Riot Van #13 - Che mangino Start-Up

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Testata iscritta presso il Tribunale di Firenze il 12/3/2009, reg. n. 5707

Magazine Indipendente Gratuito #13 inverno 2013

Che mangino

start-up

#13 - Inverno 2013

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#13 - Inverno 2013


L'editoriale U n’altra esperienza politica giunge al termine. A breve le nuove elezioni ci mostreranno cosa ci aspetta per i prossimi cinque anni. La società civile invoca, giustamente, un cambiamento, un uovo modo di fare le cose, di esprimere lo stato, di vivere lo stato. Lo aspettano, o meglio lo aspettiamo, soprattutto noi giovani. Perché alcune cose rimangono le stesse, specie per noi: tutti hanno un consiglio o un insegnamento da darci. Che sia metterci in guardia dalla noia e dalla monotonia del posto fisso, oppure strigliarci per il nostro non volerci accontentare quando si tratta di lavoro, per il nostro essere “choosy”. In tutto questo parlare di giovani, di cosa dovrebbero o potrebbero fare i giovani,

molte volte si è finiti con l’invocare, come sorta di deus ex machina, le “start up”. Guardandoci in giro, ci è sembrato che non sia ben chiaro a tutti, in primis a chi scrive, che cosa si intenda quando si parla di start up: un nuovo modo di fare impresa, un nuovo modo di fare innovazione, un nuovo modo per non fare nulla, un nuovo nome per fare le stesse cose di prima. Parte della soluzione o parte del problema, ancora non l’abbiamo capito. Realtà, con tutte le possibilità e le contraddizioni del caso, questo si. Dall’editoria, all’economia dei servizi, passando per il cinema e la fotografia, nel nostro piccolo viaggio attorno a noi, abbiamo trovato un po’ di tutto. Affascinante punto di partenza per una destinazione, ad oggi, ancora sconosciuta.

Riot Van Magazine Indipendente Gratuito n.13 Rv è una rivista indipendente, finanziata dall'università di Firenze, dal DSU toscana e talvolta auto finanziata. RV è aconfessionale, apartitico ed è redatto da giovani studenti, laureandi e neo-laureati. Fondata nell'ottobre del 2008 da due studenti del corso di Media e Giornalismo per l'esigenza di fare pratica nel settore del giornalismo e dell'editoria, possibilità che il corso non offriva, si è poi evoluta in un magazine di ampio respiro, un canale video, un sito web e un'associazione culturale che organizza eventi sul territorio fiorentino. Fornire un'informazione svincolata da logiche prettamente commerciali o da interessi politici è la nostra missione. Musica emergente, arte undeground, auto produzioni sono il nostro pane, ve lo offriamo fragrante ogni qual volta i fondi ci permettono di uscire. Buon appetito.

Direttore responsabile

Michele Manzotti

Direttore editoriale

Mauro Andreani

Responsabili organizzativi

Giuseppe Di Marzo, Alessandra Giachetti, Andrea Lattanzi, Michele Santella, Niccolò Seccafieno, Giulio Schoen, Mattia Vegni

Redattori e collaboratori

Daniele Baldassarri, Giovanni Balzini, Francesco Guerri, Barbara Leolini, Mario Mancini, Rosa Monicelli, Chiara Morellato, Daniele Pasquini, Mattia Rutilensi, Elena Panchetti

Grafica e impaginazione

Tiziano Berti, Mattia Vegni

Web Developement

Francesco Canessa

Sono stati fatti tutti gl i sforzi per seg na lare e a l locare correttamente i crediti fotografici. Ricordiamo che il diritto del l'immag ine fotografica resta del l'autore Numero chiuso in redazione il 15/02/2013 #13 - Inverno Stampato presso 2013 Pol istampa, Firenze - Tiratura 4000 copie in carta ecolog ica - Rea l izzato con il contributo di DSU Tosca na

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Puoi trovare RiotVan presso i nostri sponsor copisteria universale

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I nostri contatti... redazione@riotvan.net facebook/redazione riotvan www.riotvan.net 4

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#13 - Inverno 2013

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Vuoi presentare il tuo libro? Il tuo nuovo album? Un cortometraggio? Vuoi organizzare una conferenza stampa? Un dibattito? vuoi esporre i tuoi quadri o le tue opere artistiche, fare un vernissage? Da oggi puoi farlo gratis nella nostra sede in via santa reparata 40r (zona piazza S. Marco) 80 mq con proiettore, wifi, area ristoro e molto altro!

esponici il tuo progetto, se ci piace saremo ben lieti di realizzarlo Niccolò 3357693348 info@riotvan.net

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L'insurrezione dei piccioni

COME LAVORARE CON LA MUSICA

The Hub a Firenze?

Rock contest

Lunga vita ai giovani editori

Farewell to Hearth and Home

NEL MONDO DI Za

Seven songs

inserto fotografia

Giovan Balzey’s word

La fotografia al tempo del Social

cruciverba

di Mario Mancini _ pg. 8

di Andrea Lattanzi _ pg. 10

di Daniele Pasquini _ pg. 12

di Chiara Morellato _ pg. 14

RV _ pg. 15

di Barbara Leolini _ pg. 20

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di Francesco Guerri _ pg. 22

di Mattia Rutilensi e Elena Panchetti _ pg. 24

di Mattia Rutilensi _ pg. 26

di Michele Manzotti _ pg. 28

di Giovanni Balzini e Niccolò Seccafieno _ pg. 29

di Filiman _ pg. 30

che mangino start-up

Riot Van presenta

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L’insurrezione

dei piccioni < Mario Mancini e-book goWare team>

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l quarto tomo de I miserabili, che Victor Hugo considera il cuore del romanzo, è dedicato all’amore fra Marius e Cosette e ai moti di strada che sconvolsero Parigi nella notte fra il 5 e il 6 giugno 1832. In alcune pagine, che toccano l’apice espressivo della letteratura, Hugo descrive gli avvenimenti che hanno luogo intorno alla barricata eretta dagli insorti repubblicani, sotto la guida di Enjolras, per respingere i soldati di Luigi Filippo, già Filippo Égalité prima di vestire i panni del sovrano liberticida. La barricata è presa con un bagno si sangue, perché i rivoltosi non erano abbastanza e le munizioni scarseggiarono. Generalmente ci volevano milioni di dimostranti nelle strade per rove-

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sciare lo status quo. Questo fino a oggi. Oggi ci sono voluti “appena” 65.000 sostenitori di una campagna condotta sui social media per costringere il governo francese a indietreggiare e ripensare un provvedimento inviso al mondo imprenditoriale francese. Questo gruppo d’imprenditori autoproclamatosi “piccioni”, che in francese identifica i babbei pronti a farsi fregare (in italiano li chiameremmo polli), hanno inscenato un’insolita pacifica protesta contro il piano del governo di tassare le plusvalenze da cessioni con un’aliquota fuori dall’ordinario al punto da sembrare una vera e propria purga sadica. Il quotidiano “Liberation”, portabandiera della sinistra, ha commentato la marcia indietro del governo con la colorita espressione: “Il governo si è fatto

piccionare”. Anche a “Le Monde” non piacciono i piccioni. Ma questa è un’altra storia, tutta francese che ci vorrebbe un altro Hugo per farcela capire. Questi “indignatos” francesi non sono giovani disoccupati privati di ogni speranza, ma una generazione di giovani imprenditori che hanno dato vita a una start-up e non vogliono che il governo limiti la loro possibilità di fare dei soldi con la vendita della loro attività che potrebbe divenire il Google e il Facebook di domani. Una speranza che toglie il sonno a molti giovani ambiziosi. Il movimento ha preso le mosse da un lungo e accorato articolo su “La Tribune” di Jean-David Chamboredon, ceo di Isai Gestion un fondo di vc e presidente di France Digitale, dal titolo #13 - Inverno 2013

