Fai la cosa giusta! - ESTRATTO

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gIu Sta !

con le storie di:

Margherita Borsoi Rami Shehata Maria Zagaria Lorenzo Pianezza Emma Gonzalez Nadia Sparkers Mavì Borrelli Boyan Slat Giacomo Mazzariol Greta Thunberg Ariane Benedikter Chassidy Sebastiano Mattia Indorato Carlos Eduardo Prazeres Tommaso Miglietta Alice Andrianelli José Adolfo Quisocala Giacomo Vimini Giuseppe Bungaro Eduardo Caioado Diego Costi Ma Basta David Fabbri Bana al-Abeid Sonia Bongiovanni Timoci Naulusala Yuliya Amosava Un’anonima ragazza cinese Ragazzi del cinema di Roma Il ragazzo di Piazza Tienanmen Eesha Khare

€ 12,90

faI la cosa gIu Sta !

Un ragazzo salva la vita ai suoi coetanei, una ragazza sciopera per la salute del pianeta, un’altra lotta contro le armi: storie vere di ragazze e ragazzi che hanno compiuto gesti di altruismo e di coraggio, spesso premiati e citati dalla cronaca. Le raccontiamo per sottolinearne il valore e per scoprire come, ogni giorno, tutti noi possiamo fare scelte di cui andare fieri, scelte che serviranno per migliorare il mondo in cui viviamo.

Roberto Morgese

Margherita Borsoi Rami Shehata Maria Zagaria Lorenzo Pianezza Emma Gonzalez Nadia Sparkers Mavì Borrelli Boyan Slat Giacomo Mazzariol Greta Thunberg Ariane Benedikter Chassidy Sebastiano Mattia Indorato Carlos Eduardo Prazeres Tommaso Miglietta Alice Andrianelli José Adolfo Quisocala Giacomo Vimini Giuseppe Bungaro Eduardo Caioado Diego Costi Ma Basta David Fabbri Bana al-Abeid Sonia Bongiovanni Timoci Naulusala Yuliya Amosava Un’anonima ragazza cinese Ragazzi del cinema di Roma Il ragazzo di Piazza Tienanmen Eesha Khare

faI la cosa

Roberto Morgese

faI la cosa

gIu Sta ! ri Gesti straordina di

ragazze e ragazzi come te

ni di illustrazio

Sara Not



Roberto Morgese

faI la cosa

gIu Sta ! Illustrazioni di

Sara Not


Tutti i testi sono ispirati al personaggio trattato e sono frutto della fantasia e della creatività dell’autore. Editor: Patrizia Ceccarelli Coordinamento redazionale: Emanuele Ramini Progetto grafico e impaginazione: Mauro Aquilanti Illustrazioni: Sara Not I Edizione 2021 Ristampa 5 4 3 2 1 0 2026 2025 2024 2023 2022 2021 Tutti i diritti sono riservati © 2021 Raffaello Libri S.p.A. Via dell’Industria, 21 - 60037 - Monte San Vito (AN) e-mail: info@grupporaffaello.it www.grupporaffaello.it e-mail: info@raffaelloragazzi.it www.raffaelloragazzi.it Stampa: Grafica Veneta Printed in Italy È assolutamente vietata la riproduzione totale o parziale di questo libro senza il permesso scritto dei titolari del copyright.


Questo libro è dedicato a Willy. Willy che era andato a rilassarsi al bar dopo una giornata di lavoro. Willy che sognava di aprire un suo ristorante e di giocare nella Roma. Willy che aveva un sorriso di luce ed era amato da tutti. Willy, uno di noi. Willy che la notte del 5 settembre 2020 ha cercato di fermare una rissa, mettendosi in mezzo. Willy che ha difeso un amico con parole di pace: “Che cosa state facendo? Smettetela!” Willy, il ragazzo finito sotto i calci e i pugni di una violenza senza senso. Willy che ora non c’è più ma che vive nella sua testimonianza. Questo libro è dedicato al giovane Willy. Perché tutti i Willy della Terra possano essere esempi viventi.


