PROMETEOInforma N29 - Giugno 2016

Page 1

di

to i t e d g o o r d p n un o m un

www.onlusprometeo.org

giugno 2016

Anno 14 - N° 29 - GIUGNO 2016 - Periodico d’Informazione e di Cultura Registrazione del Tribunale di Milano n° 591 del 21 Ottobre 2002 Sede: Via Venezian, 1 - 20133 Milano - Tel. 02 2390.2878 Fax 02 2390.3257 - email: prometeo@istitutotumori.mi.it - www.onlusprometeo.org Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, LO/MI

lt ri ur sp as o cien st ee tifica so lidar ietà

cu

prometeo informa

prometeo

progetto malattie epatiche trapianti ed oncologia


Questa è una richiesta d’aiuto Prometeo Onlus ha bisogno di te.

Dona il 5xMille

della tua denuncia dei redditi. Indicando il Codice Fiscale 97243270150 aiuti l’Associazione Prometeo Onlus ad aprire una nuova Casa di Accoglienza per ospitare i malati di fegato e i loro familiari in cura presso la Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.

www.onlusprometeo.org • Tel. 02 2390.2878 • prometeo@istitutotumori.mi.it Banca Popolare di Sondrio – IBAN IT41 J 05696 01620 000015010X93 4_Annunci_Prometeo.indd 2

13/05/15 15:00


l’editoriale di Vincenzo Mazzaferro Abitare sul confine

C

ari amici, provo a riflettere ancora sulla Ricerca e sul suo significato all’interno della nostra Associazione, ripartendo da dove ci eravamo lasciati, per aiutare chi si avvicina a Prometeo a capire gli aspetti del lavoro medico che sono peculiari della nostra realtà e di tutte quelle che oltre alla cura dei pazienti si dedicano allo studio e all’avanzamento della medicina, al fine di rendere la cura di domani migliore di quella di oggi. Molte persone percepiscono la ricerca scientifica come un’attività poco comprensibile e quasi artistica, a volte addirittura esoterica. Al “ricercatore” si pensa come a un personaggio originale e spesso non del tutto normale che passa il suo tempo esplorando provette colorate e fumanti all’interno di laboratori molto disordinati. La Ricerca è cioè vista spesso come qualcosa di lontano e di poco o per nulla utile. Sappiamo invece che non è così, ed anzi che è proprio il contrario, perché la Ricerca – non solo quella medica – è un’attività che insieme alla curiosità è insita nell’essere umano, permanentemente orientata all’avanzamento delle nostre conoscenze. Quella di “essere in ricerca” è una condizione umana estremamente sviluppata in tutti noi nelle prime fasi di vita – tutti i bambini sono curiosi e in permanente ricerca di ciò che “nutre” il loro cervello – ma che poi nel corso della vita perdiamo in varia misura, ma mai del tutto. Lo “stato di ricerca” si attiva improvvisamente in alcune fasi dell’esistenza o in caso di certi bisogni. In altre persone invece diventa ragione di vita, e quando ciò succede in campo medico la Ricerca applicata alla cura si espande dalle condizioni note di una malattia agli aspetti meno chiari di una salute alterata, ai tanti perché ancora senza risposta che tuttora circondano la nostra condizione umana. Per migliorare la nostra vita o combattere il cancro abbiamo infatti molti strumenti ma sappiamo anche che non pochi di essi sono ancora insufficienti e che c’è bisogno di un domani migliore in cui si lavori, si curi, si risolvano meglio le condizioni fisiche e psicologiche correlate alle malattie con strumenti ed approcci nuovi. Accanto a scienziati che vincono premi prestigiosi perché gettano ponti da cui si possa passare in territori ancora inesplorati, ce ne sono tanti altri che hanno fatto della ricerca scientifica una compagna di vita e un aiuto all’attività quotidiana, costruendo piccoli sentieri fondamentali per avanzare nelle difficoltà e migliorare i risultati del proprio lavoro, permanentemente teso a conoscere i perché delle cose che accadono al proprio paziente e progredendo sempre un po’ nella sua cura. È un fatto che per progredire bisogna sempre guardare ciò che si ha davanti – con attenzione, curiosità e oggettività – anche quando ad una prima impressione non appare proprio bello ed attraente ciò che sembra di dover incontrare.

Il medico o l’operatore sanitario che fa ricerca clinica, colui che lavora accanto e per le persone ammalate, ma anche studia i punti deboli della malattia e cerca di alterarne l’evoluzione, è un po’ come un vigilante che abita sul confine. Come una guardia di confine il ricercatore è abituato a vivere nella mutevolezza delle cose e a traslocare spesso, perché il confine in quanto tale può cambiare, può allargarsi o restringersi in ragione di molti eventi non sempre conosciuti e anzi nella maggior parte dei casi poco comprensibili. Chi sta sul confine vive in una doppia consapevolezza: conosce bene il territorio che difende alle sue spalle e molto meno o per nulla quello che ha di fronte. Per il fatto stesso di stare sul confine il ricercatore è quindi sempre in allerta, ha pochi momenti di relax perché nulla è scontato e quindi è sospettoso ma anche curioso, si guarda intorno con attenzione e attiva i suoi sensi per meglio percepire anche il minimo cambio di situazione, perché i piccoli dettagli nascondono i grandi mutamenti. Non a caso una volta si mandavano i migliori a “difendere i confini” e non a caso su altri confini geografici e culturali si giocano in questi giorni i destini delle nostre comunità, non diversamente dai contrasti che si vivono sul confine meno noto della ricerca scientifica. Il ricercatore infine è capace di avventurarsi da solo nel territorio sconosciuto, senza sapere dov’è quello che cerca, ma industriandosi per cercarlo anche con i pochi mezzi che ha a disposizione. Lo fa per se stesso e per l’amore del nuovo ma anche e soprattutto perché si sente avamposto, estremo limite della sua gente, della sua cultura e della sua identità che può rimanere tale e crescere solo se si rinnova all’interno ma anche all’esterno di sé. Il buon ricercatore, la buona guardia di confine sa che nella gran parte dei casi nulla si troverà dove sta cercando o che le cose che vedrà saranno quasi tutte inutili o dannose, ma ciò non lo scoraggia perché sa come tornare indietro, come riferire che quello appena percorso è un sentiero che porta al precipizio. Attraverso l’accumulazione di tanti errori infatti si cresce anche in ricerca medica. Quando trovate un buon medico che non solo cura la vostra persona ma anche è attento alle ragioni del vostro stato di salute e agli strumenti per gestirla, quando trovate un medico-ricercatore ripensate alle guardie di confine, a quelli che vi difendono e non a quelli che vi vendono qualcosa. Contribuite al loro lavoro ed aiutateli per quanto potete, perché la loro vita è fatta della “materia di cui son fatti i sogni” ed è fatta di dedizione e sincera tensione al miglioramento del presente e della vita di tutti. Anche e soprattutto della vostra. n


prometeo progetto malattie epatiche trapianti ed oncologia

sommario L’editoriale. Abitare sul confine di Vincenzo Mazzaferro

3

Lettera ai soci di Laura Gangeri

5

Hanno collaborato a questo numero

6

I nostri volontari. Rossana e Antonella si raccontano

7

Diventa volontario

9

giorno per giorno

Incontro con CasaPrometeo di Catalina Mahé Duque

10

Ripetute iuvant! PROMETEO in corsa di Claudia de Luca

12

conoscenza

Il valore del «sapere» e del «saper fare» per «saper essere» di Laura Gangeri

14

La ricerca è una piramide. Intervista al dottor Vincenzo Mazzaferro di Claudia de Luca

16

la voce di tutti

Sono le piccole cose quelle che cambiano il passo al giorno di Federica Del Giudice

20

curiosando

La medicina in TV di Fulvio Campagnano

22

Cent'anni di dolcezze di Fulvio Campagnano

24

Letto per voi. Le ricette per sentirsi a casa di Chiara Castellini

27

PROMETEOInforma Anno 14 – n. 29 Milano, 1 giugno 2016 Consiglio direttivo Presidente: Laura Gangeri Vicepresidente: Guido Arrigoni Consiglieri: Giuse Dellavesa Giancarlo Esposti Presidente comitato scientifico: Dott. Vincenzo Mazzaferro Direttore S.C. Chirurgia Generale 1 (Apparato Digerente e Trapianto di Fegato) Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano Redazione PROMETEOInforma: Direttore – Vincenzo Mazzaferro Vicedirettore – Laura Gangeri Comitato di redazione Laura Gangeri – Susanna Bonora – Goodpoint srl Coordinamento redazionale Goodpoint srl Impaginazione Claudia de Luca Segreteria Chiara Castellini e Donatella Romeo Stampa Lalitotipo Srl – Via Enrico Fermi, 17 20019 Settimo Milanese (MI) Editore e Redazione Associazione PROMETEO Onlus Progetto Malattie Epatiche Trapianti ed Oncologia c/o Fondazione IRCSS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano via Venezian 1 – 20133 Milano C.F.: 97243270150 Tel. 02 23902878 – Fax 02 23903257 email: prometeo@istitutotumori.mi.it www.onlusprometeo.org Stampato su carta Cyclus Preprint certified FSC


lettera ai soci di Laura Gangeri

Il lavoro di squadra divide i compiti e moltiplica il successo (Anonimo)

