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Il futuro dell'Afghanistan e , dell Iraq
Sergio Romano
Dall'1 l settembre del 2001 .l'Afghanistan e l'Iraq vengono spesso evocati e discussi come manifestazioni geografiche di un eguale pericolo. Le due guerre sono state g iustificate con uno stesso argomento : la minaccia del t errorismo islamico . E gli sco pi della p oli tica americana dopo la fine delle operazioni militari vengono spesso d escri tti negli stessi termini: la creazione di un sistema democratico I due Paesi avevano , secondo \Vashington, regimi politici diversi, ma erano divenuti pedine di una stessa strategia. Il primo ospitava Osama bin Lad en e numerosi cam pi di addestramento per i militanti della sua organizzazione.
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Il seco ndo collaborava con Al Qaeda e si apprestava a fornirle le armi micid iali che Saddam Hussein sta va progettando e costruendo nei laboratori del suo Paese. Non vi sarebbero sta t e quindi due guerre, ma due fasi di una stessa guerra. E i due dopo g uerra continueranno a essere affrontati, a parte qualche ada ttamento alle circostanze locali, con una stessa strategia politica. Terno che questa rappresentazione sia sbagliata e che l'errore rischi di rendere ancora più difficile la soluzione dei du e problemi.
Esiste a prima vista un dato comune. Ciascuno dei due Paesi è composto da un pot-pourri di gruppi etnici o confessioni religiose: in Afghanistan pashtun, tagichi , hazari, uzbechi, kirghisi: in Iraq sunniti, sciiti , curdi, turco manni, assiri, caldei . Ma vi è una fondamentale differenza. L'Afghanistan è un vecchio Paese orientale, cronicamente afflitto dalla mancanza di uno Stato moderno. Ma esiste da l 1747, a Kandahar o a Kabul, un uomo che ha nelle sue mani le red in i del pote- re Può essere, a seconda delle circostanze storiche, un emiro, un khan, uno scià, un re oppure, come negli anni tumultuosi dopo la rivoluzione del 1978, un segretario di partito, mullah o presidente. Può essere forte o debole, sperico lato o prudente. Ma è la personificazione dello Stato, nel senso che la parola ha avuto in Asia . Ed esiste accanto a lui un'istituzione che rappresenta, sia pure in modo imperfetto, la struttura tribale della società afghana. È la Loya Jirga, versione asiatica delle cortes, dei fueros, delle diete e dei parlamenti che esistevano nell'Europa f eudale. Il sov rano (quale che sia il nome della sua funzione ) e la Loya Jirga rappresentano l 'identità e la continuità storica del Paese. Qu ando firmano un trattato di amicizia con A bdal i Ahmed Khan o soccombono a continue imboscate durante una hmga marcia verso le frontiera orientale nel gennaio 1842, gli inglesi sanno chi sono i loro interlocutori e i loro nemici . Quando la Russi a bolscevica firma con il governo di Kabul uno dei suoi primi trattati di amicizia (28 febbraio 1921), Lenin dimostra di non ignorare l'importanza di uno Stato che i suoi predecessori hanno inutilmente cercato di conquistare o di asservire.
