Poi venne la guerra e Moris rimase segregato nella sua villa a Monte Mario senza poter fare le solite visite ai parenti in Svizzera.
Solo pochi intimi, come Umberto Nobile, andavano a fargli visita; la malattia di cui soffriva, l'angina pectoris, progrediva rapidamente. Si era lasciato crescere la barba e questo aveva conferito al suo volto una nuova spiritualità; le mani, ad intervalli, erano agitate da un continuo tremore con oscillazioni sempre più ampie.
Ma l'intelligenza era sempre limpidissima e la memoria intatta; parlava sempre con piacere e con la stessa vivacità di un tempo e come sempre il suo discorso era pieno di quell'umorismo lieve che gli era così caratteristico.
Un giorno, dopo lo sbarco di Anzio, mentre nella campagna romana si sentiva tuonare il cannone, durante un colloquio con il generale Nobile, ricordò un fatto gustoso avvenuto durante la sua prima giovinezza.
Per inciso, obile, oltre che essergli amico, era anche il suo vicino di casa; infatti quest'ultimo, fino al 1928 abitò in via Ferrari 4, cioè vicir,o allo Stabilimento Costruzioni Aeronautiche di cui era direttore, e successivamente si trasferì in via Sabotino 45, ai piedi di Monte Mario.
Moris raccontò che, mentre in treno si recava a Pinerolo, gli capitò di incontrare il Re Vittorio Emanuele Il; senza alcuna formalità protocollare, il Re viaggiava in treno accompagnato dalla sua bella Rosina. Moris se ne accorse quando il treno si fermò un po' a lungo in una stazioncina lungo la linea ed il Re, con la sua compagna, scese a terra per sgranchirsi le gambe sul marciapiede. Vittorio Emanuele era vestito da cacciatore, con un abito di velluto marrone e lunghi gambali; la Rosina, un pezzo di giovane contadina, fresca e rosea, era vestita a colori vistosi.
Quando Moris, con aria indifferente, si accostò a quei viaggiatori d'eccezione, sentì che i due erano impegnati in una discussione animata su chi di loro pesasse di più.
Il Re sosteneva che fosse la Rosina, ma questa naturalmente ribatteva che fosse il Re.

Alla fine Vittorio Emanuele II, per tagliare corto, propose di andare a pesarsi alla bascula nella sala merci.
Tutta una folla di curiosi seguì i due personaggi; la pesata produsse una sfilza di battute in dialetto piemontese fra il Re e la Rosina che divertirono tutti gli astanti.
Nobile si propose di tornare spesso da Moris recando carta e matita per scrivere la storia orale del generale; ma le difficoltà di quel terribile periodo dell'occupazione nazista di Roma finirono per rallentare le visi te.
Un vecchio amico ed ex dipendente di Moris intendeva compilare una enciclopedia biografica e pertanto chiese al generale di preparargli un suo cenno biografico; Moris gli inviò un appunto molto schematico scusandosi col dire che aveva dimenticato molte cose giacché "ero troppo preso dall'ingranaggio per preoccuparmi della compilazione di un diario; forse è stato un male."
Moris ricevette più volte Nobile nei giorni che precedettero la sua morte, sopraggiunta quasi inaspettatamente per "angina pectoris"; il generale appariva stanco, ma la sua intelligenza era limpida come sempre e la sua memoria perfetta.
In un articolo apparso sulla rivista "L'Aerotecnica" (n° 2 - Vol. XXV, settembre 1945), Nobile così scrisse: "Lo vidi due o tre giorni prima che morisse. Si era fatto crescere la barbetta, aveva un aspetto ieratico; fu una cosa molto penosa per me. Egli mi mandò a chiamare e mi disse: Sai, è giunto il momento di difenderti da tutto ciò che è stato fatto di male durante il periodo fascista contro di te. Devi presentare, la prepariamo insieme, una domanda al Ministro Bonomi (subito dopo la guerra Bonomi era presidente del Consiglio dei Ministri - n.d.A.).
Tu chiedi che sia riesaminata la tua posizione, che sia nominata una commissione che riveda il caso tuo e tutte le ingiustizie cui sei stato vittima."
Mi ricordo che io lo andavo a trovare tutti i pomeriggi; lui era a letto infermo. Qualche giorno che precedette la morte aveva terminato di correggere la mia lettera per Bonomi.
L'ultima volta che lo vidi disse: "Adesso è terminata. Tu avrai giustizia, io invece non sarò più qui". E mi ricordo che fu un commiato commovente. ·

L'indomani, 19 settembre 1944, stavo per accingermi a tornare da lui, a Monte Mario, quando mi fu telefonato che era spirato.
Il caro vegliardo aveva previsto giusto. Quella giustizia, che aveva chiesto per me nelle ultime ore della sua vita, mi fu resa.
La sera seppi che, nonostante gli fosse penoso prendere in mano la penna, aveva voluto firmare la lettera, da me corretta secondo le sue indicazioni".
Nel 1952, otto anni dopo la sua morte, l'Aeronautica Militare si ricordò di Moris e battezzò con il suo nome l'aeroporto di Roma-Urbe, ex aeroporto del Littorio.
IL Foglio d'Ordini n. 14 del 10 maggio 1952 del Ministero - Difesa Aeronautica, sotto il titolo". ome di battesimo Aeroporto dell'Urbe" così riferisce: "Sotto la data del 1° aprile 1952 l'aeroporto dell'Urbe assume il nome di battesimo "GENERALE MAURIZIO MARIO MORIS" in memoria del Generale di Corpo d'Armata Maurizio Moris, pioniere dell'Aeronautica".
E questo è tutto!
