2020 - 2

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Sursum Corda Grazie, amici benefattori! Don Franz Vicentini, James Crowley, Don Tommaso Lerario, Fernanda Vinci, Parrocchia Santa Maria Causa Nostrae Laetitiae; Parrocchia Santa Teresa di Calcutta; Parrocchia Sacro Cuore a Ponte Mammolo.

CONTO CORRENTE POSTALE SEMINARIO n. 38198008 Intestato a Pontificio Seminario Romano Maggiore 00184 Roma - Piazza San Giovanni in Laterano, 4 IBAN IT70 J076 0103 2000 0003 8198 008 BIC - SWIFY BPPIITRRXXX

SURSUM CORDA Redazione: Mario Pangallo, Cristiano Patrassi, coordinatori.

Rifacimento del corridoio antistante la Biblioteca

Anno CIV - n. 2-2020 www.seminarioromano.it Seguici su: Direttore Editoriale: Gabriele Faraghini Direttore Responsabile: Davide Martini

Vincenzo Perrone, Enrico Maria Trusiani. Hanno collaborato a questo numero: Marco Carluccio, Matteo Colucci, Vincenzo D’Alleva, Enrico De Leo, Gabriele Faraghini, Marco Gandolfo, Emanuele Gargiulo, Renzo Giuliano, Augusto Paolo Lojuduce, Pietro Migliaccio, Giampiero Palmieri, Vincenzo Perrone, Paolo Ricciardi, Luigi Rossi.

Rivista semestrale del Pontificio Seminario Romano Maggiore Piazza San Giovanni in Laterano, 4 - 00184 Roma Tel. 06.698621 - Fax. 06.69886159 E-mail: sursum@seminarioromano.it Spedizione in Abbonamento Postale - c/c p. 30360002 Registrazione del Tribunale di Roma - N. 11581 del 22.V.1967 Progetto grafico e impaginazione: Bruno Apostoli - info@brunoapostoli.it

Finito di Stampare nel mese di Settembre 2020 MANCINI EDIZIONI s.r.l. - Via Tasso, 96 - 00185 Roma - Tel. 06.45.44.83.02 - Cell. 335 5762727 - 335 7166301 - E-mail: info@manciniedizioni.com


“Perché avete paura?” “Ci siamo trovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca…ci siamo tutti. Come quei discepoli, che parlano a una sola voce e nell’angoscia dicono: siamo perduti, così anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme”. rendo in prestito da papa Francesco queste parole che descrivono i nostri giorni che, ci dice, devono diventare: “il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri”.

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Da quando il Governo italiano ha emanato il decreto con le chiusure per l’emergenza legata all’epidemia, in Seminario abbiamo deciso, consigliati dal nostro Cardinale Angelo, di restare in casa. Certamente senza obbligare nessuno. Così a tutti è stato detto di decidere se restare in comunità, accettando le regole stabilite, oppure se tornare a casa. I diaconi hanno scelto di vivere nelle loro parrocchie questo tempo, così anche i seminaristi della comunità dei Figli della Croce hanno scelto di trascorrerlo nella loro casa e pochi altri hanno deciso di non rimanere. Per il resto abbiamo scelto di rimanere sotto lo stesso tetto della Madonna della Fiducia, alla quale ci siamo affidati anche attraverso un momento di preghiera celebrato il 5 aprile, in Cappella Grande, nel rispetto delle distanze che le nuove norme impongono. La preghiera Sub Tuum Presidium ha scandito le nostre giornate e la presenza di Maria ci accompagna e rassicura (anche quando il Cardinale Angelo si e ammalato, a Lei ci siamo rivolti con ancor maggiore insistenza). Quest’anno poi abbiamo vissuto il passaggio al Regina Coeli di Pasqua qui in Seminario, visto che abbiamo vissuto insieme anche la Settimana Santa ed il Triduo pasquale. E anche questo è stato un dono speciale. Devo dire che la scelta di “rimanere” ha fatto in modo che come comunità potessimo vivere insieme la preghiera, la celebrazione dell’Eucaristia in modo particolare, e abbiamo veramente portato con noi tutti coloro che non potevano parteciparvi, costretti ad un forzato digiuno eucaristico (che comunque ha dato altri frutti). Abbiamo poi vissuto intensamente l’adorazione eucaristica quotidiana, che scandisce normalmente le nostre giornate. Quasi subito dopo la chiusura poi sono iniziate le lezioni online, per cui i seminaristi hanno avuto certamente giornate piene. Non è mancato il lavoro manuale, al quale tanti si sono prestati facendo pulizie alla grande: grazie a tutti per questi lavori! Questo tempo ha cambiato le carte in tavola a tutti noi… le ordinazioni diaconali e presbiterali sono state rinviate ad ottobre e tante altre cose sono sospese! Anche per il nostro Sursum ci sono state modifiche da fare; comunque, anche se con un po’ di ritardo, arriva a casa vostra per raccontarvi, come sempre, la nostra vita. Mater Mea, Fiducia Mea. Gabriele Faraghini

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Sursum Corda

IN QUESTO NUMERO 5

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Sursum Corda 3

Editoriale Gabriele Faraghini

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In questo numero

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La farina della giara e l’olio dell’orcio Gianpiero Palmieri

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“Signore, ecco, il tuo amico è malato” (Gv 11,3) Paolo Ricciardi

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Diario Gennaio-Maggio 2020 Vincenzo Perrone Nomine Scritti di nostri ex alunni

Speciale “Fiducia” 2020

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Testimoniare che essere prete è bello Emanuele Gargiulo

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Il primato della gratuità Marco Gandolfo

Sursum Corda 23

TiRiguarda.com Emanuele Gargiulo

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Finché c'è vita affettiva c'è speranza Pietro Migliaccio

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I quarant’anni di Ordinazione Sacerdotale del Cardinale Vicario Angelo De Donatis Renzo Giuliano

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Dopo cento anni risuona l’invocazione: "Mater mea, fiducia mea!" Matteo Colucci

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Come un bambino in braccio a sua madre Enrico De Leo 31

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Se infido è il cuore, materna è la Fiducia Vincenzo D'Alleva

San Giovanni Paolo II, “Uno di casa” Gabriele Faraghini

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Una grande famiglia sotto il suo sguardo materno Marco Carluccio

Don Eutizio, un riconoscente ricordo Luigi Rossi

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In ricordo di don Giulio Ramiccia Augusto Paolo Lojudice

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In Pace Christi

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Aprire docilmente il cuore e sperimentare la solerzia dell'obbedienza Angelo De Donatis

La Redazione


LA FARINA DELLA GIARA E L’OLIO DELL’ORCIO “Perché la farina della giara non si esaurì e l’orcio dell’olio non diminuì?”, chiese il bambino. “Non lo so”, rispose la mamma, “ma certi miracoli li fa solo la potenza del dono”. entre mi appresto a scrivere questo articolo, rimango colpito da ciò che accomuna quanto stiamo vivendo per via della crisi del covid19 e la prima lettura di oggi, martedì 9 giugno: l’episodio dell’incontro tra Elia e la vedova in Sarepta di Sidone. In tempi di carestia come in tempi di pandemia ognuno corre ai ripari: in genere ci si protegge, ci si apparta e si custodiscono gelosamente le riserve alimentari… Non si sa mai. Elia non fa eccezione. Prima ripara verso il torrente Cherit dove è nutrito dal corvo, poi fugge a Sarepta dove chiede aiuto ad una vedova poverissima, ormai rassegnata a morire insieme al figlio, invitandola a condividere con lui quel poco che ha e a fidarsi di Dio. Ed è qui che avviene il vero miracolo: la donna in silenzio obbedisce all’uomo di Dio e gli prepara una focaccia. Come a dire: io e mio figlio moriremo, ma conservando quello che di più bello c’è nella propria umanità, che è la logica del dono che scaturisce dalla fede. È l’irruzione del gratuito nell’asfissia delle relazioni dominate dalla paura. È uno squarcio di luce divina lì dove si sarebbe tentati di nascondere nel buio quello che ciascuno ha preso per sé. Donare e donarsi è rendere visibile nel tempo, alla maniera umana, quello che più ci assomiglia a Dio, a ciò che Dio è nel suo Mistero eterno. Elia è ancora lontanissimo dall’aver compreso che questo è il volto di

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Dio, diversamente dalla donna, straniera e pagana, ma che appartiene al popolo degli anawim, i poveri di Dio. È importante credere che Dio è dono, che non si comporta prendendo, ma donando. Perché è importante? Perché da come intendiamo Dio dipende il nostro modo di essere credenti. Se abbiamo in mente un Dio che prende, che si impone, anche noi vorremo prendere e imporci: occupare spazi, reclamare rilevanza, cercare potere. Ma se abbiamo nel cuore Dio che è dono, tutto cambia. Se ci rendiamo conto che quello che siamo è dono suo, dono gratuito e immeritato, allora anche noi vorremo fare della stessa vita un dono. E amando umilmente, servendo gratuitamente e con gioia, offriremo al mondo la vera immagine di Dio. (Omelia di Papa Francesco per la Messa di Pentecoste 31 maggio 2020). Questo passaggio biblico della carestia del Primo Libro dei Re ci provoca e interpreta l’oggi che stiamo vivendo. In tempi di pandemia abbiamo assistito a comportamenti un po’ ambivalenti: una grande spinta a sentirci solidali nella stessa barca in tempesta e contemporaneamente la tentazione di proteggerci e salvarci da soli, come Elia. Non mi riferisco all’osservanza del lockdown: quello è stato al contrario il segno di un’attenzione necessaria alla salute di tutti. Penso in realtà più all’aspetto economico e sociale. Da una parte, un istinto buono ha spinto tanti romani (davvero tan-

Giampiero Palmieri

Mons. Palmieri con il direttore della Caritas diocesana don Ben Ambarus

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Sursum Corda finirà la cassa integrazione, il blocco dei licenziamenti, il contributo ai lavoratori autonomi (forme di sostegno per di più non arrivate a tutti i destinatari) ci dovremo misurare con l’altra tendenza, tanto istintiva quanto inevitabile: si salvi chi può. Di fronte a questa prospettiva anche gli interventi messi in atto dalla Chiesa di Roma rappresentano un contributo significativo ma assolutamente insufficiente. Papa Francesco ha istituito il fondo “Gesù Divino Lavoratore”, insieme con la Diocesi, il Comune di Roma e la Regione Lazio (quasi due milioni di euro), con il quale aiutare soprattutto quegli invisibili che non hanno diritti riconosciuti; ma con questa dotazione finanziaria si potranno sostenere per qualche mese al massimo duemila nuclei familiari. Per questo dobbiamo entrare tutti in una mentalità nuova, quella della vedova di Sa-

