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GLI SCONTRI DI COATIT E SENAFÈ
Nonostante fosse ormai palese il comportamento di Mangasci.à, egli continuò a professars i amico degli Italiani. Il Generale Barati e ri lo invitò a consegnargll i ribelli e a sciogliere il suo esercito. Il ras non dette alcuna 1isposta. Per prevenirne r ini ziat iva, allora, B aratieri con 3.500 uomini il 26 dicembre marciò su Adua, accolto benevolmente d a lla popolazione. M a, mentre egli s i allontanava dall'Eritrea, Mangascià alla te sta di circa 19.000 uomini, puntava su l M areb per tagliargli la ritirata; Baratieri dovette quindi tornare celermente sui suoi passi.
Il 3 gennaio 1895 era ad Adi Ugri e il 12 a Coatit, s u una posi zione che sbaiTava una possibile ulteriore avanzata di Mangascià. Alle prime luci del 13 l'artiglieria itahana aprì il fuoco su l campo tigrino , quando Baratieri si accorse che con un ampio movimento aggirante i nemici minacciavano di avviluppare l'ala sinistra italiana. Egli fece s ubito intervenire la riserva e ordinò un cambiamento di fronte da est a nord. Per alcune ore le so rti dello scontro sem brarono arridere alle orde tigrine, poi la manovra di Baratieri riu scì e il nemico fu arrestato. 1 due schieramenti rimasero fermi per tutta la notte e anche il 14 s ucce ss ivo. Al calare della notte successiva gli Abissini ripieg arono su Senafè. Baratieri li inseguì instancabilmente. Il giorno dopo i cannoni italiani erano già appostati sulle alture che dominano la co nca di Senafè nella quale vi era il campo di Manga sc ià La batteri a agli ordini del Capitano Ciccodicola seminò morte e panico tra i quasi 10.000 uomini d el ras. Un colpo di cannone colpì anche la sua tenda . All ' interno di essa furono trovati svariati carteggi contenenti lettere di Menelik che lo incitavano alla rivolta, lettere di Batha Ago s che preannunciava la Jivolta e lettere dei padri Lazzaristi che avevano fatto da tramite.
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L'OCCUPAZIONE DEL TIGRÈ
Iv ittorios i sco ntri di Coatit e S e nafè avevano provocato in Italia e nella colonia Eritrea uno stato di euforia generale, tanto che Crispi, il 18 gennaio J 895, inviò un telegramma a Baratieri con il quale lo sp ronava ad impossessarsi se nza indugi del Tigrè. Be n presto però una più attenta considerazione dei fatti indu ssero il vecchio statista a frenare gli entusiasmj. Egli cercò con nuovi di spacci di arrestare il movimento che lui stesso aveva ca ld eggiato. I suoi ordini giunsero in ritardo I militrui avevano già varcato i confini, e quel che è peggio, il governo non appoggiò con mezz i adeguati il nuovo balzo in avanti. Gli aiuti si lirnitru·ono all'invio di tre battaglioni.
Al campo di Senafè, dopo la battaglia, s i era presentato al comando italiano un membro della famiglia di Sabagadis, feudatcu·io dell ' Agamè, in lotta da decenni con quella di Manga sc ià dominante il Tembien. La lotta era passata, negli ultimi tempi , attraverso fasi alterne di s uccesso ora dell ' uno ora dell'altro contendente. Poi Sebhat, capo dell' Agamè, era s tato catturato e sostituito con Tesfai. Ma un congiunto di Sebhat, Agos Tafari, aveva ripreso la guen·a per suo conto, tenuto in scacco Tesfai e a l momento della sconfitta di Mangascià si e r a imp adronito dei suoi viveri impedendogli inoltre la ritirata. Ora egli veniva dagli Italiani a chiedere il prezzo del suo intervento sottomettendosi all'Italia. Barati eri lo armò e lo mandò nell' Agamè. Con g li a iuti ri cevut i Agos Tafari occupò Adigrat, che passò così sotto il controllo italiano.
Mangascià, preoccupato della perdita del l' Agamè, olirì la pace. In due lettere, una di febbraio a Baratieri e l'altra di marzo al Re Umberto, rinnovò le profferte di amidzia. Ma Baratieri gli intimò di di s armare gli uomini che nel frattempo il ras stava ammassando nel Gheralta.
Per tutta ri s posta Mangascià mosse su Ad igrat. Il 25 marzo Baratieri occupò Adigrat e annettè l' Agru11è all'Eritrea. Il l 0 aprile entrò i n Adua e il 5 in Axum. Il Tigrè fu presidiato dal IV Battag lione del Maggiore Toselli di stanza ad Adigrat e dal V Battaglione di Ameglio ad Adua.
L'occupazione del Tigrè preoccupò il governo italiano. Si cap iva che mantenere il possesso di Adua e di Axum avrebbe reso inevitabile la gue rr a. Baraticri alle richieste di Crispi di abbandonare Adua rispose che, dal punto di vista strategico, senza tenere Adua non si poteva tenere neanche Adigrat, visto che i due centri costituivano i capisaldi di una linea che contro ll ava le vie di accesso all'Eritrea. Crispi ribattè che c'erano anche problemi di bilancio e chiese il rimpatrio di due battaglioni. Questa era dunque la priorità del momento per Crispi. Del resto anche il comando in Africa era convinto di poter muovere g uerra a ll'Abis sinia con colonne agili, di grande autonomia, che potessero contare sull'audacia, la mobilità e la sorpresa. Di conseguenza. l'organizzazione dei rifornimenti era tata limitata strettame nte ad una truppa, come quella indigena. che si acco ntentava di poco. L'errore del coman do fu di non aver comp letato tale organ izza zione con una linea arretrata di difesa. tale da poter costituire in ogni evenienza un inviolabile rifugio per le colonne volanti. Oltretutto la frontiera del Mareb non e ra stata munita con opere s t abi li di fortificazione. La stessa linea Adigrat-Adua fu lasciata senza difesa. Solo ad Adigrat fu costruito un forte
Di fronte alle insistenze del governo per una politi ca di raccoglimento, Baratieri capì di essersi spi nto troppo oltre ed il 23 aprile chiese di essere esonerato dalle sue funzioni. Era stanco e demoralizzato. Egli vedeva che a causa dell'occupazione del T i grè la gue rr a era inevitabile. L'unica o luzione sarebbe stata quella di prepararsi a sostenerla con mezzi adeguati. Le dimissioni di Barati eri furono respinte. Egli allora il 20 maggio inviò a Roma un rapporto dove si faceva un quadro preciso della situazione dimostrando che la guerra sarebbe iniziata dopo le piogge c che dunque occo rrevano nuovi mezzi per fronteggiarla. Vedendo che il suo rapporto non era stato considerato, ripresentò le dimissioni. A quel punto fu convocato in Itali a dove gi un se a fine lu g lio.