Introduzione “Beato il popolo che non ha bisogno di eroi” diceva Bertolt Brecht; un’affermazione controversa che possiamo condividere quando la parola “eroe” evoca in noi scenari di guerra e di morte, di uomini e donne, spesso giovani o giovanissimi, che hanno sacrificato la vita in nome di ogni genere di fede o di principio etico e politico. Siamo anche noi convinti, come il celebre drammaturgo, che in una società in cui regnano pace e giustizia, non servirebbero eroi. In un mondo di quel tipo, ogni azione dettata da un’autentica comprensione dei bisogni dell’altro, da una gentilezza di animo e di intenti, sarebbe così diffusa e naturale da rappresentare la normalità, ossia il consueto modo di agire e reagire alle circostanze che la vita ci mette di fronte. Spesso, però, i fatti di cronaca ci parlano di una realtà diversa: accanto a testimonianze di indiscutibile altruismo, avvenute anche recentemente in duri tempi di pandemia, permangono episodi di intolleranza e crudeltà che attingono a comportamenti tutt’altro che eroici. Abbiamo pertanto ritenuto importante far conoscere ai ragazzi, attraverso i racconti contenuti in questo libro, le storie vere di loro coetanei che hanno compiuto gesti di coraggio, di solidarietà verso i propri simili, di sensibilità per i problemi del pianeta, di uso intelligente e altruista delle proprie potenzialità.

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Si tratta di ragazze e ragazzi che, nei settori più diversi, a seconda dei personali interessi e campi di attività, hanno compiuto gesti che possono essere definiti eroici, di un “eroismo quotidiano”, quello di cui tutti noi dovremmo farci portatori, appunto, nella vita di ogni giorno. Siamo anche convinti che di questi “eroi” siano proprio i ragazzi ad avere più bisogno. Per prendere esempio, per capire che è possibile ascoltare la loro parte più nobile e vitale, e che ci sono giovani che lo stanno facendo. Ciò serve anche per smentire chi, seguendo pregiudizi e luoghi comuni, critica e sminuisce il modo di essere delle nuove generazioni, serve per mostrare loro che la parte “eroica” esiste e, come nei casi presentati in queste pagine, fa sentire alta la sua voce e spinge tutti noi a essere fieri di coloro che la mettono in atto. Concludo sperando che l’esempio di questi giovani, alcuni dei quali insigniti del titolo di Alfiere della Repubblica, guidi ragazze e ragazzi verso ciò che è giusto e che, da sempre, rappresenta anche la migliore fonte di soddisfazione e di realizzazione personale. Patrizia Ceccarelli

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Il sogno delle

paralimpiadi Margherita Borsoi È nata nel 2006 e vive in provincia di Treviso. Dalla nascita le mancano l’avambraccio e la mano sinistra, ma ciò non le ha impedito di amare il movimento e praticare diversi sport, tra cui il taekwondo, in cui ha ottenuto ottimi piazzamenti combattendo contro ragazzi normodotati. Uno dei suoi interessi è il pianoforte, che suona con passione. Il suo sogno è la partecipazione alle paralimpiadi, il suo idolo invece è la schermitrice italiana Bebe Vio, con cui è entrata in amicizia.

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Margherita Borsoi “Se hai paura, ti difendi. Ma tu non puoi permetterti di avere paura. Tu sei sempre all’attacco!” Ha ragione Bebe. Lei ha sempre ragione. La paura, infatti è un’emozione che ti blocca, t’immobilizza, ti toglie il respiro, ti leva la voglia di farcela. Invece quelle come noi vogliono farcela, devono farcela! E poi lo dicono tutti che la migliore difesa è l’attacco. E allora io ci do dentro e colpisco. Io picchio, perché mi piace un sacco. – Perché ti piace tanto il taekwondo? – mi ha domandato una volta un giornalista. – Perché adoro menare – ho risposto ridendo e forse ho lasciato l’altro un po’ interdetto. Ma come? Una deliziosa ragazzina come me che picchia come un martello? È per via di quello che provo dentro. “Quella rabbia” mi ha spiegato il mio maestro che mi conosce bene, “quella rabbia che senti dentro è la tua vera forza. Più dei muscoli, più della tecnica. La rabbia”. E io ne ho da vendere. Ma oggi più che rabbia, ho gioia. Bebe Vio è tra il pubblico, me l’ha promesso e io devo assolutamente vincere. Devo farlo per me, ma devo farlo anche per lei. Il mio idolo. – Menerò di brutto! – ho esclamato quando a sorpresa mi ha detto che sarebbe venuta a vedermi a una gara e adesso è lì, insieme ai miei genitori, sugli spalti. Sicuramente le stanno tutti rompendo le scatole, chiedendo autografi.

