Riot Van #6 - Emergenze

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Cultura

Cadono le ideologie: ma a noi cosa resta? Non è passato poi così tanto tempo da quando le generazioni precedenti alle nostre credevano ancora in qualcosa, in qualcuno. Tutti, o quasi, avevano una idea di mondo, di società, di cambiamento. A volte perché questa idea gli era stata imposta, altre volte perché qualcuno ci aveva ragionato, filosofando anche sui perché, e magari pensava fosse cosa buona e giusta. Era come se si avesse ancora la forza di sognare, la forza di non chiudere gli occhi ma piuttosto guardare oltre. Era come se ci fosse nell’ aria un vento possibilista, che poneva gli uomini in condizioni tali da poter pensare che la speranza fosse davvero l’ultima a morire. I nostri predecessori hanno combattuto per la un edificio da costruire. Non può razionalmenpatria, difeso a spada tratta la superiorità della te esserlo se si pensa al nostro passato e a ciò razza o i grandi ideali di giustizia sociale ed ugua- che le generazioni precedenti hanno prodotto: il glianza. Ideali opinabili, certo, ma sempre ideali. nostro mondo, le nostre società, il nostro modo Erano periodi particolari, in cui le ingiustizie non di vivere. bbiamo ereditato tutto ciò che di errato potevamo cogliere. Arroganza, erano solo fenomeni televisivi e da prepotenza, egoismo. Siamo stati campagna elettorale. O almeno educati a vivere per conto nostro, non lo erano del tutto. C’era uno Il mondo in cui spirito diverso, una fiducia nel futu- viviamo è preso a pensare solo a ciò che ci riguarda in prima persona. Un mondo in ro che si aveva in mente di costrui- in prestito dai cui una minima parte della popore. il mondo in cui viviamo è preso nostri figli lazione governa sulla stragrande in prestito dai nostri figli. Ma non sempre le cose vanno come si vuole, e non sem- maggioranza, un mondo in cui ognuno bada al pre tutto risulta facile e disincantato. Pian piano, proprio fabbisogno dimenticando le eccezioni. E ecco che i sogni si disgregano come castelli di non stupitevi se tutto ciò sembra banale. Il prosabbia perdendo tutto il loro valore. E così fini- blema è che di tutto ciò non si parla più. Tutto sce anche l'entusiasmo di credere in qualcosa. sembra una sciocchezza che sarà risolta dal poÈ la logica dello sviluppo dell’uomo, che non litico di turno, un giorno o l’altro. Che società lascia spazio ai sogni, che ridimensiona ogni hanno creato i nostri predecessori? A pensarci sforzo creativo e fa capire che la vita non è una bene ci sarebbe da vergognarsi. Viviamo tempi questione di desiderio, ma solo una ridondante di assoluta barbarie. Solo in Italia, ogni giorno, ciclicità di eventi viziati dalle nostre abitudini. Il più di tre persone perdono la vita. Mille morti futuro ci ha sorpresi come se sapesse già tutto. all’anno fra lavoro e malasanità: una guerra. E Ed essendo futuro, non poteva essere altrimen- ogni anno riecheggiano sempre gli stessi slogan ti. Sembra destinato a perdurare nel tempo con in occasione della festa del lavoro. E poi? Come costanza qualitativa tendente al peggio, non più mai non si mette fine a questa kermesse? Come

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può essere possibile che il denaro abbia più importanza della vita umana? È l’assalto alla civiltà che ha raggiunto il suo massimo grado di sviluppo. Non si fa nulla per ovviare, e neanche si tenta di farlo. La vita deve scivolarci sulle spalle perché qualcuno ha deciso così e qualcun altro non ha impedito che lo fosse. Siamo entrati in un circolo vizioso destinato a non finire. È l’assalto alla nostra mente, la cui autonomia viene attentata di continuo. Non è uno screzio verso le vecchie generazioni, e neanche simpatia politica, ma solo una lucida e razionale osservazione delle leggi che governano il nostro vivere, una semplice ma preoccupata attenzione a ciò che potrebbe scaturirne negli anni a venire. Il passato sta dietro le nostre spalle, come uno spettro che ci implora di essere riportato in vita offrendoci la possibilità di cambiare le scelte sbagliate, al fine di creare del nuovo e non solo catastrofici sottoprodotti. Il passato è così: offre alternative, e a quanto pare non sappiamo sfruttarle. Non sappiamo iniziare un’epoca nuova, diversa, che faccia leva sugli errori che stiamo pagando. Viviamo come se il mondo non fosse nostro, come se ciò che ci è rimasto sia da distruggere. In realtà il mondo in cui viviamo è preso in prestito dai nostri figli. Troppa filosofia, troppi sogni. Forse, ma senza dubbio bisogna reagire al rigore delle logiche societarie moderne. Qualcuno direbbe che tutto questo non è più possibile, che tutto questo non regge. È pura follia visionaria. Immaginare nuove prospettive sociali che non siano quelle propinate sul grande e piccolo schermo non sta più né in cielo né in terra. Tutto questo è solo utopia, o almeno è quello che ne rimane. Antonio Raddi #06-maggio 2010

Grafica Riot Van

Quel che rimane dell’utopia


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