Il Glasblokkene: un approccio olistico alla cura / A Gorizia un modello di eccellenza per la salute della donna / Nuovo Ospedale Universitario di Odense / Umidificazione dell’aria ospedaliera: le corrette scelte progettuali / Digitalizzazione e cybersecurity / Viaggio CNETO a Parigi / Diana Anderson sulle nuove figure professionali
CNETO Centro Nazionale per l’Edilizia e la Tecnica Ospedaliera
Il Glasblokkene di Bergen, presso l’Haukeland University Hospital
Digitalizzazione ed elettrificazione:
Migliorare
l’efficienza energetica e l’impatto ambientale delle strutture ospedaliere attraverso l’adozione di soluzioni tecnologiche avanzate
Di fronte a crescenti sfide e a minori risorse, Schneider Electric collabora con le organizzazioni sanitarie per progettare e fornire soluzioni digitali pronte per l’ospedale di oggi e flessibili per quello del futuro:
RESILIENTE
Garantire un’infrastruttura resiliente e sicura per proteggere pazienti e personale da ogni minaccia
EFFICIENTE
Unificare i sistemi e supportare il personale per consentire attività ad alte prestazioni massimizzando la resa delle risorse
INCENTRATO SULLA CURA
Rafforzare l’autonomia del paziente e semplificare i flussi di lavoro interni per risultati clinici senza compromessi
SOSTENIBILE
Seguire insieme un percorso di decarbonizzazione per una gestione intelligente dell’energia e un’infrastruttura completamente elettrica
Building automation
Infrastruttura elettrica
Infrastruttura IT
Siamo gli unici a fornire un servizio a 360 gradi, 24 ore su 24, 7 giorni su 7.”
Direttore Generale
Arch. Claudio Paccanaro
La salute centrata sulla famiglia
Il Glasblokkene di Bergen, presso l’Haukeland University Hospital
Quest’ultimo numero del 2024 di Progettare per la Sanità ospita, nelle pagine dedicate all’Architettura, due belle realizzazioni che si rivolgono alla cura delle mamme e dei loro bambini.
Il diritto all’assistenza materno-infantile è uno dei principi fondamentali sanciti da organizzazioni internazionali come l’ONU e l’OMS. Un diritto che vuole assicurare ad ogni donna la possibilità di ricevere cure prenatali
adeguate durante la gravidanza, garantire un parto sicuro e assistito ma anche cure sanitarie adeguate ai bambini, sin dalla nascita, al fine di prevenire le malattie e promuovere una crescita sana.
Considerare la salute della mamma e quella del bambino come fortemente interdipendenti è stato un principio rivoluzionario che si diffuse più di un secolo fa negli Stati Uniti d’America: il “Maternity and Infancy Care Act” (meglio noto come SheppardTowner Act) aprì la strada nel 1921 ad una serie di Atti federali che educarono il popolo americano ad accettare l’idea che la salute dei bambini costituisse una responsabilità pubblica e consolidarono sempre di più la consapevolezza che il binomio “Mother and Child Health” dovesse essere tutelato in tutti i modi.
Nel nostro Paese, la storia degli ospedali materno-infantili è ben più recente: si data alla seconda metà del ‘900 (e precisamente nel 1972) la promozione presso alcuni ospedali pionieristici del concetto di salute centrata sulla famiglia ma anche di quell’ap-
proccio terapeutico orientato non solo alla cura ma anche al benessere, attraverso la progettazione di healing environments
Se nei Paesi sviluppati si può riconoscere che un simile orientamento rappresenti, ormai, una normalità pressoché scontata, l’ultimo rapporto Onu/Oms/Unicef denuncia come nel mondo dei “Paesi fragili” i progressi in tal senso siano fermi da circa dieci anni. La diminuzione degli investimenti ha portato all’amara previsione che più di 60 Paesi non riusciranno a raggiungere i target di riduzione della mortalità materna e neonatale fissati dagli “Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite” entro il 2030.
Ciò significa che, nonostante il riconoscimento universale di questi diritti, molte donne e bambini nel mondo continuano a non ricevere l’assistenza di cui hanno bisogno a causa del persistere di insuperabili barriere economiche, sociali e culturali ma anche per la mancanza di infrastrutture sanitarie adeguate.
Margherita Carabillò
Direttore Responsabile
Giorgio Albonetti
Direttore Scientifico
Margherita Carabillò
Coordinamento Editoriale
Chiara Scelsi - c.scelsi@lswr.it
Redazione
Fabio Chiavieri f.chiavieri@lswr.it
Comitato scientifico
S. Brusaferro, S. Capolongo, M. Carabillò, M. Gola, J. Guercini, K. Kob, M. Mauri, F. S. Mennini, C. Nicora, D. Pedrini, G.Polifrone
Comitato di redazione
Architettura: Design LAB, DABC Politecnico di Milano
Impiantistica: Francesco Ruggiero
Information Technoloy: Fabrizio Massimo Ferrara
Innovazione digitale: Paolo Bertini
ufficiale del C.N.E.T.O.: Centro Nazionale per l’Edilizia e la Tecnica Ospedaliera
Organizzazione e management: Federico Lega
Servizi e facility management: Arturo Zenorini
Tecnologie per l’Architettura: Rosa Romano, Maria Chiara Torricelli
Hanno collaborato a questo numero: M. Baracetti, E. Bellini, G. Bo, M. Bo, G. Borghi, M. Bravin, S. Capolongo, N. Dubini, M. Gola, G. Laudani, A. Rebecchi, R. Romano, E. Ruzzene
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Testata Associata
Organo
Sommario
ARCHITETTURA ALL’AVANGUARDIA PER DONNE E BAMBINI
Il Glasblokkene di bergen, presso l’Haukeland University Hospital, è un esempio di architettura ospedaliera innovativa, pensata per rispondere alle esigenze di bambini, giovani e donne.
di Mattia Bravin, Andrea Rebecchi, Stefano Capolongo
di di Mauro Baracetti e Elisabetta Ruzzene
SOLUZIONI INTELLIGENTI PER IL NUOVO
OSPEDALE UNIVERSITARIO DI ODENSE
Il progetto del nuovo Ospedale Universitario di Odense si inserisce all’interno di una iniziativa del governo danese per migliorare la qualità del sistema sanitario nazionale, attraverso la
L’UMIDIFICAZIONE DELL’ARIA NEGLI OSPEDALI
Ricerca e sperimentazioni cliniche hanno un ruolo cruciale nel Un problema tutt’altro che trascurabile che sarebbe ora di inquadrare e risolvere di Matteo Bo, Giorgio Bo
DIGITALE IN SANITÀ, FRA CYBERSECURITY E OPPORTUNITÀ
Se da un lato in 7 organizzazioni su 10 è stata interrotta l’assistenza ai pazienti per attacchi cyber, sono innegabili i benefici e i vantaggi che la digitalizzazione apporta alle organizzazioni sanitarie in termini di efficienza e servizio ai pazienti a cura della redazione 42
VIAGGIO CNETO: DOPO 20 ANNI IL CONFRONTO CON LA SANITÀ FRANCESE
L’edilizia ospedaliera della città di Parigi rappresenta da sempre un punto di riferimento per gli associati CNETO, per la qualità e la rilevanza di molti progetti
LE FIGURE POROFESSIONALI DEL DOMANI
Ragionare sulle figure professionali del domani: la Lectio Magistralis di Diana Anderson, il Dochitech, al Politecnico di Milano di Marco Gola
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II
IL SISTEMA IMMUNITARIO DEL FUTURO DIGITALE SANITARIO
In un settore sanitario sempre più digitalizzato, la cybersecurity assume un ruolo paragonabile al sistema immunitario umano. Come quest’ultimo protegge il corpo da minacce interne ed esterne, così la sicurezza IT salvaguarda i dati sensibili dei pazienti, garantisce operatività dei servizi e assicura conformità normativa. Il futuro dell’assistenza sanitaria è sempre più digitale e la sua protezione dipende dalla robustezza delle misure di identity security per la difesa da violazioni e accessi non autorizzati. La sicurezza dell’identità rappresenta un meccanismo di difesa fondamentale, che garantisce accesso esclusivo al personale autorizzato, aspetto vitale in un settore come quello sanitario - sempre più dipendente dalle tecnologie e in possesso di dati di valore. Svolge un ruolo essenziale, assicurando salute e integrità del sistema attraverso le seguenti funzioni:
1. Consolidare la fiducia del paziente: è un elemento vitale, il battito del sistema sanitario. La sicurezza dell’identità, attraverso controlli rigorosi degli accessi ai dati sensibili, garantisce la loro riservatezza, integrità e disponibilità. Questa gestione scrupolosa è prioritaria per coltivare la fiducia del paziente e assicurare conformità alle normative vigenti.
2. Ottimizzare l’efficienza operativa: come un sistema circolatorio efficiente, la sicurezza dell’identità ottimizza i processi di autenticazione e autorizzazione, consentendo agli operatori sanitari di accedere rapidamente e in modo protetto alle informazioni cliniche, migliorando al contempo i flussi di lavoro.
3. Abilitare l’innovazione tecnologica: intelligenza artificiale, telemedicina e cartelle cliniche elettroniche stanno trasformando il pa-
norama sanitario, introducendo al contempo nuove vulnerabilità. La sicurezza dell’identità funge da filtro intelligente, permettendo di sfruttare le innovazioni senza compromettere la protezione, garantendo un equilibrio tra progresso e protezione.
Il panorama della sicurezza informatica in sanità è in continua evoluzione e presenta sfide complesse che possono ostacolare la fornitura di cure sicure ed efficaci. L’identity security le affronta in modo efficace, rafforzando l’infrastruttura di gestione delle informazioni sensibili, rispondendo alle minacce in tempo reale e costruendo una solida resilienza, con le seguenti azioni:
█ Blindare i dati sensibili: misure come autenticazione multifattore (MFA), crittografia e gestione degli accessi sono essenziali per proteggere i dati sanitari, sempre più digitalizzati, da accessi non autorizzati e violazioni.
█ Garantire conformità normativa: applicare policy rigorose e rispettare le normative sulla protezione dei dati è fondamentale per evitare sanzioni e complicazioni legali, tutelando la privacy dei pazienti.
█ Neutralizzare le minacce interne: possono essere tanto pericolose quanto gli attacchi esterni. La sicurezza dell’identità, attraverso il monitoraggio e la gestione degli accessi e dell’utilizzo dei dati, riduce significativamente il rischio di comportamenti scorretti da parte degli insider.
Affrontando queste sfide, l’identity security non solo protegge dalle minacce immediate, ma rafforza la capacità del sistema sanitario di adattarsi a nuove tecnologie e rischi emergenti, garantendo la sua salute e resilienza a lungo termine. Questo approccio proattivo è la chiave per creare un ambiente sicuro e affidabile, in cui gli operatori sanitari possono dedicarsi alla loro missione principale: fornire cure di altissima qualità.
(Lee Godby, business development director, e Brian Carpenter, senior business development director di CyberArk)
NUOVO PARTNER TECNOLOGICO PER IL PROGETTO THERA4CARE
GE HealthCare, azienda leader a livello mondiale nell’innovazione della tecnologia medica, della diagnostica farmaceutica e delle soluzioni digitali, annuncia la propria partecipazione in qualità di partner industriale in Thera4Care, iniziativa volta a rivoluzionare l’uso della teranostica per la cura del cancro in Europa. Il progetto da 25,3 milioni di euro prevede la nascita di un consorzio internazionale che coinvolge 29 partner provenienti dalle principali Università e cliniche europee, imprese e associazioni di pazienti. Il cancro è la principale causa di morte in tutto il mondo, con quasi dieci milioni di decessi nel 2022. Si prevede che entro il 2050 si raggiungeranno 35 milioni di nuovi casi di cancro nel mondo, un incremento dovuto in parte all’invecchiamento della popolazione. Come approccio innovativo per il trattamento del cancro, la teranostica combina la diagnostica per immagini con uno specifico intervento terapeutico, ricorrendo a tecniche di imaging molecolare come PET e SPECT che utilizzano radiofarmaci da un lato mirati per identificare specifici biomarcatori e dall’altro per fornire radiazioni ionizzate solo ai tessuti che esprimono tali marcatori. La teranostica è già utilizzata per il trattamento di numerosi tumori alla prostata e neuroendocrini in stadio avanzato, ma è disponibile solo in pochi centri specializzati. C’è un significativo fabbisogno clinico che richiede un ampliamento delle indicazioni cliniche per l’applicazione della teranostica a un numero più ampio di pazienti.L’obiettivo
di Thera4Care è di portare i benefici della teranostica in Europa creando, implementando e diffondendo metodi standardizzati per la produzione, il rilevamento e il monitoraggio dei principali isotopi teranostici, dalla produzione e consegna precoce della diagnostica fino alla terapia. Il progetto rafforzerà l’uso e l’adozione di diagnosi e terapie basate sulla radiologia e si concentrerà su determinate patologie (tumori della prostata, delle ovaie, del pancreas e sarcomi), in rapporto alla crescente importanza delle soluzioni radioterapeutiche multimodali. La tecnologia GE HealthCare supporta il percorso teranostico che comprende ciclotroni e tecniche di imaging molecolare come PET e SPECT fino a soluzioni di imaging avanzate, soluzioni digitali e servizi di consulenza. Thera4Care riunisce partner provenienti da 14 Paesi europei e dagli Stati Uniti. I principali partner accademici del consorzio includono l’Università Cattolica del Sacro Cuore e Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS in Italia, Erasmus University (Paesi Bassi), Jules Bordet Institute (Belgio), UniKlinik Essen (Germania), Gregorio Maranon General University Hospital (Spagna) e Institut de Cancérologie de l’Ouest (Francia). Il progetto è cofinanziato nell’ambito di Horizon Europe, il programma quadro dell’Unione europea per la ricerca e l’innovazione, e fa parte dell’Innovative Health Initiative (IHI), un partenariato pubblico-privato tra l’Unione Europea e le industrie europee del settore Life Sciences. Il Joint Undertaking (IHI JU), riceve il sostegno del programma di ricerca e innovazione Horizon Europe dell’Unione europea e dei partner contributori COCIR, EFPIA, Europa Bío, MedTech Europe, Vaccines Europe e Thera4Care. La convenzione per i finanziamenti è stata firmata il 1° ottobre 2024 e resterà in vigore per i prossimi cinque anni.
PREMIO AI HACKATHON PER IL CUP DELLA REGIONE PIEMONTE
Covisian Group, azienda italiana del settore CX-Tech, insieme a Esosphera, società del gruppo specializzata in voicebot, è risultata tra i vincitori dell’AI Hackathon indetto dall’Assessorato alla Sanità della Regione Piemonte e da Azienda Zero, per il rinnovamento del Centro Unico Prenotazioni (CUP) attraverso l’uso dell’intelligenza artificiale.
Esosphera ha prevalso grazie alla soluzione proprietaria del Gruppo Smile.CX Pro, l’unica sul mercato in grado di rendere l’AI empatica e accessibile, anche per le persone più anziane.
Il progetto “Smiling Cup” innova la gestione delle prenotazioni sanitarie utilizzando un algoritmo avanzato che analizza dati e preferenze dei pazienti per proporre appuntamenti ottimali in modo proattivo prima ancora che arrivi la richiesta. Il sistema contatta direttamente i pazienti tramite canali digitali (WhatsApp, email, voicebot) per confermare o modificare le prenotazioni fatte, riducendo i tempi di attesa e migliorando l’accessibilità alle cure. La soluzione automatizza le attività di routine del CUP, permettendo agli operatori di concentrarsi su casi complessi, ottimizzando le risorse sanitarie e riducendo i
mancati appuntamenti, con un impatto positivo sull’intero sistema sanitario.
La competizione ha coinvolto 97 professionalità, suddivise in 13 team, che hanno sviluppato idee per tre aree: assistente virtuale per la prenotazione e per il supporto dei pazienti, area vinta da Covisian, analisi predittiva delle prenotazioni e rilevamento anomalie delle prenotazioni.
I vincitori, premiati nella Sala Trasparenza del Grattacielo Piemonte alla presenza dell’assessore alla Sanità Federico Riboldi e del direttore generale di Azienda Zero Adriano Leli, sono stati selezionati in base a innovatività, fattibilità e impatto su pazienti e sistema sanitario.
“La proposta che abbiamo fatto è in perfetta linea con la filosofia del gruppo che si propone di bilanciare intelligenza artificiale e umana”, dichiara Fabio Sattolo, Chief People and Technology di Covisian. “Lasciando alle macchine i compiti automatizzati, gli operatori possono mettere a disposizione degli utenti le proprie competenze, conciliando così l’efficienza operativa e le necessità dei pazienti”
LA COSTRUZIONE DEL CAMPUS MEDICO È ARRIVATA AL TETTO
Prosegue a pieno ritmo la costruzione del nuovo dipartimento di Medicina dell’Università di Udine. La cerimonia di “arrivo al tetto” del nuovo campus medico al Kolbe è stata organizzata per festeggiare la conclusione delle opere strutturali. La prima parte dei lavori, infatti, che prevede la realizzazione dello scheletro strutturale (fondazioni, pilastri, solai e copertura) è terminata. Ora è possibile dare il via alla realizzazione degli impianti meccanici, tecnologici ed elettrici, e di tutte le opere architettoniche necessarie a dar vita ai nuovi locali.
All’evento hanno partecipato Roberto Pinton, rettore dell’ateneo, Leonardo Sechi, direttore del dipartimento di Medicina, Massimo Roj, CEO e founding partner di Progetto CMR, la società di progettazione integrata di Milano, Denis Caporale, direttore generale dell’Azienda sanitaria universitaria Friuli Centrale, Alberto De Toni, sindaco di Udine. Per l’università c’erano anche numerosi altri docenti delegati e referenti dell’attività dipartimentale e il personale della Area Edilizia.
La realizzazione del nuovo campus medico, di cui Progetto CMR, società di progettazione integrata che nel 2024 celebra 30 anni di attività, segue anche la direzione lavori, contribuirà alla valorizzazione di uno dei contesti in cui si produrrà innovazione scientifica ai più alti livelli europei.
Il complesso di circa 7.000 metri quadri sorge su un’area di 33.742 metri quadri limitrofa a piazzale Kolbe ed è composto da due blocchi distinti, dando vita a un campus aperto a tutta la comunità. Il primo edificio, su due piani, è destinato alle aule per la didattica, mentre il secondo, su tre piani fuori terra e uno interrato, sarà la sede dipartimentale e dei laboratori di ricerca. I laboratori didattici, in continuità con il corpo aule, sono collocati ai piani interrato e terra e hanno accesso controllato, mentre i laboratori di ricerca al primo piano sono accessibili mediante zone filtro. Al piano secondo sono collocati gli studi dei docenti articolati in base ai diversi settori disciplinari del Dipartimento.
L’intervento, del costo complessivo di quasi 20 milioni di euro, ha lo scopo di dare più spazio alla didattica e di trasferire i laboratori presenti negli edifici esistenti in spazi moderni e più adatti ad ospitare attività ad alto contenuto tecnologico. Il nuovo complesso include-
rà, tra l’altro, 8 aule (di cui 3 da 200 posti) per una capienza complessiva di quasi 1.000 posti a sedere, circa 70 laboratori, circa 60 uffici tra studi e openspace e avrà, oltre all’attuale accesso su via Chiusaforte, un nuovo ingresso su via Ristori. L’opera sarà realizzata con il contributo della Regione Friuli-Venezia Giulia e del Ministero dell’Università e della Ricerca. La progettazione e la direzione lavori è di Progetto CMR di Milano, mentre l’impresa aggiudicataria è la Icicoop di Ronchi dei Legionari, in provincia di Gorizia, capogruppo dell’Associazione Temporanea d’Impresa costituita con ED Impianti s.r.l. di Campoformido e Ranzato Impianti s.r.l.di Padova. I lavori termineranno entro la fine del 2025 e successivamente sarà possibile procedere con l’allestimento dei nuovi laboratori ad alto contenuto tecnologico e all’arredo delle nuove aule.