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Meno male che Bebe è paziente: firmare foglietti traballanti con una penna non è il massimo del divertimento se hai delle protesi. Ma per una che tira di scherma come lei non credo che possa esserci qualcosa che la metta davvero in difficoltà. Adesso però devo rimanere concentrata. Devo pensare solamente a colpire. A difendermi e a colpire. Mi raccolgo in me stessa e recupero tutte le energie interne. Penso a quel brano musicale che mi piace tanto e che era così difficile da suonare al pianoforte. Alla fine, però, ce l’ho fatta. C’è voluta pazienza. Ho dovuto fare tanto esercizio, ma ho raggiunto il mio obiettivo. In questo, forse, il pianoforte e la mia arte marziale si assomigliano. Adesso che ci penso, mi viene quasi da sorridere perché per entrambi si usa la stessa parola: “suonare”. Ma sui tasti significa fare uscire melodie, mentre sul tatami è un’altra cosa; è colpire. Devo stare attenta a non confonderli, per non rischiare di rompere lo strumento musicale e per non illudermi di sentire dolci musiche sul tappeto di combattimento, dove pratico il Pomsae. È la mia categoria: attacco e difesa. E io sulla difesa sono un po’ scoperta. Il braccio sinistro mi manca. Chi mi minaccia da quel lato sa di trovare il mio punto debole. Ma la protesi non posso indossarla per parare i colpi avversari. Si farebbero male contro quella struttura rigida. Sai che ridere! Vedere l’altro atleta che si schianta il piede per un calcio alto, contro il mio arto in ferro e carbonio. E allora me la devo cavare solo con il braccio destro. Ma io non ho paura, anche perché le gambe le ho tutte e due. Veloci, precise, forti. Scattanti come molle. Sono sempre riuscita a farcela, fin da quando ero piccola. Non sarà certo quella ragazzina che mi aspetta sul lato opposto del tatami a spaventarmi.

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Chissà che cosa pensa lei di me. Non mi ha ancora guardata in faccia. Non so se la consideri una forma rituale di rispetto o se si sente in imbarazzo per la mia disabilità. Si fa sfuggire un’occhiata, ma non ha il solito ghigno di sfida che compare sulle labbra degli avversari. Forse teme che io non sia alla sua altezza. O magari è una di quelle che cercherà di “non farmi troppo male”. Povera illusa. Non sa con chi ha a che fare. Non sa quanta fatica mi sia costata arrivare fin qui. Ho iniziato a fare taekwondo per gioco, con il mio fratellino che voleva imitare a tutti i costi le Tartarughe Ninjia insieme a me, così mi sono appassionata. E adesso, quando sono in palestra, mi sembra che niente mi possa fermare. Ho scelto di combattere anche contro quelli che le braccia le hanno tutte e due. Mi sono allenata con il mio gruppo, che mi ha sempre accolta e sostenuta. Qualche volta le ho prese, altre volte le ho date. Ma soprattutto ho imparato la tenacia e l’autocontrollo. Ho sperimentato che cosa significhi avere fiducia in me stessa. Giorno dopo giorno, i maestri mi hanno guidata e ora sono pronta ad affrontare questa gara. E poi c’è Bebe lassù; non voglio deluderla. – Deludermi? – sono sicura che mi risponderebbe lei. – Ma che cosa dici? Tu sei una potenza! Qualunque sia il risultato della gara, per me rimani la migliore. Non è vero, la migliore è lei. È Bebe che ha mostrato al mondo come ci si tira fuori dalle cose peggiori. Basta mettercela tutta, impegnarsi. Il giudice di gara è arrivato. Ora devo davvero sgomberare la mia testa da ogni pensiero. Devo concentrarmi per osservare la mia avversaria. Cogliere il momento giusto per sferrare uno dei miei famosi calci laterali, il mio asso nella manica. Oggi mi sento in forma e non voglio perdere l’occasione.

