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L'inverno nelle trincee dell'alta montagna

Giornata d i sole e di calma. Corre voce che prestiss imo l i nos tr o ha llaglione undrà per qualche trmpo in ripos o a Tr rnova, s ul[ ' Iso nzo. I.a nolizia re nde all egri i m iei com militoni , ma io ho ragio ne di rilcn('.r]a in fo ndata . !'\On tu rbo la loro gioia. E' giunto un buttaglionc di fant eria de l 1~0° reg g imento ; ceco l'orig ine della voce . Ne i u ricoveri " si canta, si fuma, si scrive. Ness uno bada al monot.ono, insistente stillicidio della vedetta aus tria.ca . Il portaferiti Dc Rita, di Fros inoJte, narra le s ue avventure americane. E' s tato sci anni nel Nord-America. Si dichiara repubblica no .

- E pPrchè? - gli ho chiesto.

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- Pcrchè sono s tat o a New-York

In realtà, non s a nemmeno il signifìcalo de lla parola II repubblicn n. E', fra l'altro, quns i nna lfnbct a. ì\fn è coraggioso, l't"s istcnte alle fa tic he. I s uoi balliber chi con l'nll.1·0 portaferiti tengono ..illcf{l'U la brigala. l!n'altra \•occ: Tolmino è cndutn. . . Nel pomerip:gio rir.evo un invito d nl capora le Giu· stino Sciarra, di Isernia, della 13~ compagni~. Egli è stato all'Infermeria per farsi visitare ddl capitano e gli è riuscito rli portare in trincea uu po.io di bolliglie di As ti spumante . Beviamo alla sa lute del Reggimento e alle fortune d'Italia. La giornata non finisce brne. VcrSo le cinque fischiu uno shrapnel. Uno solo. Da un riparo si leva un grido d i dolore: ci son o tre feriti, mo, forlunotamentc, non gravi.

1° Novembre.

Comincia - per me - il teno mese di guerrn. Che cosa mi porterà? Notte cti quiete e di sogn i. Da qualche giorno, sako la cnnnonala di ieri sera, l'.irtiglieria nemica tace. Anche il u cannoncino" riposa. Che sign ifica ? Sono st ate trasportate altrove le batterie che tiravano su ll a nostra posizione'! O si prepara con una copiosa scorta di munizioni un bombardamento in piena regola di qualch e giorno? Chissà. Nei ripari si la\•ora nccanilamenlc. Ogni tenda ha il suo fuoco. Si annuncia che Padre Michele dirà la messa al Comando. Ma, della mia compagnia nessuno si muove. Pomeriggio. li ciclo incupisce . Pioggia a r affiche.

- E' la burrasca dei giorno dei morti, - mi diee qualcuno. Accanlo a me, Rizzati, Massari e Sandri, tutti di Ferrara, parlnno lrnnquillamente di canapa, di mediazioni, dei mercati, di barhnhietole, come se non avessero altra preoccupalione.

Nella teuda vicina i cremonesi Balista e Schizzi cantano una paroùia del tantum-eraum. Ora la pioggia è diventata nevischio. Terzi, l'attendente del tenente colonnello Ga s.s ola, mi dà - passando - una notizia tristis$im a: la morte di Con·idonil

Attendo, con ansia, il g ior'nule, L 'ingegnosità dei soldati italiani si ri ve la nelle trincee. Avere una candela in trincea è un priv ile g io, consentito soltanto agli ufficiali, e non s empre. Ma i bersaglieri hanno risolto - con la ma&,ima economia di mezzi e con la più grande semplicità di apparecchi - il problema della illuminazi o ne serale. Le notli sono ora così lung he! Si prende una scatola di carne in conser va vuota. Si versa dentro un po' d'olio di scatola di sar'dine, insieme a un po ' di grasso liquefatto della scatoletta di carne. Colle pezze da piedi - debitamente .sfilacciatesi fa lo sto ppino che si immerge nell'interno, mentre una delle sue estremità esce fuori da un buco praticato verso il fondo della scatola. Si accende e se lo stoppino è bene inzuppalo, si ottiene una ., luce un poch ino più Ecialba di quella di una lampada ad arco, ma sufficiente per leggere e scrivere una lettera. Provare per credere.

Z

Nov emb re .

Corridoni è caduto sul campo di battaglia. Ono · re, onore a Lui! Scrivo alcune righe per il Popo lo dedicale alla sua memoria. Ho comunicalo la uolizin al mio commilitone, il gasisla milanese Pecchio. Sulle prime era incredulo. Quando gli hu mosh'llto In prima pagina del Popolo, ha creduto f'd ha pianto .

Nevico rubbios amente. Tutti i monti s ono giò. bianchi. Ordine di a!Tardellare gli zaini e di teners i pronti per partire. La nostra compagnia deve sos tituire la ~. che s i trova g iù da cinque giorni ai posti avanzali.

Dopo due mesi comincio a conosce re i miei commilitoni e posso esprimere un giudizio su di loro. Conoscere è fol'sc troppo dire. Le mie conoscenze 5ono limitat e al mio plotone e - un poco - alla mia compagnia. La trincea nell'alta montagna cos tringe ogni saldalo a vivere da solo o con qualche compagno, nella propria lana. Cerco di . scru tare In coscienza di questi uomini, fra i quali, per le vicende guerresche, io debbo vivere e, chissà! .. morire.

Il loro u morolc "· Amano la guerra, questi uomini? No. La dcte.st..ano? Nemmeno. L'acce llano t:ome un dovere che non si discute. Il gruppo degli abr,uzze.~i, che ha per (e capo)) o o comparo n il mo amico Petrella, canta spesso una canzone che dice:

E la guerm s'ha da fa, Per·chè il He aecussi vuol.

Non moncano coloro che sono più svegli e collirn.t.i. Sono riuelli che sono s tati all'estero, in Europa e in Am e rica. Hnnno letto prima della guerra qualche giornale. In guerra sono anlitedeschi . e belgofili. Quando il soldato brontola, non è più per il fallo c1 guerra n, ma per certi disagi o deficienze ch'egli ritiene imputabili ai (( capi n. Io non ho mai sentito parlare di neutral ità e di i:nterventismo. Credo che moltissimi bersaglieri, venuti da remoti villaggi, ignorino l'esistenza di queste parole. I moti di maggio non sono giunti fin là. A un dalo momento un o rdi ne è venuto, un manifesto è stato affisso sui muri: ·1a guerra! E il contadino delle pianure venete e quello delle monlagne abruzzesi hanno obbedito, senza discutere.

Nei primi mesi della guerra, i bersag lieri hanno varcato il confine, cogli inni sulle labbra e la fan· fara alla lesta dei battaglioni. Dopo due mesi di sosta a Serpenizza, venuto fina lmente l'ordine di riprendere l'avanzala, i bersaglieri hanno conquista to -· al passo di corsa, malgrado un turbine di cannonale - la Conca di Plezzo e si sono trincerali n quattrocento metri oltre la città, che gli austriaci hanno poi, . quasi completamente distrutta colle granate incendiarie. Quando i bersaglieri narrano gli episodi di quell'avanzata, vibra ancora nelle loro parole la soddisfazione e l'entusiasmo della conquista.

La vita di trincea - monotona e aspra - contrassegnata soltanto dallo stillicidio quotidiano dei morti e dei rerili, indurisce i soldati. Parlar loro , non si può. Riunire gli uomini in prima linea, per tener loro un discorso, s ignifica esporli a un s icu· ro immediato massacro da parte dell'artiglieria nemica. E' il u nemico n, la presenza del n nemi~ co )) che spia e spara a cinquanta, cento metri, ciò che tiene elevato il umorale 1J dei soldati: non i giornali che nessuno legge; non i discorsi che nes• r:.nuo tiene ..•

Sono religiosi questi uomini? Non credo troppo. Bestemmiano spesso e volentiéri. Portano quasi tutti al polso una medaglia di santo o di madonna, ma ciò equivale a un porte-bonheur. E' una specie di n mascotte )1 sacra. Chi non paga il suo tributo nlle superstizioni delle trincee? Tutti: uflìciali e wldati. Lo confesso: porto anch'io nel dito mignolo un anello fatto con un chiodo di ferro da cavallo .. ,

Questi soldati sono nella loro grandissima maggioronza solidi, sia dal punto di vista fisico che morale. Se il vecchio Enotrio Romano tornasse al mondo, dinanzi a questi uomini meravigliosi nella loro tenacia, nella loro resistenza, nella loro ab· nogazione, non direbbe più come un tempo: La nostra Patria è vile!

Quale altro esercito terrebbe duro in una guerra come la nostra?

3 Novembre.

Ieri sera ci siamo spostati di duecento metri più in alto, ::i destra. Ora comprendo l'obiettivo della nostra azione. Bisognerebbe occupare la depres· sione fra il VPs ig e lo Jaworcek, per tagliare - io credo - la linea della difesa austriaca. A squadre e plotoni, ahbiumo impiegato, per spostarci, quasi due ore. Non pioveva, per fortuna. Il mio riparo è relativamente buono. Da stamani pioggia e ne\'e. La milraglialrice 'austriaca spara, ma siamo udefilati 11 e finona nessuno dei nostri è rimasto ferito. Ci tro\'Ìamo in mezzo al fango. Camminare nella mulattiera significa immergersi nella melma fino al ginocchio. Fra i ripari corre un vero torrente di mota. Qui, siamo più raccolti.

I cannoni austriaci tacciono sempre. I nostri pure riposano. Anche se piove, anche se nevica o tempesta, quando i cannoni nemici tacciono, c'I'! allegria fra noi.

4. No vembre.

Ieri sera il mio plotone - il primo - è stato co· mandato ai piccoli posti. Siamo partiti alle diciotto. Pioggia a scrosci. Buio pesto. Siamo montati a uno n. uno - in fila indiana - per un cammi· namento franato e pieno di fango. Quando i razzi luminosi degli austriaci solcavano il cielo, ci gettavamo di colpo a terna. Giunti alla posizione, non è stato facile trovarmi un riparo. Non un barlume di luce, all'infuori di quella dei razzi, spenti i quali, le tenebre erano più dense di prima. Finalmente ci siamo cacciati, io e il mio capo-squadra Mar.io Simoni, dietro a un mas.';;o roccioso.

Ho chiesto al mio capo-squadra:

- In caso di un attacco austriaco, qual'è la no. stra fronte?

- Quella a destra ... -

La risposta non mi ha convinto. La responsabilità delle guardie avanzate su lle lince del fuoco è teITihile. Devono costituire una garanzia e una prima difesa per coloro che stanno dietro. Per forlwla, gli austriaci non prendono mai l'offens iva per i primi. Possono contrattaccare, ma 1, attacc:are 11 1 no.

Verso mezzanotte, dopo sci ore di pioggia e di luoni, si fa un grande silenzio bianco. E' la neve / Siamo sepolti nel fango, fradici sino alle ossa. S imoni mi dice:

- Non posso muovere più le punte dei piedi. -

E la neve cade lenta, lenta. Siamo bianchi anche noi. Il freddo ci è penetralo nel sangue. Siamo condannali all'assoluta immobilità. Muoversi significa et chiamare u la mitragliatrice austriaca. Vicino a me e' è qualcuno che si lamenta. Il tenente Fanelli lo redarguisce, con ,,oce sommessa , ma il bersagliere risponde e c'è nella voce una invocaziene quasi disperata:

- Tenente, sono gelato. Non mi u fido,, più. -

E' un meridionale . l\fa anche il lenente, che è di Bari, deve trovarsi in critiche condizioni. Poco dopo, infatti, chiama mc e il Simoni e ci manda insieme dal capitano per chiedere il cambio della guardia. Sono le qual1ro. La nostra guardia do· vrebbc durare ancora quattordici ore.

Trovo il capitano nel suo riparo. Egli, insonne, veglia. Fuma. S i trovano in sua compagnia i sol- l totcnent.i Raggi e Daidone.

- Ebbene?

- Signor capitano, il tenente Fanelli mi mnn- da a dirle che i bersaglieri di guardia non resis tono più. Dopo sci ore di pioggia, quattro ore di neve ... -

Il capitano mi fo qualche altra domanda e poi , volgendosi al rottotenenlei Haggi, gli dice:

- Lei va a dnre il cambio con una squadro del t-erzo plotone. .

- Benissimo, capifallo. Le chiedo, però, un favore: mi dia una !'igarettn

Sono torna lo al mio riparo. L'ho lrovalo ancora in piedi, me ntre moltissimi altri erano franati. E ', lìnalmentc, l'nlhn. E' stata la notle più dura dei miei due mesi di lrincca.

5 Novtmb rc.

A giorno fallo:

-P rimo plotone, z:aiuo in spalla ... -

Scendiamo - per asciugarci un poco - alla posizione che occupiwamo primo. l! nostro j>W> · saggio viene s uhito notato dalle vedette austriache. Ta-pum. Ta-pum. Ta-pum. Sette feriti cadono uno rl.opo l'altro. Di gravi non cc n'è che due. Giunti al luogo indicalo, accendiamo dei grandi fuochi . Anche il sole ,,iene a salutarci. Il sereno nel cielo riconduce la g ioia fr.n noi. Il fuoco non, asciug a soltanto i nostri indumenti infangati , ci ralleg ra.

Piet.J:oantonio, u n ubl'uzzese, tornato volonlariument.e dall'Am~rica, insi eme ad altri 2000 per servire ln Pntri11, ci racconta episodi interessanti sulla v ita delle no~trc colonie ù 'ollre Oceano. lmmcn~ so l'entusi asmo col quale fu accolta Ja nostra dichiarazione di guerro all 'Aus tria. Mollitudini di uomini RS.5ediava no i Consolatì per la \'isita militorc e il rimpatrio.

- Ho visto - dice Pielroantonio - alcu ni scartali mo rders i per la robbia. -

S i comprende. I milioni e milioni dì italianiin parlicolar modo meridionali - che negli ultimi venti anni hanno battuto le strade del mondo, sanno per dolorosa esperienza che cosa vuol dire appartenere a una nazione politicameule e militarmente svalutata,

Ho asciugato al fuoco a nche le pagine di qu esto d iario. Alcune, coll'acqua, sono d iventate ind ecifrabili ,

6 N ovembre.

Tornando ieri sera dalla posizione <love ci eravamo asciugati e rifocillati, ho trovalo il mio riparo occupato da allri. Gli artiglieri de lla Sezione che è con noi mi hanno offerto ospilali là sotto la loro lenda. ·sono stati gentilissimi. Hanno vo luto dividere con mc il loro rancio. C' è fra essi un volont ario, tal Cecconi, , ·icentino. S tamanì, ciclo buio, di tempesta. Al lavoro! B isog na costruirsi il 11 ricovero )> , Tre ore d i fatica . Gra nde fuoco per asciugare il terreno s ul quale dovremo $lenderci .

E ' g iunto dall a Divisione, pe r telefono, l'ordine di partenza per il plotone accelerato degli AUievi TJfficiali. Del mio Reggimento siamo soltanto in cinque: io, Lorenzo Pinna, Vismara, di Milano; MoscHtiello .e Inglese, di Napoli.

Lascio la compagnia. Saluto il copiWno e gli ufficialì. Tutti i bersaglieri mi gridano il loro a(!cttuoso saluto e il loro augurio. Addio! Addio! Non sono contento. Mi ero ormai abituato alh trincea. Scendiamo allo Slo.tenik. Tre ore di marcia faticosa. In certi punti la mulattiera è tutta un pantano. A quota 1270, o Trincerone, tappa. Il maresciallo Zanotti deve farci il foglio di via. Al Trincerone c'è il 27a a riposo. In tutti i reparti ardono grandi fuochi. Qua e là si canta a gran \'ace. Piove. Ci ripariamo nella baracca del cantiniere. Come letto: il rivestimento d i paglia delle bottiglie. Donnire? Niente. Poco lungi è Jacobone, napoletano, che dirige un coro di milanesi. Si canta a voce spiegato la canzone della u povera Rosetta 11:

Ai vmlisette agosto

Era una notte oscura, Commisero un delitto

Gli agenti della Questura ...

7 Novembre.

Prima di scendere a Caporctto, ci siamo recati o.Ile cucine del no~tro battaglione, dove i nostri amici ci hanno re galato un caffè, come si dice in gergo mìlitare, u fuori d'ordinanza)) , Il tempo non è mo.lv!'!gio. In marcia! E' la strada di circa due mesi fa. Ecc.o il laghetto di Za Kraju. Ecco il Cimitero del 6° bersaglieri. Un piccolo m uro di cinltt. In mezzo una grande croce, con tcnoglio, martello, cbiodi e un gallo più abbozzato che scolpito. Allorno, ullorno, le fosse. Quante? Un centinaio e più . Una è coperta da un grosso macigno. Mi avvicino e leggo ::

Sottotenente Conte Luigi Alberi.i .

S u un grosso macigno c'è una bella epigrafe, deturpata, però, da un errore grafico, Invece di nuova, è scritto nu.oja. Un altro masso indica una fossa colletti,•a. C'è scritto sopra:

Qui lu.lti riuniti.

La vista di questo Cimitero solit2rio, a piè dei ro~toni ri pidi del Monte Nero, ci rende melanconici e silenziosi. Incontriamo una lunga colonna di muli che viene da Ternava. Ecco Tresenga, formicolante di soldati. Le campane della chiesabella e grande - che s uonano mezzogiorno, mi ianno una strima impressione . A Tresenga si lavora. S01igono da ogni pa11.e baracche. Da Tresenga a Caporetto pochi chilometri. Bella strada. Carrozzabile. Cominciano i segni d ell 'ualtra vita)) . J ncontriamo degli ufficiali dall'uniforme impeccab ile. Attendenti pasciuti e rubicond i, a cavallo. J soldati hanno una cera, molto, molto meno selvaggia <!ella nostra. La guen·11, vista nelle retrovie, non è s impatica. Ecco l'Isovzo impetuoso e ce.ru-

Jeo. Caporetto. S'è - in questi due mesi - ingrandito, abbellito. Sempre lo s tesso formidabile movimento di camion s e di carri d'ogni genere. I paesani guardano con una certa curiosità i nostri ohili laceri e infangati, le nostre mani e i no.stri volti sudici e anneriti. Noi s iamo - modestamen· te! - un po' fieri, di essere oggetto della curiosità della gente.

14 Novembre.

Dopo sei g iorni passati a Veruazzo - ambiente mediocre - stamani, domenica, un ordine è venuto, portato da un motocicl ista della Divisione. E l'ordine dice : ,111 bersagliere Mussolini torna al reggimento n. Non domando perchè .

Ln notizia non mi sorpr e nd e e non mi addolor a. Do un'occhiata al Monte Nero, tutto incappucciato di neve e mi dico : (( Domani sftrò n quota 1270 n. Da San Pietro Natisone s i verle ncltame nle stagliarsi sul fon do dell'orizzonte il famoso "Naso di ,\rapoleone n. I miei amici del plotone si mo.<=trano non meno sorpr esi e molto più addolorati di me. La trincea non ha fascino per loro, sebbene fos.'>ero quasi tutti allogati nei u posti ufficiali u e quindi lontani dal pericolo immediato.

Pochi · salut i, in frctl a. Znino in spallo...Mi presento in furer ia. Il maresciallo c'è. Mi paga la ci11quina1 mi consegna l a u bassa u di marcia e una scatole tta di carne.

Sono nella s trada. Mi fermo a San Pielro, al Co- mando di Tappa, per attendere un camion automobile che mi trusporti a Caporetlo. Ma qui faccio un incontro inatteso. Trovo Alberto ~Jeschi, ex segretario della Camera del Lavoro di Carrara, soldato della teITitoriale. Egli mi dà un recapito per Caporetto: si tratta di certo Oreste Ghidoni, che ha piantato a Caporetto n · di tessuti e pannine. Ma mentre lungo il marciapiede, ecco giungere ni su di un curro. Mi p:resenta. Il Ghidoni è un mantovano, traslocatosi a Carrara. E' già sera. Ci fermiamo o Pùlfero, villaggio a 10 cl1ilomctri da San Pietro. Ali' osteria troviamo - naturalmente - dei soldati. Ci sonb degli alpini che tornano dal fronte r si recano a Targetto per il plotone allievi-caporali; ci sono dei fanti del distretto di Cremona e della classe dell'83 che vanno a Caporetto. Uomini maturi, ma solidi e pieni di buon umore. Essi mi dicono che nel cremonese non c'è miseria e la popolazione attende con fiducia l'esito della gueiTa. 15 Novembre.

Oggi è il primo anniversario della fondazione del Popolo d'Italia. Ricordi, nostalgie. Mattinata grigia. Partiamo da Pùlfero alle 9. Per giungere a Caporelto ci ,,ogliono tre ore . Solilo enorme movimento di camions e di carri. Si dice che il fronte mangia per le retrovie, ma le retrovie mangiano il fronte. Nelle retrovie c'è un vero, formidabile esercito, mentre la linea del fuoco è un sottile velo che sembra sfumare nella lonlananza. Durante il tragillo, il Ghidoni mi racconta i u casi u della politica carrarese. Sono interessanti. Passo le ore libere del pomeriggio a Caporetto, La cittadina è sempre piena zeppa di soldati. Sono sorti qua e là grandi baraccamenti e qualche edificio in pietra. Verso sera, mi reco al Camposanto militare. Il numero delle croci è aumentato. Saranno quattrocento. ·Quelle degli ufficiali, una quarantina. Primo di questi, il colonnello Negrotto. Sulla sua tomba c'è una grande corona in bronzo degli irredenti. Ora vado leggendo alcuni nomi sulle croci. V'è anche qualche austriaco.

L'unica fossa che abbia dei fiori è quella di un soldato austriaco e sulla croce sta scritto: Joseph Waltha, dell'esercito nemico. Il fatto è sintomatico.

In un angolo del Cimitero pei civili, ci sono due fosse senza croce e senza nome. Un soldato mi spiega che si tratta di due gendarmi austriaci fucilati dai nostri all'inizio delle ostilità.

All'estremità del Cimitero militare, che è cintato da un semplice filo di ferro, giunge un carro, ricop erto e trascinato da due soldati zappatori. Ci so no due casse da morto. Aiuto a scaricare la prima. E' pesante. Sono due soldati morti all'ospcdalctto da campo. Crepuscolo. Melanconia. Ritorno in piazza. Compero il Resto del Carlino e trovo In prima notizia del bombardamento di Verona. Crocchi di soldati leggono. Molti altri vanno in chiesa. Vado anch'io. La chiesa di Caporetto ha ai lati due galleì-ie, dalle quali si sporgono i fedeli, come dalle loggette di un teatro. Banchi, gallerie, scalino.tn, sono gremiti di soldati. C'è anche qualch e ufficiale. Ce ne sono dei vecchi e dei giovanissimi. l'n territoriale degli alpini, acc anto a me, ha negli occhi un luccicore di lacrime. All'allarc officia un prete che intona le laudi. I soldati ris pondono in coro : i< Ora pro nobis... n. Verso la fine, accompagnati dal1c note gravi e profonde dell'organo, i soldati cantano un inno. Il r.oro si leva solenne e riempie la chiesa . Io taccio: ig noro l'aria e le parole. Il ritornello dice :

Deh, benedici, o madre, L'italica virtù;

Fa' che trionfino le nostre squad,·e Nel nome santo de l tuo Ge..sù.

Il coro C finito con un lungo gcmìlo dell 'organo .

I soldati sfollano.

16 Nove mbre.

Sono l'unico bersagliere dell'll" che torni al r<:gg imcnto. In marcia. Vicino a Tresenza passo dinanzi a una polveriera. La sentinella mi g uarda e mi l'iconosce. E' un soldato romag nolo del 120" r;i.nleri a . Soffia dal Monte Nero un vento di' neve . Mi affrelto. Niente tappa a Rawna. Qui ci sono dei bersaglieri del mio bntlaglione venuti in corvée. Mi dicono che il 33° battaglione si trova u quota 1270 e non sull' J o.worcck. Notizia conso- lantc. Sc i ore di marcia di meno. Lunga fila di muli carichi di soldati coi piedi congelati. A Za Kraju incontro unn barella coperta. C'è un morto che viene portalo a Cnporetto. Segue un caporale che piange. Lo conosco. E' dell'S· compagnia. Mi d ice singhiozzando:

- Il morto è il sotlotenente Mario Bottigelli, milanese. E' sia.lo fulminato da una pallottola, ieri sera, mentre disponeva il suo plotone di guardia. Ora lo parliamo al Cimitero di Caporetto. -

Al Cimilero del 6" bersaglieri, mi sferza la facda una prima folata di nevischio. Il Monte Ne1'() non s i vede più . Neve. Neve. In trincea, dove sono g iunto dopo tre ore di marcia sollo la neve, ho ritrovato i miei amici, soldati e ufficia li , che mi hanno accolto festosamenle.

Notte di uragano. Eravamo nel rico vero in und ici. l\.foi riparati. Freddo siberiano. l\ra s t.am ani c'è il sole.

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