Architettura all’avanguardia per donne, bambini e adolescenti
Il Glasblokkene di Bergen, presso l’Haukeland University Hospital, è un esempio di architettura ospedaliera innovativa, pensata per rispondere alle esigenze di bambini, giovani e donne.
Questo ospedale si distingue per un approccio olistico alla cura, integrando alla medicina i principi della sostenibilità e dell’umanizzazione degli spazi
di Mattia Bravin, Andrea Rebecchi, Stefano Capolongo Immagini e disegni tecnici: gentile concessione di KHR Architecture Immagini: Copyright Jiri Havran
DATI TECNICI
Progettisti: KHR Architecture, Henning Larsen, PKA Arkitekter e Schönerr
Team di progettazione: Caroline Tjernås, Nina Kielland, Siri Luise Rørholt
Negli ultimi decenni, l’architettura ospedaliera ha affrontato una profonda trasformazione, adattandosi alle nuove esigenze sanitarie, tecnologiche e di sostenibilità, sia in essere che in divenire: esempio di questa evoluzione è il Glasblokkene, complesso ospedaliero che si trova presso l’Haukeland University Hospital di Bergen, in Norvegia.
Il progetto, avviato indicativamente nel 2006 e completato con la fase 2 solo nel 2023, si è dimostrato straordinariamente efficace a distanza di 10 anni dalla sua concezione, presentando un’immagine fresca e innovativa, soprattutto per un ospedale materno infantile. Questa struttura, specializzata nella cura di bambini, giovani e donne, innova i suoi spazi integrando in modo armonico il paesaggio circostante attraverso soluzioni sostenibili e tecnologiche di avanguardia.
Progettato grazie alla collaborazione tra KHR Architecture, PKA Arkitekter e Henning Larsen Architects per la soluzione architettonica
e Schönerr per il paesaggio, Glasblokkene rappresenta la punta di diamante della strategia di modernizzazione dell’Haukeland University Hospital.
Situato nella regione Helseregion Vest, l’ospedale serve una popolazione di oltre 1,1 milioni di persone ed è un esempio di come si possa integrare alla sanità moderna la cura fisica e mentale del paziente lungo il corso della sua vita. Dai neonati fino ai giovani adulti, Glasblokkene adotta un approccio globale che considera non solo le cure immediate, ma anche le necessità future di ogni paziente, affrontando le sfide sanitarie con un’impostazione centrata sulla persona.
Tra gli elementi più innovativi del progetto, infatti, spicca l’organizzazione dei servizi sanitari attorno al paziente, di modo che non sia quest’ultimo a spostarsi tra reparti, ma siano gli specialisti stessi ad andare dagli assistiti, migliorando l’esperienza di cura, ottimizzandone tempi e risorse e riducendo lo stress per i pazienti e per le loro famiglie.
█ Pianta del Piano terra dell’Ospedale Glasblokkene
L’ANALISI FUNZIONALE DEGLI SPAZI
Realizzato in due momenti e sviluppandosi su una superficie complessiva di 79000 mq, Glasblokkene è un modello per il futuro dell’architettura sanitaria, capace di unire efficienza medica, umanizzazione degli spazi e sostenibilità ambientale.
Nella prima fase (2016) sono stati attivati un totale di 29.000 mq di prestazioni sanitarie, con reparti psichiatrici, dipartimenti di ricerca, area universitaria, scuola, strutture riabilitative, auditorium, palestra, piscine e 54 stanze per i pazienti, tra cui spiccano la Clinica di Salute Mentale per bambini e ragazzi (PBU), il Servizio di Riabilitazione per bambini e ragazzi (HABU) e il Centro dell’Energia.
Nella seconda fase (2023), in una superficie di 50.000 mq sono stati insediati l’ospedale somatico, la Clinica pediatrica e giovanile, con gli ambulatori chirurgici dedicati, e la Clinica della Donna, con posti letto, ambulatori, reception, 12 sale operatorie, servizi di radiologia, un laboratorio per le analisi del sangue e un’area di ricerca dedicata.
In totale si contano 29 reparti tra chirurgia, radiologia, laboratori, dipartimento di ricerca, degenze, ambulatori ecc., 157 stanze per i pazienti, che possono ospitare fino a 178 pazienti, oltre a 3 stanze di isolamento per infezioni aeree. Dal punto di vista architettonico, l’ospedale risulta suddiviso verticalmente in due parti:
█ fino al piano terra troviamo la piastra sanitaria intervallata da tre grandi patii che portano la luce naturale; █ dal primo piano, seguendo la verticalità dell’edificio, si abbandona la distribuzione a piastra per entrare nei corpi lineari vetrati. Qui si trovano i piani delle degenze, organizzati in vari volumi edificati e suddivisi per specialità, la cui distribuzione in pianta alterna la disposizione tramite corpo quintuplo e corpo triplo. Questo gioco di volumi permette di creare ambienti diversificati all’interno dei reparti, come aree comuni, sale d’attesa e spazi di gioco, destinati sia ai pazienti (donne e bambini) sia ai visitatori.
█ Pianta del Secondo piano dell’Ospedale Glasblokkene
█ Pianta del Secondo piano interrato Glasblokkene
█ Sezione Trasversale dell’Ospedale Glasblokkene
Dalla disamina delle piante forniteci, l’ospedale appare così strutturato:
█ livello -2: area critica materno-infantile, con sale operatorie, terapia intensiva e area neonatale;
█ livello -1: area critica pediatrica, con sale operatorie, diagnostica per immagini, accesso alla day surgery, laboratori di ricerca, “Centro Energia” e auditorium;
█ piano terra: Area ambulatoriale e day hospital, con gli ingressi principali al pubblico (sia per l’area sanitaria che per il polo sportivo);
█ piani superiori: degenze pediatriche e materno-infantili, cliniche ambulatoriali (come la psichiatria) e scuola ospedaliera;
█ In copertura: Aree tecniche e impiantistiche.
UN OSPEDALE APERTO E ACCESSIBILE
Con una posizione strategica ben collegata da trasporti pubblici e infrastrutture ciclabili, la struttura del Glasblokkene riduce la necessità di interventi urbanistici ad hoc e contribuisce a diminuire traffico e inquinamento per poterlo raggiungere.
L’area d’ingresso principale, circondata da giardini tematici, è stata progettata per essere un punto di incontro accogliente per pazienti e visitatori, divenendo un vero e proprio centro di integrazione per la comunità locale.
Tra i padiglioni presenti, il “Centro Energia”, che include piscine terapeutiche e sale di trattamento e palestra, è aperto sia ai pazienti ospedalieri, che ai membri della comunità che necessitano di cure particolari. Questo approccio, che estende i benefici delle strutture
Vista aerea dell’Ospedale Glasblokkene e delle Ulriken mountains
oltre i confini tradizionali dell’ospedale, riflette un impegno verso la comunità vulnerabile e rafforza il ruolo di Glasblokkene quale elemento integrato nel tessuto sociale della città di Bergen.
L’ARCHITETTURA TERAPEUTICA
PER IL BENESSERE
L’architettura di Glasblokkene è stata progettata con un’attenzione particolare all’impatto terapeutico degli spazi: i blocchi dell’o-
spedale, disposti come “tasti di pianoforte” lungo il declivio, sono immersi in un paesaggio naturale che si fonde armoniosamente con l’edificio, permettendo alla luce naturale di fluire attraverso ampie vetrate. La disposizione degli edifici che segue il profilo naturale della montagna e l’uso dei materiali, sono stati pensati per creare un ambiente accogliente, rassicurante e stimolante, fondamentale per il benessere dei pazienti, soprattutto dei più piccoli. Ogni spazio è stato progettato per essere un luogo di guarigione: le stanze dei pazienti, dotate di un letto aggiuntivo per permettere ai familiari di rimanere vicini, le aree comuni, come le sale d’attesa e gli spazi gioco per i bambini, offrono ampie vedute sui giardini esterni, creando un collegamento diretto con la natura che contri-
█ Ingresso principale dell’Ospedale Glasblokkene
█ Spazio pubblico di accesso al piano terra
█ Spazio pubblico al piano terra dell’Ospedale Glasblokkene
█ Vista di uno dei cortili dell’Ospedale Glasblokkene
█ Zona ristoro con doppia altezza
█ Vista dell’ingresso e dell’area pubblica di accesso
█ Camera di degenza con letto dell’accompagnatore a ribalta
█ Sala comune al piano terra
█ Zona relax al piano terra
buisce al benessere psicofisico degli utenti. Inoltre, le aree gioco, dislocate strategicamente all’interno del complesso, sono progettate per stimolare l’attività fisica e mentale dei bambini, un aspetto cruciale per la loro progressiva guarigione. Le aree sono caratterizzate da diversi livelli di interazione e movimento, offrendo spazi che favoriscono sia il gioco attivo che il relax. Così strutturato, l’intero complesso ospedaliero diventa un ambiente di guarigione a tutto tondo, dove ogni spazio è pensato per promuovere la salute e il benessere, dei pazienti e dei loro cari.
SOSTENIBILITÀ E INNOVAZIONE TECNOLOGICA
Uno dei pilastri su cui si basa la progettazione di Glasblokkene è la sostenibilità: l’ospedale ha ottenuto la classe energetica A grazie all’integrazione di tecnologie avanzate che riducono al minimo l’impatto ambientale.
Tra le soluzioni adottate vi sono pannelli solari, sistemi per il riutilizzo delle acque reflue e l’uso di calcestruzzo a bassa emissione di carbonio. Questi elementi, tra gli altri, rendono Glasblokkene un esempio di eccellenza nella progettazione di ospedali sostenibili,
█ Vista di un locale per il personale
█ Vista di uno spazio ricreativo
█ Piscina terapeutica situata all’interno del “Centro Energia”
capaci di operare in modo efficiente sia dal punto di vista energetico che economico.
L’innovazione non si ferma alla sostenibilità ambientale: Glasblokkene è stato il primo ospedale al mondo ad essere completamente progettato e costruito attraverso un modello digitale 3D (digital twin); questa tecnologia ha infatti permesso di monitorare in tempo reale ogni fase della costruzione, ottimizzando i costi e garantendo una gestione più efficiente, ponendo le basi per un processo di manutenzione intelligente dell’edificio (2° classificato al premio building SMART International Awards 2021).
Il modello digitale è stato poi integrato nei sistemi di gestione dell’ospedale, consentendo il monitoraggio continuo di luci, attrezzature e sistemi di climatizzazione. Questo approccio non solo semplifica la gestione quotidiana, ma riduce anche i tempi e i costi di manutenzione, migliorando la capacità della struttura sanitaria di adattarsi alle esigenze future.
CONCLUSIONI
Glasblokkene è più di un’architettura per la salute: è un modello di come un edificio può trasformare il modo in cui concepiamo la sanità. Attraverso un approccio olistico che integra sostenibilità, innovazione tecnologica, e un design centrato sul paziente, Glasblokkene offre un ambiente di cura all’avanguardia, capace di rispondere alle
esigenze del presente e preparato ad affrontare le sfide del futuro. Il suo impegno verso la comunità e il territorio, unito all’attenzione per il benessere dei pazienti e del personale, lo rendono un esempio da seguire per la progettazione ospedaliera del XXI secolo.
Bibliografia
Le informazioni utili per la scrittura dell’articolo sono state tratte da: 1. descrizioni del progetto fornito da KHR Architecture; 2. disamina tecnica dei disegni di progetto; 3. portali di architettura accessibili dal web.
Ringraziamenti
Si ringraziano per la realizzazione dell’articolo Anne Lubbe (KHR Architects), Hanna Lunde (Henning Larsen) e Siri Luise Rørholt (Henning Larsen), per la condivisione, a nome del gruppo di progettazione (KHR Architecture + Henning Larsen + PKA Arkitekter e Schönerr), delle immagini e disegni pubblicati in questo contributo.
Design & Health Lab, Dipartimento ABC, Politecnico di Milano
MATTIA BRAVIN
ANDREA REBECCHI
STEFANO CAPOLONGO
Gli autori
█ Vista dell’auditorium
Casa della Salute della Donna, dell’Infanzia e dell’Adolescenza di Gorizia
L’intervento, realizzato nell’ambito del Progetto Salute Zdravstvo del Programma Interreg Italia-Slovenia 2013-2020, mira a portare sul territorio modelli virtuosi di eccellenza applicati ai temi della salute della donna per tutto l’arco della vita e lascerà un forte timbro sul territorio transfrontaliero
Progettista e Coordinatore del progetto ing. Paolo Delpin (Studio TECNOPROGETTI s.r.l.)
Interior design arch.Elisabetta Fornasir
Responsabile Unico del Procedimento arch. Mauro Baracetti
Direzione lavori e CSE ing. Paolo Delpin
Progetto di Umanizzazione arch. Mauro Baracetti, ing. Elisabetta Ruzzene, geom. Sandro Cussigh
Supporto sanitario dott.ssa Roberta Giornelli e dott.ssa Marilena Francioso
Impresa esecutrice
I.C.I. Impianti Industriali e Civili Soc. Coop. a r.l
Collaudatori ing. Pietro Zandegiacomo Riziò (collaudatore statico) ing. Elisabetta Ruzzene (collaudatore in corso d’opere e tecnicoamministrativo finale)
Superficie complessiva circa 885 mq/utili
Importo dei lavori
€. 2.423.489,05
Importo del Quadro Economico dell’intervento
€. 3.041.250,00
finanziamenti
€. 500.000,00 GECT e €. 1.923.489,05 finanziamenti regionali
Inizio dei lavori
04.04.2022
Termine dei lavori 22.12.2023
dicembre 2024
Nell’epoca nella quale ci troviamo a vivere, in cui alla cultura prevale il disinteresse, non possiamo non richiamare, quasi per preservare la nostra cultura e la nostra storia, lo scrittore russo Fedor Dostoevskij e il suo personaggio protagonista del romanzo “L’idiota”: la Bellezza salverà il mondo.
La Bellezza è l’obiettivo a cui giungere, è tutto ciò che si dovrebbe perseguire, sostenere, preservare e difendere, con l’unica certezza che, nel momento in cui accetteremo passivamente compromessi e deturpamenti della nostra cultura, non potremo fare altro che assistere al nostro declino di uomini, azzerando la differenza che ci contraddistingue dagli altri esseri viventi che popolano assieme a noi il pianeta Terra.
La Bellezza, come un’astrazione che di per sé contiene una gran mole di significati, ma che si sostanzia in molte e diverse manifestazioni artistiche che tendono a rappresentare l’integrità morale.
La via della Bellezza è la via della Salvezza: solo ricercandola e custodendola, potremo dire di percorrere la strada privilegiata per onorare il compito che attende la nostra vita. Solo approfondendo il senso dell’interiorità della nostra anima fatta di armonia e fascino,
eleganza e grazia, la riflessione diventa un’avventura alla ricerca delle sorgenti della bellezza così da saperci ancora meravigliare davanti ad un dipinto, ad un volto o ad un tramonto, gioendo al cospetto di quelle opere e di quegli eventi capaci di “farci star bene”, superando l’indifferenza che oggi attanaglia l’uomo. (Vito Mancuso).
Dal messaggio inviato dal Pontefice ai partecipanti alla XXI Seduta Pubblica delle Pontificie Accademie, sul tema Scintille di bellezza per un volto umano delle città del 6 dicembre 2016, si può cogliere che: “il prendersi cura delle persone, a cominciare dai più piccoli e indifesi, dei loro legami quotidiani, significa necessariamente prendersi cura anche dell’ambiente in cui essi vivono… piccole scintille di bellezza e di carità possono risanare, “rammendare” un tessuto umano, oltre che urbanistico e ambientale, spesso lacerato e diviso, rappresentando una concreta alternativa all’indifferenza e al cinismo”.
Emerge, così, il compito importante: creare opere che portino, proprio attraverso il linguaggio della bellezza, un segno, una scintilla di speranza e di fiducia lì dove le persone sembrano arrendersi all’indifferenza e alla bruttezza.
█ Planimetria del piano interrato
I progettisti, i tecnici, i creatori di ambienti e spazi, vengono chiamati a far brillare la bellezza soprattutto dove l’oscurità o il grigiore domina la quotidianità… come una sorta di custodi della Bellezza, annunciatori e testimoni di speranza per l’umanità e come tali chiamati ad avere cura della Bellezza… come unica medicina in grado di curare le tante ferite che segnano il cuore e l’animo degli uomini e delle donne dei nostri giorni.
I progettisti devono quindi impegnarsi a proporre un modo alternativo di intendere la qualità della vita, incoraggiando la tutela di “oasi di Bellezza” nelle nostre città troppo spesso cementificate e senz’anima…. Questo è l’obiettivo che tutti i professionisti chiamati, a vario titolo, ad occuparsi della cura delle persone e ad immaginare strutture e spazi adeguati.
Tutti quelli a cui sta a cuore il raggiungimento di questo obiettivo devono impegnarsi nel far conoscere la gratuità della Bellezza che si concretizza nel pensare a soluzioni abitative che non possono non sottendere all’Umanizzazione.
L’Umanizzazione quindi, come impegno a rendere i luoghi di assistenza e i programmi diagnostici terapeutici orientati quanto
più possibile alla persona, considerata nella sua interezza fisica, sociale e psicologica – è un elemento essenziale per garantire la qualità dell’assistenza.
Secondo Treccani, Umanizzare significa rendere più umano, civile e più conforme a quella che si ritiene debba essere la natura umana, ciò che ci circonda.
Questo pensiero, calato nella fattispecie trattata, vuol significare massima attenzione non solo per l’assistenza sanitaria, ponendo al centro dei percorsi sanitari l’ammalato ma anche, secondo una visione olistica, gli spazi dove la persona riceve l’assistenza di cui necessita.
Umanizzare, quindi, non solo un obiettivo ma è un dovere, pone l’obbligo di pensare che una struttura complessa, tecnologica e molto articolata, solitamente progettata secondo criteri funzionali, possa e debba rispondere anche alla sempre maggiore richiesta di qualità ambientale e accoglienza.
Da anni si propongono nuovi protocolli di approccio tra il personale medico, pazienti e parenti o visitatori, basati sui rapporti umani.
█ Planimetria del piano terra
Poi ci si è accorti che le qualità percepite dell’ambiente, dove queste relazioni si esprimono, conta molto, molto di più di quanto si potesse pensare.
Questa visione porta all’assunzione della certezza di come non sia fuori luogo parlare di “ambiente terapeutico” e delle sue caratteristiche intrinseche. Un ambiente, quindi, in grado di coadiuvare l’efficacia del lavoro del personale sanitario con i processi emozionali dei pazienti che, proprio grazie all’ambiente in cui questa simbiosi viene a crearsi, possono trasformarsi da negativi a positivi, rendendo più agevole il percorso di cura.
Ma come fare? Qual è la ricetta che può portare alla realizzazione di una ambiente terapeutico? Qual è il processo alchemico capace di trasmutare un ambiente normale in uno terapeutico capace di “spremere” dall’uomo la risorsa più positiva che la sua anima potenzialmente contiene?
Come il marinaio, nonostante la tempesta, abbia ben chiara la rotta da seguire per portare la nave ad attraccare in un porto sicuro così il progettista, inseguendo l’idea della Bellezza, deve aver chiaro il percorso che porta alla realizzazione di un ambiente o di un insieme di ambienti che possano essere definiti complessivamente “ospedale bello“.