Grafica Riot Van

Le start-up sulle barricate parigine


Une loi de finances anti-startup?. L’articolo [riprodotto di seguito in traduzione] cercava di dimostrare efficacemente che la nuova imposizione sulle plusvalenze da cessione d’impresa o di quote detenute in una società prevista nella finanziaria blindava soprattutto la crescita delle piccole e medie imprese. Infatti, in linea con il programma elettorale di Hollande, il governo si stava apprestando a tassare in modo uguale “lavoro e capitale” ponendo una tassa del 60% su tutte le rendite finanziarie, interessi, dividendi, plusvalenze e via dicendo. L’articolo di Chamboredon toccava un nervo scoperto a tal punto che, immediatamente, una pagina Facebook e un hashtag Twitter rendeva spontaneamente virale la protesta dando voce a un comune risentimento. La pagina di Facebook otteneva 60 mila “like” e l’hasthtag twitter raccoglieva 7500 followers. “Non ho mai visto tanta gente così depressa. Ne hanno abbastanza e stanno scappando. Sono pronti a tutto”, commentava uno dei maggiori sponsor dei “piccioni”, quel Marc Simoncini imprenditore di Marsiglia e fondatore del sito d’incontri Meetic che nel 2008 aveva un giro d’affari di 133 milioni di euro. L’altro sponsor del movimento è un anch’egli un imprenditore Internet di successo planetraio, Pierre Chappaz, fondatore di Kelkoo e Wikio. I “piccioni” stanno cercando di far capire al governo che quando un imprenditore investe i #13 - Inverno 2013

suoi soldi e si sacrifica in una start-up per poi venderla, quella plusvalenza non è equiparabile al capitale di rendita impiegato in azioni od obbligazioni che il governo intendeva tassare pesantemente. Scriveva Chamboredon a conclusione del suo articolo: “So che Madame Pellerin (giornalista di sinistra) e Messieurs Cahuzac (Jérôme Cahuzac, ministro del Bilancio) e Moscovici (Pierre Moscovici, ministro dell’Economia) comprendono bene quello che ho scritto sopra. Riusciranno a convincere Monsieur Hollande? Accetterà il nostro nuovo Presidente di non ostacolare (leggi, castrare) quelli che, lontani dall’essere ricchi, vogliono creare posti di lavoro, generare crescita e, forse, un giorno se avranno fortuna divenire... più ricchi mantenendo la loro residenza fiscale nel nostro caro Paese? Gli imprenditori di Francia lo sperano, ne dipende la creazione di posti di lavoro in Francia.” Il messaggio è arrivato, eccome se è arrivato. Il ministro Moscovici ha dichiarato di voler alleggerire il carico fiscale sulle plusvalenze degli imprenditori sebbene abbia escluso tassativamente di modificare il suo piano di tassare in pari misura lavoro e capitale. “Quello che vogliamo tassare non è il rischio, ma la rendita”, ha precisato il ministro. Il piano, intorno a cui si sta ancora discutendo, non andrà a colpire chi detiene almeno il 10% del capitale di una società e ne rimane titolare per almeno cinque anni, inoltre è previsto un abbattimento significativo per chi detiene una quota inferiore al 10% per almeno sei anni. Un successo significativo per i piccioni. In realtà il movimento dei piccioni ha scosso la politica francese più profondamente di una rivolta di strada per il semplice motivo che i suoi aderenti sono i motori dello sviluppo prossi-

mo venturo: si tratta in massima parte di giovani imprenditori e fondatori di start-up con un’età compresa tra i 25 e i 34 anni. Patrick Robin, imprenditore seriale e angel investor, sull’“Huffington Post” ha tracciato un identikit Pigeons nell’articolo dal colorito titolo “Non dite a mia madre che sono un imprenditore di sinistra... lei crede che io sia diventato un ricco stronzo”. Siamo piccoli imprenditori delle start-up, non facciamo vacanze, rischiamo, se va bene creiamo benessere e occupazione. Siamo gente della middle class con età media di 32 anni, abbiamo imprese che crescono del 24% annuo. E il capo azienda guadagna in media 2,6 volte il salario medio dei suoi dipendenti. Insomma, non siamo miliardari contro cui invocare tribunali del popolo. Questa vicenda è stata commentata anche dall’“Economist” che con la solita ironia, un po’ compiaciuta, commenta: I francesi, che hanno dato alla lingua inglese la parola “entrepreneur”, sono profondamente ambivalenti sul business. Nei sondaggi di popolarità, difficilmente sono menzionati uomini d’affari. I testi scolastici raramente parlano bene delle imprese. I piccioni arrabbiati (angry pigeons = angry birds, il famoso videogioco app) possono aiutare gli imprenditori a diventare più simpatici in Francia. Se no, non saranno più soltanto dei piccioni ripieni.

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Foto

©Filippo Podestà / Grafica Riot Van The Hub Milano, foto di Filippo Podestà

Marco Tognetti:

The Hub a Firenze? Ve lo portiamo noi.

M

arco Tognetti, classe 1983, è un milanese emigrato a Firenze per ragioni di studio. Qui si è laureato in Economia dello Sviluppo Avanzata e ha fondato nel 2007 la società di consulenza LAMA. Ha lavorato in mezzo mondo, toccando Ghana, Senegal, Camerun, Malawi, Lituania, Romania, Nicaragua, India e Cina. Adesso chiodo fisso suo e dei suoi partner, fra i quali Riot Van, è quello di portare a Firenze “The Hub”, rete internazionale di imprenditori, creativi e professionisti. Ma mancano gli spazi, per i quali certe cordate istituzionali sembrano sempre favorite. RV è andato a trovarlo nella sua “casa” delle Cure. Io direi di partire dall’ABC del Tognetti-pensiero. LAMA, la società di consulenza della quale sei presidente. Ci puoi spiegare meglio di cosa si tratta?

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LAMA è una società cooperativa che fino a quel momento non avenata 6 anni fa da tre persone, Lapo vano trovato un posto per dire “ci Tanzi Andrea Rapisardi e me. Era- siamo” vi si sono fiondati dentro. vamo ancora studenti di Economia La vera sfida è quindi adesso. L’indello Sviluppo e abbiamo deciso di cubatore dovrà dimostrare di non costituire una realtà di impresa essere stata una semplice risposta che facesse servizi di consulenza a una domanda di spazio ma, dostrategica, organizzativa, comuni- vrà dimostrare di funzionare per cativa, internazionale sia al mondo davvero. Che è tutt’altra cosa. profit che no profit, in Italia come Come mai poi metterlo a Sesto? all’estero. Non so. Di certo una struttura siIl contesto in cui vi mile è sacrificata a trovate a operare Sesto, lontana, difficiUna rete non è certo dei più internazionale le da raggiungere. Gli semplici, anzi tutt’alspazi sono molto belli tro. Eppur qualcosa, di professionisti, ma averlo avuto a Fianche qui a Firenze, imprenditori e renze sarebbe stata si muove. L’incubatoun’altra cosa creativi re di Sesto, che cerca E dire che a Firenze ci di favorire la crescita delle giovani sono tanti contenitori vuoti. Caimprese nel loro periodo di star- serme, uffici, ex-industrie. tup ne è un buon esempio. Giusto, ma una cosa è la disponibiSì, è vero. Anche se bisogna fare lità di spazi, un’altra cosa è la loro una precisazione. Con l’incubato- effettiva “prendibilità”. Ti faccio un re, che si rivolge principalmente esempio. Con una quindicina di agli spin-off universitari, c’è stato realtà locali apriremo a breve The un notevole boom iniziale. Coloro Hub Firenze. The Hub è una rete #13 - Inverno 2013


internazionale che copre 60 paesi. Un network globale di spazi che hanno la caratteristica di essere sistemi facilitanti per l’innovazione sociale. Giovani imprenditori, professionisti, startupper, che mirano alla realizzazione di prodotti e servizi ad alto impatto socioambientale. Sono otto mesi che cerchiamo uno spazio per la sede fiorentina di The Hub, ma fin’ora è stato tutto inutile o quasi. Sia verso il pubblico che verso il privato. C’è comunque un bando importante cui state partecipando a questo fine. Sì, è la gara per la gestione di Palazzo Giovane, la Casa della Creatività. Ci sono cordate più istituzionali che sicuramente sono favorite. Per febbraio si dovrebbero conoscere i vincitori. Aspettiamo fiduciosi. Chi visse sperando... (no comment) Questo numero di RV è dedicato al mondo delle startup. C’è grande fermento in Italia, soprattutto dopo il lancio da parte del ministro Passera delle startup innovative. Il lavoro di Passera ha portato in giro la parola startup. Bisogna vedere i risultati. I bandi e i premi sono tanti e sono sulla bocca di tutti. Ma sono le banche a mancare. Nel loro atteggiamento sono

How to Start

Startup Innovativa. Tecnologia ad alto rischio Tipologia di impresa introdotta nell’ordinamento italiano dal decreto sviluppo-bis (D.L. n.179/2012). È prevista un’apposita sezione del registro delle imprese a cui iscriversi. Per farlo è necessario essere in possesso di alcuni requisiti, più o meno restrittivi, che qualora rispettati conducono ad agevolazioni fiscali di vario genere (es. totale esenzione dal pagamento dei diritti di segreteria e dall’imposta di bollo), a rilevanti deroghe al diritto societario, a una una specifica disciplina dei rapporti di lavoro. L’età massima deve essere 48 mesi, la maggioranza dei soci e del capitale in mano a persone fisiche e l’oggetto sociale prevalentemente orientato allo sviluppo, alla produzione e alla commercializazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico. Sul sito della Camera di Commercio è disponibile un elenco dettagliato dei requisiti e dei criteri da rispettare. Alto rischio ma chi sbaglia paga meno. semplicemente assenti Cosa promuovi e cosa bocci del decreto crescita 2.0 con cui sono state definite le startup innovative? Il riconoscimento che a monte esista un periodo di massimo rischio per le imprese, ovvero i 48 mesi di età, come condizione necessaria per essere definite startup, assieme al fatto che il 51% del capitale sociale sia in mano a persone fisiche sono sicuramente punti di forza del decreto. Più critico è il versante della ricerca e della quota di dottorati all’interno delle imprese. Le spese in ricerca e sviluppo devono essere pari o superiori al 20% del mag giore valore tra costo