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ti!) a portare in parrocchia o alla protezione civile generi alimentari da distribuire, a dare disponibilità per la caritas parrocchiale e per i nuovi presidi territoriali di ascolto. Ai volontari anziani si sono sostituiti volontari giovani: questo ha permesso a quasi tutte le realtà di accoglienza e di solidarietà (ostelli, mense, case famiglia, centri di ascolto, unità di strada…) di continuare il loro servizio senza significativi contraccolpi, anzi potenziandosi. Di fronte all’onda sempre più alta dei nuovi nuclei finiti in povertà assoluta (una crescita di più del doppio delle richieste di aiuto), in poco tempo i centri di ascolto hanno avuto la capacità di ripensarsi e trasformarsi: non solo luoghi dove si distribuiscono beni di prima necessità, ma anche dove si è accompagnati ad ottenere quanto spetta di diritto, come il reddito di emergenza, i bonus per i figli e per la scuola,ecc. Davvero il tessuto sociale della nostra città e in genere dell’Italia è segnato da valori tradizionali cristiani che non spariscono dall’oggi al domani e che emergono in situazioni di criticità sociale Dall’altra parte quello che ci aspetta nei prossimi mesi, anzi anni, sarà davvero una crisi economica senza precedenti, la più grave dal tempo del dopoguerra. Quando

repta. È la logica divina del dono. Più doni, più sei. Più condividi, più la tua esistenza assomiglia a quella del Figlio di Dio, la cui umanità donata rivela il Mistero di Dio. È arrivato il momento di condividere non il superfluo, ma una parte importante (la biblica decima) di ciò che hai ricevuto da Dio, perché Dio lo ha dato a te ma non solo per te. Chi non ha visto decurtare il proprio reddito non può infischiarsene di chi ha perso tutto. Papa Francesco ha invitato anche noi vescovi e preti a compiere gesti che esprimano la carità credente della vedova di Sarepta, del ragazzo dei cinque pani e due pesci del Vangelo di Giovanni. È così che tutto si moltiplica e nessuno rimane a mani vuote, è così che la farina della giara e l’olio dell’orcio non si esauriscono né diminuiscono.


“SIGNORE, ECCO, IL TUO AMICO È MALATO”

Paolo Ricciardi

(GV 11,3)

uante volte, in questi ultimi mesi, ho pensato a tutti i passi del vangelo in cui Gesù si trova accanto ai malati. E proprio nell’ultima domenica di marzo - V di quaresima - mentre saliva sempre più l’allarme della pandemia, con il numero dei malati e dei defunti, la liturgia ci offriva il brano della resurrezione di Lazzaro. Le parole dette a Gesù, da parte di Marta e Maria - Il tuo amico è malato - e il grido di dolore delle sorelle, quando quasi accusano il Signore di non essere arrivato in tempo per salvare il fratello Lazzaro, mi fa pensare allo smarrimento di tanti malati e di tanti familiari che in questo tempo hanno percepito un senso di abbandono, a volte anche da parte di Dio. Sono stato testimone, anche se in modo indiretto, che i malati non sono mai stati soli, anche se l’esperienza di molti di loro ha toccato momenti di grande angoscia nell’isolamento dei reparti dove erano ricoverati. Come vescovo delegato della Pastorale della Salute di Roma, ho udito un coro di preghiere, di sostegno, di vicinanza anche se non fisica - a tutti i sofferenti. Il servizio dei cappellani ospedalieri ha subìto uno stravolgimento, essendo stato quasi impossibile entrare nei reparti Covid, ma si è rivelata un’attenzione particolare a tutti gli operatori, bisognosi quotidianamente di una presenza nell’a-

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micizia, nel calore di una preghiera, nel sostegno della Parola di Dio. Scrivendo sulle pagine del “Sursum” non posso non pensare a tanti ex alunni impegnati come cappellani nei luoghi

di cura, soprattutto nelle diocesi più colpite dal contagio, ma penso soprattutto a quanto sia necessario aiutare i futuri sacerdoti ad accostarsi al dolore del mondo, al male e alla malattia. La pandemia ci ha messi tutti di fronte alla fragilità umana, ma ha anche aperto maggiormente gli occhi della Chiesa chiamata ad avere una cura particolare per gli infermi, in ogni situazione e in ogni tempo. Dai credenti e dai non credenti è salito un grido di “perché”, la sensazione di essere abbandonati dal Cielo. Ma, allo stesso tempo, abbiamo avvertito una so-

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Sursum Corda lidarietà che ci ha reso in poco tempo una famiglia globale, dove nessuno è esente dalla malattia: che tu sia un principe, un presidente, un medico, un infermiere, un sacerdote, una religiosa, un anziano, un giovane, un compaesano o uno straniero. La malattia - come sempre - raggiunge tutti. Ma anche il Bene che è nel cuore di ognuno raggiunge tutti, sempre, soprattutto nei momenti più bui. In questi mesi la Chiesa è stata chiamata ad essere come Gesù davanti alla

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tomba di Lazzaro: dove Lui si commuove profondamente e scoppia in pianto, siamo chiamati a piangere anche noi, ad essere profondamente umani. Occorre saper portare con lui la nostra impotenza, la nostra fatica, i nostri “perché” e le tante domande di un senso, in particolare a contatto con la fragilità umana, a cui basta un piccolo virus per cadere. Essere seminaristi e sacerdoti in questo tempo significa abituarsi sempre più a trasformare alcuni “perché” che non hanno mai risposta in un “come”…: mettendosi con umiltà accanto all’uomo, senza la pretesa di spiegare il male, ma facendo sentire tutta la tenerezza di Dio, un Dio che per amore ha scelto di soffrire con noi e come noi, per non farci mai sentire soli e per donare la Luce della vita senza fine.

In questi giorni ci siamo accorti ancora una volta che il luogo più bello per riconoscere la presenza di Dio è proprio l’uomo. Anche se abbiamo dovuto celebrare l’eucaristia senza il popolo, c’è stato un popolo che ha continuato ad offrire la sofferenza umana per il bene del mondo. Abbiamo visto anche tanti sacerdoti morire, in particolare in Italia, in questo tempo. A loro vogliamo guardare ancora, come un segno grande di donazione fino alla fine. Abbiamo avuto tutti tanta voglia di resurrezione. Vogliamo essere tirati fuori, come Lazzaro dal sepolcro, anche noi sacerdoti, chiamati ad uscire per essere sempre accanto a chi soffre, imparando anche da tante persone comuni che come diceva il Papa il 27 marzo davanti al mondo, pur con piazza san Pietro vuota - non compaiono nei titoli dei giornali e delle riviste né nelle grandi passerelle dell’ultimo show ma, senza dubbio, stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia: medici, infermiere e infermieri… volontari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo. Due immagini mi rimangono nel cuore, di questo periodo: la comunità del seminario davanti alla Madonna della Fiducia, in un atto di affidamento alla Madre che sa di cosa abbiamo bisogno; lo sguardo luminoso e le parole di un nostro giovane ex alunno di Rimini, don Alessio, dopo cinque settimane in coma farmacologico per il covid. La Fiducia continua a sostenere i sacerdoti, perché possiamo essere pronti a sostenere gli altri. Ci sarà una risurrezione. Riprenderemo vita, dopo tutta questa fatica. Sì, ci rialzeremo. Questo tempo non è stato vano. Siamo stati formati per essere ancor più “buoni samaritani” ad imitazione del Buon Samaritano del mondo.


Diario

MARTEDÌ 7 Rientro dalle vacanze natalizie. Mons. Luciano Caforio Economo del Seminario presiede la Messa di comunità per i suoi 70 anni.

MERCOLEDÌ 8 Celebrazione dell’Eucarestia in occasione della festa della Beata Maria “siempre Virgen”, Patrona della Comunità Apostolica “de Maria siempre Virgen”, presente in Seminario con alcune religiose.

GIOVEDÌ 9 Adorazione notturna per le vocazioni.

VENERDÌ 10 Riprendono gli incontri della Scuola di Preghiera per i giovani.

MARTEDÌ 14 Nella mattinata il Rettore incontra i Parroci di origine dei seminaristi. Il Cardinale Angelo De Donatis incontra i seminaristi per la Diocesi di Roma che riceveranno il ministero del lettorato.

zione dell’Eucarestia presieduta da Mons. Nazareno Marconi, Vescovo di MacerataTolentino-Cingoli-Racanati-Treia.

FEBBRAIO SABATO 1 Festa della Presentazione di Gesù al Tempio: processione dalla Cappella della Fiducia alla Cappella Maggiore, dove il Rettore presiede la Celebrazione Eucaristica.

GIOVEDÌ 6 Adorazione notturna per le vocazioni.

SABATO 8 - LUNEDÌ 10 Gita delle Classi al termine della sessione invernale degli esami.

MARTEDÌ 11 La Classe del I anno partecipa ad un incontro sull’affettività guidato da Fra Alessandro Ciamei ofm (articolo a pag. 27).

GIOVEDÌ 13

SABATO 25

Celebrazione Eucaristica comunitaria per l’inizio della Novena in preparazione alla Festa della Madonna della Fiducia, presieduta dal Rettore (articolo alle pagine 14-15).

Francesco Barberio, Roberto Buattini, Leonida Giovanni Buonocore, Simone Catana, Ciro Dell’Ova, Filippo Gobbi, Mario Losito, Michele Monteleone, Vincenzo Perrone, Cosimo Porcelli, Luca Riz, Alessandro Romano, Luca Santacroce ricevono il ministero del Lettorato durante la Celebra-

Vincenzo Perrone

Diario 2020

GENNAIO

La Comunità del Seminario partecipa all’incontro “Le Stelle di Lampedusa” con Pietro Bartolo, deputato al Parlamento Europeo, tenutosi alla Cittadella della Carità di Roma.

VENERDÌ 14 Continuano gli incontri della Scuola di Preghiera.

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Sursum Corda SABATO 15

SABATO 22

Presiede la Santa Messa Mons. Pietro Sigurani, Rettore della chiesa di “S. Eustachio” in Campo Marzio, in occasione del sessantesimo anniversario di ordinazione sacerdotale.

LUNEDÌ 17 Presiede la Santa Messa Mons. Mauro Cozzoli, Canonico della Basilica Lateranense, in occasione del cinquantesimo anniversario di ordinazione sacerdotale.

MARTEDÌ 18 Presiede la Santa Messa Don Roberto Zammerini, parroco di “Gesù Divino Lavoratore”. Concelebrano altri sacerdoti ex alunni che quest’anno festeggiano il venticinquesimo anniversario di ordinazione sacerdotale.

Festa della Madonna della Fiducia. Presiede le Lodi SER Mons. Augusto Paolo Lojudice, Arcivescovo dell’Arcidiocesi di Siena - Colle di Val d’Elsa - Montalcino (articolo alle pagine 16-17).

MERCOLEDÌ 19 Presiede la Santa Messa Don Davide Martini, parroco di “San Massimiliano Kolbe”. Concelebrano altri sacerdoti ex alunni che quest’anno festeggiano il decimo anniversario di ordinazione sacerdotale.

GIOVEDÌ 20 Presiede la Santa Messa Don Alessandro Caserio, vicario parrocchiale di “Santa Maria Madre del Redentore”, in occasione del primo anniversario di ordinazione sacerdotale. La Comunità del Seminario partecipa a un momento di riflessione, prima dell’Adorazione Eucaristica, sull’immagine della Madonna della Fiducia, guidato da Don Giovanni Lo Giudice.