Carissimi soci

e amici di Prometeo, desidero condividere con voi la bella sensazione provata durante l’ultima maratona di Milano. 80 persone correvano con la maglia di PROMETEO muovendo una energia incredibile! Ho sentito la forza del gruppo. È una sensazione che ho provato altre volte in PROMETEO ma che negli ultimi anni è diventata sempre più intensa proprio grazie al costante aumento di persone che si sono avvicinate all’Associazione. Mi riferisco quindi al gruppo sempre più numeroso di volontari che ogni giorno si dedicano ai malati ricoverati in reparto, ai giovani volontari per le manifestazioni e ai dipendenti dell’azienda Teva Italia che quest’anno hanno imbiancato le case di accoglienza di PROMETEO. È compito di PROMETEO far crescere la squadra delle persone che scelgono di “correre” a sostegno dei suoi obiettivi sociali. Giocare in squadra non vuol dire, semplicemente, “scendere in campo” insieme ad altri, significa preoccuparsi, prima di tutto, di come si sente il nostro compagno e, successivamente, di come ci sentiamo noi. Significa quindi cambiare mentalità: massimizzare il proprio risultato individuale, ma occuparsi della vittoria di tutti, preoccuparsi delle proprie condizioni (fisiche, emotive, ecc.) o dello sviluppo delle proprie capacità professionali ma anche di quelle di chi ci sta accanto. Entra nella nostra squadra anche tu! Grazie di cuore. Laura Gangeri Presidente Associazione PROMETEO www.onlusprometeo.org

5


hanno collaborato a questo numero

guido arrigoni Vicepresidente di PROMETEO, è ideatore con Laura Gangeri della rete “A casa lontani da casa”: un modello di buona accoglienza per rispondere alla “migrazione sanitaria”. Oggi promuove il progetto presso aziende, enti e istituzioni.

fulvio campagnano Consulente volontario di Prometeo dal 2005 per l’organizzazione di eventi correlati a raccolte fondi, si occupa della sezione “Curiosando” di PROMETEO Informa. Collabora con primarie fondazioni nel campo delle attività culturali.

chiara castellini Nel 2000 partecipa alla Giornata di PROMETEO: è un colpo di fulmine. Nel 2005 entra nello staff occupandosi di segreteria e CasaPrometeo. Oggi si occupa con Donatello Romeo della segreteria, seguendo in particolare la comunicazione.

federica del giudice Ha 23 anni e studia Scienze e tecniche psicologiche all’Università di Chieti. Nel 2013 ha subìto un trapianto di fegato all’Istituto dei Tumori di Milano: nella sua rubrica ci racconta la sua esperienza, quella dei suoi familiari e dei suoi amici.

laura gangeri Collaboratore S.S.D. di Psicologia Clinica della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori di Milano; Direttore e Socio Fondatore della Scuola di formazione psicologica in ambito Oncologico “Paradigma”. È presidente di PROMETEO.

vincenzo mazzaferro Direttore S.C. Chirurgia Apparato Digerente e Trapianto di Fegato e Direttore Dipartimento Chirurgico presso la Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori di Milano. È tra i fondatori di PROMETEO con cui collabora costantemente.

catalina mahé duque Colombiana, di professione architetto, è in Italia per seguire il Master in Housing Sociale e Collaborativo del Politecnico, che unisce alla progettazione architettonica, finanziaria e sociale, le iniziative e i progetti di Housing Sociale.

6

Facebook: Prometeo Onlus


i nostri volontari rossana si racconta

Da qualche numero abbiamo cominciato a raccontarvi l'esperienza dei volontari di PROMETEO, vera anima dell'Associazione. Oggi lasciamo la parola a Rossana Zampinetti, volontaria da ben 9 anni, uno dei punti di riferimento del 7° piano. Sono volontaria di PROMETEO da circa 9 anni. Scoprii per caso l’esistenza di questa associazione proprio attraverso un numero di PROMETEO Informa letto durante un volo verso Parigi. C’era un articolo che parlava dell’opportunità di diventare volontari, mi ha molto incuriosita e da lì nacque l’idea di coniugare la mia professione (vengo dal mondo del teatro) al momento del tè in sala offrendo a pazienti e famigliari letture sceniche tratte dai testi di alcuni autori comici. In quei due mercoledì al mese ho potuto osservare l’operato degli altri volontari cogliendo la bellezza del gesto di offrire ascolto insieme a una tazza di tè e a una fetta di torta, così non appena ne ho avuto la possibilità ho iniziato anch’io a

partecipare come volontaria a tutti gli effetti. Negli anni mi sono cimentata in tutte le attività legate al reparto, ai mercatini solidali e agli eventi esterni. Uno dei traguardi di cui sono più orgogliosa è l’aver realizzato la piccola biblioteca del reparto al settimo piano, nata insieme al progetto "Un libro ti prende in prestito". Ma il mio ricordo più emozionante è legato a CasaPrometeo, nel periodo in cui una volta alla settimana preparavo il tè per gli ospiti della nostra storica casa di accoglienza. Da oltre un mese una delle camere era abitata da una coppia proveniente dalla Sicilia e sederci attorno al tavolo ad ascoltare i loro racconti era diventata una piacevole consuetudine. Un pomeriggio al mio arrivo trovai il marito della signora, che era la paziente, ad attendermi nell’atrio del palazzo: mi chiese di trascorrere un po’ di tempo da sola con la moglie perché era convinto si sarebbe sentita più libera di raccontarmi i disagi della sua esperienza di malattia. E così fu perché scoprii che la signora in effetti faceva di tutto per trattenere davanti al marito la sua tristezza e la sua preoccupazione. All’uscita ritrovai il marito ad attendermi: abbracciandomi piangendo mi ringraziò e mi chiese un momento di conforto. È questo il mio ricordo più particolare, forte, intenso. Bello. Testimonia il ruolo chiave del volontario che diventa una figura di riferimento affettivo importante proprio perché al di fuori della cerchia famigliare e con la disponibilità di donare tempo all’ascolto. Fare volontariato è un’opportunità di grande crescita e dedicare tempo a organizzazioni piccole e meno conosciute di altre, come PROMETEO, permette di rendere questa esperienza ancor più completa e profonda. n

Un sentito grazie da prometeo a tutti quelli che negli anni passati hanno scelto di destinare il 5x1000 all'Associazione. I dati relativi al 2014 dimostrano che sono tantissime le persone che sostengono le attività di PROMETEO: 40.000 euro raccolti, un traguardo davvero importante. Grazie di cuore!

7

Facebook: Prometeo Onlus


i nostri volontari antonella si racconta COME CONTATTARE PROMETEO

Antonella Meroni, volontaria da ottobre, ci racconta i suoi primi mesi nell'Associazione.

Punto di ascolto e Punto di Orientamento e Accoglienza al 7° piano del BLOCCO E dal lunedì al venerdì mattina e pomeriggio tel.: 02 2390 2265 mail: volontari@onlusprometeo.org Responsabile: Francesca Bonvissuto

Sono volontaria di PROMETEO dall’ottobre 2015 grazie a Francesca che mi ha coinvolta dandomi così la possibilità di intraprendere questa nuova esperienza. La cordialità e l'aiuto che ho ricevuto da tutti i volontari (in particolare Stefania che mi ha affiancato) ha fatto sì che il mio timore iniziale si trasformasse in entusiasmo e voglia di donare il mio contributo. Al mattino l'accoglienza nell'atrio è un momento importante perché mi permette di supportare persone che devono essere ricoverate e che, umanamente, si sentono smarrite e bisognose di aiuto morale; il tè pomeridiano, in reparto, offerto a pazienti e famigliari è un momento di dialogo che, a volte, ti rende partecipe della felicità di chi dopo lunga degenza coglie segni di piccoli ma significativi miglioramenti della propria

Segreteria PROMETEO al 2° piano del BLOCCO 5 dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 17.00 tel.: 02 2390 2878 mail: prometeo@istitutotumori.mi.it Responsabili: Chiara Castellini e Donatella Romeo

Ufficio CASAPROMETEO c/o INFO POINT A casa lontani da casa PIANO TERRA – AREA CUP dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 13.00 tel.: 02 2390 2685 cell.: 327 5743974 mail: casaprometeo@istitutotumori. mi.int Responsabile: Paola Cito

situazione. Purtroppo ci sono momenti di sconforto, come quello accaduto ad una degente alla quale, dopo una giornata di attesa, veniva comunicato il rinvio dell'intervento programmato, lasciandola in uno stato di profonda frustrazione; con l'aiuto di un'altra volontaria l'abbiamo rincuorata facendole accettare il rinvio di due giorni. Non ho mai pensato di abbandonare questo percorso che mi fa sentire utile al prossimo donando con piccole attenzioni momenti di dolcezza a persone sofferenti. “Quando, alla fine del turno in reparto, torni alla tua quotidianità senti dentro di te un senso di leggerezza e serenità per aver prestato te stessa ad un'opera meritevole": questo direi a chi si proponesse per il volontariato. n


diventa volontario La porta di PROMETEO è sempre aperta per chi ha il desiderio di donare un po’ del proprio tempo ad attività di volontariato. Ci sono molti modi per collaborare con PROMETEO, a seconda delle proprie attitudini. Sicuramente ce n’è uno che fa per te! Il nuovo punto di ascolto Lo storico ufficio del settimo piano è diventato ufficialmente il nuovo “Punto di ascolto” dei volontari di PROMETEO. Questo spazio, occupato nel passato da numerose e differenziate attività, da oggi sarà completamente dedicato al servizio di accoglienza e di ascolto garantito quotidianamente dai nostri volontari. La porta di PROMETEO continuerà a restare aperta nel cuore del reparto del 7° piano, offrendo un luogo di incontro e di scambio dove potersi sentire accolti nei momenti di difficoltà, bisogno o semplicemente voglia di condividere con qualcuno pronto all’ascolto.