Marco Tognetti

H

ub, dall’inglese, fulcro o mozzo della ruota. Dove tutti i raggi arrivano e da dove tutti i raggi partono. È questo il senso dell’omonima esperienza inglese di co-working – ma non solo – che ha preso il via nel 2005 a Londra. Una rete internazionale di professionisti, imprenditori e creativi a vario titolo che ha i suoi centri nevralgici in apposite strutture situate nelle più importanti città del mondo. The Hub offre una doppia possibilità: condividere esperienze e capacità lavorative all’interno di uno stesso spazio fisico che, al tempo stesso, risul-

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e valore totale della produzione, mentre almeno un terzo dei dipendenti deve possedere un dottorato o aver realizzato un brevetto. In un paese dove il tasso di dottorati è ridicolo e la ricerca soffre moltissimo si rischia che, tramite questi paletti, buona parte del lavoro fatto venga vanificato. Valorizzare imprese leggere, a basso capitale sociale. Non è il sintomo dei tempi di crisi? Valorizziamo cioè le cose che costano poco? Osservazione pertinente. Si diceva scherzando con dei colleghi qualche giorno fa. Apriamo una srl a un euro. Poi inviti un cliente, gli offri un caffé, ed ecco che sei già fallito prima di cominciare. Dalla prossima primavera, con ogni probabilità, su Rai 1 partirà un talent show sulle startup. Una sorta di X-factor delle idee. O mio Dio. Andrea Lattanzi

» The Hub «

ta essere connesso con tutte le altre piattaforme di The Hub sparse per il globo. Gli ambienti messi a disposizione sono naturalmente a pagamento ma vi è una estrema flessibilità nella scelta del proprio piano tariffario. Tutto dipende dal tempo e dai servizi di cui si vuole usufruire. A Milano, ad esempio, si va da un minimo annuale di 220 euro a un massimo di 8.700. Ad ormai otto anni dal suo lancio, sono stati aperti 30 centri in tutti e 5 i continenti per un totale di oltre 5000 membri. Altri 50 hub sono in arrivo. Firenze, spazi permettendo, è già in lista d’attesa.

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what: \\ L’incubatore

“Lunga vita ai giovani editori”

re un nuovo progetto che potesse supportare e dare visibilità a quei “piccoli eroi”capaci di dare vita ad un nuovo progetto editoriale. L’idea è quella di dare ad ogni nuova realtà la possibilità di partecipare alla più importante manifestazione italiana dedicata all’editoria – il Salone internazionale del Libro di Torino - a condizioni davvero speciali. L’area prevede stand preallestiti a costi contenuti. Inoltre è possibile prenotare gratuitamente la sala incontri per le proprie presenta-

zioni, e sono previste agevolazioni sulle spese di soggiorno durante i giorni della manifestazione. Come si può accedere a questa “vetrina”? All’incubatore può partecipare qualsiasi casa editrice nata da meno di 24 mesi e non legata a grandi gruppi editoriali. E’ importante sottolineare che l’Incubatore non è solo una vetrina. All’incubatore i giovani editori possono verificare direttamente sul campo la validità dei propri prodotti, confrontandosi non solo con il grande pubblico, ma soprattutto con gli operatori del settore. Va in questa direzione, ad esempio, l’iniziativa Striscia Business, che prevede una serie di incontri tra gli editori presenti nell’area e librerie indipendenti, biblioteche, distributori e operatori professionali. Un’opportunità importante per

7 anni di Incubatore, 183 nuove case editrici.

How to Start

Glossario della Startup Incubatore

Un’incubatore di impresa è una struttura di supporto allo sviluppo aziendale che offre alle startup sostegno e consulenza nell’ambito di consigli, infrastrutture, formazione, contributi finanziari, networking. Generalmente, l’opportunità di risiedere all’interno degli incubatori è limitata nel tempo.

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Acceleratore

Un acceleratore la supporta le imprese nel passaggio da startup a impresa matura. È una struttura che interviene successivamente all’incubatore, che sostiene le imprese solo in fase iniziale.

Startup

Non esiste una definizione

univoca di startup, anche se, a livello generale, il termine è utilizzato per identificare l’azione e il periodo durante il quale si avvia un’impresa. Una delle definizioni più utilizzate è quella dell’imprenditore americano Eric Ries, che fa leva sui concetti di “novità” e “massima incertezza” per circoscrivere l’ambito delle startup. Nella fase di startup possono avvenire operazioni di acquisi-

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Grafica Riot Van

L’

Incubatore è lo spazio del Salone Internazionale del Libro dedicato a case editrici appena partorite, con meno di due anni di vita e senza l’appoggio dei grandi gruppi editoriali. L’Incubatore offre loro un’occasione di visibilità e di incontro: per incamminarsi con passo meno incerto in un mercato impossibile come quello del libro. Ci ha spiegato come la madrina del progetto, Roberta Di Sabatino. *** Come e quando è nata l’idea dell’Incubatore? L’idea dell’Incubatore nasce nel 2007, con l’obiettivo di costrui-

lo spazio del Salone Internazionale del Libro


who: \\ Roberta Sabatino

lavora per l’incubatore dal 2008

chi si è affacciato da poco sul mercato e un’occasione di confronto diretto con i professionisti del settore per individuare le strategie migliori di vendita, distribuzione e promozione. L’incubatore compie sette anni: quanti editori sono passati da lì? Con il 2012 siamo arrivati a 184 case editrici. 183 case editrici italiane e una brasiliana. E quanti sono quelli “sopravvissuti” al mercato editoriale, che hanno vinto la scommessa? I dati reali non possiamo averli,

zione delle risorse tecniche correnti, di definizione delle gerarchie e dei metodi di produzione, di ricerca di personale, di attività per l’accesso al mercato.

Round A, B, C

Nella vita di una startup un round è un momento di raccolta di finanziamenti da investitori. Le lettere A, B, C, indicano una successione temporale di round.

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Roberta Di Sabatino nasce in Abruzzo nel 1981. Dopo la laurea in Scienze della Comunicazione a Perugia con una tesi sulle piccole e medie case editrici di scienze sociali inizia a lavorare per editori e biblioteche, fino ad entrare nello staff di Più Libri più Liberi (la fiera romana della piccola e media editoria). Da quattro anni lavora per il progetto “Incubatore” del Salone Internazionale del Libro di Torino. Nel 2013 seguirà anche le sezioni speciali del Salone “Book to the future” e “Dimensione Musica”. però possiamo dirvi che circa il 70% delle case editrici che sono passate dall’Incubatore ora partecipano al Salone – nelle aree tradizionali - con un proprio stand. Quali sono, a tuo avviso, i migliori editori passati dall’Incubatore? Domanda non facile. In ogni caso tra le case editrici più interessanti segnalerei sicuramente Intermezzi, Espress, La Lepre, Miraggi, Tunuè, Neo, Area51, Quintadicopertina. Poi non vanno dimenticate alcune eccellenze in settori

Spin-off

Distaccamento di un settore d’impresa che diventa totalmente indipendente. Le università chiamano così le startup che nascono a partire dai loro laboratori di ricerca. Ogni volta che soggetti, impegnati in contesti industriali, accademici o istituzionali, danno vita ad una iniziativa imprenditoriale, valorizzando le esperienze professionali e il know how maturato, si crea uno spin-off.

specifici: ad esempio lo Stampatello con i suoi libri per bambini e Alfaudiobook per gli audiolibri. A proposito degli editori delle passate edizioni, credo sia interessante segnalare come questo progetto salvaguardi e monitori gli editori anche dopo la singola esperienza fieristica nell’area dedicata. Non a caso, infatti, è stata ideata l’iniziativa Incubatore...e poi! Si tratta di incontri in cui le case editrici che hanno partecipato all’Incubatore nelle passate edizioni raccontano i progressi effettuati e presentano le proprie novità. Nonostante la crisi dell’editoria tradizionale, nonostante il dibattito attorno al mondo dell’ebook e delle nuove frontiere della pubblicazione, c’è ancora chi investe per realizzare libri: credi sia sensato continuare a farlo? La risposta è indiscutibilmente Sì. La sfida è provare a capire come questo possa ancora generare profitto, dare lavoro, creare affari. La sfida è quella di intercettare nuove nicchie di mercato e focalizzare l’attenzione sulle nuove tendenze, non solo culturali ma anche tecnologiche. Ormai l’innovazione anche in questo campo è imprescindibile. Il mondo del digitale va visto anche dagli editori come una opportunità concreta, una sfida, mai una minaccia. Daniele Pasquini

Stakeholder

Chiunque abbia un interesse (stake) nell’azienda o in quello che l’azienda fa, direttamente o indirettamente.