La Santa Messa solenne è presieduta dal Cardinale Vicario Angelo De Donatis, con la partecipazione di molti ex-alunni e amici del Seminario (Omelia del Cardinale alle pagine 18-20).

VENERDÌ 21 Presiede per la prima volta nella Cappella Maggiore del Seminario la Santa Messa Don Michele Ciardo, della diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca, in occasione del primo anniversario di ordinazione sacerdotale.

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Primi Vespri della Festa della Madonna della Fiducia, presieduti da SER Mons. Paolo Selvadagi, Vescovo Ausiliare della diocesi di Roma (articolo alle pagine 16-17).

I Secondi Vespri sono presieduti da SER Mons. Vincenzo Paglia, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita (articolo alle pagine 16-17).


Diario MARTEDÌ 25 Riprendono gli incontri di formazione per le Classi.

SABATO 29

MERCOLEDÌ 26

Celebrazione dell’Eucarestia in Cappella Maggiore presieduta dal Rettore con il rito dell’imposizione delle Ceneri.

GIOVEDÌ 27

La Comunità del Seminario vive una giornata di ritiro spirituale all’inizio della Quaresima. Il ritiro è guidato da Padre Riccardo Pérez, claretiano.

MARZO GIOVEDÌ 5 Adorazione notturna per le vocazioni.

VENERDÌ 20 Adorazione continua per i malati e i medici impegnati in questo periodo di pandemia.

VENERDÌ 27 Adorazione continua per i malati e i medici impegnati in questo periodo di pandemia.

APRILE VENERDÌ 3 - DOMENICA 5 Ritiro spirituale di tre giorni in preparazione alla Santa Pasqua. Atto di Affidamento a Maria Madre della Fiducia.

DOMENICA 12 Santa Pasqua. Ricorre il 40° anniversario dell’Ordinazione sacerdotale del Cardinale Vicario Angelo De Donatis (articolo a pag. 28).

MAGGIO La Comunità del Seminario è in visita ai Musei Vaticani e alla Cappella Sistina, accompagnata dal Prof. Barbagallo. È presente con noi il Cardinale Vicario.

LUNEDÌ 11 Incontro in modalità telematica con Don Benoni Ambarus direttore della Caritas della Diocesi di Roma.

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Sursum Corda MARTEDÌ 12

LUNEDÌ 18 Ricorre il Centenario della nascita di S. Giovanni Paolo II (articolo a pag. 31). Incontro in modalità telematica con Don Filippo Morlacchi.

Centenario dello Scioglimento del Voto alla Madonna della Fiducia (articolo alle pagine 29-30).

DOMENICA 24

SABATO 16 Ricorre il XXVIII anniversario di Ordinazione sacerdotale del nostro Rettore.

A chiusura dell’Anno formativo, il Cardinale Vicario Angelo De Donatis celebra la Santa Messa nella nostra Comuntà.

NOMINE Il 30 aprile 2020 il Papa ha nominato don Alessandro Damiano, nostro ex-alunno, Arcivescovo Coadiutore di Agrigento; la consacrazione episcopale è prevista per il 5 settembre 2020. Il 18 giugno 2020 SER Mons. Gianrico Ruzza, nostro ex-alunno e poi Assistente e Vicerettore del Seminario, Vescovo ausiliare di Roma per il Settore Sud, è stato nominato Vescovo della Diocesi di Civitavecchia-Tarquinia. Il 17 giugno 2020 il Santo Padre ha nominato Vescovo di Gozo (Malta) don Anthony Teuma, che è stato Direttore Spirituale nel nostro Seminario dal 1995 al 1997. A tutti i nostri più cordiali auguri di un fecondo ministero!

SCRITTI DI NOSTRI EX ALUNNI ROSSI L., La geopolitica di Francesco. Missione per l’Ecumene cristiano, Francesco D’Amato editore, Sant’Egidio del Monte Albino (Salerno) 2019. ROSSI L., Sulla liturgia della Parola. Meditazioni per la comunità parrocchiale, Francesco D’Amato editore, Sant’Egidio del Monte Albino (Salerno) 2019. VINTI M., Oltre i confini della Salvezza, PFTS University Press, Cagliari 2019. VINTI M., Volti. Versi 1994-2005, Metis Academy Press, Quartu S. Elena (CA), 2020. VINTI M., Primi passi di Gesù e del suo Regno, PFTS University Press, Cagliari 2020.

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cco quanto è bello e quanto è soave che i fratelli vivano insieme” (Sal 133). È stato proprio questo il primo pensiero levatosi dal profondo del cuore quando, la sera di sabato 22 febbraio, si sono spente le luci della Festa e si è ritornati alla normalità. Una preghiera di gratitudine e ringraziamento di un giovane seminarista, non romano, che vivendo per la prima volta questa meravigliosa festa ha assaporato la bellezza di sentirsi figli e fratelli amati sotto lo sguardo dolce e amoroso di Maria. Da quando sono qui, sono stati proprio i fratelli seminaristi a trasmettermi questo grande amore per Maria Madre della Fiducia, e ho sentito alimentarsi un legame che in questi mesi, rivolgendo lo sguardo a quell’effigie così splendente e consolante, credo sia diventato indissolubile. Questo andirivieni di sentimenti mi ha permesso di custodirli nel cuore e di tenerli vivi cosicché nei giorni della festa sono diventati fonte di gioia e vera pace. Nell’incredibile silenzio orante che si è creato nel gaudio della festa, sono ritornato sulle parole toccanti che ci ha lasciato mons. Lojudice nel pensiero delle Lodi. Diceva: “Ma c’è una cosa che è importante ricordare: che Maria non è un accessorio della fede, non è un’aggiunta, non un di più. È es-

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senziale, […] per una vita degna di essere vissuta nello spirito del Vangelo”. Ecco, questa festa è stato il momento per riscoprire quale sia il vero pozzo da cui sgorga dentro di noi l’acqua viva, per affidare il mio cammino a Lei, aiuto per superare gli ostacoli della vita spirituale. “Dai tuoi figli che hai protetti, stretti a Te d’intorno a Roma, dall’Italia in cento petti, sgorga il cantico d’amor”. Nei giorni della festa, commovente il vedere i tanti sacerdoti che sono accorsi da ogni dove e hanno fatto trasparire la gioia grande di rincontrarsi e di rinnovare il legame forte d’amore con la Madre nostra. È stata un’immagine indelebile che ha incarnato queste parole dell’inno; e in quella moltitudine festosa è stato emozionante rivolgermi per la prima volta a Lei intonando il magnifico “cantico d’amor”. “Oh Maria quant’è felice […] chi confida in tua bontà”. Non ci sono parole migliori per esprimere la profondità di un simile momento. Lei come a Cana ci ripete di avere piena fiducia nel Figlio Suo, cioè di nutrire la speranza della gioia vera. Allora continuiamo a invocarla perché non ci stanchiamo mai di sentirci in mano Sua come bambini in braccio alla loro madre. Mater mea, Fiducia mea!

Enrico De Leo

Speciale Fiducia 2020

COME UN BAMBINO IN BRACCIO A SUA MADRE

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Speciale Fiducia 2020 Vincenzo D’Alleva

SE INFIDO È IL CUORE, MATERNA È LA FIDUCIA è chi è diventato sacerdote prima del Concilio e chi lo è solo da qualche mese tra gli ex-alunni venuti a presiedere le celebrazioni di quest’anno. Generazioni lontane, custodite dalle mani della stessa Madre, dentro una storia di fiducia che abbraccia passato e presente in un continuo slancio verso il futuro. Il 13 febbraio 2020, fra i cori lignei che sovrastano l’altare della cappella maggiore, sponde di un fiume da cui tutto trae origine e alimento, ci siamo riuniti per la prima Messa della Novena. La donna straniera descritta da Marco, nel vangelo del giorno, si sente dire da Gesù: “Per questa tua parola va’, il demonio è uscito da tua figlia (Mc 7,29)”. Se questa donna ha fiducia nel Signore, nella prima lettura appare chiaramente che Salomone non confida più in Lui e pone tutta la sua fiducia in altro. “È proprio vero”, commenta il Rettore, Don Gabriele Faraghini, che “dov’è il tuo tesoro, là sarà pure il tuo cuore (Mt 6,21)”. L’esperienza di Salomone può diventare anche la nostra, quando il cuore, a motivo di una fiducia mal riposta a

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causa dei nostri idoli, si trasforma in luogo in-fido per eccellenza. “Vi mando come pecore in mezzo a lupi (Mt 10,16)”, è l’invito del vangelo del secondo giorno. “Siamo portati con tanta facilità a crederci agnelli e a considerare gli altri lupi, ma siamo noi stessi che molte volte siamo lupi a noi stessi”, commenta Mons.Luciano Caforio, Economo del Seminario, quarantacinque anni di sacerdozio quest’anno. E prosegue: “Ma è proprio nei momenti di solitudine, di sconforto, di insuccesso, in cui forse siamo meno produttivi, che il Signore può agire di più, perché Egli ci conosce e ci ama”. La commozione con la quale Mons. Pietro Sigurani apre l’omelia del terzo giorno della Novena, sembra esserne una chiara testimonianza: “Festeggiare 60 anni di sacerdozio è un grosso regalo da parte del Signore. Vorrei leggere con la sapienza che viene da Dio i miei 84 anni e i miei 60 anni di sacerdozio”. E prosegue: “Nel dopo Concilio mi hanno mandato a fare il parroco in una parrocchia difficile. Andai e ho avuto la fortuna di aver avuto un’equipe di preti che si volevano bene soprattutto perdonandosi. Da soli non farete mai niente”. Mons. Mauro Cozzoli presiede la liturgia eucaristica del quarto giorno e nel suo cinquantesimo anno di sacerdozio ci parla della spiritualità del sacerdote diocesano: “Quella del prete diocesano è una spiritualità di incarnazione centrata sulla Parola, attiva nella misericordia, attivata e sospinta dalla speranza. Mi piace vedere il prete come colui che porta la gioia del Risorto. La Madre della fiducia è la causa della nostra vivacità sacerdotale”.