Come scrive Giulio Bertagna, professore al Politecnico di Milano, “…le nostre capacità visive e percettive si sono perfezionate, nei nostri avi, in zone temperate e boscose. Il nostro cervello è in grado di rilevare le profondità diverse, le forme diverse, anche se simili, delle foglie, seppure mosse dal vento. Il cervello fa un lavoro pazzesco, eppure, mentre osserviamo l’albero e gli altri alberi vicini, siamo in grado di rimuginare i nostri fatti personali e dopo questa esperienza ci sentiamo meglio e più rilassati. Questo dimostra che il nostro sistema visuo-percettivo cerebrale è predisposto alla lettura accurata degli stimoli ambientali; vive di questi, ne ha bisogno.
È necessario quindi creare degli stimoli visivi che aiutino il cervello a lavorare secondo natura, inducendo positivamente la mente a navigare nell’introspezione, nella fantasia, nel sogno e nella speranza…”.
Ma cos’è quindi un ambiente terapeutico? Che caratteristiche gli appartengono?
La terapia dell’ambiente come termine è stata coniato da Bruno Bettelheim nel 1948. Filosofie simili avevano cominciato a sorgere nei centri di trattamento istituzionali già nel 1800.
Un ambiente terapeutico è un luogo che abbia, intenzionalmente o meno, un effetto terapeutico sul singolo individuo. Ma non solo, è anche un termine usato per fornire un ambiente confortevole, sicuro e conveniente per il sanitario così che lo stesso possa svolgere il suo lavoro al meglio delle sue capacità senza essere ostacolato dal suo ambiente di lavoro.
█ L’edificio dall’esterno
█ Dall’area Zona ristoro – attesa – giochi si entra nell’area degli studi medici e area di incontro delle future mamme
Massimizzare il comfort e ridurre al minimo lo stress in un ambiente terapeutico può aiutare notevolmente sia il terapeuta che il paziente, accelerando così il processo di trattamento e riducendo al minimo il potenziale disagio ad esso associato. Tali ambienti sono tipicamente progettati per far sentire il paziente, per quanto possibile, più a proprio agio e, in alcuni casi, per distrarlo da qualcosa di particolarmente spiacevole.
Gli obiettivi per i quali è importante mantenere un ambiente terapeutico possono essere riassunti come segue: preservare l’individualità del paziente, avere fiducia nelle persone assistite, incoraggiare un buon comportamento, aumentare la responsabilità e l’iniziativa dei pazienti.
Partendo da queste premesse, ASUGI ha continuato il proprio percorso progettuale imperniato sull’Umanizzazione degli spazi sanitari, nel solco indicato con la realizzazione della Nuova Neuropsichiatria Infantile e Monfalcone, inaugurando il giorno 22 aprile 2024, la “Casa della Salute della Donna, dell’Infanzia e dell’Adolescenza”.
I PERCHÉ DEL PROGETTO
La ristrutturazione degli spazi è stata promossa e finanziata nell’ambito del Progetto Salute Zdravstvo del Programma Interreg Italia – Slovenia 2013-2020, di cui il beneficiario è stato il GECT GO. Il progetto Salute-Zdravstvo ha lasciato un forte timbro sul nostro territorio transfrontaliero, sia dal punto di vista infrastrutturale sia dal punto di vista di acquisizione di nuove conoscenze e nuove collaborazioni per migliorare l›erogazione e la qualità dei servizi sanitari e sociali.
Nasce così a Gorizia, la Casa della Salute della Donna, dell’Infanzia e dell’Adolescenza, una realtà innovativa di comunità, nata da un progetto che mira a portare sul territorio modelli virtuosi di eccellenza applicati ai temi della Salute della donna in tutto l’arco di vita, al benessere riproduttivo, alle cure perinatali e dell’ infanzia, comprese le giovani generazioni.
La Struttura diventa un nodo della più ampia rete di offerta di servizi sanitari, socio-sanitari e socio-assistenziali e, al tempo stesso, è parte integrante dei luoghi di vita della comunità locale.
Viene così attuata la promozione di un percorso integrato ospedale-territorio, in coerenza con la normativa nazionale (Accordo Stato Regioni 16/12/2010), regionale (DGR n.723/2018), promossa dai Comitati Percorsi Nascita ed in linea con le evidenze scientifiche, al fine di garantire equità d’accesso favorendo la messa in rete di tutti i Servizi Sanitari dedicati non solo al percorso nascita nei primi 1000 giorni di vita, ma anche alla prevenzione e la promozione della salute femminile, dell’infanzia e dell’adolescenza.
█ Area incontri future mamme
█ Studio medico
Nella gestione dell’attività, viene applicato un modello organizzativo di continuità assistenziale, che favorisce la rotazione delle risorse nei servizi territoriali ed ospedalieri (ovvero il “ Midwiferyled continuity of care”) prevedendo la centralità del ruolo delle ostetriche nella presa in carico dei bisogni e nell’individuazione di situazioni che richiedono l’intervento degli altri specialisti. Il lavoro delle ostetriche, pertanto, si integra con tutti i professionisti coinvolti (ginecologi, psicologi, assistenti sociali, pediatri ospedalieri, pediatri di libera scelta, medici di medicina generale ecc.) e con tutte le Strutture del territorio e ospedaliere. Gli studi, la palestra, il percorso benessere, la piscina (Spa- salute attraverso l’acqua) sono le aree che compongono la Struttura finalizzate a garantire e promuovere “la salute, durante queste fasi salienti della vita, intesa non solo come assenza di malattia bensì come completo benessere psico fisico”.
I DATI PROGETTUALI
L’edificio si sviluppa su due piani: █ piano terra (circa 324 mq utili); █ piano interrato (circa 560,00 mq utili).
Al piano terra sono presenti le seguenti attività: l’area accoglienza e ristoro, n. 4 studi medici, lo studio delle ostetriche, l’area incontri, l’area allattamento e servizi di supporto alle attività (wc, depositi e vani tecnici).
Al piano interrato sono presenti le seguenti attività: locale polifunzionale da utilizzare come palestra o sala conferenze, il Percorso Benessere, l’Area SPA con piscina e servizi di supporto alle attività (spogliatoi, wc, depositi e vani tecnici).
Per concretizzare tutto ciò espresso in premessa così che la teoria possa trovare una concreta applicazione fruibile dalla cittadinanza, già in sede di gara, ma anche nel corso dei lavori ASUGI, in qualità di stazione appaltante, ha richiesto l’applicazione di migliorie contrattuali riguardanti prevalentemente gli aspetti impiantistici e le finiture interne dell’edificio.
In particolare, ASUGI ha perfezionato le scelte progettuali inziali, decidendo di porre una grande attenzione all’aspetto dell’Umanizzazione delle strutture sanitarie, secondo la logica “del mettere al centro del tutto il paziente”.
█ L’obiettivo perseguito?
Creare un insieme di ambienti terapeutici.
Ciò ha portato a scelte utili a creare un ambiente accogliente, armonioso, dall’aspetto rassicurante, come quello domestico, che possa contribuire positivamente al percorso sanitario, certi che il rapporto tra l’utente e la struttura non si possa, limitatamente, esaurire solo con il personale sanitario ma vada ben
█ Area studi medici
█ Area pre spogliatoio
oltre, “completando la chiusura del cerchio” misurandosi anche con l’ambiente, le forme, i colori, i materiali, la luce e le geometrie.
Sulla base di questo credo, si è data assoluta attenzione alla tipologia dei materiali e delle finiture, utilizzando pareti divisorie degli studi medici in legno e vetro; il corten con una retroilluminazione a led nella bocca di lupo della sala riunioni/palestra; immagini in 3D illuminate frontalmente di piante nella bocca di lupo della spa; scelte cromatiche innovative delle pareti degli ambulatori e dei corridoi, dosando con sensibilità le tonalità, che dialogano adeguatamente con le colorazioni degli arredi e le scelte geometriche dei controsoffitti; frangiluce in legno. Le scelte impiantistiche risultano di ultima generazione e rispettano gli obiettivi di sostenibilità ambientale: i locali e i corridoi sono dotati di un impianto d’illuminazione artificiale che dialoga con l’intensità luminosa naturale esterna. I corridoi sono dotati di corrimano luminosi che, supportati da sensori di presenza, permettono l’accensione delle luci incorporate al passaggio delle persone, per poi spegnersi automaticamente; , impianto di illuminazione della piscina a led, dimmerabile, così da proporre all’utenza una possibile cromoterapia ecc.
ELISABETTA
Ingegnere, S.C. Edilizia e Impianti Area Isontina
MAURO BARACETTI
Architetto, Direttore S.C. Edilizia ed Impianti Area Isontina
█ Zona Spa
█ Area massaggi future mamme
dicembre
RUZZENE
Gli autori
C.F. Moller,
Soluzioni intelligenti per il nuovo Ospedale universitario di Odense
Il progetto del nuovo Ospedale Universitario di Odense si inserisce all’interno di un’ iniziativa del governo danese per migliorare la qualità del sistema sanitario nazionale attraverso la realizzazione di strutture ospedaliere innovative. Per raggiungere quest’obiettivo ATI Project ha sviluppato una proposta basata sull’adozione della metodologia BIM. Grazie alle elevate prestazioni energetico-ambientali raggiunte l’edificio ha meritato la certificazione Low Energy Buildings
di Rosa Romano
(Concept:
Render: MTSYS, Schemi e disegni: ATI Project, Foto: ATI Porject, Andrea Zanchi)
DATI TECNICI
Località: Odense, Danimarca.
Cliente (General Contractor): Odense Hospital Project Team Joint Venture IS (Cmb - Itinera).
Stazione appaltante: Region of Southern Denmark.
Valore dell’opera: 594 mln di euro.
Progetto architettonico: ATI Project.
Progetto strutturale: ATI Project.
Progetto impiantistico: ATI Project.
Anni: 2018 - in corso.
Stato: In costruzione.
Premi:
The Plan Award 2019 - Categoria: Future Hospital.
BIM & DIGITAL AWARD 2018 –Categoria: Edifici Pubblici.
Dimensioni edificio: 250.000 mq.
Dimensioni lotto: 800.000 mq.
Fabbisogno energetico globale: 33 kWh/mqK anno.
Trasmittanza termica involucro opaco: 0,15 W/mqK.
Trasmittanza termica infissi: 0,7 W/mqK.
█ Vista dell’ospedale in costruzione
dicembre 2024
Il nuovo Ospedale Universitario di Odense, attualmente in costruzione, si trova all’interno di un parco nell’area Sud-Est dell’omonima cittadina danese, nel quale sono già stati costruiti altri edifici destinati ad ospitare vari dipartimenti dell’Università della Danimarca del Sud legati all’ambito tecnologico e sanitario. Il complesso, progettato dallo studio ATI Project, è stato concepito per garantire qualità funzionale ed efficienza energetica, meritando la certificazione Low Energy Buildings rilasciata dal governo danese per gli edifici che presentano un fabbisogno energetico globale inferiore a 33 kWh/mq anno. Per raggiungere questi obiettivi il progetto è stato sviluppato ponendo particolare attenzione alle scelte di involucro e di impianto, ispirate dai paradigmi dell’architettura bioclimatica e dall’adozione di tecnologie altamente performanti dal punto di vista energetico e ambientale.
DISTRIBUZIONE PLANIMETRICA
L’impianto planimetrico del nuovo ospedale è connotato dalla presenza di 7 volumi che si dispongono parallelamente lungo l’asse nord-sud, connessi da collegamenti orizzontali sopraelevati, così da ottimizzare i percorsi interni alla struttura e favorire il contatto e l’integrazione con la natura circostante e gli edifici esistenti. Nel dettaglio l’organizzazione morfologico-funzionale del nuovo ospedale è caratterizzata dalla presenza dei seguenti ambienti: █ la spina centrale (DP03), chiamata Asse della Conoscenza che collega il nuovo ospedale con la preesistente università ospitando spazi dedicati al pubblico, alla ricerca e alle funzioni sanitarie a supporto dei padiglioni laterali;
█ gli spazi dedicati al trattamento e degenza (DP04), che si trovano al centro dei volumi laterali e ospitano i reparti di degenza, il blocco operatorio e la diagnostica per immagini; █ i padiglioni multifunzionali o clusters (DP05-DP06-DP07DP08), dove sono collocati i poliambulatori, le degenze speciali, il blocco parto, il pronto soccorso, la medicina nucleare e la sezione di radioterapia, distribuiti in modo variegato all’interno delle ali laterali per soddisfare al meglio i requisiti di prossimità tra le diverse specialità mediche.
Particolare attenzione è stata posta nella progettazione degli spazi esterni del nuovo ospedale, concepiti come un grande parco pubblico, caratterizzati dalla presenza di 30 aree orto-giardino attrezzate pensate per minimizzare l’impatto dell’edificio sul contesto urbano circostante e favorire l’interazione dei pazienti con la natura.
IL SISTEMA TECNOLOGICO COSTRUTTIVO
I corpi di fabbrica del nuovo ospedale sono stati realizzati utilizzando una struttura mista in cemento armato semi-prefabbricata che si sviluppa rispetto ad una maglia regolare di 7,20 m, mentre le passerelle di collegamento trasversale sono costruite con una struttura in acciaio a traliccio “Warren”. Per garantire la stabilità di tutti i corpi di fabbrica, sono state integrate pareti di controvento in c.a. posizionate in corrispondenza dei vani ascensore, dei vani scala, dei locali tecnici e dei giunti strutturali.
I solai di impalcato, appoggiati a fondelli in acciaio, sono stati realizzati con elementi prefabbricati e modulari in lastre alveolari,
█ Sezione Bioclimatica di uno dei padiglioni laterali
sulle quali è stato poi gettato un massetto in cls al fine di garantire un comportamento monolitico per tutto il corpo di fabbrica.
FACCIATE E SOLUZIONI DI INVOLUCRO
La facciata dei nuovi edifici è stata progettata per raggiungere elevati requisiti termoigrometrici (trasmittanza termica di 0,15 W/ mqK), e garantire condizioni ottimali di comfort all’interno degli spazi confinati.
In generale, è stato privilegiato l’impiego di soluzioni costruttive prefabbricate e preassemblate come sistemi multistrato a secco in modo da consentire controlli di qualità di prodotto e di processo più elevati, e facilitare le attività di sostituzione e manutenzione nel tempo.
Inoltre, i tamponamenti esterni delle chiusure verticali sono stati diversificati in relazione alle funzioni ospitate all’interno dell’edificio così da permetterne una maggiore riconoscibilità dall’esterno, aiutando i visitatori ad orientarsi all’interno del complesso ospedaliero. Con questo obiettivo sono stati definiti i seguenti sistemi tecnologici:
- ai primi due piani, dove sono collocati gli uffici dell’ospedale, gli spazi pubblici e i reparti di analisi e trattamento, sono state realizzate finestre a nastro incorniciate da un sistema di parete a schermo avanzato realizzata con moduli in corten stirato e forato (materiale scelto per l’elevata resistenza alla corrosione da agenti atmosferici e la capacità di mantenere inalterate le sue caratteristiche cromatiche e le sue proprietà meccaniche nel tempo);
- al piano secondo, dove si trovano i locali tecnici e logistici, la facciata continua è realizzata con pannelli sandwich prefabbricati rivestiti con moduli di calcestruzzo;
- negli ultimi due piani, destinati ad ospitare le camere di degenza, l’involucro è realizzato con una soluzione prefabbricata a celle, tamponata all’esterno con pannelli in vetro e alluminio per alleggerirne l’impatto visivo.
Tutti i tamponamenti opachi sono stati progettati come sistemi multistrato assemblati a secco e caratterizzati dalla presenza di strati isolanti realizzati con pannelli in lana di roccia e barriere al vapore per evitare fenomeni di condensa interstiziale.
Le finestre sono state progettate per controllare in modo adeguato i flussi termici e luminosi passanti. Nel dettaglio tutti gli infissi sono caratterizzati dalla presenza di: █ tamponamenti in triplo vetro basso emissivo, con intercapedine riempita con gas Argon (trasmittanza termica Ug: 0,5 W/ mqK; fattore solare g: 0,45; fattore di trasmissione luminosa Ƭ: 0,67);
█ telaio in alluminio a taglio termico di 100 mm di spessore (trasmittanza termica complessiva della finestra: 0,7 W/mqK);
Schema funzionale
Psichiatria infantile
Uffici e amministrazione
Pediatria e terapia intensiva
Terapia intensiva
Pronto Soccorso
Genetica clinica
Patologia clinica
Farmacologia e biochimica
Dip. Microbiologia clinica
Centro di simulazione
Area tecnica
Uffici e amministrazione
Strutture per il personale
Immunologia clinica
Terapia intensiva
Radiologia
Maternità e Ginecologia
Dip. Operativo
Medicina polmonare
Indagini e trattamenti
Ematologia e reumatologia
Oncologia
Area tecnica ad alto isolamento
Tutti reparti
Centro di formazione (SUND)
Psichiatria infantile
Pediatria e terapia intensiva
Farmacia
Pronto soccorso
Operativo di Cardiologia
Radiologia
Medicina neonatale
Day Hospital
Medicina cardiovascolare
Patologia clinica
Immunologia clinica
Allergologia, dermatologia
Nefrologia e dialisi
Cappella
Radioterapia
Endoscopia
Medicina nucleare
Indagine mista e trattamento
Oftalmologia e odontoiatria
Degenze di biocontenimento L3-4
█ schermature solari realizzate come tende interne filtranti, o tende interne blackout o veneziane integrate nel serramento a lamelle regolabili.
LE SOLUZIONI IMPIANTISTICHE
L’energia termica necessaria a riscaldare l’edificio e produrre acqua calda sanitaria è fornita dalla rete di teleriscaldamento cittadina. D’estate, invece, l’ospedale è servito da una batteria di chiller per il raffrescamento che, pur essendo monoblocco, funziona per singole zone climatiche, garantendo la flessibilità del sistema.
L’intero impianto è bilanciato dinamicamente tramite PICV così da essere funzionale in qualsiasi condizione operativa, anche grazie alla presenza di un anello di distribuzione interna che per-
█ Schema funzionale
P1
Facciata tipologica padiglione degenze
Planimetria schematica con indicazione della distribuzione funzionale
█ Facciata tipologica padiglione degenze
mette la completa continuità di servizio su tutto l’Ospedale sia in caso di malfunzionamento che di manutenzione.
Il trattamento dell’aria avviene tramite UTA collocate al piano secondo di ciascuna unità funzionale che distribuiscono aria primaria che viene poi post-trattata nella singola stanza a seconda delle esigenze. Le aree critiche, come i blocchi operatori, sono gestite tramite macchine dedicate, organizzate a gruppi di tre, operanti sulla medesima rete tramite plenum.
L’impianto elettrico è alimentato da 26 cabine di trasformazione, per un totale di 36 trasformatori MT/BT, allacciati su 4 anelli di media tensione, connessi a un’alimentazione di backup composta da gruppi rotanti di continuità. Nel dettaglio, la distribuzione elettrica è costituita da più Power Center che alimentano ognuno una porzione di edificio e sono interconnessi a coppie, lato BT, per fornire un’alimentazione di backup in caso di guasto o manutenzione sul trasformatore di riferimento. Ogni coppia è connessa rispettivamente a due trasformatori in cabine separate e collegata ad anelli di media tensione. L’uso di batterie per UPS è ridotto al minimo, per ridurre i costi di gestione/manutenzione, in favore di switch statici (STS).
