Napoli - Campione d'Italia 2022-2023

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Napoli Napoli Napoli

Campione d’Italia 2022-2023

CUORIDACAMPIO N I COPERTINA POSTER!

Napoli Napoli Napoli

illustrazioni di Francesco Morici

I grandi calciatori raccontati da Valter De Maggio CUORI DA CAMPIONI

Editor: Patrizia Ceccarelli

Autore: Valter De Maggio

Coordinamento redazionale: Emanuele Ramini

Progetto grafico e copertina: Mauro Aquilanti

Illustrazioni: Francesco Morici

Ia Edizione 2022 Ristampa

Tutti i diritti sono riservati

© 2022

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A mio padre e a mia madre, per sempre nel mio cuore.
A Sergio, Maurizio e Daniele, le mie guide.

La parola a...

“Sogna, ragazzo sogna” canta Roberto Vecchioni e le storie dei calciatori del Napoli raccontate in questo libro mi hanno emozionato proprio per la tenacia dimostrata dai protagonisti nel voler realizzare il loro più grande sogno: giocare a pallone. Tutti noi, da bambini, abbiamo trasformato le strade o i cortili in campi di calcio. C’è chi viveva in povertà e non aveva altro che una palla, e chi faceva km per andare ad allenarsi in campetti di fortuna. Da Bruscolotti a Insigne, da Careca a Mertens, da Juliano ad Hamsik, da Krol a Ferrara, ne abbiamo mangiata di polvere! E poi c’è Maradona, la leggenda di tutti i tempi, il “napoletano argentino”. Lui non poteva capitare in un posto migliore: Napoli diventò il megafono della sua lotta per il rispetto di chi non ha ricchezze, se non quelle del mare, del sole e della voglia di vivere. Abbiamo lottato avendo negli occhi le prodezze del numero 10 e alla fine abbiamo coronato il sogno di indossare la maglia azzurra. Che grande privilegio e che orgoglio per me! La passione di un bambino era diventata realtà.

Lasciatevi rapire dai racconti appas sionanti e a tratti commoventi, di questi che, prima ancora di essere stati grandi campioni, sono stati grandi uomini.

Sono certo che ai più piccoli sembre ranno favole, ai più grandi scenderà una lacrima, ma per tutti saranno come un caldo abbraccio colorato d’azzurro.

Buona lettura!

Fabio Cannavaro

Difensore del Napoli dal 1992 al 1995.

Capitano della Nazionale Italiana Campione del Mondo 2006.

Una nuova squadra ai piedi del Vesuvio

C’era una volta un imprenditore appassionato di calcio che aveva un grande desiderio: far giocare una squadra di Napoli contro i club più blasonati d’Italia, la Juventus, il Genoa, il Torino, l’Inter. Insomma, unire l’Italia sportiva e interrompere lo strapotere calcistico del Nord sul Sud. Non si tratta di una fiaba, l’imprenditore si chiamava Giorgio Ascarelli.

Estate del 1926, il sogno diventa realtà. Il primo agosto di quell’anno, Ascarelli riesce a trovare l’accordo tra le diverse piccole squadre della città e fonda l’Associazione Calcio Napoli, con l’intento di portare gioia nella vita di tante persone in un periodo storico molto difficile.

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All’inizio, la nuova avventura non andò però come ci si aspettava. Il primo anno fu un disastro calcistico, tant’è che il cavallino rampante bianco, simbolo della squadra, fu sostituito da... un asino!

Dopo aver assistito a una brutta prestazione, un giornalista esclamò: Ato ca cavallo sfrenato, a me me pare ‘o ciuccio ‘e fichella (“Altro che cavallo sfrenato, a me sembra il somaro del venditore di fichi”). E così, il 23 febbraio 1930, in una partita contro la Juventus, apparve per la prima volta il somaro sullo stemma della squadra e da allora non ha più lasciato il Napoli. Anzi, è diventato il suo simbolo di forza.

Il Presidente Ascarelli non perse però la speranza e ben presto la sua tenacia fu ripagata: dopo qualche anno la squadra napoletana era ormai arrivata alla pari dei grandi club blasonati del Nord Italia e il colore azzurro poteva scontrarsi con il bianconero, il rossonero, il nerazzurro…

Ma perché l’azzurro per le maglie ufficiali? Ascarelli scelse questo colore perché richiamava lo stemma dell’antica dinastia dei Borbone, che avevano regnato a Napoli. E poi, c’era anche un forte legame romantico con il mare che bagnava la sirena Partenope, secondo il mito la fondatrice di Napoli.