Crowdfunding

Il crowdfunding è una modalità di raccolta fondi da un pubblico esteso (una folla). I finanziamenti possono essere di diversa natura - donazioni, prestiti, partecipazioni al capitale - e servire per sviluppare

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“Una start-up? Non proprio, ma in un certo senso abbiamo creato una rete utile ai giovani autori”

Di Chiara Morellato

T

utto comincia all’Odeon il 14 dicembre durante la proiezione dell’ultimo lungometraggio di Andrea Segre “Io sono lì”. Il film, riassunto in pochissime parole, racconta del rapporto di affetto nato tra una cameriera cinese e un vecchio pescatore, e focalizza l’attenzione sull’integrazione possibile, ma sempre ostacolata, tra la comunità cinese e quella locale (di Chioggia, dove viene ambientato il film). Dopo la normale ricerca su internet, per avere qualche informazione in più, mi imbatto in ZaLab, un’associazione di videomaker (tra cui Segre) improntata alla produzione di documentari e lungometraggi. Dietro al nome ZaLab sono in sei a mandare avanti l’associazione: Stefano Collizzoli, Andrea Segre, Alberto Bougleux, Matteo Calore, Maddalena Grechi, Sara Zavarise insieme a Giulia Moretti e Mario Cirillo. “Si devono evidenziare tre cose della nostra associazione – spiega Collizzoli, fondatore nel 2006 assieme a Segre e Bougleux – facciamo documentari, laboratori di video partecipativo e ultimamente abbiamo lanciato le “Schegge di Za”, piccoli film visibili online. Nel nome evocate la figura di Cesaprogetti di impresa, lanciare nuovi prodotti, finanziare progetti culturali o sociali ecc. Il crowdfunding è particolarmente indicato per progetti molto specifici che posso suscitare l’interesse di un pubblico ben definito anche se limitato o di un pubblico molto ampio.

Venture Capital

Sono investitori nel capitale di rischio di società con for-

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re Zavattini, sostenitore di un cinema-verità. Quanto c’è di lui in voi? Molto, alla base c’è la voglia di provare a provocare cambiamenti sociali con l’uso di un linguaggio creativo. I nostri documentari nascono per denunciare delle realtà poco conosciute, squallide e xenofobe: sono poi associati a proiezioni e incontri, mirati a far alzare un po’ di polverone. Il nostro primo laboratorio, “Immagini oltre il muro”, parlava dell’apertura di un centro giovanile in Palestina. Al centro andavano quasi esclusivamente ragazzi e la partecipazione delle ragazze non era ben vista dall’opinione pubblica locale. Partendo da lì, abbiamo montato le attrezzature e abbiamo cominciato a filmare. Il risultato è stata una proiezione e un bel po’ di caos! Questo però è proprio un esempio di video partecipativo: su richiesta o su nostra iniziativa, abbiamo lavorato insieme ad altri per mettere su “pellicola” realtà territoriali e sociali che ci premeva evidenziare”. Come siete organizzati per quanto riguarda la distribuzione? “La prima cosa che abbiamo riscontrato è stata l’assenza, in Italia, di un mercato o di una struttura di distribuzione interessata a sostenere dote potenziale di crescita e danno valore aggiunto alle società investite sotto forma di consulenza direzionale e strategica. Effettuano investimenti maggiori dei Business angel e di durata anche più lunga.

Love Capital

Capitale raccolto presso i propri familiari, parenti e amici per l’avvio e lo sviluppo dell’impresa.

cumentari, allora abbiamo provato noi, creando una rete di associazioni che li proiettano e che hanno interesse ad usarli per costruire momenti di dibattito e azione civile. Ad oggi questa rete vale qualche centinaio di date all’anno e, come una specie di start-up di sostegno a giovani registi o autori, è una rete a disposizione di tutti. Se ci vengono proposti dei film o dei documentari fatti con una logica di intervento sociale, li facciamo entrare nella nostra rete. Ogni anno ci arrivano più o meno una trentina di proposte, ma abbiamo le forze per sceglierne al massimo due. Detto ciò, rimangono le “Schegge di Za” “Sono dei mini-documentari di circa 5 minuti. Sono schegge, perché piccole, ma nel momento del loro lancio hanno attorno delle campagne di sensibilizzazione e advocacy. Nascono con il sostegno di Open Society Foundations e sono aperte e a chi si presenta con un’idea valida. Se ci piace, se ci convince, allora la realizziamo. Ovviamente nel limite del nostro budget.” ZALAB IN TUSCANY: Il 26 febbraio p.v., presso l’ Istituto Confucio di Pisa, sarà proiettato “Io Sono Li” di Andrea Segre.

Business Angel

Si tratta di investitori privati o di aziende che sostengono la startup con una partecipazione finanziaria. Condividono con la startup il know-how, i contatti e partecipano al consiglio d’amministrazione. Il guadagno finanziario non è l’unica matrice che muove il business angel, il quale può interessarsi a una startup anche nell’ottica di una sua crescita aziendale.

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©ZaLab / Grafica Riot Van

DOCUMENTARI PER RACCONTARE LA SOCIETÀ

Foto

NEL MONDO DI Za


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FOTOGRAFIA

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IIa edizione del

concorso fotografico

targato RV

Quella parola di troppo che il ministro del Lavoro Elsa Fornero non avrebbe mai forse voluto dire. E che, parimenti, non tutti hanno compreso fino in fondo. Ma cosa vuol dire poi “choosy”? Gli esempi si sprecano, ma non è così facile circoscriverne il significato con le parole. Per questo motivo

vi chiediamo: Cosa significa per voi esserlo? Quale momento della vostra esperienza lavorativa, quale rospo ingoiato, sopruso o rigetto immortalereste in uno scatto? Stay Riot!

I vincitori

Alessandro Comandini

Ha iniziato a fotografare e a stampare fin dall’adolescenza; nel 1983 vince il 2° premio nella sezione “Bianco e Nero” del concorso fotografico “Citta di Cisterna”. Nei primi anni ’90, in contemporanea con l’attività di cronista, collabora con alcune testate locali come foto-giornalista. Proprio rifacendosi alla tecnica giornalistica del racconto per immagini, ha esplorato la realtà della fotografia di matrimonio, realizzando lavori nei quali il rigore del bianco e nero si alterna ai primi esperimenti con il digitale. Nel corso del 2012 ha realizzato 3 progetti fotografici: “Tutti giù per terra”, “Windows” e “De Multitudine” e ha esposto le proprie opere in diverse collettive. Attualmente sta esplorando le potenzialità narrative ed evocative delle immagini realizzate con cellulari e vecchie fotocamere analogiche.

Stefano London

Fotografo freelance, si occupa prevalentemente di fotografia di scena in teatro e ritrattistica. Ha collaborato con diverse scuole di danza per le quali ha curato la realizzazione di servizi fotografici. Nel corso degli ultimi anni ha svolto interessanti lavori in teatro collaborando con compagnie di fama internazionale. Nel 2012 ha partecipato a workshop (“La realizzazione del portfolio”) ed ha esposto le proprie opere in occasione delle collettive “Con i miei occhi” e “Arte in piazza”.

Alvaro Palma

Appassionato da sempre di fotografia, ha iniziato sin da giovane con la fotografia in bianco e nero, dilettandosi in camera oscura e sperimentando tecniche quali la ripresa con foro stenopeico, l’impressione diretta della carta fotografica, la stampa a contatto e la solarizzazione. Predilige la fotografia architettonica e il close-up; oggi lavora esclusivamente in digitale, dedicando molta attenzione alla post produzione. Da quasi dieci anni si dedica anche alla fotografia astronomica del profondo cielo avvalendosi di un osservatorio astronomico amatoriale. Nel corso del 2012 ha esposto con successo le proprie opere in occasione di alcune collettive. #13 - Inverno 2013

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16 #13 - Inverno 2013 1o classificato: Choosy. Alessandro Comandini, Stefano London,Alvaro Palma


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18 2o classificato: senza titolo.

Giorgia Chistè

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La fotografia al tempo del Social Il Social crea tonnellate di foto, ma non ha ancora creato tonnellate di buoni fotografi.

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arlando di fotografia 2.0, di fotografia al tempo dei Social, qualche tempo fa mi sono imbattuta in un articolo(http://lens.blogs. nytimes.com/2012/09/07/in-anage-of-likes-commonplace-imagesprevail/) di James Estrin, giornalista e fotografo del New York Times che ho imparato a stimare per il suo lavoro nel NYT blog "Lens". Estrin, nel suo articolo, parla dell'esponenziale crescita di telefonini muniti di fotocamera, c'è quindi da dire che oggi i cellulari registrano una serie infinita di azioni come se avessero tutte pari importanza. Bene, questa affermazione di Estrin mi rimanda alla memoria un pensiero di Susan Sontag che riguardo alla fotografia, parla di "voyeurismo livellante" che fa apparire identici eventi tragici e situazioni scanzonate. Erano gli anni '70. Inve-