L’impianto di illuminazione con lampade LED ad alta efficienza, controllato interamente in DALI, oltre a garantire i livelli di illuminamento necessari alle normali attività ospedaliere e alle altre fun-
Scossalina coprimuro
Membrana bituminosa
Isolante pendenzato
Isolante in lana d roccia (120mm)
Massetto delle pendenze
Linoleum (2mm)
Tappetino acustico (9mm)
Massetto in cls (86mm)
Controparete (95mm)
Isolante in lana minerale (95mm)
Controparete (95mm)
Isolante in lana minerale (95mm)
Linoleum (2mm)
Massetto in cls. (90mm) Guaina in polietilene
█ Sezione costruttiva dell’involucro edilizio
Cordolo in c.a.
Isolante in lana di roccia (100mm)
Trave strutturale di bordo con fondello in acciaio
Isolante in lana di roccia (145mm)
Sistema di facciata a cellule (71mm)
Barriera al fuoco
Trave alveolare (320+50mm)
Trave strutturale (500x370mm)
Pannello prefabbricato in cls.
Isolante in lana di roccia (100mm)
Isolante in lana di roccia (60mm)
Rivestimento di facciata in corten
Controsoffitto in pannelli di lana minerale Strato di cls.a (60mm)
Infisso in alluminio a taglio termico (100mm)
Pannello prefabbricato in cls. U=0,22 W/mqK
Isolante in lana di roccia (100+60 mm)
Rivestimento di facciata in corten
Isolante termico in XPS (160mm)
Massetto in c.a. (100mm)
Vespaio in ghiaia (500mm)
Magrone in cls. (50mm)
zioni pubbliche presenti, anche in caso di emergenza, funge da supporto per il sistema di wayfinding e asset tracking interno all’ospedale, tramite l’integrazione di beacon BLE nei corpi illuminanti. Infine, per permettere il controllo di ogni funzione del corpo di fabbrica, l’ospedale è gestito da un sistema di Building Management Automation standardizzato e aperto, costituito da una piattaforma SCADA comune con interfaccia grafica dedicata, in cui diversi fornitori di sistemi sono in grado di trasferire e ricevere dati senza l’utilizzo proprietari. Grazie all’utilizzo di questo sistema BMS è possibile controllare e gestire tutti gli impianti, sia elettrici che meccanici, garantendo un ulteriore risparmio energetico rispetto alle tecnologie digitali di controllo tradizionali. Il sistema BMS permette, infatti, di misurare in tempo reale i flussi energetici, acquisire, archiviare ed elaborare i dati di tutti gli impianti a servizio dei corpi di fabbrica, programmando, quando necessario, le azioni predittive utili ad ottimizzare l’asset energetico-ambientale dell’nuovo ospedale.
L’autrice
ROSA ROMANO
Università degli Studi di Firenze
█ Vista di uno dei collegamenti in acciaio in costruzione
█ Vista di uno degli ingressi
L’umidificazione dell’aria negli ospedali
Un problema tutt’altro che trascurabile che sarebbe ora di inquadrare e risolvere
L’umidificazione dell’aria negli ospedali costituisce un aspetto tutt’altro che secondario e trascurabile con pesantissimi risvolti di natura igienica, economica e gestionale.
Per contro va evidenziato che l’umidificazione dell’aria non è indispensabile, in quanto non vi sono giustificati e importanti motivi sia di comfort termo igrometrico, sia soprattutto sanitari, che facciano ritenere necessario il controllo dell’ umidità relativa minima dell’aria durante la stagione invernale nella quasi totalità dei reparti ospedalieri. Queste valutazioni sono per altro confermate da autorevoli progetti di norma europei in corso di redazione. Ciò nonostante, le norme di accreditamento degli ospedali prescrivendo valori minimi di umidità relativa impongono di fatto la presenza di tali sistemi impiantistici.
L’articolo riporta le posizioni tecniche su questo tema delle più importanti norme e linee guida nazionali e internazionali e prova ad individuare le possibili scelte progettuali di compromesso volte a minimizzare il problema.
PREMESSA
Dal punto di vista impiantistico e dei consumi energetici l’umidificazione dell’aria negli ospedali costituisce un aspetto molto importante con rilevanti risvolti di natura igienica, economica e gestionale.
Proveremo ad inquadrare e affrontare questa tutt’altro che trascurabile problematica cercando di dare risposte alle seguenti domande:
█ l’umidificazione dell’aria può comportare dei rischi igienici?
█ l’umidificazione dell’aria negli ospedali è proprio necessaria?
█ quali sono le posizioni tecniche dei principali standards internazionali?
█ quali sono le ripercussioni in termini di realizzazione degli impianti HVAC ospedalieri e in termini gestionali?
█ il gioco vale la candela?
█ quali sono le soluzioni o quanto meno i compromessi percorribili?
█ L’ umidificazione dell’aria può comportare rischi igienici?
La risposta è sì.
Come illustrato nel riquadro in cui vengono sinteticamente riassunti gli aspetti salienti del rischio legionellosi, benché quest’ ultimo sia maggiormente associato ad altri sistemi impiantistici e in particolare agli impianti di produzione e distribuzione acqua calda sanitaria, una errata scelta dei sistemi di umidificazione nelle unità di trattamento aria può essere causa di diffusione nel flusso dell’aria trattata di micro-goccioline di acqua contenenti il batterio.
█ L’umidificazione dell’aria negli ospedali è proprio necessaria?
La risposta è no.
Non vi sono giustificati e importanti motivi sia di comfort termo igrometrico, sia soprattutto sanitari, che facciano ritenere indispensabile il controllo dell’umidità relativa minima dell’aria durante la stagione invernale nella quasi totalità dei reparti ospedalieri. Relativamente al comfort termo igrometrico nella figura 1 è riportato il diagramma delle zone di benessere (Graphic Comfort Zone) raccomandate della norma ANSI/ASHRAE 55-2010 “Thermal Environmental Conditions for Human Occupancy” per gli ambienti moderati (tassi metabolici compresi tra 1,0 e 1,3 met e vestiario compreso tra 0.5 e 1.0 clo), quali certamente gli ospedali Come si può osservare non vi sono limiti inferiori di controllo dell’UR, ma solo un limite superiore di umidità specifica pari a 12 g/kg di aria secca che per la zona di benessere estivo corrisponde a una UR tra il 67% e il 56%.
Anche l’ultima versione della norma UNI CEN/TR 16798-1:2019 conferma queste condizioni, precisando al paragrafo B.3.3 Criteri
█ Figura 1. Il graphic comfort zone method della norma ANSI/ASHRAE 55-2010 “Thermal Environmental Conditions for Human Occupancy”
consigliati per il dimensionamento dell’umidificazione e della deumidificazione “Per gli edifici che non hanno altri requisiti specifici di controllo dell’ umidità relativa, oltre a quelli connessi con l’occupazione umana (ad esempio uffici, scuole e edifici residenziali), di norma non è necessaria sia l’umidificazione, sia la deumidificazione dell’aria.”
Se viene comunque prevista l’umidificazione o la deumidificazione l’intervallo di valori consigliati (Tabella B.16 della norma) per un Indoor environmental quality di categoria II è compreso tra il 25% e il 60%.
A fare infine importante chiarezza su queste considerazioni è il progetto di Technical Specification europeo prEN xxxxx-1:202X. 1
Introductory element — Ventilation for hospitals — Part 1: General requirements, Operating Suites and Isolation Rooms” in corso di redazione da alcuni anni a cura del CEN/TC 156 WG 18. Nel suo ultimo draft tale standard, che è certamente destinata a diventare uno dei più autorevoli riferimenti normativi per la progettazione degli impianti HVAc ospedalieri, precisa che l’umidificazione dell’ aria non è obbligatoria in inverno non solo per gli ambienti low care (cfr. Tabella 1), ma anche per gli ambienti high care quali ad esempio le sale operatorie (cfr. Tabella 2) per le quali si precisa solo che “a bassi livelli di umidità relativa devono essere prese in considerazione misure di controllo antistatico.”
È importante sottolineare che il progetto di Technical Specification indica molto chiaramente che non ci sono motivazioni di carattere sanitario per l’umidificazionedell’ aria.
Più in generale viene riportato quanto segue.
Laddove sia comunque prevista l’umidificazione dell’aria ambiente, si dovrà mirare a un valore del 30% di umidità relativa a 22 ° C. La prevenzione delle scariche elettrostatiche (ESD) per mezzo di una elevata umidità relativa non è consigliata a causa del risparmio energetico e dell’elevato costo operativo e dei rischi per la crescita microbiologica.
█ Quali sono le posizioni tecniche dei principali standards internazionali?
Riportiamo qui di seguito i più importanti riferimenti normativi in merito ai sistemi di umidificazione dell’aria in ambito ospedaliero.
- Norma UNI 11425:2011 – “Impianto di ventilazione e condizionamento a contaminazione controllata (VCCC) per il blocco operatorio. Progettazione, installazione, messa in marcia, qualifica, gestione e manutenzione”
La norma UNI 11425 è l’unica norma italiana relativa agli impianti HVAC in ambito ospedaliero. Essa disciplina la progettazione
AMBIENTE CLASSE DI VENTILAZIONE PORTATA ARIA ESTERNA (ODA)
Sala operatoria
Deposito sterile
"CL-1a, CL-1b e CL-2" "≥ 333 l/s (≥ 1.200 mc/h)"
Conforme alle sale operatorie associate "7 l/(s pers) + 0,7 l/(s m2)"
AMBIENTE CLASSE DI VENTILAZIONE PORTATA ARIA ESTERNA (ODA)
Degenze con occupazione permanente
Locali per il personale e altre aree generali
CL-5 "10 l/(s pers) + 1 l/(s m2)"
CL-4 "7 l/(s pers) + 0,7 l/(s m2)"
degli impianti di ventilazione e condizionamento a contaminazione controllata VCCC per i blocchi operatori.
Nel paragrafo 4.3.2.4 vengono descritte le caratteristiche costruttive delle unità di trattamento aria e delle relative sezioni che le compongono. Relativamente alla sezione di umidificazione la norma prescrive quanto segue:
“[..] Il sistema di umidificazione deve essere del tipo a vapore pulito, saturo o surriscaldato e garantire che in nessun punto dell’unità di trattamento aria ci sia rischio di formazione di condensa. [..]”
Risulta pertanto evidente che in Italia le sale operatorie possono essere servite solo da sistemi di umidificazione a vapore.
- Norma DIN 1946-4:2018 – Ventilation and air conditioning: ventilation in buildings and rooms of health care
La norma tedesca, la cui prima edizione risale addirittura al 1963, è da sempre una delle più importanti e autorevoli norme a livello europeo in materia di progettazione, costruzione e gestione di sistemi di ventilazione e condizionamento in edifici ospedalieri, Nella sua ultima versione del settembre 2018 al paragrafo 6.5.11 specifica quanto segue:
“[…] For hygiene reasons, only air humidifiers using steam that does not pose a health risk are permitted. […]”
Pertanto, secondo la normativa tedesca qualsiasi tipologia di ambiente in ambito sanitario per il quale è prevista umidificazione dell’ aria occorre che essa venga effettuata mediante sistemi di umidificazione a vapore.
UMIDITÀ RELATIVA "TEMPERATURA (INTERVALLO IN CUI IL PARAMETRO DEVE POTER FLUTTUARE)"
"< 60 % a 21 °C
L'umidificazione dell' aria durante la stagione invernale non è obbligatoria"
"< 60% a 21 °C
L'umidificazione dell' aria durante la stagione invernale non è obbligatoria"
18÷26 °C
UMIDITÀ RELATIVA TEMPERATURA
L'umidificazione dell' aria durante la stagione invernale non è obbligatoria
"Inverno: 20-24 °C Estate 23-26 °C"
L'umidificazione dell' aria durante la stagione invernale non è obbligatoria -
Le posizioni di questo importante Technical Specification europeo sulla ventilazione negli ospedali sono già state riportate al paragrafo precedente
Ribadito che l’umidificazione dell’aria non è obbligatoria né tanto meno necessaria, tale standard precisa comunque che qualora prevista si consiglia di utilizzare umidificatori a vapore, umidificatori di categoria E secondo EN 13053.
- ASHRAE Addendum to Standard 170-2013 – Ventilation of Health Care Facilities
Nel novembre del 2016 ASHRAE ha approvato un addendum allo Standard 170-2013 – Ventilation of Health Care Facilities proprio sul tema specific dell’ umidificazione adiabatica in ambito ospedaliero. In base a quanto riportato in tale addendum è possibile utilizzare l’umidificazione adiabatica con nebulizzatori ad alta pressione anche per gli ambienti ospedalieri. Affinché possa essere considerata igienicamente sicura, vengono però richieste alcune condizioni aggiuntive e precisamente le seguenti:
█ l’acqua deve essere trattata con osmosi inversa;
█ l’acqua deve essere sanitizzata con lampade UV-C;
█ l’acqua deve essere filtrata mediante filtro submicronico (rif. ASTM D1193 Tipo III, grado B);
█ l’acqua osmotizzata deve essere mantenuta in circolo dalla sorgente fino alle valvole dell’umidificatore;
█ la rete di distribuzione dell’acqua osmotizzata e i componenti previsti su tale rete devono poter essere completamente drenate quando non in uso;
█ devono essere presenti delle prese campione per poter verificare la qualità dell’acqua;
█ i separatori di gocce devono essere forniti secondo necessità per prevenire l’accumulo di umidità nelle condutture;
█ dev’essere prevista una sonda di umidità, che possa permettere il controllo dell’umidità fino a un massimo del 90%;
█ le valvole di controllo dell’umidificatore devono essere progettate in modo che siano chiuse nel momento in cui l’unità di ventilazione non è in funzione;
█ dev’essere previsto un sistema di drenaggio per evitare ristagno di condensa.
- Ministero della Salute – Linee Guida per la prevenzione ed il controllo della legionellosi (2015)
Le linee guida per la prevenzione della Legionellosi, pubblicate in data 7 maggio 2015 dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo stato, le regioni e le provincie autonome di Trento e Bolzano, richiedono che non vengano previsti dei sistemi di umidificazione che possono determinare ristagni d’acqua; pertanto, esse non escludono l’utilizzo di umidificazione adiabatica purché si prevedano alcuni accorgimenti.
Infatti, per gli umidificatori adiabatici, è specificato che venga prevista una programmazione periodica dei controlli sulla qualità dell’acqua in ingresso all’umidificatore e sulla disinfezione dei sistemi (compresa la disincrostazione e la regolazione degli ugelli nebulizzatori).
Nell’allegato 13 dedicato ai metodi di prevenzione e controllo della contaminazione del sistema idrico, vengono riportate le misure a breve e lungo termiche da attuare. Tra le misure a lungo termine, vi sono due tipologie che possono essere previste per i sistemi di umidificazione, ovvero la filtrazione al punto di utilizzo e l’irraggiamento UV.
Per la prima è richiesta la microfiltrazione mediante una barriera meccanica (0,2 μm), che implica anche una regolare sostituzione dell’elemento filtrante a causa del progressivo intasamento. La seconda misura prevede l’utilizzo di luce ultravioletta a 254 nm in grado di inattivare i batteri ostacolandone la replicazione. È un metodo efficace in prossimità del punto di applicazione e non ha alcun effetto residuo.
- ISPESL – Linee Guida sugli standard di sicurezza e di igiene del lavoro nel reparto operatorio (2009) Nel paragrafo di questo documento dedicato alla qualità dell’acqua erogata nel reparto operatorio (par. 3.10), viene trattata anche l’acqua utilizzata per l’alimentazione dei sistemi di umidificazione dell’aria. In particolare, viene precisato quanto segue:
“[…] Nel caso di impianti di condizionamento in cui l’umidificazione dell’aria avviene per nebulizzazione o attraversamento di pacchi lamellari, a servizio di ambienti in cui non sia assicurata filtrazione assoluta o filtrazione assoluta terminale, il problema principale per la sicurezza degli operatori consiste nella contaminazione da Legionella spp. e tale presenza deve essere evitata.
Sarebbe opportuno che la qualità dell’acqua di alimentazione degli umidificatori sia tale da limitare la deposizione di calcare sulle superfici e pertanto dovrebbe essere sottoposta a trattamento anticalcare o ad altri trattamenti finalizzati a conseguire tale risultato. Si raccomanda l’utilizzo di sistemi di umidificazione a vapore negli impianti di condizionamento in quanto eliminano a monte il problema della contaminazione e diffusione per aerosol di Legionella spp. […]”
- CAREL INDUSTRIES S.p.A – White Paper “L’umidificazione dell’aria negli ospedali”
Carel Industries S.p.A, primaria Azienda costruttrice di sistemi di umidificazione dell’ aria, ha pubblicato un White Paper dedicato all’ umidificazione dell’aria negli ospedali e ai sistemi che possono essere impiegati a tal fine.
In termini di igienicità del sistema di umidificazione, tale documento sottolinea la garanzia di asetticità che caratterizza tutti i sistemi isotermici (umidificazione a vapore) viste le temperature in gioco.
Per i sistemi adiabatici (ad alta pressione o ad ultrasuoni), si descrivono alcuni accorgimenti progettuali da prevedere per garantire l’igienicità del sistema:
█ non vi siano possibili ristagni d’acqua all’interno del sistema di umidificazione, scaricandosi durante i periodi di inattività, e siano previsti flussaggi periodici per evitare che si creino zone favorevoli alla formazione e crescita delle colonie batteriche.
█ sia utilizzata acqua in ingresso controllata e che sia stata precedentemente prodotta con impianti a osmosi inversa.
█ il sistema sia costituito da materiali resistenti alla corrosione e al deposito dello sporco, come l’acciaio inox;
█ è bene prevedere anche trattamenti con lampada a raggi UV, in modo da eliminare eventuali batteri sopravvissuti al processo di osmosi inversa. In alternativa, sarebbe possibile utilizzare biocidi chimici i quali però, oltre ad essere molto costosi, richiedono accorgimenti speciali per lo smaltimento delle acque e frequenti analisi della carica batterica. Inoltre, in caso di malfunzionamento del sistema di controllo e distribuzione dei biocidi, l’umidificatore potrebbe continuare a funzionare alimentato da acqua igienicamente impura.
█ gestire l’umidità tramite una sonda limite, posizionata in condotta o in ambiente, che rileva quando l’umidità supera un livello predefinito. In tal caso, la produzione verrebbe fermata, in modo da evitare la formazione di condensa. I modelli più evoluti prevedono una lettura modulante del sensore, tale da diminuire
progressivamente la produzione all’avvicinarsi del valore limite (evitando situazioni di ON/OFF continuo).
█ prevedere la funzione di ON/OFF remoto che fermi la produzione di umidità in caso di non funzionamento del sistema di ventilazione.
Rappresenta un valore aggiunto la presenza di alcune certificazioni rilasciate ad enti specializzati, come per esempio la VDI 6022 tedesca, tali da evidenziare l’adozione da parte del Costruttore dell’apparecchio di soluzioni costruttive che tutelano l’igienicità del sistema.
█ Quali sono le ripercussioni in termini di realizzazione degli impianti HVAC ospedalieri e in termini gestionali?
Da sempre la maggior parte dei Progettisti di impianti ospedalieri, vuoi per una prudente adesione alle prescrizioni normative più severe, vuoi per motivi di massima cautela e sicurezza, prevedono impianti di umidificazione a vapore.
In particolare, la prassi progettuale più ricorrente è quella di realizzare centrali termiche a vapore per la produzione di vapore “sporco” che viene poi utilizzato per due scopi:
a. la produzione mediante produttori indiretti di vapore (cfr. figura 2) di vapore “pulito” per l’ umidificazione invernale dell’ aria; b. la produzione, sempre mediante produttori indiretti di vapore, di vapore “sterile” per la centrale di sterilizzazione.