Preparativi Di Guerra

Il Generale Baratieri fu accolto in Italia come un tri onfatore. Le ultime elezioni avevano rafforzato la posizione di Crispi. Non fu difficile a quel punto per il generale ottenere ascolto alle sue 1ichiestc. Gli fu co ncesso di co nserv are le truppe a sua disposizione, circa 16.000 uomini tra nazionali. ascari c mobilizzati. oltre a 1.000 ascari da anuolare. Il bilancio per l'Eritrea quell'anno fu elevato a 14 milioni. Nulla fu però previsto di quanto potesse occorrere ad un corpo di truppe metropolitane qualora si fosse presentata la necessi tà di inviarlo in co lo nia. Le st rade erano pressochè inesistenti, scarsi i depositi, del tutto inadeguati i mezzi di trasporto. Baraticri calco la va di non trovarsi di fronte più di 20.000 uomini: egli riteneva quindi sufficie nti le forze ai uoi ordini e non concepiva neppure l'ipotesi di rincalzi di truppe dall'Italia. Non si era quindi preoccupato eli predisporre un 'o rganiz zaz ione, sia pure embrionale, di se r vizi logi s tici per le truppe nazionali.
Verso la metà di settembre Barati eri ripartì per l'Eritrea. Nello stesso periodo Menelik emanava il famoso proclama di mobilitazione: "E' arrivato da noi un nemico. che rovina il paese, muta la religione e ha passato il mare datoci da Di o come frontiera Qu es to nemico incomin c ia ad avanzare, forando la terra come le talpe. Con l'aiuto di Dio non g li abbandonerò il mio paese... Nessuno deve rimanere a casa perché tutti devono prender pmte alla dife a della loro terra e delle l oro case". Secondo le parole stesse del proclama, la guerra era stata determinata dalla ava nzata italiana nel Tigrè. Menelik vi era costretto dalla necessità di sa lvare il proprio pres ti g io personale. I capi tigrini rimast i a lui fedeli reclamavano, come prezzo della loro sottomissione. che il loro paese fosse liberato. Già da aprile la guetTa era stata decisa. Alla fine de ll e piogge, Mangascià con rinforzi i nviatigli dali" Imp eratore si s tabilì a Macallè. In Eritrea le forze itali ane, circa l 0.000 uomini, vennero radunate ad Adigrat. Baratie ri decise di affrontare Manga sc ià prima c he la mobilitazione e il concentramento degli Abissini fossero comp letati. Ma all'avvicinm·si del1e co lo nn e italiane il capo abissino si ritirò, lasciando solo una modesta retro- guardia a Debra Hai la a sud di Antalo. Tale retroguardia fu facilmente dispersa il 9 ottobre. Era mancato il combattimento vero e proprio. Ras Sebhal, che era prigioniero sul l 'Amba A lagi, cercò l'aiuto dcgli Italiani, che lo liberarono il 13 ottobre dandogli il comando dell'Endertà. Completata in tal modo l'occupazione de l Tigrè, fu la sc iato a Macallè il Maggiore Toselli con l'ordine di f011ificarvis i Il forte doveva serv ire da osservatorio avanzato. pronto ad essere abbandonato al primo urto, sulla linea Adigrat-Adua. Questa, seco ndo Baratieri. doveva serv ire da dife sa. Fu fortificata l'altura di Fremona su Adua. Poi il grosso delle truppe rientrò in Eritrea c furono smobilitate le bande.
Amb Aala Gi
Mentre il comando italiano s mobilitava, Menelik intraprendeva la marcia di avvicinamento. Egli aveva indicato ai suoi armati come zona di concentrazione la regione deii'Asciang h i. Ras Maconnen fu mandato avan ti con l'avanguardia la cui estrema punta era al comando di ras Alula.
n Generale Baratieri, incerto s ull'entità delle forze e sui movimenti del nemico , verso la metà di novembre deci e di inviare in esplorazione un distaccamento sul ma ss iccio dell'Amba Alagi, c he barra l'accesso al Tigrè. Vi inviò prima una compagnia, poi l ' intero battaglione di Toselli. Quest i spinse la ricogniz ione su Belegò il 27 novembre ad una tappa dal lago Ascianghi. Solo allora, per la prima volta, accortisi dell'entità nemica, si ebbe la sensazione della gravità del pericolo. Avvertito dai dispacci di Toselli, Baratieri ordinò l'adunata delle forze a Macallè sotto gli ordini di Arimondi. Intanto Toselli, incalzato dall 'avanguardia etiopica. ripiegava da Belegò ve rso I'Aiagi. TI Generale Arimondi, preoccupato per la so rte di questo lontano distaccamento, decise di mu ove rgli incontro da Macallè e ne informò Toselli. Ma Baratieri, per non disperdere le forze, non autorizzò il movimento. Per una serie di circostanze e di malintesi il contrordine non arrivò a To sc lli, come non gli giunse mai l'ordine di ritirarsi su Macallè; così, giunto all' A lagi, il battaglione vi s i trincerò. Erano 1. 800 uomini , che la mattina del 7 dicembre furono investiti da circa 30.000 armati d e ll'avanguardi a di Maconnen d is tribuita in tre colonne. Avvertito da Toselli del per icolo che lo minacciava, Arimondi, senza aspettare una nuova autorizzazione del comando, mo sse in s uo aiuto. Ma era ormai troppo tardi. La posizione dell'Amba Alagi fu tenuta per sette ore. Toselli, con un sangue freddo che non g li venne mai meno, ebbe cura costante di tenere libera l a sua sinistra verso il sentiero dal quale dovevano arrivargli i soccorsi. Qui fece affluire le riserve, qui con rinnovati attacchi alla baionetta cercò di tenere a bada le masse degli Abissini. Ma la destra e il centro furono travolti. Stretto contro la parete roccio sa del monte, cercò, con un disperato contrattacco, di farsi largo; ma le fila furono decimate e le muniz ioni si esaurirono ben pres to. Prima di dare il egnale della ritirata, Toselli mandò a scrutare l'ori1.zonte verso nord. Dall'espressione del volto de l l'ufficiale tornato per riferire, comprese la sua sorte e dei suoi uomin i L a ritirata fu u n ecatombe. Il senlìero stretto, sul marg ine dì un bu1Tone, si riempì presto di salmcrie e di fetit i, ment re dalla cresta del monte, ad una distanza di poche decine di metri, gli uomi n i di ras Alula CJivellavano d i colpi le truppe che ripiegavano disordinatamente. In tale disperata situazione. il Tenente Manfredini ebbe il coraggio di mettere in batteria i cannoni che comandava e di sparare a mitraglia contro le orde abissine che minacciavano la ritirata. Esauri te poi le munizioni , i pezzi, intrasportabili, furono prec ipitati nel burrone.
Tose lli si preoccupava ancora d i Alimond i Gli mandò incontro un uffic i a le per infonnarlo dello scontro e per esortarlo a non esporsi. Poi, fermatosi, attese la fine. La sua salma e quella degli ufficiali caduti s ul campo furono se polte da Maconnen con gli onori militari.
Arimondi, raccolti 300 degli scampati al combattimento, riu cì, con una fortunata manovra a svincolarsi da una mi naccia di aggiramento sulla destra e a ritirarsi in Macallè. Anche questa pos i- zione sembr ò troppo esposta; occorreva ri servare il grosso delle forze alla d ifesa della linea Adi g rarAdua. Non si voleva pe rò abbandonare il forte, dove erano s ta ti concentrati ingenti rifornimenti. Pe rt a nt o vi fu lasciato di presidio il Maggio re Galliano con il suo battaglione.


Lo sco ntro di Amba Alagi non era sta to voluto da Maconnen. Il ras aveva ricevuto ord in e da Menelik di agire con la massima prudenza e di no n trascurare la possibilità di concludere un accordo. Giunto quindi davanti ag li avamposti ita li an i, aveva avviato, tramite Tose lli , dci co nta tti co n Barat ieri. Questi, per comprende re le inte n zioni abissine, aveva mandato da lu i il commerciante Pietro F e l ter. Mentre erano in cor o tali app rocci, le truppe tigrine, insofferent i di non combattere, rup pero ogni i ndu gio e a ttaccaro no gl i It al iani. U na vol ta riportata l a vittoria, og n i esitazione cessò. Tuuo concorreva verso l a c ri si.
Baratieri, sgombrata Adua, concentrò le truppe in Adigrat. L e fo r ze di cui disponeva ora apparivano insufficienti. D Pa rl amen to votò nuo vi fond i, c hi ede nd o c h e fosse tutelato il prestigio militare. Di quante forze avesse bi sog no Barati e ri , egli no n lo precisò mai. Da q ues to momento sem brò c he la fiduci a in se stesso abba nd o na sse i l generale. Appariva fortemente ind ec iso e il s uo prestigio comin ciò a vac illare
Il govern o di sua ini z iat iva a pprestò quattordici battaglioni e cinque batte ri e. Verso i primi di feb braio 1896 Baratieri aveva già a sua disposizione 24.000 uomini, dei quali 14.000 nazionali. La m aggior p arte delle fo rLe era dunque cost ituit a da truppe naz ional i. Ciò camb iò radicalmente la natura de ll a guerra; non più colonne agili e mosse di sorpresa, ma un a guerra lenta e di posizione. Si comprese allora in pieno il grav issimo danno di non aver preparato gli adeguati mezzi logistici necessa ri al rifornimento di in ge nti truppe metropolitane.
Macall
Il forte di Macallè com in ciò a d essere investito dagli Abissini il l o gennaio 1896. Nell o scegliere la l ocalità per edificare le ridotte, era stato com messo un g rave e rTore: non si era tenuto con to della necessità di assicurarsi i rifornimenti di acq u a. Tra i dirupi del monte c'e ra no due fo nti , una, l a meno abbo ndante, era sit uata in un burrone ai piedi del forte, l' altra, più copiosa. ad una distanza di c irca me zzo ch il o m etro. Nessuna delle due e ra stata inclusa ne l s is te m a di for tifi cazione. Un a pic co la ridotta a nord -es t difendeva la fonte più vicina.
Me n e lik giunse a M aca ll è il 7 ge nnaio e lo s tesso gio rn o sfe rrò un viol e nto at tacco Tutti gli assa lti però furono r es pinti co n acca nim e nto. La rid o tt a a difesa d e lla fo nte più vicin a fu perduta, ripresa e infin e fatta saltare ap pena ca duta d efinitivame nte in mano nemica. Le proprie perdite di uomini impressionarono M enel ik il quale, in un con iglio di g uerr a al qu a l e partecipò an c h e l'Imp e ratri ce Taitù, propose di ripe tere g li attacc hi nei giorni uccessivi. L a sov rana sugge rì di prend e r e il forte per se te. Fu essa infaui che ordinò ai s uo i armat i di occ upare e ntr a mb e le fon ti facendole riempir e di terra e presidiare costan temen te. Og ni te ntati vo ita lian o di riprendere le fonti fu vano. I gio rni trascorsero e l'esercito a bi ssi no era sempre intorn o alla "fossa" come Me ne lik c hi amav a il fort e, e i ri fornimen ti cominciavano a scar segg iare. L ' Imp e ra to re e ra impaz iente . tanto più c he i rinforzi inv ia ti dall ' Italia afflu ivano o rmai a Ma ss aua. Fin dai primi di ge nnaio era arrivato a l campo del N egus Pi e tro Felter. M e ne lik lo rima nd ò da Barati e ri pe r proporg li di iniziare sub ito t ra ttati ve di pa ce. Come prova della sua disponibilità a trattare l' Impe rato re si dichiarò di spos to a la sc iar partire il pres idi o sotto la gara nzia e scorta di Maconnen. Il 19 i patti f uron o com uni cat i a Galli a no L" eroico pres idi o c he resisteva da più di due sett imane era ridono a llo stre mo. G alli a no aveva deciso. piuttosto c he arre ndersi, di far sa lt a re il forte. I1 p res idi o uscì dalle ridotte il 21 ge nn a io portando co n sé tu tto l 'eq uipa gg iamento Gli furono resi gli onori delle am1i. Ma, co ntrariam e nt e a l patto de ll a resa , non gli fu concesso di raggiungere subito le linee italiane. Esso dovette procedere a piccole tappe. circondato dal grosso delle truppe scioane dirette verso Hausien. Il forte fu distrutto dagli Abissini i quaJi ripresero la marcia il giorno 23.