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Margherita Borsoi Oggi faccio un altro passo verso le olimpiadi. Le paralimpiadi. Quelle sì che sono un sogno. Un sogno che posso cercare di realizzare. La ragazzina senza un braccio, di una piccola città del Veneto, che va a combattere persino nel lontano Oriente, la terra in cui è nato il taekwondo. Solo lo sport può regalarti un’opportunità simile! Basta Marghe! Basta fantasie adesso. Trova il punto del tuo equilibrio interno. Raccogli tutte le energie possibili. Fai come dici sempre: niente passato e niente futuro quando sali sul tatami. Perché il futuro inizierà fra un istante, quando il giudice di gara darà il segnale d’inizio. “Picchia di brutto!” starà pensando Bebe lassù. Stai tranquilla, amica mia, non me la lascio scappare questa occasione. Cominciamo pure. Inchino rituale, di rispetto e sfida nei confronti dell’atleta avversaria. Sono pronta. Quando vuoi, arbitro. – Ajimé!

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Il

coraggio di salvare gli altri Rami Shehata Ăˆ nato in Italia da famiglia egiziana. Ama il calcio e va bene in matematica. Quando frequentava la scuola secondaria di primo grado, insieme al compagno Adam El Hamami, ha compiuto un gesto “di alto valore etico e civicoâ€?, per il quale nel 2019 il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha conferito loro la cittadinanza italiana. Altrimenti i due ragazzi avrebbero dovuto aspettare di diventare maggiorenni.

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Rami Shehata Il personaggio “Se muoio io, ok. Ma cercavo di salvare gli altri: 53 persone”. È la frase che ha colpito noi giornalisti nell’intervista rilasciata da Rami Shehata: quasi 14 anni, occhi e capelli scuri, un sorriso disarmante e leggero, Rami sembra proprio un tipo in gamba. Dotato di una naturale capacità di far fronte alle situazioni difficili, di resistere allo stress. Anche di fronte alle telecamere non sembra scomporsi, eppure, in quel momento, di paura ne ha avuta tanta anche lui, ma ha saputo reagire. Qualcuno chiama resilienza la capacità di affrontare situazioni di forte stress facendo ricorso alle proprie risorse. A noi piace etichettarla semplicemente come “coraggio”, con l’aggiunta di una potente dose d’altruismo.

I fatti Ousseynou Sy ha 47 anni e guida da 15 anni i bus di Autoguidovie. Il 20 marzo doveva portare come ogni mattina studenti e docenti a scuola. Ma una cieca e insensata premeditazione lo ha spinto a deviare il mezzo verso Milano. Ha bloccato le porte mostrando un coltello e urlando: “Da qui non esce vivo nessuno”. Pensava ai suoi bambini e ai molti altri morti mentre attraversavano il Mediterraneo dall’Africa, voleva vendicarli. Voleva riparare un’ingiustizia con un’altra ingiustizia.

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A bordo dell’autobus, però, nessuno era responsabile della sua tragedia, né di quella di tutti gli altri migranti. Al contrario: c’erano anche altri ragazzi originari del Nord Africa. Semplici studenti. Tra questi Rami Shehata. Quando Ousseynou Sy ha fermato l’autobus ordinando di consegnargli i cellulari, il ragazzo ha deciso di disobbedire. Appena l’autista ha ripreso a guidare, Rami ha dato l’allarme. Ha telefonato prima ai Carabinieri, di cui conosce il numero perché anche lui da grande vorrebbe entrare nell’Arma, poi ai genitori arabi, fingendo di intonare una litania religiosa, per non insospettire il conducente. Quello intanto ha frenato di nuovo per cospargere l’autobus di gasolio: voleva incendiarlo con i passeggeri a bordo. Tra i sedili è scoppiato il panico. – Ci facevamo forza tra noi – ha dichiarato, – volevo salvare più persone possibile ma mi vedevo già morto. Accanto a me c’era una ragazza, per proteggerla l’ho fatta sedere dalla parte del finestrino. Nel momento della disperazione i ragazzi hanno cominciato ad abbracciarsi, a consolarsi a vicenda. Quando qualche compagno si è accorto della coraggiosa iniziativa di Rami, lo ha spalleggiato, aumentando il rumore e le grida per coprire la sua voce al telefono. Le forze dell’ordine all’inizio non gli volevano credere, anche perché lo studente non sapeva dire con precisione dove si trovavano. Poi hanno capito che la situazione era grave e gli hanno dato retta.

L’intervento delle forze dell’ordine Si sono attivate immediatamente le compagnie di Lodi, Crema e Milano. All’altezza di San Donato, il bus ha sfondato il posto di blocco dei militari e ha sbandato per alcune decine di metri in mezzo al traffico, trascinando la macchina dei Carabinieri.

