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TITOLI DI CODA

Pandemia, un’occasione da non perdere

di Pietro Pietrini

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Professore Ordinario, Direttore Scuola IMT Alti Studi Lucca

Proprio in questi giorni, un anno fa, la pandemia da Sars-CoV-2 emetteva i suoi primi vagiti, divenuti in un batter d’occhio urla nell’assordante silenzio delle nostre strade prive di vita. Veloce come il vento, il piccolo virus avrebbe monopolizzato la vita di tutti gli altri esseri del pianeta, peraltro ben più complessi della sua misera stringa di DNA, riuscendo laddove i dittatori di ogni epoca e latitudine avevano fallito. Impegnati fino al giorno prima nell’imperitura disputa dei distinguo tra ‘noi’ e ‘gli altri’, nella puntigliosa quanto artificiosa distinzione tra cittadini (noi) e migranti (gli altri), ci saremmo ben presto accorti che il virus non conosceva confini e non temeva oceani né catene montuose, per non parlare poi di muri o filo spinato di umana creazione. In breve, ci saremmo ritrovati tutti sotto lo stesso cielo.

La devastazione universale e l’alito di morte che ancora imperversano da un capo all’altro del pianeta ci avrebbero ricordato che le questioni fondamentali non riguardano alcuni e altri no, perché sono universali e non possono essere affrontate e risolte se non con un approccio cooperativo e globale, basti pensare a clima, cibo o, appunto, alle pandemie. Nel felice stupore collettivo, l’impegno cooperativo, trasformati gli anni in mesi, ci avrebbe permesso di ottenere il vaccino in tempi impensabili solo l’anno precedente.

Con l’arrivo del vaccino, però, è come se avessimo distolto lo sguardo da quel cielo che ci rendeva tutti così uguali nella nostra finitudine umana. È come se ci fossimo accorti che se è vero che siamo tutti sotto la stessa tempesta, non siamo tutti sulla stessa barca, per dirla con le parole già ricordate di Monsignor Paglia. Sono ripresi i distinguo, i sentimenti di prevaricazione dell’uno sull’altro, la difesa di valori che non hanno alcun valore.

Che cosa impedisce, infatti, di produrre il vaccino in quantità sufficiente per l’intero pianeta se non una questione meramente economica? Non sarebbe forse possibile centuplicare la produzione industriale del vaccino e al contempo tutelare la proprietà intellettuale e i diritti di chi ha realizzato la tecnologia a RNA che ne è alla base? Tecnologia che ha innumerevoli potenzialità di applicazione in pressoché tutti i campi della medicina, dalle malattie genetiche ai tumori, dalle patologie metaboliche a quelle neurodegenerative e persino ai disturbi psichiatrici. Le implicazioni per l’umanità sono enormi e probabilmente neppure ancora pienamente comprese. Ma se vi è una cosa certa è che non possono e non devono essere questioni economiche a limitarne l’utilizzo.

Dobbiamo superare un modello asfitticamente competitivo, che rischia di trasformare il fisiologico significato della competizione quale strumento di selezione di strategie più efficienti nel fine stesso da perseguire. È necessario adottare un approccio cooperativo, nella consapevolezza che le grandi questioni dell’umanità sono, per loro natura, un problema di tutti e di ognuno e non solo di coloro che, in un dato momento storico o in un dato luogo, appaiono esserne le vittime dirette. Dobbiamo superare dunque la contrapposizione tra ‘noi’ e ‘gli altri’, artificiosa forbice che finirà per colpire tutti. Pensiamo forse di risolvere la pandemia vaccinando solo ‘noi’ e non anche ‘gli altri’?

Questo è il messaggio che il piccolo virus, tra morte e sofferenza, ci ha ripetuto con forza in questi mesi. Sta a noi far sì che la pandemia non rimanga un’occasione mancata.

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