La prima tipologia costituisce la parte di gran lunga più rilevante della portata di vapore da produrre con valori che sono dell’ or-
dine di grandezza di 0.1 kg/h di vapore per metro quadro di superficie dell’ ospedale. Per esempio, un ospedale da 500 posti letto ubicato in nord Italia con una superficie di 80.000 m2 avrebbe una centrale a vapore da circa 8.000 kg/h corrispondenti ad una potenza termica installata pari a 5.500 kW.
I moderni ospedali finiscono pertanto per essere caratterizzati da centrali termiche a vapore di dimensioni medio grandi (fig. 3), per altro prevalentemente utilizzate solo per pochi mesi all’ anno.
A esse si associano quindi importanti costi energetici e non ultimo gestionale. Com’è noto, infatti, le centrali a vapore costituiscono ancora oggi un aspetto manutentivo molto impegnativo, richiedendo tra laltro la presenza di personale specializzato appositamente formato.
In un recente articolo (1) presentato al 53° Convegno internazionale di AiCARR 12-13 marzo 2024, gli Autori hanno condotto delle simulazioni delle prestazioni energetiche di un moderno ospedale di 490 posti letto e 89.000 m2 di superficie complessiva (cfr. figura 4) analizzando i diversi fabbisogni energetici, fra cui quelli legati all’ umidificazione dell’aria.
La figura 5 mostra l’andamento della potenza termica per l’umidificazione dell’ aria mediante vapore.
Se il valore dell’ umidità relativa ambiente viene assunto pari al 50% il consumo energetico annuo stimato per questo servizio risulta pari a 5.600 MWh/anno, addirittura superiore al fabbisogno energetico per il riscaldamento.
Diminuendo in tutti i reparti il set point dal 50% al 30% il fabbisogno energetico si riduce del 63 % passando a 2 050 MWh/anno, mentre se si dovesse limitare il controllo dell’umidità relativa solo
█ Figura 3. Esempio di centrale termica a vapore ospedaliera
█ Figura 2. Produttore indiretto di vapore pulito per umidificazione
█ Figura 4. Render dell’ospedale oggetto del caso di studio
nei reparti ad alta intensità di cura (terapie intensive, blocco operatorio, ecc) il consumo annuo si ridurrebbe dell’ 86% passando a 790 MWh/anno .
In definitiva l’umidificazione invernale dell’aria negli ospedali comporta le seguenti pesanti ripercussioni: █ elevati costi di realizzazione degli impianti,
█ elevati costi energetici, █ elevati costi manutentivi e gestionali condizioni che sempre più inducono gli uffici tecnici ospedalieri e le società di facility management che eseguono la conduzione e manutenzione degli impianti a vedere “come fumo negli occhi”
█ Figure 5. Fabbisogni termici per l’umidificazione dell’ aria nell’ ospedale caso di studio
la presenza degli impianti a vapore destinati all’umidificazione dell’aria.
█ Il gioco vale la candela?
Tutte le considerazioni in precedenza esposte in merito alla importanza/necessità di prevedere l’umidificazione dell’aria e in particolare l’analisi del rapporto costi/benefici conseguente ai rischi e alle diseconomie legati alla presenza di tali sistemi impiantistici fa sorgere spontanea la domanda: "ma il gioco vale la candela?”.
A giudizio degli scriventi la risposta è assolutamente no. Ma allora perché tutte le norme di accreditamento continuano a prescrivere un controllo dell’umidità relativa minima (di norma il 40%) che di fatto impone l’umidificazione dell’ aria in inverno?
Possiamo supporre che si tratti di un insufficiente e superficiale analisi di questa tutt’altro che trascurabile problematica e forse anche una forma di copia/incolla fra i vari dispositivi regionali, senza che mai qualcuno si sia posto il problema di approfondirli e metterli in discussione.
█ Quali sono le soluzioni o quanto meno i possibili compromessi?
È chiaro che fino a quando ci saranno norme di accreditamento delle strutture ospedaliere che impongono dei valori minimi di umidità relativa in inverno nessun progettista potrà esimersi dal prevedere l’ umidificazione invernale dell’ aria. Solo una consapevole rivisitazione delle specifiche progettuali richieste per
l’accreditamento che elimini, in coerenza con le posizioni dei più autorevoli standard internazionali, l’obbligo dell’umidificazione invernale può dare completa e definitiva soluzione al problema. In mancanza di ciò cosa è realisticamente possibile fare per “limitare i danni”?
Il primo passaggio è certamente quello di contenere al minimo i fabbisogni progettando senza indugi gli impianti per il valore minimo dell’ umidità relativa richiesta che è in genere pari al 40%.
Basta con i capitolati che prevedono 50% ± 5%!
In seconda istanza una possibile proposta, naturalmente da discutere e possibilmente da far diventare oggetto di confronto fra gli addetti ai lavori, potrebbe essere quella di prevedere tutto là ove possibile e in particolare nelle aree low care dell’ospedale sistemi di umidificazione dell’aria adiabatici realizzati in stretta conformità alle specifiche dell’ addendum all’ ASHRAE Standard 170:2013 che abbiamo precisato al precedente punto 4.4.
In definitiva limitare l’umidificazione a vapore solo nei reparti ove sono presenti soggetti a maggior rischio (per es. geriatria) e nei reparti di diagnosi e cura in cui è richiesta la massima asepsi quali in particolare le sale operatorie e le terapie intensive, anche se a onor del vero questi ultimi, essendo dotati di filtrazione assoluta terminale, sarebbero da considerare già più che protetti dal rischio di immissione in ambiente di micro gocciolone (aerosol da 1 a 5 μm) contenenti il batterio.
Naturalmente non essendoci posizioni univoche a livello normativo queste possibili soluzioni andranno sottoposte all’approvazione della Direzione Sanitaria dell’ospedale e da quest’ultima avvallate.
IL RISCHIO LEGIONELLOSI
La legionella è un agente batterico, gram-negativo, aerobio.
I batteri della legionella costituiscono una tipica forma di contaminazione dell’acqua, essi sono infatti presenti a basse concentrazioni negli ambienti acquatici naturali (falde, laghi, fiumi, sorgenti, ecc ). Da questi ambienti naturali risalgono a quelli artificiali come le condotte cittadine e gli impianti idrici degli edifici senza che ciò dia luogo ad alcuna patologia in quanto sono presenti con concentrazioni molto molto basse spesso non rilevabili analiticamente.
Le patologie possono invece insorgere soltanto quando il batterio prolifera e si porta a concentrazioni elevate in sistemi idrici artificiali quali primariamente gli impianti di produzione e distribuzione dell’ acqua calda sanitaria.
La proliferazione di microrganismi patogeni può avvenire solo quando si verifica la concomitanza dei seguenti fattori:
█ Adatte condizioni di temperatura vale a dire quando la temperatura dell’ acqua è compresa fra 20°C e 45 °C, con maggiore crescita fra 32 °C e 40 °C (fattore temperatura).
█ Contesto ottimale dovuto alla presenza di incrostazioni, scorie, calcare e sedimenti in cui trovare rifugio e protezione anche dalle azioni sanitizzanti (fattore habitat).
█ Condizioni di stagnazione che gli permettono di risiedere per un tempo sufficiente per la sua riproduzione (fattore tempo).
█ Sufficiente cibo vale a dire presenza di patine di contaminanti biologici e microrganismi (biofilm), presenza di amebe, comunità microbiche complesse (fattore nutrimento).
La patologia non si trasmette per ingestione di acqua contaminata o per contagio tra le persone (via
interumana) pertanto non esistono casi di legionella riconducibili al consumo di acqua potabile. La legionella è una malattia polmonare e si può contrarre solo esclusivamente per inalazione o aspirazione di aerosol costituito da goccioline invisibili (da 1 a 5 μm) e respirabili di acqua contenente il batterio della legionella. Occorre pertanto che dall’ acqua colonizzata si stacchino le micro-goccioline e si forma aerosol.
█ più piccole sono le dimensioni delle gocce più queste sono pericolose (gocce < 5 micron) in quanto riescono a entrare nei polmoni attraverso le vie respiratorie. Gocce più grandi non arrivano ai polmoni. █ le goccioline si possono formare spruzzando o nebulizzando l’acqua, facendola gorgogliare o per impatto dell’ acqua stessa su una superficie solida
Bibliografia
Riduzione delle emissioni di CO2, analisi dei fabbisogni e scelte progettuali in edifici ospedalieri di nuova costruzione – Applicazione su un caso studio
CO2 emission reduction, loads analysis, and strategies for new healthcare facilities design – Application on a case study
Francesco Mantua1 – Margherita Turco1-2 – Maria Ferrara2 – Elena Bo1
1 Prodim Srl – Torino, TO 2DENERG - Dipartimento di Energia, Politecnico di Torino,TO
I principali sistemi generanti aerosol associati alla trasmissione della malattia sono i seguenti:
1. impianti di produzione, distribuzione ed utilizzo di acqua calda sanitaria (terminali di erogazione e, in particolare, docce);
2. vasche, piscine (relax o di terapia), idromassaggi, cure termali ecc;
3. fontane decorative;
4. attrezzature odontoiatriche (dental units water line);
5. apparecchi medici per trattamenti respiratori (utilizzo acqua di rete);
6. torri evaporative;
7. sistemi di umidificazione dell’aria di tipo adiabatico (impianti hvac, impianti di brumizzazione, serre, espositori di alimenti ecc).
53 ° Convegno Internazionale AiCARR MCE Fiera Milano Rho (MI) 12-13 marzo 2024
Gli autori
MATTEO BO
GIORGIO BO
Prodim S.r.l. - Torino
Digitale in sanità, fra cybersecurity e opportunità
Se da un lato in 7 organizzazioni su 10 è stata interrotta l’assistenza ai pazienti per attacchi cyber, sono innegabili i benefici e i vantaggi che la digitalizzazione apporta alle organizzazioni sanitarie in termini di efficienza e servizio ai pazienti
Secondo il report “Cyber Insecurity in Healthcare: The Cost and Impact on Patient Safety and Care 2024” realizzato da Proofpoint, Inc. e Ponemon Institute, il 92% delle organizzazioni intervistate ha subito almeno un attacco informatico negli ultimi 12 mesi, in aumento rispetto all’88% del 2023, e il 69% ha dichiarato di aver dovuto interrompere l’assistenza ai pazienti come conseguenza. Tra le organizzazioni che hanno subito i quattro tipi di attacchi più comuni - compromissione del cloud, ransomware, supply chain e business email compromise (BEC) - il 56% ha riportato una scarsa qualità di risultati per i pazienti a causa di ritardi nelle procedure e negli esami, il 53% un aumento delle complicazioni nelle procedure mediche e il 28% una crescita del tasso di mortalità dei pazienti, un dato di cinque punti percentuali superiore rispetto allo scorso anno. Questi risultati indicano come le organizzazioni sanitarie fatichino a mitigare i rischi che questi attacchi comportano per la sicurezza e la salute dei pazienti.
L’IMPATTO
SULL’ASSISTENZA AI PAZIENTI
Il report, che ha coinvolto 648 professionisti dell’IT e della sicurezza nelle organizzazioni sanitarie degli Stati Uniti, ha identificato gli attacchi alla catena di approvvigionamento come quelli che
hanno la maggiore probabilità di compromettere l’assistenza ai pazienti.
Più di due terzi (68%) degli intervistati ha ammesso di aver subito un attacco alla supply chain, e l’82% di questi ha dovuto interrompere l’assistenza ai pazienti, un valore in crescita rispetto al 77% del 2023. La BEC è tra gli attacchi che più probabilmente provocheranno esiti negativi a causa di ritardi nelle procedure e negli esami (69%), seguita dal ransomware (61%), che è stato anche il più probabile responsabile di un allungamento dei tempi di degenza (58%) e di un aumento dei pazienti dirottati o trasferiti in altre strutture (52%).
Il report, condotto con l’obiettivo di determinare se il settore sanitario stia facendo progressi nella riduzione dei rischi di cybersecurity incentrati sulla persona e delle interruzioni dell’assistenza ai pazienti, ha quindi confermato che - per il terzo anno consecutivo - i quattro tipi di attacchi analizzati hanno un impatto negativo diretto sulla sicurezza e sulla salute dei pazienti. Emerge però una buona notizia: il settore sanitario sembra riconoscere sempre più l’importanza della sicurezza informatica per il trattamento dei pazienti. In media, i budget IT sono aumentati e un numero minore di professionisti li indica come un ostacolo a rendere pienamente efficaci le attività di sicurezza informatica della propria organizzazione.
LE CRITICITÀ DEL DIGITALE IN SANITÀ
I pagamenti di ransomware aumentano. Le organizzazioni che hanno subito attacchi ransomware (59% degli intervistati) hanno subito una media di quattro attacchi di questo tipo negli ultimi due anni. Sebbene il numero di organizzazioni che hanno pagato il riscatto sia diminuito (36% nel 2024, rispetto al 40% nel 2023), il riscatto pagato è aumentato del 10%, raggiungendo una media di 1.099.200 dollari rispetto ai 995.450 dollari dell’anno precedente. App mobili non sicure e compromissione di cloud e account sono considerate le maggiori minacce cyber per le organizzazioni sanitarie. Le preoccupazioni relative alle app mobili non sicure (eHealth) sono aumentate fino a diventare la principale minaccia alla cybersecurity nel settore, passando dal 51% del 2023 al 59% degli intervistati nel 2024. La compromissione di cloud e account è stata la seconda preoccupazione (55%), mentre gli SMS sono stati lo strumento di collaborazione più attaccato (61%), seguiti dalle e-mail (59%).
Servono ulteriori progressi per ridurre il rischio interno. Più di nove organizzazioni su dieci tra quelle intervistate hanno subito almeno due episodi di perdita o esfiltrazione di dati sensibili e riservati negli ultimi due anni. Il 51% ha dichiarato che una perdita o un’esfiltrazione di dati ha avuto impatto sull’assistenza ai pazienti; di questi, il 50% ha registrato un
aumento del tasso di mortalità e il 37% ha subito ritardi nelle procedure e negli esami che hanno portato a esiti negativi. Negli ultimi due anni, le organizzazioni hanno registrato una media di 20 incidenti di questo tipo con i dipendenti come causa principale.
La mancanza di una leadership ben definita appare come una sfida importante, aumentata significativamente rispetto al 2023, passando dal 14% al 49% degli intervistati.
I tradizionali programmi di formazione sulla sicurezza basati sulla conformità sono insufficienti: i dipendenti negligenti rappresentano un rischio significativo per le organizzazioni sanitarie e permangono i dubbi sull’efficacia delle misure messe in campo.
AI e machine learning nell’assistenza sanitaria: per la prima volta è stato analizzato l’impatto dell’AI sulla sicurezza e sull’assistenza ai pazienti. Più della metà (54%) degli intervistati afferma che le proprie organizzazioni fanno uso di intelligenza artificiale nella sicurezza informatica (28%) o l’hanno integrata sia nella sicurezza informatica che nell’assistenza ai pazienti (26%). Il 57% di questi intervistati afferma che l’AI è molto efficace per migliorare la sicurezza informatica delle organizzazioni e più di un terzo (36%) utilizza AI e apprendimento automatico per comprendere il comportamento umano.
I VANTAGGI DEL DIGITALE:
LA RIDUZIONE DELLE LISTE D’ATTESA
Anitec-Assinform, l’Associazione di Confindustria che rappresenta le principali aziende Ict operanti in Italia, ha esaminato i provvedimenti sulle liste d’attesa e ha evidenziato molti possibili usi delle tecnologie digitali per migliorare la situazione sia sul fronte della domanda sanitaria sia su quello dell’offerta
Secondo il policy paper pubblicato dall’Associazione in seguito alla conversione in Legge del dl sulle liste d’attesa, il Governo italiano non valorizza il digitale nella sanità. “Il ruolo del digitale nella gestione delle liste d’attesa” è il titolo del documento che evidenzia come, nonostante le misure proposte nel decreto legge e nel disegno di legge, il potenziale del digitale in sanità non è ancora pienamente valorizzato.
Il documento esamina nel dettaglio i provvedimenti per concludere che “complessivamente i due provvedimenti toccano solo marginalmente il tema delle soluzioni digitali per ridurre le liste di attesa. Di certo, l’attuazione di diverse misure richiederà l’uso di tecnologie, come per far dialogare i sistemi regionali di monitoraggio con la nuova piattaforma nazionale o per integrare le prenotazioni private nel Cup regionale. Tuttavia, considerando il livello di maturità raggiunto dalle soluzioni di sanità digitale, un loro utilizzo più esteso e mirato potrebbe probabilmente incidere in modo più decisivo”. Sempre secondo l’associazione le tecnologie digitali offrono opportunità significative per agire sia sul fronte della domanda che dell’offerta di servizi sanitari sul fronte della domanda. Queste soluzioni possono contribuire a valutare l’appropriatezza degli ac-
cessi e supportare i medici di base nella gestione dei pazienti, mentre sul fronte dell’offerta, il digitale può aumentare la produttività e l’efficienza del sistema sanitario attraverso telemedicina, teleconsulto e telemonitoraggio.
Per quanto riguarda l’offerta, spiega il paper, il digitale può contribuire a “governare efficacemente la domanda: soluzioni digitali possono essere impiegate per valutare l’appropriatezza di visite ambulatoriali e accessi a strutture sanitarie e in generale essere di supporto ai Medici di medicina generale e pediatri di libera scelta per valutare l’appropriatezza degli esami specialistici caso per caso”.
Per quanto riguarda le liste di attesa, le aziende ICT parlano di fenomeno complesso che va affrontato con un approccio olistico intervenendo sull’intera catena che congiunge domanda e offerta di prestazioni. “Le cause del problema sono in ultima istanza da ricercare nei processi del sistema sanitario, per questo occorre un’attenta e profonda analisi dei processi al fine di poter attivare politiche adeguate a indirizzare il fenomeno”. In pratica non basta un software o una soluzione se non si dà un’occhiata a tutto quello che c’è dietro anche dal punto di vista organizzativo.
Sul versante della domanda, il digitale può giocare un ruolo chiave nella riduzione degli accessi impropri. L’ultima indagine condotta dalla Federazione delle associazioni dirigenti ospedalieri internisti, Fadoi, ha fatto emergere che in media tre ricoveri su dieci si sarebbero potuti evitare con una migliore presa in carico dei pazienti da parte dei servizi territoriali e che il 20% dei ricoveri impropri in pronto soccorso è di natura sociale più che sanitaria.
L’implementazione di servizi digitali per la gestione automatizzata degli appuntamenti, la comunicazione con i pazienti e l’effettuazione di prestazioni di telemedicina può contribuire significativamente a razionalizzare la domanda di prestazioni sanitarie.
In questo senso secondo Anitec-Assinform una misura rapidamente attuabile potrebbe essere l’istituzione di un fondo per permettere a medici di medicina generale e pediatri di libera scelta di acquistare questi strumenti per la gestione degli appuntamenti e prestazioni base di telemedicina. Nel medio periodo, è l’indicazione, saranno necessari interventi strutturali che sfruttino le potenzialità del Fse 2.0 per affrontare la sfida delle liste d’attesa. Il Fascicolo sanitario elettronico dovrà diventare una piattaforma aperta e facilmente accessibile per cittadini e professionisti della sanità. Per esempio, permettere la prenotazione delle viste tramite app connesse al Fascicolo porterebbe a una razionalizzazione delle agende e a una maggiore produttività dei medici. Un passaggio che sarebbe possibile realizzare rendendo le Api condivisibili e integrabili con applicazioni e dispositivi di terzi. Per le strutture sanitarie e i professionisti un Fse aperto consentirebbe ai prescrittori di avere una visione chiara della capacità del sistema sanitario e di indirizzare le domanda in modo consapevole ed efficiente. Dal punto di vista dell’offerta, oltre a incrementare produttività ed efficienza, il digitale permette di monitorare efficacemente l’allocazione delle capacità produttive a livello di struttura e territoriale, creando strumenti in grado di razionalizzare l’offerta.