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ce la fotografia come forma artistica tanto elevata come la loro quantità. democratica e largamente disponi- Allora, le domanda che invece mi bile ha iniziato ad affermarsi solo un pongo sono come diventare buoni decennio dopo ('80) con i ritratti di fotografi? Studiando e sudando su famiglia e la prima commerpesanti manuali cartacei o cializzazione dell' "Istante affidandosi al web? A questo The Kodak", come affermato da proposito, recentemente ho Kodak Richard Chalfen nella sua scoperto una startup (adoroopera "The Kodak Culture", Culture letuefoto.it) legata non solo dove per la prima volta viene alla fotografia, ma anche esplicitata la capacità di renall'apprendimento fotografidere accessibili gli strumenti co. L'ideatore, Marco Govofotografici anche al mercato dei con- ni, CEO & Founder at Luvurprix.com/ sumer. Da allora è divenuta il segno look, play, learn, non è un fotografo della vita quotidiana contempora- professionista, ma solo un grande apnea, attraverso la proliferazione di siti passionato di fotografia. Ho così deciweb di condivisione delle immagini so di fargli un intervista, per avere più come Facebook e Flickr fino ad arri- chiara l'idea stessa di startup legata al vare a oggi dove basta essere dotati mondo fotografico via web. di un telefono per essere dei poten*** ziali fotografi. Purtroppo, il web non Marco partiamo dalla domanda che ha ancora creato provetti fotografi, viene più ovvia. Non sei un fotograinfatti la qualità di foto non è altret- fo professionista, cosa ti ha spinto a #13 - Inverno 2013

Grafica Riot Van

Adoroletuefoto.it


creare una startup legata alla realtà fotografica? La passione per la fotografia, per il web e il marketing. Tre elementi che combinati tra loro mi hanno spinto a creare qualcosa che cercavo e che non trovavo. Da fotografo amatoriale mi divertivo - e mi diverto tutt'ora nel partecipare a contest fotografici. Ritengo sia un'occasione per imparare divertendosi. Non riuscivo però a trovare un sito che mi piacesse, con un alto tasso di coinvolgimento. E così, ho provato a realizzarlo. Per intraprendere questa strada sei legato dunque ad una forte passione. Da comunicatrice specializzata in social media ti dico che la lotta per la sopravvivenza non riguarda solo il mondo della fotografia, ma sta investendo grosso modo tutti i settori professionali in qualche modo “rivoluzionati” dalla deriva social della comunicazione e della creazione del contenuto. A questo proposito spiegaci che cos'è adoroletuefoto.it e quali pensi possano essere i suoi punti forti? Quale la sua rivoluzione? Adoroletuefoto.it è una piattaforma web per fotoamatori (si va da chi fotografa col telefono fino a chi usa una reflex professionale) dove si impara a fare foto attraverso concorsi fotografici online a tema. Durante le sessioni di voto, a cui tutta la community partecipa, le discussioni permettono di confrontarsi e discutere di molti temi: da quelli tecnici a quelli artistici. Senza ombra di dubbio il punto di forza di adoroletuefoto.it è la capacità di creare una community. Il meccanismo dei contest guidati da un timer, coinvolge l'utente in maniera positiva: le "fasi" che si susseguono, ovvero quella di caricamento foto e quella di voto, rendono "attivi" i partecipanti, facendo sì che ci sia, duran-

te le votazioni, uno scambio di com- tunità e nuovi spazi da esplorare. La menti (e di voti) molto alto, che nella fotografia quindi evolve anche grazie maggior parte delle volte si tramuta a questi nuovi strumenti, che perin consigli.Ma questo è solo l'inizio. mettono ad un pubblico sempre più Stiamo progettando la nuova versio- vasto di avvicinarsi ad una passione ne di adoroletuefoto.it , che si chia- che magari non conoscevano. merà luvurpix.com: una piattaforma La fotografia del Social web ha porinnovativa dove partecipare ai con- tato inevitabilmente a determinare test sarà un'esperienza gratificante un sovraffollamento fotografico, ma e anche redditizia, con la possibilità non è ancora riuscita a migliorare le di accedere a meccanismi di vendita capacità qualitative dei fotografi. A delle foto sia in formato digitale che tal riguardo, qual'è la soluzione prasu stampa. tica di "adoroletuefoto"? Siamo tutti d'accordo sul fatto che Questo è uno dei punti chiave: più il photosharing, abstrumenti, più occasiobia ampliato la possini, pubblico più vasto, è una bilità di fare fotograma - spesso - la qualità piattaforma fia anche a chi non è inevitabilmente si abprofessionista. La tua per fotoamatori bassa. Adoroletuefoto. startup però tocca un dove si impara it prova invece ad anconcetto diverso, queldare in controtendena fare foto lo dell'apprendimenza: durante le fasi di to. Perché definirlo votazione dei contest photo-gaming? viene automaticamenPerché nel DNA di adoroletuefoto c'è te svolta una funzione di selezione il gioco: gli utenti devono prima di delle foto. Basta guardare le classitutto divertirsi. Se raggiungiamo que- fiche dei contest per capire come la sto obiettivo, siamo già a buon pun- community raggiunge un ottimo rito. La nuova versione avrà ulteriori sultato finale, ovvero premiando le meccanismi che aiuteranno gli utenti foto più belle. Gli utenti possano cosi a "giocare": una serie di "badge" che confrontarsi tra di loro ed imparare possono essere collezionati in funzio- qualcosa di nuovo. ne del punteggio raggiunto durante *** i contest. In questo modo ciascuno Ora su questa nuova pratica fotograpotrà costruirsi un vero e proprio fica si sono dette anche troppe paro"palmares". Ogni utente quindi avrà le e la verità è che il social web ama un profilo personale che rispecchie- le foto. Si parla addirittura di "visual rà le proprie competenze in campo web culture" per indicare il valore fotografico, i progressi raggiunti, e le sempre crescente dei contenuti viskills. suali per i social network. Ridefinire la fotografia 2.0, la foto- Insomma la conclusione è che divografia ai tempi di instrangram e delle riamo immagini in una sorta di bulipiattaforme di condivisione fotogra- nino consumismo estetico, per cui fica pensi possa essere il passo che come direbbe McLuhan il contenuporta ad un evoluzione del realtà fo- to, il messaggio dell'immagine perde tografica stessa? qualsiasi importanza identificandosi Instagram & co. hanno rivoluzionato con il medium stesso (il medium è il in parte la fotografia: come tutti i nuo- messaggio). vi strumenti, aprono mercati nuovi e Sicuramente viviamo tempi in cui di conseguenza creano nuove oppor- l'evoluzione della pratica fotografica ha allargato il pubblico spettatore, da una parte adesso più capace di apprezzare la fotografia documentaristica perché più abituato a pensare per immagini, ma dall'altra ciò implica una mediatizzazione della fotografia stessa che quindi perde di credibilità. Barbara Leolini

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COME LAVORARE

CON LA MUSICA

Q

uello che mi piace di David Byrne è che riesce a portare avanti una miriade di progetti creativi finalizzandoli. “A causa dell’Asperger”, disse una volta. Può darsi. Resta il fatto che riesce a ideare, creare e mettere in pratica. Chi lavora nel settore sa che non è una cosa da poco.

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Una delle ultime interessanti idee messe in pratica è How Music Works (McSweeney’s, 332p, 32$), un libro che ha il compito molto difficile di spiegare come lavora la musica, in tutte le sue sfumature. Dal punto di vista economico, a quello meccanico, passando dal sentimento e l’umore. Che succede dentro di te quando ascolti una canzone? Come ti resta in testa e ti trasforma?

Come ti modella. Qualcuno dice che non ne può

fare a meno. Nei momenti più tristi, o quelli più felici, abbiamo avuto tutti la nostra colonna sonora? Pensate a una canzone che vi viene in mente in questo momento, per ricordare due persone che si sono lasciate. Il mondo prima dei Tre allegri ragazzi morti sarebbe la mia risposta. Sarà perché ho visto da poco il concerto, sono sicuro che la vostra risposta sarà differente. Perché questo? A cosa è dovuto? Dipende da quello che

abbiamo accumulato nella nostra vita fino a ora. “Tu non puoi toccare la musica”, dice il cantante dei Talking Heads, “lei esiste nel momento in cui la si ascolta. In quel momento ti cambia profondamente e ti fa vedere il mondo in maniera diversa”.

Come si evolve. Per gran parte del libro Byrne parla di movimenti artistici e musicali non statunitensi, soffermandosi sulla musica balinese, il teatro giapponese, il pop brasiliano e altro. È un fedele sostenitore e seguace della musica di altri paesi, e pensa che la definizione “world music” sia assurda e riduttiva. Nel 1999 ha scritto un editoriale molto enfatico per il “New York Times”, dal titolo I Hate World Music. Per fare musica bisogna saper suonare, e per saper suonare ci vuole dedizione e studio. Ognuno ha il ritmo dentro. Pensate ai paesi africani. In quei posti si suona #13 - Inverno 2013

Foto dal film “This must be the place”

David Byrne racconta la sua esperienza nel settore. Un libro che ogni appassionato di musica dovrebbe leggere e studiare.


con strumenti artigianali e non c’è bisogno di amplificazione, eppure è il paese dove si crea più musica, si balla, e la gente fa comunità intorno a questo. Possiamo dire che c’è un genere per ogni posto, ed esiste un modo di fare musica per ogni situazione. Sarà difficile sentire la stessa canzone nelle chiese e nelle discoteche. Dove si suona e dove si crea musica conterà imprescindibilmente su quello che si andrà a comporre. Fra le altre considerazioni condivise da Byrne c’è il sempre maggiore utilizzo di software musicali: “Quello che ascoltiamo nella musica contemporanea – scrive Byrne – è uno spostamento della struttura sonora che è stato incoraggiato dall’atto compositivo così come il computer lo interpreta. Anche se il software viene sempre promosso come uno strumento imparziale che ci aiuta a fare tutto quello che vogliamo, ogni tipo di programma è di per sé impostato in maniere per le quali sarà #13 - Inverno 2013

più semplice lavorare in un modo piuttosto che in un altro”.