Se vuoi far parte anche tu della famiglia di PROMETEO, puoi contattare la Responsabile dei Volontari, Francesca Bonvissuto, che ti darà tutte le informazioni necessarie. Tel. 340 0059249 (lunedì/venerdì – dalle 9.00 alle 11.00) Mail: volontari@onlusprometeo.org

Volontari per gli eventi e le occasioni Se i tuoi impegni non ti consentono di dedicarti con regolarità al volontariato, ma vuoi ugualmente renderti utile, puoi dedicarti alle attività occasionali, che si svolgono fuori dall’Istituto, spesso sul territorio della città di Milano. PROMETEO ha infatti bisogno di volontari per dare una mano durante gli eventi, allestire e presiedere gli stand dell’Associazione, distribuire il materiale informativo. Momenti come la Milano Marathon, la Giornata di PROMETEO, le serate a teatro per raccogliere fondi, sono attività importanti per PROMETEO, che servono a dare visibilità e sostenibilità economica ai progetti per i malati e i loro familiari. Offri la tua disponibilità! Quando avremo bisogno, ti contatteremo per proporti di partecipare a un evento specifico e ci dirai se sei disponibile. Non servono competenze, non ci sono vincoli di età: chiunque può dare una mano! www.onlusprometeo.org

9


giorno per giorno

incontro con casaprometeo «Quando io vedo la natura in questi luoghi che veramente sono ameni e in questi tempi specialmente, mi sento così trasportar fuori di me stesso, che mi parrebbe di far peccato mortale a non curarmene…» (G. Leopardi, Lettera a Giordani, aprile 1817) Catalina, colombiana, di professione architetto, da qualche mese è entrata in contatto con le case di PROMETEO e la rete di A Casa Lontani da Casa: in questo articolo ci racconta come.

S

ono nata e cresciuta a Bogotà, una città che con ben 9 milioni di abitanti, vanta un ambiente multiculturale ricco di stimoli, con tantissime ricchezze ma anche altrettanti bisogni. Le esperienze personali e professionali vissute in questa e altre città della Colombia, mi hanno fatto vedere che esiste un'urgente necessità di pianificazione delle città, che risponda ai bisogni abitativi con un approccio molto più sociale. Per questo ho deciso di seguire il Master in Housing Sociale e Collaborativo, programmare e gestire l’abitare contemporaneo, del

10

Facebook: Prometeo Onlus

Politecnico di Milano, che mette insieme la progettazione architettonica, finanziaria e sociale. Da un anno a questa parte, questo percorso formativo mi sta offrendo una grande opportunità. Oltre a imparare strategie progettuali e finanziarie, sto entrando in contatto con diverse iniziative sociali improntate a un approccio partecipativo e collaborativo, volte a promuovere nuovi modelli di società: una società sempre più costruita verso l’altro. Una parte molto importante del master è il tirocinio: 500 ore dedicate ad un progetto in particolare. Quando mi hanno detto che c’era la possibilità di svilupparlo con PROMETEO e “A Casa Lontani da Casa” ho pensato che avevo qualcosa da dire. A 10.000 km da casa, capisco cosa significhi stare “lontani da casa”: ho vissuto la difficoltà di arrivare in una città come Milano, parlare in un’altra lingua, trovare casa, fare la spesa; capisco cosa vuol dire imparare a muoversi con i mezzi pubblici, ed anche godersi tantissime opportunità culturali che spesso offre la città. Ho molto apprezzato la possibilità di partecipare a questo progetto che, attraverso una rete di strutture, fornisce alloggio per malati e parenti che vengono a farsi curare negli ospedali di eccellenza milanesi (più di mille posti letto dispersi nella città!). È una vera sfida per me: aiutare a consolidare questa rete, pensare alle strategie più efficaci per fornire servizi e garanzie agli ospiti e – perché no? – ancora più posti letto. Sono partita da una fase analitica per conoscere la rete. In un secondo tempo ho fatto un lavoro di “Brainstorming” coinvolgendo alcuni responsabili delle case di accoglienza, che hanno condiviso le loro idee. Idee che saranno poi sviluppate per creare


giorno per giorno

un Modello di Accoglienza, che cerchi di rispondere ai bisogni degli ospiti, dal momento in cui arrivano in città e durante la permanenza in ogni casa. Oltre ai servizi, con questo modello vorrei sviluppare una guida per la progettazione architettonica delle case; al momento sto lavorando in CasaPrometeo (associazione che è stata la mia porta d’ingresso alla rete) e le prime domande che mi sono posta sono: come si possono rendere le case più accoglienti? Come si potrebbe far sentire le persone veramente come fossero a casa? Un giorno, ho trovato questo brano di Alessandro D’Avenia che da insegnante racconta una lezione con i propri studenti: “... mi sono fatto raccontare i momenti in cui si sono sentiti a casa, uno di loro mi ha parlato dello sci alpinismo

tare con materiali, luci e colori che aiutino a creare spazi accoglienti e gradevoli, spazi che ci facciano sentire “a casa” grazie ad una continua evocazione della natura; e magari, come dice Leopardi, spazi che possano anche curare. All'interno delle case, il design cerca di definire gli spazi con l’arredamento, l’attrezzatura e la comunicazione. È necessario che ci sia ciò che serve per svolgere le diverse attività dal momento in cui si entra in casa. Dove lascio le valigie? Posso sedermi per togliermi le scarpe? Trovo le informazioni sulla casa, sul quartiere, sulla città? Sono domande che fanno parte della quotidianità di chi abita la casa, sia per tre giorni che per tre mesi. A volte penso che non vorrei fare questo lavoro: sa-

e il contatto con il silenzio della montagna, una di loro del deserto in Mauritania... I ragazzi cercano il contatto con una natura che racconta l'infinito e con la sua bellezza schiacciante richiama ad una purezza al tempo stesso vergine, indomabile e pericolosa. Ne ho approfittato per raccontare loro che la stessa cosa accadde a Leopardi: 'Quando io vedo la natura in questi luoghi che veramente sono ameni e in questi tempi specialmente, mi sento così trasportar fuori di me stesso, che mi parrebbe di far peccato mortale a non curarmene...' (G. Leopardi, Lettera a Giordani, aprile 1817 )” (A. D’Avenia, Elogio di un lunedì qualunque, 11 aprile). Io ringrazio D’Avenia, perché quel lunedì “qualunque” mi sono accorta che anch’io mi sento a casa quando sono in contatto con la natura, con il cielo. La natura ha la forza di farci sentire meglio, di farci sentire come a casa. È nata così l'idea di proget-

rebbe meglio che non ci fossero malattie, che non fosse necessario allontanarsi da casa per farsi curare. Non vorrei dover sviluppare dei progetti per aumentare i posti letto, però purtroppo questa è la realtà, una realtà che giorno dopo giorno urla perché le venga dato ascolto. Con “A Casa Lontani da Casa” mi sono resa conto di quanto sia sentito questo bisogno. Non posso fare a meno di sfruttare il tempo e l'esperienza che ho a disposizione per dare il meglio di me. Nel mio percorso, sia PROMETEO che altre associazioni mi hanno aperto le loro case, ho trovato tante porte aperte, sempre disposte a collaborare. E soprattutto ho trovato tanti cuori aperti! Persone che lavorano per gli altri, per i più bisognosi. Alla fine mi sono accorta che sono io quella che ha tanto da imparare da loro, loro che si impegnano ogni giorno per far sentire le persone come a Casa. n Catalina Mahé Duque www.onlusprometeo.org

11


giorno per giorno

ripetute iuvant ! prometeo in corsa Porsi un obiettivo, sfidare se stessi, variare gli allenamenti ma soprattutto... continuare a divertirsi! I runner di Prometeo hanno affrontato la Milano Marathon 2016 più carichi che mai, dopo l'appassionato confronto con due coach d'eccezione. Grazie a Luca e Angelo per i loro preziosi consigli.

A

12

nche quest'anno la Milano Marathon ha visto volare alto l'uccellino di PROMETEO: 80 staffettisti e 2 maratoneti, un gruppo da record! E la squadra di PROMETEO era più carica che mai, grazie anche ai consigli di Luca e Angelo, corridori esperti e “coach” d'eccezione, che qualche settimana prima della gara hanno risposto alle domande dei runner. Il dialogo si è fatto subito “agonistico”…

Luca: Il metodo più semplice è allenarsi con una persona che è poco più veloce di voi: sarà la spinta a tirare un po’ di più senza esagerare. Quando si comincia a preparare una gara, però, bisogna porsi un obiettivo e impostare uno schema di allenamento personalizzato: si parte dalla propria velocità di riferimento (la velocità sui 10 km corsi al massimo delle nostre possibilità) e si impostano sequenze di ripetute.

Francesca: Qualche dritta per aumentare la nostra resistenza e migliorare i nostri tempi?

Claudia: Come evitare o rimediare ai tipici “acciacchi” da corsa?

Facebook: Prometeo Onlus


giorno per giorno

Angelo: Se ci si allena poco e senza costanza possono presentarsi fastidi muscolari. Contrariamente a quello che spesso si pensa, in questo caso la cosa migliore è non fermarsi: meglio fare un allenamento blando piuttosto che starsene sdraiati sul divano perché la vascolarizzazione attivata dal movimento aiuterà i muscoli a liberarsi dai radicali liberi. Ma può anche darsi che i piccoli dolori dipendano dalle scarpe sbagliate. Sempre sceglierle in un negozio professionale, dove è possibile fare la prova d’appoggio e scoprire se si è neutri, pronatori o supinatori. Se invece il problema persiste, andare al più presto a fare un controllo. Francesco: Mi servirebbe un consiglio. A me piace molto correre con gli altri, ma se corro da solo mi annoio e finisco per sentire di più la fatica. Come posso fare? Luca: Devi imparare a lasciar fluire i tuoi pensieri mentre corri. Qualcuno la chiama “meditazione dinamica”, qualcun altro “training autogeno”: se ti lasci andare, perdi la cognizione del tempo e non senti la fatica. È questo passaggio che ti trasforma in un vero runner. Linda: Corro da quattro anni e mi piace moltissimo. Però ho la sensazione che il mio fisico abbia raggiunto il suo limite fisiologico: faccio la mezza maratona ma non potrei fare di più, sento che mi farei male… Luca: In realtà non è così e anche in questo caso possono aiutarti le ripetute. Se ti alleni sempre alla stessa velocità il fisico si abitua e a un certo punto smetti di migliorare. Invece lo devi “fregare” introducendo delle variazioni di velocità durante l’allenamento. È quello che consiglio anche a chi vuole perdere peso: molti cominciano a correre per dimagrire, ma arriva un momento in cui il corpo impara a conservare le energie e la perdita di peso si arresta. Variando l’allenamento con le ripetute, il processo di dimagrimento riprende.