Speciale Fiducia 2020 Lo stretto legame tra questa gioia e l’accoglienza della propria vulnerabilità emerge dalle parole di Don Roberto Zammerini, che, nel suo venticinquesimo anniversario di Ordinazione, celebra il quinto giorno. Don Roberto invita ad avere “fiducia in Dio che è Padre della luce, che copre le nostre tenebre e le inonda di misericordia, ma occorre perseveranza, senza la quale non si compie la volontà di Dio”. A rapidi passi la Novena si avvia alla sua conclusione con le celebrazioni di tre giovani sacerdoti. Don Davide Martini, sacerdote da dieci anni, il sesto giorno ci offre questa riflessione: “Il Signore ci tocca attraverso la realtà in cui siamo chiamati a stare. L’infedeltà è pensare che devo dare di più, mentre si tratta solo di restare col Padre e poi il di più te lo dà Lui”. E qui entra Maria che è madre della fiducia non soltanto perché è la nostra fiducia, ma perché “sperimentiamo che Dio continua ad avere fiducia in noi attraverso di lei”. Don Alessandro Caserio, ordinato sacerdote l’anno scorso, nella Messa del settimo giorno della Novena, facendo riferimento al richiamo di Gesù “va dietro a me Satana (Mc 8,33)”, ci propone due parole per riflettere: ‘inciampo’ e ‘richiamare’. “Ognuno di noi può essere un inciampo quando vede i pensieri di Dio e li riduce ai suoi progetti. Gesù richiama Pietro al suo posto, ma in questo modo non lascia che l’ultima parola sia quella dell’incomprensio-

ne. Questa stessa parola gliel’ha rivolta quando l’ha chiamato e ha detto a lui e ad Andrea: “venite dietro a me”. Quindi è un rimprovero e al contempo un richiamare quella che era già la sua missione e la sua vocazione. Lasciamoci dunque richiamare!”. Don Michele Ciardo, da qualche mese sacerdote, alla vigilia della conclusione della Novena, commenta il vangelo ricordando che la sequela Christi implica due passaggi fondamentali: rinnegare sé stessi e prendere la propria croce. “Di fronte alla croce di solito noi abbiamo

due atteggiamenti, o la subiamo e quindi pecchiamo (da qui nascono le nostre ferite), oppure, come Gesù e come il cireneo, la sappiamo abbracciare e la croce diventa fonte di letizia perché è lo strumento della nostra salvezza”. La Novena è stata un invito a ritornare al cuore della fiducia per contemplare insieme la materna bellezza di Maria.

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Speciale Fiducia 2020 Marco Carluccio

UNA GRANDE FAMIGLIA SOTTO IL SUO SGUARDO MATERNO giorni più attesi dell’anno nel nostro seminario sono quelli della Festa in onore della Madonna della Fiducia. Sono giorni belli sia per gli ex-alunni, che incontrandosi ricordano i loro anni trascorsi in seminario, sia per noi seminaristi, che riempiamo il nostro zaino delle esperienze e delle testimonianze che possiamo ascoltare dai sacerdoti che incontriamo nel giorno della festa, in particolare le testimonianze che ci accompagnano durante la Novena. I Primi Vespri quest’anno sono stati presieduti da S. E. Mons. Paolo Selvadagi, vescovo ausiliare della Diocesi di Roma, che ha voluto consegnarci “quell’impulso tipicamente femminile del prendersi cura” proprio di Maria, perché - ricorda il vescovo - ognuno di noi na-

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sce da un'unica madre. Ci ha ricordato quindi che ricevendo “l’adozione a figli”, non abbiamo solo un Padre ma anche una Madre, “che è tale per la capacità di amore, di dedizione, di attenzione affettuosa che ha nei nostri confronti”. Le Lodi della mattina

della Festa sono state officiate da S. E. Mons. Paolo Lojudice, già padre spirituale nel nostro seminario e attuale arcivescovo dell’Arcidiocesi di Siena - Colle di Val d’Elsa - Montalcino. “Ogni volta che ci ritroviamo in questa situazione e che uno di noi exalunni presiede questo momento, in qualche modo è chiamato a rappresentare a tutti voi, cari seminaristi, il senso di una scelta

definitiva, compiuta”. Con queste parole Mons. Lojudice ha voluto testimoniarci il suo “sì” al Signore, riprendendo proprio quello di Maria e mostrandoci la bellezza e la preziosità del sacerdozio. Ha ricordato a noi seminaristi che l’essere sacerdoti non è un lavoro ma una consacrazione, cioè un dedicarsi completamente a Dio e al popolo perché “il sacerdozio è dono di Dio”. Don Paolo ha voluto citare anche gli scritti sul sacerdozio del Crisostomo e ha fatto riferimento a preti come don Primo Mazzolari, per offrirci dei paradigmi della vita del sacerdote e per sottolineare il compito principale del prete, cioè portare Cristo alla gente, soprattutto ai più deboli, poveri ed emarginati. Gli anni di formazione che si vivono in questo seminario sono sicuramente guidati


Speciale Fiducia 2020 e illuminati dallo sguardo materno di Maria, “il suo ruolo determinante e più efficace conclude il vescovo - lo sperimentiamo nell’assistenza che ci offre lungo il nostro cammino spirituale, quando ci troviamo a lottare con gli ostacoli, le tentazioni, le insidie del male”. In questo modo abbiamo ben iniziato la Festa della Fiducia 2020. Per noi seminaristi è bello vedere quel “via vai” di exalunni che si recano nella piccola “cappella del secondo piano”, per pregare davanti all’ immagine che veneriamo e per affidare alla Madre Celeste le gioie e i dolori del ministero, proprio come fa un figlio verso la propria madre. L’atmosfera unica di questo giorno solenne giunge fino in cappella maggiore, dove alle ore 11.00 abbiamo celebrato la Santa Messa, momento centrale della festa, presieduta dal Cardinale Angelo de Donatis, Vicario di Sua Santità per la Diocesi di Roma. Il cardinale nella sua Omelia, partendo dal Vangelo di Marco, in cui si racconta “l’inizio del ministero pubblico di Gesù a Cafarnao”, ha ricordato a tutti ciò che questo

passo evangelico offre, cioè “uno dei frammenti più utili per capire la sequela di Maria”, lei che è “il paradigma del discepolato” e che noi dobbiamo imitare per vivere da autentici discepoli. Maria ha scelto “di ridiventare madre attraverso le doglie dell’ascolto”. Un ascolto obbediente che è, per necessità, kenosi. Solo in questo modo possiamo essere generati e rigenerati “nella famiglia di Gesù”. È un ascolto che costringe a ricalcolare ogni volta il percorso, a guar-

dare sempre a Gesù, così come ha fatto Maria per tutta la sua vita fin sotto la croce. Questo momento di festa e di grande gioia si è concluso con i Secondi Vespri, presieduti da S. E. Mons. Vincenzo Paglia, Presidente della Pontifica Accademia per la Vita. Il vescovo ha voluto porre l'accento sull'im-

portanza della famiglia “spirituale” che è il Seminario Romano e che ha paragonato ad un grembo fecondo: anche noi siamo nati da questa immagine, da questa donna. Ha voluto anche ricordare, con noi, la sua amicizia con don Andrea Santoro, prete romano ucciso in Turchia, dove svolgeva il suo apostolato. E infine ci ha consegnato la peculiarità di questa nostra comunità e cioè “l’universalità della fraternità che è propria di Roma, è propria del Papa, e che è propria anche del Seminario Romano”. Anche quest’anno nella festa della Fiducia, tutti, sacerdoti e seminaristi, come una grande famiglia, abbiamo rivolto lo sguardo su Maria che guida il nostro cammino di sequela e ci protegge con il suo sguardo di madre premurosa. E noi seminaristi tornando nelle nostre camere, ripensando alle parole ascoltate e alle persone incontrate, ricordiamo di aver posto tutta la nostra vita nelle mani di Maria e nelle mani del suo Figlio. Mater mea, Fiducia mea.

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Speciale Fiducia 2020

APRIRE DOCILMENTE IL CUORE E SPERIMENTARE LA SOLERZIA DELL’OBBEDIENZA Omelia del Cardinale Vicario Angelo De Donatis alla Messa della Madonna della Fiducia

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arissimi amici, il nostro appuntamento annuale nel cuore formativo della diocesi di Roma, ci dà ancora una volta la possibilità di affidarci alla Madre di Dio, e contemplare pieni di gratitudine la sua presenza, il suo essere in modo speciale paradigma del

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discepolato. In quanto Madre del Verbo incarnato ella è anche modello di tutti coloro che nel ministero ordinato offrono ai fratelli la Grazia della vita nuova. Il Vangelo di Marco ci consegna uno dei frammenti più utili per capire la sequela di Maria. All’inizio del ministero pubblico a Cafarnao, Gesù viene raggiunto dai suoi familiari. Il viaggio della Madre e dei fratelli viene motivato dall’evangelista nella maniera che segue: «i suoi uscirono per andare a prenderlo, poiché dicevano: “È fuori di sé”» (Mc 3,20-21). Perché? Cosa hanno saputo? Che Gesù svolge la sua missione in modo scandaloso: infrange il sabato (cfr. Mc 2,23-28); tocca i lebbrosi (cfr. Mc 1,41); perdona i peccati (cfr. Mc 2,5). Comportamento inammissibile per un giudeo osservante. Pertanto la famiglia sembra intenzionata a ricondurlo a ‘più giusto consiglio’: la rottura con il Maestro, difficilmente negabile, sembra essere in atto. Anche il Vangelo di Giovanni ci ricorda al capitolo sette che «neppure i suoi fratelli credevano in lui». Giunti a Cafarnao presso la casa di Pietro in cui Gesù insegnava, e sostando fuori, i suoi fanno annunciare: «Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle sono fuori e ti cercano» (Mc 3,32). La circostanza consente al Maestro di enunciare uno dei


Speciale Fiducia 2020 principi fondamentali della sequela: «chi fa la volontà di Dio è per me fratello sorella e madre». L’ascolto mi rende generato nella famiglia di Dio, ‘consanguineo’ di Gesù. Ecco perché nella tradizione liturgica normanna il fonte battesimale costituiva un corpo unico con l’ambone.

Non la bravura personale, gli sforzi, i carismi, le virtù fanno di me un intimo del Signore, ma l’ascolto umile che diventa obbedienza. Non solo l’ascolto mi consacra familiare di Gesù; ma mi rende anche felice. Alla donna entusiasta che proclama: «Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!» (Lc 11,27), Gesù risponde: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano» (v. 28). Maria non si è accontentata di essere madre fisica di Gesù, ma ha scelto quel giorno a Cafarnao di ridiventare madre attraverso le doglie dell’ascolto. Ha accettato la follia di Gesù, attraversando volontariamente - come scriveva San Giovanni Paolo II nella Redemptoris Mater la notte oscura della fede. Carissimi, il vero ascolto obbediente è kenosi, è rinuncia al «so già tutto»! Non si tratta di imparare novità ma di “rinnegare se stessi”. Quando porgo l’orecchio a Dio - come

canta il salmo 39 - egli fora il mio orecchio per mettervi un sigillo e farmi suo servo. Nella Scrittura ‘ascoltare’ e ‘perdere la poltrona’ coincidono sempre! «Eccomi, sono la serva»: che Maria ci dia la forza di ascoltare rinunciando. San Benedetto apre così la sua Regola: «Ascolta, figlio mio, gli insegnamenti del maestro e apri docilmente il tuo cuore; accogli volentieri i consigli ispirati dal suo amore paterno e mettili in pratica con impegno, in modo che tu possa tornare, attraverso la solerzia dell’obbedienza a Colui dal quale ti sei allontanato per l’ignavia della disobbedienza». Siamo nel pro-

logo, che è un capolavoro di sapienza. Due espressioni mi colpiscono perché colorano l’ascolto di qualità particolari: aprire docilmente il cuore e sperimentare la solerzia dell’obbedienza. Apri docilmente il cuore. Aprire il cuore richiede che il discepolo riconosca la sua ignoranza. Una santa ignoranza. Questo è un passaggio molto difficile: per ascol-