L'Iraq invece è un Paese recente e artificiale, costruito poco più di ottant'anni fa dagli interessi mediorienta li di una grande potenza. E presenta la paradossale caratteristica di avere avuto per alcuni decenni, a dispetto della sua fragile id entità, uno Stato forte e , per molti aspetti, moderno . Per comprendere l'origine di que s ta chimera (un volto di leone, un corpo di capra) occorre tornare alla fine della Gran de Guerra. Nel 1918 la parola
Iraq è so l tanto il nome antico di una regione bagnata da due fiumi, il Tigr i e l'Eufrate, fra Baghdad e il Golfo Persico . Nei 437 . 000 chilome t ri quadrati di cui si compone oggi lo Stato iracheno esistevano allora soltanto i tre villayet ottomani di Baghdad, Bassora e Mosul. Qu an do Francia e Gran Bretagna decisero di spartirsi le terre arabe del Sul t ano fra il Mediterraneo e il Golfo, Londra chiese e o t tenne un mandato internazionale sui due territori che le t ruppe britanniche avevano conquistato durante i l confl itto e che erano allora chiamati, con termini sto rici, Pa les tina e Mesopotamia. Le ragioni, anche se l'Ammi r agliato bri t annico era consapevole dell'import anza del petro lio per le esigenze della flotta, erano principalmente geopoli t iche. Afflitta , come tutti gli imperi, da bulimia terri t or ia le, la Gran Bretagna voleva il Canale d i Suez per controllare la via delle Indie, l'Egitto e la Palestina per megl io co n trollare il Canale e il Mar Rosso, la Mesopotamia per meglio salvaguardare i suoi possedimenti medior ienta l i e per disporre, con Aden, di altre "stazioni " lungo le vie che scendono dal Golfo verso il mare Arab ico e l'Oceano Indiano: un grande domino territoriale che Londra aveva costruito giustificando ogni nuova conquista con la necessità d i meglio garantire quella precedente . D ietro il domino si profila va l'ombra del Raj indiano, perla della corona, vertice dell ' impero , simbolo di potenza imper ia le e, al tempo stesso, giustificazione della s t raordinaria accumulazione territoriale con cu i la Gran Bretagna aveva progressivamente riempito la spazio tra Gibilterra e Bombay
11a quando ottenne i l suo mandaro su lla .tvlesopotamia alla conferenza di San Remo d e l 1920 , Londra non aveva ancora deciso quale forma dare al suo nuovo possedimento. Avrebbe potuto adottare la formu la del governo diretto, come fece in Palestina, o affidare le responsabilità amministrative a un gruppo di notabili sotto l'occhio vigi le di un Al t o Commissar io, come aveva fatto in numerose colonie dell' i mpero. Ma non esistevano malauguratame nte in !vlesopotamia i maharaja e i su ltani di cui il governo britann ico, con qualche generoso vitalizio, si era servito per governare l'India e la Ma lesia In attesa di una decisione i l gab inetto di Lloyd George aveva m andato a Baghdad una sorta di legato con po t eri non diversi da quelli che Herbe r t Samuel esercitò a Gerusalemm e dal 1920 al 1925 . M.a era nel fra ttempo fortemente preoccupato da due esigenze diffic il mente conci l iabili. Doveva tagliare drasticamente le spese militari, divenut e durante la guerra esorbitanti . Ed era costret t o a mantenere una forte presenza mi l itare, per ragioni diverse, in Irlanda, sul Reno, a Costantinopo l i, nel Mar Nero, in Egi t to, nella Russia nordocc identale, in Iran e nel Ca u caso . Il dilemma divenne drammat ico quan d o la rivo lta di un villaggio del v i layet di Mosul nel maggio 1920 si estese come l'incend io d'una prater ia ad altre zone del Paes e e mise a dura prova le fo rze d'occupazione. Le sommosse furono represse con bo m bardamenti aerei, gas tossici e la distru zi one dei v illaggi coinvo lti nella ribellione. Ma era ormai necessario fare una sce lta che perme tt esse alla Gran Bretagna di sottrarsi a l sangumoso logorio degli scontri quotidiani, ri - durre le truppe sul terreno e mantenere al tempo stesso il contro l lo d el Paese .
Come racconta Christopher Catherwood in un libro apparso nell'esta t e del 2004 (Churchill's folly. How Winston Churchill created modern Iraq, Carro] ] and Graf Publishers, New York), la scelta fu fatta da Churchill, allora ministro delle Colonie. Fu deciso di c reare un regno e d i affidare la corona a Feisal, figlio cli Hussein, sceriffo hascemita della Mecca. feisa l non era iracheno. Aveva diretto con T.E. Lawrence la rivolta araba contro gli ottomani durante la guerra e sarebbe dovuto diventare re della Siria . Ma era stato cacc iato da Damasco, attribuita alla Francia, e aspetta va da due anni che gli inglesi pagassero il debito. Nacque così nel 1921 il r egno dell'Iraq: uno Stato multie tnico e multireligioso governato da un re straniero (g li hascemiti provenivano dalla regione di Hejaz, nella p en isola araba) e sorvegliaro a vista dalla Gran Bretagna . Esisteva appena da un anno quando i curdi, costretti a far parte del regno, si ribellarono. Il lettore avrà già nota t o, a questo punto, quante analogie corrano t ra le vicende del primo dopoguerra e la situazione attuale.
La monarchia sopravvisse fino al 1958 e finì in un bag n o di sangue . La storia dell'Iraq, prima e dopo, è una lunga successione di rivol t e etniche, congiure di pa lazzo, colpi di sta t o e massacri . Di tutti i problemi che affliggono il Paese i maggior i sono la m inoranza curda e il rapporto di forze tra le due grandi famig l ie religiose dell'islamismo.