Come si vende. Nel capitolo Business and Finances,

Byrne ci descrive accuratamente come vengono spartiti gli introiti di un album. Dopo lo studio di registrazione il tuo lavoro è finito, ma arriva la parte più importante. Come reagirà il pubblico? Che penseranno della tua opera? Per sapere questo, bisogna aspettare che le nostre copie vengano vendute e che il disco venga ascoltato. Per far ciò c’è bisogno di agenzie di promozione e distribuzione, che si prendono una bella fetta delle vendite. Nei dettagli: 1% sala prove – 1% trasporto merci – 1% noleggio attrezzature – 1% pasti – 3% anticipo artista al netto dei costi di registrazione – 3% viaggi/presentazioni – 4% diritti – 7% tasse – 17% ingegnere di mixaggio – 24% spese di studio di registrazione – 38% musicista. Byrne in questo è particolarmen-

te affabile, parlando delle cifre che guadagna durante la produzione di un album. Come esempio prende l’anticipo di 225.000$ che ha ottenuto nel 2004 per Grown Backwards. Ne spese 218.000$ per la produzione “avrei potuto registrarlo con meno musicisti e avrei guadagnato di più, ma non so se avrebbe avuto senso”, disse. Arrivò a guadagnarne 58 000$ con le vendite. Non male, come dice lui – è quanto “un insegnante delle scuole elementari del New Jersey guadagna in un anno”. Solo pochi artisti del calibro di Byrne hanno rivelato questa informazione. “Per un po’ il music business è sembrato un universo parallelo utopico. Vedere Elvis nella cadillac rosa, il palazzo della Capitol, Bruce Springsteen che rimane in studio per tre anni per incidere Born to Run. Fare musica oggi, come una volta, ha un valore di per sé, con un’altra compensazione che non è soltanto economica.” How Music Works è una guida per coloro che vogliono capire l’esempio di Byrne. Presentando il lavoro spiega: “Ho pensato che provando a essere molto chiaro e a usare la mia esperienza come esempio, avrei potuto mostrare ad altri musicisti le loro possibilità – e il modo in cui le loro decisioni potessero portare a dei risultati”. dice Byrne. “Sembra tutto molto astratto e confuso finché non guardi al lavoro che uno veramente dedica al disco.” Francesco Guerri Le dichiarazioni di David Byrne sono state tratte da: Wired.com http://www.wired.com/ underwire/2012/09/ david-byrne-how-music-works/

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Rock Contest: 11 lettere, 28 anni di grande musica Dietro la quinte del contest per band emergenti più longevo d'Italia

I

l Rock Contest (d’ora in poi RC) sta invecchiando, nel senso buono del termine: 24 anni di gruppi emergenti che hanno avuto la possibilità di farsi notare: da Roy Paci a Irene Grandi, dagli Hacienda agli Street Clerks. Com’è cambiato il RC negli anni? Sicuramente è cambiato tantissimo perché tutto il mondo della musica è cambiato: ora c’è Internet. I gruppi si propongono di-

versamente e il RC si è adeguato ai tempi. Usiamo molto Internet, sia per diffondere il bando che per radunare gruppi e promuovere il concorso. Dal punto di vista delle proposte musicali si nota un aumento di qualità, a differenza delle vecchie edizioni dove c’erano anche progetti molto approssimativi. Adesso la tecnologia permette di creare un demo ben fatto, senza nulla da invidiare ai dischi delle etichette, quasi senza #13 - Inverno 2013

Foto Rock Contest

Riot Van ha incontrato Giuseppe Barone, direttore Artistico del Rock Contest per parlare dell’edizione di quest’anno, tracciare un bilancio del festival e discutere sulla situazione musicale a Firenze. Ecco il risultato.


© Marco Quinti e Giulia Naldini Foto

muoversi da casa. Tanti generi musicali: dal cantautorato italiano, all’afrobeat, passando per l’elettronica ed il rap. Ormai il concetto di rock è stato affiancato ed allargato da una varietà enorme di generi e di stili; con quali criteri vengono selezionati i gruppi partecipanti? Il RC si chiama così perché nell’84 si scelse così. In quel periodo i generi erano abbastanza distinti fra loro ma poi lo sviluppo della musica ha portato ad una contaminazione generale. Noi intendiamo come “Rock” un’attitudine, un po’ quella del “Do it yourself”, di non aspettare un produttore. Avere coraggio e fiducia nelle proprie cose, presentarle autoproducendosi: questo è Rock. Non conta il genere musicale, anche un artista Hip-Hop può essere Rock: nella selezione del materiale siamo aperti a tutti i generi. Il nostro obiettivo è fare una fotografia della scena italiana anno per anno, seguire l’evoluzione dell’arte musicale in Italia. Su quali elementi si basa la giuria per decretare il vincitore? C’è una giuria di esperti più il voto del pubblico che conta quanto uno della giuria.Il pubblico vota durante la serata tramite una scheda da mettere nell’urna del gruppo relativo. Questo perché noi vogliamo far valutare la prestazione live dal momento che i demo di oggi sono tutti fatti bene e non si distingue da lì la bravura. I componenti della giuria valutano la maturità del progetto, la padronanza tecnica sul palco, l’originalità della proposta. Nella finale ci sono giornalisti dalle principali testate musicali d’Italia e discografici di etichette indipendenti che vengono per vedere le novità in anteprima. Cosa c’è in premio per il vincitore? Il vincitore ha diritto a dei giorni presso lo studio di registrazione Larione10, un ottimo studio dove sono stati registrati i migliori dischi della musica italiana. Ci impegniamo inoltre per dare alla band vincitrice tutta la visibilità possibile e per aiutarli a suonare in situazioni qualificate. C’è da dire però #13 - Inverno 2013

che non sempre è il vincitore quello che riesce a far fruttare meglio la sua partecipazione al contest, in alcuni casi altri classificati si sono saputi imporre meglio all’attenzione dei media. Ernesto De Pascale, due anni dalla sua scomparsa ed un premio a lui dedicato per la miglior canzone con testo in italiano; come si è adeguato il Rock Contest, all’assenza di una figura così importante? Ernesto è stato, negli anni della rinascita, una figura fondamentale del Contest. Per chi non lo conosce: lui era un grandissimo giornalista e conoscitore di musica, ha fatto la famosa trasmissione Stereo Notte sulle radio della rai ed è stato uno dei più grandi conoscitori della musica folk e blues internazionale. La sua eredità è stata in qualche modo metabolizzata, cerchiamo di fare come se lui ci fosse ancora. Lui sosteneva, non a torto, che in Italia è quasi impossibile avere una buona riuscita discografica cantando in inglese. Stava molto attento a questo, alla scrittura dei testi e alla musicalità delle parole. Abbiamo quindi istituito questo premio per ricordarlo e per farlo tutti gli anni ci avvaliamo di un testimonial della nuova scena cantautoriale italiana. L’anno scorso avevamo Dario Brunori, di Brunori SAS e quest’anno Giuseppe Peveri, meglio conosciuto come Dente. Una domanda sulla vostra emittente invece: Controradio organizza ogni anno il RC ma la situazione non è tutta rose e fiori. Come reagite a questo momento di crisi? Dobbiamo dire che il RC è realizzato con l’aiuto del comune di Firenze e della Regione Toscana,

i quali con un investimento veramente minimo mantengono vivo questo appuntamento importante per tutta la scena non solo musicale ma anche produttiva toscana. Far crescere i gruppi che suonano ha tutto un indotto, dà lavoro ai negozi di strumenti musicali, alle sale di prove, agli studi di registrazione, le istituzioni sostengono il RC anche per questo. Per la radio invece è un modo per tenersi sempre aggiornata con la scena che ci interessa cioè quella dei musicisti e degli appassionati di musica. I finanziamenti statali per le emittenti radiofoniche sono diminuiti ancora quest’anno tranne che per le radio di partito. In tempi come questi, complice la crisi economica che rende difficile anche gli investimenti esterni sugli spot, la radio si trova in grande difficoltà. Noi rispondiamo chiedendo una sottoscrizione a tutti gli ascoltatori. A questo punto chi è appassionato di Controradio, per la musica e per l’informazione, dovrebbe essere disposto a pagare qualche decina di euro, come se fosse l’abbonamento ad un giornale, per continuare a far esistere la radio. Da qualche anno seguiamo da vicino le band che si danno battaglia al Rock Contest. Per l’edizione 2012, insieme a blueswriters (blog di condivisione concerti), abbiamo creato una raccolta delle serate di quest’anno con pieno di recensioni e foto. Il tutto sfogliabile on-line su riotvan.net e blueswriters.com. Mattia Rutilensi Elena Panchetti