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Siamo in anni in cui il calcio stava assumendo in Italia sempre più importanza e maggiore era il numero di appassionati e tifosi. Mancava ormai solo un vero campionato nazionale. E fu proprio grazie all’imprenditore partenopeo se il campionato passò a 18 squadre in un unico girone: nacque così la serie A.

C’era molta curiosità, i giornali cominciavano a dare sempre più spazio alle partite, alle notizie aggiornate sulle squadre, alle curiosità e ai fatti di cronaca, anche rosa, sui giocatori.

Un cronista di un quotidiano sportivo diede quindi il via alle “radiocronache”, ovvero al racconto per telefono della partita a un altro giornalista che, a sua volta, riportava le azioni più importanti a una folla di tifosi che si radunava. Era il 23 giugno 1929, si giocava Napoli – Lazio.

I tifosi napoletani a un certo punto non si accontentarono di sentire le notizie, volevano guardare le partite, godere di quello spettacolo dal vivo.

Ascarelli accolse le loro richieste e nel 1929 fece costruire il primo stadio. Dopo un anno, il Napoli aveva la sua casa, si chiamava “Vesuvio”. Il Presidente, purtroppo, non ebbe il tempo di godersi questo momento.

Il suo nome resterà per sempre nella storia del club e nei cuori dei partenopei. Grazie a Giorgio Ascarelli, tra la città e la sua squadra nacque una lunga storia d’amore.

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Da allora sono passati decenni, la maglia azzurra è un viaggio appassionato e appassionante tra molti successi e qualche fallimento, tra molti campioni che hanno fatto sognare ed esultare i tifosi, e “brocchi” che hanno deluso. Appartiene sicuramente alla prima categoria la figura affascinante di Hasse Jeppson, uno dei primi campioni stranieri che ebbe l’onore di indossare la casacca azzurra del Napoli.

Siamo nel secondo dopoguerra…

Hasse Jeppson

Vide ‘o mare quant’è bello! Spira tantu sentimento…

La mia storia d’amore con il Napoli cominciò proprio così. Quando arrivai in Italia volevo vivere al sole, era il mio sogno, ma, dove giocavo, il sole non si vedeva facilmente. Anzi! Ero un calciatore dell’Atalanta e a Bergamo pioveva spesso e faceva freddo.

Un giorno, dovevamo giocare in Sicilia e con la squadra arrivammo a Napoli per imbarcarci sul piroscafo che ci avrebbe portato a Palermo. Dal Molo San Vincenzo, il panorama era mozzafiato, il Vesuvio dominava il Golfo. Fu amore a prima vista!

Quando vidi Napoli per la prima volta rimasi incantato. Aveva quell’odore di mare che mi riportava all’infanzia, quando stavo sugli scogli della mia amata Kungsbacka.

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Ero nato in Svezia, a 40 km da Goteborg. Mio padre faceva il panettiere e io non immaginavo certo di fare il calciatore. Mi piaceva giocare a golf, andare in barca a vela, ma soprattutto amavo il tennis. Il calcio, quindi, non era il mio primo pensiero. La vita, però, è piena di sorprese e così da una piccola squadra del mio paese mi ritrovai nella Nazionale svedese.

La celebrità arrivò durante il Mondiale brasiliano del 1950: grazie alla mia doppietta, noi svedesi eliminammo proprio l’Italia. Da quel giorno diventai “Hasse dal piede d’oro”.

Il mio nome cominciò a girare anche nel resto d’Europa ma io non avevo intenzione di continuare con il calcio.

Evidentemente, però, ancora una volta il destino non era d’accordo con me e mi portò al Charleton, in Inghilterra. Anche qui mi feci notare, famosa soprattutto la mia tripletta segnata contro l’Arsenal, la prima mai subita in assoluto dalla squadra in un derby londinese.

Insomma, quel ragazzone alto, biondo e con gli occhi azzurri, era diventato un centravanti corteggiato da molte squadre, anche italiane. Tra le tante ebbe la meglio l’Atalanta, dove andai a giocare nel 1951.

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La mia vita cambiò. Per gli italiani, il calcio era lo sport più amato, una ragione di vita, e i club facevano a gara per accaparrarsi il calciatore straniero più talentuoso, pur di avere una marcia in più.