Un grazie speciale a Spenco per essere stato lo sponsor di PROMETEO alla Milano Marathon 2016!

Claudia: Quando ci si prepara per una gara, non c’è il rischio che il programma di allenamento diventi un’imposizione e si perda un po’ il gusto di correre per se stessi? Luca: Assolutamente no, succede proprio il contrario. È in questi momenti che si comincia a sfidare se stessi. È proprio qui che ci si diverte e non bisogna dimenticarsi che è il divertimento il vero motore della corsa. Se viene meno il divertimento… scacchi! Dopotutto anche gli scacchi sono un gioco fantastico. n Claudia de Luca www.onlusprometeo.org

13


conoscenza

il valore del «sapere» e del «saper fare» per «saper essere»

di Laura Gangeri

«Passare da una progettualità incentrata sui servizi, ad una progettualità prioritariamente preoccupata della formazione. […] La sfida che il pubblico pone al volontariato è quella della competenza e della qualificazione. Non si tratta di creare dei professionisti, degli specialisti delle varie aree – ma certamente di garantire al pubblico e soprattutto al soggetto in difficoltà, che chi lo avvicina, chi desidera farsi compagno di strada, in un momento complesso della sua vita, possieda – oltre alla disponibilità alla relazione, una preparazione di base adeguata. [...] Occorre dar vita piuttosto ad un aggiornamento permanente, a veri e propri processi di formazione». (A. Ippolito, L. Tavazza (a cura di), Volontariato e solidarietà, Sei, Roma1991)

C

irca sette milioni di persone (pari a circa il 15% della popolazione adulta) a vario titolo sono dentro o “vicine” al mondo del non profit. Di questi, circa 3,2 milioni (pari al 6,5% della popolazione adulta) prestano la loro opera di volontari con continuità. La quota dedicata all’ambito sanitario e d’assistenza appartiene all’insieme più vasto delle organizzazioni del welfare che ammontano a circa 29 mila unità (Istat), mentre quelle dedicate specificamente al settore sanitario e socioassistenziale sono più di 10 mila (Fivol), con un numero di volontari a vario titolo ammontante a 860 mila persone, di cui più di 500 mila sono da considerare “volontari assidui”. I valori assoluti del fenomeno e la relativa percezione sociale fanno sì che il volontariato si collochi tra le esperienze socialmente rilevanti, oltre che costituire una parte importante del sistema dei servizi sanitari e per l’assistenza del Paese. Stiamo quindi parlando di una risorsa umana cruciale, sia per i valori da essa espressi sia perché permette alle organizzazioni di volontariato di esse-

14

Facebook: Prometeo Onlus

re flessibili e innovative, di rappresentare meglio le esigenze della collettività e di mobilitare mezzi altrimenti non disponibili. La continuità e la qualità degli interventi delle organizzazioni dipendono quindi fortemente dal contributo dei suoi volontari, un contributo che deve sempre essere valorizzato per le sue specificità (l’azione gratuita frutto di libera scelta, i valori e le motivazioni individuali, l’alto livello di autonomia, la limitata disponibilità di tempo, le diverse abilità o capacità individuali). Le Organizzazioni di Volontariato rientrano, infatti, a pieno titolo, tra le associazioni definite ad alta personality intensity, nel senso che la qualità dei servizi che forniscono è fondamentalmente il risultato del modo in cui le persone operano. In questi ultimi anni è cambiato anche il modo di essere volontari. I volontari vogliono “lavorare bene”, chiedono di avere le competenze necessarie, desiderano sapere se stanno raggiungendo gli obiettivi o se e come devono modificare il loro modo di operare. Una maggiore consapevolezza che richie-


conoscenza

de all’Organizzazione di definire le modalità con cui intende sviluppare le loro capacità o conoscenze e sostenerli nell’azione. Offrire formazione, affiancamento, supervisione e momenti di valutazione evidenzia che l’Organizzazione attribuisce un valore rilevante all’impegno del volontario chiedendogli di rispettare degli standard di qualità ma fornendogli, allo stesso tempo, gli strumenti necessari. In questo tipo di realtà, la formazione di base (sapere) e continua (saper fare) è quindi da considerare uno strumento essenziale per diverse ragioni: • un’esperienza di volontariato è caratterizzata da continui apprendimenti; • un’Organizzazione per funzionare bene ha bisogno di una cultura e di regole di lavoro condivise; • un’Organizzazione apprende (migliorando la propria capacità di operare sul territorio e conseguentemente di sopravvivere in un contesto in rapida evoluzione) quando i suoi collaboratori acquisiscono nuove conoscenze/competenze che applicano nelle attività; • un sistema di gestione che preveda la formazione sostiene la motivazione dei volontari e trasforma il “sapere individuale” in “saper fare organizzativo”. La ‘formazione’, oltre ai contenuti, deve anche rispondere a caratteristiche ‘valoriali’: • favorendo il pensare e l’agire etico. Aiutare lo sviluppo di una responsabilità sociale nelle persone; • promuovendo la valorizzazione delle diversità. L’azione formativa deve riuscire a generare una cultura di costruzione, di cooperazione. Deve essere luogo di esperienza, di apertura, ascolto, dialogo, collegamento, rete; • sviluppando un pensiero ed una azione liberi, considerando la ‘libertà’, come la capacità, la forza ed il coraggio di pensare in proprio e non omologarci; • costruendo il cambiamento. Cambiamento personale e del gruppo nel contesto sociale nel modo di porsi delle persone e delle organizzazioni; • tendendo all’accompagnamento. La formazione non può più essere un intervento sporadico, ma deve trovare i modi per seguire le persone nel loro percorso e attività quotidiane. È quindi necessario strutturare “momenti di formazione” che aiutino il volontario a inserirsi in modo adeguato all’interno della struttura e a razionalizzare le proprie motivazioni e conoscenze nelle aree del “sapere”, del “saper fare” per costruire il “saper essere”.

Obiettivi del “sapere”: • c onoscere le caratteristiche della Associazione di appartenenza, i servizi erogati, tutte le attività che essa svolge, dall’assistenza alla raccolta fondi e le sue modalità organizzative; • e ssere messo in grado di identificare il ruolo dei vari componenti di un'équipe curante e sapere dove e come collocarsi all'interno della stessa; riconoscere i confini del suo intervento e sapere come funziona la struttura della sua specifica area di operatività; • c onoscere le reazioni psicologiche ed i principali bisogni del malato e della famiglia; • c onoscere le tecniche di comunicazione. Obiettivi del “saper fare”: • s volgere il proprio ruolo nell’Associazione; • c ollaborare in maniera idonea con le varie figure dell'équipe di appartenenza e/o del gruppo di lavoro sapendo dove, come e quanto intervenire; • a pplicare le tecniche di comunicazione e di intervento pratico nei riguardi del malato, della famiglia, delle persone con le quali è destinato ad entrare in contatto. Obiettivi del “saper essere”: • e ssere consapevole dell'importanza del suo ruolo in una visione di intervento multidisciplinare a sostegno del malato, della famiglia, all'interno dell'équipe e con tutte le persone con cui entra in contatto; •p rendere coscienza dei suoi limiti e riflettere su come far propria la dinamica dell'interazione e dell'integrazione dei ruoli; • r iconoscere le sue reazioni di fronte al malato e alla famiglia. Essere consapevole che il suo intervento va sempre rivolto alla soddisfazione dei desideri del malato e che l'ascolto empatico ne è la chiave di accesso; •d imostrare particolare attenzione agli aspetti etici del suo intervento con il malato e la famiglia, con gli operatori e con l'associazione di appartenenza. I volontari non vogliono essere ringraziati ma... fa piacere sentirsi dire “grazie” ed essere apprezzati per l’impegno! Un grande grazie a tutti i volontari di PROMETEO e alla loro guida Francesca Bonvissuto, capace di ascoltare, di lavorare nel gruppo, di motivare e sostenere i volontari nei momenti di crisi e di riconoscere e valorizzare i successi ottenuti dai singoli. Grazie di cuore. n www.onlusprometeo.org

15


conoscenza

la ricerca è una piramide In occasione dei vent’anni dalla pubblicazione dei Criteri di Milano, parliamo con il dottor Vincenzo Mazzaferro. “Non ci fermiamo ai risultati raggiunti”, ci spiega: la ricerca è una costruzione infinita, fatta di piccoli tasselli

Q

uando lo incontriamo nel corridoio del settimo piano dell'Istituto dei Tumori, il dottor Mazzaferro sta parlando con un suo collega. Gli raccomanda di andare a casa e riposarsi. Bisogna ricordarsi di dormire. Appena entriamo nel suo studio ci spiega che hanno appena finito un trapianto: «C’è una certa simbologia nella settimana di Pasqua. Uno muore e uno vive. Non trova? Sono cose che colpiscono, al di là del fatto che uno possa credere in qualcosa o meno. Adesso c’è una famiglia che sta facendo un funerale e sta piangendo una persona che non c’è più, e in genere non c’è più improvvisamente perché le donazioni d’organo avvengono da quelli che improvvisamente muoiono. E poi c’è un’altra famiglia e c’è una persona che pensava di non poter fare più nulla se non morire, e improvvisamente scopre di poter guarire. È un segno, no?»

