7 minute read

L’INTERVISTA

Next Article
TITOLI DI CODA

TITOLI DI CODA

I FARMACISTI PEDINE FONDAMENTALI NELLA LOTTA CONTRO IL COVID-19

Intervista al presidente della Fofi Andrea Mandelli: «Il ruolo del farmacista in futuro cambierà. Dovrà partecipare alla presa in carico del paziente»

Advertisement

di Carmine Gazzanni

Un sentito ringraziamento a tutti i farmacisti «per la grande prova di impegno e abnegazione» mostrata durante l’emergenza Covid-19 e che continuano a dimostrare. Un plauso speciale ai 26 colleghi che hanno pagato con la vita la lotta alla pandemia: «il loro sacrificio è un esempio altissimo e nobile dei valori della nostra professione». Ma anche tante proposte per il futuro perché il ruolo del farmacista vivrà nuove evoluzioni: «non deve limitarsi alla dispensazione dei farmaci, che resta indispensabile, ma deve partecipare alla presa in carico del paziente, in particolare quello affetto da patologie croniche». Questo è l’ampio quadro tracciato dall’onorevole Andrea Mandelli, presidente della Fofi (la Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani), in esclusiva a Professione Sanità.

Presidente, partiamo da principio: quali sono stati e sono i principali problemi che i farmacisti, impegnati sin da subito in prima linea contro il Covid, hanno dovuto affrontare?

Difficile distinguere i problemi per gravità: si è trattato di entrare

Andrea Mandelli.

improvvisamente in una dimensione completamente nuova. Ci si è dovuti organizzare immediatamente per garantire l’accesso alle farmacie in piena sicurezza per i cittadini ma anche per i farmacisti, in un momento in cui i dispositivi di protezione erano irreperibili per tutti. All’emergenza mascherine, poi, si è affiancata quella dei geli disinfettanti e qui da subito abbiamo messo i farmacisti in condizione di poterli produrre nei laboratori galenici. Poi hanno cominciato a scarseggiare le bombole per l’ossigenoterapia domiciliare, soprattutto nelle zone più colpite come la provincia di Bergamo. Questi sono gli aspetti che i giornali hanno trattato ampiamente, ma meno si è considerato, per esempio, che gli ambulatori di medicina generale erano ben poco accessibili e ottenere le prescrizioni di farmaci era diventato molto difficile.

Come si è rimediato?

Con la dematerializzazione delle ricette, e se il sistema ha funzionato lo si deve ai farmacisti, che hanno provveduto a stampare decine di migliaia di promemoria sulla base del Numero di ricetta elettronica comunicato al paziente. Se non si è mai interrotta l’assistenza farmaceutica lo si deve quindi ai farmacisti di comunità, come conferma il rapporto dell’AIFA ma anche una ricerca della European House presentata all’ultima edizione di Meridiano sanità. I farmacisti di comunità sono stati i professionisti sanitari territoriali sempre accessibili: di giorno e di notte, la domenica e durante le feste. Quanto alle strutture del SSN, i farmacisti ospedalieri hanno fatto l’impossibile perché non venissero mai a mancare farmaci e presidi.

Quali sono stati i principali cambiamenti che ha potuto osservare nel settore durante la pandemia?

Come riporta la ricerca che cita-

“Ci si è dovuti organizzare immediatamente per garantire l’accesso alle farmacie in piena sicurezza per i cittadini ma anche per i farmacisti, in un momento in cui i dispositivi di protezione erano irreperibili per tutti. All’emergenza mascherine, poi, si è affiancata quella dei geli disinfettanti e qui da subito abbiamo messo i farmacisti in condizione di poterli produrre nei laboratori galenici”.

“La politica professionale della FOFI è improntata a un’evoluzione del ruolo del farmacista, che non deve limitarsi alla dispensazione dei farmaci, che resta indispensabile, ma deve partecipare alla presa in carico del paziente, in particolare quello affetto da patologie croniche. Si tratta di una popolazione di 14 milioni di italiani che non può certo essere assistita basandosi esclusivamente sull’ospedale, che deve entrare in campo di fronte a un aggravamento non per gestire il paziente stabilizzato”. vo prima, la professione ha reagito cercando di innovare e di adattare la pratica professionale alla situazione di emergenza, e c’è stato un sempre maggiore riconoscimento del pubblico del ruolo fondamentale svolto dalla nostra professione. Si è anche rafforzata tra i colleghi la consapevolezza che il farmacista può e deve assicurare alla popolazione un numero sempre maggiore di prestazioni e servizi: dalla telemedicina al supporto all’aderenza terapeutica, agli screening. È il modello della farmacia dei servizi che la Federazione ha proposto fin dal 2006. La sperimentazione di questo modello a livello regionale, finanziata con 56 milioni di euro, avrebbe dovuto essere avviata proprio nel momento in cui è scoppiata la pandemia. Ma stiamo operando perché riparta non appena le condizioni lo permetteranno.