LA l\tiARCIA PROTETTA
Dall'l l gennaio Baratieri aveva concentrato l'esercito in Edaga Hamus pronto a gettarsi sul fianco nemico, se questi avesse tentato di puntare verso nord. Ma Menelik aveva ben compreso il piano italiano. P er sventarne la minaccia, egli si avvalse del Battaglione Galliano come di un ostaggio. al coperto del quale fece avanzare il grosso delle forze. Intanto. per tenere a bada l'avversario, in isteva perché si iniziassero le trattative di pace. facendo no tare che l a sortita del presidio di Macallè era stata concessa a tal fine.
Baratieri ch iese istruzioni a Crispi, il quale rispose che l'Italia doveva riportare una vittoria sui nemici e poi si sarebbe potuto parlare di serie trattative. Tuttavia Baratieri, pur di farsi restituire gli ostaggi dal nemico, promise a Menelik di mandargli il Maggiore Salsa. ma solo dopo che il Battaglione Galliano fosse stato liberato. Visto che nel frattempo il grosso dell'esercito aveva raggiunto l'Hausien, il Negus acconsentì.
Portata a term ine la marcia di avvicinamento, si presentava per Menelik la necessità di stabilire un piano di guerra. Ras Alula fece prevalere la decisione di invadere l'Eritrea. Era il vecchio piano seguito da J ohannes contro gli Egiziani nella campagna del1894. Fu perciò ripresa la marcia in avanti.
Baratieri, per controllare meglio le mos e avversarie, il 3 febbraio si trasferì a Mai Gabetà. al centro delr Enticciò, una regione ricca d i acqua c di pa col i, dopo aver effettuato una rischiosa ma rcia tra forre e dirupi, dove una sorpresa nemica sarebbe stata fatale. I due eserciti si trovarono così ad una decina di chilometri l 'uno dall'altro, separati solo da una dorsale di alture roccio e.
L'obiettivo di Baratieri era semplice: come ai tempi di San Marzano. egli ce rcò di farsi attaccare su una posizione fortificata, in modo da compensare, con la strategia, l'inferiorità del numero. Cercò in tutti i modi di provocare l'attacco nemico. Gli Abissini, che aveva no ormai una lunga esperienza di questa st rategia, evitarono le posizioni fortificate italiane. Questa schermaglia durò per un mese La tattica di Menelik, una volla compreso il piano italiano, mirava a sorprendere le truppe nemiche in movimento mentre si trasferivano da una posizione all'altra. Visto che gli Italiani, a causa della schiacciante inferiorità numerica, non erano in condizioni di attaccare, g li Abissini sfmttarono il grande vantagg io dell'iniziativa, tan to da evitare la battaglia come di provocarla nel momento e nelle condizioni che apparissero loro più favorevoli.
Baratieri fu il solo che sembrò capire che tutti i rischi erano per gl i Italiani e cercò quindi di porre rimedio ad una strategia che si stava rivelando perdente. Il 23 febbraio iniziò il movimento di ritirata da Sauria, dove s i era rafforzato, su Adi Caieh, per trincerarvisi. I gene rali brigadieri che lo coa diu vavano furono però di avviso contra1io ed eg li , avvilito e dubbioso cedette a lle Clitiche di questi. Il 7 febbraio, Baratieri, per aderire alle richieste di Menelik, aveva inviato al campo abissino il Maggiore SaJsa per ascoltare le proposte nemiche. L'Impe rato re pretendeva che il confine eritreo fosse riportato a i limiti del trattato d i Uccialli e c ioè a Saga neiti. Da parte italiana si richiese l a linea Adigrat-Adua. l negoziati furono interrotti. Per rendere se mpre piC1 precaria la pos iz ione italiana, Menelik minacciò la con1isca dei beni a quanti parteggiassero per l'Italia. Ciò fu sufficiente perché ras Sebhat e Agos Tafari passassero senza più indugi dalla parte del Negus. Le popolazioni d elle reg ioni da loro govemate, si sollevarono, minacciando le retrovie italiane. La si tuazione s i fece talmente delicata che un intero battaglione, comandato dal Colonnello Stevani, ru distaccato dal grosso delle truppe per assicurare le comunicaz ioni con l'Eritrea. Il 20 febbraio Menelik. con mosse pru- denti, s i trasferì nella co nca di Adua, sp in gendo la sua avanguardia su l Mareb. L a manovra se mbrava propedeutica all'invas ione dell'Eritrea. Essa obbligò B aratieri a distaccare un altro battaglione. il V di A meglio, per dislocarlo sul ciglione di Gundet per proteggere Adi Quala.

Int anto in Italia vi era molta agitazione per i fatti af1icani. Il governo Crispi ebbe la sensazione, seco nd o i rapporti in v iat i gli, che le forze in Africa non fosse ro suffic ient i. Furono perciò prepar ati nuovi rinforzi, a ltri 20.000 uomini. Infin e nel Consiglio dei Ministri del 22 febbraio fu deciso di revocare il comando a Baratieri sost iru endo lo col Generale Baldissera. Questi due giorni dopo si imbarcò segretamen te a Napo li . Non restava che attender e l'arrivo sul posto del nuovo comandante e dei rinforzi g ià invi at i. In spiegabi lm ente però il 25 Crispi inviò a Barat ieri un telegramma dove definiva l a g ue n·a una "t isi militare".