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Speciale Fiducia 2020

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tare Dio bisogna disimparare. Quanto tempo è passato dall’ultima volta che abbiamo detto a qualcuno: «non lo so»? A volte noi ministri pensiamo che condurre il popolo di Dio comporti l’obbligo di far finta di sapere tutto. Quanti danni produce il millantare una sapienza che non si possiede, soprattutto in ordine alla vita spirituale! Ricominciamo a dire: «ci devo pensare!»; «fammi approfondire e poi ti rispondo!»; «su questo non ho competenza, rivolgiti ad un altro!». Chi sa tutto o fa finta di saperlo - non ascolta la Parola, se ne serve. La solerzia dell’obbedienza. Quando un cristiano rinuncia all’amor proprio e ascolta il Maestro succede qualcosa di straordinario: nasce l’amore che scaccia la pigrizia. Allora l’obbedienza non consiste nell’assecondare qualcuno, bensì nel correre verso lo Sposo. La Parola ascolta-

ta non è più un pieghevole in cui è illustrato come montare l’armadio, ma l’indirizzo a cui recarsi per incontrare l’Amato. L’obbedienza in San Benedetto è il modo privilegiato per diventare beati. Incomprensibile per noi moderni: noi pensiamo che la felicità dipenda dalla libertà che abbiamo di determinarci. Invece per Benedetto essa dipende da quanto mi lascio determinare da Colui che ha dato la vita per me. Quando ascolto come una piccola creatura allora divento grande, solerte, abile, come la donna elogiata nel libro dei Proverbi. Amici, l’eccomi di “ieri” non basta più. La Madre di Dio, discepola a Cafarnao, metta “oggi” sulla nostra bocca le parole del Cronista: «Non sappiamo cosa fare Signore, per questo i nostri occhi sono rivolti a te» (cfr. 2Cr 20,12). Mater mea, fiducia mea.


Speciale Fiducia 2020

TESTIMONIARE CHE ESSERE PRETE È BELLO minenze, Eccellenze, ex alunni tutti, carissima famiglia del Seminario. Buona Festa! Mi chiamo Emanuele ho 32 anni, provengo dalla parrocchia di S. Ippolito e sono al quinto anno di seminario. In questi anni di formazione ho avuto l’opportunità di incontrare tanti preti anche ex-alunni. Mi ha sempre colpito che molti di questi preti, soprattutto i più giovani, appena vedevano noi seminaristi, la prima esclamazione era “ma chi ve lo fa fare” oppure “ma lasciate perdere”! Altri ancora ci dicevano “siete degli eroi”. Certamente la realtà ecclesiale sta cambiando ed essere prete è sempre più impegnativo. Da seminarista chiedo ai preti di Roma di darci speranza e testimoniare che essere prete è bello, che vale la pena donare la vita al Signore e alla Chiesa. Vi chiedo di mostrarci la gioia del Vangelo

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Emanuele Gargiulo

nella vita quotidiana, perché abbiamo bisogno di uomini santi e non di bravi manager di parrocchie dove tutto è pianificato e produttivo. In questa festa così importante e bella per noi alunni ed exalunni, vi prego di affidare a Maria, almeno una volta al giorno, tutti noi in formazione e i futuri seminaristi, con l’antifona mariana “sotto la tua protezione troviamo rifugio”, perché sotto il Suo manto ciascuno di noi possa trovare ristoro e la speranza necessaria per vivere nella docilità allo Spirito Santo. Mater mea, Fiducia mea.

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Speciale Fiducia 2020 Marco Gandolfo

IL PRIMATO DELLA GRATUITÀ Durante il Pranzo Mons. Marco Gandolfo, un nostro ex alunno che quest’anno festeggia il XXV Anniversario di Ordinazione sacerdotale, ha rivolto un saluto ai presenti aro don Angelo, caro don Gabriele, cari Commensali per me oggi ritornare qui, rivedere e rivivere in Seminario la festa della Fiducia rappresenta e coglie nel modo più semplice e familiare la bellezza e la gioia della vocazione. In questi 25 anni di vita sacerdotale sono rimasti incisi alcuni punti fermi che il Seminario ha scritto in modo così convincente ed efficace da non essere più cancellati. Anche il tempo della fatica e della prova così come l’infedeltà, non

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Mons. Marco Gandolfo nella nostra cappella maggiore (a sinistra del celebrante principale) nel XXV della sua ordinazione sacerdotale

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hanno mai avuto il sopravvento grazie alla certezza che la vocazione e la vita sacerdotale rappresentano ed esprimono al contempo una doppia gratuità: quella di Dio che chiama e quella, sempre di Dio, che rimane fedele a chi è stato chiamato. E di questa certezza ne ho bisogno ogni giorno! Martedì scorso, celebrando qui in Seminario la Messa del XXV con la classe di ordinazione, don Roberto, che ha tenuto l’omelia, diceva che alcune volte noi sacerdoti siamo come Mosè, che, talvolta,

possiamo vedere la terra promessa dei nostri desideri solo da lontano; che in altre parole, a Roma, con una espressione breve, ma efficace e sintomatica si dice: “Beh! T’attacchi!!!”. Mi ha colpito molto questa riflessione perché mi ha fatto pensare a quante volte la tentazione fra essere leader ed essere servo si è affacciata puntualmente nella vita sacerdotale. E se l’ho riconosciuta e combattuta è perché in questo luogo si sperimenta e poi dal Seminario in poi ci si porta dietro come bagaglio per la vita, che la fiducia nel progetto di Dio è più importante, e per questo è più necessaria e vera, che non i propri progetti, desideri e aspirazioni. Ed è così bello affidarsi in questo modo che, con il passare del tempo pensi, anzi preghi: “Meno male, Signore, che i progetti sono i tuoi e non i miei, perché se fossero i miei, oggi sarei infelice”. E dopo 25 anni mi rendo conto che tutto è di Dio, tranne i 25 chili in più che ho preso dal 1995 a oggi. Ringrazio Dio di essere oggi qui con i miei compagni di ordinazione e con tutti quanti voi che, come me, sperimentate che la fiducia è la festa che propone e ripropone quotidianamente e con costanza a ciascuno di noi il primato della gratuità che Paolo esprime dicendo: “Non io però, ma la Grazia di Dio che è con me! (1Cor 15,11b)”. Perchè questo mi basta! Mater mea! Fiducia mea!


TiRiguarda.com ll’inizio dell’anno formativo 2019-2020, un piccolo gruppo di quattro seminaristi ha iniziato a dedicarsi alla pastorale vocazionale; da loro è nato un desiderio, quello di poter creare un blog che parlasse della bellezza della Vocazione, soprattutto scoprendo, o meglio riscoprendo, la propria vocazione battesimale: quella ad essere figli di Dio, per poi rispondere alla chiamata riguardante il proprio stato di vita. Con questo desiderio è iniziato un lavoro durato tutto l’anno, che ha coinvolto non solo i seminaristi, ma anche alcune coppie sposate, altri seminari, suore e religiosi. Ognuno ha dato il suo contributo e questo ha fatto sì che, ad oggi, siano stati pubblicati più di cento articoli per aiutare i giovani a scoprire la propria vocazione; perché, in fondo: TiRiguarda da sempre!

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Redazione Carlo Acutis artendo dal desiderio dell’équipe vocazionale di creare un blog che parlasse di vocazione, è nato TiRiguarda.com. Gli ottimi risultati del blog hanno mostrato la necessità di costituire una redazione per organizzare adeguatamente l’attività e offrire al Santo Popolo di Dio un lavoro di qualità. Il Rettore, vedendo l’energia e i risultati positivi del lavoro della redazione, inizialmente nata come un Gruppo di Interesse per una piccola attività, ha chiesto che si ampliasse l’orizzonte: e così la piccola redazione è diventata la “Redazione del Seminario”. L’obiettivo della Redazione è quello di poter offrire alle persone dei contenuti validi per la crescita spirituale e un momento di riflessione nella giornata. È un primo annuncio, non vuole avere la pretesa di convertire il mondo o di dare nuovi contenuti alla teologia, ma è un modo di comunicare e annunciare la Fede, secondo i nuovi criteri di comunicazione, propedeutica ad una relazione concreta con i seminaristi e con il Seminario. Non siamo gli unici sul web e il nostro apporto è minimo. Tuttavia

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questo lavoro è formativo per noi seminaristi: per coeducarci nel collaborare, per accogliere le idee dell’altro come proprie e per sperimentarci in un sistema comunicativo che ormai ci ha avvolti e in cui ci siamo immersi. Tutto questo ha portato nel corso del tempo, oltre a quanto già detto sul blog, alla produzione di alcuni video e di dirette streaming, e inoltre alla pubblicazione di due piccoli sussidi cartacei, che raccolgono il materiale pubblicato sui nostri canali informatici; sono stati anche realizzati due libretti per prepararsi al Natale e alla Pasqua.

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Sursum Corda I sensi illumina L’OLFATTO Interrogarsi sulla propria vocazione è un’attività che richiede l’impegno di tutta la persona, coinvolge tutte le nostre facoltà e tutte le nostre dimensioni: spirito, anima e corpo, secondo la tripartizione biblica. La vocazione non è un’operazione di alienazione spirituale, ma richiede un’insistente indagine sulla realtà, la quale solo i sensi possono offrire. È attraverso i sensi che noi costruiamo noi stessi, percepiamo il mondo e con esso ci relazioniamo. “Tutto ciò che è nell’intelletto passa prima per i sensi”. Questa massima di San Tommaso formulata in epoca Medioevale viene oggi confermata dalle scienze più avanzate. I nostri cinque sensi sono gli strumenti con i quali accediamo alla realtà, con i quali conosciamo il mondo che ci circonda: lo vediamo, lo tocchiamo, lo sentiamo, lo assaggiamo e lo annusiamo. Per questo un’autentica riflessione sulle scelte che si fanno, sulla libertà e, in ultima analisi, sulla vocazione non può sottrarsi da questo impegno: dal riflettere, attivare e infine perfezionare i nostri sensi.