Mentre i curdi (sunn iti, ma non arabi) sono circa quattro milioni, i sunniti e gli sciiti costituiscono r ispettivamente il 32-37 e il 60 -65% di una po - polazione che conta circa 16 milioni di persone . Mentre i curdi sono concentrati nel nord de l Paese e aspirano all'autonomia, se non addiri t tura all ' indipendenza, gl i sc i iti sono preva lentemente nelle province sud occidentali e i sunn iti in un grande tria ngolo attorno a Baghdad All'e poca del l'Impero ottoma n o curdi, sunniti e sciiti vivevano più o meno saggiamente separati nei tre vi llayet di Mosul, Baghdad e Bassora. Ma nello Stato iracheno, dal giorno della sua creazione, vivono insieme e sono sempre, ma t eria lmente o psicolog icamente, sul piede di guerra . È difficile immaginare che le regole della democrazia possano essere app lica t e a un Paese in cui i vinc oli tribali, etn ici o confessionali sono più impor tan t i del rapporto che dovr e bbe instaurarsi fra i l cittad i no e lo Stato . I sunniti sanno che p erde rebbero le elezioni e hanno qualche buon motivo per temere che le perderebbero una volta per tut t e. E i curdi non intendono ri n unciare alla sostanziale indipendenza cli cui hanno god ut o dopo l a guerra del Golfo. In queste condizioni non è assurdo pensare che la strada de l la democrazia sarà molto più lunga de l ca lendario fissato a Wash ington nei primi me si de l 2004.
Quale può essere in ques t e circostanze il ruolo dell'Occidente? Il presidente americano (Bush o Kerry, poco importa) avrà bisogno, per restare in Iraq, di un forte avallo internazionale Ma è improbab ile che intenda rinunciare , per o ttene rlo, alla guida dell'opera zi one e permettere che il comando venga assunto, come in Somalia nel 1993, dal generale di un altro Paese. Gl i americani vogliono la Nato a Baghdad perché il comandante supremo, a Mons, è un generale degli Stati Un iti. Possono gli alleati europei accettare una tale situazione? L'accetterebbero di buon grado, certamente, i Paesi che hanno già una presenza militare in Iraq, come l'Ita l ia, e che sarebbero lie ti di con ferirle in tal modo una maggiore legi tt im ità internazionale. Ma qua le sarà l'atteggiamento di coloro che si sono pubblicamente opposti alla guerra irachena? Al di là degli interessi degli uni e degli altri, resta comunque un punto di fondamenta le importanza: se sia utile lasciare che la Na t o venga visibilmente e tangibilmente coinvolta nella vicenda irachena Anche in questo caso è utile fa.re un passo indietro . Prima dell'inizio della guerra afghana il Consig li o atlantico dichiarò che la minaccia terroristica giustificava l'applicazione dell'art. 5. Chiedendo al regime talebano cli cacciare Osama da l suo t erritorio l'America reagiva a un'aggressione e aveva diritto al sostegno di tutti i suo i am ici. Grazie al "giuramento dei moschettieri" (tutti per uno, u no per tutti) ogni membro dell'Alleanza fu da quel momento in guerra con il governo di Kabul. Ma gli Sta ti Uniti, dopo aver incassato il sostegno morale della Nato, prefer irono servirsi di una forza anglofona (america ni , br itannici , canadesi) e degli irregolari dell'Alleanza del nord, fieramente ostili al regime ta l ebano. Non volevano ripetere l'esperienza ciel Kosovo quando ogni nuova ondata cli bombardamenti veniva sottoposta ogni mattina al vagl io e all'approvazione di un comitato del)' Alleanza. Dopo essere stata invocata solennemente alla vigilia delle operazioni, la Nato tornò nelle quinte e dovette limitarsi a osservare dalla p latea il d r amma de ll a guerra . Ritornò in scena più tardi quando gl i american i, dopo aver liquidato lo Stato islamico dell'Afghanistan e ormai d esiderosi cli aprire al più presto la questione irachena, dimostrarono cli non avere altro interesse fuor che quello di eliminare i nuclei della resis t enza t alebana e catturare Osama bin Laden. Toccò all'A ll eanza allora, e in particolare ai suoi membri europei, ga r ant ir e l'ordine in vista delle prime elezioni politiche dopo l ' inizio della presidenza Karzai . Ma i 6.500 uomini de)J' Alleanza possono mantenere l'ordine, tutt'al più a Kabul, e nelle zone circostanti. Per pacificare un Paese diviso fra signori della guerra, talebani, parrigiani d i Osama e mercanti della droga sarebbe necessario un corpo di sped izione ben più consis t ente e, soprattutto, una ragionevole prospettiva di successo. L'unico motivo di speranza è l'esistenz a, per due secoli e mezzo cli uno Stato . Hamid Karzai ha più legittimi t à di quanta ne abbia un qualsias i uomo politico iracheno .