Tale sfe rzata g iun e al comando in Africa proprio n e l momento più cr iti co della ituazione. La prevalenza delle truppe metropol1tane ne l corpo di sped i zione aveva richiesto un ta l e sforw logi t ico, sopra ttutto a causa della distanza delle basi, che in poco tempo più della metà dei dromed ari adibiti ai trasporti erano morti. All a fine di febbraio c'eran o v iveri so lo per circa se tte giorni. In tale cont in genza B aratier i il 28 febbraio si decise a tenere un cons i glio di g ue rra Durante la riunione tutti i brigadieri s i pronunciarono per un attacco immediato. Il Maggiore Salsa non e ra presente; convocato d a Baratieri e messo a l corrente della proposta, i dichiarò di parere nettamente contrario. Egli aveva co n statato, ne lla s ua visi ta al campo abissino per i negoziati di pace, l'entità delle forze avversarie, conoscendo per di più le difficoltà del terreno.
Propose quindi di resister e fino agu estremi su ll e posizioni di Suarià, salvo ri p iegare in Eritrea qualora i rifornimenti fossero ve nuti a mancare. Probabi l mente questa sareb be stata l a sce lta più asennata, a nc he perché g li s te ssi Abissini cominciava no ad ave re grosse difficoltà ad approvv1g i onare di viveri il loro sterm inat o esercito. B arati e ri sce lse una via di mezzo. Ordinò per l a mattina del l 0 marzo un nuovo balzo in avanti sulle a lture c he dominano da levante la co nca di Adua, per contro llare più da vici no il nemico e provocarlo finalmente alla battaglia. Era quindi uno de i soliti movime nti effe ttu ati nel percorso d a Adigrat ad Ad ua. Fu distribuito ai comandi uno sc hi zzo ap prossimativo d e lten·eno da percon·ere e delle po s izioni da presidiare. Ta le schizzo era tutt'altro che esatto e per di più molto somma ri o. Nell'eseguire il movimento avvenne quello c he gli Abissin i avevano sperato sin dall'inizio de ll a campagna: riuscire a orprendere l e forze italiane prima che avessero av uto il tempo di rafforzarsi su ll e nu ove posizioni e accerchiar le.
La Battaglia Di Adua
Il cen tro del sistema difensivo tigrino era cost ituito dalla conca di Adua, una spec ie di co rte bastionata circondata a no rd e ad est d a una serie di a lture. I va li c hi tra amba e amba sono a ngu sti e difficili. I detriti delle rocce, caduti durante i seco li , hanno fatto del terreno una pietr aia. Nella corti na di alture che separa la conca di Ad ua da quella dell'Enticciò, il pi cco ce ntral e è quello del Raj o, fac ilmente riconoscibile tra gli a l tri pe r la s ua cuspi d e terminale, so mi glia nte ad un pollice umano vo lto contro il c ie lo.
Bara ti e ri aveva pensato di fa r e del mont e Rajo il perno della sua nuova lin ea. Di s pone va di quattro brigate, delle quali un a indi ge na. n comando di quest'ultima era tato tolto a l Generale Arimondi per darlo al Generale Albertone, ufficiale di minor esperie nza del suo predecessore. ln tutto g li Itali a ni di s pon eva no di 14.500 uomi ni e 56 pe zz i di art iglieria . Aveva no di fronte una ma ssa di circa 120.000 armati, di cui 70.000 forniti di fucili.
Il piano di Baratieri era il seg ue nte: consi teva nello schie rare l e truppe alla destra e alla sinis tra del monte Rajo in modo da contro ll are la piana di Adua appoggiand osi ad un formidabile bastione l s uccessi vi momenti d e lla ba11ag lia di Adua
Q= · Siiiiit1=::E2 Km.
•• • j Brigata Alber fone- ore6
2 . 8rigata Albertone- ore 8
3.Avang. Br/gala Oabormida- o.9
4 . 8rigata Oaborm/da- orto 11

5.8rigata Art'moncl/ - ort- ff
6.Brigata R/serva E/lena- o. /P
7. Comando- ore 11 naturale. Dispose perciò che le Brigate Arimondi e Dabonnida occupassero il valico di Rebbi Arienni a destra del Rajo e la brigata indigena il passo di Erara sulla sinistra. La riserva, costituita della Brigata Ellena, doveva concentrarsi dietro il Rajo. Tutto sembrava stabilito nel migliore dei modi. Il centro della linea di schieramento era i l Rajo. Le posizioni dovevano essere occupate alle prime luci dell ' alba, con un movimento sincronizzato e nella massima sorpresa. Ogni soldato aveva una dotazione di 112 cartucce; ogni pezzo di a1tiglieria 90 colpi. Una massa di fuoco del tutto insufficiente, ma si difettava di muli ed era il massimo che i soldati potessero portare.
Tra le colonne in marcia mancò quasi subito il collegamento. Prima l'ala sinistra , poi la destra oltrepassarono di vari chilometri gli obiettivi loro assegnati; in questo modo le singole brigate si trovarono impegnate in combattimento l'una dopo l'altra e dovettero sostenere isolate l'urto di tutte le forze nemiche.