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a cura di Mattia Rutilensi

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lassica domanda introduttiva: da dove viene il nome del gruppo? E come mai ti firmi come “Una Boboli “? Il nome del gruppo si è generato per sedimentazione con l’accumulo di numerose proposte.“Farewell to Hearth and Home” (d’ora in poi FTHAH ndr), inoltre, restituisce molto efficacemente il sentimento di abbandono che travaglia il nostro canzoniere. “Una Boboli” nasce da una preoccupazione fonetica: volevo evitare di firmare i brani con il mio vero nome perchè troppo goffo e scomposto per un orecchio inglese. La storia del gruppo è un po’ particolare. Raccontami come siamo arrivati dalla tua voglia di pubblicare le canzoni al sestetto dei FTHAH di adesso. Quando mi sono reso conto che da solo non sarei mai riuscito a dare una forma decente alle canzonette che avevo sbozzato in camera, ho affidato l’impresa a

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Diego Boboli che è stato in grado di rianimare le opere con nuovi arrangiamenti, sopportando il carico del mixaggio e della produzione. Così, dopo un anno di isolamento nei Domestic Studios (il salotto di Boboli a Campi Bisenzio), i FTHAH pubblicavano nel Novembre 2010, il tanto atteso “Domestic EP”. Ci sono stati poi tentativi di riduzione elettronica e acustica per suonare all’aperto preservando l’unione tra me e Diego Boboli. Infine grazie alle segrete manovre di Boboli, nell’estate 2011 FTHAH sono stati finalmente soccorsi da Marco Balducci (chitarra acustica), Francesco Fanciullacci (batteria) e Nicola Beneventi (Batteria). Condotti alla Fattoria di Legri, io e Diego ci siamo rispettivamente installati all’ukulele baritono ed al piano elettrico ed abbiamo avviato un intervento di ingrassamento e restauro dei pezzi. Nei primi giorni di Aprile 2012, tra canzoni inedite ed arrangiamenti rivoluzionari, abbiamo adottato nella formazione anche Emma Lanza e il suo violino.

Il vostro sound è stato “stravolto” dal passaggio dall’ep al disco. Come avete vissuto questo cambiamento? Quando riascolto le incisioni in studio ricordo trovate musicali che sono andate perdute nel trasloco dai Domestic Studios alla Fattoria di Legri e che vorrei poter integrare nella nuova formazione. In ogni caso, sono contento di come lavora il sestetto e non baratterei il presente con glorie passate o alternative ignote. Nei vostri testi si trovano spesso riferimenti alla realtà e ai luoghi comuni: il verso “The summer the news called the saddest ever known.” è un po’ una parodia dei servizi allarmistici dei tg che ogni anno annunciano le ondate di caldo assassino; la critica alle canzonette in “Hegel says nothing about” è attuale più che mai; il testo di “Everytime i miss you my songbook rejoices” che gioca sul clichè dell’amore e delle sue pene come ispirazione è molto ironico ma allo stesso tempo acuto. #13 - Inverno 2013

Foto: Farwell to heart and home / foto esibizione: Tiziano Berti

Farewell to Hearth and Home


A cosa ti ispiri quando scrivi? Qual’è il filo conduttore del Domestic Ep? L’elemento che accomuna i testi dei FTHAH è una serpeggiante malinconia. L’ispirazione dunque non va intesa come sorgente di contenuti ma come caratteristica dello stile. Qualcuno ha classificato la mia scrittura come “naif”: ho accolto l’etichetta ribaltandone il segno negativo, rileggendola come desiderio di indagare le massime categorie sbirciando nelle fessure più anguste. Questo travaso del grande nel piccolo si contrae con la comparsa di personaggi immaginari. Quando Caroline, Josè o Eveline si affacciano al davanzale della canzone promettono all’ascoltatore una ricca biografia che il testo in realtà non svelerà. Mantenere in movimento questo carosello di estrema vicinanza e incolmabile distanza tra pubblico e mondo fittizio della canzone è una delle gioie regalatami dalla composizione. In “Hegel says nothing about Desperate Sundays” perchè hai scelto proprio il filosofo tedesco per questa canzone? Hegel non è stato scelto per particolari demeriti filosofici o segreta disposizione alle redenzioni domenicali. Sembrerebbe legittimo però aspettarsi una risposta illuminante perfino su questi dilemmi da un colosso del pensiero sistematico. Il bizzarro riferimento al filosofo è la marcatura ironica di una simile aspettativa. Come mai hai scelto di comporre in Inglese? Ernesto De Pascale, ricordato nell’intervista a Barone, sosteneva che i testi in italiano hanno un’importanza non trascurabile. Diceva addirittura che in Italia non si può avere una buona riuscita discografica se non si canta in Italiano. Come la pensi al riguardo? La dimensione di mercato dovrebbe dischiudersi come conseguenza e riconoscimento del valore di un gruppo, non come una precondizione. Se i FTHAH riusciranno a mostrare al pubblico i loro “tesori” il mercato discografico sarà costretto ad interessar#13 - Inverno 2013

si di loro. All’interno del gruppo esplodono comunque frequenti discussioni su questa faccenda ed il mio ottimismo è bilanciato dal vigile Diego Boboli, che difende un più disincantato realismo. Da una prospettiva artistica la scelta dell’inglese è una necessità. Il talento necessario a partorire un testo in italiano, che sia almeno decente, mi è sconosciuto: qualsiasi spunto o idea che si profila all’orizzonte viene soggiogata immediatamente alle pretese della lingua inglese. Nonostante ciò, molti mi invitano al rimpatrio con formule come: “Dal momento che scrivi in inglese, perché non scrivi in italiano?”. In realtà il consiglio risulta strampalato quanto la domanda: “Dal momento che sai dipingere, perché non scolpisci il marmo?”. L’abisso che divarica le opzioni “inglese” e “italiano” è titanico come quello che separa pittura e scultura. Le canzoni di Domestic le hai scritte tutte da solo. In futuro ci sarà spazio anche per gli altri nella concezione di nuovi brani? Mi sono abituato a considerare il canzoniere dei FTHAH come la riscrittura collettiva di un lavoro cantautoriale. Temo di non poter fare affidamento sulla maturità democratica che governa la composizione di gruppo. Inoltre la gestazione di un’opera musicale custodisce il momento di più bruciante delizia che riesco ad ottenere dal mestiere di canzonettaro. Al momento pensate di dare un seguito a Domestic o volete concentrarvi di più sull’attività Live? O tenterete entrambe le cose? L’idea di barricarci in studio è seducente, sotto certi aspetti è anche incoraggiata dall’urgenza di un nuovo lavoro che sguinzagli finalmente la più recente incarnazione musicale dei FTHAH. Tuttavia l’obbligo di mantenere un elementare presenzialismo sul palco e il supporto che speriamo di ricevere da Controradio ci costringeranno ad un’altalena tra i concerti e l’accudimento del secondo album.

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Seven Songs L

Michele Manzotti

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Seven Songs While The City is Sleeping è il terzo capitolo della discografia solista di Ernesto de Pascale, preceduto dal debutto Morning Manic Music (Il Popolo del Blues, 2007) e da My Land is Your Land (Esoteric/Cherry Red/Audioglobe, 2008), album realizzato assieme ad Ashley Hutchings dei Fairport Convention, il “governatore” del folk rock inglese. La carriera di Ernesto come musicista fonda però le sue radici nelle esperienze con le band Lightshine e Hypnodance. Con quest’ultima, oltre all’omonimo LP e al 12 pollici In the City, nel 1988 insieme a Roberto Terzani e Massimo Altomare ha inciso l’album Il grande ritmo dei treni neri. Tra i suoni lavori come produttore si ricordano gli album Siberia e Tre volte lacrime dei Diaframma, oltre a quelli di Aeroplani Italiani e Articolo 31. Collaboratore di Jam, Rolling Stone, La Nazione, Viva Verdi e delle testate britanniche Rocksbackpages e Record Collector, De Pascale è stato tra i conduttori di Rai Stereonotte ed ha contribuito nel 1984 alla nascita di Videomusic. Dal 1995 ha condotto sulle frequenze di Controradio/Popolare Network il programma radiofonico Il Popolo del Blues e fondato il marchio omonimo. Il ricavato delle vendite dell’album da parte del Popolo del Blues sarà devoluto ad attività volte a promuovere l’arte e la musica tra i giovani, tematica verso la quale Ernesto de Pascale era particolarmente sensibile. #13 - Inverno 2013

Foto: Ernesto de Pascale / copertina album “Seven Songs”

avorare con Ernesto de Pascale è stato un grande privilegio. Progetti condivisi in dieci anni di frequentazione assidua mi hanno lasciato un’impronta fondamentale nella metodologia di lavoro, non solo nella musica. Inoltre in così tanto tempo si conoscono le persone anche nel loro aspetto caratteriale, non solo in quello della professione. E in una persona non comune come era Ernesto, ogni giorno era una sfida continua per capirlo al meglio. Si poteva godere della sua competenza e delle sue mille idee, ma si doveva anche incassare altri lati meno facili dovuti all’estremo rigore con cui affrontava la sua stessa vita e che pretendeva fosse un metodo di coloro che lo circondavano. E’ quindi proprio dalla conoscenza e dal ricordo del carattere di Ernesto che sono entrato nel mondo di Seven Songs while the City is sleeping. Il mio ricordo era relativo a un pomeriggio di lavoro che lui stesso aveva programmato a casa sua con Guido Melis. Una giornata fredda di tardo autunno con la neve che sarebbe caduta su Firenze il giorno dopo. Era logico aspettarsi dunque delle canzoni dal mood prevalentemente malinconico. Invece anche questa volta Ernesto era riuscito a stupirmi, perché l’intimismo che è alla base delle sette canzoni presentava molti momenti di solarità. Ogni brano è una sorta di Giano bifronte, ma dalle infinite sfumature tra un lato e l’altro della sua fisionomia. Ne viene fuori un autore che dialogando con il suo pianoforte quasi si compiace di una scrittura divenuta più matura rispetto a quella di Morning Manic Music, suo precedente album nel quale non mancavano elementi di spettacolarità. In questo caso invece si entrerà in punta in piedi in una stanza che a poco a poco diventa un auditorium. Un risultato che è stato reso possibile grazie al lavoro di ricostruzione appassionato di Guido Melis e Giulia Nuti. Proprio a quest’ultima sono infine particolarmente grato per la capacità di portare avanti insieme una buona parte delle idee di Ernesto. Perché queste Seven Songs sono senza alcun dubbio un bel modo di guardare avanti.


