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INDEGNI DELLA LUCE
Ho ancora nelle ossa ìl ribrezzo della notte senza sonno, trascorsa aJI'aria aperta, in piedi per quattro o cinque ore su quel terreno scabroso e infido dell'arsenale pieno di buche, di sassi, di binarii, di corde, sotto il lume bianco e affaticante della luce elettrica, co n gli occhi fissi sul fondo del mare , su l bordo nerastro del "S umatra" dove si agitavano delle ombre. E ho nel cuore la tristezza di quella visione lugubre, nella notte, nel silenzio, fatta di poveri soldati che avevano sul volto la espressione della sofferenza di dolori atroci patiti e appena calmati e che portavano negli occhi un ricordo invincibile, ineluttabile di cosa tragica: a vo lte, quella sfilata di feriti , di malati, di convalescenti, di san i mi riappare, come mi apparve, come apparve ai meno fantastici dei miei compagni, un convoglio funebre.
Tutto l ' apparato scenico, bizzarro , inopinato , a nulla rassomigliante, di quella folla muta e immobile sotto 1' alto e stellato cielo notturno, su quel lembo di te rra, innanzi a quel mare nero e come chiazzato di macchie di olio, innanzi a quel lungo e stretto ponte perdentesi lontano , saliente e abbrunantesi al fianco della nave, con quelle ombre lente, so rgenti a un tratto nel pallor freddo della luce elettrica, tutto questo apparato scenico era fatto per dare delle alluci naz ioni a immaginazioni quietissime. L'allucinazione massima: quella di un fatto misterioso e funereo , compito a tarda notte, fra testimoni sgomenti ed oppressi, fra ordini dati a bassa voce e ad occhi ch ini, con la fuga delle carrette per una via inusitata, per quartieri remoti; l'allucinazione, cioè, di qualche cosa di vergognoso e di vile, d i colpevole e di drammatico, di necessar io e di terribile. Questo!
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Ancora, quando la vergognosa e triste cosa fu fmita, quasi alle cinque del mattino, ancora i nostri piedi restavan confitti colà e un irrigidimento colpiva l e nostre membra, mentre sentivamo in noi la s tanchezza morale dei massimi esaurimenti, come chi ha troppo visto, non so che di tremendo e di vigliacco, l'uccisione di un bimbo , l'esecuzione capitale di un assassino, la consumazione di un misfatto legale o illegale. Inoltre, troppe cose ha la nostra memoria di cronisti da rammentare: ma poche superano in tristezza, in nausea, in indignazione muta e repressa, che questa notte in cui noi vedemmo giu n gere, dai mari eritrei, i primi gloriosi avanz i di una battaglia che i soldati vollero vincere ma che il generale, fatalmente, volle perdere!
Non così , non così dovean toccare il suolo della patria coloro c he avevano combattuto valorosamente per essa, coloro che tornavano feriti, feriti perché la bandiera nostra sventolasse glor io sa, feriti perché l ' Italia e il Re fossero onorati! Non così! Erano partiti alla luce del sole, in pieno mezzogiorno, ad ora fissa, in modo che tutta la città lo sapesse e po tesse riversarsi nelle vie, come avrebbe fatto, come fece nella g iornata ri co rdevole in cui ritornarono i feriti di Dogali: fu proprio allora che il gran cuore gentile di Napoli, fra duecentomila , trecentomila persone palpitanti lasciò passare quelle barelle fra il più tenero e rispettoso si lenzio e le più tenere lacrime.
In piena luce, in piena lu ce, dovevan porre piede fra noi, que sti bravi: cari fieri soldati nostri, cari figli dei campi, cari operai tolti aJ lavoro, cari ufficiali tolti alle case loro e intanto battutisi con un coraggio, con un impeto degno di te mpi a ntichi. Costoro non erano dei malfattori, non erano dei ladri, non erano banditi, non erano pericolosi cospiratori: erano sangue no s tro , bel sang ue di guerrieri, sangue lasciato in parte sulla terra d'Africa, per noi: erano galantuomini, erano figli di galantuomioi: era no nobili c itt adi ni italiani anche se nati di umile ceto erano so ldati , erano uffici ali, non m asca lzo ni, non ladri! La no tte , l'ombra, il sile nzio, il mi stero so no fatt i per gli assassini: sono fatti per le azioni turpi e miserabili: sono fatti per le corruzioni e le degenerazioni del vizio: so no fatti per tutto quello c he teme la luce e teme la verità.