SICUREZZA INFORMATICA, INNOVAZIONE E SVILUPPO DI COMPETENZE
Cruciale è l’integrazione dei sistemi informativi e la condivisione dei dati tra le diverse strutture sanitarie. L’implementazione di piattaforme integrate per una visione d’insieme delle liste d’attesa a livello regionale e nazionale è quindi un passo necessario. Il documento Anitec-Assinform include anche alcuni business case di sanità digitale realizzati dalle aziende Ict associate. Queste iniziative potrebbero ridurre significativamente i tempi per l’accesso a prestazioni sanitarie, se diffuse su larga scala. È il caso del Cup del Piemonte, un sistema integrato che gestisce oltre quarantamila impegnative giornalmente con un servizio di prenotazione multicanale, oppure l’app Easy hospital che guida i pazienti all’interno delle strutture ospedaliere e gestisce l’intero processo di accettazione digitale. Altro esempio, lo use case relativo allo sviluppo di modelli predittivi per il rischio di riacutizzazione nei pazienti affetti da broncopneumopatia cronicoostruttiva.
Sul fronte della cybersecurity, la sicurezza informatica deve andare di passo con la sicurezza del paziente: proteggere i sistemi sanitari e i dati medici dagli attacchi informatici è fondamentale per garantire la continuità delle cure ai pazienti ed evitare l’interruzione dei servizi critici. E se la consapevolezza della sicurezza è fondamentale, la promozione di un cambiamento di comportamento duraturo attraverso programmi personalizzati per ruoli e responsabilità specifiche contribuirà a sostenere sia la sicurezza organizzativa che quella dei pazienti.
Viaggio CNETO: dopo 20 anni il confronto con la sanità francese
L’edilizia ospedaliera della città di Parigi rappresenta da sempre un punto di riferimento per gli associati CNETO, per la qualità e la rilevanza di molti progetti
dicembre
di Giuseppe Laudani, Eva Bellini, Giorgio Borghi, Nicoletta Dubini e Marco Gola
█ Vista dall’alto della main street dell’Hôpital Européen Georges Pompidou
Nello scorso mese di settembre un gruppo di lavoro CNETO si è recato a Parigi e dintorni per visitare diverse strutture di recentissima realizzazione e/o in fase di cantiere, e ciò ha permesso ai partecipanti di vedere le novità che il parco ospedaliero parigino offre, osservando pro e contro di ciò che si sta realizzando e attuando.
La scelta di questa meta è stata sottoposta preliminarmente alla Giunta e Consiglio del CNETO. La città di Parigi è fortemente legata all’associazione: infatti è stata sede di grandi interventi ospedalieri, considerati casi studio di riferimento per molti degli iscritti e pubblicati in questi anni sulla nostra rivista. Circa 20 anni fa l’associazione era stata in Francia per visitare i nuovi ospedali realizzati secondo il piano Grands Projets nell’epoca di François Mitterrand, tra cui l’Hôpital Européen Georges Pompidou. Quest’anno ogni visita ha visto coinvolti gli attori principali, i responsabili del progetto e/o i responsabili da parte del committente, questi hanno raccontato l’idea sottesa al progetto, le difficoltà, le migliorie emerse dopo i primi mesi di esercizio. Ogni visita è diventata la possibilità di un dialogo, di un approfondimento con loro e tra i partecipanti del gruppo CNETO. Nell’articolo vengono presentati i casi studio visitati, secondo il calendario del viaggio.
Gli highlight del viaggio
In maniera sintetica, di seguito si riportano alcuni spunti di riflessione e osservazione emersi dai sopralluoghi:
█ una peculiarità comune riscontrata durante il viaggio è la forte preponderanza nelle degenze di camere singole (indicativamente il 90% delle camere complessive);
█ in generale le dimensioni degli ambienti sono molto ridotte: infatti la “compattezza” degli ambienti di vita si ritrova anche negli ambienti ospedalieri. Le camere di degenza singole hanno dimensioni molto ridotte e i corridoi di distribuzione interna sono di circa 180/200 cm, con un allargamento in corrispondenza dell’accesso alle camere di degenza pari a 300 cm;
█ spesso i colleghi francesi hanno argomentato il concetto della flessibilità relativa ai layout, alla componente impiantistica, ecc., seppure durante le visite spesso questo tema si è dimostrato disatteso pesando alle dimensioni ridotte, alle maglie strutturali adoperate, ecc.;
█ in quasi tutte le aree degli ospedali visitati è presente solo il riscaldamento con radiatori e la ventilazione viene garantita con piccole bocchette di mandata sopra le porte; le finestre hanno spesso piccole ante apribili mentre il resto delle vetrate è fisso; nei locali di degenza non abbiamo mai trovato controsoffitto. Si tratta di un approccio allineato a particolari richieste del regolamento francese di efficientamento ener-
getico, ma non più ritenute sufficienti dagli stessi medici che impongono un condizionamento in tutte le degenze atte a garantire un ambiente confortevole ai pazienti anche in estate; █ si è notato in tutti gli interventi recenti l’uso di porte tagliafuoco realizzate in cartongesso verniciato a pittura murale, sempre aperte tramite magneti e senza maniglioni né serrature e quindi con apertura a spinta tipo porte “saloon” mono direzionali;
UN BREVE INQUADRAMENTO DEL SSN FRANCESE
Inizialmente modellato su un sistema di tipo Bismarck, con l’adozione di una assicurazione sanitaria obbligatoria, il SSN francese si è evoluto nel corso del tempo incorporando principi di universalità e solidarietà tipici del modello Beveridge, evolvendosi così in un sistema misto. A oggi la Couverture Maladie Universelle (CMU, l’assicurazione sanitaria obbligatoria) copre, infatti, con vari regimi, quasi il 100% della popolazione residente. È risaputo che la Francia è uno dei paesi che spende maggiormente per la sanità. Nel 2022 la spesa sanitaria francese ha registrato l’11,9% del PIL posizionando il paese ai vertici della classifica del G7. Inoltre, secondo dati del 2019, la maggior parte delle risorse per i servizi sanitari proviene da risorse pubbliche (71% CMU, 6% Stato). Le assicurazioni sanitarie complementari (AMC) hanno contribuito al 14% del finanziamento totale, mentre i pagamenti diretti costituiscono il restante 9%.
La CMU di solito non copre completamente i costi dei servizi sanitari, ad esempio una visita ambulatoriale viene rimborsata al 70%. La rimanenza è a carico del cittadino, che spesso sceglie di sottoscrivere un’assicurazione sanitaria complementare (AMC) per coprire questa spesa.
In generale il mercato delle AMC è altamente regolamentato e ci sono restrizioni che limitano la possibilità delle compagnie assicurative di selezionare/ rifiutare i pazienti. La copertura complementare, inoltre, negli anni si è estesa: da individuale facoltativa ad aziendale collettiva per i dipendenti. Nonostante in Francia sia presente questo sistema misto con assicurazione sanitaria obbligatoria e complementare, alcune prestazioni rimangono a carico del cittadino. Per chi fosse interessato, rimandiamo all’articolo scritto da Maddalena Carretti, Alisa Barash e Enrica Castellana su “Salute internazionale”, giornale online, che meglio argomentano il funzionamento del SSN francese.
(segue a pag. 48)
USLD LIMEIL BREVANNES PRESSO HOPITAL EMILE ROUX, UNITÉS DE SOINS DE LONGUE DURÉE, VISITA CON LANKRY ARCHITECTES E ARTELIÀ
Si tratta di una struttura geriatrica. Le unità di assistenza a lungo termine sono destinate ad accogliere e curare le persone di età pari o superiore a 75 anni con una o più patologie, sia croniche sia suscettibili di episodi ripetuti e che possono comportare una disabilità psichica e/o fisica duratura.
Nel modello sanitario francese è stata introdotta questa tipologia di strutture sanitarie ad un livello intermedio tra un RSA e un ospedale geriatrico in cui la tipologia di utenza richiede un’assistenza medica e infermieristica continua, ma senza essere considerati anziani non autosufficienti.
Pertanto la struttura sanitaria ricorda un RSA ma con una presenza costante di sanitari e una serie di servizi di diagnosi e cura integrati.
La struttura visitata è stata recentemente realizzata, ospita 240 posti letto, si inserisce all’interno dell’insediamento storico, e attraverso una serie di corti interne crea una serie di nuclei con tipologie distributive a corpo doppio e triplo.
GROUPE HOSPITALIER NORD-ESSONNE (GHNE) HÔPITAL PARIS-SACLAY, VISITA CON SCAU E LA DIREZIONE STRATEGICA
Si tratta di un ospedale generale, inaugurato a maggio 2024, che ospita circa 450 posti letto. L’edificio è composto da 2 corpi di fabbrica, collegati attraverso 2 corridoi a ponte, in cui nel principale è stata localizzata la piastra sanitaria ed in quello di dimensioni più compatte vengono localizzare le attività di accoglienza, l’area outpatient e le degenze.
L’edificio dispone di ampie aperture verso l’esterno con numerosi patii per portare la massima luce; il 90% delle camere di degenza è a letto singolo. L’edificio è innovativo anche per l’introduzione di sistemi di ventilazione bioclimatica, che permettono di riscaldare in inverno e rinfrescare nei periodi di forte calore, per un comfort ottimale.
Attualmente l’edificio si insedia nell’area a confine tra Parigi e Saclay, ancora poco sviluppata, ma è prossimo ad un’area di espansione prevista nei prossimi anni con l’introduzione di un edificio dedicato alla ricerca medica e insediamenti residenziali e produttivi.
█ Uno dei prospetti principali del nuovo Groupe Hospitalier Nord-Essonne
dicembre
HÔPITAL EUROPÉEN GEORGES POMPIDOU, VISITA CON L’ARCH. AYMERIC ZUBLENÀ,
LO STUDIO SCAU, LA DIREZIONE STRATEGICA E L’UFFICIO TECNICO DELL’OSPEDALE
Si tratta dell’unico ospedale di non recente realizzazione all’interno del programma di viaggio, ma che sappiamo essere stato un progetto di riferimento per moltissimi dei soci del CNETO. Pertanto, dopo 24 anni dalla sua inaugurazione, è stato organizzato un incontro di confronto tra i progettisti e la direzione strategica dell’ospedale per un dialogo su come la struttura si è dimostrata resiliente nel tempo, sull’efficacia ed efficienza organizzativa, i punti di forza/debolezza e come l’edificio ha saputo rispondere all’evoluzione delle esigenze sanitaria. Per la prima volta abbiamo testato una nuova modalità di visita/incontro in maniera interattiva, che ha riscosso un notevole successo.
L’ospedale è ben conosciuto dai soci, ma la peculiarità che hanno osservato i partecipanti è la cura della struttura, e sebbene sia un ospedale operativo da circa 25 anni, risulta molto ben mantenuto: ciò è sicuramente dovuto ad un buon investimento nelle tecnologie e materiali adottati e alle regolari e attente attività di manutenzione. Parlando con gli operatori è stato più volte evidenziato il forte senso di appartenenza alla struttura e molteplici complimenti sono stati rivolti proprio all’arch. Zublenà per aver ideato un grande intervento, che non ha solo rivoluzionato il contesto urbano ma che – come direbbe Renzo Piano – permette agli utenti di essere felici.
█ Il confronto tra i progettisti e il personale sanitario dell’Hôpital Européen Georges Pompidou
█ Partecipanti all’interno della main street dell’Hôpital Européen Georges Pompidou
VISITA DEL CANTIERE DEL NOUVEL HÔPITAL LARIBOISIÈRE CON I COLLEGHI DI BRUNET SAUNIER ARCHITECTURE
Lo storico ospedale realizzato nella prima metà del XIX secolo sta rinnovando i propri spazi. Infatti, nell’area ad oggi a disposizione all’interno del complesso sanitario è in fase di realizzazione il volume del Nouvel Hôpital Lariboisière. L’intervento, la cui geometria è fortemente dettata dallo spazio disponibile, ha l’intento di trasferire tutte le attività di degenza (489 posti letto) e la piastra sanitaria con circa 73 postazioni di terapia intensiva, l’area materno-infantile e i diversi servizi di ricovero convenzionale, 17 sale operatorie, il pronto soccorso e l’imaging, ecc. Una volta completato tale intervento, quindi in una seconda fase, si provvederà a ristrutturare i padiglioni storici che ospiteranno le attività ambulatoriali e amministrative dell’ospedale.
█
Prospetto principale in fase di realizzazione del Nouvel Hôpital Lariboisière
HOSPITAL
COMPLEX BROUSSAIS, STRUTTURA PER ANZIANI NON AUTOSUFFICIENTI, VISITA INSIEME AI PROGETTISTI DI A+ SAMUEL DELMAS
Complesso ospedaliero di rilievo all’interno del tessuto urbano del 14° arrondissement, l’Hopital Broussais è uno dei 4 ospedali trasferiti all’interno dell’Ospedale Georges
Pompidou di cui abbiamo parlato poco fa. Vuotato delle sue attività negli anni 2000/2001, sta finalmente trovando nuova vita trasformando i suo negli edifici in mattoncini della fine del 1800 per ospitare attività diverse a servizio del quartiere.
La piccola struttura per anziani che abbiamo visitato è un progetto comunale che ospita circa 120 posti letto e realizzata nel 2015 attraverso la riqualificazione di alcuni degli edifici storici. L’intervento sugli edifici esistenti è semplice e molto sobrio; infatti, i tre padiglioni esistenti sono stati uniti attraverso delle “scatole” trasparenti (realizzate in vetro e acciaio, con una forte preponderanza del colore bianco) che ospitano principalmente spazi comuni (spazi di vita, hall di ingresso, salotti, cucine e mensa, ecc.).
La visita ha permesso di visitare gli spazi comuni durante le attività ordinarie consentendo ai partecipanti di comprendere anche le abitudini degli utenti, nonché le tante tipologie di pazienti ospitati.
Sebbene la struttura abbia circa una decina di anni di vita si
è osservato il progetto di grandissimo valore e di notevole qualità architettonica di questo intervento.
POLO DELLE NEUROSCIENZE DELL’HÔPITAL SAINTE-ANNE, VISITA CON PARGADE ARCHITECTURE E LA DIREZIONE SANITARIA
L’edificio è stato inaugurato a Febbraio 2024 e l’intervento risulta molto rispettoso del grande complesso storico dell’Hôpital Sainte-Anne. Il nuovo fabbricato restituisce la geometria perfetta del quadrato storico e crea attraverso un piazzale, un forte legame tra l’ospedale e la città.
La struttura comprende un settore chirurgico e interventistico di 4 sale e 2 sale di sismoterapia, un’area di
imaging, 135 posti letto e spazi ambulatoriali.
L’impostazione del progetto architettonico si basa su una geometria semplice, che offre ampi piani sovrapposti, evolutivi, favorevoli all’organizzazione dei diversi servizi organizzati intorno a due ampi patii, immersi nella luce naturale grazie alla presenza di molte vetrate di grandi dimensioni.
█ Vista dell’alto dell’ingresso e del corridoio di distribuzione interna del Polo delle neuroscienze dell’Hôpital Sainte-Anne
█ I partecipanti all’interno del Polo delle neuroscienze dell’Hôpital Sainte-Anne
█ Cortile interno del Hospital Complex Broussais
ESTENSIONE DEL POLO DI NEUROLOGIA (PADIGLIONE CASTAIGNE) DELL’HÔPITAL DE LA PITIÉ - SALPÊTRIÈRE, INSIEME AI COLLEGHI DI GROUPE 6 CON IL SUPPORTO DI ARTELIÀ
Anche in questo caso la visita è stata molto interessante per comprendere come i progettisti si sono confrontati con l’esistente, considerando che il nuovo intervento si è costruito a partire dallo scheletro di uno dei padiglioni del grande complesso ospedaliero. Le scelte architettoniche e l’impostazione dei flussi risultano coerenti, offrendo sul building a forma di L, tipologie distributive a corpo triplo e quintuplo ben si adattano al contesto. Infatti, l’estensione dell’edificio ha offerto l’occasione per aggiornare la sua immagine, introducendo al contempo una nuova coerenza architettonica in questo sito storico. La nuova ala ovest, allargata sulla sua facciata esposta a sud, rivisita i codici dell’edificio esistente, per renderlo più performante ed efficiente in termini organizzativi: la trama modulare e le proporzioni vengono infatti mantenute e modellano la sua identità architettonica. L’edificio ospita
aree destinate alla rianimazione, degenze e aree ambulatoriali, ed è collegato all’edificio principale che ospita i blocchi operatori.
█ Prospetto principale Padiglione Castaigne (Polo di Neurologia) dell’Hôpital de la Pitié –
PRESENTAZIONE DEL PROGETTO DEL SAINT-OUEN GRAND PARIS NORD
Infine, in anteprima, grazie a supporto dei colleghi di Brunet Saunier Architecture, i partecipanti al Viaggio hanno avuto modo di vedere il progetto del Saint-Ouen Grand Paris Nord a firma del Renzo Piano Building Workshop che vedrà l’introduzione di un nuovo ospedale da cìrca 1.000 posti letto all’interno della capitale francese. Il completamento è previsto per il 2028.
█ Presentazione del progetto del Saint-Ouen Grand Paris Nord a cura di Jérôme Brunet
Salpêtrière
█ Iimmagine della presentazione delle due associazioni durante l’aperitivo organizzato da UAFS presso Atelier Tarkett).
█ la scelta di materiali di finitura è basilare (pareti in cartongesso con rivestimento plastico rigido h 110 cm nei corridoi, verniciatura al di sopra) e un uso generalizzato del colore bianco con inserimento di particolari metallici e legno. Tali scelte hanno creato molto dibattito durante le visite sul tema della manutenzione degli spazi. Ciò però, visitando interventi di recente realizzazione e quindi “poco vissuti”, non è stato possibile verificarlo ma potrebbe essere di interesse, anche nel tempo, rivisitare tali strutture per capire come viene garantita la qualità degli spazi anche con soluzioni di finitura più semplice.
CONCLUSIONI
Tra le molte attività che vengono svolte annualmente all’interno dell’associazione, il Viaggio CNETO è uno degli appuntamenti più attesi proprio perché consente ai Soci di confrontarsi con colleghi internazionali ma soprattutto di visitare progetti di recente realizzazione per analizzare i trend che altri paesi stanno attuando nell’ambito delle costruzioni sanitarie, comprendendone anche l’impostazione dei diversi sistemi sanitari nazionali. Per questo l’obiettivo dichiarato è che di anno in anno possano parteciparvi tutti i soci, affinché tale esperienza non sia solo un’opportunità “tecnica”, ma soprattutto un’occasione per fare networking tra i soci e i colleghi internazionali.
Oltre a tutti gli studi e ospedali che hanno ospitato le visite, un ringraziamento va anche a Francesca Derba, collega che collabora con diverse realtà francesi nell’ambito dell’edilizia sanitaria, che ha conosciuto il CNETO proprio in occasione dei congressi a Camogli e che nelle ultime settimane si è dimostrata strategica per completare il programma delle visite, e David Entibi, collega di UAFS, che da Gennaio 2024 ha supportato l’associazione nell’individuare i casi studio e gli studi da contattare.