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Il primo senso che trattiamo è quello dell’olfatto. Sembra essere il senso più primitivo, quello più spiccatamente sviluppato negli animali i quali lo utilizzano in maniera assai più raffinata dell’uomo. Negli uomini d’altronde questo senso sembra essere entrato “in crisi”, in un processo di atrofizzazione: un deficit olfattivo derivato dalla repulsione che producono in noi certi odori. È un senso poco stimato a causa dell’eccessiva esposizione con cui sollecitiamo altri sensi (la vista e l’udito soprattutto), ma anche perché le informazioni che ci fornisce sono considerate poco attendibili o inutili. Infatti l’olfatto, è il senso dell’intuito. Chi sa sentire la “puzza di bruciato” è colui che sa evitare in anticipo situazioni pericolose, fiuta qualcosa che “gli puzza”, annusa un possibile pericolo. L’olfatto infatti ci dà una conoscenza della realtà pre-razionale, eppure accessibile: tocca le nostre aree emotive, muove la nostra fantasia, sollecita la nostra memoria e i nostri impulsi. Ci mette in contatto diretto con l’ambiente dandoci accesso a una conoscenza intuitiva, immediata, interna. Chi non è in grado di riconoscere i profumi, gli odori, chi non sa annusare le situazioni e il proprio coinvolgimento in esse, è spesso una persona disorientata, che si mette nei guai, a cui manca quell’istinto valutativo che, senza sforzo o grandi ragionamenti, ci dà una lettura del reale particolarmente efficace. Estratto del libro I sensi illumina di Roberto Buattini


Non ci ardeva forse il cuore? TUTTO SOTTO CONTROLLO Lasciamoci scuotere dallo Spirito Santo! Mi sembra questo l’invito che il Papa intende proporre nei punti 230-247 della Christus vivit. Per questo, prima di continuare la lettura, leggeteli! Quante volte abbiamo la presunzione di aver più fantasia dello Spirito Santo, chiudendoci in proposte che in realtà sono solo l’eterno ritorno dell’uguale… Chiediamoci quanto abbiamo paura della novità, soprattutto se questa ci toglie qualche cosa. Il Papa parla della necessità di non bloccare le forme di pastorale giovanile popolare. Si tratta di proposte di fede che magari nascono dai giovani stessi, che seguono altri stili forse non troppo canonici o metodologie davanti a cui bisogna abbattere il sospetto a priori. Chi si trova ad accompagnare i giovani sa quanto tempo occorre per programmare, decidere, proporre. Siamo tanto preoccupati del successo delle nostre proposte, ma dobbiamo mollare un po’ la presa e iniziare dal basso verso l’alto. Non per puntare in basso, ma perché avvenga veramente un decollo. Soprattutto verso quei giovani più deboli e feriti, quelli che magari non corrispondono al nostro ideale di bravo ragazzo, dobbiamo attivare spazi inclusivi, sapendo che ogni crescita, anche quella cristiana, è questione di processo. E magari c’è chi

parte da 10 e chi invece parte da 0. Abbiamo bisogno di una pastorale giovanile popolare che apra le porte e dia spazio a tutti e a ciascuno con i loro dubbi, traumi, problemi e la loro ricerca di identità, con i loro errori, storie, esperienze del peccato e tutte le loro difficoltà, afferma il Papa. Nessuno nasce imparato. Quello dell’accoglienza è un processo lento e paziente, ma dobbiamo far pace col fatto che solo così esso può essere avviato. Ci sono tante modalità tramite cui i giovani testimoniano la loro ricerca di Dio. Ed è Dio stesso che li cerca tramite queste modalità, perché Lui è il primo a voler incontrare ogni uomo nel cammino della vita, per offrirgli la Sua vicinanza e il Suo amore. Non possiamo correre il rischio di non permettere od ostacolare questa comunicazione! Ogni battezzato è re, sacerdote e profeta. Come tale è missionario, in particolare nella quotidianità che è chiamato a vivere. Non dobbiamo fare chissà cosa per essere missionari. Il Papa cita l’esempio di un ragazzo che, desiderando chiedere aiuto alla Madonna, invita un amico a compiere insieme un pellegrinaggio. In questo piccolo gesto e in tanti altri simili, la grazia può irrompere nella vita di una persona e cambiarla radicalmente. Noi giovani siamo missionari uno dell’altro. Perché non sperimentarci, perché non metterci in gioco? Estratto del libro Non ci ardeva forse il cuore? Articolo di Adrian Martian

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Sursum Corda Non ci ardeva forse il cuore? NON PRIVARTI DI UN GIORNO FELICE! «Gli uomini, non avendo potuto guarire la morte, la miseria, l’ignoranza, hanno risolto, per viver felici, di non pensarci»: così Pascal, in uno dei pensieri, ricorda i suoi anni giovanili passati tra i grandi piaceri mondani della capitale francese, la Parigi del libertinaggio assoluto. “Le divertissement”, traducibile con divertimento, distrazione, sarebbe un cattivo surrogato per riempire il vuoto profondo della nostra miseria, piccolezza, finitezza e precarietà. Dobbiamo di certo esser d’accordo con il filosofo francese: vediamo anche oggi come vasti e vari piaceri sono utilizzati per fuggire da situazioni dolorose o problematiche, lanciandosi «in una dissolutezza irresponsabile che ci lascia vuoti e sempre insoddisfatti» (n.147), ed espressioni del gergo comune del tipo “beviamoci su” ce lo confermano. Tuttavia, «non si tratta di essere insaziabili, sempre ossessionati da piaceri senza fine» (n.146), ma dobbiamo ricordare che questa «inquietudine riassume molte delle aspirazioni dei cuori dei giovani»: non è il sentire che va combattuto, ma il modo sbagliato di riempirlo, perché «l’inquietudi-

ne insoddisfatta [...] apre la strada all’audacia che spinge a prendere la propria vita tra le mani e a diventare responsabili di una missione» (n.138).Così, nella storia del pensiero, è proprio a questa inquietudine e meraviglia (“thauma”) che viene fatta risalire l’origine del pensiero filosofico; e allo stesso modo la sana inquietudine è nella tradizione della Chiesa condizione necessaria per l’incontro con Dio: pensiamo all’esempio dei Magi nella Scrittura o alla vicenda di sant’Agostino. Tutte queste storie di vita ci proteggono dall’abbandono alla cosiddetta “ansia da prestazione”, che «può diventare una grande nemica quando ci porta ad arrenderci perché scopriamo che i risultati non sono immediati» o non soddisfano le nostre aspettative, rischiando di «vivere paralizzati, come morti viventi, ridotti a soggetti che non vivono perché non vogliono rischiare, perché non portano avanti i loro impegni o hanno paura di sbagliare» (n.142). E come sono necessari i sogni e i desideri grandi per il futuro, è importante «saper aprire gli occhi e soffermarsi per vivere pienamente e con gratitudine ogni piccolo dono della vita [...]: (afferra) le occasioni che si presentano ogni giorno, per compiere azioni ordinarie in un modo straordinario» (n.148). Estratto del libro Non ci ardeva forse il cuore? Articolo di Francesco Melone

Per chi desiderasse una delle pubblicazioni del seminario può chiederle a segreteria@seminarioromano.it

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FINCHÉ C’È VITA AFFETTIVA C’È SPERANZA

Pietro Migliaccio

Come passare dalla naturalezza alla spontaneità dei comportamenti alla sequela di Cristo. artedì 11 febbraio 2020 i seminaristi del primo anno hanno partecipato ad un incontro di formazione sull’affettività, per facilitare la maturazione della propria personalità secondo le indicazioni della Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis.

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A curare l’incontro è stato Fra’ Alessandro Ciamei, Minore della Provincia di San Bonaventura, che vive nella fraternità di Torre Angela e che è specializzato in counseling per il sostegno a persone e gruppi a partire dai racconti evangelici. Il tema centrale è stato come passare dalla naturalezza alla spontaneità dei comportamenti nella relazione con Cristo, attraverso l’esperienza di Simone il fariseo e della donna peccatrice (cfr. Lc 7,36-50). Il brano è il paradigma del viaggio che ogni uomo è chiamato a compiere per conoscere se stesso e, al cospetto delle proprie fragilità, prendere una decisione: vivere passivamente la propria storia oppure decidere di viverla alla sequela di Gesù. Simone è abituato ad agire individualmente. Egli desidera incontrare Gesù, ma ha paura di farlo entrare in casa, teme che la relazione intima con lui possa sconvolgere le sue convinzioni. La donna peccatrice, invece, è una donna che senza chiederlo è stata liberata da una malattia non del corpo ma dello spirito. Il suo male è di altro ordine: ha vissuto una vita di peccato. E Gesù applica un rimedio di efficacia istantanea: perdona all’istante i suoi peccati e rigenera nel cuore distrutto della donna i

sentimenti più delicati dell’essere umano: amore e gratitudine, che esprime con un gesto audace. Il primo passo per la sequela di Gesù è quindi la risposta alla domanda: «vuoi guarire?» (cfr. Gv 5,6). E la guarigione è il viaggio da compiere per la conoscenza di sé.

Quando la volontà dell’uomo aderisce all’amore di Dio lo Spirito feconda l’umanità e il cuore dell’uomo riceve la tenerezza, l’accoglienza, la creatività e la fermezza di Gesù, che consentono di vivere la propria affettività radicata in quella di Cristo. I sentimenti di Gesù rendono autentica ogni vocazione: è necessario che all’inizio del cammino di formazione in seminario sia incoraggiato il confronto sui temi legati all’affettività, per imparare dall’umanità di Gesù a vivere nella carità la relazione con sé stessi, con i fratelli e con Lui.

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Sursum Corda Renzo Giuliano

I QUARANT’ANNI DI ORDINAZIONE SACERDOTALE DEL CARDINALE VICARIO ANGELO DE DONATIS Il 12 aprile 2020, Pasqua di Resurrezione, ricorre il 40° Anniversario di Ordinazione sacerdotale del Cardinale Vicario Angelo De Donatis.

Il santino dell ordinazione sacerdotale di don Angelo De Donatis

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l Signore ha provato a far passare sotto silenzio l’anniversario quarantesimo di Ordinazione sacerdotale di don Angelo De Donatis, oggi Cardinale Vicario nella Diocesi di Roma, quasi dando il segno tangibile di una intercessione esaudita all’illustre implorante, il quale coltivava in sé una ricorrenza da “deserto”, da intimità nascosta, da preghiera e revisione di vita lungo le rive della sorgente del cuore di Dio. Il Signore c’è riuscito ed ancora alla sua “strana” maniera: caricando l’anniversario di dolore e di quel dolore che con vivezza di attualità colpiva tanta parte dell’umanità sia come malattia pandemica, di particolare gravità, sia come estrema e repentina incertezza di modi e di senso dell’intera società. Guarda caso un anniversario quarantennale celebrato in un certo isolamento e in quarantena, al di là di ogni previsione. Tale particolarità ha dato modo a Lui, Vicario, di esprimere fortemente, ed in maniera diretta e non solamente consolatoria, la sua partecipazione fisica e spirituale a quel dolore che ha fatto sobbalzare tutto il tratto della nostra attuale storia. Il Signore non ha voluto far celebrare un anniversario da giorno di Ordinazione, ma è andato un poco più in là. La creatività di Dio ha voluto ricollocare e ricollegare la circostanza di questi quaranta anni sacerdotali alla “generazione” della Vocazione sacerdotale del giovanissimo Angelo, il quale maturò la sua vita di fede e di formazione cristiana nei gruppi dei “Silenziosi operai della Croce”, contribuendo con il suo spirito vivido, attivo, entusiasta, misto a mitezza

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pugliese, ad animare interi gruppi di ammalati e di volontari durante i ritiri spirituali o vari incontri. Tale esperienza con gli ammalati lo aprirà alla vocazione sacerdotale e gli imprimerà, quale dono dello Spirito, la capacità di fomentare, in maniera sincera e costante, quella vicinanza e solidarietà di cuore con chi si ritrova più in difficoltà ed ha una parola di speranza da accogliere, come ancor oggi tutti gli riconosciamo. Avviato al Seminario Romano Maggiore per le comprovate sue capacità ed aperture di sensibilità, qui conosce la spiritualità del deserto di Charles De Foucauld alle Tre Fontane, luogo dei ritiri. Fu quasi un aprirsi ad una nuova chiamata, focalizzando molto sulla preghiera di abbandono: “Padre mio, io mi abbandono a te, fa’ di me ciò che ti piace”. Un accento nuovo su un sentiero però già battuto. Chi ha potuto lavorare con umanità accanto ai malati, come ha iniziato il giovane Angelo, non può non sentire la forza di fede dell’abbandonarsi alla volontà di Dio e rimanervi fedeli nella vita. Ancora solo Diacono, e quasi come Esercizi per la Ordinazione sacerdotale, partecipò al pellegrinaggio dei Sacerdoti romani con il Vicario Ugo Poletti, inserendosi perfettamente nel gruppo, iniziando in tal modo quella conoscenza del presbiterio romano che contraddistinguerà il suo lavoro pastorale per tanti anni. L’abbandono a Dio diviene manifestazione palese ed illuminata della coscienza che vuole agire evangelicamente: “è per me una esigenza d’amore il donarmi”, continua la preghiera di Foucauld. E don Angelo, fedele a Dio ed anche al suo cognome, si è donato ad un’azione che nella Chiesa producesse frutti di unità, con il nome di fraternità.