Ne] caso dell'Iraq la Nato ha recitato grosso modo la stessa parte. Come in Afghanistan gli Stati Uniti preferivano agire da soli, alla testa di una coalizione fondamentalmente anglo-americana . Ma cercarono cli ottenere dalla Nato l ' avallo formale che non avevano potuto ottenere nelle settimane precedenti dall'Onu e chiesero al Consiglio Atlantico un impegno a proteggere la Turchia dalle minacce irachene Quali minacce? L'Iraq avrebbe minacciato la Turchia, verosimilmente, soltanto se gli american i, come era allora nelle intenzioni di Washington, si fossero se r viti del territorio tu rco per attaccare il regime di Bagdad .
E si sarebbe trattato, in tale caso, di legittima difesa. La F r ancia si oppose e l'impegno, in mancanza d i meglio, fu assicuraro da l Comitato mi l itare, vale a dire da un organismo de ll'Alleanza in cu i il governo francese non è rappresentato . Poco tempo dopo , quando il parlamento di Ankara negò alle forze americane il passaggio a ttr averso la Turchia, l' i mpegno p erde tt e comu n que qualsias i importanza .
Co me in Afghanis tan la N ato è stata rich iamata alle armi in Iraq allo rc h é l'America si è accorta d i averne bisogno. Sollecitata da Bush in un momento in c ui il presidente era in campagna elettora le (e ogni ri fi uto sarebbe parso una manifestazione di s impatia per il suo avversar io), l'Alleanza ha f inito per impegnars i ge neric amente ad addestrare le Forze Armate de l n uovo Stato iracheno . Ma i tempi e i modi dell 'impegno dipendono in ultima anal isi d al corso delle cose . Se gli americani e il nuo vo governo di Baghdad riusciranno a spegnere la rivolta e a controllare il territorio, tutti i membri d ell'A ll ea nza (anche quelli contrari a l conflitto) saranno probabi l mente fe lici di lasciarsi coinvolgere e d i acquistare in ta l mo d o un titolo di b e n e me renza . Se la situazione, come appare oggi più probabile, sfuggirà al controllo america no, l'Alleanza ev iterà di la sc iarsi im prig ionare in una via senza uscita. Saranno probabi lmente costretti a restare in I r aq , finché gli Stati Uniti non avranno cambiato politica, i Paes i che hanno acce tt ato di assecondare la polit ica amer icana. E l 'U n io ne europea, in ta l caso, cont inuerà a essere priva di una comune po l itica irachena.
In ulti ma ana l isi la risposta a tutti questi in t errogativ i è a Washington. Ma il problema, a dispe tto di certe impressioni degli scorsi mes i, non è rappresentato né dalla persona che occ u perà nei prossimi ann i la Casa Bianca né dai collaboratori d i cui vorrà c i rcondarsi. C hiunque s ia presidente e quali che siano le persone da cui si farà consigliare, gl i Stati U niti sono condannati, per il momento , a restare in Iraq .
Se lasciassero i l Paese ora diverrebbero responsab i li di tutto ciò che accadrà nella regione dopo la loro partenza e d arebbero alla loro immagine nel mondo u n colpo irrepara bile Usciranno dall'Iraq, se non riusciranno a pacificarlo, so ltant o quando il tempo, i t entat ivi falli ti , i sen ti menti della pubblica opinione, le ripercussioni della guerra sul bilancio dello Stato e un radicale camb io della guardia al vert ic e de l Paese avranno creato le condizioni che perm isero a Nixon e a Kissinger d i chiudere la part ita vietnamita D i qui ad allora l'America può so ltanto s tringer e i denti , e vivere alla giornata .
Res t a soltan t o, se è permesso fantas t icare, una dom an d a Saremmo a questo punto se l 'Unione fosse sta ta capace di con trap por re alla poli ti ca ir achena e mediorientale de gl i Stati Uniti un disegno e u ropeo? Se l 'America ha agito nel vuoto, chi, se non noi, ne è responsabile?