11 primo errore che segnò l'inizio deJJa catastrofe, fu commesso dal Generale Albcrtone. La brigata indigena, che formava l'ala sinistra, andò ad invadere la direttrice di marcia della Brigata Arimondi che era al centro; questa dovette altendere che i battaglioni di ascari sftlassero; il che fece perdere oltre un'ora. La sincronia dei movimenti venne a mancare. Ritrovata la sua via, la Brigata Albertone non attese che la Brigata Arimondi si portasse alJa sua altezza, né si curò di stabilire con essa i necessari collegamenti. Giunti gli ascari al colle di Erara, dove avrebbero dovuto schierarsi, procedettero oltre. La scusante poi addotta da AJbertone fu che sullo schizzo dimostrativo, consegnatogli da Baratieri, il Colle di Erara era stato denominato per errore "Chidane Meret'', mentre il vero Chidane Merct era qualche chilometro pii:J lontano in direzione di Adua. Ci fu un momento in cui il comandan te del battaglione di avanguardia, il Maggiore Turitto. preoccupatosi di allontanarsi troppo dal monte Rajo, si fermò a chiedere ordini al Generale Albertone. Sembra che per tutta risposta gli sia stato risposto "Vada avanti, non abbia paura". Il battaglione proseguì infatti per Adua. Albeggiava, quando dagli accampamenti abissini si videro le creste delle alture di fronte popolarsi di nemici.
Menclik ed i ras er ano nella Chiesa di San Gabriele ad ascoltare la messa celebrata dall'Abuna Matteos quando, al momento dell'elevazione, risuonò il segnale di allarme. Subito fu sferrato l'attacco. Gli ascari si batterono con grande coraggio e slancio. Ma torrenti di armati abissin i, agli ordini dei ras Mangascià e Micael si rove ciarono su di loro. 11 battaglione fu accerchiato e in gran parte distrutto. Il combattimento durò dall'alba alle otto circa. l superstiti ripiegarono sulla linea dove si erano sc hi e r ati nel frattempo g li altri battaglioni della Brigata Arimondi. Le sch iere della compagnia Cesarini. che costituiva l'estrema ala sinistra del Battaglione Turitto, i addo arono, sempre combattendo, su di un· altura. Contin uamente incalzate, esse retrocedettero di roccia in roccia contrattaccando alla baionetta ogni volla che il cerc hi o dei nemici si st rin geva. Giunte in cima all'altura. non potendo più procedere, piuttosto che arrendersi ì combattenti si lasciarono cadere nel baratro. dove vennero poi trovati accatastati gli uni sugli a ltri .
La linea Albettone fu sub ito investita. Il fuoco di fucileria c dei cannoni itali<mi aprì immensi varchi nelle compatte orde attaccanti. Ci furono da parte cti queste degli attimi di esi tazione. Si fece avanti per rincuo rare le truppe il fìtaurari Gabeicheu, lo stesso che sull'Amba Al agi aveva dato il segnale dell'attacco. Una scarica di fucileria lo freddò. Le masse abissine retrocedettero, lasciando il terreno disseminato di cadaveri. Un gruppo di donne s i fece incontro agli armati che si ritiravano. Tra loro c'era l'Imperatrice Taitù vestita a lutto, sotto un ombrello nero, accompagnata dalle sue ancelle. Menelik, che assisteva alla scena impressionato dalla grande strage dei suoi uomini ed esitante ad impegnarsi a fondo, fu apostrofato da Mangascià con le seguenti parole: "Da otto anni facc io la guerra agli Italiani c voi per un giorno solo non osate''. La guardia imperiale fu allora lanciata all'attacco. La battagJja s i riaccendeva. l nuovi combattenti, più addestrati. più cauti e meglio inquadr ati, avanzarono a piccoli gruppi tra i ces pu gli, dando tempo al grosso delle forLe di errar e so tt o. Fu scalata la vetta del Monoxeito. il pilasu·o della linea Albettone. L'accerchiamento allora di ventò inevitabile. Le batterie con un fuoco infernale tentarono di tener testa agli assalitori. ma ben presto le munizioni si esaurirono. Gli ultimi colpi furono sparati per coprire la ritirata dei fant i verso il colle di Erara. Albertone eb be ucciso il suo muletto e fu quindi fatto prigioniero.
Baratieri dal colle di Rebbi Arienni sulla destra del R ajo, aveva visto i battaglioni di Albertone spiegars i in combattimen to e scomparire dietro la cresta delle alture. Davan ti alla piega presa dagli avvenimenti, Baratieri modificò il piano del giorno prima; invece di far schierare le brigate a destra e a sin istra del Raj o, le dispose davanti al monte; fece perciò occupa re da Ari mondi le falde del Rajo c he fronteggiano Adua; dispose che alla sua inistra, ul colle di Erara, erroneamente chiamato Chidane Me ret, si raccogliessero i battaglioni dì Albertone, a) quale era stato ingìunto di ripiegare. Sulla destra Dab o rrnida ricevette l'ordine di occupare le posizioni antistanti a quelle in precedenza asse- gnategli e c ioè di s tabi lirsi su i monti Zeban Darò e Be ll ah, formando così un semicerchio aperto verso s ud in modo d a pre nd e re d'infi l ata le truppe ab issine che avessero attaccato il Raj o. Con il nuo vo dispositivo ven iva no sa ldam e nte co ntro lJ ate tutt e le vie provenienti da Adua e dirette verso no rd e l'e s t. Dabormid a effettuò il mo v imento ma , in vece di ri sa lire le pendici dei monti indica t igl i, pro ce dette molto più avanti (ve r so la valle di Mariam Sciauitò), evidentemente per portarsi in po siz ione dove gli fo sse poss ibile appogg i are la ritirata di A lbertone. Ma , age nd o così, si allontanò di qualch e chilometro dal teatro delle operazioni, perdendo ogni collegamento con A.rimondi . Qu est i ve nn e a trovars i co n l a des tra co mplet amente scope rta. Stessa cosa accadde alla sua sinistr a, visto che i resti de i battaglioni indigeni. d e m ora li zzat i dalla tremenda sco nfitta, si e rano dis pers i. Arimondi p e rciò era isola to s ul Raj o. Gli Abissini ne ap pro fittaro no immediatamente per stab ilirs i su ll e pos izi o ni circostan ti rimaste indifese e ripetere la mano vr a avvolgente riuscita co n la Brigata Albertone.