DOPO CENTO ANNI RISUONA L’INVOCAZIONE: “MATER MEA, FIDUCIA MEA!” "Deh! O Madre della Fiducia, proteggete tutti e salvate i nostri compagni nella presente guerra. Se voi ci ascolterete, come ce ne fanno sicuri i segnalati favori che ci largiste in passato, ci obblighiamo con voto a ornare la vostra piccola immagine di più preziosa raggiera, e a ricordare con festa particolare il benefizio insigne, col desiderio che per la pietà dei giovani seminaristi divenga perpetua". ueste accorate parole pronunciavano assieme al loro Rettore, mons. Domenico Spolverini, il 3 maggio 1917, i seminaristi che emisero il solenne Voto con il quale chiedevano a Maria, Madre della Fidu-

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Matteo Colucci

cia, di essere protetti mentre andavano a combattere al fronte. Era la seconda volta che la Comunità del Seminario Romano Maggiore emetteva un voto alla sua Patrona: nel testo del Voto si fa infatti riferimento a "segnalati favori che ci largiste in passato", riferimento alla protezione ottenuta per i seminaristi nell’epidemia di colera del 1837, il cui ricordo è nella lampada che splende al centro della piccola cappella della Fiducia. Dei 111 seminaristi partiti, solo uno morì pochi giorni prima della fine della guerra; il voto fu ritenuto sciolto e fu posta la promessa raggiera intorno all'immagine di Ma-

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Sursum Corda ria Madre della Fiducia il 12 maggio 1920. Quest'anno ricorre dunque il centesimo anniversario dallo scioglimento dell'ultimo voto alla Madonna della Fiducia e in questo articolo avrei dovuto raccontare il modo in cui avremmo festeggiato, il 12 maggio 2020, questa ricorrenza così importante. La Comunità si è invece trovata in una situazione di emergenza sanitaria mondiale, che ha gettato anche noi in una condizione di impotenza; perciò non è stato possibile fare alcun programma per i festeggiamenti del Voto, e si dovrà pensare a come pro-

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grammare il prossimo anno. Quest'anno abbiamo sperimentato il senso di precarietà che dovevano aver vissuto i seminaristi nostri predecessori in quell'anno 1917, quando si trovarono all'improvviso chiamati al fronte, rischiando di morire. Chissà quante notti i seminaristi di quel tempo hanno passato davanti a quell'immagine della Madonna della Fiducia e chissà quante parole hanno pronunciato con un filo di voce per chiedere aiuto in una situazione tanto tragica; quanta preoccupazione per le famiglie lontane, quanta pena per i loro progetti demoliti; chissà quante domande si sono posti, quanti dubbi li hanno assaliti, quanto è stata messa alla prova la loro fede. Tuttavia, in quella cappellina la loro fede non è caduta, non ha fallito la speranza e non si è spenta mai la fiducia che riponevano costantemente in Colei che poteva proteggerli, in Colei che col suo sguardo dolce li ha ascoltati ed ha

ottenuto dal suo Figlio che passassero quei giorni bui e che potesse tornare nelle loro vite la gioia della festa. Quest'anno non abbiamo potuto festeggiare il centenario come avremmo voluto, ma certamente abbiamo ricevuto un dono grande: abbiamo potuto davvero ricorrere a Maria, nostra Patrona, con la fiducia di cui a volte parliamo senza esserne troppo convinti o consapevoli; anche noi, quest'anno, ci siamo visti spogliati della serenità a cui siamo abituati, della normalità di una vita che ormai forse ritenevamo scontata e che non ci stupiva più di tanto; quest'anno siamo stati privati della gioia di vivere la Pasqua presso le nostre comunità di origine e presso le nostre famiglie. Tutto questo non è stato solo una privazione, ma anche un'occasione per farci capire, per esempio, i passaggi che hanno portato alla devozione alla Madonna della Fiducia in situazioni non meno gravi della nostra che si sono presentate nel corso della storia del nostro seminario. Il tempo che abbiamo vissuto può insegnarci, inoltre, l'importanza di un giorno di festa che commemora la fine di un periodo triste che altri seminaristi prima di noi hanno vissuto. Lo scorso 5 aprile, Domenica delle Palme, tutta la Comunità del Seminario ha pronunciato, tramite le parole del Rettore, don Gabriele Faraghini, un atto di affidamento a Maria Madre della Fiducia per chiedere la fede e la salute in questa pandemia. Ecco che, dopo 100 anni, abbiamo ricordato un voto con un affidamento alla Madre di Dio; dopo 100 anni, nei seminaristi e nel presbiterio del Seminario Romano arde ancora la memoria della fiducia riposta in Maria da chi ci ha preceduto e brilla la nostra Madre come baluardo della salvezza nella disperazione e nel buio. Quest'anno abbiamo sperimentato cosa significhi perdere molte certezze e aggrapparci a Colei che può ottenere per noi la salute e che può proteggere la nostra fede, talvolta vacillante. In questo tempo, stiamo infine imparando a confidare in Dio come Maria, che viveva la sua sequela giorno dopo giorno, fidandosi pienamente di quel Figlio che le era stato annunciato.


SAN GIOVANNI PAOLO II, “UNO DI CASA” iovanni Paolo II, uno di casa: così, con queste parole, il Sursum Corda, ha ricordato Papa Karol Wojtyla che entrava nella Casa del Padre il 2 aprile 2005»: è l’inizio della prefazione dell’allora Rettore mons. Giovanni Tani al libro “Aucti fiducia tui”, dedicato al Papa dal nostro Seminario. “Uno di casa”: mi piace rileggere queste parole nella mia vita. Quando è stato eletto Papa frequentavo la seconda media. Mi colpì veder morire due papi e poi vederne arrivare uno polacco che ci esortò subito a non avere paura e ci abituò tutti a sentirlo “uno di casa”: “se sbaglio mi corrigerete!”. Questa frase mise tutti a nostro agio; sentire poi che sciava, nuotava, faceva passeggiate in montagna, amava fare battute…insomma tutto concorreva a rendercelo vicino. Quando poi il 13 maggio del 1981 ci fu l’attentato, è stata grande la preoccupazione per la sua salute; nel vederlo poi andare a trovare in carcere il suo attentatore e perdonarlo, la vicinanza che tutti abbiamo sentito con quest’uomo si è fatta grandissima!

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Quando è morto ormai ero già piccolo fratello da parecchi anni… tra l’altro era stata programmata la beatificazione di Charles de Foucauld per il 24 aprile 2005, ovviamente rimandata al prossimo Papa! Ricor-

do bene quanto quella morte, preparata da una lunga sofferenza, abbia toccato i cuori di tutti. Avevo fatto scrivere ai bambini delle preghiere per il Papa e tutti erano stati molto colpiti dalle sofferenze di chi sentivano “uno di casa”. Ricordo le sue visite al Seminario: la Festa della Madonna della Fiducia era tappa fissa. Mi permetto di citare un pezzetto del discorso che ha fatto per questa festa nel 1992, ovvero nell’anno della mia ordinazione presbiterale: “Si diceva una volta: ‘Santo triste, triste santo’. Certamente Francesco non lo era e se la sua attrazione, il suo fascino, il suo lavoro si prolunga attraverso i secoli, ebbene, certamente questo è anche la sua gioia specifica, la sua allegria che ce lo spiega”. Ogni anno don Marco Frisina componeva ed eseguiva un Oratorio che quell’anno era su San Francesco: ecco il perché di questo riferimento a lui da parte del Papa. Questa gioia descrive bene quello che traspariva dalla vita di Giovanni Paolo II. Nel ricordare con gratitudine questo Papa Santo, non mi è difficile adesso pensarlo in Paradiso intento a pregare per noi, e magari a dare una sbirciata al Sursum Corda, per vedere se ci siamo ricordati del suo centenario! … Senza farci mancare una delle sue battute ironiche ma cariche di tanta verità, per poi affidarci tutti a Gesù attraverso Maria.