UAFS, l’Union des Architectes Francophones pour la Santé, con cui il CNETO ha intenzione di siglare un agreement di collaborazione, ha organizzato con il supporto di Tarkett, presso l’Atelier Tarkett un aperitivo per incontrare e conoscere i colleghi francesi.
Un ultimo ringraziamento va rivolto anche a Lab Travel Srl Mice, e nello specifico Mariangela Peretta e Paolo Di Cesare, poiché un tour così ricco di visite richiede anche un grande lavoro logistico, e tutti i partecipanti sono rimasti molto soddisfatti dei servizi previsti.
Approfondimenti
Vuoi prendere visione del quaderno tecnico del Viaggio CNETO con le planimetrie e i disegni tecnici?
Scarica il documento nell’Area Soci del CNETO
Per approfondimenti si rimanda all’articolo “Il Sistema Sanitario Francese” su Salute Internazionale a cura di Maddalena Carretti, Alisa Barash e Enrica Castellana
autori
GIUSEPPE LAUDANI
EVA BELLINI
GIORGIO BORGHI
NICOLETTA DUBINI
MARCO GOLA
Gruppo di Lavoro per l’organizzazione del Viaggio CNETO
Gli
Il Dipartimento di Emergenza-Urgenza (DE) o Pronto Soccorso, svolge da sempre un ruolo importante nel soccorso tempestivo e nella cura dei pazienti in emergenza-urgenza, fornendo un’assistenza clinica mirata, tempestiva ed efficace. Esso e ii punto di riferimento sanitario primario, responsabile della ricezione, dello smistamento, della valutazione, della stabilizzazione e della gestione dei pazienti che arrivano alla sua porta con diversi gradi di urgenza e complessità.
Una progettazione inadeguata del Dipartimento di Emergenza può portare a numerosi problemi di difficile gestione quali: affollamento, prolungata durata della degenza, aumento della mortalità, scarsa qualità dell’assistenza, tempi di attesa prolungati.
La ragione principale di queste inadeguatezze e l’assenza di un reale coinvolgimento delle parti interessate nel processo di progettazione.
Questo volume riporta ed analizza le problematiche da affrontare per pianificare e progettare un Dipartimento di Emergenza più efficiente e sicuro sia per i pazienti che per ii personale medico e paramedico.
di Marco Gola, Stefano Capolongo
Le figure professionali del domani
Ragionare sulle figure professionali del domani è il tema della Lectio Magistralis tenuta da Diana Anderson, il Dochitech, al Politecnico di Milano
Il 4 ottobre 2024 il Politecnico di Milano ha ospitato l’evento “Formare l’Hospital Planner: 15° anniversario del Master in “Pianificazione, Programmazione e Progettazione dei Sistemi Ospedalieri e Socio-Sanitari”. In tale occasione sono intervenuti i direttori e docenti del master, nonché diversi allievi delle varie edizioni che hanno condiviso la loro esperienza maturata in questi anni. È risaputo che il Master Ospedali non è aperto a soli architetti e ingegneri, ma anche a medici, infermieri e tante professionalità che gravitano all’interno del sistema ospedale, e a oggi si contano circa 300 persone con questo titolo di studio sul territorio italiano.
Tale incontro però è stata anche l’opportunità di invitare un ospite internazionale: infatti, se in occasione dei dieci anni di anniversario era intervenuto l’arch. Mario Corea a condividere la sua esperienza, quest’anno è stata la volta di Diana Anderson, meglio conosciuta come il Dochitech, cioè un medico con una formazione da progettista. È da molti anni che i docenti del Politecnico di Milano osservano qual è l’offerta formativa a livello internazionale di corsi relativi all’hospital design (Gola M, Brambilla A, Barach P, Signorelli C, Capolongo S. Educational Challenges in Healthcare Design: Training Multidisciplinary Professionals for Future Hospitals and Healthcare. Annali di Igiene. 2020; 32(5):549-566. Doi: 10.7416/ai.2020.2375) e sono sempre rimasti molto affascinati dalla figura del Dochitech; infatti, Diana Anderson ha avviato un modello collaborativo basato sulle evidenze scientifiche per affrontare il tema dell’edilizia sanitaria con un approccio multidisciplinare.
La Lectio magistralis di Diana Anderson è stata strutturata in due momenti: uno relativo al suo percorso e come è arrivata a diventare un Dochitect e l’altro invece su esperienze progettuali e di ricerca da lei condotte per comprendere l’importanza della contaminazione dei saperi, e come poter immaginare in futuro una figura professionale di tale calibro.
DIVENTARE UN DOCHITECT
Durante lo speech la dottoressa Anderson ha sintetizzato il suo percorso unico e tortuoso. Ha studiato architettura perché i suoi genitori erano progettisti. Come ha raccontato: “Mi piacevano i miei studi presso la McGill University, ma sentivo che mancava qualcosa. Nel mio ultimo anno di laurea, ho fatto un viaggio di studio in Europa, visitando la Finlandia, dove abbiamo visitato il Sanatorio di Paimio di Alvar Aalto. Quel momento ha cambiato tutto nella mia vita. Era un edificio in cui mi sentivo a mio agio. Quando sono entrata nella struttura, ho vissuto un’esperienza diversa […]. Ho cercato di capire il perché, de-
siderando anche una maggiore connessione umana nel mio lavoro. Osservando i dottori e gli infermieri quel giorno, ho capito che volevo fare quello che facevano loro, piuttosto che essere solo l’architetto che conta "le piastrelle"; aspiravo a visitare pazienti e a fornire assistenza”.
Ed è proprio per questo motivo, dopo essersi laureata, che si è iscritta alla facoltà di medicina. “[…] tuttavia, non ho mai potuto abbandonare completamente il mio background da architetto. Ho iniziato a riflettere come funzionano questi ambienti: reparti di pronto soccorso privi di finestre, rumorosi e frenetici, che rendono difficile la concentrazione […]. Ho contemplato così la possibilità che potesse essere migliorato”.
Durante il suo percorso di specialità ha studiato medicina interna per meglio avere una migliore conoscenza di tutte le discipline mediche, “[…] continuando al contempo la mia ricerca sulla progettazione”
Nel tempo Diana ha anche affrontato studi nell’ambito della bioetica e ha completato una borsa di studio in medicina geriatrica. “Ho sempre apprezzato la compagnia di persone anziane e credo che l’architettura possa servire sia come trattamento preventivo che attivo per le malattie legate all’età, soprattutto data l’età avanzata della popolazione. Sebbene non esistano farmaci che invertano l’invecchiamento, una progettazione attenta degli spazi può migliorare significativamente il benessere e l’assistenza”
Credendo fortemente nella necessità di unire le competenze sanitarie con quelle progettuali, ha co-fondato due organizzazioni in questi anni: una è il Clinicians for Design, che unisce ricercatori con idee simili a livello globale, e l’Health Design Lab presso il Massachusetts General Hospital e il Brigham and Women’s Hospital, entrambi affiliati all’Università di Harvard. In questo ultimo caso, il laboratorio mira a condurre ricerche per rispondere alle richieste degli architetti e promuovere connessioni nel settore dell’edilizia sanitaria e programmi di formazione. Oggi Diana oltre a essere è professore alla Boston University e anche referente dei progetti sanitari presso Jacobs, dove contribuisce con la sua leadership rispetto alle tematiche relative all’ambiente costruito e la salute.
ARCHITETTURA ED EVIDENZA SCIENTIFICA
Durante lo speech Diana Anderson ha presentato diversi studi in parte condotti dal suo gruppo di lavoro e altri casi invece tratti dalla letteratura scientifica come veri e propri esempi concreti nell’ambito delle strutture sociosanitarie.
Il taglio della relazione ha voluto proprio enfatizzare il ruolo strategico dei progettisti nella promozione della salute e nello specifico nell’ambito sanitario quanto le scelte progettuali possono influire sul benessere di utenti e lavoratori, sulla riduzione dei rischi, il miglioramento delle performance, ecc. Infatti, durante lo speech il Dochitech ha affrontato l’importanza dell’evidence based design a partire dagli studi di Roger Ulrich (Brambilla A, Rebecchi A, Capolongo S. Evidence Based Hospital Design. A literature review of the recent publications about the EBD impact of built environment on hospital occupants’
and organizational outcomes. Annali di Igiene. 2019; 31: 165-180. doi: 10.7416/ai.2019.2269). Come ha affermato: “[…] l’architettura gioca un ruolo strategico nell’ambito della sanità pubblica. […] trascorriamo circa il 90% del nostro tempo al chiuso […]. Questi ambienti hanno effetti significativi ma sottili sul nostro cervello. L’architettura può evocare tristezza, felicità, ansia e distrazione e allo stesso tempo può aumentare la stanchezza. Influenza costantemente la nostra cognizione, il nostro benessere fisico e il nostro stato emotivo. Il design degli ambienti ha impatti misurabili. Esiste un divario notevole tra medicina e architettura nella mia esperienza”.
A seguire vengono riportati alcuni highlight argomentati dalla collega durante lo speech.
L’ambiente costruito come determinante fisico della salute
“L’impatto dell’ambiente costruito sulla salute è significativo; la funzionalità e l’estetica degli edifici sono cruciali. Dobbiamo anche considerare questioni bioetiche più ampie: quanto efficacemente gli edifici soddisfano le esigenze di salute e per chi? I determinanti fisici della salute rimangono ampiamente poco studiati […], non discutiamo ancora dell’impatto di città, luoghi ed edifici come determinanti della salute. Il mio obiettivo è dimostrare attraverso vari esempi che la progettazione di edifici sanitari influisce in modo significativo sulla nostra salute, in modo simile ai farmaci.
E se Vi dicessi che i designer possono influenzare quanto e quanto velocemente mangi in un ristorante? Sebbene il gusto possa sembrare fondamentale, in realtà è il colore della luce che conta. La percezione visiva mostra che il rosso e il giallo portano le persone a mangiare più velocemente e di più. Uno studio ha dimostrato che con luci soffuse e musica jazz, i commensali consumavano, in media, 175 calorie in meno rispetto a contesti dai colori vivaci”.
Come ha continuato ad argomentare: “L’architettura può persino prolungare la tua vita. Influenza significativamente il nostro benessere. Gli utenti spesso descrivono gli edifici come un assistente silenzioso. L’architettura è riconosciuta come una componente essenziale del benessere, del trattamento attivo e della prevenzione delle malattie”. Pertanto “come colmiamo il divario tra i progettisti di edifici ospedalieri e i loro occupanti? Qual è il nostro imperativo morale come architetti sanitari?”. La risposta è “non causare danni”.
Spettro luminoso e la riduzione delle cadute
(nelle case di cura, e non solo)
“Steven Lockley di Harvard, che collabora con la NASA, ha esaminato l’illuminazione e il ritmo circadiano confrontando due case di cura; una è rimasta invariata mentre l’altra ha sostituito tutte le sue lampadine. Circa poche centinaia di dollari a lampadina. Che cosa ha fatto Lockley? Ha preso in considerazione i cambiamenti di intensità e spettro, aumentando la lunghezza d’onda corta durante il
giorno per migliorare la luce blu e diminuendola durante la notte, con conseguente riduzione del 43% dei tassi di caduta. Per prevenire le cadute, che sono costose per i sistemi sanitari a livello globale, dobbiamo riconoscere che le cadute si verificano ovunque. Tutti possono cadere. Una caduta in ospedale costa tra 60.000 e 70.000 dollari, […]” differentemente “[…] in una casa di cura può essere meno costosa, ma comporta comunque costi significativi. Utilizziamo allarmi e rilevamento a infrarossi, sistemi di prevenzione delle cadute assistiti da robot, ecc., ma nessuno raggiunge una riduzione del 43% delle cadute”.
Contrasto di colori per gli utenti con demenza
“Parlo spesso della demenza poiché lavoro principalmente con quei pazienti, concentrandomi sulla cura non farmacologica. Con il progredire della demenza, si verificano cambiamenti […]. Ciò porta anche a una diminuzione della voglia di mangiare e bere […]. Da sempre vengono adottati interventi come stimolatori dell’appetito e l’inserimento di sondini per l’alimentazione, ma possono causare danni significativi. Stiamo pertanto rivalutando il nostro approccio. Ad esempio, le case di cura in genere utilizzano piatti e tazze bianchi, ma uno studio che li ha sostituiti con stoviglie rosse ad alto contrasto, ha dimostrato un aumento del 25% nell’assunzione di cibo e un consumo di liquidi dell’85% in più”. E in conclusione a tale argormentazione, la relatrice ha suggerito che probabilmente il contrasto dei colori potrebbe essere un tema di ricerca in quest’ambito anche per la vita quotidiana degli utenti affetti da demenza.
Il biophilic design e le aree verdi
“[…] parliamo spesso di spazi verdi, che impatto hanno sul nostro cervello, ma possiamo quantificarlo? Un ricercatore di Boston ha condotto un notevole lavoro sugli spazi verdi residenziali e sui loro effetti sul cervello”. Lo studio ha analizzato “[…] 13.000 individui, principalmente donne, utilizzando grandi set di dati nazionali e ha scoperto che coloro che avevano un maggiore accesso alla natura mostravano una migliore velocità di elaborazione dell’attenzione e punteggi cognitivi complessivi. […]. Quindi, i risultati sono piuttosto intriganti” tantochè “[…] il Washington Post ha pubblicato un articolo qualche tempo fa in cui si affermava che stare vicino a spazi verdi può allungare la vita e aumentare la longevità. [….] e vivere in aree con più alberi riduce la probabilità di aver bisogno di antidepressivi”.
Studiare le evidenze ed essere al passo con i tempi
“Come architetti, creiamo spazi che promuovono involontariamente l’immobilità. […] Negli anni ‘70, la McGill University di Montreal ha condotto studi eticamente discutibili su soggetti giovani e sani costretti a letto e privati di stimoli sensoriali, come televisione, musica e contatto umano. I disturbi sensoriali hanno iniziato a verificarsi dopo appena due ore, con condizioni come delirio, sintomi o allucinazioni. Privare
gli individui del loro ambiente familiare e confinarli a letto porta a rapidi cambiamenti. Questa pratica è comune per gli anziani e i pazienti in ospedale. […] il dott. Creditor ha esaminato gli effetti sulla fisiologia degli anziani. Il corpo che invecchia ha una pelle più sottile, una capacità polmonare ridotta, ecc. Quando una persona fragile è costretta a letto, tutti i sistemi fisici vengono colpiti nel giro di poche ore”. E lo studio sostiene infatti che “[…] la maggior parte dei pazienti anziani ricoverati in ospedale finisce in case di cura non a causa della loro malattia iniziale”. Rivolgendosi alla platea: “Come possiamo trasferire tutti questi dati all’interno del progetto? Spesso osservo una disconnessione e il mio obiettivo è dimostrare attraverso la nostra ricerca e il nostro lavoro […] che possiamo creare metodi che permettano l’integrazione. Sono sicura che troveremo altri campi; l’infermieristica, l’etica, il diritto e la medicina si sono spostati in modo significativo verso la pratica basata sulle prove, al contrario l’architettura sembra essere in ritardo”. E continuando ha affermato che “dobbiamo essere inclusi nel processo decisionale, poiché spesso I progettisti vengono trascurati”, ma anche l’ambiente costruito influisce sulla salute dell’individuo. E per meglio argomentare il concetto, Diana Anderson ha raccontato che “Nel 1995 è stato pubblicato un breve documento che delineava le linee guida di progettazione dell’unità di terapia intensiva per la terapia intensiva. Nel 2012, un gruppo di architetti si è riunito per aggiornare le linee guida esistenti”. In questi ultimi anni è stato attivato un nuovo gruppo, di cui presto saranno pubblicati gli esiti. “[…] Abbiamo esaminato tutta la letteratura pubblicata sulla progettazione di terapia intensiva […]. Abbiamo formulato raccomandazioni basate sulle evidenze […], sebbene manchiamo di studi randomizzati”.
Durante lo speech Diana si è focalizzata sul tema delle finestre; nel documento “abbiamo sostenuto la presenza di finestre e luce naturale in tutte le stanze dei pazienti. […]. C’è però uno studio del 2013 che ha coinvolto 6000 pazienti, che ha indicato che le finestre non hanno alcun impatto sulla loro assistenza”. Lo studio però è di 10 anni fa; “la pratica clinica era molto diversa; dobbiamo considerare il modo in cui forniamo assistenza. All’epoca sedavamo i pazienti in modo significativo. […]. Quindi, ci siamo riuniti e abbiamo concluso che non possiamo […] raccomandarlo come buona pratica [quella di non prevedere le finestre]. Assolutamente no. Sappiamo intuitivamente che le finestre sono essenziali per gli esseri umani, motivo per cui le abbiamo fortemente consigliate nonostante le prove”. Consapevolmente che oggi il mercato offre anche soluzioni come lucernari e/o simulatori di luce naturale, anche se -come argomenta la collega- pochi studi che ne dimostrano i benefici.
L’AMBIENTE COSTRUITO E LA PERCEZIONE DELL’UTENTE
In relazione agli studi che conduce sul tema dell’Alzheimer, Diana Anderson ha argomentato: “[…] parlo spesso di case di cura, ma non tutti gli anziani vi risiedono. La maggior parte dei partecipanti risiede
nelle abitazioni ordinarie. In che modo questi ambienti influenzano l’invecchiamento e lo stile di vita?”. In questo momento la collega sta conducento uno studio specifico sugli “[…] spazi di transizione, aree di collegamento come portici, finestre a bowindow, cortili e giardini comuni. Qual è il loro effetto sulla salute degli anziani? Questo comprende più depressione, ansia e solitudine, ma anche gli aspetti congnitici devono essere presi in considerazione. Abbiamo un campione di anziani sani e con problemi cognitivi e abbiamo sviluppato un nuovo strumento di indagine. Attualmente disponiamo di dati grezzi, ma l’analisi statistica è imminente. Abbiamo studiato i tipi di vista all’interno delle case, concentrandoci su viste naturali rispetto a quelle artificiali e sulla loro relazione con i risultati sulla salute, in particolare sull’umore e solitudine. Sebbene in questa fase non disponiamo di analisi statistiche, non stiamo stabilendo alcuna correlazione. I dati pilota preliminari indicano che la natura dovrebbe produrre risultati inferiori, anche se si prevedevano punteggi migliori; tuttavia, questa aspettativa non è stata soddisfatta”. Ciò potrebbe spiegarsi con un altro studio condotto per la realizzazione di un hospice in cui è stato chiesto agli utenti: “Dove preferiresti essere?Preferiresti affacciarti sulla spiaggia o trovarti in un canyon pieno di autostrade e auto, tipico di San Diego?”. L’aspettativa era la spiaggia, ma invece il campione ha preferito il contesto viabilistico, “[…] cercavano il trambusto. Questo è intrigante e giustifica un’ulteriore esplorazione dei dati. Non possiamo supporre che la natura sia l’unica soluzione per gli anziani con deficit cognitivo. Abbiamo esaminato la frequenza di visione, notando che è ormai prassi comune nelle cliniche prescrivere esercizio fisico e diete sane. E se potessimo prescrivere un uso ottimale dello spazio? Tutti hanno finestre a casa; un uso frequente e la visione occasionale all’esterno potrebbero portare a risultati migliori?”.