Per prima cosa inves tir o no la posizione di destra (mo nt e Zeban D arò). S i o rdinò ad un battaglion e di Bersag lieri di imp ad ronirsi della c im a preve ne ndo g li Abissini. Ma a ll ' in saputa del comando la maggior parte del ba ttag lion e e ra già stata imp eg na ta e non riman eva no disponib il i che po c hi uomini. I bersagli e ri al co m a nd o del Colonnell o Compiani g iun se ro in quarama sulla vetta, in gagg iando un fu rioso co rp o a co rp o co n g li S cioa ni m a rutto f u va no; b e n pres to furono tutti uc cis i L a s itu az ione stava diven ta nd o in os te nibil e li massacro era compiuto. Jl 3 marzo quanto res tava delle quattro brigate s i co nce ntrò in Adi Caiè h L'ese rcito aveva avuto 6 .000 morti , dei quali 4.600 nazionali e 268 uf-fi c ia li ; oltre a 500 feriti e a l .700 prigionieri. Ben più grav i erano s ta te le perdit e deg li Abi ssini, che avevano pers o 7.000 morti e l 0 .000 feriti dei qu ali 2.000 morirono nei giorni s uccess i vi All ' imbrunire Ta itù , e ntrata nella tenda rega le, appose all 'or ecchio di Me nelik il cerchio d"o ro de l vi nc it ore. P e r tutta la notte co ntinuò l'org ia di san g ue: i morti e i feriti furo no evirati e affi nc hè ness un o s fuggi sse alla crude le so rte fu dato fuo co ai cespug li. Seco ndo alc uni test im o ni , quella no tte si vi d er o parecchi feriti brancola re nell a piana in preda alle fiamme. L'ira d e i vincitori s i ri vo lse a nc he co ntro gli ascati ca duti pri gionieri. Intorno a Menelik c'er a c hi pretendeva c he fossero tutti m assac ra ti ; egli pe rò rimise la decisione all 'Abun a Matteos c he con d an nò g li sve nturati ascari a l taglio de ll a man o destra e de l piede si ni stro.
Da de stra e da s ini stra gl i Abissin i sce nde va no alle s pa ll e del R aj o per completarne l'accerchiam e nto. Si imbattero no ne ll a ri erva de l Gen e ral e Ell e na c he non aveva av uto la p oss ibilit à di esse re imp eg nata organica me nt e. Poco prima di mezzogiorno le Bri ga te Ellena e Arimondi dove ttero ripi egare. Arimondi congedò l'att e nd e nte c h e era pre sso di lu i e attese la morte s ul campo.
M e ntre infuliava il co mbattimento s ul Raj o, Dab ormida , spintosi se nza accorgersene nella valle di M aria m Sc iauitò, sb ucava in una larga valle acquitrin osa, co perta di erbe. Informato dell'avvicinarsi di forti masse nemiche, il ge ne ral e fece schierare le truppe su una linea dalla quale era possibile dominare la vall e. Di fronte a lu i ve nn e ro a sc hierarsi le truppe di ra-; Maconnen. In vano il Co lo nne llo Airaghi cercò, a più riprese. di in erpi carsi s ui ben difesi pendii. Ver o le tre del pomeriggio. non avendo notizie dalle a ltre zo ne del fronte, Dabormida si dec ise ad un ultimo tentativo di sfo ndam ento. Anche questo a tt acco f u p erò respinto. Quasi tuui gl i ufficiali e rano cad uti ; notevoli le perdite. Non rim aneva c he ritirarsi. Ma la via del ritorno doveva essere aperta passo passo, a ll 'arma bianca. Tutti i va lic hi e rano in mano al n em ico. L a ritirata era cope rta da Airaghi che riu scì a far piazzare due cannoni e a te ne re a bada le o rd e in calza nti P er non esse re ann ientate le truppe dovett e ro lanciarsi all ' attacco co n il co raggio della di speraz ione. Jl passo di D o ngo lò Harmaz fu esp ugnato so lt o una pioggia scrosciante. Poco prima era caduto il C o lo nnello Airaghi, ferito a ll e gambe e finito d a un a torma inferocita I1 suo posto ne ll a retroguardi a fu subito preso dallo stes o Da bo rrnida. Presso il vi ll agg io di Su nc uhena la retrog ua rdi a s i trovò sbarrato il passo mentre co min ciava a fars i notte. Ne ll o sco ntro che ne seguì Dab o rmida fu co lp ito a l petto. Tn cond iz ioni no n m o lto dissimili e ra avvenuta, a ttra verso la va ll e di l e ha , la ritira ta delle al tre tre briga te Stormi di cavalleria galla non dettero treg ua alle trupp e che ripi egava no. avvo lgend o le con v io lente cariche.
In I talia l ' impress ion e per il disastro militare fu e norm e. Vi furono disordini di piazza e la prima conseguenza a li vello poli t ico furono le dimissioni di C ri sp i volute dal R e Umberto. Al posto de ll o statista sicilia no fu chiamato Di Rudinì.
Ultime Op Erazioni Militari
Il 4 m arzo a Massaua sbarcò il G e nerale B aldisser a. Egli pensò prima di tutt o ad arginare la minaccia proveniente d a ove t. Me ntre g li lt a li aru era no alle prese con gl i Abissini infa tti , i Dervisci avevano occ upat o Cassala e me sso so tto assedio il fo rte di Agordat, fornito di una g u a rnigione di c irca 300 uomini mal equi p aggiati e dotati di scars i vive ri. Baldissera inviò il Colonnello Stcvani a ll a testa dì tre battaglioni, in aiuto de l presidio di Agordat. Il 2 aprile Cassala fu ripresa e furono riap erte le com uni caz ioni co n Cheren ed Agordat. 11 g i o rno dopo fu preso il forte trin ce rato ma hdì sta di Tucruf, determinando il frettolo o ritiro delle truppe nemic he oltr e I'Atbara. Anche le operazioni co ntro g li A bi ss ini f uron o a lt rettanto positi ve. Appena riorganiz zato il co rpo di spe di zio ne. B a ldi ssera m osse co n un a fo rza di c irca 17.000 uomini da Addì Cai e h , penetrando ncll" Agamè. liberando poi il forte dì Adigrat.