La ricerca medica tra linee-guida e percorsi alternativi Questa mattina rileggevo in un suo testo (Medicina troppo standardizzata, «Prometeo Informa», giugno 2014, p. 3) la definizione comune di lineeguida in campo medico: “istruzioni su ogni malattia che riassumono la conoscenza sul problema e indicano le azioni giuste per contrastarlo”. Proseguendo, mi è rimasta impressa una sua frase: “I percorsi disegnati dalle linee-guida non servono agli esperti”, proprio come il navigatore satellitare non serve a chi conosce bene una città. In effetti, chi conosce bene una città di solito evita le strade più affollate e non ha paura di compiere percorsi alternativi. Mi chiedevo, allora: fino a che punto, nella ricerca medica, si è disposti a sperimentare

16

Facebook: Prometeo Onlus

una strada poco trafficata? Fino a che punto si è disposti a perdersi prima di capire se una strada porta da qualche parte oppure è un vicolo cieco? Dipende da un difficile equilibrio tra due componenti: la tua ostinazione e una forte capacità di autocritica. L’ostinazione è indispensabile per non scoraggiarsi: può capitare di trovare la strada giusta al primo colpo, ma sappiamo tutti che non è la norma, nella ricerca come nella vita. Bisogna tentare e ritentare. Dall’altro lato, l’autocritica è fondamentale, ma nella ricerca esiste anche un surrogato dell’autocritica: sono gli altri. Io faccio una cosa, la scrivo, la faccio vedere a te che non sai niente di quello che sto facendo ma lavori nel mio stesso campo. Tu giudichi il mio lavoro con una forte componente critica: se io ho fatto qualcosa che tu non sei riuscito a fare, sarai naturalmente portato a cercare l’errore nel mio lavoro. Ma se non trovi questo errore e i miei risultati vengono riconosciuti da altri, allora forse quello che ho fatto è valido. Al posto di questo processo, in realtà, basterebbe una forte autocritica e l’aiuto dei colleghi: anche per capire quando bisogna fermarsi, quando è il momento di dire “sto andando oltre”. Nel nostro settore ci sono molti che non si fermano e vendono per ricerca un percorso che in realtà è autoreferenziato: è piena la storia di gente che si autocelebra per quello che ha fatto.

Comunicare con metodo i risultati di una ricerca scientifica Oggi che tutti hanno i mezzi per dire tutto con una diffusione estremamente ampia, sta peggiorando


conoscenza

anche in medicina la tendenza a divulgare scoperte non verificate? Uno dei problemi molto gravi della società di oggi è l’informazione. L’informazione è radicalmente cambiata e anche l’informazione scientifica è diventata difficile. Il mondo scientifico fa una specie di graduatoria delle evidenze, una sorta di piramide: dalle opinioni personali, che stanno alla base, fino alle certezze, che si pongono al vertice. Nel mezzo ci sono tutte le gradazioni possibili. il dottor vincenzo mazzaferro è direttore del reparto di chirurgia generale 1 A seconda di come co(apparato digerente e trapianto di fegato) presso l’istituto nazionale dei tumori di milano struisci il tuo studio, la tua analisi, la tua ricerca, puoi scalare questa piramide e arrivare all’evidenza più dere da molto vicino. E questo vale in tutti i campi. alta che è la certezza. Però l’informazione che ne Per fare un esempio: se io ho fatto un corso di paniconsegue non sempre corrisponde al livello che ficazione, ho una vaga idea di com’è la farina, come hai raggiunto. C’è chi ha ottenuto davvero la cima ci si sporca, a che ora si lavora, quanto tempo ci e non riesce a comunicarlo; al contrario c’è chi si vuole, e anche il modo in cui analizzo e divulgo il è fermato a un livello molto più basso ma riesce a lavoro del più bravo panettiere del mondo è il modo raccontare “storie”. di uno che conosce un po’ il sistema. Invece siamo L’informazione medica, scientifica, ha bisogno di immersi nella tendenza alla banalizzazione a tutti informatori veri, di divulgatori seri. Alcune nazioni i costi: “Bisogna semplificare perché così la gente creano vere e proprie professioni, come nel moncapisce”, ci si sente dire. Ma la gente capisce semdo anglosassone. In Italia questo non accade. E il pre meno perché si banalizza un’informazione che pericolo vero è che il tuo pensiero, frutto di anni di avrebbe bisogno di spazi appropriati: concedere un fatica, venga derubricato a una qualsiasi opinione respiro maggiore a chi ha informazioni più coerenti, pronunciata dall’indovino, dal mago, dal personagpiù nuove, più belle, aiuterebbe a far risaltare l’ingio eccentrico che spara alto per essere ascoltato. formazione del grande lavoratore, del lavoratore seÈ una cosa estremamente pericolosa: non si può rio, dello scienziato, rispetto all’opinione che tizio si trattare allo stesso modo il risultato di anni di lavoro è inventato cinque minuti fa. Metterli sempre sullo e un’opinione qualsiasi – che è pur legittima, però stesso piano, come se ci fosse davvero un “dialonon ha la forza di stare in cima a quella piramide. go”, non è così corretto. È il format sbagliato. L’informazione medica andrebbe in qualche modo Chi può essere, allora, il divulgatore? Un medico o “preparata”: non dovrebbe essere spontanea, anun giornalista che si specializza? drebbe costruita con metodo, dal medico e dal divulgatore insieme. È impossibile, chiacchierando, Il fattore che conferisce credibilità a quello che dici dare una sintesi di cinque anni di lavoro, a meno è l’esperienza. Questo è immediatamente percepidi ridurre a una banalità il proprio messaggio. Nel bile da parte di chi ti ascolta o ti legge: la gente lavoro scientifico c’è un’introduzione che spiega da capisce se ciò di cui stai parlando è una cosa che dove vieni, spiega il quesito che sta alla base del tuo tu hai vissuto o che almeno hai cercato di comprenoperare, poi c’è una fase che spiega come hai fatto www.onlusprometeo.org

17


conoscenza

i criteri di milano Sono i parametri con cui oggi, in tutto il mondo, avviene la selezione dei pazienti affetti da carcinoma epatocellulare (la forma più comune di tumore epatico) per individuare quali sottoporre a trapianto di fegato. Queste “linee guida” – pubblicate nel 1996 – sono il risultato di un lungo lavoro di ricerca condotto dall’équipe del dottor Vincenzo Mazzaferro presso l’Istituto dei Tumori di Milano. Secondo tali criteri, la selezione dei pazienti da trapiantare avviene in base ai parametri morfologici del tumore (lesione singola di dimensioni ≤ 5 cm o fino a 3 lesioni ciascuna con dimensioni ≤ 3 cm, in assenza di metastasi a distanza e di infiltrazione macrovascolare).

a provare a dare una risposta, un’altra fase che dice cosa hai costruito, che tipo di confronti hai operato, quali risultati hai ottenuto. Queste 4 o 5 tappe sono parte del ragionamento scientifico e andrebbero sintetizzate in modo meticoloso, come se si dovesse girare un film: la scena 1, la scena 2 e la scena 3 devono essere unite una dopo l’altra per dare sintesi, senza saltare passaggi.

I vent’anni dei Criteri di Milano Sono passati vent’anni dalla pubblicazione dei Criteri di Milano, che hanno fissato i parametri per la selezione dei pazienti da sottoporre a trapianto di fegato. A quale necessità cercava di rispondere questa ricerca? Quando ho cominciato tanti anni fa a occuparmi della questione, la domanda che mi sono fatto è stata: “Chi sono quelle persone che hanno più possibilità di stare bene se le sottopongo a un trapianto?”. In altri termini: siccome abbiamo una risorsa limitata, e sappiamo di non poter sottoporre tutti i pazienti a un trapianto, dobbiamo riuscire a fare in modo che le cose vadano bene nei casi in cui l’operazione viene effettuata. Allora è necessario fissare dei criteri: in base all’esperienza, agli studi, alle ricerche, abbiamo capito che i pazienti con determinate caratteristiche avrebbero potuto avere una migliore risposta al trapianto. Per dimostrarlo abbiamo riunito un gruppo di per-