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Quando l’autobus è finito contro il guardrail, i Carabinieri erano già pronti a intervenire. Hanno rotto un vetro e messo in salvo i ragazzini, appena prima che il veicolo venisse totalmente avvolto dalle fiamme. Sy è stato immobilizzato e arrestato. I Vigili del Fuoco sono arrivati subito dopo per spegnere l’incendio. La carcassa del pullman è ancora lì, come testimonianza della terribile esperienza.

I compagni Nessun ferito tra i passeggeri, bambini e adulti, ma lo spavento è stato davvero grande. 23 ragazzini sono stati visitati e affiancati da uno psicologo in una palestra dell’Istituto “Margherita Hack” di San Donato Milanese, in attesa dei genitori. Dodici sono stati portati in ospedale solamente per controlli insieme a due passeggeri adulti. Nessuno era grave. Sui loro volti, oltre alla paura, si leggevano gli sguardi di gratitudine verso quel piccolo grande eroe. Cenni di saluto commossi. Sorrisi. “Sei stato grande!” dicevano i loro occhi.

Il padre – Sono orgoglioso di mio figlio – ha commentato il padre, in Italia dal 1996. È arrivato da solo, per cercare lavoro e costruirsi un futuro, poi la moglie lo ha raggiunto con il primo figlio. Rami è nato in Italia, ma non ha ancora la cittadinanza, perché così prevede la legge. Poi l’uomo ha continuato commosso:

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Rami Shehata – In Italia abbiamo trovato una certa felicità, anche se la vita è difficile. L’integrazione te la guadagni con il sudore della fronte e quando l’hai ottenuta vuoi che sia riconosciuta. La cittadinanza è un segno formale importante. È la cittadinanza, infatti, quella che il padre ha chiesto ora per Rami ai ministri della Repubblica: che suo figlio venga riconosciuto italiano a tutti gli effetti. Se l’è meritato, lui crede. E noi siamo pienamente d’accordo. È stato d’accordo anche il nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella che, nel luglio del 2019, ha concesso la cittadinanza a Rami e ad Adam, l’amico che lo ha aiutato in quel delicato frangente. «Senza il vostro coraggio probabilmente - ha detto loro, - oggi ci sarebbero tante madri e padri in lacrime: vi ringrazio a nome del Paese che ora è anche il vostro».

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Libri contro

la camorra Maria Zagaria Ha ricevuto nel 2020, all’età di quindici anni, l’onorificenza di Alfiere della Repubblica. Abitante a Casal di Principe, un comune italiano noto per pesanti vicende di camorra, è stata promotrice nella sua città dell’istituzione della Biblioteca Civica “Il Grillo Parlante”, iniziativa per la quale ha incontrato il sostegno della popolazione. Il nuovo luogo di cultura ha ospitato scrittori importanti, come i finalisti del Premio Strega nel 2019.

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Maria Zagaria Certi pomeriggi non passano mai e la noia si appiccica addosso, allora si trova qualcosa di inutile da fare, qualcosa che tenga occupati per un po’. Si gioca a impastare la colla tra le dita. Un modo come un altro per far passare il tempo. Si leva il cappuccio del tubetto e si schiaccia con un certo gusto. Si fa cadere sul palmo una grossa goccia trasparente e densa e la si picchietta con l’indice dell’altra mano fino a formare una massa elastica che lentamente diventa opaca e malleabile. Con quella si può giochicchiare. Poi si strofinano le mani per togliere ciò che rimane e l’ultimo velo di colla fa tanti riccioli che piano piano si staccano. Formano altre minuscole palline che rotolano sul pavimento e alla fine bisogna raccoglierle una a una, sennò chi la sente poi la mamma! Ma la noia, quella vera, non se ne va tanto facilmente. Non si butta nel cestino della spazzatura come un rimasuglio appiccicoso. Quando Maria termina i compiti, quella, puntuale arriva. Di accendere la tv non se ne parla nemmeno. Anzi, è già accesa, ma la nonna la monopolizza con le soap opera. Se solo la ragazza commettesse l’errore di sedersi di fianco a lei sul divano, l’anziana la fagociterebbe nei suoi discorsi. Le direbbe di tutti i personaggi e andrebbe a finire che non ci capirebbe niente: chi è figlia di chi e con chi si è sposata. Niente a che vedere con i romanzi che piacciono a Maria. Potrebbe uscire, ma quel giorno non c’è nessuna amica libera. E comunque per andare dove? Girare in piazza, avanti e indietro come zombie non è sempre il massimo e al muretto la madre non la fa andare. Dice che c’è gente che non le piace.