Il girovagare, sintomo comportamentale frequente nelle persone con demenza “Il girovagare è un sintomo comune della demenza. Come possiamo affrontare questo problema? Limitiamo il movimento per impedire il girovagare dell’utente, garantendo la sicurezza da potenziali pericoli. Le tecniche oggi includono l’uso di allarmi per porte, […], la creazione di illusioni visive, l’applicazione di restrizioni […]. La ricerca indica che posizionare del nastro adesivo davanti a una porta ha ridotto il numero di individui che uscivano dal 98% al 42%. Questo fenomeno può essere attribuito a deficit nella percezione visiva nella demenza; non sono solo i centri della memoria a essere interessati, ma anche le aree visive del cervello. Questo effetto è più prevalente nella demenza di Alzheimer, che include una variante visiva”.
Considerazioni finali sulla necessità di un approccio basato sulle evidenze
Quando si parla di evidence based design le analisi non si dovrebber concentrare su: ““Ti piace questo ospedale?” e “Cosa pensi di que-
sto spazio?” Questo approccio spesso porta a resoconti privi di dati scientifici e l’autovalutazione introduce pregiudizi. Dovremmo prendere in considerazione l’istituzione di un’entità terza per valutare i progetti. La revisione paritaria nella progettazione potrebbe rappresentare la prossima frontiera. Dobbiamo implementare ciò che possiamo; i soli dati clinici non sono sufficienti. Richiediamo anche l’integrazione della componente di progettazione basata sulle evidenze insieme all’aspetto operativo. Dobbiamo integrare efficacemente le tecnologie mediche”. E come conclude la collega: “C’è bisogno di un cambiamento di paradigma verso la misurazione della qualità del design? Affermerei di sì. Gli architetti esitano nel quantificare la qualità del design. […]. Oggi, tutte le procedure mediche e chirurgiche vengono sistematicamente misurate, in particolare prima di un’implementazione diffusa. […] la standardizzazione sanitaria da una prospettiva di progettazione non può adottare un approccio universale senza dati sufficienti. È improbabile che ciò abbia successo. Gli edifici che progettiamo oggi hanno un impatto non solo sugli utenti, ma anche sui passanti, sulle famiglie e sulle generazioni future. Abbiamo un ruolo strategico nella salute pubblica e nel benessere. Qualunque cosa progettiamo oggi influenzerà le nostre vite, invecchiando. […] quindi dovremmo metterci un incentivo in più per farlo bene”.
CONCLUSIONI
La lectio magistralis di Diana Anderson ha evidenziato l’importanza che il mondo delle costruzioni si basi sull’evidenze scientifiche, i cui dati possono essere di supporto per quelle che sono le strategie e le scelte da attuare in ambito progettuale, gestionale e manutentivo delle strutture.
Incontrare Diana Anderson è stata una grande opportunità per conoscere una “figura ibrida” da cui prendere spunto e immaginare le figure professionali del domani, anche nella logica di ripensare il Master Ospedali nei prossimi anni.
Dal momento che la relazione è stata più lunga del previsto, non è stato possibile strutturare un question time, ma la collega si è resa disponibile a rispondere a domande ove ce ne fossero contattandola direttamente.
Ringraziamenti
I colleghi del Design & Health Lab hanno potuto invitare Diana Anderson al Politecnico di Milano grazie al finanziamento erogato dal Dip. ABC per attività di valorizzazione della ricerca.
Gli autori
MARCO GOLA STEFANO CAPOLONGO
Design & Health Lab, Dipartimento di Architettura, ingegneria delle costruzioni e ambiente costruito, Politecnico di Milano
AUTOMAZIONI PER AMBIENTI OSPEDALIERI E SANITARI
Bft propone una gamma di soluzioni sicure e innovative con caratteristiche uniche ed esclusive. In particolare, le soluzioni che l’azienda propone nell’ambito del controllo degli accessi pedonali e veicolari si adattano a ogni contesto installativo, sono affidabili e pensate per durare nel tempo. Nelle strutture sanitarie in particolare, la gestione degli accessi pedonali e la gestione e la sosta degli automezzi è un aspetto critico sia per gli operatori sanitari che per i pazienti e i visitatori. Per questo motivo, gli ingressi automatici pedonali Bft sono adatti agli ambienti sanitari (ospedali, cliniche, ambulatori) perché garantiscono il rispetto dei protocolli igienici e aiutano a prevenire il rischio di contaminazione.
Le automazioni per porte pedonali Bft, porte pedonali scorrevoli, le porte scorrevoli per uscite di emergenza e le porte pedonali a battente possono essere equipaggiate con sistemi di azionamento “senza contatto” o con pulsanti a sfioramento che utilizzano la tecnologia radar ed attivare l’apertura della porta con il semplice avvicinamento della mano.
Tutte le automazioni inoltre possono essere dotate di batterie tampone al fine di garantire l’azionamento della porta anche in caso di assenza di tensione, assicurando così il normale funzionamento. Per quanto riguarda invece la gestione degli accessi veicolari, la gamma di dissuasori di passaggio e di sosta di Bft risponde alle
necessità legate alla gestione degli accessi veicolari nelle aree pedonali, nei parcheggi e nelle aree dedicate ai mezzi di soccorso per regolamentarne la sosta o l’accesso.
La maggior parte dei dissuasori si configura come cilindri metallici che vengono installati sotto al manto stradale e alzati quando è necessario impedire l’accesso ad una determinata area. Ciascun dissuasore è dotato di una tecnologia che, anche in caso di malfunzionamento o blackout, garantisce la chiusura o l’apertura dei varchi, a seconda delle esigenze del momento. Oltre alla funzione di gestione degli accessi, i dissuasori Bft rispondono all’esigenza di protezione di aree pedonali e/o di quelle dedicate ai mezzi di soccorso. I dissuasori Bft infatti garantiscono elevata velocità di azionamento e massima resistenza all’impatto in situazioni di emergenza.
La gamma di barriere stradali Bft rappresenta la soluzione ottimale per la gestione degli accessi alle aree di parcheggio o la regolamentazione degli accessi ad aree riservate. Inoltre, la gamma di barriere Bft garantisce la reazione all’urto mediante il dispositivo Encoder, grazie al quale è facile rilevare gli ostacoli assicurando una rapida inversione del movimento e migliorando la fluidità nelle fasi di apertura e chiusura dell’asta per evitare ogni tipo di pericolo.
La struttura e il design della barriere, inoltre, garantiscono massima accessibilità per una rapida manutenzione. In questo modo è possibile effettuare operazioni di collegamento, programmazione e manutenzione in modo rapido, preciso e in totale sicurezza. L’operatività delle barriere stradali e dei dissuasori di sosta e passaggio è assicurata da tecnologie esclusive che ne consentono il controllo anche da remoto, agevolando così il lavoro di chi si occupa di proteggere gli edifici e la gestione dell’accesso in aree riservate.
www.bft-automation.com
60 ANNI DI VERSATILITÀ PER RIORGANIZZARE TUTTI GLI SPAZI
USM Modular Furniture offre da quasi 60 anni molto più che soluzioni di arredo. L’azienda svizzera propone il sistema modulare USM Haller, dall’estetica essenziale e senza tempo, per riorganizzare qualsiasi spazio. Questo iconico sistema, che dal 2001 è parte della collezione permanente del MoMA di New York grazie all’assunzione di status di “opera d’arte”, nel corso della sua esistenza, sa reinventarsi più e più volte, per poter essere un compagno prezioso e fidato sempre al fianco di chi lo utilizza, di generazione
in generazione. Il sistema USM Haller può essere composto su misura per le esigenze del momento, ma una volta progettata, la composizione può sempre essere ripensata e adattata a nuove circostanze e necessità. Grazie ai colori che non sbiadiscono mai, ai materiali di alta qualità e al design intelligente (un sistema 100% modulare), i mobili USM Haller acquistati decenni prima possono essere perfettamente combinati e rinnovati con nuovi componenti, anch’essi intercambiabili e ampliabili in qualsiasi momento senza
problemi. Questo garantisce una libertà creativa illimitata, design maggiormente personalizzati e cicli di utilizzo pressoché infiniti. La versatilità e l’innovazione dei sistemi di USM Modular Furniture emergono chiaramente in una serie di progetti internazionali che abbracciano vari contesti e culture. Da strutture aeroportuali come l’EuroAirport di Mulhouse, alla residenza privata della famiglia Johanson a Drammen, passando per il Creative Lab di Bologna fino a una clinica di riabilitazione a Okinawa, il sistema modulare USM Haller continua a distinguersi per l’uso creativo, pragmatico ed elegante in spazi professionali, uffici, biblioteche e abitazioni. Tra i numerosi progetti di successo, la clinica ortopedica Rokuto di Okinawa rappresenta un esempio significativo dell’efficacia delle soluzioni di USM anche in ambito sanitario. Con sede nella città di Naha, la clinica, parte del gruppo Medical Corporation Rokuninkai, impiega oltre 330 tra ortopedici, fisioterapisti e terapisti, e nel 2016 ha inaugurato il suo terzo ospedale, Rokuto Orthopedic Az, situato in un’area che si affaccia sul mare.
Particolare cura è stata riservata alla progettazione della sala di riabilitazione del terzo piano, un ambiente open space caratterizzato da soffitti alti, che conferiscono all’area un aspetto ampio e luminoso. Per garantire un’atmosfera accogliente e funzionale, la clinica ha scelto di utilizzare i sistemi modulari USM Haller per suddividere lo spazio in modo versatile, integrando scaffalature per cartelle cliniche, riviste e persino un banco informazioni come divisorio. Secondo il direttore della clinica, Watanabe, “Il fascino di USM Haller risiede nella sua semplicità, ma al contempo nella forte personalità che riesce a esprimere”. L’uso strategico dei colori disponibili nella gamma USM Haller è un ulteriore elemento distintivo: i pannelli delle stanze dei pazienti variano dal bianco al grigio, creando un’atmosfera armoniosa e rilassante.
www.usm.com
di Antonella Crugliano, Sara Capizzi, Arianna Laurenti
Ufficio Legale e Appalti Dipartimento Tecnico Patrimoniale AUSL di Bologna
Appalti, sentenze e aggiornamenti normativi
PRINCIPIO DI EQUIVALENZA CCNL
TAR Lombardia, 1° ottobre 2024 n.773
La vicenda trae origine da una procedura negoziata indetta per l’affidamento dei lavori relativi all’adeguamento degli impianti di ventilazione, condizionamento e impianti gas medicinali della sala cardiochirurgia di una Azienda Sanitaria con criterio del minor prezzo. Alla procedura formulano offerta tre imprese, la prima delle quali presenta un ribasso pari al 15,96% a fronte della seconda classificata con un ribasso del 3,16%.
La prima viene dunque giudicata anomala con conseguente necessità di azionare la procedura di verifica della congruità.
Al perfezionamento di quest’ultima procedura viene disposta l’esclusione dell’impresa prima classificata per presunta mancanza di equivalenza tra il CCNL dichiarato dalla medesima impresa e quelli individuati nel disciplinare di gara e l’appalto viene aggiudicato alla seconda.
Il TAR Lombardia, su ricorso dell’impresa esclusa, evidenzia che nelle procedure di gara pubbliche l’anomalia dell’offerta, quando non è prevista l’esclusione automatica, deve essere esaminata dalla stazione appaltante in relazione al caso concreto, anche in assenza di criteri preventivamente fissati negli atti di gara. Tale libertà da un lato favorisce una maggiore partecipazione alle gare, dall’altro impone alla stazione appaltante il compito di verificare la sostenibilità delle offerte attraverso criteri specifici e non ipotetici, adeguati alla realtà del mercato e alle particolarità dell’appalto in questione.
Orbene, il principio di “equivalenza” di cui all’art.11 del Codice degli Appalti (D.Lgs.n.36/2023), risponde all’esigenza di evitare divario salariale o riduzioni delle tutele contrattuali a scapito dei lavoratori.
L’equivalenza non richiede necessariamente parità assoluta di trattamento economico, ma impone che le differenze tra i contratti collettivi siano limitate a oscillazioni accettabili e non determinino una distorsione concorrenziale.
La valutazione dell’equivalenza non può pertanto basarsi solo su meri confronti retributivi, ma deve considerare il quadro normativo complessivo offerto dai contratti collettivi, inclusi i diritti di previdenza, malattia, ferie e altre garanzie giuridiche.
L’eccessivo rigore nell’applicazione del criterio dell’equivalenza, se non accompagnato da un’adeguata istruttoria, può portare a limitare la libertà imprenditoriale e la partecipazione alle gare, violando il principio della massima concorrenza.
In conclusione, il TAR Lombardia accoglie il ricorso della parte ricorrente, limitatamente all’accertamento dell’illegittimità dell’esclusione dalla procedura di gara.
Regolarità fiscale
Consiglio di Stato, adunanza Plenaria, 24 aprile 2024 n.7 Come è noto, ai fini della partecipazione alle gare per l’affidamento degli appalti pubblici, gli operatori economici devono essere in possesso del requisito di regolarità fiscale; detto requisito deve essere posseduto in maniera continuativa, a partire dalla presentazione dell’offerta alla stipula del contratto e poi ancora fino all’adempimento dell’obbligazione contrattuale.
Nel caso di specie, la questione, rimessa all’Adunanza Plenaria, trae origini da un ricorso in appello di una società posizionatasi seconda classificata, che lamenta l’aggiudicazione a favore di un’impresa non in possesso del requisito di regolarità fiscale.
La terza Sezione del Consiglio di Stato, nell’esaminare il ricorso, ravvisa un possibile contrasto tra l’orientamento giurisprudenziale secondo cui le certificazioni attestanti la regolarità fiscale rilasciate dagli organi competenti non possono essere oggetto di sindacato o valutazione autonoma delle stazioni appaltanti e quello della continuità del possesso dei requisiti che devono essere mantenuti durante tutto il processo della gara e del corso dell’esecuzione contrattuale.
L’Adunanza Plenaria esclude che esista un contrasto giurisprudenziale, ribadendo che i certificati di regolarità sono da considerarsi dichiarazioni di scienza, valide fino a querela di falso; trattasi infatti di principi attinenti profili diversi (uno probatorio e l’altro sostanziale), ma assolutamente conciliabili tra di loro.
Accordi quadro
Tar Calabria, Sez.II, 3 ottobre 2024 n.1415.
Una stazione appaltante bandisce una gara per l’affidamento di un accordo quadro avente ad oggetto il servizio di ossigenoterapia domiciliare per i pazienti.
Un concorrente impugna il disciplinare di gara, ritenendo che la formulazione dello stesso precluda la presentazione di un’offerta rispondente ai principi di trasparenza e concorrenzialità.
La contestazione riguarda in particolare la clausola del capitolato speciale che stabilisce che l’accordo quadro ha una durata di 48 mesi ed al contempo che i singoli ordinativi, indipendentemente dalla data di emissione, hanno la scadenza allineata a quella dell’accordo quadro, ciò determina una totale incertezza dell’effettiva durata dei medesimi ordinativi e contrasta con la regola fondamentale dei contratti pubblici secondo cui i contratti devono avere termini e durata certi.
La previsione pertanto renderebbe impossibile la formulazione di un’offerta ponderata.
Il Tar respinge il ricorso sulla base delle seguenti argomentazioni: █ l’accordo quadro è connotato da intrinseci profili di aleatorietà; █ il concorrente conosce la misura massima delle prestazioni che potrebbe essere chiamato ad eseguire, ma non ha la certezza di quante sono quelle che saranno effettivamente ordinate, dipendendo (ciò) dal numero e entità dei singoli contratti attuativi che saranno stipulati.
L’aleatorietà riguarda anche la durata dei singoli contratti che dipenderà dal momento in cui saranno attivati.
L’alea è connaturata allo strumento dell’accordo quadro che non impedisce all’operatore economico di formulare un’offerta ragionata.
L’accordo quadro rappresenta una procedura di scelta del contraente che semplifica l’affidamento dei contratti attraverso l’individuazione di futuri contraenti e l’individuazione delle regole del gioco e delle condizioni dei contratti se e nella misura in cui saranno stipulati. Trattasi del c.d. contratto normativo, dal quale scaturiscono effetti obbligatori e non reali.
In sostanza l’operatore economico affidatario dell’accordo quadro non acquisisce alcun diritto ad eseguire le prestazioni, ma è obbligato ad eseguirle se e nella misura in cui vengano ordinati alle condizioni ex ante contrattualmente stabilite.
La stipula dei singoli contratti attuativi non è ex ante determinabile né nel numero, né nell’importo, né nella durata, dipendendo dalle specifiche esigenze della stazione appaltante.
In altri termini la stazione appaltante potrebbe stipulare contratti di rilevante importo oppure non stipulare alcun contratto.
In siffatto contesto occorre però considerare che l’affidatario dell’accordo quadro ha impiegato tempo e risorse per la formulazione della sua offerta, modulandola sulla base di un valore presunto di futuri contratti attuativi.
A tale proposito si può menzionare la sentenza del Tar Liguria, Sez.I, 11 luglio 2023 n.708.
Nel caso di specie all’affidatario dell’accordo quadro viene ordinata una prestazione con un chilometraggio inferiore rispetto a
quello minimo contrattualmente previsto. Questi dunque contesta siffatta scelta evidenziando che l’offerta presentata in sede di gara (e sulla base della quale era intervenuta l’aggiudicazione) era stata parametrata sulla percorrenza prevista di 150.000 chilometri (e non 140.000), con conseguente presunzione di un certo livello di ricavi. Modificandosi in maniera sensibile tale parametro, la remuneratività dell’offerta presentata veniva fortemente compromessa.
A fronte di tale rilievo contestazione la stazione appaltante contesta formalmente all’affidatario l’inadempimento, ritenendo sussistenti le condizioni per affidare il servizio ad altro soggetto. La determinazione della stazione appaltante viene impugnata davanti al giudice amministrativo dall’affidatario dell’accordo quadro.
Il Tar Liguria accoglie il ricorso, ritenendo insussistente il contestato inadempimento.
Secondo il giudice amministrativo non può infatti ritenersi esigibile una prestazione che appare all’evidenza non remunerativa, tenuto presente che tale circostanza non deriva da un errore dell’operatore economico né da una circostanza sopravvenuta e imprevedibile, bensì da un’errata valutazione della stazione appaltante in sede di programmazione, avendo indicato un chilometraggio presunto di percorrenza superiore rispetto a quello che si è rivelato necessario in base alle effettive esigenze.
Ne consegue che la volontà espressa dall’affidatario dell’accordo quadro di non eseguire il servizio alle condizioni previste nel contratto attuativo non può qualificarsi come inadempimento, essendo piuttosto il risultato di un comportamento illegittimo della stazione appaltante, che ha prima indicato una determinata previsione di percorrenza, poi ha preteso di affidare il servizio sulla base di una percorrenza inferiore.
Secondo il giudice amministrativo, è in questo contesto e sulla base di tali presupposti che vanno interpretate le clausole dell’accordo quadro.
L’indicazione di un valore presunto dell’accordo quadro, parametrato a una certa quantità di prestazioni programmate, attribuisce alla stazione appaltante che stipula il singolo contratto attuativo un certo grado di flessibilità. Ma tale flessibilità non può eccedere una soglia ragionevole, individuata nel 20%, perché diversamente verrebbe meno qualunque certezza per gli offerenti alla gara – e di conseguenza per l’aggiudicatario – sulla reale entità dell’oggetto dell’affidamento, con un evidente contrasto con i principi di economicità e attendibilità dell’offerta.
L’interesse della pronuncia risiede nella prospettata possibilità di considerare il valore presunto dell’accordo quadro, se non in termini di minimo garantito, come un parametro che non può essere del tutto ignorato in sede esecutiva, nel senso che se il complesso dei singoli contratti attuativi si discosta in misura sensibile da tale valore all’affidatario viene riconosciuta una specifica forma di tutela.
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