18

Facebook: Prometeo Onlus

sone con queste caratteristiche e abbiamo lavorato cinque anni per osservare il risultato: abbiamo scoperto che effettivamente queste persone rispondevano molto bene alle cure. Per fissare i Criteri di Milano è stato quindi fondamentale porsi la domanda giusta, quella che a posteriori sembra anche la domanda più logica e più ovvia. Come mai, secondo lei, nessuno prima aveva affrontato il problema in quei termini? In realtà c’erano già alcuni studi, c’erano piccoli tasselli. Quello che ho fatto io è stato fare una sintesi di quelli che erano i segnali emersi da altri: segnali non palesi, non dichiarati, non forti. Viviamo in un momento storico in cui un’intuizione clamorosa è quasi impossibile, non c’è qualcosa che qualcuno non abbia già provato a fare, non c’è una strada della città che qualcuno non abbia già percorso. In questo panorama, la difficoltà è: saper bilanciare le cose e trovare delle soluzioni che segnino dei piccoli passi in avanti, anche grazie a tutto ciò che è stato fatto prima. La ricerca medica si nutre anche di questo: del mattoncino che ha messo un medico cento anni fa, e quello prima ancora. Ma in questa costruzione di piccoli tasselli, a un certo punto ci vuole qualcuno che faccia una sintesi. Sembra banale, ma alla fine ci vuole la persona che si fermi, guardi l’insieme e dica: allora il disegno è così, viene fuori così. Come sono stati accolti i Criteri nel panorama medico? E in questi vent’anni, i parametri sono stati modificati? I Criteri di Milano sono la più conosciuta delle tante cose che la nostra équipe ha fatto. Spesso mi sono chiesto anch’io perché abbiano avuto così tanto più successo di altri risultati raggiunti. In realtà, quando li abbiamo divulgati, i Criteri erano una delle tante cose fatte in quel periodo in campo scientifico. Il successo è derivato dal fatto che anche medici molto lontani hanno provato a riprodurre la sperimentazione. Nel corso dei successivi dieci anni, tanti colleghi hanno confermato i Criteri, anche dopo averli testati in contesti completamente diversi: che si trattasse di ricchi nordamericani o poveri asiatici, giapponesi o sudamericani, tutti hanno confermato i risultati senza spostare i parametri e questo ha conferito valore alla nostra ricerca, che è passata dalla base della piramide al vertice. Lo studio iniziale dei Criteri comprendeva meno di 50 pazienti; negli anni sono diventate decine di mi-


conoscenza

gliaia le persone toccate dai risultati della ricerca. Noi abbiamo visto solo una porzione infinitesima del totale. Ed è così che deve essere in ogni vero prodotto della ricerca medica: le persone che beneficiano del risultato devono essere enormemente di più di quelle che tratta chi ha condotto la ricerca. Al contrario, un classico segnale per interpretare la ricerca medica come non seria è il caso del ricercatore che dice: “quelli che tratto io vanno benissimo, quelli che trattano gli altri vanno male”. Ancora molta autoreferenzialità. Bisogna ricordarsi, invece, che la fruibilità a tutti i livelli è espressione della verità.

Il futuro della ricerca I Criteri di Milano fissano parametri morfologici. Per quei pazienti che escono di poco da tali parametri, cosa succede? La ricerca si sta spostando in questa direzione per capire come includerli? È proprio così: la ricerca si sposta in quella direzione. Non bisogna pensare di vivere celebrando i propri

successi. I confini, anche quelli di una ricerca, si spostano continuamente. Il nostro lavoro, nella ricerca di questi anni, è rivolto a chi sta oltre il confine. Molte informazioni di tipo medico, biologico, molecolare ci hanno spiegato che alcuni pazienti che stanno oltre il confine in realtà potrebbero stare bene come se fossero dentro il confine. Abbiamo costruito diversi lavori per approfondire la ricerca in questo senso: altri algoritmi, altre combinazioni, non solo morfologiche ma che considerano la biologia del tumore, l’aggressività, la risposta alle cure. Quest’ultimo fattore, in particolare, è diventato un’importante linea di frontiera: si è capito che i tumori che rispondono alle cure non chirurgiche (terapie ablative o farmaci) hanno una predisposizione ad andare meglio rispetto a quelli che invece ti travolgono. I tumori che riusciamo a tamponare ci permettono di identificare una certa tipologia di persone che sono più predisposte all’efficacia delle cure del trapianto stesso. Un articolo sulla celebrazione dei vent’anni dei Criteri di Milano che uscirà su Hepatology – la rivista dell’Associazione americana per lo studio delle malattie del fegato (Aasld) – si sofferma proprio su questo: nei pazienti che normalmente verrebbero scartati, il fatto di insistere con le terapie e il fatto di continuare a trattarli anche se oggi non possono guarire col trapianto, ci aiuta a identificare coloro che in seguito a un trapianto potrebbero guarire alla pari degli altri. Non sembra ma è una grossa scoperta: qualcosa che ci aiuta a estendere il limite che finora abbiamo, qualcosa che ci aiuta ad allargare i confini. n Claudia de Luca

«Il progresso della conoscenza medica è fatto di costruzioni a piccoli tasselli. Ma a un certo punto ci vuole qualcuno che faccia una sintesi. Sembra banale, ma ci vuole la persona che guardi l’insieme e dica: allora è così, il disegno viene fuori così.» www.onlusprometeo.org

19


la voce di tutti

sono le piccole cose quelle che cambiano il passo al giorno Federica Del Giudice ha deciso di parlarci di come è cambiata la sua percezione della vita dopo l'esperienza della malattia e del trapianto. E di quante cose, piccole e quotidiane ma importantissime, oggi la fanno sentire davvero felice. Niente può più essere dato per scontato, se anche solo per un attimo hai temuto di perderlo.

Carissimi lettori, sono sempre io a scrivervi. Per chi

non mi conosce, mi chiamo Federica Del Giudice, ho 23 anni e nel settembre 2013 ho subìto un trapianto di fegato presso l'Istituto dei Tumori di Milano. Ho iniziato a scrivere per Prometeo Informa perché sono spinta dalla voglia di raccontare la mia esperienza e, perché no?, farvi compagnia mentre siete seduti in quella sala d'aspetto che io a volte definisco la sala del “terrore”, delle ansie e delle paure. Di solito, è lì che si aspettano le belle o le brutte notizie, è lì che si aspetta una persona cara che è in sala operatoria, è lì che si aspettano i dottori ma è soprattutto lì che si aspetta di sapere se l'organo che tanto attendevi sarà tuo. Lo so, può suonare male soprattutto se lo dici ad alta voce, ma è così che va la vita, è così che va la donazione. Se qualcuno mi dovesse chiedere: «Qual è stato uno dei momenti che ricordi con più angoscia nel tuo percorso?», io forse non saprei rispondere. Ce ne sono tanti, troppi, ma il primo che mi balza in mente è il momento pre-trapianto: io sul lettino con cuffietta e camice e di fronte a me i miei genitori, sulla soglia della sala operatoria. In quel momento pensavo a tutta la mia vita, guardavo loro con quegli occhi lucidi e, trattenendo le lacrime, sorridevo, convinta che sarebbe andato tutto bene. E così è stato, ma non

20

Facebook: Prometeo Onlus

posso negare di aver avuto tanta paura, paura di non rivedere la mia famiglia, di non poter più ridere con i miei amici, di non poter più guardare la bellezza della vita nonostante in quel momento odiassi la vita stessa perché tanto ingiusta e tanto dolorosa. Ma se qualcuno dovesse chiedermi: «Qual è stato uno dei momenti più belli del tuo percorso?», beh, su questo non ho dubbi: il risveglio dal trapianto. Sapete cosa vuol dire addormentarsi con la paura di morire e svegliarsi – anche se storditi per l'anestesia, intubati, pieni di drenaggi e cateteri vari – ma con la consapevolezza di essere svegli? Non ti importa quanto soffrirai dopo, pensi solo al fatto che sei viva, che puoi guardare di nuovo la tua famiglia con occhi diversi... quelli pieni di lacrime di gioia! Non si può descrivere a parole la felicità di quel momento, posso dire solo che è stato bellissimo e da quella emozione ho estratto la forza per riprendermi il più velocemente possibile. È da quel 28 settembre 2013 che ho iniziato a vivere la vera vita. Come in tutte le situazioni, inizi ad apprezzare qualcosa quando la stai perdendo. Quando purtroppo incontri la malattia, la sofferenza, cominci a vivere tutto in modo diverso. Qualche anno fa non pensavo di essere felice per il semplice fatto di aprire gli occhi ad un risveglio o per un


la voce di tutti

sorriso dei miei genitori. Essere felice perché posso mangiarmi un gelato o perché fuori c'è il sole e posso farmi una bella passeggiata. Quando i medici ti dicono che puoi iniziare a mangiare qualsiasi cosa e tuo padre ti porta una bella pizza: anche questa è felicità! Dopo giorni di brodini e pastine… potete capire, no? Qualche anno fa, come tutti i ragazzi di oggi, purtroppo, non mi accontentavo mai, volevo sempre di più ed erano poche e superficiali le cose che mi rendevano “felice”. Ora, quando mi ritrovo con i miei amici che si lamentano per tutto, vorrei tanto dire: «Fate un salto in ospedale, girate tra i reparti, guardate quei bambini “legati” alle flebo: avrete il coraggio una volta usciti di lamentarvi ancora per queste cose?» Tutti secondo me dovrebbero fare un salto in questo posto: la gente inizierebbe a cambiare e forse vivremmo in un mondo migliore! Quindi, carissimi lettori, vorrei consigliarvi di iniziare, da questo momento in poi, una specie di esercizio quotidiano nel pesare le “piccole cose”. Scegliete un'azione quotidiana che vi sta particolarmente a cuore, come ad esempio bere il caffè con le ami-

che o portare a spasso il cane, e prima di compierla fermatevi un secondo. In questo momento pensate che l'azione che state per compiere non è poi così scontata. Ricordatevi che quella cosa così banale può esservi tolta. Ora potete compiere quell'azione con una nuova consapevolezza: potete essere davvero felici, perché in questo momento avete portato a termine quella piccola azione. Pensate a ogni singola cosa che la vita vi offre e siate felici per poco. È questa la magia della vita. n Federica Del Giudice

«Sono le piccole cose, quelle che ci servono; piccole cose, briciole di vita che si perdono; piccole cose, quelle che cambiano il passo al giorno prima di chiudere gli occhi al mondo» Ghemon Scienz, Piccole cose

www.onlusprometeo.org

21


curiosando

la medicina in tv Fulvio Campagnano intervista Manuela Lucchini, giornalista RAI del settore Sanità e Medicina, volto noto del TG1. «Il mio obiettivo – ci spiega – è "tradurre" in un linguaggio comprensibile anche le ricerche mediche più complicate»