Quindi crede che la pandemia che stiamo vivendo cambierà il modo di intendere il lavoro dei farmacisti?

Senz’altro. È indispensabile se vogliamo un’assistenza territoriale efficiente, efficace e basata sulla prossimità. Come ho detto, la politica professionale della FOFI è improntata a un’evoluzione del ruolo del farmacista, che non deve limitarsi alla dispensazione dei farmaci, che resta indispensabile, ma deve partecipare alla presa in carico del paziente, in particolare quello affetto da patologie croniche. Si tratta di una popolazione di 14 milioni di italiani che non può certo essere assistita basandosi esclusivamente sull’ospedale, che deve entrare in campo di fronte a un aggravamento non per gestire il paziente stabilizzato. Ma non c’è soltanto la cronicità.

In che senso?

I farmacisti, in paesi come il Regno Unito, l’Irlanda, la Francia o il Portogallo hanno un ruolo fondamentale nelle campagne vaccinali, quelle contro l’influenza stagionale e non soltanto. In Inghilterra oggi in centinaia di farmacie si sta praticando la vaccinazione contro il Covid-19: è una mossa indispensabile se si vuole coprire rapidamente milioni di cittadini. Abbiamo ottenuto, con l’ultima Legge di Bilancio, che anche i farmacisti italiani possano praticare le vaccinazioni sotto la supervisione del medico. Stiamo aspettando che siano disponibili i vaccini che non richiedano modalità di conservazione complesse e possano esser usati sul territorio, ma nel frattempo già migliaia di colleghi hanno frequentato e stanno frequentando i corsi di formazione necessari. Questa rivoluzione copernicana dell’assistenza sul territorio, ovviamente, richiede una sempre più stretta collaborazione interprofessionale: medico di medicina generale, infermiere, farmacista e gli altri operatori sanitari dovranno agire in sinergia, ognuno per le proprie competenze, mettendo al centro il paziente.

A che punto crede sia la campagna di vaccinazione per i farmacisti?

In molte Regioni, per esempio Lombardia e Sicilia, le vaccinazioni dei colleghi che lavorano in strutture aperte al pubblico, farmacie ed esercizi di vicinato, sono già cominciate e, possiamo dire, la macchina organizzativa si è avviata, pur con le difficoltà immaginabili. I colleghi ospedalieri, invece, vengino vaccinati assieme agli altri professionisti delle strutture del Servizio sanitario. In tutta Italia gli Ordini provinciali si sono attivati per raccogliere le adesioni di professionisti e mettere le Regioni in condizione di organizzarsi.

Quali sono state le risposte alle tante problematiche che la Fofi ha garantito in questi mesi?

Abbiamo costantemente monitorato la situazione, segnalando tutte le

criticità che si presentavano sia a livello regionale sia a livello nazionale e abbiamo costantemente informato tutti i farmacisti italiani di quanto stava avvenendo sul piano organizzativo e scientifico, così da metterli in condizione anche di informare il pubblico nel modo più corretto. E abbiamo formulato tempestivamente proposte per ovviare a criticità che avevamo previsto per tempo. Come nel caso della vaccinazione antinfluenzale: già prima dell’estate avevamo avvertito il Ministero che le aziende produttrici non erano in grado di fornire alle farmacie le dosi – circa un milione - che a ogni campagna vengono messe a disposizione della popolazione attiva che non rientra nelle categorie a rischio coperte dal SSN. Com’è noto, abbiamo ottenuto che una quota, peraltro non sufficiente, dei vaccini acquistati dalle Regioni fosse ceduta alle farmacie. Una situazione che non deve ripetersi, e difatti abbiamo già chiesto alle case farmaceutiche di cominciare ad accettare gli ordini d’acquisto delle cooperative dei farmacisti per la campagna dell’anno prossimo.

Che messaggio sente di dover mandare ai farmacisti?

Innanzitutto devo ringraziarli per la grande prova di impegno e abnegazione che hanno dato e continuano a dare. Un’abnegazione che 26 colleghi hanno pagato con la vita, colpiti dalla Covid-19 mentre lavoravano al servizio della collettività. Il loro sacrificio è un esempio altissimo e nobile dei valori della nostra professione e che il Paese non può e non deve dimenticare. La Federazione continuerà a operare perché il farmacista assuma un ruolo sempre più centrale nel processo di cura, a vantaggio della professione ma soprattutto della salute della collettività.

“Devo ringraziare i farmacisti per la grande prova di impegno e abnegazione che hanno dato e continuano a dare. Un’abnegazione che 26 colleghi hanno pagato con la vita, colpiti dalla Covid-19 mentre lavoravano al servizio della collettività. Il loro sacrificio è un esempio altissimo e nobile dei valori della nostra professione e che il Paese non può e non deve dimenticare.

This article is from: