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Le nuove missioni e l'Italia
Alb e rto Neg ri
Dove s iam o andati ? Perché ci s iamo andati? Perché c i restiamo? Sono queste tre domande che il pubblico italiano, anch e quello meno a tt e nto e id eo logico, s i pone a quasi du e a nni dall ' ini zio dell e ope r azioni militari in Iraq e a oltre un anno e mezzo dall o schie ram ento delle nostre truppe. Nessu no d egli ultimi due interro ga tivi ha ancora ottenuto una risposta co nvinc ente e puntu a le e, soprattutto, la situazione su l campo impedisce di dare risposte chiare.
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In primo luo go nel t eatro iracheno le oper azioni milit ar i continuano nonos tant e il pr es id e nte Bu sh avesse dichiarato la fine della g u erra nel maggio 2003 In secondo luogo l 'i nstabilit à irachena non so lo non è stara circoscr itta, ma ap pare se mpr e più co lle gata a quella internazionale, all'imperversare del terr o rismo integra l ista in diverse parti d el Medio Oriente, del! ' Asia centra le e anche dell'Eu ro pa .
Nell'a nali si di una situaz ione così co m p lessa e confusa ci si deve servire dei dati di fatto ma per le previsioni, co llegate a eve n tuali dec isioni politi co- militari, s i può pro ce dere più per intui z ioni che pe r certez ze Certamente uno Stato, un a nazione, per elaborare la sua politi ca es t era non si può basare solta nto sulle in tui zioni: deve fare riferime nto a linee -guida e pr inc ipi c h e do vrebbe ro in qualche modo costituire un quadro di riferimento preesistente . P er questo, come sempre, la decisione di impegnar e un Pa ese fuori da i propri confini s i confronta con la sua s it uazione int erna, sia per quanto riguarda le sue condizioni materi ali e morali, s ia per i princip i a cui fa riferimento il s uo ordin e is tituzio n a le Qu es to ordin e nel nost r o caso è fr utt o de ll e vicende dell'Ital ia repubblicana e di una storia che ha vis to passare il Pa ese, dall a mo narch ia alla dittatura, in tutte le g u er re mond ia li e in u n lunga sequenza di avventure co loniali delle qua l i una parte import ante si sono svolte nel mondo a rabo -mu sulma no. Si deve poi tenere conto, oltre che dell a sto ria , d e l la posizi one geopol itica dell 'Ita lia, col locata in mezzo a l Mediterraneo e quindi pro t agonista attiv a e passi va di moltepl ici interazioni con g li altri Paesi europe i e d e l.l a s pond a su d. Siam o un Paese fondatore dell a Com unit à e uropea, ma per la nostra posizione geogra fica e ovvie ragioni econom iche e soc iali , dal petroli o all'emigrazione, l'Ita lia è so prattutto un Pa ese medit erraneo, con pro bl ematic he ben diverse dall e nazioni atlantiche e continentali Se quindi s i vogliono fare p arag oni e confron ti su ll a politica es t era, i parallel i più evid ent i sono co n le d ec is ion i e i comportamenti adott ati da altri Paesi m e diterranei. Senza naturalmente saltare a conclusioni affrettate e ovvie : Spagna, Greci a e Turchia, per fare un es em p io, sono fuori d a ll ' impr esa ir ache n a, mentr e partecipano a quella in Afghanistan Ma con decisioni prese e motiv ate con ragioni e t empi ben div e rsi l ' un a dall'altra. li pro blema è un altr o : in que sto s pazio med iterran eo di 450 milion i d i a bitanti, dove si affacciano po t enze eco nomich e e militari di un certo ris p et to, n on si è anco ra definito uno spazi o ge opolitico comune; esso costi tui sce ancora un'area di forte instabi lità . Con uno sguardo alla ca rta geografica e un a ltro ai nos tri interessi n azio nali n on è difficil e ca pire d ove sono le nos tr e prior ità di poli t ica estera per avere confini s icuri, per mare e per terra, e rapport i pol iti c i, economici e culturali funzionali al nostro sv il uppo e a quello dell'intera regione. Qualunque governo ita liano deve t en er conto di questo quadro nel programmare le azioni di poli t ica es t era e la politica di difesa, sia da l punto di vista delle risorse militari che tecnologiche. E sicco me le r isorse umane e finanziarie sono comunque lim itate , bisogna investire in primo luogo soddisfacendo le nostre necess ità e priorità .
È in base a queste considerazioni, anche un po' banali, che dovrebbero essere prese in futuro le decisioni riguardanti il nostro impegno militare in Iraq e pure in Afghanistan . Le decisioni possono essere drastiche o gradua li , ma comunque commisurate a quello che è già il forre impegno internazionale dell'Italia nel campo delle mi ssioni a ll'estero, in particolare nei Balcani, un'area che s icuramente ricade per destinazione nel nostro spazio geopoli ti co .
Ma torniamo a quello che s ucced e in Iraq per rispondere alla prima domanda: dove s iamo andati? E proviamo a dare uno sguardo al passato recente e a come si presentava la s ituaz ione nell'autunno del 2002, quando cominciava l'escalation verso la guerra al regime di Saddam Hussein . Un dici mi li oni cli iracheni nell'ottobre di quel l'a nno andavano alle urn e, sospin ti da una propaganda che non amme tt eva defezioni, p er il referendum presidenziale in un Paese dove il 50% della popolazione è sotto i vent'anni e non aveva conosciuto altro che il regime del Baath e l e sanzi oni internazionali, una generazione int era sigillata dentro i confini di uno Stato che non consentiva né informazione né libertà . vero che 1'11 settembre e la lotta a l terrorismo multinazionale di A l Qa eda avevano cambiato tutto per l 'America . Ma sull'Iraq persisteva un eq uivoco di fondo : cosa fare di qu esto Pa ese e ciel Raìs, nominato allora sul campo, a i tem pi della guerra contro l'Iran degli ayarollah, "gendarme de l Golfo " contro l'integralismo rivoluzionario?
Eppure Saddam Hussein non era il diavolo né un extraterrestre . Era il prodotto di una società e di una s toria, quella irachena, c h e ha il privilegio non invidiabile di racch i udere contraddizioni laceranti. Alcuni di quest i problemi, come le tensioni etniche e confessionali, non so n o estranei anche alle vicende europee, come hanno dimostrato dieci anni di guerre balcaniche. In un certo senso l'Iraq di Sadclam, dove il 54% della popolazione, c ioè la netta maggioranza, è costitui ta da arab i sc i iti, mentre curdi e arabi sunniti pesano ciascuno per il 22 - 24%, aveva qualche somiglianza con il mosa ico de l la Jugos lav ia di T ito, in una versione più crudele e arricchita dal petrolio. Il pericolo cli una disgregazione del Paese era stato , fino a quel momento, il motivo principale, fuori e dentro l'Iraq, che aveva tenuto in sella i l R aìs Lo sapevano bene gl i Stati Uniti che ne l 1.991, dopo la l iberazione del Kuwai t , ferma ron o il generale Schwarzkopf quando era arr ivato ormai a poche ore di marcia d a Bagdad . Lo stesso Bush senior rivolse un appello per incitare curdi e sci it i alla rivolta con t ro il Raìs , ma sul terreno non fu mosso un dito per aiutarli, nel timor e che a Nord reagisse la T urchia, diffidente ieri come oggi dell'irredentismo curdo, mentre a sud po t esse approfittarne la Repubblica islamica sci ita dell'ran che a Na jaf e Kerba la, cioè in territorio ir acheno, ha le città più sacre e importanti della sua tradizione religiosa. Frenare g li sc i iti e le spinte del fondamentalismo islamico è s t ata la missione che a Saddam affidarono per un decennio le monarc hi e arabe petrolifere e gli Stati Uniti.
" l'Iraq è un rompicapo geopolitico e il dopo Sa ddam un 'incognita", si scriveva allora sulle colonne del "Sole 24 Ore" con qualche buona ragione
L'avventura co loniale eur opea ha avu to una parte fondamentale nella storia dell'Iraq e nei conflitti recenti. L'Occidente qui si proponeva co me po rtator e di una mission e civili:aatrice che in realtà na scon dev a a mal apena gli appe titi della Gran Bretagna, interessata al petrolio, ma anche a co nt rollare la via verso le Indi e ln quel per iodo, dop o la prima guerra mondi ale, l 'America non era come oggi un nemico, ma la s peranza deg li arabi. Dopo il c rollo d e ll 'Impero ottomano, la Socie t à d e lle Nazioni aveva a ttribuito un mandato alla Gran Bretagna in nome dei l 4 punti sull'e mancipazione de i popoli elabora ti dal pres id e nte am e ricano Thomas Woodrow Wilson. Ma questi principi furono disattesi dalla Gran Bretag na che, nonostante le ribellioni, indiceva referend um a favore deg li in g les i con metodi non diversi da quelli che ved iam o oggi a Bagdacl. Saddam avev a sfruttaro abilmente ques to passato per presenta rsi, dopo i r egimi di Ka sse m e dei fratel li Aref, come l'uomo che sapeva difendere l'indipendenza del Paese. Lo ha fatto afferrando il potere n e l 1968 in ta ndem con H assa n al Bakr e un golpe anim ato dal parti to Baath, fondato in Si- ria dal cris tiano Miche! Aflaq e tra sfo rmaro q ui in vess illo del na ziona l ismo panarabo e socialista quando ormai la stella dell'egiziano Nasser tramontava dopo la sco nfitta del 196 7 contro Is raele. C ome era ri masto in sella il Raìs? Non solo con la forza e l'ideologia laica del parriro Baatah, ma utilizzando clan, g ruppi tribali e familiari che occupavano posizioni s tra tegiche nel l 'Eserc ito e nell'economia. Negli anni seguici all'invasione del Kuwa i t e alla sco nfitta ne l 1991 da parte di un'ampia coa li zione intern az ional e, a clan e tribù era stato affidato il compito di ri empire i vuo ti, anche nell'ordine pubblico, lasciati da un o Stato impoverito e in efficie nte. Sacldam era il ca po di un sistema dove si fondevano elementi moderni e tradizionali utilizzati per controllare le strutture di potere e le ma sse turbol e nte di una società mu ltietnica e divisa tra sunniti, sc iiti e cur di. "Questa m iscela - scrivevo in quell'autunno del 2002 - ha costituito il pr ope llen te della sua durata ma è anc he il tallone d'Achille di un reg ime che senza il leader è destinato a disintegrarsi".
Era un a previsione un po ' ottimista: non era so lo il regim e destin ato a disintegrarsi, ma l'intero Paese. Anzi, in Iraq si è verificato un fen omeno quasi paradossal e : i resti del regim e, rappr ese ntati da strutture c lan destin e de ll 'Eserc ito e dei serviz i segreti, sono sopravvissuti al crollo e a una sco nfitta militare c lamoro sa e costituiscono a ncora oggi una parte im portante della gue rriglia e del terrorismo che s i oppongono al governo ad interim e alle forze internazionali .
Proviamo anc h e un par a ll elo con l'Afghanistan
La caduca ciel regime integralista dei tal ebani è stato seguito dal ritorno al potere dei "signori della guerra" le cui lotte sanguinose avevano costituito la principale ragione dell'ascesa al potere degli studenti islamic i sos t en uti dal Pakistan . E oggi una qualunque evo luzione politica del Paese, in senso posi t ivo o ne ga t ivo, non può comunque fare a meno di tenerne conto. Nonostante gli sforzi della comunità internazionale e di una Nato sempre più coinvolta su l campo, in Afghanistan c'è soltanto un embrione istituzionale e organizzativo dello Stato . L'Afghanistan è ancora in quell'area grigia dove si collocano g li Stati "falliti" a i qua l i non è succeduta alcuna forma istituzionale affidabile: s i tratta di una situazione che perdura da un quarto di secolo, passando dalla caduta della monarchia all'invasione sov ie t ica del 1979 alla guerra dei mujaheclclin contro l'Impero rosso .
T utto questo non significa che l 'Afghanista n debba essere abbandonato a l suo destino: nessuno, pera ltro, sostie ne una posizione di questo genere È i mportante però che si abbia ben presente che in Afghanistan non si è sostituito un regime con un altro, ma si t enta un diffici le passaggio non solo alla democrazia, che è una forma di governo, ma sopra ttutto alla costituzione di un nuovo Stato che non es is te più da decenni e quando esisteva appariva comunque fragile e dal tessuto molto labile. Non ha senso quindi, se si esaminano i fatti della storia e del presente, parlare di ricostruzione dell'Afghanistan, ma cli una vera e propria costruzione cli una nuova compagine s t atuale .
Questo vale in buona parte anche per l' Iraq . Crollato il vecchio Iraq, che s i id entificava nella dit tatura feroce di Saddam Hussein e nel regime del partito Baath, quello nuovo non esis t e ancora: si tratta di uno St aro fallito sulle cui macerie non è staro cos truit o in questo anno e mezzo quasi nulla di so lido . Il governo non ha né l'autorità né la forza per garant ire la s icure zza dei cittadini: la Po li zia è inesistente, l'Esercito versa in uno stato embrionale. 11 contingente militare capeggiato dagli Stati Uniti è perc e pito come una forza d'occupazione illegittima o inutil e . Neppure l ' Iraq del petrolio si salva da attentati e sabotaggi. L'operazione di ricostruzione, come orma i s i riconosce da mo lt e part i, anche nel le cifre fornite dalla Casa Bianca, è un fiasco.
L'unica giustificazione concreta e ineludibile per mantenere le trupp e insabbiate nello Shatt e lArab è che andarsene significa amme t tere la sconfi t ta clamorosa di un'impresa mi litare nell'area s t rategica de l Golfo dove s i trova il 65 per cento delle ri serve petrolifere mondia li e da dove ogni giorno parte il 40 per cento delle esporta zioni destinate ai mercati cli consumo.
Questo è lo s tato delle cose: in Iraq è in corso una guerra che s i muove almeno su tre piani Un confli tto tra gruppi di guerrig l ia e terrorismo contro le forze occupanti, uno scontro di potere, a volte palese, a vo l te sotterraneo, t r a c lan, fazioni, tribù ed etnie, una situazione di desta bilizzazione in cui si infiltrano forze esterne, da quelle della Jihacl, la guerra santa, ai servizi segreti di molte nazioni confinanti e non che approfittano dell'assoluta permeabili t à delle frontiere per affermare la lo r o i nfluenza . Questo deve essere un punto ben chiaro: a un anno e mezzo dall'inizio delle operazioni mi l itari amer icane i confin i ira - cheni so n o tota lment e fuori controllo. Pu ò es is ter e uno Stato in queste cond izioni ? Evide ntem ente no, o a lm e no non anc ora. L'Ira q oltre a essere uno Stato fa ll ito e non ricostruito, è un a g r an d e "a rea grigi a" di centina ia di migl ia ia di chi lometri quadrati precipitata nell'anarchia do ve l e strad e son o imp e rcorribili o molto in s icure e il controllo de l t erritorio ine sistente Ne l disastro seg uito al cro llo del r egime sono in parre a ffo ndate persino le is titu zioni in forma li: cl a n, tribù, g ruppi di pr ess ion e, c he in qu a lche modo costituivano nel te mpo , a l di là d ei regimi dittatoriali e autocra ti ci, il debole tessuto connetti vo della società
Più c he una li baniz za zione o una b a lcanizzazione, l'Ir a q ha subìro una d er iva alla "so mala " . R es istono le strutture e le gerarc hie religiose, ma fino a un certo punto. Anche l'a cco rdo di t ajaf tra l'ay a tollah Alì Sistani e Muqtada a l-Sadr è ad a lto ri sch io, come dimo s trano gli sco n tr i t ra i due nel recente passato e g l i ar r c ntati mortal i con s tragi di leader e di fede li sci iti. De l r esto la carta della lea dership re l igiosa p e r stabi lizzare l'Iraq era stara scartata s in dall'in iz io d agli a meric ani c he durante l'a nn o del proconsole Paul Bre mer avevan o sis t ematicamen t e rifiutato CLJtte le proposte ch e ve nivano da Sistani.
M a ch i sono le v ittime di questo confli tto? In prim o luogo g li iracheni - in un anno e mezzo più di 10-15 mila p ers one ucci se - che n ella lista quotidi a na di una contabi lit à mortal e non app a iono mai con nome e cognome, non hanno di gnità di stampa e scompaiono come una nota a piè di pagina nei te leg iorn ali. Purtroppo r icor dano a ltre vittime anonime, com e i 120mila a lgerini massacrati nella guerra tra gene r ali e integ r alisti du r ante g li anni no va nta e oggi velocemente dim e nticati. Ce rto gli ir ac heni non sono i "nos tri" morti, quindi suscitano meno co mmoz ione e pietà : fo rse però sareb be ora di abbandonare a lmeno per un p o' il filo d ell a retoric a e quell'ign o ranza, semp re a braccetto co n l'arro ga nza, ch e impediscono di solleva re il ve lo sulla r ealtà d e ll ' Iraq .
11 fondo d e ll a ques t ione non è la religione, ma il na z ionalism o iracheno, che non ba avuto alcu n modo in qu est i mesi di oc cupa z ione militar e per rinascere e rigenerarsi .
Un ese mpi o è s raro lo sc iita Muqtada Sad r c he, prima ancora di ess ere un r e li g ioso ch e s trumenta liz za il linguag g io del Corano , è un nazionalista . P erché i laici qui non riescono a emergere e fatic ano ad agi tare il vessillo della ca usa naziona le? La risposta è sempl ice mente nella sco ri a del Medio Ori ente di qu es ti decenn i do ve i regimi seco laris ti sono passati d a una sconfitta militare all'altra e hanno dimo st rato di esse re incapaci di a ffrontare, nonostant e il petroli o, le sfide dello sv iluppo.
O ccupando l'Iraq gli americ ani - e noi con loronon hanno ab battuto so ltanto un regim e , ma h anno ereditatO tutti i pro blemi naz ional i iracheni irrisolti da più d i ottant'anni, anc he quelli legati al fallimento d ei modelli p o litici importati, compresi il soc ialismo e l ' economia dirigist a .
Per questo la p a rtita è co mples sa, forse dr am maticamente in so lubile nel g iro di poch i anni, destinata in ogni caso a pesare com e un macig no sul n ostro futuro