Intervistare

Manuela Lucchini non vuol dire curiosare nella Milano che conta come faccio di solito. Questa volta mi sono allargato a livello nazionale per illustrare, sulle colonne di Prometeo Informa, un personaggio ben noto al grande pubblico televisivo: “La Signora Sanità del TG1”. Un titolo conquistato sul campo con una carriera durante la quale Manuela Lucchini si è occupata di comunicare a chi segue il principale telegiornale del servizio pubblico RAI, tutti i fatti, gli aggiornamenti, le notizie sul delicato tema della salute. Dopo essere stata conduttrice, per diversi anni, dello stesso TG1, le sono state affidate varie rubriche. Attualmente il suo raggio d'azione comprende “TG1 medicina” (lo speciale che va in onda la domenica nell’ambito del primo importante notiziario della giornata) e le “chat” con cui gestisce – in rete – importanti interfacce tra il pubblico e illustri professionisti nel campo della sanità in occasione di eventi di particolare rilievo che meritano conoscenze e approfondimenti. Ma poiché, per motivi familiari, conosco Manuela da quando era una giovane ragazza, mi sembra riduttivo illustrarvela solo nella

22

Facebook: Prometeo Onlus

sua veste più solenne e ufficiale. Simpatica, estroversa, piena di interessi non solo professionali, posso dire – e non per piaggeria – che è bello condividere con lei una grande amicizia da molti anni. Per dare modo anche a voi di conoscerla, le ho rivolto alcune domande, partendo da molto lontano… Quando ci siamo conosciuti frequentavi il liceo classico: avevi già in mente cosa avresti fatto da grande? Immaginavi di raggiungere il successo come giornalista della RAI praticamente per la tua intera vita professionale? L’idea di fare la giornalista mi è venuta quando ho cominciato a frequentare la facoltà di Lettere all’Università “La Sapienza” di Roma. Non l’avevo mai considerata come una professione possibile anche se “figlia d’arte” di un noto giornalista. Eppure in pectore qualcosa già c’era: fin da quando frequentavo le medie facevo un giornaletto insieme a una compagna di scuola. Giornaletto che è andato avanti per diversi anni. Poi, mentre ancora studiavo, ho cominciato a scrivere per la “Fiera letteraria” e a poco a poco per altri giornali. Mai avrei pensato alla TV, e nemme-

no al TG1, dove invece ho avuto il mio primo vero contratto e che ora non lascerei per tutto l’oro del mondo. Dopo anni di redazione e conduzione dei telegiornali, per quali circostanze sei diventata una specialista di comunicazione nel campo della medicina e della sanità? È stato un puro caso. Io all’inizio mi occupavo di spettacolo, poi mi misero a occuparmi di cronaca e mi affiancarono a un collega più anziano che si occupava di medicina. Purtroppo questo collega è mancato prematuramente e io ne ho ereditato il settore. Ne sono rimasta affascinata e mi ci sono dedicata completamente. La mia più grande soddisfazione è stata quando il Presidente della Repubblica Ciampi mi ha premiato con la Croce della Repubblica Italiana come benemerita per la sanità. Il pubblico è ragionevolmente sensibile a tutto ciò che riguarda la propria salute. Come ci si rapporta con i medici e con le autorità per poter offrire alla gente informazioni utili, corrette ed efficaci con il giusto equilibrio, evitando sensazionalismi e falsi scoop?


curiosando

Questo è un punto molto importante per noi giornalisti scientifici. Intanto quando devo scegliere un medico da intervistare scelgo sempre tra chi lavora nelle università o negli ospedali pubblici. Come punto di riferimento per gli argomenti di maggiore attualità (scoperte, ricerche, nuovi farmaci ecc.) ci sono sia il Ministero della Salute, sia l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), sia l’Istituto Superiore di Sanità.

Ti è mai capitato di rispondere a persone che si rivolgono direttamente a te per avere informazioni, consigli o suggerimenti? Capita spessissimo di rispondere a persone che mi chiedono consigli e soprattutto a chi rivolgersi per determinate malattie. È una grossa responsabilità per me. Anzi, dirò di più: ogni giorno ho quattro o cinque richieste di aiuto in questo senso da persone che lavorano in RAI.

di un tg non si rende conto di quanto lavoro ci sia dietro. Il contatto con i medici, l’intervista, la realizzazione del testo, il far girare le immagini giuste dall’operatore, il montaggio. A volte uno degli impegni maggiori è riuscire a far parlare in modo semplice i medici affinché tutti possano capire e io possa a mia volta “tradurre” in un linguaggio comprensibile anche le ricerche più complicate.

ha parlato con noi Manuela Lucchini è nata a Roma ed è iscritta all’albo dei giornalisti professionisti dal 1978. Laureata in Lettere Moderne, lavora alla RAI Radiotelevisione Italiana dal 1980. Si occupa da anni di sanità e medicina dopo essere stata conduttrice di varie edizioni del TG 1. Oltre al lavoro, si dedica con notevole interesse alla cultura del melodramma, con particolare riferimento all’opera italiana. Frequenta con assiduità i teatri e le sale da concerto. Grande è anche la sua passione per due sport: l’equitazione in campagna e il golf.

Non cerco i facili o falsi scoop perché non si può giocare con la salute della gente. Una delle mie caratteristiche professionali è il rigore con cui do le notizie. Il problema vero è che sempre più spesso le persone si rivolgono a internet (su cui pubblicano tutti parlando di tutto facendo enormi danni) e non distinguono tra testate serie (e giornalisti scientifici seri) – come TG1, Corriere della Sera, Stampa o Messaggero (insomma le testate autorevoli) – e le riviste femminili o i giornali minori su cui si trova di tutto di più.

Dieci anni orsono hai costruito, con grande efficacia e per il tramite della sede RAI di Milano, un servizio che ha rappresentato ottimamente l’attività della struttura complessa che nel nostro Istituto si occupa di trapianto di fegato. Cosa comporta, in termini di impegno redazionale, un simile lavoro? In questo caso, come per tanti altri argomenti, la soddisfazione più grande è quella di essere utile ai telespettatori. Spiegare loro a cosa vanno incontro, quali sono le novità scientifiche, le speranze. Chi guarda i servizi

Ti piacerebbe occuparti di altre tematiche prima di concludere la tua carriera? No. Ormai i telespettatori mi identificano con la sanità. Sarebbe quasi come cambiare mestiere. Per arrivare a certi livelli bisogna studiare tutta la vita. Solo così diventi autorevole nel tuo settore. Cambiare vorrebbe dire tradire il mio pubblico. Manuela e io, nella nostra quotidianità, condividiamo la passione per l’opera. Ma questa è un’altra storia. n Fulvio Campagnano www.onlusprometeo.org

23


curiosando

cent'anni di dolcezze Giovanni Galli e la sua famiglia di maestri canditori attraverso un secolo di storia: la saga di una famiglia cresciuta nell’Italia che cambia

Cari lettori di PROMETEO Infor-

ma, sto per raccontarvi una storia “dolcissima”: quella di grandi artigiani che da oltre cento anni producono, vendono ed esportano marron glacés, canditi, praline, fondants, consommées al liquore e altre prelibatezze riconosciute tra le migliori al mondo. La loro arte e la qualità sopraffine dei loro prodotti hanno deliziato i palati di intere generazioni. Ho avuto modo di incontrare, dopo tanti anni, Giovanni Galli jr., mio vecchio compagno di Collegio: tra un dolcetto e l’altro mi

ha donato un prezioso volumetto che racconta la vita della sua azienda, dalle origini a oggi. Ho letto il libro e qui inizia la storia.

Alla fine dell’800

Nella giovane Italia di fine secolo Giovanni Galli si mette in luce nella bottega milanese del maestro pasticcere Felice Squarciafico: qui apprende l’arte della canditoria, il procedimento di origine francese per la conservazione sotto zucchero della frutta. Le ricette di Squarciafico sono molto apprezzate e la bottega amplia rapidamente la sua clientela diventando un vero punto di riferimento. Ma alla morte di Squarciafico, all’inizio del ventesimo secolo, l’azienda rischia il fallimento per la dissolutezza del figlio, destinato a ereditare la ditta. Giovanni Galli, ormai diventato capo pasticcere, prende il coraggio a due mani e rileva il locale, il laboratorio, le ricette, le attrezzature e il personale, riuscendo a salvarla.

I primi del '900 e la Grande Guerra giovanni galli nel negozio di corso di porta romana a milano

24

Facebook: Prometeo Onlus

Giovanni Galli non è solo in famiglia. Presto i suoi tre fratelli, Mario, Giosuè

ed Enrico, entrano nell’azienda imparando da lui e aiutandolo nella gestione dell’impresa. L’inizio del secolo è per Milano un rinnovato periodo di fermento. Agli scioperi degli operai inneggianti alla rivoluzione proletaria si contrappone lo sviluppo tecnologico, grazie alla ormai affermata diffusione dell’energia elettrica. Nel 1906 si apre a Milano una nuova Esposizione Internazionale e – negli anni seguenti – si aprirà la Camera di Commercio che consentirà all’imprenditoria milanese di mettersi in grande evidenza. Ne beneficerà anche la ditta Giovanni Galli, Fabbrica Marron Glacés e Fondants, che – fondata nel 1911 – nel 1912 subentrerà anche formalmente alla Ditta Felice Squarciafico. Ma ecco, nell’estate del 1915, la Prima guerra mondiale che devasterà l’Italia e Milano con i bombardamenti: una lunga serie di lutti creerà difficoltà anche alla ditta Giovanni Galli. Dopo la vittoriosa conclusione nel 1918, una terribile epidemia di influenza “spagnola” ucciderà seimila persone solo a Milano.