Gabriele Faraghini

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Sursum Corda Luigi Rossi

DON EUTIZIO, UN RICONOSCENTE RICORDO A cento anni dalla nascita di Mons. Eutizio Fanano, Rettore del nostro Seminario dal 1969 al 1978 l Seminario Lateranense ha impartito agli alunni un profondo senso di romanità per rappresentare nel mondo un modello di ortodossia, obbedienza, attaccamento e fedeltà al pontefice e alla gerarchia. Fino al Concilio Vaticano II ha adottato specifici canoni disciplinari, con studi severi e un percorso di granitica spiritualità, segnalandosi come l'istituto di formazione sacerdotale più importante della "nazione" italiana, col compito di radicare l’identità del prete. Le cronache del “Sursum” raccontano le modalità di svolgimento di questa missione fedele alla tradizione. I mutamenti nell'impostazione del periodico, a volte quasi impercettibili, costituiscono una evidente dimostrazione del clima che si respirava mentre crollavano alcuni pilastri

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della "lunga durata" di una tradizione che riteneva di poter continuare ad amalgamare passato, presente e futuro. Un coro di voci, non sempre concordanti, aveva messo in moto aspettative che si sovrapponevano, rendendo ancora nebulosa l’esperienza quotidiana a chi riteneva urgenti le riforme. Tensioni ed aspirazioni sollecitavano scelte immediate; il lento processo di assorbimento delle tensioni adottato in precedenza non appariva praticabile. Nel 1965, a pochi giorni dalla chiusura del Concilio, l’istituto celebrava il IV centenario di fondazione, ricorrenza solennizzata dalla presenza di Paolo VI. Il papa inaugurò la nuova cappella e incoronò l'immagine della Fiducia. Nell’omelia, con la consueta finezza di stile e profondità di pensiero, egli sintetizzò i problemi che attendevano il seminario per adeguarsi alla sfida educativa per amalgamare la tradizione con le esigenze della modernità. L’opportuno ed improcrastinabile rinnovamento determinò anche l'avvicendamento dei rettori. A mons. Antonio Eusebietti, parroco della chiesa dei Santi Marcellino e Pietro, fu affidato il delicato compito. Si sentiva il bisogno di aprirsi alla città e d’incidere maggiormente sulla formazione pastorale in anni che vedevano riemergere nel Vicariato il riconoscimento della funzione di animatore di tutta la diocesi. Mons. Eusebietti cercò di arginare le effervescenze del mondo post-conciliare e sessantottino, ma il compito è toccato soprattutto a mons. Eutizio Fanano. Con lui iniziò un’esperienza che consentiva ai seminaristi di comprendere meglio le sfac-


cettature della società nella quale erano chiamati ad operare. Così, la fase di assestamento dava inizio ad una pratica maggiormente strutturata. Le testimonianze degli alunni di quel periodo convergono nell'annotare che sulle spalle di don Eutizio si riversò la responsabilità di una tormentata transizione, dovendo egli far fronte alle interferenze e alle prese di posizione di vari gruppi, dai curiali più intransigenti, legati alla tradizione, ai seminaristi impegnati col rettore a vivificare la proposta educativa senza pericolose cadute in avanti o ingiustificabili arroccamenti. Grande merito di mons. Fanano è stata la capacità d’instaurare un ottimo rapporto con i suoi alunni, continuato anche dopo la fine del mandato. Prospettive di sano ottimismo rimandavano alla sua felice esperienza personale come parroco e rettore del sant'Eugenio, oltre alla schiettezza nel presentarsi. Dopo i timidi avvii del predecessore, egli caldeggiò il progressivo impegno nelle parrocchie romane e nelle diocesi di origine degli alunni. Significativa fu la riflessione sul presente e sul futuro del “Romano” fatta nel 1971 a Roccantica. La discussione, svoltasi nella villa estiva del seminario ed alla quale il “Sursum” diede ampio spazio, fu incentrata sulle decisioni per consentire una più adeguata esperienza ecclesiale, tesa a creare un ambiente formativo più sereno. La critica al vuoto cameratismo e alla massificazione non costituirono una presa di posizione contro tradizionali metodi formativi, ma la constatazione che si trattava di modelli non più adatti alle esigenze di testimonianza e di azione sacerdotale nella società. Nell’editoriale don Eutizio asserisce che il seminario non deve rimanere una statica istituzione pontificia ma, cogliendo i segni dei tempi, armonizzare irrinunciabili strutture verticali con quelle orizzontali, favorire il coinvolgimento di tutti per una rinnovata responsabilizzazione dei chierici nel rispetto delle indicazioni conciliari e dei documenti pontifici. Ne derivarono delle scelte concrete come la presenza

dei diaconi nelle parrocchie, un continuo confronto per meditare la Parola orientando opzioni pedagogiche e analisi socioculturali. Superiori e alunni, aperti al dialogo, manifestavano esigenze, proponevano soluzioni, rispondevano agli interrogativi, conducevano inchieste, come quella del 1973 su un campione rappresentativo di ragazzi impegnati in diverse parrocchie romane allo scopo di conoscere i tratti del prete ideale per i giovani. Mons Fanano insieme al Cardinale Karol Wojtyla in visita al Seminario.

Questo indirizzo fu incoraggiato fin dal 1969 dal cardinale Dell'Acqua proprio con la nomina a rettore di mons. Eutizio. Questi fino al 1978 ha animato un’attiva sinergia di forze che ha visto il Vicariato impegnato a consolidare la presenza per sollecitare il senso d’identità della diocesi e animarne la vita pastorale, esperienza che, come il seme della parabola, nei decenni successivi ha portato il suo frutto. Di don Eutizio in tante circostanze ho potuto apprezzare la bonomia romana, la sua capacità di leggere nel cuore umano per individuarne gli elementi positivi pur non trascurando la concretezza dell’analisi. Di lui ricordo non il rettore, giudice intransigente nel pretendere il rispetto della regola, ma il padre. Ritengo che chi lo ha conosciuto può confermare questa mia sensazione, consolidatasi nei tanti incontri avuti con lui quando, cessato il mandato di rettore, è divenuto ancor più un paterno riferimento, veramente Eutizio, simpatica personificazione di quanto evoca il suo nome: una buona fortuna.

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Sursum Corda Augusto Paolo Lojudice

IN RICORDO DI DON GIULIO RAMICCIA i è stato chiesto di raccontare, in pochissime battute, la persona di don Giulio Ramiccia, sacerdote, ex alunno del nostro Seminario, scomparso lo scorso 1 settembre. Questo per me significa riportare a galla tantissimi momenti, da quando ci siamo conosciuti nel cammino vocazionale che ci avrebbe portato ad entrare in seminario nel 1983, lui giovane studente di Giurisprudenza e io all’ultimo anno di liceo. Abbiamo condiviso tutti i momenti

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più importanti della vita. Oltre al cammino di formazione in seminario e agli studi alla Gregoriana, io e lui eravamo fianco a fianco durante l’ordinazione diaconale e in quella presbiterale: in occasioni cosi solenni e importanti non mancavamo, nonostante l’emozione e la tensione per quello che ci stava accadendo, di prenderci in giro, di sorridere e di gioire, unendo l’emozione e la tensione di quei momenti, alla serenità di saperci uniti, pur così diversi, in una strada che non avremmo più lasciato e che ci avrebbe dato le più grandi e belle soddisfazioni. Con la sua ironia

Giulio ci trasmetteva sempre quella serenità, tipica di un “giovane già adulto”, poi di un uomo, di un prete, di un amico, di un fratello. Giulio non si perdeva mai nelle cose accessorie, nei rivoli: per lui contava solo l’essenziale, contava solo ‘DIO’. Il rapporto con Lui, la preghiera, il riferimento unico ed esclusivo a colui che ci ha dato la vita, che ci ha chiamati a seguirlo e al quale abbiamo dato una risposta. Per Giulio contava l’attenzione ai particolari, alle persone che lo avvicinavano e che trovavano in lui un punto di riferimento, a chi gli manifestava i propri dubbi, i propri problemi, le fatiche e i disagi: dai malati di mente di Monte Mario, ai disagiati dell’Isveur, fino ai senza fissa dimora di Trastevere. Ci teneva a sottolineare che la presenza di Maria lo ha accompagnato in tutte le tappe del suo cammino: la Madonna della Delibera, a Terracina; la Madonna della Fiducia, in seminario; la Madonna di Guadalupe, la prima parrocchia del suo servizio ministeriale; Nostra Signora del Suffragio, dove è stato parroco e infine a Trastevere, la Madonna del Carmine, detta “Fiumarola” per la tradizionale processione che caratterizza la “festa de noantri”, tanto cara alla tradizione romanesca. Giulio era la persona alla quale potevi rivolgerti nei momenti in cui c’erano delle domande importanti a cui rispondere, la persona che al momento giusto ti dava il consiglio giusto. La sua malattia non doveva essere un peso per nessuno: era lui a tranquillizzare sempre tutti. La nostra sicurezza è il fatto che adesso, a pregare per noi dall’alto c’è anche lui, con il papà Leopoldo, con don Nicola Di Giuseppe, altro nostro compagno che ci ha lasciato dopo solo un anno di sacerdozio. Lo ricordiamo al Signore sapendo che, davanti al Signore, lui ricorda tutti noi.


In Pace Christi Abbiamo ricevuto notizia della morte di questi ex-alunni: Il 31 ottobre 2019 si è spento S. E. Mons. Silvio Padoin, Vescovo Emerito di Pozzuoli, nato l’11 aprile 1930, ordinato prete il 9 aprile 1955 e consacrato vescovo il 26 giugno 1993. Il 5 dicembre 2019 è morto S. E. Mons. Pietro Brollo, Arcivescovo Emerito di Udine, nato il 1° dicembre 1933, ordinato sacerdote il 17 marzo 1957 e consacrato vescovo il 4 gennaio 1986. In data 11 aprile 2020 è morto S. E. Mons. Mariano De Nicolò, Vescovo Emerito di Rimini, nato il 22 gennaio 1932, ordinato sacerdote il 9 aprile 1955 e consacrato vescovo il 23 settembre 1989. Il 27 giugno 2020 è deceduto S. E. Mons. Giuseppe Matarrese, Vescovo Emerito di Frascati, nato il 3 giugno 1934, ordinato sacerdote il 15 marzo 1959 e consacrato vescovo il 16 dicembre 1989. Il 4 luglio 2020 è morto S. E. Mons. Angelo Fagiani, arcivescovo emerito di Camerino-San Severino Marche, nato il 18 aprile 1943, ordinato prete il 13 marzo 1967, consacrato vescovo il 31 maggio 2007. Il 25 giugno 2015 è deceduto Mons. Giuseppe Landi, della diocesi di Civitavecchia-Tarquinia, nato il 26 novembre 1935, ordinato sacerdote il 3 aprile 1960. Il 15 novembre 2019 è deceduto Mons. Lorenzo Viola, della diocesi di Biella, nato il 14 luglio 1921, ordinato sacerdote il 29 giugno 1944. In data 20 gennaio 2020 è deceduto Mons. Armando Nardin, della diocesi di Roma, nato il 15 agosto 1921 ed ordinato presbitero il 5 aprile 1947. In data 1° febbraio 2020 è deceduto don Antonio Capriotti, della diocesi di San Benedetto del Tronto, nato il 23 gennaio 1933 ed ordinato presbitero il 22 marzo 1958. Il 17 febbraio 2020 è deceduto Mons. Antonio Antonelli, della diocesi di Roma, nato l’11 gennaio 1938, ordinato sacerdote il 9 marzo 1963. Il 25 marzo 2020 è deceduto Mons. Salvatore Paisano, della Diocesi di Roma, nato il 1° giugno 2016 e ordinato sacerdote il 22 febbraio 1941. Il 13 aprile 2020 è morto mons. James Joseph Mulligan, della Diocesi di Philadelphia (USA), nato il 14 gennaio 1939 e ordinato prete il 13 marzo 1966. Il 21 aprile 2020 è deceduto don Paolo Fiorucci, della Diocesi di Roma, nato il 16 febbraio 1942, ordinato prete il 17 maggio 1970. In data 8 giugno 2020 è morto Mons. Vincenzo Zinno, della Diocesi di Roma, Canonico dell’Arcibasilica Lateranense, nato il 30 marzo 1930 e ordinato sacerdote il 18 aprile 1954.

Requiescant in Domino Si prega di comunicare alla Redazione del Sursum Corda la notizia della morte di ex-alunni di cui si venga a conoscenza.



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