Conclusione
Il 6 marzo Ba ldì ssera aveva in v ia to il Magg iore Salsa ad Adua per occuparsi del se ppellime nto dei morti. fn r ea lt à l'ufficia le doveva i niziare l e tratta ti ve di pace con Men e lik. Fu preparata una bozza dì trattato c he prevedeva il co nfine e ritreo s ull a line a Mareb-B e le sa-Muna; l 'escl us io ne dì protettorati s ull 'Ab iss inia ; l a nomin a nel Ti g rè di un ca po ab issi no c he fosse gra dito all'Italia; infine l'abbandono da parte degli Ital i ani di Adigrat.
Le co ndi z ioni ve nn ero accettate d a l gove rno Di Rudìnì, a co ndi z io ne però c he il Ne g us non accettasse pr o te ttorati da a ltre nazioni e urop ee. A qu es te condizioni le trattati ve naufraga ron o. Il 6 maggio finalmente il gove rn o italiano accettò le condizio ni ab issine. anche p er poter arri vare a ll a liberazione dei 1. 900 pri gio ni e ri che per m es i s ubiro no maltratt a ment i di ogni so rta. Fin a lm ente il 26 ottob re 1896 fu s tipulato un trattato di pace co mprend e nte tutti i punti di quell o del 6 m arzo, più l a dichiar azi one c he se l ' Italia avesse a bbandon ato l'Eritrea, questa sareb be passa ta all 'Ab issi ni a.
L ' Itali a s i impeg nò inoltre a pa ga re la so mma dì dieci milioni di lire al Neg us come rimb o rs o per il mant e nimento dei pri g io nieri.
Il Proc Esso Baratieri
l1 processo a d uno dei du e capri es piatori del di sas tro di Adua ( l 'altro fu Crispi) s i a prì il 5 g iug no 1896 ad Asmara, concludendosi il 14 seg uente . L e accuse c he vennero m osse al ge nerale e ra no della m assi ma g rav it à . Tuttavia eg li ve nn e as o lto, anche se il tribunale so ttolin eò la m a nca ta azione d e l co mand a nte dura nte la battaglia e la con eg uente ritirata.

Si c hiudeva così un 'epoca, dur a ta circa di eci anni, con alternanze di offensive e di ritirate, di o p erazio ni condotte a li" in seg na dell'approssimazione e di g ra ndi ambi z io ni e di rinun ce.
Da allora l'Eritrea conobbe un lungo periodo dì tranquillità fino a lla nu ova impresa coloniale intrapresa dal fa scismo nel 193 5-36 c he portò alla conquista d e ll'Etiopi a .
FOTOGRAFI ITA LIAN I I N ERITRE A ( 1885-96)
In queste brevi not e ss i fa un accenno ai fotografi operanti in Eritrea nel decennio preso in esame dal presente volume.
Fra i prim.i fotografi italiani c he giu nsero per lavoro in E ritrea vi fu certamente Luigi Fi orillo, del quale, presso l'archivio fotografico dell'Ufficio Storico dello SME. si co n ervano numerose foto. A lui si devo no i primi sca tti esegu iti nella colonia italiana, raffiguranti le fortificalion.i, le prime costruzion.i ed insediamenti militari, Ma ssaua con il porto, Assab e le prim e località occupate, le trupp e con i propri ufficiali. Fi orillo illu stra in mani era senz'altro esauriente g li aspetti dell'Eritrea d i queg li anni, forte anche della propria notori età non so lo in Italia. Non bi sogna infatti dimenticare l a sua presenza ad Alessandria d'Egitto sin dal 1882 co n un s uo studio, docum e ntando il bombardamento inglese della città proprio di quell'anno.
Altri importanti fotografi, indubbiamente più attenti a ll 'elemento umano locale, furono i fratelli sici liani Francesco e Giova nni Nicotra, la cui prod u.d one fotograììca più inte ressante risale al 1886, i quali co llaborarono co n un al tro co llega, Mauro Ledru. Anche di loro, a ll o SME, si conservano la ma gg ior parte delle immagini di questo vol ume.
Luigi Naretti, altro foto g rafo altrettanto importante di quelli prima ricordati. è quello che però seppe calarsi in man.iera integrale nel tes s uto del pa ese dove operava. Giunto in Eritrea dalla nativa Ivrea intorno al 1883, lo troviamo attivo a Mas sa ua e dintorn.i fino alla sua mo1te, avvenuta nel 1922. Il lavoro del Naretti non co nosce pause. I suoi sogge tti più ricoiTenti so no notabili e capi locali, paesaggi, i rappresent a nti di svariate razze , ritratti e g ruppi fotografici di militari, cerimonie sia civili che rn.ilitari ecc.
Non poss iamo dim e nti ca re un altro grande della fotografia italiana operan te in Africa: Eduardo Xim e ne s. Personaggio poli e dri co, pittore, giornalista, fotografo. lo Ximenes ci ha lasciato numerose immagin i afri cane, con la particolarità però, di trasformare s pesso le foto in splendide Xilografie des tinate ad illustrare le pubbli caL.ion.i del tempo. Giunt o in Eritrea poco dop o la co nfitta di Adua, lavorò intensamente per circa quattro mesi. I frutti del s uo lavoro confluirono in varie pubblicazioni , le più famose de ll e quali so no quelle della Treve s Editori (" La guerra !taio -Ab iss ina ") . Da non dimenticare anche un suo volume. "Sul campo di Adua", illu s trato anche da a ltri disegnatori. che ebbe un g rande successo.
Molte immagini fotografiche ci so no state la sc i a te a nch e dal capitano barone Errando Di Aichelburg, il cui fratello E r vedo morì nella battaglia di Ad u a. Anche il s uo reperto1io è molto vasto, s paziando s ui sogge tti più vari.
Ri co rdiamo per ult i m o, tra gli autori di fotografie che formano questo vo lum e. il dottor Gi ovanni Quattrociocchi, medico d e lla Croce Ro ssa Italiana ope rante in Eritrea dopo Adua.
Ovviamente quelli fin qui norn.inati non sono gli unici fotografi ad aver operato in Eritrea. Essi sono pe rò (come accennato all'in iz io) g li a u to r i de ll e foto prese nti in questa pubblica zio ne.
Per saperne di più si rimanda a ll e pubblicazioni speci!ìche citate nella bibliogra!ìa.