Nell'o r a più be ll a pomeridiana, avrebbe dov ut o gi un ger e il "Sumatra" e portare fieramente il vess illo tr1 colore: a ltre bandiere av rebbero adornato la ci tt à: il magistrato del Comune avrebbe fatto un proclama invitando i napoletani a onorare il coragg io di queste v ittime del dovere e della guerra; le associazioni sarebbero a nd ate a incontrare i fe ri ti: e tutte le autor i tà, tutti sarebbe ro sces i al l 'arsen ale per salutare q ues t o gru p po di onesti e di va lo ros i e tu tt a la c ittà avrebbe voluto vederli e sarebbero pi ovuti fiori sulle barelle, su i carri, co m e quando tornaro n o i feriti di D ogali. C he cosa bella s arebbe stata e come avrebbero pianto tutte le persone di cuore e come pensando a ciò, scrivendo di ciò, i n ostri occhi si riempiono di lacrime, e come noi, tutti, rimpi angiamo questa g rande scena di gentil ezza, di affetto, di ri co no scenza, mancata, perché il G overno aveva paura, c h e Napoli facesse un a manifestazione co ntro la diso nesta e vile pace che esso v uo le. Ma in che epoca infelice e bas a v iv iamo noi, dunque, c h e per un così meschino sco po, si d ebbano accogl iere dei so ld ati feriti come dei galeo tti e deg li uffi ciali crivella t i di co l pi nemici co m e dei malviventi?
Ed è così c h e il nostro eserc ito ha ricevuto un'altra offesa mortale: questo esercito che è il n ostro amo re e il nostro baluardo , che è il palpito d el nostro c uore e il sogno d e lla nostra fantasia, questo ese rc ito c h e Rudinl e Ricotti h anno lasciato in s ultare da quel filodrammatico di Emico Fe rri , ne l Parl amento, è stato anco ra v ilipeso da questo ricevimento. Quei soldati, l 'a ltr a notte, avevan l 'aria smarrita; pareva non capisse ro nulla. Non cap ivano, infatti. i poveretti, il perc h é di quell'arrivo alla ch e t iche ll a nella città addorme ntata, per vie lontane e deserte: e vagamente, senti vano tutta l'onta di quel mistero. Oh, più di un o, che nella o rribil e confusione di Abba G arima si è g inaro fra i ne mjci ed è stato ferito a lle g ambe, a l braccio, alla testa, c cade ndo ha pensato con amore e co n o rgog lio a l s uo paese, e, ri a lzan d osi, ha pensato a questo minuto del ritorno, fra i sal uti , gli abb racci e gU ap pl ausi, più di un o, nel suo c uore l'a ltra notte avr à avuta la più amara delle d elusioni. Perché h a egli lasciato la sua casa. i suoi affetti, perché ha sofferto fatiche, stenti, privazioni, perché ha egl i sostenuto la prova del fuoco, quando il suo paese, cioè, n o, il G overno del suo paese, d oveva prerniarlo così? A che esser solda t o, dunque, se nepp ur la consol azio ne della pietà e dell'ammirazione so no serbate a c hi offre la vita pel suo paese?

Poveri feriti g iace nti nei letti degli ospedali , ieri, tutto ieri , l e vostre fe rite v i h an n o dovuto fare molto male: e gli in fermieri vi av ra nn o detto che sarà stato il ve n to della notte, i d i sagi del trasbordo, le scosse e che so io. Vo i vi sarete rivoltati su l l etruccio, cerca ndo schermo al dolore, invano: e né le buone medicature, né le mani leggere d ei medici e degli infermieri, né il riposo av ran potuto v in cere il sottile t or me nt o. Nel ca ld o di una mischia un a ferita non fa male: nel caldo d ell'amore, il dolore si dimentica. Ma voi siete stat i colpiti da ll a freddezza de l vostro paese- il paese donnivainn anzi a queste sac re ferite: ma s ull e vostre ca rni a pe rte dru fucili sc ioani, dall e lanc ie abissine, vo i ave te se ntit o cadere l 'aceto d e ll a ingratitudine e del disdegno. Vi h anno intossica to il vostro migliore g io rn o: que ll o de l ritorn o. Ciò che doveva e ere la vos tra ora di benedizione e di co nso l azione, ciò c he do veva esse re l a nostra emozione, vi è st ata rubata: e i ladri n on si ete voi, entrat i in città alla macchia, m a sono ·'Joro", è il Governo il ladro, che v i h a tolto il premio del vostro sangue versato. n sacro vincolo c he c i uni sce a voi, fratelli, figli nostri diletti , anche più diletti perché pericolas te e vi salvas te, questo sacro vincolo c h e ie li si dov eva più profondam e nte saldare, è stato infranto: e come voi v i g uardavate atto rn o, s marriti , noi ci guardiamo atto rn o, sgomenti, pensando se n on sia un sogno, ques t' ora fosca e c hi e d e nd o a Dio che lo faccia dileg uare. O inutili ferite di questi bravi so ldati, poveretti: ma ieri, nello s pac;imo rinnovato delle carni sanguino le nti hanno pensato, certo, se non f osse stato inutile battersi per l ' I tali a: o, se non fosse stato meglio, pe r lo ro, morire co n gl i altri, nella tragica vall e di Adua!. ..