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Forse ha ragione. Forse no. Al muretto ci sono quei ragazzi che da scuola ormai sono scomparsi e chissà se ci torneranno più. Per la madre è un brutto segno. C’è pure Nino. L’ultima volta che Maria l’ha visto in classe era il terzo giorno di seconda media, all’inizio dell’anno. Poi… puf ! Volatilizzato dall’aula. Invece… in giro col motorino e qualche brutta faccia appresso, purtroppo Maria lo incontra spesso. La saluta, Nino. Le fa uno sguardo come se dicesse: “Che ci posso fare? A me gira così!”. Peccato! Le è simpatico il ragazzo, con quel ciuffo vistoso che spunta sulla testa rasata. Lui e Maria si sono sempre capiti, fin dalle elementari, quando la maestra lo sgridava e Nino alzava le spalle. Sembrava lo sapesse già che lui e la scuola non potevano andare d’accordo. E lei, dispiaciuta, non poteva farci niente. Vorrebbe leggere, Maria, ma quel giorno non può. Lo fa sempre. Tutti i momenti. Apre gli occhi e legge. Finisce di mangiare e legge. Sta per addormentarsi e legge. Si perde nelle storie. Si fa prendere per mano e vola lontano. Visto che non può farlo per davvero, che non se ne può andare da Casal di Principe, almeno può indossare le pagine di un bel libro come ali e fuggire da lì, finché dura la lettura. Perché oltre alla noia, certi giorni, l’assale anche un grande senso d’impotenza. I libri, al contrario, le tolgono di dosso quella cappa di frustrazione; le aprono altri mondi, aiutano Maria a resistere anche alle cose peggiori. Come la protagonista de La ladra di libri, che all’inizio non sa neppure leggere, ma capisce immediatamente che fra quei segni neri fitti fitti sulle pagine bianche c’è qualcosa di grande. C’è aria da respirare; c’è speranza in un futuro migliore; migliore di ciò che le sta intorno e che le sembra essere impassibile e violento. Così è anche per Maria, nella sua città, ora che è alle medie.

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Finché una è piccola non se ne accorge, ma appena cresce, appena inizia a capire il mondo, appena ha un cellulare in mano e si mette a navigare, arrivano le prime delusioni. Scopre che il posto in cui vive lo conoscono tutti. Se si mette “Casal di Principe” sulla barra di ricerca, sperando di vedere i profili social di qualcuno oppure le immagini di un’attrazione turistica, si rimane di sasso: il paese è citato nei peggiori fatti di cronaca. Si viene allora a sapere che quella è la patria dei Casalesi. Gente senza scrupoli. Camorristi della peggiore specie. Spacciatori, assassini. E succede sotto il naso di tutti, mentre la nonna guarda le soap e Maria si annoia in casa perché non ha un nuovo libro da iniziare. Almeno ci fosse una biblioteca. “Mamma, esco. Vado in biblioteca”, suonerebbe assai bene. E invece neppure questo si può fare. Ormai è chiaro: il pomeriggio deve andare così. Bisogna tirare sera. Ma come? Prende il cellulare per vedere se qualcuno ha almeno tempo di chattare. – Ehi che fate? La spesa con mia madre. Io dentista. – Ah, ok. Poi però forse si va al centro commerciale e si fa shopping. See, shopping. Si fa finta, semmai. Vero. Tu, invece? – No, io al centro non ci vengo. Mi rompo. Volevo dire: che fai? – Boh! Non leggi? – Finiti i libri. Tutti? Esagerata!

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Maria Zagaria Datti na calmata! Vuoi i miei? – Letti già. Me li hai prestati l’estate scorsa. Ah, ok. Allora studi? – Che cosa? Domani c’è compito in classe di italiano. Non interroga. Giusto! #chissiricordava! Ehi, raga. M’è arrivata una soffiata. Di’. Domani tema: lettera. – A chi? A chi vuoi tu. Uno importante. – Certa? Jenny ha sentito la prof che ne parlava con la collega dell’altra seconda. – Grande. Mi preparo! Pensi anche per noi? – A chi scriveresti? Io al mio rapper preferito. – Pigrone!