Grafica Riot Van

Giovan Balzey’s

Word a cura di Giovanni Balzini e Niccolò Seccafieno

Oggi se la intendono tutti di cucina. I menù di quella, la prova di quell’altra, mezzogiorno di fuoco, e altre stronzate del genere. E a me queste cazzate mi stanno al culo, perchè non sono la Cucina. La cucina è sudore, sangue, ustioni, fatica, mani gelate e occhi che piangono su quelle fottute cipolle. In questa rubrica parleremo di cucina per davvero. A questo giro un assaggio generale, giusto per testare i vostri palatini delicati. Guardando quei programmi, sembra che cucinare sia una scampagnata, un pic nic con gli amici. Ma quella è la cucina vista come hobby, che se riesce bene e sennò sarà per la prossima. Ma un conto è cucinare il piattino per la tipa tanto carina che viene a cena, un conto è gestire una cucina con decine di ordinazioni. Forse l’unico programma che davvero ci mostra come funzionano le cose è Hell’s Kitchen, e infatti li la gente si ferisce e volano insulti come fosse il giorno del giudizio. Ma andiamo per ordine: in questi programmi di facile audience, ci si presenta all’audizione con il nostro piatto speciale, cantandosela e suonandosela su quanto sia buono, quanto piaccia alla nonna e al cognato. Se ai giudici, espertissimi, non girano le palle, uno magari vince e viene catapultato in una realtà totalmente estranea alla cucina. Quindi, tutto sommato, poche grane e alta percentuale di successo: diventare Chef è alla portata di tutti, babbei e non. Purtroppo o per fortuna nella realtà la scaletta è molto più lunga e tortuosa, caratterizzata da lavori poco gradevoli, incidenti di percorso e continui esami... una scuola dopo la scuola. In una cucina “vera” le operazione che vediamo in Tv sono più severe, mi viene in mente la divisa: tutti gli addetti di cucina portano giacca e cappello da chef e non jeans, giacche, lustrini e giarrettiere; inoltre piani di lavoro, taglieri e coltelli sono divisi e ben riconoscibili per alimento, non si può tagliare la carne dove si taglia il pesce. Bisogna oltretutto considerare la “platea “ alla quale ci si esibisce, chiaramente preparare un pasto che ha un certo costo e un certo numero di utenti comporta sacrificio e organizzazione. La cosa più divertente è ripensare al primo incontro con una cucina. Non sai minimamente da dove iniziare e tutto quello che pensavi di saper fare viene immediatamente cancellato; a quel punto cominciano, come dicevo, le brutte storie: pianti causati da infiniti chili di cipolle sbucciate, geloni alle mani dovuti alle quantità infinita di insalata lavata, tagli, bruciature e molte altre. In culo alla kitchen reality. #13 - Inverno 2013

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Cruciverba

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Il Filiman ORIZZONTALI 2. Bastone con reticella per catturare insetti. 17. Protagonista di Un’opera di Moliere. 19. Chiamato anche Zoroastro. 20. Mascotte ufficiale Italia ’90. 21. Esperienze in aziende di durata molto variabile, allo scopo principale di apprendimento e formazione. 22. Aiuto Pubblico allo Sviluppo. 23. Honduras. 24. Sigla che contraddistingue alcune motociclette della Honda. 26. Giuliana De ….attrice. 27. Approvazione, consenso, permesso. 28. Sostanza liquida o solida, farmacologicamente inattiva, nella quale si scioglie un medicamento per meglio somministrarlo. 30. Versi acuti e lamentosi, emessi con insistenza dal cane. 31. Io e … . 32. Certo, senza “se” e senza “ma”. 33. Non è la … di Ambra Angiolini. 35. Il Cattaneo che cantò “una zebra a pois” (iniz.) 36. Un modello di scarpe Nike molto in voga. 37. Varriale giornalista sportive (iniz.) 38. Telamonio , figura mitologica greca. 40. Eccoci all’inizio. 41. Toilet, nello slang londinese. 42. Coppia d’assi. 44. National Bureau of Economic Research. 45. Centro Servizi Amministrativi. 47. Sistema che, anziché disperdere l’energia cinetica in forma

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di calore durante la frenata, ne consente un parziale recupero sotto forma di energia meccanica o elettrica. 49. Girò, insieme ad altri tre registi, Four Rooms nel 1995. 54. Film di fantascienza del 1982 diretto da Steven Spielberg. 55. Concernente il ciclo da prodotto agricolo a prodotto alimentare. 56. La lupa spagnola. 58. Metà Thomas. 59. Viene premuto per registrare. 60. Producono miele. 61. Esploratore anglosassone. 62. Agassi, famoso tennista. 64. L’orso di Madrid. 66. Steve, fenomeno NBA. 67. Ok, va bene. 68. Due. 70. Senza emozione. 72. Precede il tres. 74. Conoscenza pervenuta al sapiente per vie divine o sapienziali. 76. Lenin, capo del partito bolscevico (iniz.) 77. Rivista dedicata al mondo dell’arredamento. 79. Catena di negozi di abbigliamento. 80. Pratica che avrebbe proprietà curative per mezzo di un aumento della temperatura di alcune zone del corpo non superficiali. 82. Moglie di Oronzo Canà. 83. Prima persona del verbo essere in latino. 84. Luce che sfiora una superficie. 86. Da un solo punto di vista 90. Da seguire se spiati da un meganoide. 91. Zinco. 92. Una delle principali divinità dei popoli germanici, noto come il dio del tuo-

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no. 93. Si ripete in un programma televisivo sui viaggi nel mondo della natura. 94. Prima persona del passato remoto di lodare. 95. Un punto di giallo. VERTICALI 1. Film del 2010 di R.Rodriguez. 2. Precede il cercasi nei giornali di annunci. 3. Può essere la tosse. 4. Si usa al posto di Company. 5. Facile in inglese, scritto come è detto. 6. Fiume delle Alpi bernesi. 7. Alain, ex pilota di formula 1. 8. Chi calma gruppi in contrasto. 9. In fondo al patio. 10. Fiber Home Network. 11. Maturi senza dispari. 12. Una motocicletta sportiva dell’Aprilia. 13. Acido derivato dal dicarbossilico del benzene, sostanza cristallina incolore usata per la preparazione di coloranti organici. 14. Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana. 15. Smettere di tenere. 16. Scienza che studia i fenomeni cui danno luogo cariche statiche. 18. Vedi foto in basso a dx. 21. Che può essere ridotto in piccolissime parti. 25. Compiere uno scatto improvviso e velocissimo. 27. Due elementi della stessa specie che sono o si

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considerano insieme. 29. Relativo ad un epoca del periodo del Paleogene. 30. Ippoliti personaggio televisivo italiano. (iniz.) 34. Ammasso, mucchio. 39. Engine Room Team Management. 41. Locale con impianto igienico per il soddisfacimento dei bisogni corporali. 43. Oggetto con grande facilita di movimento nell’aria. 46. Cantarono “ Rhythm Is a Dancer”. 47. Azienda collettiva russa.48. Gioco enigmistico. 49. Stato del Medio Oriente. 50. Per niente, non se ne parla neanche. 51. Vengono fatti con fogli di carta piegati più volte. 52. Provincia di Rimini. 53. Internet Explorer.57. Tipo di farina. 61. Solid-State Drive.63. Rivolta internazionale.65. Saggezza, soprattutto con riferimento alla condotta nella vita pratica. 69. Guardare poeticamente. 71. La Dalser compagna di Mussolini.73. Aronica, calciatore italiano (iniz.) 74. Arrivò. 75. Può esserlo un killer. 78. Locale popolare in cui si balla.80. Diritto allo Studio Universitario. 81. Madre senza pari.85. Torino in auto. 87. Preposizione semplice. 88. American Head Charge. 89. Precede i “signori” per sottolinearne l’importanza.

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