Il dopoguerra e il ventennio fascista

In questo periodo di grave incertezza, mentre Mussolini fonda il suo “covo”, la culla del fascismo, a pochi passi dal laboratorio della


curiosando

ditta Giovanni Galli, l’azienda tiene duro e si concentra sulla sua produzione. I tempi cambieranno, prima o poi, ma occorrerà attendere ancora. I primi anni del dopoguerra vedono i neonati fascisti cercare di farsi strada nella scena politica milanese e nazionale, lasciando gran parte della popolazione esterrefatta per i metodi brutali. Nel 1922 la morte della suocera e – dopo pochi mesi – quella della moglie segnano inesorabilmente la vita di Giovanni Galli che, senza la sua consorte, perde la voglia di vivere e la raggiunge poco tempo dopo. Lascia le quote aziendali al giovanissimo figlio Ferruccio, di soli cinque anni, e la gestione dell’azienda ai suoi fratelli. Il ventennio fascista porta, dopo il suo esordio violento, un periodo di relativa stabilità durante il quale i milanesi ricominciano a vivere. Milano conta novecentomila abitanti e continua la sua evoluzione con risultati alterni ma alla ricerca di un equilibrio. In questi anni i milanesi tirano avanti, concentrandosi sulle sfere famigliari. La ditta Giovanni Galli continua

a produrre prelibatezze e il suo nome si diffonde sempre di più. Un gran numero di famiglie, la domenica, ama concedersi “quattro boeri” e allietare parenti e invitati a cena con vassoi di marron glacés. Nel 1942 arriva un importante riconoscimento: la Real Casa Savoia attribuisce il proprio marchio di approvazione ai prodotti Galli. Ma c’è un’altra guerra in corso e questa toccherà l’azienda molto più da vicino.

La Seconda guerra mondiale

L’inferno si scatena la notte del 24 ottobre 1942. I bombardieri inglesi varcano le Alpi e gettano il loro carico incendiario su Milano. I fratelli Galli si impegnano a salvare il salvabile nel negozio sito in uno dei palazzi incendiati, stivando gli arredi di maggior valore e parte della produzione più pregiata nel vicino laboratorio. Dopo un inevitabile periodo di chiusura la ditta riapre con un nuovo punto vendita e un nuovo laboratorio. Ma i problemi continuano: l’occupazione degli ex alleati tedeschi e una terribile carestia costringo-

no la Ditta Galli a nascondere le scorte di cioccolato e zucchero, materie prime pregiate che serviranno sia per la produzione sia per il sostentamento delle famiglie. L’occultamento delle riserve, tuttavia, produrrà guai seri in conseguenza di una spiata. I Fratelli Galli rischieranno il plotone d’esecuzione e solo un provvidenziale intervento di un influente prelato li salverà in cambio di una pesante multa e della requisizione di parte delle materie prime.

Il secondo dopoguerra, il boom economico, le nuove generazioni

Finita la guerra, terminata l’occupazione, l’Italia – con Milano in testa – si risveglia con la voglia di ricominciare. Sono anni di grandi espansioni e sviluppi anche per la Ditta Galli. Dopo tanti sacrifici e con l’attività commerciale ridotta al lumicino sia dalla guerra che dalle assenze dei fratelli, a turno chiamati alle armi, si guarda al futuro con ottimismo. Un nuovo punto vendita viene aperto nel centro di Milano. Ferruccio, il fiwww.onlusprometeo.org

25


I DUE NEGOZI C.so P.ta Romana 2, Milano Orari: dal Lunedì al Sabato 8.30-13 / 14 -20 Domenica: 9-13.30 Via Victor Hugo 2, Milano Orari: dal Lunedì al Sabato 8.30-20 - orario continuato Domenica: 9-13.30

glio del fondatore, è ormai adulto e lavora con gli zii, si assumono maestranze in vista di un’espansione degli affari, occorrono nuove commesse per servire la clientela. Tra queste, nel 1947, c’è la giovane figlia di un’amica di casa Galli. Ha solo sedici anni e un visino estremamente grazioso. Il suo nome è Lucia Bosè. Viene notata da un cliente abituale: un giovane regista famoso per aver inventato la corrente cinematografica del neorealismo italiano. Si tratta di Luchino Visconti. Ed è proprio Visconti che la sollecita a intraprendere una nuova carriera: innanzitutto la fa iscrivere al concorso di Miss Italia che la giovane vince sbaragliando la concorrenza di Gina Lollobrigida, classificatasi terza, di Gianna Maria Canale, seconda, di Eleonora Rossi Drago e Silvana Mangano. Lucia prende il volo, lascia il lavoro di commessa, diventa famosa ma non dimenticherà mai la Famiglia Galli. Nel 1962, dopo il ritiro e la morte degli zii Mario, Giosuè ed Enrico, l’azienda è totalmente in mano a Ferruccio, figlio del fondatore Giovanni. Tre anni più tardi fanno il loro ingresso in ditta i figli di Ferruccio: Giovanni jr. ed Edoardo che – alla morte del padre – condurranno l’azienda con il successivo contributo dei rispettivi figli Ferruccio jr., Federico e Filippo.

26

Facebook: Prometeo Onlus

Nuovi cicli produttivi, esportazioni e iniziative solidali

La ventata di aria fresca, con l’arrivo dei giovani, non tarda a portare i suoi benefici effetti. A cinquant’anni dalla fondazione si decide un adeguamento alle nuove esigenze del pubblico non limitando l’offerta ai tradizionali prodotti della casa, ma inserendo nelle vetrine anche biscotti, cioccolate e altre sfiziosità di altissima qualità provenienti da Milano, da altre zone d’Italia e da tutto il mondo. Arrivano nuovi macchinari ma non tutte le operazioni potranno essere sostituite dalla tecnologia e ancora oggi, per esempio, squadre di signore continuano a occuparsi manualmente della sbucciatura delle castagne. Non manca neppure la solidarietà. Da diversi anni la Ditta Galli sostiene una Fondazione che aiuta le ragazze madri indigenti, anche con significative donazioni di generi alimentari.

In conclusione

Cento anni di storia, cento anni di evolu-

zione e sviluppo restando tenacemente attaccati all’idea che proprio ciò che Giovanni Galli ha creato più di un secolo fa è ciò che va salvaguardato e preservato nell’Italia e nel mondo che cambiano. Il Comune di Milano e la Regione Lombardia, dieci anni fa, hanno conferito il riconoscimento di Bottega Storica alla Ditta Giovanni Galli. n Fulvio Campagnano


curiosando

letto per voi S

e è vero che siamo quello che mangiamo è facile comprendere la recente riscoperta del piacere di cucinare con ingredienti sani, gustosi, il più possibile legati alla quotidianità dei sapori di casa. Tv, cinema, giornali ci mostrano ogni giorno cuochi indaffarati a trasmetterci raffinatezze culinarie, ponendo sempre più l’accento sulla qualità del cibo che deve rispondere a criteri di genuinità, stagionalità, autenticità. Cucinare bene è una riscoperta, un valore da riportare in cima alle priorità dopo anni di scorciatoie per abbreviare il tempo impiegato a preparare pasti da consumare troppo in fretta. Finalmente siamo di nuovo attenti a ciò che mangiamo, consapevoli che parte del nostro benessere dipende da quello. E se l’alimentazione è in cima alle nostre priorità è naturale che lo sia a maggior ragione quando non stiamo bene e quando siamo lontani da casa per lunghi periodi. Il 10 marzo 2016 è stato presentato Le ricette per sentirsi a casa, il libro che raccoglie le ricette preparate nelle cucine di CasAmica, una delle Onlus fondatrici del progetto A Casa Lontani da Casa, rete di alloggi solidale.

alice agnelli, food blogger di www.agipsyinthekitchen.com

COMPRA UN AUDIOLIBRO! COME? Per ogni audiolibro acquistato online dal sito www.onlusprometeo.org, il 30% del corrispettivo pagato viene donato ai progetti dell’Associazione.

Il progetto del ricettario è stato sostenuto e realizzato grazie alla casa farmaceutica Teva Italia e da alcuni suoi dipendenti che per l’occasione si sono trasformati in chef a domicilio per i pazienti e i familiari ospiti nella struttura di CasAmica. Alla stesura del libro hanno partecipato inoltre Alice Agnelli, nota food blogger di www.agipsyinthekitchen.com, che ha dato un importante contributo suggerendo numerose varianti, e il Dottor Saverio Cinieri, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Oncologia Medica e Breast Unit dell’Ospedale Perrino di Brindisi, che ha suggerito 8 gustose ricette adatte ai pazienti oncologici, selezionate per stimolare l’appetito ed evitare i problemi legati alle terapie usando il cibo come alleato per stare bene. Sfogliando le pagine non può che venire l’acquolina in bocca passando da piatti tradizionali come il risotto alla milanese e il tiramisù ad altri più insoliti come le linguine con le alici che personalmente ho sperimentato nella variante di Gipsy, sostituendo le alici con un pesto di avocado e mandorle. Una vera delizia! n Chiara Castellini www.onlusprometeo.org

27


Questa è una richiesta d’aiuto Prometeo Onlus ha bisogno di te. Dal 1999, Prometeo opera all’interno dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano con progetti di assistenza e accoglienza, rivolti ai malati di fegato, pancreas e vie biliari e ai loro familiari.

Diventa socio o rinnova la tua tessera Prometeo. Sapere di poter contare su di te ci permette di offrire un servizio sempre migliore a tutte le persone che ne hanno bisogno.

www.onlusprometeo.org • Tel. 02 2390.2878 • prometeo@istitutotumori.mi.it La quota è di 50,00 euro che potrai versare direttamente in Segreteria Associazione PROMETEO oppure con: • bollettino postale C/C n°13956214 • bonifico bancario IBAN: IT41 J 05696 01620 000015010X93 • carta di credito dal nostro sito www.onlusprometeo.org nella sezione COME SOSTENERCI>DIVENTA SOCIO


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.