D a " JI Mattino", 25-26 m arzo 1896
Comb At Tim Ent O Di Do Gal I
(Rapporlo compilato dal Comando Supremo in Afrim in base alle nO/de .fomite dal Capile/IlO Miche/in i. dal '! '<'nenie Comi e dai f eri ri ricovermi a Ma ssa ua )

Stante le difficoltà di provvedere sollecitamente i quadrup edi necessari per il trasporto del carico, munizioni e viveri, des tin at i a Saati. il convog li o non potè lasciare Monkullo prima delle 5.20 a nt. Del 26 gen na io u. s. La co lonn a venne composta nel modo seguente:
Estrema avang uardia. nucleo di irregolari con il Te nente Comi del 37 ° Fanteri a.
Avanguardia. co mp agnia del 15 ° Reggimento Fante ria.
Grosso, formato da 2 mitragli e re trainate da muli; le co mpag ni e del 20° e 4 1° Fanteria; i drappe lli del 6° e 7° Fanteria giunti dall'Italia il 24 col S.Got tardo ; convog li o vive ri e munizioni.
R etrogua rdi a, mezza compagnia.
Ebbe il co m ando di detta co lonna il Tenente Colonne ll o De Cri tofo ri s co mand ante il 3° battaglione Fa nteria Africa.
La marcia procedette cele rm e nte per quanto consentì l'andatura dei camme lli .
Verso l e ore 8.30 ant. Quand o g ià tutta l a co lo nna aveva oltrepassato il letto del torre nte Do gali c l a testa del grosso s i t rovava a poco più di un 'ora c irca di marcia da Saat i venne segnalato il nemico.
La co lonna venne tos to arre tata ed il Tenente Co lo nn ello co l Capita no del 17 ° artigl ieria Signor Michelini che aveva il coman d o delle du e mitrag li ere. si portarono celerme nt e ava nti p er vedere di c he s i tratta sse c cerc are pos izioni atte alla circostanza.
Giova osserva re a questo propos ito c he il Cap it ano Michelini si recava colla sez ione mitragliere a Saati per pre nd e re il co m ando del di staccamento d'artiglieria c he sa reb be p oi sta to cos tituit o da un a sezio ne d'arti glie ria da montagna, g ià su l po sto, e da quella di mitragliere; con quest'ultima sez ione quindi era pure partito il Te ne nte Tironi d e l 17 ° Reggimento Artiglieria.
Si deli neava dag li 800 ai 1.000 metri di dis tanza il movim e nto de l nemico , a cavallo ed a piedi, ininterrottamente ed in m odo no n be n appariscente; ta le però da la sc iar presupporre uno s postam e nto di num e rose forze.
Mentre il plotone d 'ava ng ua rdi a s i di s te nd eva a cava llo dell a s trada le re s ta nti for ze e mitragliere in seg uit o ad ord in e del Tene nt e Colonnello prendevano posizion e s u di un m on ti ce ll o a destra della s trada ed i l co nvog li o ve ni va co ll oca to a rid osso di de tt o monticello dalla parte meno es posta.
A qu an to pare il fuoco fu aperto dagli Ab is ini, cd i no stri. accent uatosi meglio il ne mico , in cominciarono su questi f uoc hi a comando
Sul tene no a nti stante appa rir ono saltuariam e nte e ad i nte r va lli g ruppi di Abi ssin i ; faceva no fu oco, sco mpariv a no, cd in altri punti nu c le i riapparivano a nco ra , ripete nd o lo stesso mo vi mento e la scia nd o così ai no stri bersag li poco visibi li ; quan do poi un Abissino cadeva colp ito dai nostri , veniva tosto allontanato dai co mpagni ed immediatamente un a ltro lo s os titui va impugnando il fucile del caduto.
Vennero tos to messe in azione le mitragliere e d il fuoco a comando della fa n teria con tinuò per qu a lc he tempo.
Dopo m ezz'o ra c irca d'azione la mitragliera coma ndata dal Tenente Tiro ni cessò di funzionare ca usa le feccie e l'i mperfe z ion e d e l meccanismo ; quella del Capitano Mich e l ini cont inuò per un quarto d 'o ra; poi poco per volta i rese inutili zzab il e essa pure.
