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Ferito!
Nel po mer iggio del 23 febbraio 1917, verso le ore 13, si eseguivano a quota 144. dei tiri d' aggiustamento con un landabombe da trincea. Erano attorno a me venti uomini, compresi alcuni ufficiali. La squadra era compos ta d ai solda ti più W'diti della mia compagnia . Il t iro si era s vollo senza il minimo incidente sino al pen ultimo proiettile . Questo, invece, -e ne a vevamo s pedile due casse - scoppiò nel lanciabombe. Fui inves tito da una raffica di schegge e pr oiettato parecchi metri lontano. Non posso dire di più, So che venni raccollo quasi subito da altri bersaglieri accorsi, adagiato in una barella, trasportato a Doberdò per le prime cure, portato più tardi in quest'Ospedaletlo dove trovai un 'assistenza affettuosa, premurosissima. Il capitano medico dott. Giuseppe Piccag noni, direttore dell 'Ospedale di Busto Arsizio, ed i dol~ tor i, tutti e due tenenti, Egidio Calvini di San Remo e Luigi Scipioni di Rosolini (Siracus a) mi curano come se fossi un fratello.
Duru.nle fa degen:a di Mus so lini nel!' Ospedaldlo il nemico, violando ogni legge civtte ed uma• 11a, bombardò quel luogo di so!lerenze con ae- i toplani. Il ferito co8t narra in una pagina del su o ' Diario il doloroso fallo. Malliria del 18 Marzo.
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Ore olto. Un po' di sole. Il solito rombo degl i neroplani. Un ferito nuovo è g iunlo questa notte. Io non bo chiu so occhio. S lomo.ni il lermome lro, 37,8. Sl~ cru, 1:,egne1'à 40. Niente mcdicuzionc. Il s ibilo di una grana ta. E' ). sroppiata vicino a lJ 'Ospccl:ile. Un 'a ltra. Una terza. , , l.ln'altro a nC'ora. Tutte n pochi met ri dall 'Ospedale. L'infermiere Parisi è tranquillo.
- Po3sibile - egli dice - che non vedano la Croce rossa sul l.etlo? Non hanno mai Lirato in quei.li quattro mesi. Dunquel -
Ancora un colpo. Il mio vicino, che ha le gambe fracassale ùa una bomha, li conta: s iamo a 15.
- Son pasticci - dice un ferito alla clav icola.
Le medicazioni continuano al pianterreno. Vedo dalla porta spalancata sfilare le barelle. Salgono, d:11 basso, g ri da di dolore. Un rombo. Uno s cro11;cia re di vetri n el corridoio, ne lle camerale. I nos tr i lettucci hanno sobbalzalo .
- Questa è cadulo. più vicino. delle altre - ùico a P Rr i.<,:i .
~fa non ho finito di pronuuciarc ques te parole, che un polver one bianco e dens o s i diffonde ùalle conwrale sulle scale. Dal polverone sbucano e corrono nella mia camcrnta, i feriti che pos sono camminare. Quelli inchiodati al letto si sono ro\'es cialì giù, pazzi d i terrore. I loro urli riempiono l'cdifìcio. Uno, nuovamente ferito alla spalla, si è rotolato dalle 8cale.
Tuili i feriti della camerata li hanno trasportali nella mia. Il dolt. Piccagnoni era a pianterreno e stava operando un ferito gravissimo. Dopo lo scoppio, ha lascialo il ferito agli assistenti ed è cors o di sopra . Ha mes.o;;o un po' d 'ordine. Ila rincuoralo t utti. E ' s tnto ammire,•olc di calma e s angue freddo. Sis temali i feriti, è tornato giù a terminare l'operozione . P e r fortnn a, i n uovi feriti non sono g rnvi. Ii più g r ave e ra ormai guarito . Ora una grossa scheg~ia g li ha rovinato una s pallai Continuano a fasciarlo. Perde tanto, tanto sangue! Quelli che possono parlare, commentano:
- Sono dei vigliacchi ! Degli assassini! Ci \"Q-o gliono uccidere per forza! -
Ci altri, che non possono parlare, fissano le pa· reti con g li occhi spalancali. Ii sibilare delle gr:i.· nate - poichè gli austriaci continuano a sparare - provoca alcuni secondi di silenzio mortale. Ormai cadono lontano.
Il dotl. Piccagnoni, insieme col Jott. Vella e g li .'.l itri due medici, ritorna nella nostra came rata ed a nnuuciA che nel pomeriggio tutti i feriti sarunno portati al di là dell'Is onzo. I vo lti si rischiarano .
- E io? - domando.
- Lei rimune. Non è trasportabile. :Mi far~ compagnia! - lui.li i miei compagni di dolore sono partiti. Nell'Ospedale sono rimasti i medici, il cappellano , gli in(ermieri. Di feriti, soltanto io. Silenzio grande nel crepuscolo ...