Ciao ragazze. Butto giù qualche idea, ma solo per me!

Adesso Maria sa che cosa fare. A chi potrebbe scrivere? Al papa! Idea scartata. Che cosa gli direbbe? Al Presidente della Repubblica? Non crede che leggerebbe la sua lettera. Al sindaco? Come si chiama? Ah sì, Renato. “Ciao Renato…” No, non funziona, non è mica alle elementari.

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“Egregio Signor Sindaco…”. Ecco così va bene. Si mette d’impegno. Non è un’occasione che capita tutti i giorni. Meglio non sprecarla. Meglio parlare di qualcosa di vero, di qualcosa che conti per lei, per gli altri. Si sdraia sul letto con il diario in mano. Comodi si legge e si scrive meglio. Il suono ovattato della vita nella città campana, mescolato alle voci della tv in sala, forma una specie di cuscino sonoro. Uno strato che la isola dal mondo e accoglie morbido la sua immaginazione, ormai libera. Dopo un po’ la ragazza ha le palpebre socchiuse e non distingue più il sogno dalla realtà. Non sa se sta davvero scrivendo sul suo diario segreto la lettera che il giorno dopo metterà in bella copia per il tema o se la sta solo immaginando; se fantastica che quel magico foglio finisca nelle mani giuste e qualcuno legga la sua richiesta, magari il Sindaco in persona. E la mente corre, vede il primo cittadino che apre finalmente la biblioteca comunale che Maria ha proposto di istituire nella sua lettera. Un posto per incontrarsi tra compagni e coetanei, dove poter prendere tutti i libri che si vuole e magari fermarsi a parlarne con gli altri ragazzi. Sogna, Maria, che il Sindaco dimezzi la sala del consiglio comunale per realizzare quel desiderio. Che faccia arrivare tanti libri dagli amici di una città gemellata in Veneto, pronti a sostenere il progetto. E nel sogno è felice perché capisce che Casalesi non vuol dire camorristi ma è il nome dei suoi concittadini: quelli che verniciano la stanza e comprano gli scaffali, disponendoci sopra i libri ben ordinati. Tra loro vede anche persone che un libro non solo non l’hanno mai letto, ma non l’hanno neppure mai preso in mano. Però partecipano in tanti al nuovo progetto.

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Margherita Borsoi Rami Shehata Maria Zagaria Lorenzo Pianezza Emma Gonzalez Nadia Sparkers Mavì Borrelli Boyan Slat Giacomo Mazzariol Greta Thunberg Ariane Benedikter Chassidy Sebastiano Mattia Indorato Carlos Eduardo Prazeres Tommaso Miglietta Alice Andrianelli José Adolfo Quisocala Giacomo Vimini Giuseppe Bungaro Eduardo Caioado Diego Costi Ma Basta David Fabbri Bana al-Abeid Sonia Bongiovanni Timoci Naulusala Yuliya Amosava Un’anonima ragazza cinese Ragazzi del cinema di Roma Il ragazzo di Piazza Tienanmen Eesha Khare

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Un ragazzo salva la vita ai suoi coetanei, una ragazza sciopera per la salute del pianeta, un’altra lotta contro le armi: storie vere di ragazze e ragazzi che hanno compiuto gesti di altruismo e di coraggio, spesso premiati e citati dalla cronaca. Le raccontiamo per sottolinearne il valore e per scoprire come, ogni giorno, tutti noi possiamo fare scelte di cui andare fieri, scelte che serviranno per migliorare il mondo in cui viviamo.

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Margherita Borsoi Rami Shehata Maria Zagaria Lorenzo Pianezza Emma Gonzalez Nadia Sparkers Mavì Borrelli Boyan Slat Giacomo Mazzariol Greta Thunberg Ariane Benedikter Chassidy Sebastiano Mattia Indorato Carlos Eduardo Prazeres Tommaso Miglietta Alice Andrianelli José Adolfo Quisocala Giacomo Vimini Giuseppe Bungaro Eduardo Caioado Diego Costi Ma Basta David Fabbri Bana al-Abeid Sonia Bongiovanni Timoci Naulusala Yuliya Amosava Un’anonima ragazza cinese Ragazzi del cinema di Roma Il ragazzo di Piazza Tienanmen Eesha Khare

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