Alcuni acquisti erano motivati anche solo per rispettare la parola data ai tifosi in campagna elettorale. Avete capito bene, parlo proprio di votazioni politiche!

Era questa la filosofia di Achille Lauro, l’allora presidente del Napoli nonché armatore e sindaco della città. Pur di vincere le elezioni, il Patron del club azzurro promise una squadra vincente, così puntò su di me. Il mio ingaggio costò al Napoli 105 milioni di lire, una cifra mai vista fino a quel momento, talmente alta che fu paragonata al bilancio del Banco di Napoli.

Agli occhi di tutti i partenopei rappresentavo anche il riscatto del Sud povero e “straccione” contro il Nord ricco e superbo. Al mio arrivo fui salutato dai fuochi di artificio, i tifosi erano in visibilio.

La curiosità era tanta, tutti volevano veder giocare quel nordico vichingo, bello come un principe ma poderoso e determinato come un lottatore, che infiammava lo Stadio Collana di Napoli. Insieme a me arrivarono anche altri due grandi giocatori, Vitali e Pesaola, e diventammo un tridente da sogno.

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Era sempre una bella lotta con gli avversari, a volte uscivo dal campo con le caviglie sanguinanti.

Fu proprio dopo una caduta durante uno scontro fisico piuttosto agguerrito che dagli spalti arrivò il grido di un tifoso: È caduto ‘o Banco e Napule ! E con questa esclamazione fui consegnato alla storia.

Vestii la maglia azzurra per 112 partite segnando anche 52 reti ma non ero un fuoriclasse. Riuscivo a segnare gol impossibili ma ero capace anche di fallire azioni semplici. Da qui i napoletani coniarono due nuovi modi di dire: Allanema e Jeppson , per esprimere meraviglia, e Mannaggia a Jeppson , se delusi o arrabbiati.

Napoli e i napoletani mi stregarono.

Ai piedi del Vesuvio io, Hasse Jeppson, mister 105 milioni, cercavo il sole e trovai la gloria.

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Antonio Juliano capitano, dirigente, bandiera

Calciatore, capitano, dirigente e, quindi, bandiera del Napoli: la mia è una lunga storia d’amore in azzurro, con molte gioie e qualche spina di fronte alla quale non mi sono mai tirato indietro.

Ecco, ora si apre la scatola dei ricordi da cui saltano fuori foto di momenti indimenticabili che mi riportano indietro nel tempo. Non posso fermarli perché vogliono che io li racconti, che li tiri fuori dall’archivio impolverato in cui sono stati depositati. Li sento battere accanto al mio cuore dove il Napoli ha un posto speciale.

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I miei ricordi sono in bianco e nero perché “Totonno”, che sarei io, è nato nel dopoguerra. Erano anni duri per tutti e a San Giovanni a Teduccio, quartiere orientale della città di Napoli, lo erano un po’ di più.

Tra povertà e macerie si cercava di ricostruire il paese. Mio padre faceva il salumiere, a me e alle mie due sorelle non mancava nulla ma era una vita di sacrifici per noi e per loro.

Io mi innamorai subito del pallone, giocavo per strada e combinavo molti guai. Un’edicola votiva diventò mio malgrado un “bersaglio”, i miei tiri la mandavano spesso in frantumi perché i vicoli erano stretti e io giocavo ovunque. Disperato, mio padre decise di cambiare quartiere, stanco di pagare per i miei danni.

Ma io volevo giocare a calcio, volevo cambiare vita. Per fortuna, qualcuno aveva capito che c’era qualcosa nei miei piedi.

In pochi anni passai da una piccola squadra di quartiere al Napoli. Mister Pesaola mi fece debuttare a 17 anni. Era il 1962 quando vestii per la prima volta la maglia azzurra. Era il 1978 quando lasciai la casacca numero 8.

In 16 anni ne ho fatte di cose, ne ho viste di persone che hanno contribuito a rendere grande questa squadra. Negli anni ’60 ho giocato con Sivori e Altafini, Cané e Zoff.

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Campione d’Italia 2022-2023 Napoli Napoli Napoli

Dopo i due scudetti dell’era Maradona, quest’anno è arrivato un autentico trionfo!

Celebriamo questa stagione indimenticabile riscoprendo i protagonisti di cento anni di storia del Napoli: una galleria di ritratti emozionanti per capire tutto il fascino di un club unico al mondo.

Con il racconto dello scudetto in regalo!

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