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La filiera del legno tra artigianalità e innovazione sostiene l’integrazione.

Dalla genetica un aiuto co n Piante adattate al cambiamento climatico, fotosintesi più efficiente per assorbire più CO2: a che punto è la ricerca e che cosa manca intervista a MICHELE MORGANTE

Michele Morgante è professore ordinario di genetica all’Università di Udine e Direttore Scientifico dell’Istituto di Genomica Applicata. È presidente dell’Associazione Genetica Italiana e membro dell’Accademia Nazionale dei Lincei.

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La genetica forestale può aiutarci nella lotta ai cambiamenti climatici? Siamo nell’area della genetica dove forse abbiamo fatto meno progressi, quella dei caratteri complessi. L’adattamento al clima, cioè la capacità delle piante di crescere in condizioni climatiche diverse, rientra tra i caratteri che hanno una notevole complessità, ossia sono controllati da tanti geni e soggetti a una notevole influenza di tipo ambientale. Non sappiamo ancora quanti e quali siano questi geni; e per poter dire se la genetica possa o meno dare un aiuto nella lotta al climate change bisognerebbe avere queste informazioni. Detto questo, sicuramente il miglioramento genetico può dare un aiuto, perché la selezione artificiale ha dimostrato di essere in grado di agire sui caratteri complessi anche in assenza di tutte le informazioni su quanti sono i geni, dove sono e quali sono, semplicemente sulla base di una selezione che va a guardare le caratteristiche fenotipiche, quelle visibili, e accelera il progresso che sarebbe dovuto alla selezione naturale. Nelle piante forestali, però, la selezione artificiale che tanto successo ha avuto nelle piante di interesse agrario trova una serie di ostacoli in più.

Di che tipo? Soprattutto legati al tempo di generazione. Molte piante forestali hanno bisogno di almeno vent’anni per passare da una generazione all’altra. Detto questo, le piante hanno anche dimostrato una notevole capacità di adattamento in passato. Molte di quelle che popolano le nostre aree climatiche, alla fine dell’ultima glaciazione, ovvero non molto tempo fa in termini evolutivi, erano ridotte a pochi nuclei in quelle che si chiamano zone rifugio. Questi rifugi erano nella zona mediterranea, in Spagna, in Italia, in Grecia. Da lì le piante si sono poi ridiffuse, circa 15-17mila anni fa, e hanno ricolonizzato tutto il continente europeo, risalendo verso nord man mano che i ghiacci sparivano; in questo processo si sono adattate a condizioni climatiche molto differenti. Oggi un abete rosso della Svezia o della Norvegia vive in condizioni sia di clima che di fotoperiodo molto diverse da quelle in cui vive in Italia. Quindi al loro interno le specie forestali hanno una notevole quantità di variabilità genetica che permette loro di adattarsi in tempi abbastanza rapidi a condizioni che cambiano. Si tratta di capire se la velocità del cambiamento climatico va ben al di là delle capacità

E CO NO MI A CI RCO L A RE E S O ST E N I B I L ITÀ

17/12/21 18:43


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