Sulla destra d ella posizione occupata dai no tri e d a 200 m etri c irca, un monti ce ll o dominante la posizione stessa si prot e ndeva per un lato verso il fronte del nemico, nella co ns id e raz ione p erta nt o che gli Abissini col movimento aggirante tendevano ad occupare detta altura, il Comandante la colonna ordinava si abbandonasse la posizione per occuparne aJtra retrostante e dominante l'altura di cui sopra è parola. lJ movimento venne eseguito per scaglioni e se nza interrompere il fuoco. Si tentò il trasporto dell e mitragliere ma si abbandonò to sto l'impresa avuto riguardo air im piego di uomini e di tempo che ric hiedeva alle g rav i difficoltà inerenti all'esegu i mento di tale operazione ed inoltre a ll a considerazione che dette mitragli e re era no inutilizzabil i; il Capitano Signor MicheUni asportò alla s ua la vite di mira.
Il convog li o venne pure s pos tato a ridosso della nuova posizione. A quanto pare nell'eseguimento di detto cambiamento di posizione i nostri ebbero a toccare molte perdite.
Le forze nemiche intant o continuano ad ingro ssare e protette dagli sterpi ed arbusti, dalle ondulazioni del terreno ava nz ano man mano accerchiando la posizione occupata dai no st ri.
Il fuoco continua con accanimento da entrambe le parti ed agli urli selvaggi degli Abiss ini rispondono ripetute e frequenti le grida di viva il Re , viva l ' Itali a.
L ' accerchiamento diventa comp leto, gli ufficiali a ncora sup erstit i, ora distribuiscono le muni z ioni del convoglio c quelle dei caduti, ed ora fanno fuoco coi fucili di questi ultimi e quelli tra i feriti, ormai nell"impo ss ibilità di combattere, porgono ai vicini le loro cartucce.
11 nucleo d ei no s tri che ancor ti ene l'arma in pugno è diventato piccoli ssimo ed a ll ora da tutte le parti fanno irru z ione gli Abissini.
La lotta si svolge corpo a corpo, la difesa è disperata, colle baionette, coi calci dei fucili, coi sass i, finchè tutti i nostri o morti o feriti soccombono sc hiacciati dal numero del nemico irruente.
Verso le l l .30 circa si può ritenere a bbi a cessato completa m ente il combattimento.

In cominciarono allora scene d'orrore e di efferata cmde lt à: i poveri no stri cadu ti vengo no spog liati , denudati. ol traggia ti: con sass i, colp i di lancia. di sciabola e d'arma da fuoco sono colpi t i quelli che anco r danno segni di vita, alcuni vengono evirati, altri abbruciati; finalmente dopo una ridda feroce su l corpo dei nostri g li Abissini si allontanano asportando armi, indum e nti , quanto insomma possono rinvenire sul campo di battaglia.
Quelli dei no s tri che scampa rono aLl'eccidio devono la loro sa lvezza all'essere s tali cred uti morti in seguito alle ferite riportate, od all'essersi finti tali. Il trasporto dei feriti cominciò per opera della co mpagnia de l 54° Fanteria nel giorno stesso de l combattimento (26) al so praggiungere del quale l> i a llontanarono g l i Abissini che ancora restavano s ul campo di battaglia e si riunirono a l grosso che in gran numero s i vedeva a non grande distanza.
L'incertezza della situazione cons igliò di cont inuare l'opera di soccorso inviando dapprima sul ca mpo di battaglia nostri fidati informatori , in seg uito poi vi si recarono soldati, ufficiali ed il cappellano e s i procedette alla tumul azione dei cadaveri s ul si to stesso del combatt im ento.
Il Tenente Colonnello cav. De Cristofo ri s venne trasportato a Ma ssaua e seppell it o nel nostro cimitero.
Immen se furono le soffe ren ze a ll e quali doveuero sottostare i poveri feriti il cu i arrivo a Monkullo durò fino a tutto il 28 corrente.
Colpiti tutti da più ferite, esausti di forze. denudati esposti a ll a pioggia ed a l so le. affamat i. ars i dalla sete, cer carono ristoro bevendo l e proprie orine. il sangue che sg orgava dalle ferite: altri più fortunati cui la so rte aveva fatto capitare sotto mano qualche pezza da piedi, di s tendevano queste s ul proprio corpo perc hé restassero inzuppate dalla pioggia e poi avidame nte le succhiavano.
Alcuni malgrado le ferite , gli stenti, le crudeli sofferenze riescirono a trascinar s i da so li fino a Monkullo, altr i affrant i e s possati, dovettero fermarsi lungo la via nella impo ss ibilità di pitJ oltre proseguire fino a che raccolti dai nostri inviati in socco rso vennero trasportati a Monkullo; altri infine, dei quali non s i è trovato tracc ia, si ha motivo per ritenere che mal pratici delle località non si s iano messi per la buona via ed abb i ano così mi se ramente dovuto perire.